Ganbare Doukichan
Ultimamente ho visionato due serie anime di episodi più brevi dei canonici 20-25': una è "Miru Tights" e la seconda è proprio "Ganbare Doukichan", che tradotto alla buona in italiano più o meno suona così: "Puoi farlo collega!".
E ho scoperto che, sebbene la prima opera sia una serie "originale", entrambe hanno in comune l’autrice Yomu, famosa per essere un’illustratrice il cui lavoro si è concentrato fino ad oggi tipicamente sulla rappresentazione di soggetti femminili in "collant".
Fatta la doverosa premessa sull'autrice (il cui "marchio di fabbrica" non è così presente nell'anime in recensione), da una serie di corti di 12 episodi di sei minuti ciascuno circa cosa ci si può attendere? Probabilmente, impegnandosi al massimo, è possibile introdurre alcuni contenuti di rilievo anche in episodi di 5-10 minuti di lunghezza.
E' il caso di "Ganbare Doukichan"? Mmmh, scriverei proprio di no.
La storia è piuttosto semplice e inizia in modo piuttosto "intrigante", avvalorando il giudizio di opera "ecchi": la protagonista per errore prenota una stanza doppia e non due singole per lei e il suo senpai e dopo le titubanze iniziali decidono di dormire nella stessa stanza. E così tra imbarazzi da ragazzini delle medie, inquadrature malandrine di lei in intimo e calze (i cui dettagli visivi non raggiungono i picchi di "Miru Tights") e finti dormiveglia, nella vana speranza di lei che il senpai le "salti addosso" (ma allora l'errore di prenotazione è colpevole o doloso?), la trama si dipana in una solita e "logora" idea di lotta da parte della protagonista a "conquistare" il senpai, a dispetto delle altre due rivali che compariranno durante la serie (la kohai e la senpai del senpai oggetto del desiderio).
Il cliché è il solito: lui imbranato e tonto, la protagonista incapace di fare il primo passo, e le colleghe molto più disinibite e aggressive.
Ne viene fuori una storiella senza un vero e proprio finale, formata da gag più o meno divertenti basate sui soliti equivoci. Se non fosse per l'ambientazione in un classico ufficio in cui i colleghi interagiscono, il livello è quello della classica rom-com scolastica slice of life, in cui la differenza sta solo in qualche situazione più piccante (tipo la classica sbronza serale e risveglio con sorpresa al mattino seguente).
Altra nota dolente è l'impossibilità di identificare i personaggi coi loro nomi. Douki-chan, Douki-kun, Senpai-san e Kohai-chan sono gli unici appellativi disponibili...
E allora quali sarebbero gli eventuali punti di forza o positivi di "Ganbare Doukichan" per consigliarne la visione?
In primis la qualità dei disegni e dell'animazione. Sono davvero ben fatte, restando con una qualità costante in ogni episodio. Uno stile pulito, carino e morbido con un uso "discreto" del deformed nelle circostanze più forti, cui si aggiunge una colonna sonora piacevole e adatta alle scene mostrate.
In secundis la durata. Non sto scherzando, non avendo dei contenuti particolarmente profondi la serie "sta in piedi" proprio per la sua lunghezza ridotta, tanto da poter essere visionata tutta di un fiato in un paio d'ore (pause incluse) in cui rilassarsi e divertirsi senza richiesta di particolari sforzi di concentrazione.
Da questo punto di vista "Ganbare Doukichan" non potrà deludere lo spettatore...
E ho scoperto che, sebbene la prima opera sia una serie "originale", entrambe hanno in comune l’autrice Yomu, famosa per essere un’illustratrice il cui lavoro si è concentrato fino ad oggi tipicamente sulla rappresentazione di soggetti femminili in "collant".
Fatta la doverosa premessa sull'autrice (il cui "marchio di fabbrica" non è così presente nell'anime in recensione), da una serie di corti di 12 episodi di sei minuti ciascuno circa cosa ci si può attendere? Probabilmente, impegnandosi al massimo, è possibile introdurre alcuni contenuti di rilievo anche in episodi di 5-10 minuti di lunghezza.
E' il caso di "Ganbare Doukichan"? Mmmh, scriverei proprio di no.
La storia è piuttosto semplice e inizia in modo piuttosto "intrigante", avvalorando il giudizio di opera "ecchi": la protagonista per errore prenota una stanza doppia e non due singole per lei e il suo senpai e dopo le titubanze iniziali decidono di dormire nella stessa stanza. E così tra imbarazzi da ragazzini delle medie, inquadrature malandrine di lei in intimo e calze (i cui dettagli visivi non raggiungono i picchi di "Miru Tights") e finti dormiveglia, nella vana speranza di lei che il senpai le "salti addosso" (ma allora l'errore di prenotazione è colpevole o doloso?), la trama si dipana in una solita e "logora" idea di lotta da parte della protagonista a "conquistare" il senpai, a dispetto delle altre due rivali che compariranno durante la serie (la kohai e la senpai del senpai oggetto del desiderio).
Il cliché è il solito: lui imbranato e tonto, la protagonista incapace di fare il primo passo, e le colleghe molto più disinibite e aggressive.
Ne viene fuori una storiella senza un vero e proprio finale, formata da gag più o meno divertenti basate sui soliti equivoci. Se non fosse per l'ambientazione in un classico ufficio in cui i colleghi interagiscono, il livello è quello della classica rom-com scolastica slice of life, in cui la differenza sta solo in qualche situazione più piccante (tipo la classica sbronza serale e risveglio con sorpresa al mattino seguente).
Altra nota dolente è l'impossibilità di identificare i personaggi coi loro nomi. Douki-chan, Douki-kun, Senpai-san e Kohai-chan sono gli unici appellativi disponibili...
E allora quali sarebbero gli eventuali punti di forza o positivi di "Ganbare Doukichan" per consigliarne la visione?
In primis la qualità dei disegni e dell'animazione. Sono davvero ben fatte, restando con una qualità costante in ogni episodio. Uno stile pulito, carino e morbido con un uso "discreto" del deformed nelle circostanze più forti, cui si aggiunge una colonna sonora piacevole e adatta alle scene mostrate.
In secundis la durata. Non sto scherzando, non avendo dei contenuti particolarmente profondi la serie "sta in piedi" proprio per la sua lunghezza ridotta, tanto da poter essere visionata tutta di un fiato in un paio d'ore (pause incluse) in cui rilassarsi e divertirsi senza richiesta di particolari sforzi di concentrazione.
Da questo punto di vista "Ganbare Doukichan" non potrà deludere lo spettatore...
Questo anime si compone di 12 episodi brevi, ottimo contenitore per una narrazione leggera e non impegnativa.
Douchi-chan è un’impiegata di una grande azienda. Il suo interesse amoroso viene attirato dal senpai, un collega senza occhi(!) che le piace molto, ma verso il quale, a causa della sua timidezza e della sua scarsa autostima, non riesce ad esprimere i suoi sentimenti se non con impacciati, casuali, teneri tentativi.
La giovane kohai molto bella, procace, disponibile e disinibita verso il senpai e la bella cliente matura e sofisticata sono due avversarie difficili da sconfiggere, ma Douki-chan è tenace nei suoi tentativi di approccio al senpai. Da parte sua il senpai dimostra di apprezzare i tentativi di Douki, ma anche lui è una personcina timida, discreta e fin troppo gentile con le lazzarone che li interrompono ad ogni piè sospinto.
I titoli lunghi degli episodi sono esplicativi, mentre questa tenerissima storia d’amore si sviluppa tra situazioni tipiche dell’ambiente lavorativo e sociale giapponese: ascensori, camera in comune in un viaggio di lavoro, riunioni, uscite dopo lavoro a bere a più non posso.
Quest’amore si sente nell’aria, ma deve manifestarsi in modo chiaro e ogni volta c’è un impedimento con golosi e divertenti colpi di scena o un plateale imbarazzo con visi arrossati che fa emergere scampoli di dichiarazioni, rendendo il tutto ancora più tenero (che carina la scena del vicolo con tanto di batticuore!). Se all’inizio Douki ha pensieri assai lussuriosi sul suo senpai, in un ecchi tutto sommato non troppo spinto, poi la componente lussuriosa sfuma sul tema “maid”, che, a quanto pare, in Giappone ispira pensieri di varia natura. Paese che vai, gusti che trovi, della serie “De gustibus non disputandum est”.
A livello di grafica mi sono parecchio divertita e lo spiego subito: questa storia leggera si accosta ad un chara design morbido, piacevole agli occhi e molto semplificato.
Non c’è molta ricercatezza nei dettagli, ma questi volti tondi, gli occhi grandi da cerbiatto, ad esempio la figura provocante della Kohai accostata ad un carattere allegro e leggero e con quel volto infantile e (apparentemente) innocente sono davvero gradevoli. Il contrasto tra la corporatura prosperosa delle due “avversarie” contro la bellezza naturale e dolce della protagonista è ben fatto. Abbiamo un senpai senza occhi, ma d’altronde non è bello ciò che è bello, ma ciò che piace e a quanto pare e il nostro senpai piace assai! L’ambientazione è ben fatta con una buona grafica, a dispetto della brevità degli episodi e dell’anime.
L’anime è breve, sia negli episodi, che nella strutturazione, ma in questo quadro a tempo limitato al narrazione è ben accompagnata in episodi piacevoli che vanno dritti alla vicenda che si vuole raccontare. La love story comunque non ne viene penalizzata, anzi, se la lunghezza di ogni singolo episodio fosse stata canonica (20 minuti), quest’anime avrebbe di certo perso in freschezza, cadendo in una desolante banalità senza sbocchi significativi.
Il finale resta aperto, ma non è un handicap. Spero in una prossima serie, ma la leggerezza della narrazione con la piacevolezza della grafica (anche il super-deformed è puccioso!) già mi hanno ripagata del tempo speso a guardarlo.
Consiglio quest’anime per un momento di leggerezza senza impegno. La sua tenerezza e la sua dolcezza faranno un’ottima compagnia.
Douchi-chan è un’impiegata di una grande azienda. Il suo interesse amoroso viene attirato dal senpai, un collega senza occhi(!) che le piace molto, ma verso il quale, a causa della sua timidezza e della sua scarsa autostima, non riesce ad esprimere i suoi sentimenti se non con impacciati, casuali, teneri tentativi.
La giovane kohai molto bella, procace, disponibile e disinibita verso il senpai e la bella cliente matura e sofisticata sono due avversarie difficili da sconfiggere, ma Douki-chan è tenace nei suoi tentativi di approccio al senpai. Da parte sua il senpai dimostra di apprezzare i tentativi di Douki, ma anche lui è una personcina timida, discreta e fin troppo gentile con le lazzarone che li interrompono ad ogni piè sospinto.
I titoli lunghi degli episodi sono esplicativi, mentre questa tenerissima storia d’amore si sviluppa tra situazioni tipiche dell’ambiente lavorativo e sociale giapponese: ascensori, camera in comune in un viaggio di lavoro, riunioni, uscite dopo lavoro a bere a più non posso.
Quest’amore si sente nell’aria, ma deve manifestarsi in modo chiaro e ogni volta c’è un impedimento con golosi e divertenti colpi di scena o un plateale imbarazzo con visi arrossati che fa emergere scampoli di dichiarazioni, rendendo il tutto ancora più tenero (che carina la scena del vicolo con tanto di batticuore!). Se all’inizio Douki ha pensieri assai lussuriosi sul suo senpai, in un ecchi tutto sommato non troppo spinto, poi la componente lussuriosa sfuma sul tema “maid”, che, a quanto pare, in Giappone ispira pensieri di varia natura. Paese che vai, gusti che trovi, della serie “De gustibus non disputandum est”.
A livello di grafica mi sono parecchio divertita e lo spiego subito: questa storia leggera si accosta ad un chara design morbido, piacevole agli occhi e molto semplificato.
Non c’è molta ricercatezza nei dettagli, ma questi volti tondi, gli occhi grandi da cerbiatto, ad esempio la figura provocante della Kohai accostata ad un carattere allegro e leggero e con quel volto infantile e (apparentemente) innocente sono davvero gradevoli. Il contrasto tra la corporatura prosperosa delle due “avversarie” contro la bellezza naturale e dolce della protagonista è ben fatto. Abbiamo un senpai senza occhi, ma d’altronde non è bello ciò che è bello, ma ciò che piace e a quanto pare e il nostro senpai piace assai! L’ambientazione è ben fatta con una buona grafica, a dispetto della brevità degli episodi e dell’anime.
L’anime è breve, sia negli episodi, che nella strutturazione, ma in questo quadro a tempo limitato al narrazione è ben accompagnata in episodi piacevoli che vanno dritti alla vicenda che si vuole raccontare. La love story comunque non ne viene penalizzata, anzi, se la lunghezza di ogni singolo episodio fosse stata canonica (20 minuti), quest’anime avrebbe di certo perso in freschezza, cadendo in una desolante banalità senza sbocchi significativi.
Il finale resta aperto, ma non è un handicap. Spero in una prossima serie, ma la leggerezza della narrazione con la piacevolezza della grafica (anche il super-deformed è puccioso!) già mi hanno ripagata del tempo speso a guardarlo.
Consiglio quest’anime per un momento di leggerezza senza impegno. La sua tenerezza e la sua dolcezza faranno un’ottima compagnia.