The Eccentric Family
Questo "Uchoten Kazoku" racconta le avventure di una famiglia di tanuki, che vivono tra la popolazione a Kyoto.
È un anime con una caratterizzazione grafica molto bella, infatti, a far da cornice agli splendidi disegni dei personaggi, ci sono sfondi molto dettagliati e vivi, il tutto gestito da una animazione notevole.
Anche le musiche sono ben fatte, e la sigla di apertura, simpaticissima, rimane subito impressa e fa venir voglia di essere cantata.
Non sono però purtroppo tutte rose e fiori, infatti a scarseggiare di spessore c'è una trama che non mi ha totalmente convinto, mi è sembrata infatti un po' troppo banale e a tratti statica, e che almeno nella prima parte della serie mi ha abbastanza lasciato deluso. Certo, i personaggi sono molto ben caratterizzati e a volte anche originali, ma il tutto è un po' povero di avvenimenti che creino emozioni.
Rimane tuttavia un anime piacevole e caratterizzato da una solida struttura tecnica, un anime che però non mi ha convinto fino in fondo per quanto riguarda i contenuti, rispetto ai quali si poteva certo fare qualcosa in più.
È un anime con una caratterizzazione grafica molto bella, infatti, a far da cornice agli splendidi disegni dei personaggi, ci sono sfondi molto dettagliati e vivi, il tutto gestito da una animazione notevole.
Anche le musiche sono ben fatte, e la sigla di apertura, simpaticissima, rimane subito impressa e fa venir voglia di essere cantata.
Non sono però purtroppo tutte rose e fiori, infatti a scarseggiare di spessore c'è una trama che non mi ha totalmente convinto, mi è sembrata infatti un po' troppo banale e a tratti statica, e che almeno nella prima parte della serie mi ha abbastanza lasciato deluso. Certo, i personaggi sono molto ben caratterizzati e a volte anche originali, ma il tutto è un po' povero di avvenimenti che creino emozioni.
Rimane tuttavia un anime piacevole e caratterizzato da una solida struttura tecnica, un anime che però non mi ha convinto fino in fondo per quanto riguarda i contenuti, rispetto ai quali si poteva certo fare qualcosa in più.
È un anime divertente, ma con qualche risvolto drammatico - voglio dire, tutti ripetono al protagonista: "Tuo padre è diventato uno stufato". Sì, perché stiamo parlando di una famiglia di tanuki muta-forma che devono guardarsi dagli umani che vogliono mangiarseli per Capodanno!
Trattandosi di tanuki, però, c'è anche qualche risvolto comico/grottesco. Abbiamo anche una storia d'amore con due giovani che non si vedono mai (ricordate i due fidanzati di "Bakuman"? Ma anche Romeo e Giulietta, perché le famiglie si oppongono).
I disegni sono carini, puliti, un po' spigolosi, ricordano un po' "Sayonara Zetsubō Sensei".
È anche divertente comparare i membri del Club del Venerdì alle divinità di "Noragami", che portano lo stesso nome.
Trattandosi di tanuki, però, c'è anche qualche risvolto comico/grottesco. Abbiamo anche una storia d'amore con due giovani che non si vedono mai (ricordate i due fidanzati di "Bakuman"? Ma anche Romeo e Giulietta, perché le famiglie si oppongono).
I disegni sono carini, puliti, un po' spigolosi, ricordano un po' "Sayonara Zetsubō Sensei".
È anche divertente comparare i membri del Club del Venerdì alle divinità di "Noragami", che portano lo stesso nome.
"Uchoten Kazoku" è stata senza dubbio una delle serie più apprezzate del 2013 (e i Nekoawards lo hanno ampiamente dimostrato). Ora, mi sento tuttavia di andare un po' in controtendenza rispetto alla maggioranza. Ovvero non credo che questa serie si possa considerare un capolavoro: un anime simpatico e tutto sommato carino sì, ma francamente non di eccelso livello.
L'aspetto più elogiato dal pubblico è stata la storia e la sceneggiatura. Ora, francamente credo che esse siano decisamente sopravvalutate: non solo non mi hanno colpito particolarmente, ma anzi mi hanno in diverse occasioni decisamente annoiato. Soprattutto nella prima parte dell'anime ero sinceramente in dubbio se continuare la visione oppure no, proprio perché la regia non è riuscita a catturare stabilmente la mia attenzione; verso la fine il discorso migliora, però se alla fine sono arrivato è stato soprattutto perché volevo vedere interamente con i miei occhi che cosa ci fosse di tanto meraviglioso in questa serie.
Per certi versi questo è indubbiamente un peccato: il potenziale era tanto, specie in virtù della meravigliosa ed estremamente suggestiva ambientazione, che pesca a piene mani nel folklore nipponico e rende la serie estremamente appetitosa per chi ammira o semplicemente aspira a conoscere questo mondo. E penso che sia stato questo approccio ad aver fatto calcare la mano con gli applausi, perché al di là dello scenario intrigante in cui stanno a muoversi, i personaggi non hanno suscitato in me il grande interesse che mi sarei aspettato. Li ho trovati assurdi, sì, ma più tendenti allo "stupido" che al "genio folle".
Diverse loro reazioni e comportamenti, poi, mi hanno fatto storcere il naso non poco, ben oltre il limite del buon senso. Esempio sommo di questo l'assurdo rapporto che si viene a creare tra il protagonista e un uomo che non solo gli ha (letteralmente) mangiato il padre, ma parla con lui con grande disinvoltura di come fosse incredibilmente buono lo stufato in cui aveva cucinato il suo predecessore e di come non vedesse l'ora di provare nuovamente quei sapori squisiti.
Assolutamente raccapricciante come senso dell'umorismo, anche volendo prenderla con spirito.
Ora, mi si verrà a dire: "Eh ma guarda che quelli sono tanuki, in loro scorre il sangue dei folli", ecc. Beh, per me questo genere di cose è troppo irrazionale anche per un folle. Mah...
Dal punto di vista tecnico ho trovato i disegni un po' semplici, ma comunque di buona qualità; non ho critiche particolari alla colonna sonora, che non mi ha impressionato né in positivo né in negativo.
Veniamo quindi alla valutazione:
Trama: 7,5
Personaggi: 4
Finale: 7
Grafica: 8
Sonoro: 7
Penso che 7 sia un voto che ben descriva la serie. Non un brutto prodotto, ma assolutamente non un capolavoro.
L'aspetto più elogiato dal pubblico è stata la storia e la sceneggiatura. Ora, francamente credo che esse siano decisamente sopravvalutate: non solo non mi hanno colpito particolarmente, ma anzi mi hanno in diverse occasioni decisamente annoiato. Soprattutto nella prima parte dell'anime ero sinceramente in dubbio se continuare la visione oppure no, proprio perché la regia non è riuscita a catturare stabilmente la mia attenzione; verso la fine il discorso migliora, però se alla fine sono arrivato è stato soprattutto perché volevo vedere interamente con i miei occhi che cosa ci fosse di tanto meraviglioso in questa serie.
Per certi versi questo è indubbiamente un peccato: il potenziale era tanto, specie in virtù della meravigliosa ed estremamente suggestiva ambientazione, che pesca a piene mani nel folklore nipponico e rende la serie estremamente appetitosa per chi ammira o semplicemente aspira a conoscere questo mondo. E penso che sia stato questo approccio ad aver fatto calcare la mano con gli applausi, perché al di là dello scenario intrigante in cui stanno a muoversi, i personaggi non hanno suscitato in me il grande interesse che mi sarei aspettato. Li ho trovati assurdi, sì, ma più tendenti allo "stupido" che al "genio folle".
Diverse loro reazioni e comportamenti, poi, mi hanno fatto storcere il naso non poco, ben oltre il limite del buon senso. Esempio sommo di questo l'assurdo rapporto che si viene a creare tra il protagonista e un uomo che non solo gli ha (letteralmente) mangiato il padre, ma parla con lui con grande disinvoltura di come fosse incredibilmente buono lo stufato in cui aveva cucinato il suo predecessore e di come non vedesse l'ora di provare nuovamente quei sapori squisiti.
Assolutamente raccapricciante come senso dell'umorismo, anche volendo prenderla con spirito.
Ora, mi si verrà a dire: "Eh ma guarda che quelli sono tanuki, in loro scorre il sangue dei folli", ecc. Beh, per me questo genere di cose è troppo irrazionale anche per un folle. Mah...
Dal punto di vista tecnico ho trovato i disegni un po' semplici, ma comunque di buona qualità; non ho critiche particolari alla colonna sonora, che non mi ha impressionato né in positivo né in negativo.
Veniamo quindi alla valutazione:
Trama: 7,5
Personaggi: 4
Finale: 7
Grafica: 8
Sonoro: 7
Penso che 7 sia un voto che ben descriva la serie. Non un brutto prodotto, ma assolutamente non un capolavoro.
Yasaburo Shimogamo si mescola nella città dove vive, ma che poco gli appartiene. Passa inosservato tra gli uomini riversati nei locali a cielo aperto che si trovano lungo il fiume che fa da specchio alle luminarie del luogo. Brindano e chiacchierano gli umani, ignari della realtà che convive con loro: i tengu che solcano il cielo, e i tanuki relegati sulla terra; tutti accanto a loro, assumendo le loro stesse sembianze umane. Un equilibrio di cui tengu e tanuki sono consapevoli, e che portano avanti celandolo ai comuni esseri umani invischiati nel traffico quotidiano e nelle chiacchiere tra conoscenti. Anche i tengu e i tanuki, una volta mescolati, difficilmente sanno riconoscersi attraverso le proprie vesti camaleontiche. E, dunque, ci addentriamo nella vita di ogni giorno di queste creature straordinarie, ascoltando la voce narrante del protagonista, Yasaburo, che racconta la storia della propria famiglia.
Yasaburo è il terzo dei quattro figli maschi cresciuti da Souichiro e Haha, due tanuki: minuscoli esseri simili a dei procioni, capaci di cambiare forma a seconda delle proprie abilità. Il primogenito della famiglia sembra essere il duro di cuore dai sani e concreti principi, Yaichiro. Yajiro, invece, è lo sfaccendato di casa, travolto dai dissidi interiori e rifugiatosi nell'inerme forma di una rana relegata all'interno di un pozzo che gli regala una vita monotona e riflessiva (dalle tante parole spese su di lui, vi confermo che è il personaggio che mi è risultato più interessante fra tutti). Infine, il piccolo Yashiro non vede l'ora di crescere e di sfuggire al bullismo dei cugini con le proprie forze. Ma la famiglia non è al completo, una grave ombra incombe sull'amorevole mamma e i suoi quattro figli. L'ombra appartiene al padre venuto a mancare in seguito all'evento più temuto dalla razza dei tanuki: finire nella bocca degli umani.
La serie, Uchouten Kazoku, segue, a un ritmo lento, le vicende di vita quotidiana di una famiglia all'apparenza spensierata, ma che combatte nel rimanere unita nonostante la pesante perdita che torna nella mente di tutti loro. Eppure, quello di finire mangiati, è un destino a cui i tanuki sono preparati. Può capitare, e, anche se fa male, Yasaburo e la sua famiglia non sembrano percepire la sorte del padre come un'eccezionalità, al punto da riuscire a intrattenere dei rapporti con coloro che hanno goduto dello stufato il cui ingrediente principale era Souichiro!
Tralasciando questa particolare stranezza, che può anche starci, passo col criticare l'estrema lentezza e inconsistenza che ha caratterizzato la visione di questo prodotto animato dello scorso anno (2013), tanto ben reclamizzato. A dispetto dei pareri positivi, devo avvisare che la storia di Yasaburo e famiglia non è per niente dinamica, il che può anche starci. Ci sta più stretto, invece, il fatto che, seppure si tratti di una storia famigliare, non è detto che mi interessi osservare le giornate di Yasaburo alle terme col suo vecchio maestro (un tengu) o seguire lo sguardo di vecchietti infatuati della bella Benten. E già che ci siamo, è stato piuttosto deviante il fatto che Benten abbia monopolizzato l'attenzione per buona parte dell'anime, composto da tredici episodi, per poi risultare semplicemente una furbona con un bel visino, che si è pappata Souichiro, ma che è utile ai fini della trama molto meno di quanto lo siano gli effetti dell'alcol per tutti quanti i personaggi. Ma torniamo all'inconsistenza di buona metà di questa serie, i cui sentimenti, se c'erano, non mi sono giunti nelle lente e vacue scaramucce quotidiane raccontate nei primi episodi. Avvicinandosi alla fine, finalmente in Uchouten Kazoku si son decisi a rivelarci qualcosa in più sui personaggi, qualcosa che non sia inutile, ma che faccia sì che il pubblico si senta vicino alle vite di questi tanuki. Ed è nelle battute finali che scopriamo i sentimenti più profondi e potenti che si nascondono nei componenti nella famiglia. Sentimenti che dal passato si trascinano nel presente, determinando quello che sono diventati, come si sono allontanati, e perché sono fondamentalmente uniti. Perché sono uniti? Sono tutti idioti. A uno a uno, tutta la famiglia e anche i conoscenti glielo riconoscono.
A malincuore ho constatato che se si fosse giocato maggiormente sui sentimenti latenti all'interno della famiglia, Uchouten Kazoku sarebbe potuto essere un anime indimenticabile, un anime in cui il senso della famiglia è il fulcro. La famiglia che rinnega i propri legami, che convive con le proprie memorie e i propri rimpianti, con ciò che li accomuna e ciò che li allontana fra i componenti. Sarebbe valsa la pena se ci fosse stato maggior spazio dedicato a riflessioni che risultassero più consistenti di un semplice blaterare dello stufato di tanuki. Tant'è che sulla carta questo era un anime dalle doti considerevoli.
Al di là del chara che può sembrare semplice e abbozzato, quasi infantile, le figure si muovono su dei fondali a dir poco suggestivi dai quali si evince un tocco accurato nei dettagli. C'è un clima in cui si ha voglia di immergersi: l'autunno che incornicia la figura di Benten di foglie rosse, la famiglia quasi al completo investita dai fiocchi di neve mentre è riunita dinanzi ad un albero di Natale, la vegetazione incolta nei pressi del pozzo muschiato dove risiede Yajiro che contempla la magnifica luna dall'oblò che si apre sulla sua testa. Tutto questo e altri scenari, condensati in magnifici colori, sono accompagnati da semplici e orecchiabili musiche in stile tradizionale. Meno tradizionale è l'opening che involontariamente si insinua nella mente dello spettatore, mentre l'ending risulta graziosamente delicata con le sue dolci note molto meno pop. Un'atmosfera incantata, che strizza l'occhio a ciò che c'è di più affascinante nelle tradizioni culturali giapponesi, nelle immagini di luoghi che abbiamo potuto solo sognare e che pochi di noi hanno scoperto. Tutto questo convive con la storia di una famiglia mitica che da oltre 1200 anni convive con la realtà della moderna città. Eppure i tanuki non tengono il passo col ritmo cittadino, e non riescono a comunicare quanto sarebbe stato nelle loro possibilità.
Yasaburo è il terzo dei quattro figli maschi cresciuti da Souichiro e Haha, due tanuki: minuscoli esseri simili a dei procioni, capaci di cambiare forma a seconda delle proprie abilità. Il primogenito della famiglia sembra essere il duro di cuore dai sani e concreti principi, Yaichiro. Yajiro, invece, è lo sfaccendato di casa, travolto dai dissidi interiori e rifugiatosi nell'inerme forma di una rana relegata all'interno di un pozzo che gli regala una vita monotona e riflessiva (dalle tante parole spese su di lui, vi confermo che è il personaggio che mi è risultato più interessante fra tutti). Infine, il piccolo Yashiro non vede l'ora di crescere e di sfuggire al bullismo dei cugini con le proprie forze. Ma la famiglia non è al completo, una grave ombra incombe sull'amorevole mamma e i suoi quattro figli. L'ombra appartiene al padre venuto a mancare in seguito all'evento più temuto dalla razza dei tanuki: finire nella bocca degli umani.
La serie, Uchouten Kazoku, segue, a un ritmo lento, le vicende di vita quotidiana di una famiglia all'apparenza spensierata, ma che combatte nel rimanere unita nonostante la pesante perdita che torna nella mente di tutti loro. Eppure, quello di finire mangiati, è un destino a cui i tanuki sono preparati. Può capitare, e, anche se fa male, Yasaburo e la sua famiglia non sembrano percepire la sorte del padre come un'eccezionalità, al punto da riuscire a intrattenere dei rapporti con coloro che hanno goduto dello stufato il cui ingrediente principale era Souichiro!
Tralasciando questa particolare stranezza, che può anche starci, passo col criticare l'estrema lentezza e inconsistenza che ha caratterizzato la visione di questo prodotto animato dello scorso anno (2013), tanto ben reclamizzato. A dispetto dei pareri positivi, devo avvisare che la storia di Yasaburo e famiglia non è per niente dinamica, il che può anche starci. Ci sta più stretto, invece, il fatto che, seppure si tratti di una storia famigliare, non è detto che mi interessi osservare le giornate di Yasaburo alle terme col suo vecchio maestro (un tengu) o seguire lo sguardo di vecchietti infatuati della bella Benten. E già che ci siamo, è stato piuttosto deviante il fatto che Benten abbia monopolizzato l'attenzione per buona parte dell'anime, composto da tredici episodi, per poi risultare semplicemente una furbona con un bel visino, che si è pappata Souichiro, ma che è utile ai fini della trama molto meno di quanto lo siano gli effetti dell'alcol per tutti quanti i personaggi. Ma torniamo all'inconsistenza di buona metà di questa serie, i cui sentimenti, se c'erano, non mi sono giunti nelle lente e vacue scaramucce quotidiane raccontate nei primi episodi. Avvicinandosi alla fine, finalmente in Uchouten Kazoku si son decisi a rivelarci qualcosa in più sui personaggi, qualcosa che non sia inutile, ma che faccia sì che il pubblico si senta vicino alle vite di questi tanuki. Ed è nelle battute finali che scopriamo i sentimenti più profondi e potenti che si nascondono nei componenti nella famiglia. Sentimenti che dal passato si trascinano nel presente, determinando quello che sono diventati, come si sono allontanati, e perché sono fondamentalmente uniti. Perché sono uniti? Sono tutti idioti. A uno a uno, tutta la famiglia e anche i conoscenti glielo riconoscono.
A malincuore ho constatato che se si fosse giocato maggiormente sui sentimenti latenti all'interno della famiglia, Uchouten Kazoku sarebbe potuto essere un anime indimenticabile, un anime in cui il senso della famiglia è il fulcro. La famiglia che rinnega i propri legami, che convive con le proprie memorie e i propri rimpianti, con ciò che li accomuna e ciò che li allontana fra i componenti. Sarebbe valsa la pena se ci fosse stato maggior spazio dedicato a riflessioni che risultassero più consistenti di un semplice blaterare dello stufato di tanuki. Tant'è che sulla carta questo era un anime dalle doti considerevoli.
Al di là del chara che può sembrare semplice e abbozzato, quasi infantile, le figure si muovono su dei fondali a dir poco suggestivi dai quali si evince un tocco accurato nei dettagli. C'è un clima in cui si ha voglia di immergersi: l'autunno che incornicia la figura di Benten di foglie rosse, la famiglia quasi al completo investita dai fiocchi di neve mentre è riunita dinanzi ad un albero di Natale, la vegetazione incolta nei pressi del pozzo muschiato dove risiede Yajiro che contempla la magnifica luna dall'oblò che si apre sulla sua testa. Tutto questo e altri scenari, condensati in magnifici colori, sono accompagnati da semplici e orecchiabili musiche in stile tradizionale. Meno tradizionale è l'opening che involontariamente si insinua nella mente dello spettatore, mentre l'ending risulta graziosamente delicata con le sue dolci note molto meno pop. Un'atmosfera incantata, che strizza l'occhio a ciò che c'è di più affascinante nelle tradizioni culturali giapponesi, nelle immagini di luoghi che abbiamo potuto solo sognare e che pochi di noi hanno scoperto. Tutto questo convive con la storia di una famiglia mitica che da oltre 1200 anni convive con la realtà della moderna città. Eppure i tanuki non tengono il passo col ritmo cittadino, e non riescono a comunicare quanto sarebbe stato nelle loro possibilità.
Sono stato indotto alla visione di questo anime dalla forte ondata di commenti positivi che giungevano un po' da tutte le parti e che dipingevano questo "Uchouten Kazoku" come uno degli anime più belli - se non il più bello - tra quelli usciti nel 2013. In assenza di tutte queste valutazioni positive non credo che mi ci sarei mai avvicinato, in quanto, obiettivamente, non sono molto interessato alle storie di tanuki e simili, e il folclore giapponese mi appassiona fino a un certo punto; lo ritenevo, quindi, come un qualcosa che non rientrava nelle mie corde, per cui era meglio evitarlo e lasciare il giudizio a chi fosse interessato al genere più di me. Ma, ripeto, il grande entusiasmo che questo anime aveva suscitato nell'utenza ha finito per incuriosirmi, per cui ho deciso di dargli un'occhiata anch'io.
Terminata la visione, il primo commento che ritengo di dover fare è che, se questo è uno dei titoli più belli del 2013, allora in quest'anno il livello generale degli anime dev'essere stato più basso rispetto al solito (cosa che in realtà pensavo anche prima). Per essere più precisi, non ritengo che "Uchouten Kazoku" sia brutto, anzi lo considero molto buono sotto diversi punti di vista; non lo ritengo però a un livello tale da giustificare tutto questo entusiasmo.
L'azione si svolge a Kyoto, città dove convivono tre specie di esseri viventi: i tengu che vivono nel cielo, gli uomini che abitano nelle città e i tanuki che vivono sulla terra. In particolare, la storia segue le vicende dei tanuki appartenenti alla famiglia degli Shimogamo. In origine il patriarca di questa famiglia era un "Maestro imitatore", le cui mansioni non vengono ben definite ma che consistevano, fondamentalmente, nel tenere unite e in pace fra loro le varie famiglie di tanuki. Per motivi all'inizio sconosciuti, però, costui finirà per essere mangiato dal "Club del venerdì", un associazione di pochi membri il cui scopo, oltre a quello di festeggiare l'arrivo del nuovo anno mangiando uno stufato di tanuki, non viene spiegato. I quattro figli del povero estinto non sembrano aver ereditato le qualità del padre, per cui la famiglia degli Shimogamo finisce per riposizionarsi ai margini della società. In particolare si seguiranno le gesta di Yasaburou, uno dei quattro figli del Maestro imitatore, un tanuki privo di qualsiasi ambizione e interamente proteso verso una vita fatta di totale spensieratezza. Per dovere di completezza, questa non è una storia i cui personaggi sono animali, ma va specificato che i tanuki possono trasformarsi in esseri umani, ed è così che si mostrano per la maggior parte del tempo.
"Uchouten Kazoku" ha il suo punto di forza nella caratterizzazione dei personaggi, molti di essi dotati di un forte carisma e dia un'aura di mistero che li rendono decisamente attraenti. Tra i tanti spiccano, a mio avviso, Benten e la rana in fondo al pozzo; ma quasi tutti hanno una personalità affascinante e ben definita.
Un cast del genere, però, meritava una sceneggiatura molto migliore di questa; non condivido l'entusiasmo spesso manifestato sul tema: a mio avviso una buona parte dei tredici episodi è terribilmente noiosa e più di una volta mi son trovato a sbadigliare o a continuarne controvoglia la visione. Altre parti, invece, sono decisamente interessanti, raggiungendo punte davvero notevoli in termini di pathos e coinvolgimento; ma è nel suo complesso che, obiettivamente, si poteva e si doveva fare meglio.
In definitiva, mi sento di assegnare solo la sufficienza a questo titolo: se in futuro (sempre che ci sia una seconda stagione) si riuscirà a mantenere costantemente alto il suo livello complessivo, allora le possibilità di dare vita a un anime che raggiunga l'eccellenza ci sono tutte; per quanto riguarda questa prima edizione, a mio avviso, non si è riusciti a centrare quest'obiettivo: "Uchouten Kazoku" è un anime discreto, niente di più, niente di meno.
Terminata la visione, il primo commento che ritengo di dover fare è che, se questo è uno dei titoli più belli del 2013, allora in quest'anno il livello generale degli anime dev'essere stato più basso rispetto al solito (cosa che in realtà pensavo anche prima). Per essere più precisi, non ritengo che "Uchouten Kazoku" sia brutto, anzi lo considero molto buono sotto diversi punti di vista; non lo ritengo però a un livello tale da giustificare tutto questo entusiasmo.
L'azione si svolge a Kyoto, città dove convivono tre specie di esseri viventi: i tengu che vivono nel cielo, gli uomini che abitano nelle città e i tanuki che vivono sulla terra. In particolare, la storia segue le vicende dei tanuki appartenenti alla famiglia degli Shimogamo. In origine il patriarca di questa famiglia era un "Maestro imitatore", le cui mansioni non vengono ben definite ma che consistevano, fondamentalmente, nel tenere unite e in pace fra loro le varie famiglie di tanuki. Per motivi all'inizio sconosciuti, però, costui finirà per essere mangiato dal "Club del venerdì", un associazione di pochi membri il cui scopo, oltre a quello di festeggiare l'arrivo del nuovo anno mangiando uno stufato di tanuki, non viene spiegato. I quattro figli del povero estinto non sembrano aver ereditato le qualità del padre, per cui la famiglia degli Shimogamo finisce per riposizionarsi ai margini della società. In particolare si seguiranno le gesta di Yasaburou, uno dei quattro figli del Maestro imitatore, un tanuki privo di qualsiasi ambizione e interamente proteso verso una vita fatta di totale spensieratezza. Per dovere di completezza, questa non è una storia i cui personaggi sono animali, ma va specificato che i tanuki possono trasformarsi in esseri umani, ed è così che si mostrano per la maggior parte del tempo.
"Uchouten Kazoku" ha il suo punto di forza nella caratterizzazione dei personaggi, molti di essi dotati di un forte carisma e dia un'aura di mistero che li rendono decisamente attraenti. Tra i tanti spiccano, a mio avviso, Benten e la rana in fondo al pozzo; ma quasi tutti hanno una personalità affascinante e ben definita.
Un cast del genere, però, meritava una sceneggiatura molto migliore di questa; non condivido l'entusiasmo spesso manifestato sul tema: a mio avviso una buona parte dei tredici episodi è terribilmente noiosa e più di una volta mi son trovato a sbadigliare o a continuarne controvoglia la visione. Altre parti, invece, sono decisamente interessanti, raggiungendo punte davvero notevoli in termini di pathos e coinvolgimento; ma è nel suo complesso che, obiettivamente, si poteva e si doveva fare meglio.
In definitiva, mi sento di assegnare solo la sufficienza a questo titolo: se in futuro (sempre che ci sia una seconda stagione) si riuscirà a mantenere costantemente alto il suo livello complessivo, allora le possibilità di dare vita a un anime che raggiunga l'eccellenza ci sono tutte; per quanto riguarda questa prima edizione, a mio avviso, non si è riusciti a centrare quest'obiettivo: "Uchouten Kazoku" è un anime discreto, niente di più, niente di meno.
"Uchouten Kazoku" è un anime del 2013 realizzato dallo studio P.A. Works, di tredici episodi.
La storia è ambientata nella città giapponese di Kyoto e racconta le vicende quotidiane di una famiglia alquanto "eccentrica", gli Shimogamo: infatti non sono altro che tanuki, i famosi cani-procione del folklore nipponico, in grado di assumere qualsiasi forma e aspetto.
Se qualcuno dovesse chiedermi: "Sì, ma di cosa parla "Uchoten Kazoku"?" non saprei e non potrei rispondere niente di più per diversi motivi, che sono presto detti.
Prima di tutto la particolare struttura della trama: il modo in cui viene raccontata la storia è del tutto insolito, ossia inizialmente non viene spiegato quasi nulla sull'ambientazione, la storia e il passato dei personaggi, ma sarà lo spettatore a dover mettere insieme i vari indizi disseminati in ogni episodio e tentare di ricostruire il quadro generale. Nonostante questo possa apparire abbastanza difficoltoso per lo spettatore (e io stesso inizialmente ero molto confuso) è doveroso dire che il modo in cui la storia viene narrata, i personaggi descritti, gli sfondi, la musica, l'alone di mistero che avvolge l'intera città e la società dei tanuki, tutto questo risulta essere talmente affascinante e interessante da spingere e invogliare lo spettatore a continuarne la visione.
Il secondo motivo è che fondamentalmente in tutto l'anime non succede nulla di che: non ci sono stravolgimenti della trama o colpi di scena improvvisi, scordateveli. Ma è proprio qui che risiede uno dei punti chiave dell'anime. "Uchouten Kazoku" è una serie che si fa apprezzare proprio per la sua leggerezza, per la sua semplice ma affascinante quotidianità; tuttavia, questo non deve far credere che non ci siano momenti "seri" e "tristi" nell'anime, come anche i numerosi momenti di riflessione che sapranno sicuramente offrire diversi spunti allo spettatore. Il tutto è magistralmente accompagnato da una colonna sonora veramente ben realizzata e che ben si adatta alle varie scene e momenti.
Il chara dei personaggi poi è molto originale: nonostante il tratto utilizzato ad esempio per i volti sia molto approssimativo (e potrebbe far storcere il naso a qualcuno inizialmente), ben si sposa con le atmosfere che si creano e con gli sfondi.
Subito dopo aver guardato e ascoltato la bellissima opening, verrete catapultati in un mondo, quello dei tanuki, fatto di spensieratezza e ricerca della felicità, che, pur essendo a stretto contatto con quello degli uomini, ne è distante anni luce; in un mondo in cui la sola constatazione di essere vivi è fonte di gioia. In un mondo che però ai più è precluso, e che è accessibile solo a coloro nelle cui vene scorre il "sangue degli idioti".
La storia è ambientata nella città giapponese di Kyoto e racconta le vicende quotidiane di una famiglia alquanto "eccentrica", gli Shimogamo: infatti non sono altro che tanuki, i famosi cani-procione del folklore nipponico, in grado di assumere qualsiasi forma e aspetto.
Se qualcuno dovesse chiedermi: "Sì, ma di cosa parla "Uchoten Kazoku"?" non saprei e non potrei rispondere niente di più per diversi motivi, che sono presto detti.
Prima di tutto la particolare struttura della trama: il modo in cui viene raccontata la storia è del tutto insolito, ossia inizialmente non viene spiegato quasi nulla sull'ambientazione, la storia e il passato dei personaggi, ma sarà lo spettatore a dover mettere insieme i vari indizi disseminati in ogni episodio e tentare di ricostruire il quadro generale. Nonostante questo possa apparire abbastanza difficoltoso per lo spettatore (e io stesso inizialmente ero molto confuso) è doveroso dire che il modo in cui la storia viene narrata, i personaggi descritti, gli sfondi, la musica, l'alone di mistero che avvolge l'intera città e la società dei tanuki, tutto questo risulta essere talmente affascinante e interessante da spingere e invogliare lo spettatore a continuarne la visione.
Il secondo motivo è che fondamentalmente in tutto l'anime non succede nulla di che: non ci sono stravolgimenti della trama o colpi di scena improvvisi, scordateveli. Ma è proprio qui che risiede uno dei punti chiave dell'anime. "Uchouten Kazoku" è una serie che si fa apprezzare proprio per la sua leggerezza, per la sua semplice ma affascinante quotidianità; tuttavia, questo non deve far credere che non ci siano momenti "seri" e "tristi" nell'anime, come anche i numerosi momenti di riflessione che sapranno sicuramente offrire diversi spunti allo spettatore. Il tutto è magistralmente accompagnato da una colonna sonora veramente ben realizzata e che ben si adatta alle varie scene e momenti.
Il chara dei personaggi poi è molto originale: nonostante il tratto utilizzato ad esempio per i volti sia molto approssimativo (e potrebbe far storcere il naso a qualcuno inizialmente), ben si sposa con le atmosfere che si creano e con gli sfondi.
Subito dopo aver guardato e ascoltato la bellissima opening, verrete catapultati in un mondo, quello dei tanuki, fatto di spensieratezza e ricerca della felicità, che, pur essendo a stretto contatto con quello degli uomini, ne è distante anni luce; in un mondo in cui la sola constatazione di essere vivi è fonte di gioia. In un mondo che però ai più è precluso, e che è accessibile solo a coloro nelle cui vene scorre il "sangue degli idioti".
Quando si parla di tanuki la memoria non può non indirizzarmi verso "Pompoko" e le loro battaglie per riuscire a preservare il loro ambiente. L'attualità mostra come in alcune aree del Giappone il cemento ormai la fa da padrona e i tanuki sono stati costretti ad adattarsi a paesaggi di tipo cittadino e la stretta convivenza con gli esseri umani. Da questa premessa parte "Uchoten Kazoku", dove i tanuki vivono mescolati agli umani, a volte temendoli, molto più spesso imitandoli. Yasaburou ama gli umani, sebbene avrebbe motivo di temerli, visto quando accaduto al padre. Ma in lui scorre il "sangue degli idioti", come nella maggior parte dei tanuki, che difficilmente prendono la vita con serietà. L'anime si sofferma sulle sue vicende, in modo piuttosto scanzonato, senza rinunciare a proporre qualche idea interessante e non priva di spessore.
Già dalla sigla è chiaro lo spirito che anima la quotidianità di un tanuki: la vita è presa in modo spensierato, leggero, senza eccessive preoccupazioni, ma vivere in questo modo non è così facile come potrebbe sembrare. Lo stesso Yasaburou ha diverse gatte da pelare, per esempio deve pazientemente accudire Akadama, un anziano tengu amico del padre; ha un fratello che vive come rana in fondo ad un pozzo; infine deve gestire Benten, un'umana molto particolare, dotata dei poteri dei tengu, capricciosa, enigmatica e pericolosa. Senza contare che ogni anno, coma da tradizione del club del Venerdì, un tanuki finisce in pentola. Eppure sono proprio tutti questi aspetti che mettono un po' di pepe a una vita che altrimenti sarebbe noiosa e grigia.
"Uchoten Kazoku" mi è piaciuto.
Fa sorridere ed è interessante, propone un ritmo narrativo pacato e incuriosisce grazie un a cast di personaggi piuttosto sopra le righe. Le stesse situazioni sono curiose, i tanuki portano scompiglio nella normalità cittadina, in modo probabilmente poco realistico, ma molto suggestivo e pittoresco. La trama fatica a partire, inizialmente sembra quasi ci venga proposto uno slice of life sulla strana famiglia di Yasaburou, ci viene presentato il maestro, il curioso rapporto che lo lega a Benten e così via. Poi arrivano le battaglie, le schermaglie e gli intrighi: la serie letteralmente decolla. C'è anche un po' di romanticismo, seppur solo accennato e raccontato anche lui in un modo fuori dai canoni.
"Uchoten Kazoku" non è per nulla una serie banale come potrebbe apparire, lancia continuamente messaggi allo spettatore, offre spazio a dialoghi piuttosto impegnati, riflessioni sulla vita, sull'amore e su altri inaspettati aspetti. E' realizzato con cura, attento sia all'aspetto grafico, che al sonoro. La parte finale è ricca di colpi di scena, stravolgimenti e tanto sano e divertente caos, in cui i tanuki sono maestri.
"Uchoten Kazoku" è molto particolare, merita di essere notato e provato. Consigliato.
Già dalla sigla è chiaro lo spirito che anima la quotidianità di un tanuki: la vita è presa in modo spensierato, leggero, senza eccessive preoccupazioni, ma vivere in questo modo non è così facile come potrebbe sembrare. Lo stesso Yasaburou ha diverse gatte da pelare, per esempio deve pazientemente accudire Akadama, un anziano tengu amico del padre; ha un fratello che vive come rana in fondo ad un pozzo; infine deve gestire Benten, un'umana molto particolare, dotata dei poteri dei tengu, capricciosa, enigmatica e pericolosa. Senza contare che ogni anno, coma da tradizione del club del Venerdì, un tanuki finisce in pentola. Eppure sono proprio tutti questi aspetti che mettono un po' di pepe a una vita che altrimenti sarebbe noiosa e grigia.
"Uchoten Kazoku" mi è piaciuto.
Fa sorridere ed è interessante, propone un ritmo narrativo pacato e incuriosisce grazie un a cast di personaggi piuttosto sopra le righe. Le stesse situazioni sono curiose, i tanuki portano scompiglio nella normalità cittadina, in modo probabilmente poco realistico, ma molto suggestivo e pittoresco. La trama fatica a partire, inizialmente sembra quasi ci venga proposto uno slice of life sulla strana famiglia di Yasaburou, ci viene presentato il maestro, il curioso rapporto che lo lega a Benten e così via. Poi arrivano le battaglie, le schermaglie e gli intrighi: la serie letteralmente decolla. C'è anche un po' di romanticismo, seppur solo accennato e raccontato anche lui in un modo fuori dai canoni.
"Uchoten Kazoku" non è per nulla una serie banale come potrebbe apparire, lancia continuamente messaggi allo spettatore, offre spazio a dialoghi piuttosto impegnati, riflessioni sulla vita, sull'amore e su altri inaspettati aspetti. E' realizzato con cura, attento sia all'aspetto grafico, che al sonoro. La parte finale è ricca di colpi di scena, stravolgimenti e tanto sano e divertente caos, in cui i tanuki sono maestri.
"Uchoten Kazoku" è molto particolare, merita di essere notato e provato. Consigliato.
Dalla penna di Morimi Tomihiko nel 2007 nacque la storia di una famiglia di Kyoto un po' particolare, gli Shimogamo, che la P. A. Works in quest'estate del 2013 ha deciso di animare e portare sul piccolo schermo delle TV giapponesi. I membri che ne compongono il nucleo vivono la vita in maniera spensierata, giorno per giorno, senza sforzarsi troppo e prendendo il bello e il cattivo tempo senza rammaricarsene. Quattro fratelli, orfani di padre, e la loro mamma, stretti stretti l'uno all'altro vanno avanti realizzando in pieno il destino che gli è stato assegnato. La famiglia protagonista di Uchouten Kazoku è costituita da tanuki, animale tipico del folklore giapponese, conosciuto per la sua indole scherzosa e l'ingenuità. Regalato il cielo ai tengu e la città agli uomini, i tanuki vivono sulla terraferma, nascosti dagli altri essere viventi, correndo da un cespuglio all'altro per non farsi vedere, o trasformandosi in oggetti di varia natura come soprammobili o portachiavi che ne camuffino i caratteri. Si divertono con poco, prendendosi in giro fra loro, mordicchiandosi le chiappette, mangiando patate dolci o caldarroste, strappando la vittoria durante una gara di fuochi d'artificio all'ultimo minuto. Qualche volta può capitare che uno decida di sprofondare in un pozzo o un altro si trasformi in una grande montagna; ogni tanto può accadere che uno impari ad accendere le lampadine con piccole scariche elettriche e un altro che delle stesse in formato tuono abbia una paura matta; talvolta può succedere che uno diventi talmente vecchio che gli altri iniziano a chiamarlo "anziano" o un altro finisca stufato in un pentolone insieme a verdure bollite e un pizzico di sale la sera di Capodanno. Come recita il primo verso dell'opening cantata dai Milktub "Uchouten Jinsei", i tanuki vivono seguendo il motto "Omoshiroku nai yo no naka, omoshiroku sureba ii sa", e cioè "In un mondo non interessante, devi vivere una vita interessante."
Due elementi importanti emergono legati alla famiglia Shimogamo: l'aho no chi, tradotto con "sangue degli idioti", e l'omoshiroi, le cose interessanti e divertenti. Entrambi i concetti sono da ascriversi alla cultura giapponese, che esalta il nucleo familiare sopra ogni altro tipo di aggregazione e la rassegnazione dignitosa che bisogna assumere nei confronti degli eventi negativi. Per gli Shimogamo tutto quello che succede è collegato all'essenza della vita stessa: spesso si sentono pronunciare frasi come "è perché noi siamo tanuki" o "è l'espressione del nostro sangue degli idioti" oppure "a un tanuki è normale che accadono cose del genere", o ancora "è nel nostro destino finire in pentola un giorno". Sembra quasi come se si arrendessero dinanzi alle difficoltà, come se non fosse un loro compito ribellarsi alla gogna, come se non avessero dei diritti e tutto dipendesse dalla genetica. Addirittura Yasaburo discute con i membri del Club del Venerdì, che è risaputo abbiano stufato suo padre, in maniera tranquilla, senza astio né desiderio di vendetta, come se stesse scambiando quattro chiacchiere con il vicino di casa. Per gli uomini è davvero difficile accettare una cosa del genere, quasi impossibile, e Yasaburo appare un personaggio superficiale se lo si analizza in un'ottica umana, a tratti deludente perché fino a quel momento era sembrato sapere tutto di com'è che il mondo gira e poi scivola in un infantile interesse verso l'umanità.
Tuttavia, Uchouten Kazoku è una storia che è narrata dal punto di vista dei tanuki, nel quale bisognerebbe immedesimarsi per riuscire a capire. Per un tanuki la vita va vissuta momento per momento, divertendosi, cercando di cogliere l'estasi in ogni evento, situazione, cosa. Un tanuki non cerca la gloria, ma una quotidianità divertente e serena; può fare ogni giorno le stesse cose o combinarne sempre di più cretine, o trovare eccitazione anche nel dolce far niente, 'zuzzurellando' in giro. I tanuki non si pongono il problema etico se il proprio interlocutore sia o meno un assassino, dal momento che è interessante conversare con lui va bene pure che sia un carnivoro divoratore di suoi simili, che con l'atto di mangiare esprima il suo sentimento d'amore. Non hanno paura di affrontare il pericolo in sé, fanno piuttosto tutto quello che possono per uscire dalle difficoltà, apparendo a volte ridicoli, ingenui, incapaci. Scalpitano, si dimenano, graffiano le gabbie e arruffano il pelo, piangono, urlano, pensano che non c'è più speranza; perché per un tanuki essere catturato, diventare il pasto di un uomo a Capodanno, è normale. Quelle stupide palle di pelo che in presenza degli umani spesso perdono la capacità di mutaforma o che abbandonano la presunzione di essere maestosi, dalla genealogia divina, grandi interpreti della legge, non appena gli si presenta dinanzi un po' di acqua in cui bolle il nabe, sanno che si può morire di vecchiaia o essere bolliti e accettano la propria morte tanto quanto accettano la loro mediocre vita.
E' proprio perché questa mediocrità sta stretta ai nostri protagonisti che l'autore li definisce "la famiglia dell'estasi", come a voler indicare che gli Shimogamo sono più tanuki degli altri tanuki, dai quali vengono additati come fannulloni, senza speranze, trasgressivi. I caratteri che compongono il termine "uchouten" (有頂天), l'estasi, sono interpretabili con "mondo colorato", quindi divertente e interessante, o "sentirsi un metro da terra per la contentezza", o ancora "essere senza pensieri" e "vivere lo stadio finale di un momento". Quindi è possibile collegare il tutto allo stile di vita dei tanuki, che vivono spensieratamente, divertendosi, curiosando in giro, guardano il mondo a colori senza vederci all'interno nulla di monotono, trovando la felicità in ogni giorno. Anche per questo l'unico personaggio ad aver perso il suo carattere "uchouten" per tutto il corso della serie non riesce a ritrasformarsi in un tanuki, ma resta una rana.
Sia per gli Shimogamo sia per gli Ebisugawa, le due famiglie che vengono portate sulla scena, ciò che conta sono i legami di sangue, e quindi di più importante al mondo c'è solo la famiglia. Il sangue degli idioti che scorre nelle vene tanuki è il filo che lega questi alla loro specie e gli stessi a chi li ha generati. A questo punto il DNA si fa veicolo anche della tipica idiozia tanuki, che da generazioni in generazioni si tramanda di padre in figlio. Spesso i giapponesi parlano dei kizuna, i legami, o di kazoku, la famiglia, o di "kokoro", il cuore, e Morimi non è da meno! E gli Shimogamo in particolar modo sono una famiglia esemplare: si vogliono bene profondamente, si proteggono a vicenda, si consigliano, onorano quel sangue che li lega, che li tiene vicini, che li accomuna. Proprio loro che hanno perso un genitore e vivono con la madre soltanto, sentono intensamente quella catena battere in ogni cellula del corpo, quella catena che gli dice "siete una famiglia". E' strano pensare di dover imparare cosa significa avere un padre o una madre da un orfano, l'ultima persona che si penserebbe possa spiegarne il valore. Ma è proprio chi ha perso quel tipo d'affetto e che ha sentito il bisogno di cercarlo in chi gli sta vicino, arrivando quasi a dipendere dall'idea di avere qualcuno accanto, che si sente perso al solo pensiero che quel qualcuno gli possa essere strappato, e nuovamente si possa provare quel dolore, quella mancanza, quella solitudine; è proprio chi è orfano a saper meglio apprezzare e spiegare cos'è la famiglia. Nei momenti di tristezza e sconforto, di difficoltà e tensione, Yasaburo, Yaichiro, Yashiro, Yajiro fanno capannello intorno alla mamma, la stringono a sé, per prendere il suo calore e trasmettergli tutto l'affetto di figli che nell'infanzia hanno accumulato, pronti una volta diventati adulti a dispensarne ai propri genitori. Con la stessa mamma spesso non riescono a scambiarsi semplici parole come "ti voglio bene" e restano muti all'altro capo del telefono, singhiozzando casomai e pensando che non bisogna rimandare a domani quello che si può fare oggi. Perché non è detto che domani quella persona ci sarà ancora. Non è detto che in futuro potrai riabbracciarla, andare a bere insieme, passeggiare in sua compagnia, stringere a te o stringerti a lei, godere del suo sorriso e delle sue carezze affettuose. La vita è così fragile che nel giro di una notte tutto può cambiare e ciò che prima era normalità il giorno dopo diviene soltanto un lontano ricordo. Come le foglie d'autunno cadono, così la vita può scivolare via col vento, poggiandosi sul suolo e diventando tutt'uno con la terra. Forse per un tanuki è ancora più facile assumere questa malinconica realtà, perché vivono sempre con la costante consapevolezza di poter finire stufati, con l'ineluttabile destino che non riescono a scindere dalla loro pelliccia; ma ciò non li abbatte, anzi conoscere la caducità dell'esistenza dà ai tanuki una linfa in più, che gli permette di godere al massimo di essa.
Dalla caratterizzazione minuziosa e particolareggiata, i personaggi che ci vengono presentati sono molteplici e appartengono a varie specie. Abbiamo il maestro tengu, incapace di spiccare il volo, col mal di schiena, la luna storta e una cotta per la sua bellissima allieva. Sul fronte umano troviamo Benten, misteriosa, egoista, ambiziosa, maliziosa, birichina, donna dal grande fascino che agisce solo se una cosa smuove il suo interesse, che piange guardando la luna e sogna di trovare l'amore come le normali ragazzine; più umana dei suoi colleghi del Club del Venerdì, troppo chiusi nelle loro convinzioni e abitudini, riesce a districarsi benissimo nella complicata rete di rapporti che lega tanuki, tengu e uomini, forse perché libera da qualsivoglia pregiudizio. Personaggio più intrigante della storia, avrà un ruolo chiave in molti eventi, rappresentando a volte una sorta di deus ex machina, oltre che pensiero fisso di chi le sta intorno. Tra i tanuki spicca la figura controversa di Ebisugawa Soun, fratello di papà Shimogamo, che si potrebbe dire abbia ereditato i vizi e i difetti dell'uomo: arrivista, calcolatore, pronto a vendere i propri cari pur di ottenere ciò che vuole, mantiene allo stesso tempo vivo il senso di paternità rispetto ai suoi figli e intatto il bisogno d'amare e d'amore che lo spinge lontano dalla sua essenza tanuki, avvicinandolo all'infima umanità.
Ma protagonista della storia è Yasaburo, il tanuki che in maggior misura fa proprio il concetto di "uchouten", riuscendo persino a socializzare con gli uomini e farsi prendere in considerazione dai tengu. Gli piace autoidentificarsi con un bohémien. La sua noncuranza nei confronti delle convenzioni e l'indifferenza dell'opinione che gli altri hanno di lui lo rende perfettamente in linea con lo stile dei letterati francesi in voga nel XIX secolo. Definendo il suo approccio alla vita spensierato e votato alla ricerca dell'interessante dentro le cose e la quotidianità, il terzo figlio degli Shimogamo sostiene che questo atteggiamento sia la rappresentazione del suo "sangue degli idioti", tramandatogli dal padre. Non facendo altro che portare all'estremo la maniera di vivere dei tanuki, con la convinzione di non voler essere un tanuki qualunque, Yasaburo vive agognando la libertà in volo dei tengu e imitando gli uomini nel loro egoismo e nelle loro ambizioni. Compiendo un sillogismo, si potrebbe dire che sia la personificazione della città di Kyoto, che lui stesso afferma essere una giostra che ruota su sé stessa, basata sul fragile equilibrio di convivenza tra i tengu, gli umani e i tanuki.
Sul versante tecnico, la resa della città di Kyoto è perfetta in ogni singola insegna o luce al neon, esaltata dall'elegante animazione che gli studi della P.A. Works padroneggiano bene. I panorami e le ambientazioni sono curate nei dettagli, stessa cosa per gli accessori e l'abbigliamento. Accuratamente arredato è persino il pozzo di Yajiro, che sembra addirittura confortevole come ci dice appunto il secondogenito. Il chara design è carino, morbido, simpatico, senza bishonen o bishoujo, ma altrettanto potenzialmente bello. Per non parlare di quanto sono carini i tanuki in versione pelosa, di quanto quegli occhietti e quelle zampette sono tenere, e quelle code che scodinzolano invitanti! Il doppiaggio è molto buono, le voci tutte azzeccate. Adorabile Benten che fa finta di sorprendersi davanti a Yasaburo col suo caratteristico "Ara!", e memorabili le voci dei monelli Kinkaku e Ginkaku Ebisugawa. Stessa attenzione è stata prestata all'OST, tra le più suggestive che abbia ascoltato negli anime di quest'anno. Oltre a richiamare l'atmosfera tipica giapponese, rifacendosi a uno stile di musica anticheggiante, i suoni che accompagnano gli episodi sono armoniosi, a volte grintosi, altre malinconici, dolci, tristi, calorosi, inquietanti, allegri, così personalizzati da risultare unici. La stessa ending "Que sera sera", cantata da Fhána, è di una bellezza quasi sconcertante, così delicata e semplice nel testo; spesso ha accompagnato i miei pianti a fine puntata, dandomi una leggera carezza e asciugando via la tristezza.
Uchouten Kazoku è una storia piena di malinconia, ma al contempo satura di speranza. Nemmeno per un momento durante la visione ho provato angoscia, piuttosto mi sono commossa più e più volte, lasciando che calde lacrime mi solcassero il viso, dinanzi all'evidente forza, impegno e volontà che la famiglia Shimogamo impiegava. Probabilmente non ho mai saputo com'è che si vive in maniera spensierata, mi sono sempre fatta problemi inutili per qualsiasi cosa, pensando di essere perseguitata dalla sfortuna; orfana anch'io, mi sono sentita abbracciare per davvero dalle esili ma protettive braccia della madre degli Shimogamo, desiderando per un momento che la mia di mamma ritornasse a me e mi dicesse che tutto si sistemerà. Per me guardare Yasaburo & co. è stata una terapia, perché ho buttato fuori tanta tristezza che avevo conservata dentro per anni e anni, e che mi aveva impedito di godere delle piccole gioie della vita, della mia famiglia, delle mie passioni. Mi sono affezionata tanto al microcosmo di Uchouten Kazoku, ai tanuki e alle loro scemenze, ai discorsi da mentore di Yasaburo a inizio e fine puntata, alla sottana di Benten e al maestro tengu che sbraita, da provare un senso di vuoto ora che le settimane passano senza vederlo. La storia di Morimi ha saputo essere sia scherzosa, divertente, semplice, sia profonda, istruttiva, realista; e capace di coinvolgere a tal punto nelle vicende dei suoi personaggi che alla fine della serie ci manca solo il cognome Shimogamo e la coda per sentirci parte della grande famiglia che ci viene presentata! Noi umani dovremmo imparare un po' dai tanuki com'è che si vive e forse smetteremmo di imprecare contro le divinità che non ci danno ciò che desideriamo. E chissà, può essere che così la finiremmo anche col sentirci delle divinità noi stessi, onnipotenti e padroni del mondo. Onnipotenti ma con una perenne tensione dentro, che ci spinge a desiderare sempre di più, di più, di più, ed essere infelici, insoddisfatti, incontentabili... A questo punto, nella prossima vita spero di rinascere tanuki!
Due elementi importanti emergono legati alla famiglia Shimogamo: l'aho no chi, tradotto con "sangue degli idioti", e l'omoshiroi, le cose interessanti e divertenti. Entrambi i concetti sono da ascriversi alla cultura giapponese, che esalta il nucleo familiare sopra ogni altro tipo di aggregazione e la rassegnazione dignitosa che bisogna assumere nei confronti degli eventi negativi. Per gli Shimogamo tutto quello che succede è collegato all'essenza della vita stessa: spesso si sentono pronunciare frasi come "è perché noi siamo tanuki" o "è l'espressione del nostro sangue degli idioti" oppure "a un tanuki è normale che accadono cose del genere", o ancora "è nel nostro destino finire in pentola un giorno". Sembra quasi come se si arrendessero dinanzi alle difficoltà, come se non fosse un loro compito ribellarsi alla gogna, come se non avessero dei diritti e tutto dipendesse dalla genetica. Addirittura Yasaburo discute con i membri del Club del Venerdì, che è risaputo abbiano stufato suo padre, in maniera tranquilla, senza astio né desiderio di vendetta, come se stesse scambiando quattro chiacchiere con il vicino di casa. Per gli uomini è davvero difficile accettare una cosa del genere, quasi impossibile, e Yasaburo appare un personaggio superficiale se lo si analizza in un'ottica umana, a tratti deludente perché fino a quel momento era sembrato sapere tutto di com'è che il mondo gira e poi scivola in un infantile interesse verso l'umanità.
Tuttavia, Uchouten Kazoku è una storia che è narrata dal punto di vista dei tanuki, nel quale bisognerebbe immedesimarsi per riuscire a capire. Per un tanuki la vita va vissuta momento per momento, divertendosi, cercando di cogliere l'estasi in ogni evento, situazione, cosa. Un tanuki non cerca la gloria, ma una quotidianità divertente e serena; può fare ogni giorno le stesse cose o combinarne sempre di più cretine, o trovare eccitazione anche nel dolce far niente, 'zuzzurellando' in giro. I tanuki non si pongono il problema etico se il proprio interlocutore sia o meno un assassino, dal momento che è interessante conversare con lui va bene pure che sia un carnivoro divoratore di suoi simili, che con l'atto di mangiare esprima il suo sentimento d'amore. Non hanno paura di affrontare il pericolo in sé, fanno piuttosto tutto quello che possono per uscire dalle difficoltà, apparendo a volte ridicoli, ingenui, incapaci. Scalpitano, si dimenano, graffiano le gabbie e arruffano il pelo, piangono, urlano, pensano che non c'è più speranza; perché per un tanuki essere catturato, diventare il pasto di un uomo a Capodanno, è normale. Quelle stupide palle di pelo che in presenza degli umani spesso perdono la capacità di mutaforma o che abbandonano la presunzione di essere maestosi, dalla genealogia divina, grandi interpreti della legge, non appena gli si presenta dinanzi un po' di acqua in cui bolle il nabe, sanno che si può morire di vecchiaia o essere bolliti e accettano la propria morte tanto quanto accettano la loro mediocre vita.
E' proprio perché questa mediocrità sta stretta ai nostri protagonisti che l'autore li definisce "la famiglia dell'estasi", come a voler indicare che gli Shimogamo sono più tanuki degli altri tanuki, dai quali vengono additati come fannulloni, senza speranze, trasgressivi. I caratteri che compongono il termine "uchouten" (有頂天), l'estasi, sono interpretabili con "mondo colorato", quindi divertente e interessante, o "sentirsi un metro da terra per la contentezza", o ancora "essere senza pensieri" e "vivere lo stadio finale di un momento". Quindi è possibile collegare il tutto allo stile di vita dei tanuki, che vivono spensieratamente, divertendosi, curiosando in giro, guardano il mondo a colori senza vederci all'interno nulla di monotono, trovando la felicità in ogni giorno. Anche per questo l'unico personaggio ad aver perso il suo carattere "uchouten" per tutto il corso della serie non riesce a ritrasformarsi in un tanuki, ma resta una rana.
Sia per gli Shimogamo sia per gli Ebisugawa, le due famiglie che vengono portate sulla scena, ciò che conta sono i legami di sangue, e quindi di più importante al mondo c'è solo la famiglia. Il sangue degli idioti che scorre nelle vene tanuki è il filo che lega questi alla loro specie e gli stessi a chi li ha generati. A questo punto il DNA si fa veicolo anche della tipica idiozia tanuki, che da generazioni in generazioni si tramanda di padre in figlio. Spesso i giapponesi parlano dei kizuna, i legami, o di kazoku, la famiglia, o di "kokoro", il cuore, e Morimi non è da meno! E gli Shimogamo in particolar modo sono una famiglia esemplare: si vogliono bene profondamente, si proteggono a vicenda, si consigliano, onorano quel sangue che li lega, che li tiene vicini, che li accomuna. Proprio loro che hanno perso un genitore e vivono con la madre soltanto, sentono intensamente quella catena battere in ogni cellula del corpo, quella catena che gli dice "siete una famiglia". E' strano pensare di dover imparare cosa significa avere un padre o una madre da un orfano, l'ultima persona che si penserebbe possa spiegarne il valore. Ma è proprio chi ha perso quel tipo d'affetto e che ha sentito il bisogno di cercarlo in chi gli sta vicino, arrivando quasi a dipendere dall'idea di avere qualcuno accanto, che si sente perso al solo pensiero che quel qualcuno gli possa essere strappato, e nuovamente si possa provare quel dolore, quella mancanza, quella solitudine; è proprio chi è orfano a saper meglio apprezzare e spiegare cos'è la famiglia. Nei momenti di tristezza e sconforto, di difficoltà e tensione, Yasaburo, Yaichiro, Yashiro, Yajiro fanno capannello intorno alla mamma, la stringono a sé, per prendere il suo calore e trasmettergli tutto l'affetto di figli che nell'infanzia hanno accumulato, pronti una volta diventati adulti a dispensarne ai propri genitori. Con la stessa mamma spesso non riescono a scambiarsi semplici parole come "ti voglio bene" e restano muti all'altro capo del telefono, singhiozzando casomai e pensando che non bisogna rimandare a domani quello che si può fare oggi. Perché non è detto che domani quella persona ci sarà ancora. Non è detto che in futuro potrai riabbracciarla, andare a bere insieme, passeggiare in sua compagnia, stringere a te o stringerti a lei, godere del suo sorriso e delle sue carezze affettuose. La vita è così fragile che nel giro di una notte tutto può cambiare e ciò che prima era normalità il giorno dopo diviene soltanto un lontano ricordo. Come le foglie d'autunno cadono, così la vita può scivolare via col vento, poggiandosi sul suolo e diventando tutt'uno con la terra. Forse per un tanuki è ancora più facile assumere questa malinconica realtà, perché vivono sempre con la costante consapevolezza di poter finire stufati, con l'ineluttabile destino che non riescono a scindere dalla loro pelliccia; ma ciò non li abbatte, anzi conoscere la caducità dell'esistenza dà ai tanuki una linfa in più, che gli permette di godere al massimo di essa.
Dalla caratterizzazione minuziosa e particolareggiata, i personaggi che ci vengono presentati sono molteplici e appartengono a varie specie. Abbiamo il maestro tengu, incapace di spiccare il volo, col mal di schiena, la luna storta e una cotta per la sua bellissima allieva. Sul fronte umano troviamo Benten, misteriosa, egoista, ambiziosa, maliziosa, birichina, donna dal grande fascino che agisce solo se una cosa smuove il suo interesse, che piange guardando la luna e sogna di trovare l'amore come le normali ragazzine; più umana dei suoi colleghi del Club del Venerdì, troppo chiusi nelle loro convinzioni e abitudini, riesce a districarsi benissimo nella complicata rete di rapporti che lega tanuki, tengu e uomini, forse perché libera da qualsivoglia pregiudizio. Personaggio più intrigante della storia, avrà un ruolo chiave in molti eventi, rappresentando a volte una sorta di deus ex machina, oltre che pensiero fisso di chi le sta intorno. Tra i tanuki spicca la figura controversa di Ebisugawa Soun, fratello di papà Shimogamo, che si potrebbe dire abbia ereditato i vizi e i difetti dell'uomo: arrivista, calcolatore, pronto a vendere i propri cari pur di ottenere ciò che vuole, mantiene allo stesso tempo vivo il senso di paternità rispetto ai suoi figli e intatto il bisogno d'amare e d'amore che lo spinge lontano dalla sua essenza tanuki, avvicinandolo all'infima umanità.
Ma protagonista della storia è Yasaburo, il tanuki che in maggior misura fa proprio il concetto di "uchouten", riuscendo persino a socializzare con gli uomini e farsi prendere in considerazione dai tengu. Gli piace autoidentificarsi con un bohémien. La sua noncuranza nei confronti delle convenzioni e l'indifferenza dell'opinione che gli altri hanno di lui lo rende perfettamente in linea con lo stile dei letterati francesi in voga nel XIX secolo. Definendo il suo approccio alla vita spensierato e votato alla ricerca dell'interessante dentro le cose e la quotidianità, il terzo figlio degli Shimogamo sostiene che questo atteggiamento sia la rappresentazione del suo "sangue degli idioti", tramandatogli dal padre. Non facendo altro che portare all'estremo la maniera di vivere dei tanuki, con la convinzione di non voler essere un tanuki qualunque, Yasaburo vive agognando la libertà in volo dei tengu e imitando gli uomini nel loro egoismo e nelle loro ambizioni. Compiendo un sillogismo, si potrebbe dire che sia la personificazione della città di Kyoto, che lui stesso afferma essere una giostra che ruota su sé stessa, basata sul fragile equilibrio di convivenza tra i tengu, gli umani e i tanuki.
Sul versante tecnico, la resa della città di Kyoto è perfetta in ogni singola insegna o luce al neon, esaltata dall'elegante animazione che gli studi della P.A. Works padroneggiano bene. I panorami e le ambientazioni sono curate nei dettagli, stessa cosa per gli accessori e l'abbigliamento. Accuratamente arredato è persino il pozzo di Yajiro, che sembra addirittura confortevole come ci dice appunto il secondogenito. Il chara design è carino, morbido, simpatico, senza bishonen o bishoujo, ma altrettanto potenzialmente bello. Per non parlare di quanto sono carini i tanuki in versione pelosa, di quanto quegli occhietti e quelle zampette sono tenere, e quelle code che scodinzolano invitanti! Il doppiaggio è molto buono, le voci tutte azzeccate. Adorabile Benten che fa finta di sorprendersi davanti a Yasaburo col suo caratteristico "Ara!", e memorabili le voci dei monelli Kinkaku e Ginkaku Ebisugawa. Stessa attenzione è stata prestata all'OST, tra le più suggestive che abbia ascoltato negli anime di quest'anno. Oltre a richiamare l'atmosfera tipica giapponese, rifacendosi a uno stile di musica anticheggiante, i suoni che accompagnano gli episodi sono armoniosi, a volte grintosi, altre malinconici, dolci, tristi, calorosi, inquietanti, allegri, così personalizzati da risultare unici. La stessa ending "Que sera sera", cantata da Fhána, è di una bellezza quasi sconcertante, così delicata e semplice nel testo; spesso ha accompagnato i miei pianti a fine puntata, dandomi una leggera carezza e asciugando via la tristezza.
Uchouten Kazoku è una storia piena di malinconia, ma al contempo satura di speranza. Nemmeno per un momento durante la visione ho provato angoscia, piuttosto mi sono commossa più e più volte, lasciando che calde lacrime mi solcassero il viso, dinanzi all'evidente forza, impegno e volontà che la famiglia Shimogamo impiegava. Probabilmente non ho mai saputo com'è che si vive in maniera spensierata, mi sono sempre fatta problemi inutili per qualsiasi cosa, pensando di essere perseguitata dalla sfortuna; orfana anch'io, mi sono sentita abbracciare per davvero dalle esili ma protettive braccia della madre degli Shimogamo, desiderando per un momento che la mia di mamma ritornasse a me e mi dicesse che tutto si sistemerà. Per me guardare Yasaburo & co. è stata una terapia, perché ho buttato fuori tanta tristezza che avevo conservata dentro per anni e anni, e che mi aveva impedito di godere delle piccole gioie della vita, della mia famiglia, delle mie passioni. Mi sono affezionata tanto al microcosmo di Uchouten Kazoku, ai tanuki e alle loro scemenze, ai discorsi da mentore di Yasaburo a inizio e fine puntata, alla sottana di Benten e al maestro tengu che sbraita, da provare un senso di vuoto ora che le settimane passano senza vederlo. La storia di Morimi ha saputo essere sia scherzosa, divertente, semplice, sia profonda, istruttiva, realista; e capace di coinvolgere a tal punto nelle vicende dei suoi personaggi che alla fine della serie ci manca solo il cognome Shimogamo e la coda per sentirci parte della grande famiglia che ci viene presentata! Noi umani dovremmo imparare un po' dai tanuki com'è che si vive e forse smetteremmo di imprecare contro le divinità che non ci danno ciò che desideriamo. E chissà, può essere che così la finiremmo anche col sentirci delle divinità noi stessi, onnipotenti e padroni del mondo. Onnipotenti ma con una perenne tensione dentro, che ci spinge a desiderare sempre di più, di più, di più, ed essere infelici, insoddisfatti, incontentabili... A questo punto, nella prossima vita spero di rinascere tanuki!
Dalla mente del creatore di The Tatami Galaxy, Tohimiko Morimi, non poteva non uscire un'opera particolare, originale e di estrema bellezza. Proprio per questo, Uchouten Kazoku era tra le serie più attese della stagione estiva 2013 e, di certo, non ha deluso, quindi si può inserire tra le migliori della stagione.
La serie è un miscuglio di varie leggende giapponesi ambientata a Tokyo, dove vivono insieme tengu, tanuki e umani, spesso in lotta fra loro. La serie narra le vicende di una stramba quanto simpatica famiglia di tanuki, la famiglia Shimogamo, e le loro felici avventure alle prese col mondo che li circonda.
La serie, come ho già detto, è un miscuglio di varie leggende giapponesi. A mio parere, è una serie piena di morali e di valori, che vengono trattati con tale naturalezza che si rivelano sublimi e spettacolari. L'autore di questa serie è un genio assoluto ed è riuscito a sfornare un piccolo capolavoro: la sua dote di narrazione è ottima e, per un piccolo quanto grande fatto legato alla serie, riesce a creare una trama completa, descrivendolo in tutte le sue forme e le sue caratteristiche. E non è mai forzato o pesante, la visione si rivela sempre leggera e lo spettatore non si stanca mai di vedere questa piccola favola. In un qualsiasi altro anime questo avrebbe occupato solo qualche episodio, ma qui abbiamo così tante caratteristiche e spiegazioni che non rimarremo mai sconvolti o perplessi. La trama di Uchouten Kazoku pare così semplice, ma alla fine si rivela tanto complessa per tutte le sue sfaccettature, che all'autore va un'eccellenza per la narrazione, degna di The Tatami Galaxy.
Adesso passiamo a qualcos'altro che caratterizza al meglio la serie: i personaggi. Quest'ultimi non presentano nessun tipo di stereotipo presente, ma si rivelano così tanto originali che a volte le loro azioni si riveleranno allo spettatore una sorpresa, finché quest'ultimo non inquadrerà per bene la serie e ci si abituerà, capendo che alla fine è soltanto l'idiozia, e allo stesso tempo la spensieratezza e un festeggiamento particolare di questi tanuki. Poi troviamo anche personaggi cattivi, assetati di potere, personaggi con un forte carisma, personaggi divertenti e infine anche personaggi misteriosi. Uchouten Kazoku è un mix di personaggi di ogni genere, ma che non presentano nessun stereotipo.
L'animazione si mantiene sempre su un ottimo livello, mentre l'apparato sonoro ci regala un'orecchiabile opening così come una carina ending, e le OST si rivelano sempre adatte alla situazione. Lo stile dei personaggi è abbastanza particolare e combacia al meglio con la serie. Una serie che sfiora l'eccellenza, per la sua sublimità e pregiata bellezza, ma che non la riceve per non aver chiarito qualche punto. Stra-consigliato!
La serie è un miscuglio di varie leggende giapponesi ambientata a Tokyo, dove vivono insieme tengu, tanuki e umani, spesso in lotta fra loro. La serie narra le vicende di una stramba quanto simpatica famiglia di tanuki, la famiglia Shimogamo, e le loro felici avventure alle prese col mondo che li circonda.
La serie, come ho già detto, è un miscuglio di varie leggende giapponesi. A mio parere, è una serie piena di morali e di valori, che vengono trattati con tale naturalezza che si rivelano sublimi e spettacolari. L'autore di questa serie è un genio assoluto ed è riuscito a sfornare un piccolo capolavoro: la sua dote di narrazione è ottima e, per un piccolo quanto grande fatto legato alla serie, riesce a creare una trama completa, descrivendolo in tutte le sue forme e le sue caratteristiche. E non è mai forzato o pesante, la visione si rivela sempre leggera e lo spettatore non si stanca mai di vedere questa piccola favola. In un qualsiasi altro anime questo avrebbe occupato solo qualche episodio, ma qui abbiamo così tante caratteristiche e spiegazioni che non rimarremo mai sconvolti o perplessi. La trama di Uchouten Kazoku pare così semplice, ma alla fine si rivela tanto complessa per tutte le sue sfaccettature, che all'autore va un'eccellenza per la narrazione, degna di The Tatami Galaxy.
Adesso passiamo a qualcos'altro che caratterizza al meglio la serie: i personaggi. Quest'ultimi non presentano nessun tipo di stereotipo presente, ma si rivelano così tanto originali che a volte le loro azioni si riveleranno allo spettatore una sorpresa, finché quest'ultimo non inquadrerà per bene la serie e ci si abituerà, capendo che alla fine è soltanto l'idiozia, e allo stesso tempo la spensieratezza e un festeggiamento particolare di questi tanuki. Poi troviamo anche personaggi cattivi, assetati di potere, personaggi con un forte carisma, personaggi divertenti e infine anche personaggi misteriosi. Uchouten Kazoku è un mix di personaggi di ogni genere, ma che non presentano nessun stereotipo.
L'animazione si mantiene sempre su un ottimo livello, mentre l'apparato sonoro ci regala un'orecchiabile opening così come una carina ending, e le OST si rivelano sempre adatte alla situazione. Lo stile dei personaggi è abbastanza particolare e combacia al meglio con la serie. Una serie che sfiora l'eccellenza, per la sua sublimità e pregiata bellezza, ma che non la riceve per non aver chiarito qualche punto. Stra-consigliato!
"Uchoten Kazoku" è il chiaro esempio di come basti semplicemente una sceneggiatura solida per produrre un anime di gran pregio, senza bisogno di inutili fanservice, ragazzine moe o combattimenti megagalattici. Essendo la trasposizione animata di un romanzo (tra l'altro di Morimi, fra i più eccentrici e geniali scrittori giapponesi contemporanei, paragonabile, a mio avviso, a nomi come Calvino e Queneau), questa serie trova un grande punto di forza nella caratterizzazione dei personaggi e, soprattutto, nei dialoghi, che riescono a reggere intere puntate.
L'anime mette in mostra la doppia anima di Kyoto, metropoli moderna e allo stesso tempo "città dei mille templi", in cui le strade piene di lavoratori del nuovo millennio vengono attraversate da piccoli personaggi tradizionali e mitologici che si confondono tra la folla.
Abbiamo, quindi, una famiglia di allegri tanuki, abili nelle trasformazioni e così tanto ingenui nell'affrontare e accettare le difficoltà delle loro vite. Abbiamo gli umani, col famigerato Club del venerdì, che mangiano i tanuki per tradizione; ad essi si affiancano, infine, i tengu, sovrani dell'aria incredibilmente superbi e permalosi. I tre differenti gruppi si incontrano e si scontrano nelle loro vicende quotidiane, finendo in maniera inevitabile di condizionarsi reciprocamente. Quelle che, infatti, sembrano realtà separate, con l'avanzare della serie diventano rapporti sempre più stretti che culminano, nelle ultime puntate, in un'effettiva trama generale che coinvolge tutti quanti.
È impossibile non lasciarsi trasportare dalla frenetica genialità di Yasaburo, personaggio cardine di tutta la vicenda, o non rimanere ammaliati dal fascino di Benten, che rimarrà una donna ambigua e indecifrabile fino alla fine, malinconica e avida come una famosa Fujiko. Allo stesso modo, sarai commosso dalla storia dolce e triste di Yajiro e dal vecchio professor Akadama, che non riesce ad accettare gli acciacchi dell'età.
La storia prosegue senza difficoltà, lasciandoti sempre con una sensazione di vivace tranquillità, nonostante sia ricca di colpi di scena e inaspettate situazioni angoscianti. Perché in "Uchoten Kazoku" tutti sanno qual è il loro ruolo, tutti si sono ritagliati il loro posto nel mondo. Tutti, tranne Yasaburo, che spezzerà quest'ordine fin troppo noioso e caverà le rane dai pozzi o i vecchi tengu dalle loro stanze polverose; il nostro tanuki riuscirà persino a far breccia nel cuore indurito degli umani, e alla fine forse anche lui saprà trovare la sua strada, che non ha mai potuto vedere fino ad ora, semplicemente voltandosi.
Non parlerò di audio/video, perché, seppur ben organizzati e piacevoli, vengono in secondo (se non in terzo o quarto) piano rispetto al resto. Perché se un anime non risulta noioso nemmeno con una puntata in cui troviamo solo i dialoghi fra tre personaggi, non è di grafica o di musiche che si deve parlare. Seppur meno psicologico e più leggero di "Tatami Galaxy" o meno poetico di "Taiyo no To", "Uchoten Kazoku" si rivela essere un'ulteriore dimostrazione del genio di Morimi, che, con pochi colpi di pennello, riesce a creare un mondo vivace, spassoso e accogliente da cui sarà difficile separarsi.
L'anime mette in mostra la doppia anima di Kyoto, metropoli moderna e allo stesso tempo "città dei mille templi", in cui le strade piene di lavoratori del nuovo millennio vengono attraversate da piccoli personaggi tradizionali e mitologici che si confondono tra la folla.
Abbiamo, quindi, una famiglia di allegri tanuki, abili nelle trasformazioni e così tanto ingenui nell'affrontare e accettare le difficoltà delle loro vite. Abbiamo gli umani, col famigerato Club del venerdì, che mangiano i tanuki per tradizione; ad essi si affiancano, infine, i tengu, sovrani dell'aria incredibilmente superbi e permalosi. I tre differenti gruppi si incontrano e si scontrano nelle loro vicende quotidiane, finendo in maniera inevitabile di condizionarsi reciprocamente. Quelle che, infatti, sembrano realtà separate, con l'avanzare della serie diventano rapporti sempre più stretti che culminano, nelle ultime puntate, in un'effettiva trama generale che coinvolge tutti quanti.
È impossibile non lasciarsi trasportare dalla frenetica genialità di Yasaburo, personaggio cardine di tutta la vicenda, o non rimanere ammaliati dal fascino di Benten, che rimarrà una donna ambigua e indecifrabile fino alla fine, malinconica e avida come una famosa Fujiko. Allo stesso modo, sarai commosso dalla storia dolce e triste di Yajiro e dal vecchio professor Akadama, che non riesce ad accettare gli acciacchi dell'età.
La storia prosegue senza difficoltà, lasciandoti sempre con una sensazione di vivace tranquillità, nonostante sia ricca di colpi di scena e inaspettate situazioni angoscianti. Perché in "Uchoten Kazoku" tutti sanno qual è il loro ruolo, tutti si sono ritagliati il loro posto nel mondo. Tutti, tranne Yasaburo, che spezzerà quest'ordine fin troppo noioso e caverà le rane dai pozzi o i vecchi tengu dalle loro stanze polverose; il nostro tanuki riuscirà persino a far breccia nel cuore indurito degli umani, e alla fine forse anche lui saprà trovare la sua strada, che non ha mai potuto vedere fino ad ora, semplicemente voltandosi.
Non parlerò di audio/video, perché, seppur ben organizzati e piacevoli, vengono in secondo (se non in terzo o quarto) piano rispetto al resto. Perché se un anime non risulta noioso nemmeno con una puntata in cui troviamo solo i dialoghi fra tre personaggi, non è di grafica o di musiche che si deve parlare. Seppur meno psicologico e più leggero di "Tatami Galaxy" o meno poetico di "Taiyo no To", "Uchoten Kazoku" si rivela essere un'ulteriore dimostrazione del genio di Morimi, che, con pochi colpi di pennello, riesce a creare un mondo vivace, spassoso e accogliente da cui sarà difficile separarsi.
Iniziamo dicendo che questa è una di quelle serie che deve essere vista, abbastanza particolare, ma non troppo, con personaggi ben strutturati e una storia di fondo ben strutturata. Inoltre posso dire di aver cominciato questa serie verso le nove di sera, non riuscendo a bloccare la visione e terminando il tutto verso le sei del mattino.
Il mondo di questa serie è un mondo basato su leggende giapponesi, dove tanuki e tengu fanno parte della società vivendo di nascosto tra la gente comune. Saranno proprio i tanuki il fulcro centrale di tutto, nello specifico le storie di una famiglia composta da quattro figli e una madre; anche il padre, nonostante la sua prematura dipartita, sarà un perno fondamentale nello svolgimento della storia. Il personaggio principale che seguiremo durante la narrazione sarà Yasaburou Shimogamo, il terzogenito della strana famiglia, uno strano tanuki che ammira i tengu e ama confondersi tra gli umani, il perfetto portatore di quello che sarà spesso identificato con il "sangue degli idioti".
La narrazione prosegue spesso in modo lento, introducendo i vari personaggi e permettendoci di studiarne la psicologia; questa sarà spesso illogica, ma ad un certo punto arriverà sempre la stessa "tiritera" a farci ricordare qualcosa di importante: il sangue degli idioti è qualcosa che fa parte dei tanuki, quelli che noi abbiamo di fronte non sono esseri umani, quindi comprenderne i sentimenti e la logica è impossibile per un umano, ma è altrettanto vero il contrario, un tanuki non capirà mai a pieno un umano... ma allora un umano può capire un altro umano? Il personaggio più misterioso di tutti sarà infatti un'umana, Benten: lo spettatore si chiederà spesso se lei in realtà non sia veramente un tengu o addirittura una divinità superiore, in quanto le sue azioni saranno spesso criptiche, la sofferenza in lei sarà spesso palpabile e a volte mostrata chiaramente, ma mai chiarita, neanche con la fine della serie, che non sembrerebbe neanche necessitare di un seguito, quindi il dubbio rimarrà. Si tratta di egoismo, pazzia, ricerca di identità, di un luogo a cui appartenere, da cui scappare? Le domande su questo personaggio potrebbero continuare oltre, e anche se proprio questo suo alone di mistero l'ha resa il miglior personaggio della serie, la mancanza di risposte anche parziali dà non poco fastidio.
La serie, per quanto sia etichettata come commedia, andrebbe comunque identificata come psicologica, con una svolta addirittura drammatica ad un certo punto, tanto da far immaginare verso metà serie allo spettatore il peggiore dei finali possibili, ovvero che il sangue degli idioti porti all'estremo sacrificio.
Musiche e sottofondi sono davvero belle, e anche gli sfondi faranno spesso restare a bocca aperta; i personaggi appariranno invece disegnati in maniera molto semplice, ma saranno comunque abbastanza piacevoli una volta fatta l'abitudine, fatta eccezione per le orecchie: ho perso il conto di quante volte il mio occhio si è fermato ad osservare quella macchia rosa senza nessun senso!
In conclusione, una delle migliori serie della stagione passata, non rivoluzionaria, ma con un mondo realizzato davvero molto bene, una trama solida nonostante ragionamenti a volte illogici e difficili da capire, e la voglia di vedere sempre l'episodio successivo.
Il mondo di questa serie è un mondo basato su leggende giapponesi, dove tanuki e tengu fanno parte della società vivendo di nascosto tra la gente comune. Saranno proprio i tanuki il fulcro centrale di tutto, nello specifico le storie di una famiglia composta da quattro figli e una madre; anche il padre, nonostante la sua prematura dipartita, sarà un perno fondamentale nello svolgimento della storia. Il personaggio principale che seguiremo durante la narrazione sarà Yasaburou Shimogamo, il terzogenito della strana famiglia, uno strano tanuki che ammira i tengu e ama confondersi tra gli umani, il perfetto portatore di quello che sarà spesso identificato con il "sangue degli idioti".
La narrazione prosegue spesso in modo lento, introducendo i vari personaggi e permettendoci di studiarne la psicologia; questa sarà spesso illogica, ma ad un certo punto arriverà sempre la stessa "tiritera" a farci ricordare qualcosa di importante: il sangue degli idioti è qualcosa che fa parte dei tanuki, quelli che noi abbiamo di fronte non sono esseri umani, quindi comprenderne i sentimenti e la logica è impossibile per un umano, ma è altrettanto vero il contrario, un tanuki non capirà mai a pieno un umano... ma allora un umano può capire un altro umano? Il personaggio più misterioso di tutti sarà infatti un'umana, Benten: lo spettatore si chiederà spesso se lei in realtà non sia veramente un tengu o addirittura una divinità superiore, in quanto le sue azioni saranno spesso criptiche, la sofferenza in lei sarà spesso palpabile e a volte mostrata chiaramente, ma mai chiarita, neanche con la fine della serie, che non sembrerebbe neanche necessitare di un seguito, quindi il dubbio rimarrà. Si tratta di egoismo, pazzia, ricerca di identità, di un luogo a cui appartenere, da cui scappare? Le domande su questo personaggio potrebbero continuare oltre, e anche se proprio questo suo alone di mistero l'ha resa il miglior personaggio della serie, la mancanza di risposte anche parziali dà non poco fastidio.
La serie, per quanto sia etichettata come commedia, andrebbe comunque identificata come psicologica, con una svolta addirittura drammatica ad un certo punto, tanto da far immaginare verso metà serie allo spettatore il peggiore dei finali possibili, ovvero che il sangue degli idioti porti all'estremo sacrificio.
Musiche e sottofondi sono davvero belle, e anche gli sfondi faranno spesso restare a bocca aperta; i personaggi appariranno invece disegnati in maniera molto semplice, ma saranno comunque abbastanza piacevoli una volta fatta l'abitudine, fatta eccezione per le orecchie: ho perso il conto di quante volte il mio occhio si è fermato ad osservare quella macchia rosa senza nessun senso!
In conclusione, una delle migliori serie della stagione passata, non rivoluzionaria, ma con un mondo realizzato davvero molto bene, una trama solida nonostante ragionamenti a volte illogici e difficili da capire, e la voglia di vedere sempre l'episodio successivo.
"Uchouten Kazoku" è un anime strano, folle, divertente, ma che dà anche ottimi spunti di riflessione.
Seguiamo nella storia le avventure di una famiglia di tanuki, creature del folklore nipponico in grado di trasformarsi in qualsiasi cosa. I personaggi innanzitutto sono ben caratterizzati: ognuno di loro ha ereditato una caratteristica del padre e, pur avendo ereditato una caratteristica, non sono per niente stereotipati. Il protagonista è Yasaburo, il quale è spensierato, prende tutto alla leggera, ma dà una grande lezione: non si limita a sopravvivere nella paura di essere cucinato dal Club del Venerdì, ma vive e cerca di rendere la sua vita interessante. I suoi fratelli sono Yaichiro, pacato e responsabile, Yashiro, piccolo e innocente, Yajiro, scansafatiche e... scansafatiche! Il personaggio che fa più volte rimanere con dei dubbi è Benten: tutti la amano (anche io) e non si sa perché, è un essere umano ma vola come un tengu, e in un episodio è presa da un' inspiegabile malinconia. Dimenticavo, oltre ai tanuki in questa splendida Kyoto convivono anche esseri umani e tengu (uomini-uccello).
Questo anime non annoia, perché sa divertire oltre che con le gag anche con i ragionamenti al massimo della spensieratezza di Yasaburo. Sa anche commuovere con la storia sempre arricchita di nuovi dettagli della morte di Soichiro Shimogamo. Sa persino far riflettere e incantare con le frasi finali di ogni episodio che ti invogliano a vederne subito un'altro!
Per quanto riguarda il comparto grafico, i personaggi sono disegnati con uno stile semplice che a un primo impatto può sembrare trascurato; Kyoto invece è resa benissimo, gli sfondi infatti sono fatti molto bene.
Detto ciò, "Uchouten Kazoku" è un'anime da vedere assolutamente, perché porta qualcosa di nuovo e perché vi farà provare le più disparate emozioni.
Seguiamo nella storia le avventure di una famiglia di tanuki, creature del folklore nipponico in grado di trasformarsi in qualsiasi cosa. I personaggi innanzitutto sono ben caratterizzati: ognuno di loro ha ereditato una caratteristica del padre e, pur avendo ereditato una caratteristica, non sono per niente stereotipati. Il protagonista è Yasaburo, il quale è spensierato, prende tutto alla leggera, ma dà una grande lezione: non si limita a sopravvivere nella paura di essere cucinato dal Club del Venerdì, ma vive e cerca di rendere la sua vita interessante. I suoi fratelli sono Yaichiro, pacato e responsabile, Yashiro, piccolo e innocente, Yajiro, scansafatiche e... scansafatiche! Il personaggio che fa più volte rimanere con dei dubbi è Benten: tutti la amano (anche io) e non si sa perché, è un essere umano ma vola come un tengu, e in un episodio è presa da un' inspiegabile malinconia. Dimenticavo, oltre ai tanuki in questa splendida Kyoto convivono anche esseri umani e tengu (uomini-uccello).
Questo anime non annoia, perché sa divertire oltre che con le gag anche con i ragionamenti al massimo della spensieratezza di Yasaburo. Sa anche commuovere con la storia sempre arricchita di nuovi dettagli della morte di Soichiro Shimogamo. Sa persino far riflettere e incantare con le frasi finali di ogni episodio che ti invogliano a vederne subito un'altro!
Per quanto riguarda il comparto grafico, i personaggi sono disegnati con uno stile semplice che a un primo impatto può sembrare trascurato; Kyoto invece è resa benissimo, gli sfondi infatti sono fatti molto bene.
Detto ciò, "Uchouten Kazoku" è un'anime da vedere assolutamente, perché porta qualcosa di nuovo e perché vi farà provare le più disparate emozioni.
"Uchoten Kazoku", The Eccentric Family, è una serie di tredici episodi andata in onda per la stagione estiva 2013, tratta dalla novel di Tomihiko Morimi, anche scrittore del famoso The Tatami Galaxy (da me non ancora visionato).
Come da titolo l'anime è incentrato su una famiglia tutta particolare, gli Shimogamo, dei tanuki che amano prendere la vita con leggerezza e spensieratezza, chi più chi meno. Affronteremo insieme a loro la quotidianità, i problemi, i dolori e le gioie dell'essere un tanuki.
Ma cosa sono questi tanuki? Pescati dal folclore giapponese, sono dei "cani-procione" che possono mutare forma in tutto quello che vogliono. Questa storia ci insegna che bisogna avere una certa calma per mantenere la trasformazione, altrimenti... puff! Ecco che ritornano delle palle di pelo. Non ci saranno solo i tanuki a tenerci compagnia, ma anche i tengu, ovvero degli "uomini-uccello", e gli esseri umani. Le vicende sono ambientate nella città di Kyoto.
Tutto in quest'anime, dai colori alle atmosfere, dai personaggi ai discorsi che intercorrono, sono pittoreschi e folcloristici. I personaggi sono il punto forte dell'opera: tutti sono caratterizzati a dovere e questo li rende indispensabili e insostituibili, a partire dal protagonista Yasaburou (il terzogenito), eccentrico e anticonformista, sempre alla ricerca di qualcosa di interessante per evadere dalla monotonia. Proseguendo con il primogenito Yaichirou, serio e pragmatico, ogni volta pronto ad andare in aiuto della famiglia; e poi l'ultimogenito, il piccolo Yashirou, timido e pauroso ma con tanta voglia di crescere. In tutto questo non può mancare lei: Haha, la madre di questi scapestrati tanuki. Ci sarebbero molti altri personaggi da elencare, ma lascio a voi il piacere di scoprirli!
"Il sangue degli idioti scorre dentro di loro" sarà solito dire Yasaburou, e lo si mostrerà in diverse occasioni, regalandoci divertenti gag, scontri impressionanti e discorsi un po' insoliti. Tra questi discorsi ci sarà spazio anche per riflessioni serie e accattivanti, per quanto una in particolare lascerà molti turbati; chi seguirà l'anime con accuratezza capirà sicuramente a quale mi riferisco. Personalmente non mi capacito di come si possa accostare l'amore verso un animale al mangiarlo, per me questo non sta né in cielo né in terra, poi se l'animale parla... figuriamoci! È come se avessi mangiato il mio coniglio con cui ho convissuto per sei anni, e lui non parlava!
Un'altra cosa che non mi spiego è come possano i personaggi, uno in particolare, continuare a relazionarsi pacificamente e in apparenza privi di ogni astio con "quella donna", per quanto capiremo poi che anche lei ha dei sentimenti e rimpianti. Intorno ad essa infatti aleggerà sempre un'aura di mistero, e ancora, pur conclusosi l'anime, non la comprendo affatto!
A parte questi piccoli screzi, il tutto proseguirà in maniera mirabolante, con tante avventure rocambolesche e interessanti. Il finale è sicuramente un degno epilogo.
La grafica è ottima, fluida e ricca, come a contrastare il chara molto semplice ed essenziale.
Le soundtrack si adattano benissimo al contesto e all'ambientazione dell'opera. L'opening, "Uchouten Jinsei", è energica ed è cantata dai Milktubì; la ending di contro è più malinconica e si intitola "Que Sera, Sera", cantata dai Fhána.
In conclusione, Uchouten Kazoku è un'opera semplice, che riesce comunque a regalare forti emozioni, commovente in certi frangenti, esilarante in altri. Inoltre l'ho trovata discretamente originale, una ventata d'aria fresca insomma.
La consiglio vivamente a tutti e la promuovo con un bell'8 per l'ottimo e piacevole intrattenimento che mi ha fornito.
Come da titolo l'anime è incentrato su una famiglia tutta particolare, gli Shimogamo, dei tanuki che amano prendere la vita con leggerezza e spensieratezza, chi più chi meno. Affronteremo insieme a loro la quotidianità, i problemi, i dolori e le gioie dell'essere un tanuki.
Ma cosa sono questi tanuki? Pescati dal folclore giapponese, sono dei "cani-procione" che possono mutare forma in tutto quello che vogliono. Questa storia ci insegna che bisogna avere una certa calma per mantenere la trasformazione, altrimenti... puff! Ecco che ritornano delle palle di pelo. Non ci saranno solo i tanuki a tenerci compagnia, ma anche i tengu, ovvero degli "uomini-uccello", e gli esseri umani. Le vicende sono ambientate nella città di Kyoto.
Tutto in quest'anime, dai colori alle atmosfere, dai personaggi ai discorsi che intercorrono, sono pittoreschi e folcloristici. I personaggi sono il punto forte dell'opera: tutti sono caratterizzati a dovere e questo li rende indispensabili e insostituibili, a partire dal protagonista Yasaburou (il terzogenito), eccentrico e anticonformista, sempre alla ricerca di qualcosa di interessante per evadere dalla monotonia. Proseguendo con il primogenito Yaichirou, serio e pragmatico, ogni volta pronto ad andare in aiuto della famiglia; e poi l'ultimogenito, il piccolo Yashirou, timido e pauroso ma con tanta voglia di crescere. In tutto questo non può mancare lei: Haha, la madre di questi scapestrati tanuki. Ci sarebbero molti altri personaggi da elencare, ma lascio a voi il piacere di scoprirli!
"Il sangue degli idioti scorre dentro di loro" sarà solito dire Yasaburou, e lo si mostrerà in diverse occasioni, regalandoci divertenti gag, scontri impressionanti e discorsi un po' insoliti. Tra questi discorsi ci sarà spazio anche per riflessioni serie e accattivanti, per quanto una in particolare lascerà molti turbati; chi seguirà l'anime con accuratezza capirà sicuramente a quale mi riferisco. Personalmente non mi capacito di come si possa accostare l'amore verso un animale al mangiarlo, per me questo non sta né in cielo né in terra, poi se l'animale parla... figuriamoci! È come se avessi mangiato il mio coniglio con cui ho convissuto per sei anni, e lui non parlava!
Un'altra cosa che non mi spiego è come possano i personaggi, uno in particolare, continuare a relazionarsi pacificamente e in apparenza privi di ogni astio con "quella donna", per quanto capiremo poi che anche lei ha dei sentimenti e rimpianti. Intorno ad essa infatti aleggerà sempre un'aura di mistero, e ancora, pur conclusosi l'anime, non la comprendo affatto!
A parte questi piccoli screzi, il tutto proseguirà in maniera mirabolante, con tante avventure rocambolesche e interessanti. Il finale è sicuramente un degno epilogo.
La grafica è ottima, fluida e ricca, come a contrastare il chara molto semplice ed essenziale.
Le soundtrack si adattano benissimo al contesto e all'ambientazione dell'opera. L'opening, "Uchouten Jinsei", è energica ed è cantata dai Milktubì; la ending di contro è più malinconica e si intitola "Que Sera, Sera", cantata dai Fhána.
In conclusione, Uchouten Kazoku è un'opera semplice, che riesce comunque a regalare forti emozioni, commovente in certi frangenti, esilarante in altri. Inoltre l'ho trovata discretamente originale, una ventata d'aria fresca insomma.
La consiglio vivamente a tutti e la promuovo con un bell'8 per l'ottimo e piacevole intrattenimento che mi ha fornito.
In mezzo alle diverse serie della stagione estiva, ve n'è una che spicca su tutte le altre per originalità e freschezza. Si tratta, come avrete capito, di "Uchoten Kazoku".
L'anime segue le vicende quotidiane di un giovane tanuki, Yasaburo, terzogenito della famiglia Shimogamo. Non esiste, almeno fino alle ultime puntate, una vera trama, ma particolare attenzione viene data al rapporto tra il protagonista e gli altri personaggi: l'ambigua Benten, l'altezzoso maestro, l'amorevole madre, i tre fratelli, l'odioso e ambizioso Soun Ebisugawa, i suoi due figli e la misteriosa Kaisei. Questi i componenti principali di un cast composto da tengu, umani e tanuki, che si muovono sullo sfondo di una Kyoto insieme reale e fantastica.
Pur non essendoci una vera e propria trama, sono presenti dei temi che sottintendono tutto l'anime: la famiglia, le tradizioni, la delicata convivenza tra tengu, umani e tanuki e, infine, la morte, nella sua doppia valenza di morte dei propri cari e di minaccia costante alla propria vita.
La serie si muove intorno a questi temi con una gran varietà di toni: si passa dallo spensierato al tragico, dal comico al serio, dall'allegro al malinconico, senza mai cadere nel melodrammatico o ricorrere a forzature, restituendo quelli che sono i colori della quotidianità.
In conclusione, pur non trattandosi di un capolavoro, "Uchoten Kazoku" è una serie d'incredibile freschezza, una visione piacevole come poche, capace di far sorridere come di commuovere, di far provare empatia verso certi personaggi e odiarne altri. È un invito a vivere con spensieratezza, concentrandosi sulle piccole gioie che l'oggi ci potrà dare, senza preoccuparci troppo del domani. È una ventata d'aria fresca in mezzo a un panorama, quello dell'animazione giapponese, che tende sempre più a riproporre gli stessi temi e generi.
Voto 8,5, alzato a nove per i motivi sopra esposti.
L'anime segue le vicende quotidiane di un giovane tanuki, Yasaburo, terzogenito della famiglia Shimogamo. Non esiste, almeno fino alle ultime puntate, una vera trama, ma particolare attenzione viene data al rapporto tra il protagonista e gli altri personaggi: l'ambigua Benten, l'altezzoso maestro, l'amorevole madre, i tre fratelli, l'odioso e ambizioso Soun Ebisugawa, i suoi due figli e la misteriosa Kaisei. Questi i componenti principali di un cast composto da tengu, umani e tanuki, che si muovono sullo sfondo di una Kyoto insieme reale e fantastica.
Pur non essendoci una vera e propria trama, sono presenti dei temi che sottintendono tutto l'anime: la famiglia, le tradizioni, la delicata convivenza tra tengu, umani e tanuki e, infine, la morte, nella sua doppia valenza di morte dei propri cari e di minaccia costante alla propria vita.
La serie si muove intorno a questi temi con una gran varietà di toni: si passa dallo spensierato al tragico, dal comico al serio, dall'allegro al malinconico, senza mai cadere nel melodrammatico o ricorrere a forzature, restituendo quelli che sono i colori della quotidianità.
In conclusione, pur non trattandosi di un capolavoro, "Uchoten Kazoku" è una serie d'incredibile freschezza, una visione piacevole come poche, capace di far sorridere come di commuovere, di far provare empatia verso certi personaggi e odiarne altri. È un invito a vivere con spensieratezza, concentrandosi sulle piccole gioie che l'oggi ci potrà dare, senza preoccuparci troppo del domani. È una ventata d'aria fresca in mezzo a un panorama, quello dell'animazione giapponese, che tende sempre più a riproporre gli stessi temi e generi.
Voto 8,5, alzato a nove per i motivi sopra esposti.
Piacevolissima e inattesa speranza nel desolante panorama dell'animazione contemporanea, "Uchōten Kazoku" nasce dalla talentuosa penna del già celebre Tomihiko Morimi, scrittore di "Yojōhan Shinwa Taikei", poi trasposto nell'eccentrico e brillante "The Tatami Galaxy".
Vi sono rare opere che sanno evocare la quotidianità, col tedio che l'attraversa e le sue piccole soddisfazioni, e "Uchōten Kazoku" ci riesce, con squisita delicatezza e dolce malinconia, facendo vivere la mondanità della Kyoto contemporanea sulla scena. In questo luogo prende vita il folklore nipponico e tanuki, tengu e uomini camminano gli uni a fianco agli altri, per quanto questi ultimi siano, al contempo, inconsapevoli di ciò eppure incomparabilmente superiori agli altri (sebbene di ciò non si dia una ragione né un significato), impenetrabili ai loro pensieri e destinati ad essere solo ammirati e null'altro.
Proprio con i piccoli occhi dei tanuki si vedrà la vicenda, punto d'osservazione di questo universo. Questo permette d'istituire l'analogia che fa della vita di Yasaburō, primo protagonista dell'opera, il parallelo dell'umanità dispersa nella quotidianità, tutta intenta ad affogarsi nel divertissement e, infine, a scampare al pensiero della propria morte.
Proprio la distruzione della vita incombe come un monito costante sull'esistenza dei tanuki, col rischio annuale d'essere divorati dagli umani nelle loro ricorrenze, inconcepibili nella loro distanza dai tanuki, i quali ultimi non possono che seguitare la loro vita dimenticando tale minaccia, ossessionandosi sulla quale anzi non potrebbero affatto vivere.
Questa lettura mitica della contemporaneità s'incentrerà sulla famiglia Shimogamo e i suoi piccoli ma essenziali dilemmi, allargandosi a seguire le conflittualità proprie delle maglie sociali nelle quali è imbrigliata.
Nondimeno lo sguardo talvolta si solleva e precisamente nel contatto con l'umanità, nell'incontro col predatore e con la possibilità ultima della propria distruzione, dove la sicurezza della quotidianità sembra scuotersi e dalla rottura dell'inautenticità emerge la riflessione sulla morte. Neanche questa viene portata ai suoi limiti estremi e la speculazione resta sospesa con lievità nell'ambiguità. In questo modo, muovendosi sul bordo sottile di una quotidianità che è sempre sul punto di squarciarsi, "Uchōten Kazoku" viene accompagnato da un'insopprimibile istanza tragica sempre più impellente, che, ahimè, sfuma sino a dissiparsi nella chiusura, con l'inappropriata e inattesa svolta spensierata che la serie prende nell'avvicinarsi all'epilogo.
Nonostante tale grave caduta, l'opera merita non pochi elogi, dalla calibratissima sceneggiatura alla finissima regia, in un mosaico d'emozioni tenui ma non flebili, che sa muovere a commozione senza scadere nel patetismo, costituendo un'immensa allegoria dove l'umanità vede con gli occhi dei tanuki e nel loro rapporto con l'umanità in scena le possibilità della propria esistenza e della fuga dall'orrore della noia e dal pensiero della propria morte, il tutto letto secondo la prospettiva dei piccoli tanuki.
In tutto questo v'è Benten, la più affascinante figura della vicenda, la cui presenza è giocata nei grandi silenzi e il cui impenetrabile dubbio non riceve mai soluzione, donde cagiona il suo irresistibile magnetismo. Emblema dell'insaziabile avidità, irraggiungibile e mortale oggetto del desiderio di Yasaburō, primo e ultimo dilemma per lo spettatore, il suo utilizzo nell'opera è talmente efficace da risultare insufficiente e indebita una sua trattazione in questa sede.
In conclusione, siamo accompagnati in tali visione da scenari dalla bellezza estasiante e dalla cura impeccabile, che guidano lo spettatore tra spazi urbani e vedute naturali di Kyoto, sui quali si stagliano le sagome minimamente sbozzate dei personaggi, felice giustapposizione capace d'esaltare ancor più sfondi ed ambienti.
"Uchōten Kazoku" è un'opera lodevole, che sa osare entro i severi limiti imposti dal grande pubblico senza sconfinare nello sperimentalismo da quest'ultimo tanto esecrato, una piccola speranza nei tempi terribili che l'animazione vive, una visione dell'unico rimedio per sopportare l'esistenza, la spensieratezza della quotidianità, e trovare in essa la felicità, fasulla o meno che sia.
Vi sono rare opere che sanno evocare la quotidianità, col tedio che l'attraversa e le sue piccole soddisfazioni, e "Uchōten Kazoku" ci riesce, con squisita delicatezza e dolce malinconia, facendo vivere la mondanità della Kyoto contemporanea sulla scena. In questo luogo prende vita il folklore nipponico e tanuki, tengu e uomini camminano gli uni a fianco agli altri, per quanto questi ultimi siano, al contempo, inconsapevoli di ciò eppure incomparabilmente superiori agli altri (sebbene di ciò non si dia una ragione né un significato), impenetrabili ai loro pensieri e destinati ad essere solo ammirati e null'altro.
Proprio con i piccoli occhi dei tanuki si vedrà la vicenda, punto d'osservazione di questo universo. Questo permette d'istituire l'analogia che fa della vita di Yasaburō, primo protagonista dell'opera, il parallelo dell'umanità dispersa nella quotidianità, tutta intenta ad affogarsi nel divertissement e, infine, a scampare al pensiero della propria morte.
Proprio la distruzione della vita incombe come un monito costante sull'esistenza dei tanuki, col rischio annuale d'essere divorati dagli umani nelle loro ricorrenze, inconcepibili nella loro distanza dai tanuki, i quali ultimi non possono che seguitare la loro vita dimenticando tale minaccia, ossessionandosi sulla quale anzi non potrebbero affatto vivere.
Questa lettura mitica della contemporaneità s'incentrerà sulla famiglia Shimogamo e i suoi piccoli ma essenziali dilemmi, allargandosi a seguire le conflittualità proprie delle maglie sociali nelle quali è imbrigliata.
Nondimeno lo sguardo talvolta si solleva e precisamente nel contatto con l'umanità, nell'incontro col predatore e con la possibilità ultima della propria distruzione, dove la sicurezza della quotidianità sembra scuotersi e dalla rottura dell'inautenticità emerge la riflessione sulla morte. Neanche questa viene portata ai suoi limiti estremi e la speculazione resta sospesa con lievità nell'ambiguità. In questo modo, muovendosi sul bordo sottile di una quotidianità che è sempre sul punto di squarciarsi, "Uchōten Kazoku" viene accompagnato da un'insopprimibile istanza tragica sempre più impellente, che, ahimè, sfuma sino a dissiparsi nella chiusura, con l'inappropriata e inattesa svolta spensierata che la serie prende nell'avvicinarsi all'epilogo.
Nonostante tale grave caduta, l'opera merita non pochi elogi, dalla calibratissima sceneggiatura alla finissima regia, in un mosaico d'emozioni tenui ma non flebili, che sa muovere a commozione senza scadere nel patetismo, costituendo un'immensa allegoria dove l'umanità vede con gli occhi dei tanuki e nel loro rapporto con l'umanità in scena le possibilità della propria esistenza e della fuga dall'orrore della noia e dal pensiero della propria morte, il tutto letto secondo la prospettiva dei piccoli tanuki.
In tutto questo v'è Benten, la più affascinante figura della vicenda, la cui presenza è giocata nei grandi silenzi e il cui impenetrabile dubbio non riceve mai soluzione, donde cagiona il suo irresistibile magnetismo. Emblema dell'insaziabile avidità, irraggiungibile e mortale oggetto del desiderio di Yasaburō, primo e ultimo dilemma per lo spettatore, il suo utilizzo nell'opera è talmente efficace da risultare insufficiente e indebita una sua trattazione in questa sede.
In conclusione, siamo accompagnati in tali visione da scenari dalla bellezza estasiante e dalla cura impeccabile, che guidano lo spettatore tra spazi urbani e vedute naturali di Kyoto, sui quali si stagliano le sagome minimamente sbozzate dei personaggi, felice giustapposizione capace d'esaltare ancor più sfondi ed ambienti.
"Uchōten Kazoku" è un'opera lodevole, che sa osare entro i severi limiti imposti dal grande pubblico senza sconfinare nello sperimentalismo da quest'ultimo tanto esecrato, una piccola speranza nei tempi terribili che l'animazione vive, una visione dell'unico rimedio per sopportare l'esistenza, la spensieratezza della quotidianità, e trovare in essa la felicità, fasulla o meno che sia.