L'immaginario
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Trama: Rudger è nato da tre mesi, tre settimane e tre giorni, ma sembra un ometto. È nato dalla fantasia di Amanda, e insieme giocano e sognano tante avventure... poi un giorno arriva il cattivo Mr. Bunting. Costui è un grande sognatore, perché sogna da centinaia di anni; purtroppo, per vivere così a lungo, ha un solo modo: mangiare gli immaginari degli altri esseri umani. D’altronde, lui si difende! Gli altri esseri umani dimenticano i loro immaginari, che così scompaiono per sempre: morte per morte, è meglio darli a lui da mangiare!
Animazioni: l’animazione all’inizio è legnosa, e si riconosce la CGI, poi velocemente migliora, tanto da non farci più caso.
Altro: conosco lo studio Ponoc dai tempi di “Mary e il fiore della strega”, e anche in questo caso si vede lontano un miglio che mirano a presentarsi con un marchio di fabbrica che sembra un copia e incolla dello studio Ghibli, ma l’opera, nata come un clone, riesce comunque ad avere un suo perché.
La scelta del libro di Harrold è stata ottimale, perché non credo abbia avuto un successo tale, da rivelare alla lettura del titolo di cosa tratta alle persone che volevano vederlo, almeno qui in Italia. Certo che, se non so l’effetto su carta come era, l’effetto su cellulosa è ottimo. Merito anche del regista Yoshiyuki Momose, che è la prima volta che trovo alla direzione di un’opera, ma che ha lavorato con parti minori a “Una tomba per le lucciole”, “Pioggia di Ricordi”, “La principessa Mononoke”, cambiando spesso ruolo. Più conosciuto è il direttore delle animazioni, Kenichi Konishi, di cui ho già ammirato i lavori in “Tokyo Godfathers”, “La principessa splendente” e “I figli del mare”: di queste opere mi è rimasta a cuore soprattutto quella di Satoshi Kon, ma dimostra come Konishi sia ricercato da registi assai diversi fra di loro.
Benché abbia accusato di scopiazzature questo film, e ammetto che sia diretto a un pubblico decisamente più giovane di me, mi sento di potergli dare comunque un nove. Consigliato a un pubblico di bambini, nonostante si parli anche della scomparsa o della morte (Amanda, la protagonista, è orfana di padre).
Trama: Rudger è nato da tre mesi, tre settimane e tre giorni, ma sembra un ometto. È nato dalla fantasia di Amanda, e insieme giocano e sognano tante avventure... poi un giorno arriva il cattivo Mr. Bunting. Costui è un grande sognatore, perché sogna da centinaia di anni; purtroppo, per vivere così a lungo, ha un solo modo: mangiare gli immaginari degli altri esseri umani. D’altronde, lui si difende! Gli altri esseri umani dimenticano i loro immaginari, che così scompaiono per sempre: morte per morte, è meglio darli a lui da mangiare!
Animazioni: l’animazione all’inizio è legnosa, e si riconosce la CGI, poi velocemente migliora, tanto da non farci più caso.
Altro: conosco lo studio Ponoc dai tempi di “Mary e il fiore della strega”, e anche in questo caso si vede lontano un miglio che mirano a presentarsi con un marchio di fabbrica che sembra un copia e incolla dello studio Ghibli, ma l’opera, nata come un clone, riesce comunque ad avere un suo perché.
La scelta del libro di Harrold è stata ottimale, perché non credo abbia avuto un successo tale, da rivelare alla lettura del titolo di cosa tratta alle persone che volevano vederlo, almeno qui in Italia. Certo che, se non so l’effetto su carta come era, l’effetto su cellulosa è ottimo. Merito anche del regista Yoshiyuki Momose, che è la prima volta che trovo alla direzione di un’opera, ma che ha lavorato con parti minori a “Una tomba per le lucciole”, “Pioggia di Ricordi”, “La principessa Mononoke”, cambiando spesso ruolo. Più conosciuto è il direttore delle animazioni, Kenichi Konishi, di cui ho già ammirato i lavori in “Tokyo Godfathers”, “La principessa splendente” e “I figli del mare”: di queste opere mi è rimasta a cuore soprattutto quella di Satoshi Kon, ma dimostra come Konishi sia ricercato da registi assai diversi fra di loro.
Benché abbia accusato di scopiazzature questo film, e ammetto che sia diretto a un pubblico decisamente più giovane di me, mi sento di potergli dare comunque un nove. Consigliato a un pubblico di bambini, nonostante si parli anche della scomparsa o della morte (Amanda, la protagonista, è orfana di padre).