Suzume
Da grande fan di Makoto Shinkai, non potevo esimermi dal recensire la sua ultima fatica, “Suzume”, film uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nel 2022 e che, a maggior ragione dopo la visione, rimpiango di non aver visto al cinema, per un mio solito eccesso di pigrizia e negligenza.
Realizzato con gran parte dello stesso staff tecnico e artistico che aveva lavorato alle precedenti pellicole, “Your Name” e “Weathering with You” su tutte, il film è stato un enorme successo commerciale in patria e all'estero, in particolare in estremo Oriente, dove ha fatto registrare alcuni record ai botteghini di Cina e Corea del Sud. Inoltre, l’opera è stata tra le candidate per la vittoria del premio come miglior film d’animazione (2023) e dell’Orso d’oro (2024). Tutte informazioni che mi hanno lasciato considerevolmente stupito, perché, nonostante io ritenga Makoto Shinkai uno dei migliori registi nipponici in attività, credevo stupidamente che il precedente e tanto discusso “Your Name” avesse in qualche modo inficiato la sua carriera o la fama delle sue opere. Per fortuna, così non è stato.
Suzume è una studentessa diciassettenne che ha perso i genitori in tenera età e, da diversi anni, vive con la zia in un piccolo paesino del Kyūshū. Un giorno, incontra un giovane viaggiatore di nome Sōta, che le chiede indicazioni per raggiungere una vecchia stazione termale abbandonata e una misteriosa "porta". Affascinata dal giovane, decide di seguirlo e finisce inavvertitamente con l'aprire proprio la porta da lui menzionata, la cui apertura, però, secondo la leggenda, è causa di innumerevoli disastri. Successivamente, Suzume si ritrova a raccogliere una pietra che nelle sue mani si tramuta in un gattino che scappa via. Prima che accada l'irreparabile, lei e Sōta riescono a richiudere la porta scongiurando il peggio e Suzume apprende come Sōta sia in viaggio lungo tutto il Giappone proprio per chiudere questi portali e prevenire disastri naturali di portata nazionale. Tuttavia, proprio nel momento in cui Suzume e Sōta stanno facendo conoscenza, appare il gattino (Daijin), che tramuta Sōta in una sedia per bambini – con sole tre gambe – e poi fugge via. Inizia così l'inseguimento di Suzume e Sōta-sedia al gatto, in un viaggio che porterà i due lungo tutto il Giappone.
Conoscendo molto bene quel vecchio volpone di Shinkai, ero certo che uno dei fili conduttori della trama sarebbe stato l’amore tra i due protagonisti. Immaginatevi dunque lo sconcerto, mio e, credo, di tanti altri spettatori, quando Sōta si trasforma in una grottesca sedia per bambini a tre gambe. In quel preciso istante, ho pensato che il film non potesse funzionare, sotto diversi aspetti, ma alla fine mi sono dovuto ricredere. La storia d’amore tra Suzume e Sōta non è nulla di nuovo: lei si innamora a prima vista di lui, che conoscendola meglio finisce per innamorarsi a sua volta – scusate il tremendo spoiler –. Suzume si è chiaramente infatuata di un sedicente ragazzo dai capelli lunghi, eppure continua a stargli accanto, un po’ per obbligo un po’ per piacere, anche quando perde le sue fattezze umane, a riprova del fatto che la bellezza va cercata dentro le persone e mai fuori. Nonostante l’amore sia uno dei temi portanti del film di Shinkai, a cui il regista ha deciso, stranamente, di concedere un finale diverso da quelli canonici, non mi sento, però, di definire “Suzume” una storia romantica. Sostanzialmente, di romanticismo ce n’è veramente poco, almeno nei termini in cui lo intendo io, e questo, a mio modesto parere, non permette di vivere con pieno coinvolgimento la storia d’amore tra i due protagonisti. Sulla parte sentimentale, di fatto, prevale nettamente quella fantasy. In “Suzume”, così come in “Your Name”, Shinkai dà sfogo alla sua mente brillante e geniale, conferendo così alla pellicola un’impronta fantastica degna dei fratelli Duffer. Per quanto mi riguarda, il verme rosso è un chiaro riferimento a “Stranger Things” e, da amante della serie Netflix, l’ho apprezzato tantissimo.
Romanticismo e fantasy sono le due componenti fondamentali del viaggio d’avventura dei due protagonisti, ma che, a conti fatti, è soprattutto il viaggio di Suzume. Un viaggio alla scoperta di sé stessi, della propria identità, che implica un duro confronto con il passato, perché senza di esso non può esserci futuro. Un viaggio di formazione, durante il quale la cosa veramente importante è costruire nuovi legami e rafforzare i vecchi. Non nego, infatti, che le mie scene preferite siano quelle in cui Suzume conosce nuove persone, Chika e Rumi su tutte, che la aiutano e la sostengono pur conoscendola appena, a conferma del fatto che, come sosteneva Jonathan Swift, sono le persone a poter cambiare il mondo.
Questi elementi, abbelliti, come da consuetudine, dal lavoro magistrale tanto del comparto tecnico quanto del comparto musicale, contribuiscono a rendere “Suzume” una visione estremamente piacevole.
Realizzato con gran parte dello stesso staff tecnico e artistico che aveva lavorato alle precedenti pellicole, “Your Name” e “Weathering with You” su tutte, il film è stato un enorme successo commerciale in patria e all'estero, in particolare in estremo Oriente, dove ha fatto registrare alcuni record ai botteghini di Cina e Corea del Sud. Inoltre, l’opera è stata tra le candidate per la vittoria del premio come miglior film d’animazione (2023) e dell’Orso d’oro (2024). Tutte informazioni che mi hanno lasciato considerevolmente stupito, perché, nonostante io ritenga Makoto Shinkai uno dei migliori registi nipponici in attività, credevo stupidamente che il precedente e tanto discusso “Your Name” avesse in qualche modo inficiato la sua carriera o la fama delle sue opere. Per fortuna, così non è stato.
Suzume è una studentessa diciassettenne che ha perso i genitori in tenera età e, da diversi anni, vive con la zia in un piccolo paesino del Kyūshū. Un giorno, incontra un giovane viaggiatore di nome Sōta, che le chiede indicazioni per raggiungere una vecchia stazione termale abbandonata e una misteriosa "porta". Affascinata dal giovane, decide di seguirlo e finisce inavvertitamente con l'aprire proprio la porta da lui menzionata, la cui apertura, però, secondo la leggenda, è causa di innumerevoli disastri. Successivamente, Suzume si ritrova a raccogliere una pietra che nelle sue mani si tramuta in un gattino che scappa via. Prima che accada l'irreparabile, lei e Sōta riescono a richiudere la porta scongiurando il peggio e Suzume apprende come Sōta sia in viaggio lungo tutto il Giappone proprio per chiudere questi portali e prevenire disastri naturali di portata nazionale. Tuttavia, proprio nel momento in cui Suzume e Sōta stanno facendo conoscenza, appare il gattino (Daijin), che tramuta Sōta in una sedia per bambini – con sole tre gambe – e poi fugge via. Inizia così l'inseguimento di Suzume e Sōta-sedia al gatto, in un viaggio che porterà i due lungo tutto il Giappone.
Conoscendo molto bene quel vecchio volpone di Shinkai, ero certo che uno dei fili conduttori della trama sarebbe stato l’amore tra i due protagonisti. Immaginatevi dunque lo sconcerto, mio e, credo, di tanti altri spettatori, quando Sōta si trasforma in una grottesca sedia per bambini a tre gambe. In quel preciso istante, ho pensato che il film non potesse funzionare, sotto diversi aspetti, ma alla fine mi sono dovuto ricredere. La storia d’amore tra Suzume e Sōta non è nulla di nuovo: lei si innamora a prima vista di lui, che conoscendola meglio finisce per innamorarsi a sua volta – scusate il tremendo spoiler –. Suzume si è chiaramente infatuata di un sedicente ragazzo dai capelli lunghi, eppure continua a stargli accanto, un po’ per obbligo un po’ per piacere, anche quando perde le sue fattezze umane, a riprova del fatto che la bellezza va cercata dentro le persone e mai fuori. Nonostante l’amore sia uno dei temi portanti del film di Shinkai, a cui il regista ha deciso, stranamente, di concedere un finale diverso da quelli canonici, non mi sento, però, di definire “Suzume” una storia romantica. Sostanzialmente, di romanticismo ce n’è veramente poco, almeno nei termini in cui lo intendo io, e questo, a mio modesto parere, non permette di vivere con pieno coinvolgimento la storia d’amore tra i due protagonisti. Sulla parte sentimentale, di fatto, prevale nettamente quella fantasy. In “Suzume”, così come in “Your Name”, Shinkai dà sfogo alla sua mente brillante e geniale, conferendo così alla pellicola un’impronta fantastica degna dei fratelli Duffer. Per quanto mi riguarda, il verme rosso è un chiaro riferimento a “Stranger Things” e, da amante della serie Netflix, l’ho apprezzato tantissimo.
Romanticismo e fantasy sono le due componenti fondamentali del viaggio d’avventura dei due protagonisti, ma che, a conti fatti, è soprattutto il viaggio di Suzume. Un viaggio alla scoperta di sé stessi, della propria identità, che implica un duro confronto con il passato, perché senza di esso non può esserci futuro. Un viaggio di formazione, durante il quale la cosa veramente importante è costruire nuovi legami e rafforzare i vecchi. Non nego, infatti, che le mie scene preferite siano quelle in cui Suzume conosce nuove persone, Chika e Rumi su tutte, che la aiutano e la sostengono pur conoscendola appena, a conferma del fatto che, come sosteneva Jonathan Swift, sono le persone a poter cambiare il mondo.
Questi elementi, abbelliti, come da consuetudine, dal lavoro magistrale tanto del comparto tecnico quanto del comparto musicale, contribuiscono a rendere “Suzume” una visione estremamente piacevole.
Come tutte le opere viste di Makoto Shinkai, anche "Suzume" si rivela una piccola opera d'arte. Le emozioni che riesce a trasmettere allo spettatore sono impareggiabili, come lo è la ricercatezza di personaggi e creature e come lo è la purezza dei protagonisti.
Lasciarsi trasportare dagli eventi narrati non può che essere un meraviglioso viaggio.
Viaggio aiutato da una tecnica e da un comparto artistico che lasciano senza fiato. I colori, le animazioni, i sentimenti dipinti sui volti, l'attenzione ad ogni minimo dettaglio realizzato con una cura maniacale sono tutte cose che portano lo spettatore a rimanere a bocca aperta.
Non mi soffermerò sulla trama già ampiamente descritta da altri, ma posso solo consigliare questo capolavoro a chiunque, sia amanti di anime e Giappone sia a persone semplicemente aperte a emozionarsi.
Lasciarsi trasportare dagli eventi narrati non può che essere un meraviglioso viaggio.
Viaggio aiutato da una tecnica e da un comparto artistico che lasciano senza fiato. I colori, le animazioni, i sentimenti dipinti sui volti, l'attenzione ad ogni minimo dettaglio realizzato con una cura maniacale sono tutte cose che portano lo spettatore a rimanere a bocca aperta.
Non mi soffermerò sulla trama già ampiamente descritta da altri, ma posso solo consigliare questo capolavoro a chiunque, sia amanti di anime e Giappone sia a persone semplicemente aperte a emozionarsi.
Credo che questo sia il quarto lavoro che vedo di Makoto Shinkai (il secondo alla regia) e il più completo: non si può negare che la regia è ottima, le inquadrature meravigliose e la musica perfetta.
Ma non è il film perfetto: alcune cose sono molto scontate e la storia d’amore (che è sempre un cavallo di battaglia nella cinematografia anime giapponese) non regge bene. Si perché parla di innamoramento e non d’amore … che differenza c’è: nel primo caso può avvenire ad uno sguardo, può avvenire spesso e dura finché dura l’apparenza che lo ha generato… il secondo invece matura piano piano: in Suzume nulla avviene piano si corre!
La storia è semplice e farò qualche spoiler: un giorno un’orfana di Fukushima (ma noi non lo sappiamo ancora) incontra uno strano tipo che con le sue domande la spinge ad cercare ed aprire una porta che da sull’altrove, solo col intervento di costui (Souta) Sozume riesce a chiuderla senza però non aver fatto prima l’errore di liberare una divinità felina che serviva a proteggere l’umanità dal bruco (drago creatore di terremoti). Da questo momento i due inizieranno a lavorare insieme per usare il potere dei ricordi felici e delle divinità protettrici ed impedire al bruco di scatenare la sua ira.
Insomma il ricordo va dunque conservato e i luoghi non dimenticati.
Bella idea.
Non originale ma bella lo stesso.
Il problema è che la storia è troppo lineare.
Bella ma lineare.
Sappiamo dove ci vuole portare l’autore quasi subito: soprattutto la storia d’amore è scontata e la protagonista sembra un attrice che ha una parte troppo grande per lei: si perché sono convinto che anche i personaggi non in carne ed ossa hanno un’anima mentre recitano e possono essere bravi o pessimi, in questo caso Suzume non mi convince a pieno. Cosa per cui invece di dare nove a questo film come ho fatto con “I racconti di Terramare” di Goro Miyazaki gli do otto e mezzo, riconoscendo a Shinkai di essere uno dei pochi a poter sfidare la qualità dei prodotti Ghibli.
Ma non è il film perfetto: alcune cose sono molto scontate e la storia d’amore (che è sempre un cavallo di battaglia nella cinematografia anime giapponese) non regge bene. Si perché parla di innamoramento e non d’amore … che differenza c’è: nel primo caso può avvenire ad uno sguardo, può avvenire spesso e dura finché dura l’apparenza che lo ha generato… il secondo invece matura piano piano: in Suzume nulla avviene piano si corre!
La storia è semplice e farò qualche spoiler: un giorno un’orfana di Fukushima (ma noi non lo sappiamo ancora) incontra uno strano tipo che con le sue domande la spinge ad cercare ed aprire una porta che da sull’altrove, solo col intervento di costui (Souta) Sozume riesce a chiuderla senza però non aver fatto prima l’errore di liberare una divinità felina che serviva a proteggere l’umanità dal bruco (drago creatore di terremoti). Da questo momento i due inizieranno a lavorare insieme per usare il potere dei ricordi felici e delle divinità protettrici ed impedire al bruco di scatenare la sua ira.
Insomma il ricordo va dunque conservato e i luoghi non dimenticati.
Bella idea.
Non originale ma bella lo stesso.
Il problema è che la storia è troppo lineare.
Bella ma lineare.
Sappiamo dove ci vuole portare l’autore quasi subito: soprattutto la storia d’amore è scontata e la protagonista sembra un attrice che ha una parte troppo grande per lei: si perché sono convinto che anche i personaggi non in carne ed ossa hanno un’anima mentre recitano e possono essere bravi o pessimi, in questo caso Suzume non mi convince a pieno. Cosa per cui invece di dare nove a questo film come ho fatto con “I racconti di Terramare” di Goro Miyazaki gli do otto e mezzo, riconoscendo a Shinkai di essere uno dei pochi a poter sfidare la qualità dei prodotti Ghibli.
Visto che si parla di un OAV, lascio perdere le mie classiche recensioni precisine e passo semplicemente a dire quello che penso. Che dire? È un'opera veramente eccezionale sotto molti punti di vista, praticamente tutti, tranne la sceneggiatura.
Tecnicamente è eccellente: giochi di luce emozionanti, inquadrature dinamiche, movimenti dei personaggi fluidi... Tutto ovvio, stiamo parlando di un'opera singola, però non sempre si arriva a un lavoro di questo livello, ottimo! Stessa cosa, se non addirittura meglio, per la parte sonora: suoni d'ambiente molto curati e onnipresenti, musiche scelte molto bene che accompagnano un sacco di scene... Su questo siamo a livelli perfetti!
I personaggi sono piacevoli e la protagonista attorno a cui ruotano le vicende non ha particolari difetti. Non è piagnucolona, tsundere, lolita o altre cose trite e ritrite. Una classica ragazza che ci mette tutta la sua buona volontà per affrontare un qualcosa di inaspettato con coraggio e passione. Pollice in su!
Pure la regia rende bene, grazie anche al già citato comparto sonoro.
L'unico vero punto dolente è la sceneggiatura, un pochino banale e che non riesce a far presa a causa di una mancanza di passione vera negli eventi. A fine "film" rimani un po' a bocca asciutta, quello che hai visto è letteralmente "carino", niente di più. Sicuramente piacevole, ma a parte gli ultimissimi minuti manca di quel qualcosa in più. Forse, se non vi sono piaciuti altri lungometraggi come "Your Name." o "A Silent Voice", forse "Suzume" potrebbe interessarvi, è abbastanza diverso nel modo in cui la storia è stata scritta e girata.
In poche parole, forse per miei gusti, ho trovato "Suzume" un'opera tecnicamente ottima, quasi ineccepibile, ma che non mi ha lasciato nulla alla sua fine. Due ore spese bene, ma finite quelle... stop, tutto qua! Per questo motivo, voto nella media.
Tecnicamente è eccellente: giochi di luce emozionanti, inquadrature dinamiche, movimenti dei personaggi fluidi... Tutto ovvio, stiamo parlando di un'opera singola, però non sempre si arriva a un lavoro di questo livello, ottimo! Stessa cosa, se non addirittura meglio, per la parte sonora: suoni d'ambiente molto curati e onnipresenti, musiche scelte molto bene che accompagnano un sacco di scene... Su questo siamo a livelli perfetti!
I personaggi sono piacevoli e la protagonista attorno a cui ruotano le vicende non ha particolari difetti. Non è piagnucolona, tsundere, lolita o altre cose trite e ritrite. Una classica ragazza che ci mette tutta la sua buona volontà per affrontare un qualcosa di inaspettato con coraggio e passione. Pollice in su!
Pure la regia rende bene, grazie anche al già citato comparto sonoro.
L'unico vero punto dolente è la sceneggiatura, un pochino banale e che non riesce a far presa a causa di una mancanza di passione vera negli eventi. A fine "film" rimani un po' a bocca asciutta, quello che hai visto è letteralmente "carino", niente di più. Sicuramente piacevole, ma a parte gli ultimissimi minuti manca di quel qualcosa in più. Forse, se non vi sono piaciuti altri lungometraggi come "Your Name." o "A Silent Voice", forse "Suzume" potrebbe interessarvi, è abbastanza diverso nel modo in cui la storia è stata scritta e girata.
In poche parole, forse per miei gusti, ho trovato "Suzume" un'opera tecnicamente ottima, quasi ineccepibile, ma che non mi ha lasciato nulla alla sua fine. Due ore spese bene, ma finite quelle... stop, tutto qua! Per questo motivo, voto nella media.
Non c'è niente da fare. Makoto Shinkai riesce ancora una volta a fare centro con l'ennesimo masterpiece fantasy visivo. "Suzume" non si discosta molto come genere da "Your name" e "Weathering with you": si prende spunto da un disastro più o meno naturale (nei precedenti la cometa/asteroide e l'acqua/alluvione con vaghi riferimenti agli esiti dell'antropizzazione senza controllo) per sviluppare una pellicola forse un po' più matura dei due precedenti film, in cui si narra di un viaggio alla scoperta di se stessi affrontando il proprio passato elaborandolo e superandolo per raggiungere una nuova consapevolezza e maturità. Un film sul "coming of age"...
Ma... personalmente l'impressione che percepisco di "Suzume" e che ormai Shinkai si sia allontanato definitivamente da quel genere di film che mi avevano conquistato e mi riferisco "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", ossia prima che il fantasy spinto prendesse il completo sopravvento...
Se di "Your name" comunque non posso che esprimere un giudizio ampiamente positivo (prossimo alla perfezione), sia per la trama intrecciata in modo sapiente tra gli scambi di persona dei due protagonisti, la parte drama, la tensione per prevenire la morte a causa della cometa con il finale agrodolce comunque tanto orientale, sul successivo "Weathering with you" e su "Suzume" non ho visto spunti di particolare rilievo o novità lato trama. Forse il secondo è, come ho anticipato in precedenza, una versione più matura visto che affronta diversi temi legati alle calamità che hanno colpito e colpiscono il Giappone: alludo ai terremoti e al disastro nucleare di Fukushima. Cui si può aggiungere il viaggio come metafora del voler ispirarsi al motto per cui "l’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito. Torna diverso" (A. Carson).
La protagonista Suzume è una ragazza di 17 anni che vive in una cittadina del sud del Giappone con la zia dopo aver perso la famiglia per un incidente. Dopo l'incontro casuale con Souta studente universitario dotato di particolari poteri soprannaturali scopre che esistono in Giappone dei luoghi in cui sono presenti delle "porte" dalle quali può manifestarsi la causa dei terremoti e il suo compito è quello di chiuderle prima che il terremoto possa avvenire...
E così si paventa un road movie in cui i due vagolano per il Giappone partendo da sud nel Kyushio fino a Tokyo per proseguire fino a oltre Fukushima per portare a termine non solo la missione ma anche elaborare i propri lutti, le proprie cicatrici e le proprie questioni irrisolte. In particolare Suzume riesce a vedere nel mondo all'interno delle porte "magiche" la se stessa da piccola e la propria madre per poi riuscire a superare il dolore del grande senso di vuoto patito fino a quel momento...
Tuttavia ci sono alcuni difetti su cui non posso sorvolare nel commento: inizio con la parte "romance". Piatta, lineare, scontata e prevedibile (come del resto gli stessi personaggi). Nessun plot twist, nessuna crisi, nessun imprevisto: tutto è funzionale al finale positivo e senza particolari sussulti. Suzume è fin troppo determinata e lineare nella sua "missione" con Souta; Lui è poco sviluppato e piatto; la zia a parte lo screzio in cui rinfaccia alla nipote di aver sacrificato la sua vita per crescerla, sembra una ragazzina cresciuta e così via... La parte simbolica delle divinità, del regno dell'aldilà, del verme che causa i terremoti, sebbene possano avere un senso per nipponici a me non ha entusiasmato.
E a poco serve descrivere come pro l'assoluta qualità grafica e tecnica: indiscutibile da anni, Shinkai ci ha abituato ad una fotografia e disegni spettacolari. E anche in Suzume non si smentisce, raggiungendo ulteriori vette prossime alla perfezione... ma, io continuo a rimpiangere quella sensazione di dolce tristezza che mi hanno fatto provare "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", il loro romanticismo essenziale e vero, forse un po' immaturo dal punto di vista della scrittura, ma privo di quel furbo voler compiacere il mainstream in modo estetico quanto ridondante.
Spero vivamente che con "Suzume no tojimari" (traducibile come "le porte chiuse di Suzume") Makoto Shinkai abbia perfezionato il suo percorso artistico similmente a Hideaki Anno con la saga del "Rebuild of Evangelion" pervenendo ad una risposta per lui sostenibile e, dopo aver aperto le porte delle questioni irrisolte, sia in grado di porle alle sue spalle, chiudendole definitivamente e dedicandosi ad altri orizzonti.
Ma... personalmente l'impressione che percepisco di "Suzume" e che ormai Shinkai si sia allontanato definitivamente da quel genere di film che mi avevano conquistato e mi riferisco "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", ossia prima che il fantasy spinto prendesse il completo sopravvento...
Se di "Your name" comunque non posso che esprimere un giudizio ampiamente positivo (prossimo alla perfezione), sia per la trama intrecciata in modo sapiente tra gli scambi di persona dei due protagonisti, la parte drama, la tensione per prevenire la morte a causa della cometa con il finale agrodolce comunque tanto orientale, sul successivo "Weathering with you" e su "Suzume" non ho visto spunti di particolare rilievo o novità lato trama. Forse il secondo è, come ho anticipato in precedenza, una versione più matura visto che affronta diversi temi legati alle calamità che hanno colpito e colpiscono il Giappone: alludo ai terremoti e al disastro nucleare di Fukushima. Cui si può aggiungere il viaggio come metafora del voler ispirarsi al motto per cui "l’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito. Torna diverso" (A. Carson).
La protagonista Suzume è una ragazza di 17 anni che vive in una cittadina del sud del Giappone con la zia dopo aver perso la famiglia per un incidente. Dopo l'incontro casuale con Souta studente universitario dotato di particolari poteri soprannaturali scopre che esistono in Giappone dei luoghi in cui sono presenti delle "porte" dalle quali può manifestarsi la causa dei terremoti e il suo compito è quello di chiuderle prima che il terremoto possa avvenire...
E così si paventa un road movie in cui i due vagolano per il Giappone partendo da sud nel Kyushio fino a Tokyo per proseguire fino a oltre Fukushima per portare a termine non solo la missione ma anche elaborare i propri lutti, le proprie cicatrici e le proprie questioni irrisolte. In particolare Suzume riesce a vedere nel mondo all'interno delle porte "magiche" la se stessa da piccola e la propria madre per poi riuscire a superare il dolore del grande senso di vuoto patito fino a quel momento...
Tuttavia ci sono alcuni difetti su cui non posso sorvolare nel commento: inizio con la parte "romance". Piatta, lineare, scontata e prevedibile (come del resto gli stessi personaggi). Nessun plot twist, nessuna crisi, nessun imprevisto: tutto è funzionale al finale positivo e senza particolari sussulti. Suzume è fin troppo determinata e lineare nella sua "missione" con Souta; Lui è poco sviluppato e piatto; la zia a parte lo screzio in cui rinfaccia alla nipote di aver sacrificato la sua vita per crescerla, sembra una ragazzina cresciuta e così via... La parte simbolica delle divinità, del regno dell'aldilà, del verme che causa i terremoti, sebbene possano avere un senso per nipponici a me non ha entusiasmato.
E a poco serve descrivere come pro l'assoluta qualità grafica e tecnica: indiscutibile da anni, Shinkai ci ha abituato ad una fotografia e disegni spettacolari. E anche in Suzume non si smentisce, raggiungendo ulteriori vette prossime alla perfezione... ma, io continuo a rimpiangere quella sensazione di dolce tristezza che mi hanno fatto provare "5 cm al secondo" e "Il giardino delle parole", il loro romanticismo essenziale e vero, forse un po' immaturo dal punto di vista della scrittura, ma privo di quel furbo voler compiacere il mainstream in modo estetico quanto ridondante.
Spero vivamente che con "Suzume no tojimari" (traducibile come "le porte chiuse di Suzume") Makoto Shinkai abbia perfezionato il suo percorso artistico similmente a Hideaki Anno con la saga del "Rebuild of Evangelion" pervenendo ad una risposta per lui sostenibile e, dopo aver aperto le porte delle questioni irrisolte, sia in grado di porle alle sue spalle, chiudendole definitivamente e dedicandosi ad altri orizzonti.
Che cosa sono i ricordi? Da dove vengono? Cosa cercano di dirci? Come influiscono e ci influenzano sulla nostra vita presente e il nostro futuro, sulle nostre prestazioni, capacità, competenze, conoscenze, asipirazioni, iniziative e prima di tutto i nostri sentimenti ed emozioni? Ed ultimo, ma non per importanza, come, dove, quando, quanto, a quale scopo e fine i nostri ricordi impattano sul nostro destino passato, presente e futuro? Tutto sembra andare in modo ordinario, fino a quando non avviene un incontro che funge da episodio trigger e che a poco a poco diventa un'amicizia e forse qualcosa di più, ma che rischia anche di far riaffiorare eventi e momenti che preferiremmo dimenticare e/o che non abbiamo ancora rielaborato nella nostra mente.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
La nostra protagonista è Suzume, una ragazza all'apparenza ordinaria, la quale vive con sua zia, dal momento che sua madre è morta 12 anni prima. In un giorno come altri Suzume incontra un ragazzo, Sota, il quale sembra anche lui una persona ordinaria, ma che in realtà nasconde un segreto molto più grande di quello che sembra e le chiede se conosce le rovine del posto. Suzume risponde negativamente; incuriosita però dal fatto lo segue e scopre un posto abbandonato e strano, probabilmente devastato da un terremoto. Qui trova una porta e la apre e scopre che questa conduce ad un luogo all'apparenza incantato e meraviglioso ma che in realtà cela terribili segreti. Qui trova un idolo a forma di gatto che si anima e che scappa. Tornata a scuola Suzume nota dalla finestra della sua aula una colonna di fumo provenire proprio dal luogo dov'è appena stata e preoccupata si precipita di nuovo sullo stesso per scoprire che in realtà la colonna è un gigantesco verme che ha lo scopo di distruggere il Giappone. A questo interviene Sota, il quale cerca di chiudere la porta con una chiave magica e recitando un sutra o mantra per fare in modo che gli dei lo assistano nell'impresa. Dopo tanti sforzi la porta viene chiusa e Souta spiega a Suzume che quello è un cancello per impedire al grande verme di uscire dal mondo incantato e scatenare la distruzione totale. A questo però ricompare il gatto il quale scatena un maleficio su Souta e lo trasforma in una sedia per poi fuggire. Comincia quindi un inseguimento per ritrovare il gatto, Daijin, il quale si scopre essere uno dei sigilli per impedire al verme di uscire dalla sua prigione. I due ce la mettono davvero tutta per stanarlo, ma questo è molto scaltro e furbo. Alla fine questi confessa che dal momento che lei lo ha liberato e che lui ha chiuso il portale è lui il nuovo sigillo e quindi deve prendere il suo posto per impedire al verme di fuggire. L'impresa disperata riesce, ma il prezzo da pagare è orribile. Suzume, disperata cerca di trovare un modo per salvare Sota ed insieme all'amico di Sota, Seziwara e sua zia, sorella di sua madre, che nel frattempo l'ha cercata dapperttutto e le ha lasciato una notevole quantità di chiamate e messaggi, Suzume prova a trovare la propria porta personale che conduce non solo ai suoi ricordi, ma che può anche ricondurla da Souta. Alla fine giunge al luogo dove 12 anni prima, esattamente l'11 Marzo 2011(allusione all'incidente di Fukushima?!) c'era stato il terremoto/maremoto dove sua madre perse la vita. Li ritrova la sua capsula del tempo e i suoi ricordi da bambina insieme alla porta che riapre e che la conduce al regno dei ricordi dove insieme a Daijin e Sadaijin ritrova Sota e fanno in modo di distruggere il Grande Verme, allegoria/metafora/allusione dello "tsunami di ricordi ed anche tsunami vero e proprio che l'11 Marzo 2011 distrusse la prefettura di Fukushima, anche se questo non viene citato direttamente. Alla fine Suzume riesce a fare poi la cosa più difficile, cioè ritrovare e riconciliarsi con la sé stessa del passato e rassicurandola che l'oscurità passa e che poi torna la luce. Fatto questo usa la chiave magica per chiudere definitivamente la propria "porta dei ricordi" e ritorna a casa insieme a Souta, sua zia e l'amico Seziwara.
Questa storia, a mio parere, ha un qualcosa di diverso per via della sua impostazione, la quale ci chiede di tornare sui nostri passi e recuperare qualcosa che abbiamo tralasciato, dimenticato, ovvero noi stessi, ma poi ci chiede anche di lasciare andare il nostro passato, perché ci sono cose che non si possono cambiare e che bisogna mettere da parte, anche e soprattutto se si tratta della scomparsa di una persona importanza o della persona più importante nella nostra vita, ovvero nostra madre. Come per tutti i Light Novel che ho avuto modo di guardare, questo presenta una grafica abbastanza curata e abbastanza dettagliata. I paesaggi e soprattutto le inquadrature mi ricordano molto le scene di Weathering With You, 5 cm al secondo, Il tuo nome ed altri capolavori del Maestro Makoto Shinkai, il quale torna a riproporci il suo stile visionario anche se difficile da interpretare e comprendere immediatamente per affrontare o quanto meno comprendere una questione abbastanza delicata come quella inerente al terremoto/maremoto del Tohoku, il quale ha rappresentato una sorta di shock per il Paese del Sol Levante e le cui vittime, nonchè i loro parenti sopravvissuti ancora oggi cercano di spiegarsi, pur sapendo che forse non otterrano risposte immediate, anche se sono passati 12 anni.
Forse il Maestro intende con questa pellicola rendere giustizia alla memoria di quelle persone che purtroppo hanno trovato la propria fine in quella catastrofe. Le porte come lui stesso presenta in questo suo lungometraggio sono appunto metafore/allegorie/allusioni a quelle dei nostri ricordi, ma sono anche una sorta di monito per il fatto che l'essere umano non dovrebbe entrare in "territori e/o cercare di cambiare questi più del necessario, poiché la natura ha sempre l'ultima voce in capitolo e non conviene mai farla arrabbiare e scatena sempre la sua ira, furia, collera qualora le si manca di rispetto, ma soprattutto perché essa vuole metterci alla prova per farci capire qual è la direzione giusta da prendere e fare in modo di non deviare da essa per ristabilire il giusto contatto con noi stessi, con gli altri. . Quindi, de facto, il Maestro ci consegna dei messaggi molto profondi e ci ricorda di comportarci anche di conseguenza onde evitare il ripetersi di queste tragedie.
La colonna sonora è composta di diverse tracce che riflettono l'atmosfera malinconica, cupa, ma allo stesso tempo forniscono una speranza sia per coloro che non ci sono più sia per coloro che sono ancora qui, una speranza per poter andare avanti, perché la vita non si ferma e se ogni tanto ci dà una forte "scossa" e per ricordarci di andare nella giusta direzione e di non fermarci mai ad abbandonarci ai nostri, specialmente quelli più tristi. E questo lo si intuisce/deduce dai personaggi, i quali all'inizio sembrano statici, ma che poi in seguito agli eventi messi in moto capiscono che bisogna proseguire e ritrovano veramente sé stessi e i loro veri sentimenti ed emozioni.
Questa è forse la fatica più difficile del Maestro, perché all'apparenza non si capisce subito i messaggi. Può darsi che egli abbia deciso di optare per uno stile decisamente più nascosto, ricercato. Fatto sta che questa pellicola merita di essere vista più di una volta al fine di poterla meglio contemplare, analizzare, sintetizzare e magari deve essere collegata ad altri anime e/o manga, film affini per una comprensione più completa ed esaustiva. Tutto sommato è un prodotto ben strutturato, imprevedibile ed anche audace nella scelta del tema trattato e quindi dimostra una certa maturità, perché proprio il tema stesso è cambiato. Mentre nei suoi film precedenti vi era già la presenza dell'elemento amoroso se pensiamo 5 cm al secondo, il Maestro riprende il suo precedente capolavoro a base catastrofica "Il tuo nome" e/o anche Weathering With You e lo fa evolvere nella scelta di una tematica reale come quella del terremoto del Tohoku, dove si è anche presente l'elemento dell'amore, ma dove anche esso viene in un certo modo sacrificato per poi essere riportato in vita. Quindi è come se il maestro avere fatto fare un salto di qualità ad entrambe le tematiche. E questo serve per toccare ed avvicinare la sensibilità del pubblico ad una questione ancora oggi irrisolta ed il tutto facendo leva proprio sui ricordi dei protagonisti dell'anime come riflesso dei protagonisti in carne ed ossa della catastrofe del terremoto del Tohoku.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
La nostra protagonista è Suzume, una ragazza all'apparenza ordinaria, la quale vive con sua zia, dal momento che sua madre è morta 12 anni prima. In un giorno come altri Suzume incontra un ragazzo, Sota, il quale sembra anche lui una persona ordinaria, ma che in realtà nasconde un segreto molto più grande di quello che sembra e le chiede se conosce le rovine del posto. Suzume risponde negativamente; incuriosita però dal fatto lo segue e scopre un posto abbandonato e strano, probabilmente devastato da un terremoto. Qui trova una porta e la apre e scopre che questa conduce ad un luogo all'apparenza incantato e meraviglioso ma che in realtà cela terribili segreti. Qui trova un idolo a forma di gatto che si anima e che scappa. Tornata a scuola Suzume nota dalla finestra della sua aula una colonna di fumo provenire proprio dal luogo dov'è appena stata e preoccupata si precipita di nuovo sullo stesso per scoprire che in realtà la colonna è un gigantesco verme che ha lo scopo di distruggere il Giappone. A questo interviene Sota, il quale cerca di chiudere la porta con una chiave magica e recitando un sutra o mantra per fare in modo che gli dei lo assistano nell'impresa. Dopo tanti sforzi la porta viene chiusa e Souta spiega a Suzume che quello è un cancello per impedire al grande verme di uscire dal mondo incantato e scatenare la distruzione totale. A questo però ricompare il gatto il quale scatena un maleficio su Souta e lo trasforma in una sedia per poi fuggire. Comincia quindi un inseguimento per ritrovare il gatto, Daijin, il quale si scopre essere uno dei sigilli per impedire al verme di uscire dalla sua prigione. I due ce la mettono davvero tutta per stanarlo, ma questo è molto scaltro e furbo. Alla fine questi confessa che dal momento che lei lo ha liberato e che lui ha chiuso il portale è lui il nuovo sigillo e quindi deve prendere il suo posto per impedire al verme di fuggire. L'impresa disperata riesce, ma il prezzo da pagare è orribile. Suzume, disperata cerca di trovare un modo per salvare Sota ed insieme all'amico di Sota, Seziwara e sua zia, sorella di sua madre, che nel frattempo l'ha cercata dapperttutto e le ha lasciato una notevole quantità di chiamate e messaggi, Suzume prova a trovare la propria porta personale che conduce non solo ai suoi ricordi, ma che può anche ricondurla da Souta. Alla fine giunge al luogo dove 12 anni prima, esattamente l'11 Marzo 2011(allusione all'incidente di Fukushima?!) c'era stato il terremoto/maremoto dove sua madre perse la vita. Li ritrova la sua capsula del tempo e i suoi ricordi da bambina insieme alla porta che riapre e che la conduce al regno dei ricordi dove insieme a Daijin e Sadaijin ritrova Sota e fanno in modo di distruggere il Grande Verme, allegoria/metafora/allusione dello "tsunami di ricordi ed anche tsunami vero e proprio che l'11 Marzo 2011 distrusse la prefettura di Fukushima, anche se questo non viene citato direttamente. Alla fine Suzume riesce a fare poi la cosa più difficile, cioè ritrovare e riconciliarsi con la sé stessa del passato e rassicurandola che l'oscurità passa e che poi torna la luce. Fatto questo usa la chiave magica per chiudere definitivamente la propria "porta dei ricordi" e ritorna a casa insieme a Souta, sua zia e l'amico Seziwara.
Questa storia, a mio parere, ha un qualcosa di diverso per via della sua impostazione, la quale ci chiede di tornare sui nostri passi e recuperare qualcosa che abbiamo tralasciato, dimenticato, ovvero noi stessi, ma poi ci chiede anche di lasciare andare il nostro passato, perché ci sono cose che non si possono cambiare e che bisogna mettere da parte, anche e soprattutto se si tratta della scomparsa di una persona importanza o della persona più importante nella nostra vita, ovvero nostra madre. Come per tutti i Light Novel che ho avuto modo di guardare, questo presenta una grafica abbastanza curata e abbastanza dettagliata. I paesaggi e soprattutto le inquadrature mi ricordano molto le scene di Weathering With You, 5 cm al secondo, Il tuo nome ed altri capolavori del Maestro Makoto Shinkai, il quale torna a riproporci il suo stile visionario anche se difficile da interpretare e comprendere immediatamente per affrontare o quanto meno comprendere una questione abbastanza delicata come quella inerente al terremoto/maremoto del Tohoku, il quale ha rappresentato una sorta di shock per il Paese del Sol Levante e le cui vittime, nonchè i loro parenti sopravvissuti ancora oggi cercano di spiegarsi, pur sapendo che forse non otterrano risposte immediate, anche se sono passati 12 anni.
Forse il Maestro intende con questa pellicola rendere giustizia alla memoria di quelle persone che purtroppo hanno trovato la propria fine in quella catastrofe. Le porte come lui stesso presenta in questo suo lungometraggio sono appunto metafore/allegorie/allusioni a quelle dei nostri ricordi, ma sono anche una sorta di monito per il fatto che l'essere umano non dovrebbe entrare in "territori e/o cercare di cambiare questi più del necessario, poiché la natura ha sempre l'ultima voce in capitolo e non conviene mai farla arrabbiare e scatena sempre la sua ira, furia, collera qualora le si manca di rispetto, ma soprattutto perché essa vuole metterci alla prova per farci capire qual è la direzione giusta da prendere e fare in modo di non deviare da essa per ristabilire il giusto contatto con noi stessi, con gli altri. . Quindi, de facto, il Maestro ci consegna dei messaggi molto profondi e ci ricorda di comportarci anche di conseguenza onde evitare il ripetersi di queste tragedie.
La colonna sonora è composta di diverse tracce che riflettono l'atmosfera malinconica, cupa, ma allo stesso tempo forniscono una speranza sia per coloro che non ci sono più sia per coloro che sono ancora qui, una speranza per poter andare avanti, perché la vita non si ferma e se ogni tanto ci dà una forte "scossa" e per ricordarci di andare nella giusta direzione e di non fermarci mai ad abbandonarci ai nostri, specialmente quelli più tristi. E questo lo si intuisce/deduce dai personaggi, i quali all'inizio sembrano statici, ma che poi in seguito agli eventi messi in moto capiscono che bisogna proseguire e ritrovano veramente sé stessi e i loro veri sentimenti ed emozioni.
Questa è forse la fatica più difficile del Maestro, perché all'apparenza non si capisce subito i messaggi. Può darsi che egli abbia deciso di optare per uno stile decisamente più nascosto, ricercato. Fatto sta che questa pellicola merita di essere vista più di una volta al fine di poterla meglio contemplare, analizzare, sintetizzare e magari deve essere collegata ad altri anime e/o manga, film affini per una comprensione più completa ed esaustiva. Tutto sommato è un prodotto ben strutturato, imprevedibile ed anche audace nella scelta del tema trattato e quindi dimostra una certa maturità, perché proprio il tema stesso è cambiato. Mentre nei suoi film precedenti vi era già la presenza dell'elemento amoroso se pensiamo 5 cm al secondo, il Maestro riprende il suo precedente capolavoro a base catastrofica "Il tuo nome" e/o anche Weathering With You e lo fa evolvere nella scelta di una tematica reale come quella del terremoto del Tohoku, dove si è anche presente l'elemento dell'amore, ma dove anche esso viene in un certo modo sacrificato per poi essere riportato in vita. Quindi è come se il maestro avere fatto fare un salto di qualità ad entrambe le tematiche. E questo serve per toccare ed avvicinare la sensibilità del pubblico ad una questione ancora oggi irrisolta ed il tutto facendo leva proprio sui ricordi dei protagonisti dell'anime come riflesso dei protagonisti in carne ed ossa della catastrofe del terremoto del Tohoku.
Mamma mia.
Da che parte si può cominciare nel descrivere Suzume no Tojimari?
Quale prospettiva concettuale utilizzare?
Makoto Shinkai chi?
E Miyazaki dove?
Respiro.
Suzume è divisivo come tutte le opere di Shinkai, del quale non sono un fan, ma che dello stesso non posso che apprezzare la magnificenza (si, ho scritto bene) dell'involucro nel quale ci da in pasto il suo ultimo lavoro.
Siamo in un epoca dove l'apparire è più importante dell' essere, dove tira più il "bello" del "vero", dove bisogna emulare il canone imposto dalla corrente mainstream nella sua accezione più grandangolare del termine.
Vi piace più una città piena di luci che illumina le iridi ad ogni sguardo? O il paesino dormitorio di periferia? Ecco....
Fatte queste dovute precisazioni e vagamente posizionato Suzume al suo posto nel firmamento, posso affermare che Shinkai ha sfornato un piccolo capolavoro (ho scritto di nuovo bene) e ha reso fruibile il suo lavoro.
Mi spiego meglio...
I 121 minuti trascorsi insieme a Suzume,Sota, Daijin e compagnia, vogliono darci l'impressione di essere profondi, usando si delle importanti leve emozionali ma che scorrono intenzionalmente veloci e non affondano gli artigli nel inconscio dello spettatore più critico e dal background più profondo e consapevole.
Il fine ultimo era centrare il bersaglio, rendersi ulteriormente visibili, cavalcare l' onda della notorietà post pandemica dei prodotti dell'editoria e dell'animazione del Sol Levante.
Si doveva decidere se rendere l opera ottima per la critica e per lo zoccolo duro oppure ottima per una vastità di pubblico che prima non c'era.
Optando di fatto per quest ultima.
Entrando invece nell'altra "macroarea", squisitamente analizzando il lato tecnico, non si può non affermare che laddove mancano i contenuti, invece la potenza visiva ed estetica del film è sbalorditiva, lascia incollati allo schermo dall inizio alla fine, i fondali, le luci, la fotografia, la colonna sonora, come sempre sono gestiti magistralmente, siamo davvero, secondo me, di fronte ad una sconcertante eccellenza.
Tanto di cappello.
In Suzume no Tojimari di carne al fuoco ce ne sarebbe tanta, tantissima.
Addirittura si potrebbe pensare ad un prequel o ad uno spin-off per completare l opera e dare un taglio veramente di spessore e autoriale a tutti i punti volutamente non trattati o gestiti in modo a dir poco superficiale, a favor di biglietti staccati al box office.
Shinkai dovrebbe provarci, ci riuscirebbe di certo e probabilmente diventerei un suo irriducibile fan.
Al netto dei punti deboli, dei punti di forza e dei voluti compromessi concettuali intrinsechi, il film è comunque sicuramente consigliato e promosso...!
Da che parte si può cominciare nel descrivere Suzume no Tojimari?
Quale prospettiva concettuale utilizzare?
Makoto Shinkai chi?
E Miyazaki dove?
Respiro.
Suzume è divisivo come tutte le opere di Shinkai, del quale non sono un fan, ma che dello stesso non posso che apprezzare la magnificenza (si, ho scritto bene) dell'involucro nel quale ci da in pasto il suo ultimo lavoro.
Siamo in un epoca dove l'apparire è più importante dell' essere, dove tira più il "bello" del "vero", dove bisogna emulare il canone imposto dalla corrente mainstream nella sua accezione più grandangolare del termine.
Vi piace più una città piena di luci che illumina le iridi ad ogni sguardo? O il paesino dormitorio di periferia? Ecco....
Fatte queste dovute precisazioni e vagamente posizionato Suzume al suo posto nel firmamento, posso affermare che Shinkai ha sfornato un piccolo capolavoro (ho scritto di nuovo bene) e ha reso fruibile il suo lavoro.
Mi spiego meglio...
I 121 minuti trascorsi insieme a Suzume,Sota, Daijin e compagnia, vogliono darci l'impressione di essere profondi, usando si delle importanti leve emozionali ma che scorrono intenzionalmente veloci e non affondano gli artigli nel inconscio dello spettatore più critico e dal background più profondo e consapevole.
Il fine ultimo era centrare il bersaglio, rendersi ulteriormente visibili, cavalcare l' onda della notorietà post pandemica dei prodotti dell'editoria e dell'animazione del Sol Levante.
Si doveva decidere se rendere l opera ottima per la critica e per lo zoccolo duro oppure ottima per una vastità di pubblico che prima non c'era.
Optando di fatto per quest ultima.
Entrando invece nell'altra "macroarea", squisitamente analizzando il lato tecnico, non si può non affermare che laddove mancano i contenuti, invece la potenza visiva ed estetica del film è sbalorditiva, lascia incollati allo schermo dall inizio alla fine, i fondali, le luci, la fotografia, la colonna sonora, come sempre sono gestiti magistralmente, siamo davvero, secondo me, di fronte ad una sconcertante eccellenza.
Tanto di cappello.
In Suzume no Tojimari di carne al fuoco ce ne sarebbe tanta, tantissima.
Addirittura si potrebbe pensare ad un prequel o ad uno spin-off per completare l opera e dare un taglio veramente di spessore e autoriale a tutti i punti volutamente non trattati o gestiti in modo a dir poco superficiale, a favor di biglietti staccati al box office.
Shinkai dovrebbe provarci, ci riuscirebbe di certo e probabilmente diventerei un suo irriducibile fan.
Al netto dei punti deboli, dei punti di forza e dei voluti compromessi concettuali intrinsechi, il film è comunque sicuramente consigliato e promosso...!
Non è una novità che i film di Shinkai pecchino di autorialità, ma è una costante che da qualche anno a questa parte si è accentuata. L’enorme successo di Your Name ha decretato l’impiego di un canovaccio - la storia d’amore adolescenziale in contesti di cataclismi naturali, che si continua a ripetere. Suzume naviga in queste acque, spinto da logiche tristemente produttive più che creative: diamo ai fan quello che vogliono e tutto andrà bene, minimo rischio massimo risultato. Lo stesso regista inizialmente aveva pensato a un film diverso, in cui la storia d’amore doveva essere tra due ragazze. “All'inizio, volevo trasformare questa storia in un film su Suzume e un'altra ragazza in viaggio […] personalmente mi sentivo un po’ stanco di raccontare una storia d'amore in modo molto tradizionale”. Gli è stato suggerito di cambiare il sesso di una delle due.
Il risultato è un’opera che manca di incisività, che sa di già visto in tutte le sue parti. Sopravvive grazie al compartimento tecnico sempre altissimo (eccezion fatta per una CGI a volte poco convincente, soprattutto durante le scene del verme) e tante citazioni, sia al mainstream miyazakiano, sia come sempre a se stesso. Perlomeno questa volta ci vengono risparmiati cameo di personaggi provenienti da vecchi film. Sia chiaro, rispetto all’approccio all’animazione di maestri come Oshii o Kon, Shinkai ha sempre avuto un occhio di riguardo per le masse, ma sfruttare un archetipo consolidato e spremere latte dalla mammella finché ce n’è, è cosa ben diversa. È disorientante la facilità con cui si anticipano certi avvenimenti - finale in primis, perché identici a quelli di tutti gli altri film.
Suzume soffre di un approccio orientato all’azione sin dal primo minuto, in cui i protagonisti appaiono poco stratificati, piatti nei rapporti. Si incontrano ed è subito amore, entrambi disposti a sacrificarsi l’uno per l’altra. Ma un rapporto va costruito nei minuti della visione, altrimenti non è credibile o peggio, non interessa. E questo è proprio ciò che accade: potrebbero morire entrambi da un momento all’altro e non farebbe smuovere un muscolo, perché non ci viene detto abbastanza delle loro emozioni, caratteri, dei conflitti che li spingono ad agire. Dovrebbe essere un film sull’elaborazione del lutto, ma sul mondo interiore della protagonista non ci si sofferma: la storia parte in quinta, tralasciando quelle scene, anche quotidiane, anche piccole, utili a inquadrare un personaggio, a conoscerlo, a empatizzare. Suzume è una ragazza tremendamente neutra, un npc che si muove in un’area di superficialità nonostante il triste passato, da cui emerge unicamente in una scena sul finale. Il risultato è che nei momenti di catarsi è come se un interruttore si spostasse da 0 a 1, dal niente al tutto, dando vita a dialoghi sconcertanti o ancora peggio ridicoli, sortendo l’effetto opposto a quello desiderato - quello con la zia Tamaki per citarne uno.
Souta, il nostro coprotagonista, è caratterizzato persino peggio di Suzume: un ragazzo con un’antica famiglia alle spalle di cui non viene approfondito quasi nulla, neanche dopo un certo incontro annunciato come rivelatore ma che a conti fatti non aggiunge niente alla trama. Studia per diventare insegnante ma allo stesso tempo deve adempiere al ruolo di “chiudiporte” dettato dalla sua famiglia, generando un vago conflitto interiore che non viene mai esplorato sul serio, perché la superficialità prevale tanto quanto la necessità di passare all’azione, che oltretutto è reiterata per 3-4 volte durante il film - con l’apparizione del verme e la chiusura dei portali.
Infine, Suzume è manchevole persino nelle intenzioni allegoriche. Vi è un riferimento diretto ai cataclismi, anche recenti, che hanno coinvolto il Giappone, ma non è mai reso palese cosa possa aver significato per i giapponesi, come l’abbiano vissuto, cosa abbiano perso, mettendo in scena un teatro di vaghezza che poco c’entra con il tema in questione. Suggerisco film come Himizu per catapultarsi nel vero Giappone che ha dovuto fare i conti con un disastro naturale di quella portata per capire quanto Suzume cerchi di mostrare un Paese edulcorato e tutto d’un pezzo anche nella tragedia, che è infatti presente ma messa in secondo piano: nessuno si preoccupa veramente dei terremoti, che oltretutto avvengono in grandi quantità e in pochissimi giorni, perché l’attenzione è catalizzata sui protagonisti.
Resta godibile per le musiche e le animazioni superiori alla media, ma la sensazione è quella di un grande guscio vuoto, un film di maniera, di colori sgargianti e dialoghi strappalacrime, il cui scopo è ancorare il pubblico mainstream a storie che profumano di grande evento, ma che tolti i condimenti sono sempre la solita minestra.
Il risultato è un’opera che manca di incisività, che sa di già visto in tutte le sue parti. Sopravvive grazie al compartimento tecnico sempre altissimo (eccezion fatta per una CGI a volte poco convincente, soprattutto durante le scene del verme) e tante citazioni, sia al mainstream miyazakiano, sia come sempre a se stesso. Perlomeno questa volta ci vengono risparmiati cameo di personaggi provenienti da vecchi film. Sia chiaro, rispetto all’approccio all’animazione di maestri come Oshii o Kon, Shinkai ha sempre avuto un occhio di riguardo per le masse, ma sfruttare un archetipo consolidato e spremere latte dalla mammella finché ce n’è, è cosa ben diversa. È disorientante la facilità con cui si anticipano certi avvenimenti - finale in primis, perché identici a quelli di tutti gli altri film.
Suzume soffre di un approccio orientato all’azione sin dal primo minuto, in cui i protagonisti appaiono poco stratificati, piatti nei rapporti. Si incontrano ed è subito amore, entrambi disposti a sacrificarsi l’uno per l’altra. Ma un rapporto va costruito nei minuti della visione, altrimenti non è credibile o peggio, non interessa. E questo è proprio ciò che accade: potrebbero morire entrambi da un momento all’altro e non farebbe smuovere un muscolo, perché non ci viene detto abbastanza delle loro emozioni, caratteri, dei conflitti che li spingono ad agire. Dovrebbe essere un film sull’elaborazione del lutto, ma sul mondo interiore della protagonista non ci si sofferma: la storia parte in quinta, tralasciando quelle scene, anche quotidiane, anche piccole, utili a inquadrare un personaggio, a conoscerlo, a empatizzare. Suzume è una ragazza tremendamente neutra, un npc che si muove in un’area di superficialità nonostante il triste passato, da cui emerge unicamente in una scena sul finale. Il risultato è che nei momenti di catarsi è come se un interruttore si spostasse da 0 a 1, dal niente al tutto, dando vita a dialoghi sconcertanti o ancora peggio ridicoli, sortendo l’effetto opposto a quello desiderato - quello con la zia Tamaki per citarne uno.
Souta, il nostro coprotagonista, è caratterizzato persino peggio di Suzume: un ragazzo con un’antica famiglia alle spalle di cui non viene approfondito quasi nulla, neanche dopo un certo incontro annunciato come rivelatore ma che a conti fatti non aggiunge niente alla trama. Studia per diventare insegnante ma allo stesso tempo deve adempiere al ruolo di “chiudiporte” dettato dalla sua famiglia, generando un vago conflitto interiore che non viene mai esplorato sul serio, perché la superficialità prevale tanto quanto la necessità di passare all’azione, che oltretutto è reiterata per 3-4 volte durante il film - con l’apparizione del verme e la chiusura dei portali.
Infine, Suzume è manchevole persino nelle intenzioni allegoriche. Vi è un riferimento diretto ai cataclismi, anche recenti, che hanno coinvolto il Giappone, ma non è mai reso palese cosa possa aver significato per i giapponesi, come l’abbiano vissuto, cosa abbiano perso, mettendo in scena un teatro di vaghezza che poco c’entra con il tema in questione. Suggerisco film come Himizu per catapultarsi nel vero Giappone che ha dovuto fare i conti con un disastro naturale di quella portata per capire quanto Suzume cerchi di mostrare un Paese edulcorato e tutto d’un pezzo anche nella tragedia, che è infatti presente ma messa in secondo piano: nessuno si preoccupa veramente dei terremoti, che oltretutto avvengono in grandi quantità e in pochissimi giorni, perché l’attenzione è catalizzata sui protagonisti.
Resta godibile per le musiche e le animazioni superiori alla media, ma la sensazione è quella di un grande guscio vuoto, un film di maniera, di colori sgargianti e dialoghi strappalacrime, il cui scopo è ancorare il pubblico mainstream a storie che profumano di grande evento, ma che tolti i condimenti sono sempre la solita minestra.
Mi è piaciuto, bel film ma lo reputo inferiore a Your Name e Weathering With You. Proprio con quest'ultimo film mi preme fare il paragone perché è inevitabile. Sotto molti aspetti, Suzume è l'opposto di Weathering With You.
Weathering With You insegna ad accettare i disastri naturali (gli alluvioni) perché fanno parte dell'ordine naturale e cercare di controllarli, per quanto buone siano le intenzioni, farebbe solo male. Weathering With You parla anche di un ragazzo che sfida il destino, il dovere e la società, scegliendo invece l'amore. La storia ha un forte messaggio individualista, piuttosto raro in una società come quella giapponese che è invece collettivista e predilige il sacrificio per il bene della comunità. Forse è per questo che non ha incassato tanto quanto gli altri due film in patria..
Suzume è incentrato invece sulla lotta ai disastri naturali (i terremoti) ed è onnipresente la tematica dell'accettare il proprio posto nel mondo, prendersi le proprie responsabilità e dare il proprio contributo alla società, situazione comune a molti dei personaggi: Suzume non vuole lasciarsi da parte i traumi infantili e diventare adulta, Souta non vuole vivere come una persona normale, Daijin non vuole più essere una colonna portante, Tamaki non lo ammette ma non vuole più tenere Suzume con sé etc.
Il film può essere analizzato meglio se lo si guarda attraverso gli occhi di colui che è la forza scatenante della trama ovvero Daijin. Penso che lui e Sadaijin non siano solo pietre portanti o semidei, ma siano anche guide spirituali per chi chiude le porte. Sono lì per mettere alla prova la loro forza fisica, emotiva, spirituale e psicologica per il lavoro che stanno facendo. che mette a rischio non solo la loro vita ma quella di milioni di altri.
Ho visto le azioni e i comportamenti di Daijin come un tentativo di rappresentare il primo viaggio di coloro che chiudono le porte. Viaggiano, vedono luoghi, incontrano persone, fanno amicizia, bevono al bar, non prendono la cosa sul serio e rimangono legati alla loro natura infantile senza pensare alle implicazioni di questo comportamento. Daijin costringe a un viaggio difficile Suzume e Souta; Suzume per imparare la sua indipendenza da adulta e la sua libertà di fare le proprie scelte separate dalla sua città e dalla zia, Souta per affrontare la sua vera mortalità e i suoi limiti, ma anche per imparare a connettersi con le persone emotivamente e a fare affidamento sulle persone veramente piuttosto che solo a livello superficiale o il minimo indispensabile.
Il rifiuto di Daijin da parte di Suzume e il suo maltrattamento rappresentano la sua difficoltà nel bilanciare l'adulta che sta diventando e la bambina interiore. Sadaijin non è per me l'antitesi di Daijin ma una parte naturale di esso, che lavora per tirare fuori tutte le parole, i pensieri e le emozioni mai pronunciate in modo che Suzume e Tamaki potessero affrontarsi e guarire ma andando avanti insieme. Laddove Daijin è l'inizio di un viaggio per Suzume, Sadaijin è una fase di transizione, una barca, un traghetto o un ponte, che la aiuta a passare da una fase della sua vita a quella successiva. Dall'infanzia all'età adulta. La transizione è difficile, devi affrontare cose dure che sai nel tuo cuore che non hai mai voluto affrontare o parlarne ad alta voce, ma a volte non riesci a trovare una soluzione a questi problemi finché non ammetti che esistono. Per chiudere una porta devi prima riconoscere che non solo è aperta, ma che esiste anche.
Con Souta, la tematica principale è la sua paura di entrare nel mondo reale (che poi, di nuovo, è il mondo degli adulti, del lavoro, delle tasse e dei problemi). Abbiamo visto chiaramente come stava evitando il suo futuro, saltando l'esame per diventare insegnante (non c'era modo per lui di tornare indietro in tempo per quello in ogni caso). Inoltre non aveva nemmeno studiato per esso, si stava auto-sabotando. Per paura, ansia, vergogna.. non lo sappiamo, ma è stato abbastanza facile capire che stava usando il suo viaggio e la responsabilità di chiudere le porte per evitare di affrontare ciò che sarebbe successo dopo. Il diventare adulto. Daijin ha portato via il suo senso di sé, il suo senso di identità come persona, lo ha trasformato in nient'altro che un altro pezzo di arredamento in una stanza dimenticato e scartato. Poi, come secondo colpo, ha iniziato a costringerlo ad affrontare la sua vera mortalità. Questo viaggio non è più solo qualcosa che può fare per sfuggire alla vita reale, potrebbe morire facendolo. E tutti i suoi sogni precedenti, i suoi piani futuri verrebbero strappati via perché non li ha presi sul serio? Un incubo che prende vita. Ma ciò che Daijin sta facendo è costringerlo a scegliere, scegliere di connettersi, fidarsi delle persone, fare affidamento su Suzume, legarsi a lei e non rinunciare alla speranza di poter vivere per realizzare i suoi sogni. Souta aveva bisogno di riconnettersi con il suo bambino interiore, era un'isola alla deriva senza un'ancora in vista. Daijin ha dovuto svegliarlo in modo molto duro, ma quando mai le lezioni impartite dagli dei sono comode o facili da imparare e digerire? Devono rimanere impresse permanentemente, anche se possono lasciare un po' di cicatrici.
Suzume è questo alla fine: un inno alla cresciuta, al superamento dei traumi, ai rapporti tra le persone, nel quale Shinkai ci infila tanti rapporti umani, una lezione sul riscoprire la capacità di incontrarsi e stringere amicizia dopo la pandemia e anche un po' di promozione del turismo locale. Suzume è un bel film con dei bei personaggi, delle belle animazioni e una bella storia (anche d'amore).
Weathering With You insegna ad accettare i disastri naturali (gli alluvioni) perché fanno parte dell'ordine naturale e cercare di controllarli, per quanto buone siano le intenzioni, farebbe solo male. Weathering With You parla anche di un ragazzo che sfida il destino, il dovere e la società, scegliendo invece l'amore. La storia ha un forte messaggio individualista, piuttosto raro in una società come quella giapponese che è invece collettivista e predilige il sacrificio per il bene della comunità. Forse è per questo che non ha incassato tanto quanto gli altri due film in patria..
Suzume è incentrato invece sulla lotta ai disastri naturali (i terremoti) ed è onnipresente la tematica dell'accettare il proprio posto nel mondo, prendersi le proprie responsabilità e dare il proprio contributo alla società, situazione comune a molti dei personaggi: Suzume non vuole lasciarsi da parte i traumi infantili e diventare adulta, Souta non vuole vivere come una persona normale, Daijin non vuole più essere una colonna portante, Tamaki non lo ammette ma non vuole più tenere Suzume con sé etc.
Il film può essere analizzato meglio se lo si guarda attraverso gli occhi di colui che è la forza scatenante della trama ovvero Daijin. Penso che lui e Sadaijin non siano solo pietre portanti o semidei, ma siano anche guide spirituali per chi chiude le porte. Sono lì per mettere alla prova la loro forza fisica, emotiva, spirituale e psicologica per il lavoro che stanno facendo. che mette a rischio non solo la loro vita ma quella di milioni di altri.
Ho visto le azioni e i comportamenti di Daijin come un tentativo di rappresentare il primo viaggio di coloro che chiudono le porte. Viaggiano, vedono luoghi, incontrano persone, fanno amicizia, bevono al bar, non prendono la cosa sul serio e rimangono legati alla loro natura infantile senza pensare alle implicazioni di questo comportamento. Daijin costringe a un viaggio difficile Suzume e Souta; Suzume per imparare la sua indipendenza da adulta e la sua libertà di fare le proprie scelte separate dalla sua città e dalla zia, Souta per affrontare la sua vera mortalità e i suoi limiti, ma anche per imparare a connettersi con le persone emotivamente e a fare affidamento sulle persone veramente piuttosto che solo a livello superficiale o il minimo indispensabile.
Il rifiuto di Daijin da parte di Suzume e il suo maltrattamento rappresentano la sua difficoltà nel bilanciare l'adulta che sta diventando e la bambina interiore. Sadaijin non è per me l'antitesi di Daijin ma una parte naturale di esso, che lavora per tirare fuori tutte le parole, i pensieri e le emozioni mai pronunciate in modo che Suzume e Tamaki potessero affrontarsi e guarire ma andando avanti insieme. Laddove Daijin è l'inizio di un viaggio per Suzume, Sadaijin è una fase di transizione, una barca, un traghetto o un ponte, che la aiuta a passare da una fase della sua vita a quella successiva. Dall'infanzia all'età adulta. La transizione è difficile, devi affrontare cose dure che sai nel tuo cuore che non hai mai voluto affrontare o parlarne ad alta voce, ma a volte non riesci a trovare una soluzione a questi problemi finché non ammetti che esistono. Per chiudere una porta devi prima riconoscere che non solo è aperta, ma che esiste anche.
Con Souta, la tematica principale è la sua paura di entrare nel mondo reale (che poi, di nuovo, è il mondo degli adulti, del lavoro, delle tasse e dei problemi). Abbiamo visto chiaramente come stava evitando il suo futuro, saltando l'esame per diventare insegnante (non c'era modo per lui di tornare indietro in tempo per quello in ogni caso). Inoltre non aveva nemmeno studiato per esso, si stava auto-sabotando. Per paura, ansia, vergogna.. non lo sappiamo, ma è stato abbastanza facile capire che stava usando il suo viaggio e la responsabilità di chiudere le porte per evitare di affrontare ciò che sarebbe successo dopo. Il diventare adulto. Daijin ha portato via il suo senso di sé, il suo senso di identità come persona, lo ha trasformato in nient'altro che un altro pezzo di arredamento in una stanza dimenticato e scartato. Poi, come secondo colpo, ha iniziato a costringerlo ad affrontare la sua vera mortalità. Questo viaggio non è più solo qualcosa che può fare per sfuggire alla vita reale, potrebbe morire facendolo. E tutti i suoi sogni precedenti, i suoi piani futuri verrebbero strappati via perché non li ha presi sul serio? Un incubo che prende vita. Ma ciò che Daijin sta facendo è costringerlo a scegliere, scegliere di connettersi, fidarsi delle persone, fare affidamento su Suzume, legarsi a lei e non rinunciare alla speranza di poter vivere per realizzare i suoi sogni. Souta aveva bisogno di riconnettersi con il suo bambino interiore, era un'isola alla deriva senza un'ancora in vista. Daijin ha dovuto svegliarlo in modo molto duro, ma quando mai le lezioni impartite dagli dei sono comode o facili da imparare e digerire? Devono rimanere impresse permanentemente, anche se possono lasciare un po' di cicatrici.
Suzume è questo alla fine: un inno alla cresciuta, al superamento dei traumi, ai rapporti tra le persone, nel quale Shinkai ci infila tanti rapporti umani, una lezione sul riscoprire la capacità di incontrarsi e stringere amicizia dopo la pandemia e anche un po' di promozione del turismo locale. Suzume è un bel film con dei bei personaggi, delle belle animazioni e una bella storia (anche d'amore).
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Ero molto "preoccupato" per il ritorno di Shinkai al cinema dal momento che il suo precedente lavoro mi aveva assai deluso. Ma andiamo con ordine. Già dal titolo il regista ci vuol far capire una cosa: la protagonista assoluta è Suzume, ed è su di lei che la pellicola ruota attorno a differenza dei suoi precedenti lavori sempre divisi fra due comprimari almeno sulla carta egualmente importanti. Ciò ha permesso a Shinkai di riuscire a tratteggiare in modo piuttosto approfondito il carattere e la psiche della protagonista, a differenza degli altri film dove una buona caratterizzazione dei personaggi principali rappresentava una mancanza problematica. Ho letto una recensione con cui concordo che sosteneva come l'aver messo il focus sulla protagonista e sul suo viaggio nell'elaborazione del lutto e non sulla relazione romantica con l'altro comprimario abbia paradossalmente reso la direzione romantica cui si giunge molto più credibile forte di uno sviluppo naturale e conseguente alla vicenda narrata.
Tuttavia anche gli altri personaggi, Sota compreso, sono riusciti a brillare al massimo, ciascuno in proporzione al minutaggio assegnatogli, evitando così la pericolosa deriva di un cast di personaggi utili ai soli fini del proseguimento della trama. Tutti i personaggi contribuiscono infatti a portare sullo schermo un ricco patrimonio umano fatto di una quotidionità pregna di bellezza. Anche le relazioni tra i personaggi stessi sono rappresentate in modo molto più realistico e umano, segno di una maggiore maturità narrativa di Shinkai. Oltre a ciò, a differenza di weathering with you e per molti aspetti anche di your name, la storia ha saputo rispondere a quasi tutte le domande che mi sono sorte rispetto alla plausibilità degli eventi narrati. Vero che si tratta di una storia fanasy ma, appartenendo al genere del realismo magico, gli aspetti della trama legati alla realtà tout court dovrebbero sapersi rapportare in modo convincente a essa per evitare un'eccessiva sospensione dell'incredulità da parte dello spettatore. E, come detto prima, questa volta la storia riesce a reggere meglio il confronto. La struttura road movie mantiene il ritmo della narrazione sempre su buoni livelli. Per quanto riguarda il finale ho avuto l'impressione che Shinkai abbia cercato di dare più peso al messaggio di spinta alla vita e di solidarietà reciproca rispetto all'emotività fine a se stessa. Questo rende gli ultimi minuti meno emotivamente forti rispetto ad esempio a your name, che ha la forza e il pregio di colpire lo spettatore con un turbinio di emozioni. Tuttavia a mio parere questa scelta paga di più dal momento che Suzume resta con lo spettatore, che l'ha accompagnata lungo tutto il suo viaggio, e non se ne va via una volta terminata la pellicola.
Un plauso ovviamente anche alle musiche e alle animazioni (eccezion fatta per il verme 3D sopra Tokyo), ormai cavallo di battaglia di Shinkai.
Infine i difetti che secondo me si concentrano quasi tutti nella parte finale della pellicola. Non ho apprezzato l'incontro con il nonno di Souta che ho trovato un po' fine a se stesso, come del resto lo stesso Sota avrebbe meritato di un po' più di approfondimento psicologico magari anche attraverso qualche flashback. L'ultima parte del film non riesce a dare una conclusione soddisfacente ai due gatti guardiani, e anche le ultime riflession di Suzume per quanto cariche di significato perdono di potenza a causa dell'uso poco coraggioso di frasi un po' cliche.
In conclusione consiglio vivamente la visione di Suzume perchè segna un passo in avanti davvero significativo per Shinkai che mi sembra abbia avuto il coraggio di scrivere una storia più matura e per molti aspetti più rischiosa rispetto alla sua zona di Comfort.
P.S Ho amato your name e penso che al netto dei suoi importanti difetti di caratterizzazione e sceneggiatura riesce a far davvero emozionare lo spettatore, anche più di Suzume, ma come ho detto prima la maturità di questa storia risiede proprio nel fatto di riuscire a lasciare un messaggio profondo nel cuore dello spettatore.
Ero molto "preoccupato" per il ritorno di Shinkai al cinema dal momento che il suo precedente lavoro mi aveva assai deluso. Ma andiamo con ordine. Già dal titolo il regista ci vuol far capire una cosa: la protagonista assoluta è Suzume, ed è su di lei che la pellicola ruota attorno a differenza dei suoi precedenti lavori sempre divisi fra due comprimari almeno sulla carta egualmente importanti. Ciò ha permesso a Shinkai di riuscire a tratteggiare in modo piuttosto approfondito il carattere e la psiche della protagonista, a differenza degli altri film dove una buona caratterizzazione dei personaggi principali rappresentava una mancanza problematica. Ho letto una recensione con cui concordo che sosteneva come l'aver messo il focus sulla protagonista e sul suo viaggio nell'elaborazione del lutto e non sulla relazione romantica con l'altro comprimario abbia paradossalmente reso la direzione romantica cui si giunge molto più credibile forte di uno sviluppo naturale e conseguente alla vicenda narrata.
Tuttavia anche gli altri personaggi, Sota compreso, sono riusciti a brillare al massimo, ciascuno in proporzione al minutaggio assegnatogli, evitando così la pericolosa deriva di un cast di personaggi utili ai soli fini del proseguimento della trama. Tutti i personaggi contribuiscono infatti a portare sullo schermo un ricco patrimonio umano fatto di una quotidionità pregna di bellezza. Anche le relazioni tra i personaggi stessi sono rappresentate in modo molto più realistico e umano, segno di una maggiore maturità narrativa di Shinkai. Oltre a ciò, a differenza di weathering with you e per molti aspetti anche di your name, la storia ha saputo rispondere a quasi tutte le domande che mi sono sorte rispetto alla plausibilità degli eventi narrati. Vero che si tratta di una storia fanasy ma, appartenendo al genere del realismo magico, gli aspetti della trama legati alla realtà tout court dovrebbero sapersi rapportare in modo convincente a essa per evitare un'eccessiva sospensione dell'incredulità da parte dello spettatore. E, come detto prima, questa volta la storia riesce a reggere meglio il confronto. La struttura road movie mantiene il ritmo della narrazione sempre su buoni livelli. Per quanto riguarda il finale ho avuto l'impressione che Shinkai abbia cercato di dare più peso al messaggio di spinta alla vita e di solidarietà reciproca rispetto all'emotività fine a se stessa. Questo rende gli ultimi minuti meno emotivamente forti rispetto ad esempio a your name, che ha la forza e il pregio di colpire lo spettatore con un turbinio di emozioni. Tuttavia a mio parere questa scelta paga di più dal momento che Suzume resta con lo spettatore, che l'ha accompagnata lungo tutto il suo viaggio, e non se ne va via una volta terminata la pellicola.
Un plauso ovviamente anche alle musiche e alle animazioni (eccezion fatta per il verme 3D sopra Tokyo), ormai cavallo di battaglia di Shinkai.
Infine i difetti che secondo me si concentrano quasi tutti nella parte finale della pellicola. Non ho apprezzato l'incontro con il nonno di Souta che ho trovato un po' fine a se stesso, come del resto lo stesso Sota avrebbe meritato di un po' più di approfondimento psicologico magari anche attraverso qualche flashback. L'ultima parte del film non riesce a dare una conclusione soddisfacente ai due gatti guardiani, e anche le ultime riflession di Suzume per quanto cariche di significato perdono di potenza a causa dell'uso poco coraggioso di frasi un po' cliche.
In conclusione consiglio vivamente la visione di Suzume perchè segna un passo in avanti davvero significativo per Shinkai che mi sembra abbia avuto il coraggio di scrivere una storia più matura e per molti aspetti più rischiosa rispetto alla sua zona di Comfort.
P.S Ho amato your name e penso che al netto dei suoi importanti difetti di caratterizzazione e sceneggiatura riesce a far davvero emozionare lo spettatore, anche più di Suzume, ma come ho detto prima la maturità di questa storia risiede proprio nel fatto di riuscire a lasciare un messaggio profondo nel cuore dello spettatore.
Il film più completo di Makoto Shinkai, infatti, al contrario de "Il viaggio verso Agartha" che mi era sembrato semplicemente uno scimmiottamento di Miyazaki, qui riesce a far convivere il suo stile urban - fantasy con quello del regista dello Studio Ghibli. La trama ricorda a grandi linee "Il castello errante di Howl", ma con tutti i punti forti di Shinkai. Molte situazioni riportano alla memoria "Your Name." oppure "Wheatering with You", ma non è mero citazionismo, è prendere il meglio del passato per rendere ancora più efficace il presente. Un road movie che mi ha divertito, incollato allo schermo nelle scene più movimentate, lasciato a bocca aperta per le trovate visive e persino commosso. Probabilmente il film che lo renderà famoso al grande pubblico e quello nel complesso più convincente, ma non il mio preferito. Ciò non vuol dire che non meriti di essere visto al cinema.