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OFDJ

Episodi visti: 12/12 --- Voto 7,5
“Vorrei che Itsuomi mi portasse nel suo mondo. Vorrei conoscerlo e farmi conoscere. Tuttavia, vorrei che ancora non si accorgesse di quanto scomoda sia la mano che stringe...”

Nel fare questa recensione vorrei partire da una premessa: se ci si approccia alla visione di "A Sign of Affection" con l'aspettativa di vedere uno shoujo dinamico, con una trama articolata e personaggi con una caratterizzazione complessa, si rimarrà certamente delusi.
La serie, tratta da un manga scritto e disegnato da Suu Morishita, non è nemmeno un’opera incentrata sul tema della disabilità in senso stretto o un’opera con elementi di denuncia o di critica sociale (se non molto velatamente), pertanto le problematiche connesse alla disabilità, pur essendo in un qualche modo rappresentate, rimangono sullo sfondo, non assumendo mai un ruolo di primo piano.

Allora, considerato che stiamo parlando di uno shoujo romantico/slice of life in piena regola, quale ulteriore prospettiva può offrire quest’opera rispetto ad altre del suo genere?
Cominciamo innanzitutto dai protagonisti.

Yuki è una ragazza universitaria di diciannove anni non udente dalla nascita. Nonostante le difficoltà quotidiane che derivano dalla sua condizione, sembra convivere con la sua disabilità con una certa normalità, in una sorta di “comfort zone” creata grazie all’affetto e alla protezione dei familiari e degli amici più cari, tra i quali in particolare Rin e Oshi (l’amico d’infanzia segretamente innamorato di lei).
Yuki non sembra aver subito particolari traumi legati alla sua condizione, quali episodi di bullismo, emarginazione, esclusione dalla vita sociale o scolastica; ciò ha contribuito a rendere la sua personalità semplice, docile e lineare. Tuttavia, il mondo silenzioso e ovattato di Yuki appare troppo ristretto, piatto, privo di orizzonti e slanci emotivi, almeno fino a quando non incontra Itsuomi. L’incontro con Itsuomi costringe Yuki ad uscire dalla sua “comfort zone” e a confrontarsi con nuovi sentimenti, nuovi stimoli e nuove difficoltà. Itsuomi diventerà ben presto la sua finestra su un mondo sconosciuto e pieno di attrattive, di fronte al quale Yuki non si tirerà indietro, anzi, si metterà coraggiosamente in gioco, aprendo il suo cuore quasi con incosciente determinazione e rivelando la sua autenticità e forza d’animo.

Itsuomi, a differenza della stragrande maggioranza dei personaggi maschili che popolano il mondo anime e manga, è un ragazzo solido, consapevole, estroverso, schietto e pragmatico (finalmente...). L’aver vissuto in Europa e l’aver viaggiato per il mondo hanno influenzato la sua personalità, rendendola più libera dai condizionamenti tipici della cultura giapponese. Itsuomi, infatti, non è particolarmente formale, non ha quel senso del pudore tipico dei suoi connazionali, non ha difficoltà con il contatto fisico, non teme di mostrare le proprie emozioni. Inoltre, considera la “diversità” fonte di conoscenza e arricchimento personale. È innegabile, Itsuomi è un gran ‘figo’, ma la ragione del suo carisma non è soltanto legata alla sua avvenenza o alla sua popolarità, ma piuttosto alle sue esperienze cosmopolite, e in particolare al fatto di avere sperimentato sulla propria pelle (avendo vissuto da bambino all’estero) le difficoltà di non riuscire a comunicare con gli altri, di sentirsi diverso ed escluso. Esperienze che lo hanno portato a comprendere il valore dell'accoglienza e dell'integrazione. Itsuomi è dunque aperto, inclusivo, privo di pregiudizi, e ciò gli permette di approcciarsi a Yuki con naturalezza (senza alcuna forma di commiserazione), non in quanto ragazza “non udente”, ma in quanto persona. Nel mondo di Itsuomi, senza barriere e confini mentali, la comunicazione delle proprie emozioni supera il limite dell’assenza di suono e si arricchisce di significati più profondi.

Ciò che Yuki e Itsuomi sperimentano insieme è un linguaggio universale fatto di gesti, di sguardi, di attenzioni, di rispetto reciproci, di desiderio di conoscere il mondo dell’altro e, soprattutto, di fiducia che si costruisce gradualmente insieme. Tutto questo diventa il vero fulcro della serie, supportata da un ottimo comparto tecnico capace di trascinare lo spettatore in un mondo senza suoni, ma ricco di sensazioni vivide, quasi tangibili, enfatizzate dalle espressioni facciali, dal movimento delle labbra, dai dettagliati movimenti delle mani che diventano parole nella lingua dei segni.
Anche le scelte cromatiche, con la presenza di colori tenui, morbidi, che creano atmosfere avvolgenti, sono straordinariamente efficaci; colori che diventano con l’avanzare degli episodi sempre più luminosi, caldi e ricchi di sfumature, proprio come lo diventa la vita di Yuki.

Nella relazione che nasce tra Itsuomi e Yuki non c’è spazio né speranza per Oshi, con il quale, ovviamente, è naturale empatizzare. Oshi, pur avendo tutte le qualità (anche fisiche) che una ragazza possa desiderare, appartiene al più classico stereotipo delle rom-com giapponesi (con tutti i clichè del caso): irrimediabilmente introverso, insicuro e immaturo. Innamorato di Yuki da sempre (senza mai esporsi), impara alla perfezione la lingua dei segni fondamentalmente per proteggerla (e un po' egoisticamente per rimanere il suo unico punto di riferimento), ma il suo approccio rimane sempre “escludente”.
Ed è questo atteggiamento che mette Oshi fuori gioco da subito: lui vorrebbe proteggerla tenendola nel suo guscio, Itsuomi, invece, cerca di proteggerla spronandola ad uscirne.

La serie ha, tuttavia, anche i suoi limiti: il poco spazio e approfondimento dei personaggi secondari, le soluzioni sbrigative con le quali vengono gestite alcune dinamiche relazionali e una trama un po' troppo lineare.

In conclusione: pur raccontando una storia molto romantica, con un ritmo lento e delicato (se vogliamo anche un po’ edulcorato), l’opera riesce a veicolare un suo messaggio, certamente ottimistico, ma mi auguro non utopico e senza speranza.
Nel complesso, pur non essendo un capolavoro, ne consiglio la visione agli amanti del genere.


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Fuspata

Episodi visti: 12/12 --- Voto 9,5
Le vicende di quest'opera narrano la toccante storia della diciannovenne Yuki, ragazza sorda dalla nascita, che incontra, andando in università, Itsumi, bellissimo e stravagante ragazzo di ventidue anni. Nasce tra loro un sentimento che va oltre il semplice amore, la ricerca di "entrare" totalmente nel mondo dell'altro.
Non mancano amici e amiche, anche loro alle prese con situazioni sentimentali che fanno da contorno alla storia principale.

Ho trovato questo anime delicato, candido e molto toccante, soprattutto perché mostra il mondo di chi, come la protagonista, non può sentire, e tutte le difficoltà che ne derivano. Poi Yuki è, penso, il personaggio anime/manga tra i più dolci e puri mai creati.

Tecnicamente è realizzato davvero bene, con menzione particolare per volti e mani. Negli occhi di Yuki ci si può perdere da quanto son belli.

Personalmente, lo trovo un lavoro che consiglio con tutto il cuore, vi lascerà sereni e felici.


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Kondo

Episodi visti: 12/12 --- Voto 5
Aspettavo da tanto questa serie. Sono infatti molto sensibile alla tematica della disabilità, solitamente a parlare di queste cose si vince facile con me, perché mi toccano molto emotivamente, e invece...

Sinossi
Yuki è una graziosa ragazza universitaria sorda dalla nascita. Casualmente incontra Itsumi, un bellissimo ragazzo suo collega di università, ed è colpo di fulmine immediato per entrambi

Per prima cosa, fughiamo un possibile frainteso che ho avuto io e potrebbero avere tanti altri: non c’entra assolutamente niente con “A Silent Voice”, film che ho apprezzato davvero tanto.
A leggere il tema e guardare il character design della protagonista, infatti, viene subito in mente quel film (stessi capelli, corporatura, apparecchio acustico, dolcezza), tuttavia non c'è alcun nesso tra le due opere, le similitudini si fermano qui, e in quanto a livello di profondità di trama, personaggi, realismo, atmosfere siamo lontani anni luce.

Personaggi
Yuki è una dolce, dolcissima, diabeticamente dolce ragazza sorda.
Essere sorda è la sua unica particolarità, poiché tolto questo è una ragazza a dir poco insignificante. Mai una volta che esprima una frase o un concetto profondo, originale o maturo. Mai. Non ha passioni, interessi, capacità o ambizioni particolari. Intellettivamente e culturalmente è terra terra. È un’adulta, fa l’università, eppure i suoi pensieri sono da bambina, basic che più basic non si può. Ah, però li esprime col linguaggio dei segni, che dolce! Kawaii!
Parliamoci chiaro: se non godesse a piene mani della benevolenza della disabilità, la considereremmo una nullità ‘pucciosa’ senza alcun tipo di interesse.

Itsumi rappresenta la personificazione del concetto metafisico di principe azzurro. Un adone apollineo di una bellezza abbagliante, virile, lineamenti perfetti, mascellone, occhi azzurri, fisico scultoreo, alto, colto, sicuro di sé, carismatico, gentile, paziente. Conosce tre lingue, viaggia continuamente per il mondo, aperto a tutte le culture. Inoltre, considerando l’appartamento lussuoso che ha e i continui viaggi che si può permettere di fare, è anche ricco. Ha tutte le ragazze ai suoi piedi, sia giapponesi che straniere, ma chissà perché non si è mai messo con nessuna. Itsumi non è un essere umano, è l’incarnazione di un ideale di perfezione assoluta e, in quanto tale, personalmente, lo trovo irrealistico e insopportabile.

Ma tant’è, questi sono i due protagonisti della nostra storia e dobbiamo accettarlo.

Esistono personaggi secondari ai quali viene dato un po’ di spazio: Rin, Kyoya, Ema e Shin. Hanno una discreta caratterizzazione, meglio dei protagonisti sicuramente, ma niente di eclatante.
L’unico che spicca sugli altri e che sembra un personaggio vero è Oshi: è un amico di infanzia di Yuki (di cui ovviamente è innamorato), è scostante, tsundere, e infastidito da Itsumi.
Lui è l’unico personaggio scritto bene della serie: umano, imperfetto, non amalgamato al contesto zuccheroso dell’anime. Peccato che gli si dia pochissimo spazio.

Attenzione: la parte seguente contiene spoiler

Storia
La storia di “A Sign of Affection” è di una dolcezza smielata ai limiti del sostenibile, una sorta di favola idilliaca senza ombre ambientata nei giorni nostri.

Il grande problema della trama è che non c’è mai, nemmeno all’inizio, la benché minima posta in gioco. I protagonisti si innamorano sin da subito, all’episodio 1. La cosa è assolutamente evidente, non lascia adito a dubbi. Fossimo nella realtà, sospetteremmo che Itsumi se la voglia solo portare a letto, ma, visto che è uno shoujo, allora siamo certi che si è proprio innamorato a prima vista di lei (così de botto, senza senso).

Itsumi, da ‘gigachad’ ultra-sicuro dei propri mezzi qual è, non ha nessun tipo di problema a fare e disfare tutto a comodo suo, a invitare Yuki a casa sua, a toccarla, a farsi avanti, e i due si mettono ben presto insieme. Tutto fila liscio come l’olio, senza che niente si frapponga tra di loro.
Non solo questo accade tra i protagonisti ma persino tra i secondari: anche loro presto o tardi si mettono insieme senza problemi di sorta. Qua tutte le linee romantiche predefinite sono facilmente corrisposte. Fanservice a manetta.
La comparsa degli pseudo-antagonisti (Oshi e Ema) non fornisce neanche temporaneamente una posta in gioco, poiché mai, nemmeno per un secondo, fanno sorgere il dubbio nello spettatore di avere chance. Sconfitti in partenza senza appello. Ema poi è ridicola: ci era stata presentata come innamorata pazza di Itsumi da anni, aveva ‘friendzonato’ da sempre Shin, poi viene a sapere che Itsumi si è fidanzato e, invece di mettersi di traverso, provare a prendersi il suo amore, cosa fa? Niente. Accetta la cosa, pazienza, e si mette con Shin, come se nulla fosse. Veramente un buonismo rivoltante.

Attenzione: fossimo nella vita vera, sarebbe la cosa più bella del mondo! Non c’è niente di meglio di due persone che si amano, si mettono assieme, zero ostacoli, e passano insieme le proprie giornate in armonia a farsi le coccole a vicenda senza mai alcun problema fino a cent’anni. Sarebbe una storia d’amore bellissima (per loro due), ma a farci un film o un anime verrebbe fuori una roba inguardabile di una noia mortale (per noi spettatori). Insomma, verrebbe fuori “A Sign of Affection”.

A questo punto mi parte il neurone cinico e comincio a pormi una domanda scomoda:
[cinismo mode on]
Cosa diavolo ci trova Itsumi in Yuki?
Mentre lui è una specie di Dio in terra perfetto in tutto, Yuki è una ragazza insignificante che non fa altro che arrossire, sospirare, imbarazzarsi, dire banalità infantili e tirarsi indietro quando Itsumi la tocca o prova a darle un bacetto in pubblico (persino dopo che si sono messi insieme). I suoi pensieri sono da scuola elementare.
No, sul serio, Yuki cos’ha da offrirgli? Itsumi mette sul piatto della bilancia tutto, qualunque virtù una ragazza possa mai desiderare da un uomo, e lei invece cosa mette sul piatto? Il fatto di essere dolce e moderatamente carina? Sai quante altre ragazze dolci e carine (anche più di lei) gli vanno dietro e spasimano per lui. Perchè proprio Yuki?
Itsumi è un ‘gigachad’ che, girando il mondo, ha fatto esperienze di tutti i generi, che può avere letteralmente qualunque ragazza desideri (e di ben altro livello: colte, belle, artiste, interessanti), ma le ha sempre misteriosamente rifiutate tutte, uno come lui ha per forza di cose degli standard stratosferici, e l’unica che lo fa capitolare è un’ameba?
Ma per favore.
È roba da favola per bambini, inverosimile al massimo.
[cinismo mode off]

Come detto, l’unico personaggio degno è Oshi. Partendo dalle poche informazioni che ci sono giunte finora, ho provato a immaginare la trama dal suo punto di vista, come se fosse stato lui il protagonista.
Oshi è innamorato di Yuki da sempre, sin da quando erano bambini, è il suo primo amore. Ha imparato il linguaggio dei segni per lei, a modo suo per proteggerla. Ogni volta che lei è in difficoltà, lui interviene per aiutarla, ma appunto a modo suo, col suo fare tsundere, a volte senza che lei se ne renda conto, come fanno i veri eroi dei romance. Non le si è mai dichiarato, ma ancora ci spera, le ha dato nel corso del tempo dei segnali, dei messaggi, sperando che lei li cogliesse, si è illuso che poco a poco lei stia cominciando a “vederlo” e aspetta il momento giusto per farsi avanti... immaginatelo, lo avete visto tantissime volte protagonista in tante altre romcom ed eravate tutti a tifare per lui... ma in questo caso va diversamente, perché all’improvviso arriva dal nulla un mega ‘figone’, Itsumi, che senza alcuno sforzo e con un solo sguardo fa cadere Yuki ai suoi piedi. Da lì in poi lei ha occhi solo per il ‘figone’, Oshi ormai la riesce a vedere solo casualmente, di rado da lontano, mentre passeggia col ‘figone’ o entra a casa sua, e quando finalmente riesce a scambiarci due parole, lei gli parla solo di quanto meraviglioso sia il ‘figone’. A un certo punto il ‘figone’ gli si avvicina e con un misto di indulgenza e compassione gli fa: “Non riesco a odiarti, perché non diventiamo amici?”. Che è un modo diverso per dire: “Non ti allontano, perché non ti ritengo minimamente una minaccia, mi fai solo pena. Perché non ti arrendi, ti sottometti a me e fai da amico zerbino?”. Mi dispiace un sacco per lui.
Avessero raccontato la storia (anche) dal punto di vista realistico e umano di Oshi, sarebbe stata interessante. Invece la storia narrata è quella da favola ideale di una neo-Cenerentola che incontra il principe azzurro perfetto, e vissero tutti felici e contenti.
Noia a palate.

Disabilità
Come detto, è un tema che mi sta molto a cuore, tuttavia in questa serie non mi è piaciuto il modo in cui è stato trattato. Yuki è sorda, ma questa sua disabilità pare non le arrechi fondamentalmente nessun problema nella vita di tutti i giorni, a parte il fatto di dover comunicare scrivendo messaggi su cellulare/cartelli (come se fosse una novella Komi).
Yuki sembra vivere in un mondo idilliaco in cui la disabilità è una condizione come un’altra che di fatto non comporta nessun problema sociale (sarebbe bello se la realtà fosse così, ma sappiamo che, purtroppo, non lo è). Nessuno le dimostra ostilità o insofferenza, nessuno la prende in giro o la esclude, né i conoscenti né gli estranei, tutti sono immensamente pazienti e gentili con lei e si prestano senza alcuna esitazione o fastidio a venirle incontro.
A un certo punto sembrava nascere finalmente un problema: non riusciva a trovare lavoro. “Finalmente!”, ho pensato. Quella poteva essere un’occasione per mostrare le difficoltà che possono incontrare i disabili, tuttavia è stata completamente banalizzata e depotenziata come tematica: innanzitutto perché nella ricerca del lavoro non c’era nessuna ansia o fretta, quello era giusto un suo sfizio e non una necessità impellente (vive mantenuta da sua madre, il lavoro era solo un modo per mettere da parte qualche soldo per farsi una vacanza), dunque in fondo, se non lo trovava, chissene; secondariamente, se ne accenna giusto qualche volta di sfuggita e poi con scioltezza lo trova, fine del finto-problema.
La disabilità alla fine della fiera sembra solo un modo per rendere Yuki kawaii, giusto un pretesto iniziale che non è stato per niente approfondito né trattato con la verosimiglianza e la serietà che avrebbe meritato.

Il comparto tecnico è di livello, i disegni sono belli e anche le sigle.
Il contorno insomma è sicuramente ottimo, ma è proprio la trama che non è interessante.
Sono rimasto francamente deluso e, se uscisse una seconda stagione, non credo che la vedrò.