Yurikuma Arashi
Nella stagione invernale del 2015 va in onda il tanto atteso “Yuri Kuma Arashi”, anime di dodici episodi prodotto dallo studio Silver Link. La serie è ideata e diretta dal celeberrimo Kunihiko Ikuhara, già regista de “La Rivoluzione di Utena” e “Mawaru Penguindrum”.
L’opera è ambientata in un mondo in cui, in seguito all’esplosione del pianeta Kumaria, gli orsi hanno incominciato a attaccare gli umani e viceversa. Proprio per questo è stato costruito il “Muro dell’estinzione”, in modo da separare le bestie dagli uomini. Protagoniste della storia sono Ginko Yurishiro e Lulu Yurigasaki, due orse che hanno assunto l’aspetto di due ragazze per rintracciare Kureha Tsubaki.
Una delle tante critiche che è stata rivolta all’anime in questione è il suo intento volutamente e palesemente commerciale, che tanto si discosta dall’essenza delle altre opere del regista. In effetti la presenza del genere yuri, che si impone ferocemente con non poche scene di fanservice ecchi, funge da buon attrattore per le masse, unitamente a molti elementi furry (tra orsi mignon e abbigliamenti succinti dotati di zampette e orecchie il divertimento è assicurato). Se poi aggiungiamo uno dei nomi più famosi ed eccentrici all’interno del panorama dell’animazione giapponese, il trinomio risulta sicuramente vincente (binomio nel caso della sottoscritta, da buona amante del genere shoujo-ai ed estimatrice dell’ottimo “Mawaru Penguindrum”).
Tuttavia, se rimuoviamo tutto questo apparato “superficiale”, che cerca di accaparrarsi l’attenzione del pubblico con ammiccamenti e situazioni piccanti, quello che rimane non è proprio poco. “Yuri Kuma Arashi”, a mio parere, presenta una trama interessante e sufficientemente coinvolgente, capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo con i suoi numerosi misteri. Questi ultimi, d’altro canto, non sono certo nuovi in casa Ikuhara: nell’opera qui analizzata, però, risultano meno criptici di quanto lo fossero in “Mawaru Penguindrum”. Tale aspetto è stato considerato da molti una debolezza, mentre io trovo che i simbolismi leggermente più comprensibili e le molte spiegazioni abbiano reso la visione del prodotto molto più leggera e fruibile.
L’elemento che più ho apprezzato della serie, comunque, è rappresentato dalle molte tematiche affrontate. A dire il vero, l’argomento principale è uno solo, il più semplice e puro di tutti. Anche se già trattato in precedenza, attraverso nuove e originali vesti il regista riesce a trasmettere forte e chiaro il suo messaggio. Ecco dunque che l’amore si presenta in diverse varianti, in cui ogni personaggio può identificarsi: il sentimento geloso ed egoistico, quello che si limita a un mero desiderio sessuale (in cui gli orsi, dunque, svolgono al meglio il proprio compito), quello disinteressato di un fratello, di una madre o di un’amica. L’amore diventa il mezzo per eccellenza con il quale superare l’emarginazione e la solitudine, con il quale abbattere le divisioni e le ingiuste regole sociali; in quest’ottica i vari personaggi (protagonista in particolare) capiranno che per amare il prossimo è opportuno accettare la diversità dell’altro ed essere pronti a cambiare per chi ci sta davvero a cuore.
Altra nota positiva di cui l’opera dovrebbe andare fiera è il comparto visivo. Il character design è molto semplice ma gradevole, mentre i disegni e le animazioni mantengono una buona qualità per tutta la durata della serie. Gli sfondi alternano le tecniche digitali più innovative a quelle tradizionali più sobrie e pacate. Menzione d’onore va sicuramente ai colori usati: le variopinte divise di Kureha, Ginko e Lulu, unitamente alle tonalità utilizzate per i capelli e per altri elementi di contorno, offrono una visione estremamente piacevole per gli occhi. Da ricordare, a questo proposito, i candidi toni pastello del libro illustrato o le cartoline presenti nelle varie versioni della ending. Quest’ultima, rimanendo in tema, è a accompagnata da una canzone fresca e ballabile, ma è sicuramente l’opening a fare la parte del leone: un connubio di dolcezza e sensualità, tra strofe sussurrate e cascate di miele. A chiudere in bellezza una regia per nulla banale che, molti sapranno, non disdegna la ripetizione delle stesse scene (medesima cosa vale per la sceneggiatura, per colpa della quale non dimenticherete più l’espressione “shabadadu”).
Tirando le somme, nelle premesse e nelle prime battute “Yuri Kuma Arashi” appare come un anime commerciale e nulla più. Ma è scavando più a lungo e più a fondo che si riescono a scovare le sue non poche qualità, tra cui delle tematiche dolci e semplici presentate in una veste originale ed efficace. Eccentrico ma allo stesso tempo delicato, oltre che un tripudio di colori. Voto: 8.
L’opera è ambientata in un mondo in cui, in seguito all’esplosione del pianeta Kumaria, gli orsi hanno incominciato a attaccare gli umani e viceversa. Proprio per questo è stato costruito il “Muro dell’estinzione”, in modo da separare le bestie dagli uomini. Protagoniste della storia sono Ginko Yurishiro e Lulu Yurigasaki, due orse che hanno assunto l’aspetto di due ragazze per rintracciare Kureha Tsubaki.
Una delle tante critiche che è stata rivolta all’anime in questione è il suo intento volutamente e palesemente commerciale, che tanto si discosta dall’essenza delle altre opere del regista. In effetti la presenza del genere yuri, che si impone ferocemente con non poche scene di fanservice ecchi, funge da buon attrattore per le masse, unitamente a molti elementi furry (tra orsi mignon e abbigliamenti succinti dotati di zampette e orecchie il divertimento è assicurato). Se poi aggiungiamo uno dei nomi più famosi ed eccentrici all’interno del panorama dell’animazione giapponese, il trinomio risulta sicuramente vincente (binomio nel caso della sottoscritta, da buona amante del genere shoujo-ai ed estimatrice dell’ottimo “Mawaru Penguindrum”).
Tuttavia, se rimuoviamo tutto questo apparato “superficiale”, che cerca di accaparrarsi l’attenzione del pubblico con ammiccamenti e situazioni piccanti, quello che rimane non è proprio poco. “Yuri Kuma Arashi”, a mio parere, presenta una trama interessante e sufficientemente coinvolgente, capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo con i suoi numerosi misteri. Questi ultimi, d’altro canto, non sono certo nuovi in casa Ikuhara: nell’opera qui analizzata, però, risultano meno criptici di quanto lo fossero in “Mawaru Penguindrum”. Tale aspetto è stato considerato da molti una debolezza, mentre io trovo che i simbolismi leggermente più comprensibili e le molte spiegazioni abbiano reso la visione del prodotto molto più leggera e fruibile.
L’elemento che più ho apprezzato della serie, comunque, è rappresentato dalle molte tematiche affrontate. A dire il vero, l’argomento principale è uno solo, il più semplice e puro di tutti. Anche se già trattato in precedenza, attraverso nuove e originali vesti il regista riesce a trasmettere forte e chiaro il suo messaggio. Ecco dunque che l’amore si presenta in diverse varianti, in cui ogni personaggio può identificarsi: il sentimento geloso ed egoistico, quello che si limita a un mero desiderio sessuale (in cui gli orsi, dunque, svolgono al meglio il proprio compito), quello disinteressato di un fratello, di una madre o di un’amica. L’amore diventa il mezzo per eccellenza con il quale superare l’emarginazione e la solitudine, con il quale abbattere le divisioni e le ingiuste regole sociali; in quest’ottica i vari personaggi (protagonista in particolare) capiranno che per amare il prossimo è opportuno accettare la diversità dell’altro ed essere pronti a cambiare per chi ci sta davvero a cuore.
Altra nota positiva di cui l’opera dovrebbe andare fiera è il comparto visivo. Il character design è molto semplice ma gradevole, mentre i disegni e le animazioni mantengono una buona qualità per tutta la durata della serie. Gli sfondi alternano le tecniche digitali più innovative a quelle tradizionali più sobrie e pacate. Menzione d’onore va sicuramente ai colori usati: le variopinte divise di Kureha, Ginko e Lulu, unitamente alle tonalità utilizzate per i capelli e per altri elementi di contorno, offrono una visione estremamente piacevole per gli occhi. Da ricordare, a questo proposito, i candidi toni pastello del libro illustrato o le cartoline presenti nelle varie versioni della ending. Quest’ultima, rimanendo in tema, è a accompagnata da una canzone fresca e ballabile, ma è sicuramente l’opening a fare la parte del leone: un connubio di dolcezza e sensualità, tra strofe sussurrate e cascate di miele. A chiudere in bellezza una regia per nulla banale che, molti sapranno, non disdegna la ripetizione delle stesse scene (medesima cosa vale per la sceneggiatura, per colpa della quale non dimenticherete più l’espressione “shabadadu”).
Tirando le somme, nelle premesse e nelle prime battute “Yuri Kuma Arashi” appare come un anime commerciale e nulla più. Ma è scavando più a lungo e più a fondo che si riescono a scovare le sue non poche qualità, tra cui delle tematiche dolci e semplici presentate in una veste originale ed efficace. Eccentrico ma allo stesso tempo delicato, oltre che un tripudio di colori. Voto: 8.
Kunihiko Ikuhara è senz'altro uno dei più talentuosi registi del panorama dell'animazione giapponese. Dopo aver diretto perle come “La rivoluzione di Utena” e “Mawaru Penguindrum”, era lecito aspettarsi che la sua successiva opera sarebbe stata attesa con impazienza da tutti i cultori dell'animazione giapponese di qualità. Tuttavia, con grande rammarico, bisogna constatare che sfortunatamente qualcosa è andato storto, e questo “Yuri Kuma Arashi” non è affatto al livello delle precedenti produzioni del regista.
Ora, prima di iniziare la disamina dell'opera, credo sia meglio fare una piccola premessa: Ikuhara è uno di quegli artisti che fanno larghissimo uso del simbolismo (visivo e non), e questo, oltre a dare al suo stile un aspetto alquanto complesso e più difficilmente accessibile, porta naturalmente lo spettatore a cercare il significato intrinseco di ogni possibile metafora o sfumatura.
Questo può essere senza dubbio positivo, specialmente se si amano le opere ricercate, ma può rappresentare un problema se le cose non vengono fatte nella maniera più appropriata (come spiegherò in seguito). Ma ora è meglio parlare dell'ambientazione.
Nel mondo di “Yuri Kuma Arashi” esistono due specie senzienti: gli esseri umani e gli orsi (in realtà all'apparenza teneri orsacchiotti o individui ibridi dal corpo umano con appendici e orecchie da orso). Questi ultimi sono diventati un pericolo per l'umanità in seguito a un determinato evento, e si sono messi a “mangiare le persone”. A causa di ciò, fra il mondo degli uomini e il mondo degli orsi è stato costruito un muro, il muro dell'estinzione, per tenere separate le due specie.
La quasi totalità dell'opera è ambientata nella scuola, o nei pressi della stessa, frequentata dalla protagonista Tsubaki Kureha (apparentemente una scuola totalmente femminile, o addirittura un mondo totalmente femminile). Attorno alla protagonista inizieranno a muoversi degli eventi, la misteriosa “tempesta invisibile”, dove agiranno sia esseri umani sia orsi che hanno acquisito la forma umana dopo aver superato il muro dell'estinzione.
Come già visto in altre opere di Ikuhara, in quest'anime verranno dati spazi ad atti più o meno espliciti di omosessualità femminile. E, come visto in altre opere di Ikuhara, il regista utilizzerà l'omosessualità femminile per parlare marginalmente dell'omosessualità femminile. So che può sembrare una contraddizione, ma la forte presenza di elementi di forma fallica la dice abbastanza lunga, e di conseguenza le tematiche amoroso/relazionali trattate risultano abbastanza universali. Ma queste sono trivialità, il vero problema è la quantità: se da un lato Ikuhara ha sempre utilizzato tale elemento, va purtroppo ammesso che in questo caso c'è stato un vero e proprio abuso. Ciò è ampiamente riscontrabile nei primi episodi, dove si assiste anche a eccessi che sarebbero più consoni all'ennesimo ecchi-fotocopia di stagione con lo 0% di fantasia. Purtroppo, l'unico motivo che posso ritenere valido per giustificare tali scelte è quello di tentare di attirare una certa parte di pubblico alla propria opera, ovvero un fine prettamente commerciale. E questo spiega anche il ridimensionamento di tale compagine dopo le prime battute.
Nonostante questo, l'opera presenta una certa continuità con i temi cari a Ikuhara. Per esempio viene trattata l'emarginazione, cosa già vista in “Mawaru Penguindrum”; oppure viene trattata la tematica della crescita e della maturazione interiore, elemento già visto in “Utena”. Il problema è il modo in cui vengono trattati: in “Mawaru Penguindrum” veniva fatta, in modo simbolico, una finissima disamina della società giapponese e della modalità di emarginazione in tale società. Questo rendeva l'opera di difficile comprensione per i non giapponesi o i non affini alla cultura orientale (anche per via dei riferimenti storici come quelli alla setta dell'Aum Shinrikyo e del famoso attentato alla metropolitana di Tokyo), tuttavia il contesto estremamente preciso permetteva di trattare tali tematiche in modo brillante. Purtroppo in “Yuri Kuma Arashi” non vi è che una minima frazione di tale perizia, e il forte simbolismo dell'opera va a sostenere delle tematiche trattate in maniera alquanto superficiale, risultando fin troppo spesso fine a sé stesso.
Discorso simile si potrebbe fare per gli elementi di affinità con “Utena” (ve ne sono più di quanti ne immaginiate, come per esempio la struttura scolastica al centro degli avvenimenti), presenti anche con vaghi riferimenti a personaggi di tale opera (che però risultano abbastanza scialbi).
Se “Yuri Kuma Arashi” non è originale nelle tematiche, tenta almeno di esserlo nell'impremeditazione delle stesse e nelle sfumature utilizzate. Come ho già accennato, Orsi e Umani sono due razze inconciliabili e in aperta lotta fra di loro, e questo è il primo elemento dove si possono riscontrare riferimenti a tematiche più complesse. Gli umani sono individui caratterizzati da una forte coesione sociale e da un conformismo pressoché totale (qui sta il riferimento alla società giapponese), mentre gli orsi sono creature estremamente istintive, volubili e spinte dalle proprie passioni (per voler semplificare sino a sfiorare il limite della banalizzazione, si può dire che sono “individui eccentrici”). Una sorta di “apollineo” e “dionisiaco”, per dirla in termini nietzschiani.
E, proprio come tali termini, il messaggio dell'autore è che convergenza e convivenza di tali componenti porterebbe a un miglioramento da ambo le parti.
Questo viaggia in parallelo a una disamina dell'elemento “amore” in virtù di tali aspetti, che possono essere visti come facce opposte della stessa medaglia: gli umani razionalizzano e, se necessario, rinnegano in ottica della stabilità e del bene comune, mentre gli orsi tendono a idealizzare e a vivere le emozioni appieno, con il rischio di divenire schiavi delle proprie pulsioni e consumare l'oggetto della propria passione, “divorandolo”. Attraverso questi opposti, si assisterà a una trattazione della tematica amorosa perennemente in bilico fra le due posizioni estreme, che rischiano di portare inesorabilmente a una condizione arida per l'autentico e genuino sentimento.
E qui si inserisce la già accennata “tempesta invisibile”, che tende ad essere una sintesi di ciò che è caro al regista. Essa somma la crescita individuale, dove tale “tempesta” rappresenta uno degli ostacoli, e la possibile emarginazione, in quanto la tempesta viene subita, attraverso il “processo di esclusione”, da coloro che non si conformano alla società.
Sulla carta tutto ciò sembra essere interessante. Ma il problema è che, come ho già detto, l'approfondimento di tali posizioni lascia un po' a desiderare, tanto che Ikuhara si concede più volte il ricorso a degli “spiegoni” per far quadrare tutto (fra l'altro alcuni di essi inutili, in quanto le posizioni del regista sarebbero state comprensibili con un minimo sforzo d'acume: verrebbe quasi da dire che c'era una scarsa fiducia nelle capacità analitiche del possibile spettatore).
Purtroppo, oltre alla superficialità, assistiamo anche a una certa ridondanza degli elementi sopracitati, come se si tentasse di dare profondità attraverso la reiterazione. Il che, ovviamente, ha poco senso.
Quindi ci troviamo di fronte a un anime che propone e ripropone le solite tematiche care al regista, senza però andare oltre o dire di più di ciò che è già stato detto in passato (anzi... da questo punto di vista l'opera è alquanto trascurabile).
E ora veniamo alla struttura dell'opera, sicuramente la componente più interessante. Il fulcro della narrazione è sicuramente Tsubaki Kureha, ma Ikuhara ha deciso di non dipanare la sua storia in modo lineare, utilizzando diversi salti narrativi di natura temporale al fine di mettere le rivelazioni giuste al punto giusto. I flashback sono molto frequenti e, oltre al proverbiale utilizzo per approfondire i vari personaggi, servono anche a delineare i fatti precedenti alla storia per aumentarne la comprensione. Per questo una buona parte di essi è associata a Sumika, una grandissima amica della protagonista che, a causa di certi eventi, apparirà nell'opera prevalentemente tramite i rimandi al passato. Le varie storie viaggiano fondamentalmente in parallelo per tutta l'opera, con in aggiunta un'altra riguardante la madre di Kureha e il rapporto con il “muro dell'estinzione”.
Queste varie linee si intersecano con la storia principale, dove viene costruito il rapporto fra l'umana Kureha e le orse Ginko e Lulu, con diversi personaggi a corredo. Vi è anche un elemento vagamente “fiabesco”, correlato alla natura dell'ambientazione dell'opera e finalizzato a mostrare il fine ultimo delle decisioni intraprese dalle protagoniste.
Nonostante l'apparente complessità della struttura, va ammesso che la trama viene percepita in maniera abbastanza chiara e completa, permettendo allo spettatore di poterla recepire chiaramente.
Interessante l'episodio finale, decisamente il più intenso dell'intera opera, che in qualche modo ripaga lo spettatore per la fiducia data nonostante i primi episodi.
E ora, prima di tirare le somme, due parole sul comparto tecnico. Come di frequente nelle opere di Ikuhara, gli sfondi e le sezioni statiche sono di buon livello, anche perché spesso e volentieri accompagnano la spinta simbolistica del regista. Il character design invece è decisamente poco vario, e nemmeno le animazioni fanno gridare al miracolo (più per quantità che per qualità).
Le sigle non colpiscono, e il comparto audio si limita alla funzionalità.
A chi consigliare quest'opera? Agli estimatori di Ikuhara? Difficile, in quanto c'è il serio rischio di rimanere delusi dal divario con le sue opere precedenti. A coloro che vogliono approcciarsi al regista? Anche qui si pone un problema, visto che partire dall'opera qualitativamente inferiore è forse il modo peggiore per conoscerlo (ma, ovviamente, se si apprezza qualcosa di quest'opera, allora gli altri lavori del regista saranno una goduria).
“Yuri Kuma Arashi” è difficile da collocare, e ne consiglio la visione solo a chi nutre qualche interesse nelle tematiche trattate (ribadendo però che ci sono opere migliori) o a chi cerca qualcosa di diverso ma non troppo impegnato (questo grazie ai soli dodici episodi).
Purtroppo questa volta Ikuhara ci ha dato un'opera al di sotto delle sue aspettative. C'è da sperare che i suoi prossimi lavori mostrino un'ispirazione migliore.
Questo sì che sarebbe sexy.
Shaba-da-du.
Ora, prima di iniziare la disamina dell'opera, credo sia meglio fare una piccola premessa: Ikuhara è uno di quegli artisti che fanno larghissimo uso del simbolismo (visivo e non), e questo, oltre a dare al suo stile un aspetto alquanto complesso e più difficilmente accessibile, porta naturalmente lo spettatore a cercare il significato intrinseco di ogni possibile metafora o sfumatura.
Questo può essere senza dubbio positivo, specialmente se si amano le opere ricercate, ma può rappresentare un problema se le cose non vengono fatte nella maniera più appropriata (come spiegherò in seguito). Ma ora è meglio parlare dell'ambientazione.
Nel mondo di “Yuri Kuma Arashi” esistono due specie senzienti: gli esseri umani e gli orsi (in realtà all'apparenza teneri orsacchiotti o individui ibridi dal corpo umano con appendici e orecchie da orso). Questi ultimi sono diventati un pericolo per l'umanità in seguito a un determinato evento, e si sono messi a “mangiare le persone”. A causa di ciò, fra il mondo degli uomini e il mondo degli orsi è stato costruito un muro, il muro dell'estinzione, per tenere separate le due specie.
La quasi totalità dell'opera è ambientata nella scuola, o nei pressi della stessa, frequentata dalla protagonista Tsubaki Kureha (apparentemente una scuola totalmente femminile, o addirittura un mondo totalmente femminile). Attorno alla protagonista inizieranno a muoversi degli eventi, la misteriosa “tempesta invisibile”, dove agiranno sia esseri umani sia orsi che hanno acquisito la forma umana dopo aver superato il muro dell'estinzione.
Come già visto in altre opere di Ikuhara, in quest'anime verranno dati spazi ad atti più o meno espliciti di omosessualità femminile. E, come visto in altre opere di Ikuhara, il regista utilizzerà l'omosessualità femminile per parlare marginalmente dell'omosessualità femminile. So che può sembrare una contraddizione, ma la forte presenza di elementi di forma fallica la dice abbastanza lunga, e di conseguenza le tematiche amoroso/relazionali trattate risultano abbastanza universali. Ma queste sono trivialità, il vero problema è la quantità: se da un lato Ikuhara ha sempre utilizzato tale elemento, va purtroppo ammesso che in questo caso c'è stato un vero e proprio abuso. Ciò è ampiamente riscontrabile nei primi episodi, dove si assiste anche a eccessi che sarebbero più consoni all'ennesimo ecchi-fotocopia di stagione con lo 0% di fantasia. Purtroppo, l'unico motivo che posso ritenere valido per giustificare tali scelte è quello di tentare di attirare una certa parte di pubblico alla propria opera, ovvero un fine prettamente commerciale. E questo spiega anche il ridimensionamento di tale compagine dopo le prime battute.
Nonostante questo, l'opera presenta una certa continuità con i temi cari a Ikuhara. Per esempio viene trattata l'emarginazione, cosa già vista in “Mawaru Penguindrum”; oppure viene trattata la tematica della crescita e della maturazione interiore, elemento già visto in “Utena”. Il problema è il modo in cui vengono trattati: in “Mawaru Penguindrum” veniva fatta, in modo simbolico, una finissima disamina della società giapponese e della modalità di emarginazione in tale società. Questo rendeva l'opera di difficile comprensione per i non giapponesi o i non affini alla cultura orientale (anche per via dei riferimenti storici come quelli alla setta dell'Aum Shinrikyo e del famoso attentato alla metropolitana di Tokyo), tuttavia il contesto estremamente preciso permetteva di trattare tali tematiche in modo brillante. Purtroppo in “Yuri Kuma Arashi” non vi è che una minima frazione di tale perizia, e il forte simbolismo dell'opera va a sostenere delle tematiche trattate in maniera alquanto superficiale, risultando fin troppo spesso fine a sé stesso.
Discorso simile si potrebbe fare per gli elementi di affinità con “Utena” (ve ne sono più di quanti ne immaginiate, come per esempio la struttura scolastica al centro degli avvenimenti), presenti anche con vaghi riferimenti a personaggi di tale opera (che però risultano abbastanza scialbi).
Se “Yuri Kuma Arashi” non è originale nelle tematiche, tenta almeno di esserlo nell'impremeditazione delle stesse e nelle sfumature utilizzate. Come ho già accennato, Orsi e Umani sono due razze inconciliabili e in aperta lotta fra di loro, e questo è il primo elemento dove si possono riscontrare riferimenti a tematiche più complesse. Gli umani sono individui caratterizzati da una forte coesione sociale e da un conformismo pressoché totale (qui sta il riferimento alla società giapponese), mentre gli orsi sono creature estremamente istintive, volubili e spinte dalle proprie passioni (per voler semplificare sino a sfiorare il limite della banalizzazione, si può dire che sono “individui eccentrici”). Una sorta di “apollineo” e “dionisiaco”, per dirla in termini nietzschiani.
E, proprio come tali termini, il messaggio dell'autore è che convergenza e convivenza di tali componenti porterebbe a un miglioramento da ambo le parti.
Questo viaggia in parallelo a una disamina dell'elemento “amore” in virtù di tali aspetti, che possono essere visti come facce opposte della stessa medaglia: gli umani razionalizzano e, se necessario, rinnegano in ottica della stabilità e del bene comune, mentre gli orsi tendono a idealizzare e a vivere le emozioni appieno, con il rischio di divenire schiavi delle proprie pulsioni e consumare l'oggetto della propria passione, “divorandolo”. Attraverso questi opposti, si assisterà a una trattazione della tematica amorosa perennemente in bilico fra le due posizioni estreme, che rischiano di portare inesorabilmente a una condizione arida per l'autentico e genuino sentimento.
E qui si inserisce la già accennata “tempesta invisibile”, che tende ad essere una sintesi di ciò che è caro al regista. Essa somma la crescita individuale, dove tale “tempesta” rappresenta uno degli ostacoli, e la possibile emarginazione, in quanto la tempesta viene subita, attraverso il “processo di esclusione”, da coloro che non si conformano alla società.
Sulla carta tutto ciò sembra essere interessante. Ma il problema è che, come ho già detto, l'approfondimento di tali posizioni lascia un po' a desiderare, tanto che Ikuhara si concede più volte il ricorso a degli “spiegoni” per far quadrare tutto (fra l'altro alcuni di essi inutili, in quanto le posizioni del regista sarebbero state comprensibili con un minimo sforzo d'acume: verrebbe quasi da dire che c'era una scarsa fiducia nelle capacità analitiche del possibile spettatore).
Purtroppo, oltre alla superficialità, assistiamo anche a una certa ridondanza degli elementi sopracitati, come se si tentasse di dare profondità attraverso la reiterazione. Il che, ovviamente, ha poco senso.
Quindi ci troviamo di fronte a un anime che propone e ripropone le solite tematiche care al regista, senza però andare oltre o dire di più di ciò che è già stato detto in passato (anzi... da questo punto di vista l'opera è alquanto trascurabile).
E ora veniamo alla struttura dell'opera, sicuramente la componente più interessante. Il fulcro della narrazione è sicuramente Tsubaki Kureha, ma Ikuhara ha deciso di non dipanare la sua storia in modo lineare, utilizzando diversi salti narrativi di natura temporale al fine di mettere le rivelazioni giuste al punto giusto. I flashback sono molto frequenti e, oltre al proverbiale utilizzo per approfondire i vari personaggi, servono anche a delineare i fatti precedenti alla storia per aumentarne la comprensione. Per questo una buona parte di essi è associata a Sumika, una grandissima amica della protagonista che, a causa di certi eventi, apparirà nell'opera prevalentemente tramite i rimandi al passato. Le varie storie viaggiano fondamentalmente in parallelo per tutta l'opera, con in aggiunta un'altra riguardante la madre di Kureha e il rapporto con il “muro dell'estinzione”.
Queste varie linee si intersecano con la storia principale, dove viene costruito il rapporto fra l'umana Kureha e le orse Ginko e Lulu, con diversi personaggi a corredo. Vi è anche un elemento vagamente “fiabesco”, correlato alla natura dell'ambientazione dell'opera e finalizzato a mostrare il fine ultimo delle decisioni intraprese dalle protagoniste.
Nonostante l'apparente complessità della struttura, va ammesso che la trama viene percepita in maniera abbastanza chiara e completa, permettendo allo spettatore di poterla recepire chiaramente.
Interessante l'episodio finale, decisamente il più intenso dell'intera opera, che in qualche modo ripaga lo spettatore per la fiducia data nonostante i primi episodi.
E ora, prima di tirare le somme, due parole sul comparto tecnico. Come di frequente nelle opere di Ikuhara, gli sfondi e le sezioni statiche sono di buon livello, anche perché spesso e volentieri accompagnano la spinta simbolistica del regista. Il character design invece è decisamente poco vario, e nemmeno le animazioni fanno gridare al miracolo (più per quantità che per qualità).
Le sigle non colpiscono, e il comparto audio si limita alla funzionalità.
A chi consigliare quest'opera? Agli estimatori di Ikuhara? Difficile, in quanto c'è il serio rischio di rimanere delusi dal divario con le sue opere precedenti. A coloro che vogliono approcciarsi al regista? Anche qui si pone un problema, visto che partire dall'opera qualitativamente inferiore è forse il modo peggiore per conoscerlo (ma, ovviamente, se si apprezza qualcosa di quest'opera, allora gli altri lavori del regista saranno una goduria).
“Yuri Kuma Arashi” è difficile da collocare, e ne consiglio la visione solo a chi nutre qualche interesse nelle tematiche trattate (ribadendo però che ci sono opere migliori) o a chi cerca qualcosa di diverso ma non troppo impegnato (questo grazie ai soli dodici episodi).
Purtroppo questa volta Ikuhara ci ha dato un'opera al di sotto delle sue aspettative. C'è da sperare che i suoi prossimi lavori mostrino un'ispirazione migliore.
Questo sì che sarebbe sexy.
Shaba-da-du.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
E' un anime incredibile, che mi ha causato molte emozioni e fatto battere il cuore come da tempo un anime non riusciva a fare. Mi ha fatto trattenere il respiro e mi ha incantato fino alla fine: il maestro affronta ancora una volta il tema della "fiaba" (come già accaduto con "Revolutionary Girl Utena", con le principesse, i libri illustrati, i principi ecc.) e la rende di nuovo reale, cruda e scioccante. Ormai ho capito che il maestro ama creare anime dalla patina deliziosa che però sono amari come il veleno... Se riesci a superarlo, però, troverai la più dolce delle sorprese: un capolavoro.
I simboli e le metafore sono infiniti, ma li ho trovati più "spiegabili" di quelli presenti in "Utena" (chiedo perdono se continuo a paragonare i due anime, è impossibile non farlo), che è davvero un continuo mistero. "Yuri Kuma Arashi" ha dei simboli più chiari, forse perché il maestro voleva mandare un messaggio forte e quindi voleva che li capissimo, mentre ormai ho il sospetto che abbia creato in quel modo "Utena" proprio per farci scervellare.
Il messaggio mi sembra abbastanza chiaro, ci mostra come reagisce il Giappone alle donne lesbiche. Perché dico proprio Giappone? Perché quest'anime va contestualizzato, anche se, secondo me, rimarrebbe assolutamente meraviglioso anche senza tutta la sua ossatura di protesta sociale. Sarebbe bellissimo anche se non ci volesse dire niente, ma, siccome invece è un'opera che parla, dobbiamo ascoltarla. In Giappone è normale che le ragazze abbiano degli amori verso altre ragazze in età adolescenziale (e così anche i ragazzi), una sorta di forte ammirazione per la senpai che diventa amore e che viene accettata come normale dalla società. E', però, un "passaggio" che si deve superare con il diploma, quando si deve iniziare a cercare un uomo per avere una famiglia. E' per questo che, secondo me, le protagoniste chiamano "amica" la ragazza che amano ed è ciò che fa Reia, scatenando le ire di Yuriika, vera lesbica. La ripetizione di "Rinuncerai all'amore?", "No, non rinuncerò" vuol dire proprio questo: crescendo, le donne giapponesi abbandonano, rinunciano ai loro amori lesbici e adolescenziali per concentrarsi su degli amori "maturi" e, soprattutto, eterosessuali. Se così non avviene, se una donna è davvero lesbica, scatta "Il Rito dell'Esclusione": escludere il male che "non si attiene alle regole della società". Vorrei anche sottolineare che i fucili con cui le ragazze sparano sono simboli fallici, con i quali cercano di "normalizzare" le nostre protagoniste lesbiche.
A parte tutti questi simboli, vorrei parlare ora dell'anime in sé.
Prima tutto il lato tecnico: il maestro ci ha abituati a soundtrack meravigliose e anche in "Yuri Kuma Arashi" non si smentisce - ho l'opening sul cellulare e l'ascolto in loop. Anche l'ending è stupenda, andavo per i corridoi dell'università canticchiando tra me e me "Honey Sooru".
Ho adorato il character design di tutti i personaggi, i deliziosi (anzi, deliciousmell) dettagli e le ambientazioni da togliere il fiato. Proprio su queste ultime si potrebbero spendere milioni di parole per descrivere tutte le citazioni fatte dal maestro a grandi film occidentali come "Suspiria", "Psycho" e "Shining". Ci sono anche molte citazioni a "Utena", la scatola, le scale, la terrazza.
A me piacciono le cattive. Quindi è quasi scontato dire che mi sono innamorata di Yurizono. Mi piace molto anche Yuriika (il mio fetish per il biondo colpisce sempre!), ma Mitsuko è veramente sexy.
Vi confesso che fino alla fine non avevo idea di che piega avrebbe preso l'anime, e temevo che non avremmo mai visto il famoso bacio, temevo sarebbe stato il solito anime "vorrei ma non posso", oppure quei sub-text espliciti che mi fanno salire il nervoso. Invece "Yuri Kuma Arashi" è un vero yuri e di questo non potrei esserne più felice!
Sto leggendo molti commenti negativi sul fatto che è troppo sexy, con tutte quelle allusioni sessuali sempre presenti a partire dall'opening (si vede che il maestro ha fatto molte storyboard di opening... è bellissima, tra parentesi), ma io ho adorato anche questo lato. Prima di tutto i disegni sono così belli che ho adorato ogni singolo fotogramma, soprattutto quelli più erotici, che riescono a mescolare sessualità e innocenza in un tratto e in colori perfetti. Secondo, non sono semplice e inutile fanservice, ma hanno uno scopo ben preciso: ci fanno vedere che anche l'amore tra donne è sessuale ed è normale che sia così. Non è puro e platonico come in molti yuri, e neanche solo sesso come nei porno.
E' un anime incredibile, che mi ha causato molte emozioni e fatto battere il cuore come da tempo un anime non riusciva a fare. Mi ha fatto trattenere il respiro e mi ha incantato fino alla fine: il maestro affronta ancora una volta il tema della "fiaba" (come già accaduto con "Revolutionary Girl Utena", con le principesse, i libri illustrati, i principi ecc.) e la rende di nuovo reale, cruda e scioccante. Ormai ho capito che il maestro ama creare anime dalla patina deliziosa che però sono amari come il veleno... Se riesci a superarlo, però, troverai la più dolce delle sorprese: un capolavoro.
I simboli e le metafore sono infiniti, ma li ho trovati più "spiegabili" di quelli presenti in "Utena" (chiedo perdono se continuo a paragonare i due anime, è impossibile non farlo), che è davvero un continuo mistero. "Yuri Kuma Arashi" ha dei simboli più chiari, forse perché il maestro voleva mandare un messaggio forte e quindi voleva che li capissimo, mentre ormai ho il sospetto che abbia creato in quel modo "Utena" proprio per farci scervellare.
Il messaggio mi sembra abbastanza chiaro, ci mostra come reagisce il Giappone alle donne lesbiche. Perché dico proprio Giappone? Perché quest'anime va contestualizzato, anche se, secondo me, rimarrebbe assolutamente meraviglioso anche senza tutta la sua ossatura di protesta sociale. Sarebbe bellissimo anche se non ci volesse dire niente, ma, siccome invece è un'opera che parla, dobbiamo ascoltarla. In Giappone è normale che le ragazze abbiano degli amori verso altre ragazze in età adolescenziale (e così anche i ragazzi), una sorta di forte ammirazione per la senpai che diventa amore e che viene accettata come normale dalla società. E', però, un "passaggio" che si deve superare con il diploma, quando si deve iniziare a cercare un uomo per avere una famiglia. E' per questo che, secondo me, le protagoniste chiamano "amica" la ragazza che amano ed è ciò che fa Reia, scatenando le ire di Yuriika, vera lesbica. La ripetizione di "Rinuncerai all'amore?", "No, non rinuncerò" vuol dire proprio questo: crescendo, le donne giapponesi abbandonano, rinunciano ai loro amori lesbici e adolescenziali per concentrarsi su degli amori "maturi" e, soprattutto, eterosessuali. Se così non avviene, se una donna è davvero lesbica, scatta "Il Rito dell'Esclusione": escludere il male che "non si attiene alle regole della società". Vorrei anche sottolineare che i fucili con cui le ragazze sparano sono simboli fallici, con i quali cercano di "normalizzare" le nostre protagoniste lesbiche.
A parte tutti questi simboli, vorrei parlare ora dell'anime in sé.
Prima tutto il lato tecnico: il maestro ci ha abituati a soundtrack meravigliose e anche in "Yuri Kuma Arashi" non si smentisce - ho l'opening sul cellulare e l'ascolto in loop. Anche l'ending è stupenda, andavo per i corridoi dell'università canticchiando tra me e me "Honey Sooru".
Ho adorato il character design di tutti i personaggi, i deliziosi (anzi, deliciousmell) dettagli e le ambientazioni da togliere il fiato. Proprio su queste ultime si potrebbero spendere milioni di parole per descrivere tutte le citazioni fatte dal maestro a grandi film occidentali come "Suspiria", "Psycho" e "Shining". Ci sono anche molte citazioni a "Utena", la scatola, le scale, la terrazza.
A me piacciono le cattive. Quindi è quasi scontato dire che mi sono innamorata di Yurizono. Mi piace molto anche Yuriika (il mio fetish per il biondo colpisce sempre!), ma Mitsuko è veramente sexy.
Vi confesso che fino alla fine non avevo idea di che piega avrebbe preso l'anime, e temevo che non avremmo mai visto il famoso bacio, temevo sarebbe stato il solito anime "vorrei ma non posso", oppure quei sub-text espliciti che mi fanno salire il nervoso. Invece "Yuri Kuma Arashi" è un vero yuri e di questo non potrei esserne più felice!
Sto leggendo molti commenti negativi sul fatto che è troppo sexy, con tutte quelle allusioni sessuali sempre presenti a partire dall'opening (si vede che il maestro ha fatto molte storyboard di opening... è bellissima, tra parentesi), ma io ho adorato anche questo lato. Prima di tutto i disegni sono così belli che ho adorato ogni singolo fotogramma, soprattutto quelli più erotici, che riescono a mescolare sessualità e innocenza in un tratto e in colori perfetti. Secondo, non sono semplice e inutile fanservice, ma hanno uno scopo ben preciso: ci fanno vedere che anche l'amore tra donne è sessuale ed è normale che sia così. Non è puro e platonico come in molti yuri, e neanche solo sesso come nei porno.
Con il ritorno in scena di Kunihiko Ikuhara - bizzarro regista il quale potrebbe essere considerato come una sorta di "David Lynch" dell'animazione giapponese - la deflagrazione dell'hype non ha sorpreso più di tanto; orde di fan incalliti hanno difeso questo novello "Yuri Kuma Arashi" dall'attacco dei detrattori senza alcun indugio, vomitando in faccia ad essi varie teorie e speculazioni più o meno veritiere, sovranalisi e altri orpelli degni di quei circoli dei lettori basati sull'etichetta, in cui chiunque può giocare a far l'intellettuale a tempo perso. Sebbene l'alone di hype fine a sé stesso sia abbastanza irritante, c'è comunque da riconoscere che le aspettative erano molto alte, soprattutto per chi, come il sottoscritto, aveva apprezzato l'ottimo "Mawaru Penguindrum", il giusto compromesso tra nonsense, ermetismo, fanservice, pseudo-filosofia, commedia e regia d'autore. Senza scomodare con inutili paragoni mostri sacri che hanno fatto la storia dell'animazione come "La Rivoluzione di Utena", bisogna ammettere che era lecito chiedersi se il regista sarebbe stato in grado di rinnovarsi, magari proponendo un anime in grado di rendersi indipendente dai suoi illustri predecessori. Non è stato così, e gli entusiasmi degli spettatori meno acritici si sono fin da subito spezzati: "Yuri Kuma Arashi" non è niente di più che la solita brodaglia pseudo-lynchiana sull'amore, sulla società e sulla sessualità, questa volta diretta con svogliatezza, poca verve e un'eccessiva ricerca del compromesso con le tendenze modaiole e commerciali attualmente in voga.
L'intento spiccatamente commerciale del primo fallimento artistico del regista è ben manifesto nei primi episodi, nei quali, con la scusa del simbolismo, egli inserisce delle scene di puro fanservice sessuale a base di lolicon, amorevoli leccate di zone erogene, pucci pucci e quant'altro, giusto per far contenti quegli otaku notturni ai quali non si può mai dire di no. Non che le opere precedenti ne fossero prive, ma almeno questo elemento era presente in minor parte ed era ben gestito: e soprattutto non scadeva nella volgarità e nell'ipocrisia. Dopo questo discutibile inizio - il quale molto probabilmente è stato voluto, al fine di innescare il sopracitato hype -, l'opera diventa più credibile, e mediante una regia asettica e incapace di fornire una minima dose di pathos alle scene, abbozzando un citazionismo filmico che potrebbe far la gioia degli esperti cinefili, si avvia verso una riflessione psicologica inerente l'omosessualità, la quale viene tuttavia affrontata senza rinunciare ai soliti luoghi comuni: sebbene "Yuri Kuma Arashi" sia stato concepito come una decostruzione del genere yuri, a parer mio, nella sostanza, si rivela fallace e superficiale, nonché completamente privo dello spessore intellettuale delle opere precedenti del regista - il quale, in questo caso, si è addirittura ridotto a inserire nella sua opera alcuni ridondanti 'spiegoni', forse perché non è riuscito a fornirla di una completa dimensione simbolica, oppure al fine di renderla più "mainstream".
Ed ecco che si può puntare tutto sul nome di un regista per proporre un'opera mediocre e inutile, nonché completamente priva d'ispirazione; nondimeno, è più che lecito vedere in essa un qualcosa di riflessivo, cogliendone l'approccio metaforico - la più grande forma d'amore è quella che trascende l'egoismo e la passione; passione che viene rappresentata dal tribunale degli orsi, nel quale il giudice è sempre favorevole al lato carnale dell'amore, all'istinto e all'infiammarsi dello spirito e dei sensi. Si assiste quindi alla "morte" dell'ego per mano dell'amore, alla rinuncia alle passioni per la salvezza della persona amata, all'amore che viene rappresentato mediante un oggetto che i vari personaggi si scambiano tra loro (in "Penguindrum" era una mela, in questo caso è un vasetto di miele); la "via più sexy" è la via delle pulsioni istintive, quella "dionisiaca"; la rinuncia è fondamentalmente "apollinea" e caratterizza l'animo umano formando un'unità indivisibile assieme al suo opposto; l'amore egoistico e l'amore disinteressato, la discriminazione dell'omosessualità in una rigida società/scuola dove tutti - o meglio, tutte - sono uguali... insomma, un continuo more of the same ikuhariano che alla lunga risulta quantomeno stucchevole.
E' uno shabadadu assai fiacco, quello di "Yuri Kuma Arashi", un anime in cui la caratterizzazione dei personaggi sembra addirittura un optional. All'infuori dei soliti cliché e del solito equipaggiamento kawaii per personaggi moe - orecchiette, zampette, code, occhioni splendenti, facciotte paffutelle e quant'altro -, gli attori della nuova opera di Ikuhara non potrebbero nemmeno essere definiti tali, talmente sono schiavi del fanservice di cui sono l'oggetto, il quale li riduce a meri simulacri inespressivi atti ad essere catalogati e poi, dopo poco tempo, dimenticati. Dimenticati come il qui presente fallimento artistico, che, per quanto sia palesemente da evitare, avrà senz'altro contribuito a riempire le tasche del suo autore. Ma in fondo pure lui deve mangiare, pertanto considererò questo "Yuri Kuma Arashi" come una sorta di grande buca nel terreno, scavata e riempita dalla stessa persona; una buca poco profonda, inutile, umidiccia e sgradevole la quale, una volta ricoperta d'altra terra, si rivelerà sterile e priva di un qualsivoglia germoglio che possa infonderle un briciolo di dignità artistica.
L'intento spiccatamente commerciale del primo fallimento artistico del regista è ben manifesto nei primi episodi, nei quali, con la scusa del simbolismo, egli inserisce delle scene di puro fanservice sessuale a base di lolicon, amorevoli leccate di zone erogene, pucci pucci e quant'altro, giusto per far contenti quegli otaku notturni ai quali non si può mai dire di no. Non che le opere precedenti ne fossero prive, ma almeno questo elemento era presente in minor parte ed era ben gestito: e soprattutto non scadeva nella volgarità e nell'ipocrisia. Dopo questo discutibile inizio - il quale molto probabilmente è stato voluto, al fine di innescare il sopracitato hype -, l'opera diventa più credibile, e mediante una regia asettica e incapace di fornire una minima dose di pathos alle scene, abbozzando un citazionismo filmico che potrebbe far la gioia degli esperti cinefili, si avvia verso una riflessione psicologica inerente l'omosessualità, la quale viene tuttavia affrontata senza rinunciare ai soliti luoghi comuni: sebbene "Yuri Kuma Arashi" sia stato concepito come una decostruzione del genere yuri, a parer mio, nella sostanza, si rivela fallace e superficiale, nonché completamente privo dello spessore intellettuale delle opere precedenti del regista - il quale, in questo caso, si è addirittura ridotto a inserire nella sua opera alcuni ridondanti 'spiegoni', forse perché non è riuscito a fornirla di una completa dimensione simbolica, oppure al fine di renderla più "mainstream".
Ed ecco che si può puntare tutto sul nome di un regista per proporre un'opera mediocre e inutile, nonché completamente priva d'ispirazione; nondimeno, è più che lecito vedere in essa un qualcosa di riflessivo, cogliendone l'approccio metaforico - la più grande forma d'amore è quella che trascende l'egoismo e la passione; passione che viene rappresentata dal tribunale degli orsi, nel quale il giudice è sempre favorevole al lato carnale dell'amore, all'istinto e all'infiammarsi dello spirito e dei sensi. Si assiste quindi alla "morte" dell'ego per mano dell'amore, alla rinuncia alle passioni per la salvezza della persona amata, all'amore che viene rappresentato mediante un oggetto che i vari personaggi si scambiano tra loro (in "Penguindrum" era una mela, in questo caso è un vasetto di miele); la "via più sexy" è la via delle pulsioni istintive, quella "dionisiaca"; la rinuncia è fondamentalmente "apollinea" e caratterizza l'animo umano formando un'unità indivisibile assieme al suo opposto; l'amore egoistico e l'amore disinteressato, la discriminazione dell'omosessualità in una rigida società/scuola dove tutti - o meglio, tutte - sono uguali... insomma, un continuo more of the same ikuhariano che alla lunga risulta quantomeno stucchevole.
E' uno shabadadu assai fiacco, quello di "Yuri Kuma Arashi", un anime in cui la caratterizzazione dei personaggi sembra addirittura un optional. All'infuori dei soliti cliché e del solito equipaggiamento kawaii per personaggi moe - orecchiette, zampette, code, occhioni splendenti, facciotte paffutelle e quant'altro -, gli attori della nuova opera di Ikuhara non potrebbero nemmeno essere definiti tali, talmente sono schiavi del fanservice di cui sono l'oggetto, il quale li riduce a meri simulacri inespressivi atti ad essere catalogati e poi, dopo poco tempo, dimenticati. Dimenticati come il qui presente fallimento artistico, che, per quanto sia palesemente da evitare, avrà senz'altro contribuito a riempire le tasche del suo autore. Ma in fondo pure lui deve mangiare, pertanto considererò questo "Yuri Kuma Arashi" come una sorta di grande buca nel terreno, scavata e riempita dalla stessa persona; una buca poco profonda, inutile, umidiccia e sgradevole la quale, una volta ricoperta d'altra terra, si rivelerà sterile e priva di un qualsivoglia germoglio che possa infonderle un briciolo di dignità artistica.
"Yuri Kuma Arashi" è una serie anime di dodici episodi conclusa.
Trama: sulla Terra arrivano tramite una stella in frantumi degli orsi, e questi sono orsi dotati di intelletto e parola; si scatenerà così una lotta tra gli orsi e gli umani, creando un'atmosfera di guerra e divisione tra le due razze. La nostra storia narrerà le vicende di una ragazza e due orse.
Premessa: quest'anime è assai particolare e, anche se non ho letto/sentito pareri in merito, credo che le opinioni possano essere anche molto contrastanti l'una dall'altra.
Partendo dalla trama c'è da dire che se ci si concentra si riesce a intravedere un classico sentimentale shoujo-ai, se non prendiamo però in considerazione tutti gli elementi fantasy e i "gau-gau" o "kuma-shooock" che ci accompagneranno in ogni singolo episodio.
La struttura narrativa è costituita in modo tale da farvi capire poco o niente all'inizio, per permettere alla grafica e al sonoro di confondervi il cervello! Tuttavia, col proseguire, ogni pezzetto entrerà nel suo posto rendendo ogni cosa chiara, ricostruendo tutte le storie delle protagoniste dall'inizio alla fine.
I personaggi sono visivamente notevoli, sia per il disegno che per i vari abbigliamenti. Su "Yuri Kuma Arashi" vedremo praticamente solo esseri femminili, tra gli umani solo donne; questo ci fa presumere che non esistano uomini e ciò fa sorgere non pochi dubbi sulla loro riproduzione, poiché per tutto l'anime avremo come tema principale la ricerca e il ritrovamento della propria "amica" speciale.
Uno shoujo-ai degno di tale nomenclatura, praticamente ogni ragazza avrà una compagna, e non mancheranno le scene tendenti allo yuri; ho trovato questa serie stranamente poetica e romantica in qualche modo perverso (come la scelta dei pasti delle orse).
Consigliato se vi piacciono le cose strane, innegabilmente la grafica è accattivante con il miscuglio di stili diversi, e il sonoro, con le sue musichette e i suoi versi (un sacco di versi), potrebbe finire per conquistarvi. Sta a voi se seguire la trama come semplice storia romantica o cercare paranoie sui comportamenti dei personaggi, sulle distinzioni di razze e genere, su quella apparente democrazia scolastica... insomma, se volete, potete trovare interessanti spunti.
Voto personale: 9
Voto oggettivo (per quanto possibile) nel genere: 7
Trama: sulla Terra arrivano tramite una stella in frantumi degli orsi, e questi sono orsi dotati di intelletto e parola; si scatenerà così una lotta tra gli orsi e gli umani, creando un'atmosfera di guerra e divisione tra le due razze. La nostra storia narrerà le vicende di una ragazza e due orse.
Premessa: quest'anime è assai particolare e, anche se non ho letto/sentito pareri in merito, credo che le opinioni possano essere anche molto contrastanti l'una dall'altra.
Partendo dalla trama c'è da dire che se ci si concentra si riesce a intravedere un classico sentimentale shoujo-ai, se non prendiamo però in considerazione tutti gli elementi fantasy e i "gau-gau" o "kuma-shooock" che ci accompagneranno in ogni singolo episodio.
La struttura narrativa è costituita in modo tale da farvi capire poco o niente all'inizio, per permettere alla grafica e al sonoro di confondervi il cervello! Tuttavia, col proseguire, ogni pezzetto entrerà nel suo posto rendendo ogni cosa chiara, ricostruendo tutte le storie delle protagoniste dall'inizio alla fine.
I personaggi sono visivamente notevoli, sia per il disegno che per i vari abbigliamenti. Su "Yuri Kuma Arashi" vedremo praticamente solo esseri femminili, tra gli umani solo donne; questo ci fa presumere che non esistano uomini e ciò fa sorgere non pochi dubbi sulla loro riproduzione, poiché per tutto l'anime avremo come tema principale la ricerca e il ritrovamento della propria "amica" speciale.
Uno shoujo-ai degno di tale nomenclatura, praticamente ogni ragazza avrà una compagna, e non mancheranno le scene tendenti allo yuri; ho trovato questa serie stranamente poetica e romantica in qualche modo perverso (come la scelta dei pasti delle orse).
Consigliato se vi piacciono le cose strane, innegabilmente la grafica è accattivante con il miscuglio di stili diversi, e il sonoro, con le sue musichette e i suoi versi (un sacco di versi), potrebbe finire per conquistarvi. Sta a voi se seguire la trama come semplice storia romantica o cercare paranoie sui comportamenti dei personaggi, sulle distinzioni di razze e genere, su quella apparente democrazia scolastica... insomma, se volete, potete trovare interessanti spunti.
Voto personale: 9
Voto oggettivo (per quanto possibile) nel genere: 7
Un anime giapponese, così come ogni altra opera d'intrattenimento, non va deriso o idolatrato a seconda di chi "tira le fila", bensì dalla qualità propria di quella determinata opera. E' l'affermazione ideale per aprire un discorso su "Yuri Kuma Arashi", che tradotto in maniera razionale sarebbe "non prendermi in giro dicendo che lo guardi per la trama".
In una realtà dove il mondo è diviso tra regno degli umani e degli orsi da un muro detto "dell'estinzione" si svolge la vita quotidiana (ci stiamo credendo tutti) di Kureha, una giovane studentessa lesbica (come tutte le ragazze della sua scuola e del mondo, parrebbe) orfana di madre. La giovane trova sollievo dalla perdita della sua unica parente nell'amore della sua amica Sumika, che tuttavia farà la stessa fine della madre... ah povera Kureha, è sfigata quanto il protagonista pianista di un altro anime di nostra conoscenza. Poco dopo l'accaduto, due nuove studentesse entreranno nella vita di Kureha, la quale tuttavia non sa che il pericolo è proprio intorno a lei, in più di un senso. E qui mi fermo.
Dunque, solitamente non amo recensire un anime facendo riferimento agli autori, ma, visto che in molti (la sfilza di individui che lo hanno apprezzato prima di tutti) come prima caratteristica positiva affibbiavano il nome Kunihiko Ikuhara (creatore di "Sailor Moon", "Punta al Top 2" o "Mawaru-Penguindrum" tanto per citarne i tre più famosi), mi vedo costretto a chiarire un concetto già usato per introdurre questa recensione, ovvero che non tutte le ciambelle escono col buco. Secondo voi ogni opera che sgancia un autore di successo è automaticamente un capolavoro semplicemente perché è stato quell'autore in particolare a dirigerla? Non credo ci sia bisogno che vi risponda. Tralasciando che le opere di Ikuhara non sono neanche numerosissime, seppur molto conosciute alcune, quindi è inutile cercare di premere sull'unico lato positivo inesistente della faccenda.
Vi è in ogni caso una fetta d'utenza che ha apprezzato parecchio questo anime per dei "significati nascosti" dietro ogni evento e/o frase presenti nell'opera in questione. E' curiosamente affascinante leggere di gente che si è sforzata tanto da far fondere l'ultimo dei propri neuroni ancora funzionanti per dare un significato vagamente profondo agli eventi di "Yuri Kuma Arashi". Ad esempio c'è chi ha annotato al significato dell'isolamento presente nella classe di Kureha l'isolamento sociale derivante dalla definizione di male per tutto ciò che concerne il diverso e il fuori dalle regole scritte e non, ma è solo una delle tante 'pippe mentali'. Di norma ora dovrei fiondarmi sulla parentesi "yuri", ed è ciò che mi appresto a fare, tuttavia si tratta solo di un tassello secondario che comunque contribuisce a lanciare quest'opera nella pattumiera.
Nel corso degli anni ho letto di gente che per "giustificarsi", ma sarebbe più corretto dire "nascondersi", scriveva/diceva di visionare opere come "Girls und Panzer" per la fedeltà e la cura nei dettagli sui carri armati. C'è stato chi diceva di aver apprezzato "Ikkitousen" per la trama. C'è stato addirittura chi ha scritto di essersi appassionato a un anime come "Strike Witches" per la fedeltà storica... Dove voglio arrivare con tutto ciò? Beh, se qualcuno mi venisse a dire che ha visionato un'opera come "Yuri Kuma Arashi" per la trama, io mi vedrei costretto a mettere in atto una sonora risata. Perché è come dire che la gente guarda hentai per godersi la questione amorosa o il dramma sentimentale. Do pertanto un consiglio sincero, non nascondetevi dietro un dito e confessate di averlo visto perché vi aspettavate le scene erotiche (che non sono proprio tantissime anche contando le leccate di miele sul corpo di Kureha qua e là). Lo yuri è e rimane un'aggiunta essenziale per le finanze di quest'opera, che cola a picco dal primo episodio. Vi è inoltre una ripetizione di scene, location e dialoghi specie nei primi episodi: la cosa è voluta, ma trasuda svogliatezza da parte degli autori e ulteriore noia negli spettatori.
Tecnicamente non c'è molto da dire, l'anime ha uno stile particolare seppur non indimenticabile. Colori e illuminazione accompagnano sfondi per nulla da buttare che tuttavia risultano sempre eccessivamente statici. I personaggi sono quasi tutte ragazze e a dirla tutta basta cambiare colori e acconciatura, più qualche dettaglio a caso, per avere in fin dei conti sempre lo stesso personaggio, ma non lo riterrei un difetto vero e proprio, dato che è un punto che tocca anche altre opere. Le animazioni sono... legnose e mai dinamiche, si fa un grande uso di scene astratte che dopo una sana e goduta fumata d'erba assumono significati dal retrogusto filosofico, o almeno così dicono le leggende metropolitane. Sulle sigle mi permetto di stendere un velo pietoso, astenendomi specie dal definire ciò che si vede. Piccola nota, nessuna persona sana di mente riuscirebbe a prendere sul serio delle ragazze con le zampe peluche da orso e che pertanto dovrebbero essere ritenute "orse", così come nessun sano di mente prenderebbe sul serio il fatto che i "famelici e selvaggi" orsi abbiano le dimensioni di una pantofola.
Naturalmente ci saranno i soliti a dire: "Eh beh, potevi non guardarlo", e invece no, io visiono anche solo per curiosità, per capire cosa le persone trovano di bello in una determinata opera. C'è gente che ha definito "Cinquanta sfumature di grigio" un capolavoro, quando in realtà è un porno con l'abito da film, ma non per questo chi odiava il genere e già sapeva cosa si aspettava si è astenuto dal visionarlo, anzi lo hanno visionato apposta per cercare di capirlo (invano). Naturalmente chi ha apprezzato "Yuri Kuma Arashi" non cambierà idea a riguardo dopo aver letto ciò che se ne scrive in rete e né deve accadere. Sono spiacente di non essere riuscito ad apprezzare cotanta meraviglia, ma un anime erotico/psicologico finto, sceneggiato con il fondoschiena e che si nasconde dietro fumosi significati simbolici (inesistenti), non lo ritengo degno del tempo dedicatogli. L'occhio e l'orecchio rispettivamente vedono e sentono ciò che vogliono vedere e sentire. Tra le risate di alcuni, il disappunto di molti e il riscontro positivo di quelli che prevedo molto pochi, concludo questa recensione.
In una realtà dove il mondo è diviso tra regno degli umani e degli orsi da un muro detto "dell'estinzione" si svolge la vita quotidiana (ci stiamo credendo tutti) di Kureha, una giovane studentessa lesbica (come tutte le ragazze della sua scuola e del mondo, parrebbe) orfana di madre. La giovane trova sollievo dalla perdita della sua unica parente nell'amore della sua amica Sumika, che tuttavia farà la stessa fine della madre... ah povera Kureha, è sfigata quanto il protagonista pianista di un altro anime di nostra conoscenza. Poco dopo l'accaduto, due nuove studentesse entreranno nella vita di Kureha, la quale tuttavia non sa che il pericolo è proprio intorno a lei, in più di un senso. E qui mi fermo.
Dunque, solitamente non amo recensire un anime facendo riferimento agli autori, ma, visto che in molti (la sfilza di individui che lo hanno apprezzato prima di tutti) come prima caratteristica positiva affibbiavano il nome Kunihiko Ikuhara (creatore di "Sailor Moon", "Punta al Top 2" o "Mawaru-Penguindrum" tanto per citarne i tre più famosi), mi vedo costretto a chiarire un concetto già usato per introdurre questa recensione, ovvero che non tutte le ciambelle escono col buco. Secondo voi ogni opera che sgancia un autore di successo è automaticamente un capolavoro semplicemente perché è stato quell'autore in particolare a dirigerla? Non credo ci sia bisogno che vi risponda. Tralasciando che le opere di Ikuhara non sono neanche numerosissime, seppur molto conosciute alcune, quindi è inutile cercare di premere sull'unico lato positivo inesistente della faccenda.
Vi è in ogni caso una fetta d'utenza che ha apprezzato parecchio questo anime per dei "significati nascosti" dietro ogni evento e/o frase presenti nell'opera in questione. E' curiosamente affascinante leggere di gente che si è sforzata tanto da far fondere l'ultimo dei propri neuroni ancora funzionanti per dare un significato vagamente profondo agli eventi di "Yuri Kuma Arashi". Ad esempio c'è chi ha annotato al significato dell'isolamento presente nella classe di Kureha l'isolamento sociale derivante dalla definizione di male per tutto ciò che concerne il diverso e il fuori dalle regole scritte e non, ma è solo una delle tante 'pippe mentali'. Di norma ora dovrei fiondarmi sulla parentesi "yuri", ed è ciò che mi appresto a fare, tuttavia si tratta solo di un tassello secondario che comunque contribuisce a lanciare quest'opera nella pattumiera.
Nel corso degli anni ho letto di gente che per "giustificarsi", ma sarebbe più corretto dire "nascondersi", scriveva/diceva di visionare opere come "Girls und Panzer" per la fedeltà e la cura nei dettagli sui carri armati. C'è stato chi diceva di aver apprezzato "Ikkitousen" per la trama. C'è stato addirittura chi ha scritto di essersi appassionato a un anime come "Strike Witches" per la fedeltà storica... Dove voglio arrivare con tutto ciò? Beh, se qualcuno mi venisse a dire che ha visionato un'opera come "Yuri Kuma Arashi" per la trama, io mi vedrei costretto a mettere in atto una sonora risata. Perché è come dire che la gente guarda hentai per godersi la questione amorosa o il dramma sentimentale. Do pertanto un consiglio sincero, non nascondetevi dietro un dito e confessate di averlo visto perché vi aspettavate le scene erotiche (che non sono proprio tantissime anche contando le leccate di miele sul corpo di Kureha qua e là). Lo yuri è e rimane un'aggiunta essenziale per le finanze di quest'opera, che cola a picco dal primo episodio. Vi è inoltre una ripetizione di scene, location e dialoghi specie nei primi episodi: la cosa è voluta, ma trasuda svogliatezza da parte degli autori e ulteriore noia negli spettatori.
Tecnicamente non c'è molto da dire, l'anime ha uno stile particolare seppur non indimenticabile. Colori e illuminazione accompagnano sfondi per nulla da buttare che tuttavia risultano sempre eccessivamente statici. I personaggi sono quasi tutte ragazze e a dirla tutta basta cambiare colori e acconciatura, più qualche dettaglio a caso, per avere in fin dei conti sempre lo stesso personaggio, ma non lo riterrei un difetto vero e proprio, dato che è un punto che tocca anche altre opere. Le animazioni sono... legnose e mai dinamiche, si fa un grande uso di scene astratte che dopo una sana e goduta fumata d'erba assumono significati dal retrogusto filosofico, o almeno così dicono le leggende metropolitane. Sulle sigle mi permetto di stendere un velo pietoso, astenendomi specie dal definire ciò che si vede. Piccola nota, nessuna persona sana di mente riuscirebbe a prendere sul serio delle ragazze con le zampe peluche da orso e che pertanto dovrebbero essere ritenute "orse", così come nessun sano di mente prenderebbe sul serio il fatto che i "famelici e selvaggi" orsi abbiano le dimensioni di una pantofola.
Naturalmente ci saranno i soliti a dire: "Eh beh, potevi non guardarlo", e invece no, io visiono anche solo per curiosità, per capire cosa le persone trovano di bello in una determinata opera. C'è gente che ha definito "Cinquanta sfumature di grigio" un capolavoro, quando in realtà è un porno con l'abito da film, ma non per questo chi odiava il genere e già sapeva cosa si aspettava si è astenuto dal visionarlo, anzi lo hanno visionato apposta per cercare di capirlo (invano). Naturalmente chi ha apprezzato "Yuri Kuma Arashi" non cambierà idea a riguardo dopo aver letto ciò che se ne scrive in rete e né deve accadere. Sono spiacente di non essere riuscito ad apprezzare cotanta meraviglia, ma un anime erotico/psicologico finto, sceneggiato con il fondoschiena e che si nasconde dietro fumosi significati simbolici (inesistenti), non lo ritengo degno del tempo dedicatogli. L'occhio e l'orecchio rispettivamente vedono e sentono ciò che vogliono vedere e sentire. Tra le risate di alcuni, il disappunto di molti e il riscontro positivo di quelli che prevedo molto pochi, concludo questa recensione.
"Yuri Kuma Arashi" è un anime della stagione invernale 2015 composto da dodici episodi di durata canonica, diretto e sceneggiato dal rinomato Kunihiko Ikuhara.
Il mondo degli umani e quello degli orsi sono divisi dal muro dell'estinzione ed è vietato oltrepassarlo per entrambe le parti; la storia inizia quando questi ultimi fanno irruzione nel mondo degli umani, prendendone le sembianze e mimetizzandosi fra loro. Kureha è una studentessa rimasta orfana in tenera età che ha ritrovato la felicità grazie all'amica e amante Sumika; purtroppo è una felicità destinata a non durare, infatti quest'ultima diventa senza apparenti motivi una delle prime vittime degli orsi. A cercare di risollevarle il morale sono due studentesse appena trasferite, Lulu e Ginko, che però nascondono qualche segreto, infatti...
Evito di procedere nella descrizione perché sarebbe impossibile evitare spoiler, in quanto la trama è veramente semplice.
"Yuri Kuma Arashi" è un prodotto che sicuramente farà parlare di sé sia nel bene che nel male; per quanto mi riguarda, mi schiero dalla parte di coloro che non sono riusciti ad apprezzarlo, e sono convinto che se dietro quest'opera non ci fosse il nome di Ikuhara sarebbero stati veramente in pochi a seguirne la visione oltre il secondo episodio. Inizialmente, come in tutte le opere firmate Ikuhara, non si capisce niente di niente, e la trama tarda troppo a partire, rendendo la visione estremamente noiosa. Questo è uno dei più grandi difetti di "Yuri Kuma Arashi", che anche nel momento in cui la storia prende il via non riesce a coinvolgere come dovrebbe.
Per coloro che amano ragionare su ogni singola frase buttata lì anche a caso, cercando di attribuirle chissà quale significato profondo e simbolico, sicuramente c'è da divertirsi, ma in caso contrario consiglio di abbandonare immediatamente la visione, perché per quanto riguarda trama e personaggi si tratta di un prodotto veramente povero.
Tecnicamente il design dei personaggi non mi è piaciuto (gusto personale); le ambientazioni sono belle e suggestive, ma tutt'altro che varie: il 90% della storia è ambientata sul tetto della scuola, di fronte a un'aiuola e nella camera della protagonista.
Ottimo lavoro per quanto riguarda il doppiaggio e il comparto sonoro in generale, a partire dalla sigla iniziale dolce e leggera.
Anche per quanto riguarda la sceneggiatura non mi sento di promuoverla a pieni voti; scene riciclate più e più volte aumentano ancora maggiormente la noia, che già era l'elemento preponderante.
Veniamo adesso ad analizzare un punto che mi ha veramente infastidito: lo yuri; non lo detesto a prescindere, ma ho odiato il modo in cui è stato utilizzato. Molti sosterranno che in questo caso lo yuri abbia un chissà quale significato, e in parte posso anche essere d'accordo, ma è innegabile che è stato inserito soprattutto per vendere; ci sono tipi e tipi di fanservice, ma in questo caso ne viene utilizzato uno volgare e di cattivo gusto, ed è un peccato vedere anche artisti del calibro di Ikuhara ricorrere a tali scorciatoie.
Fortunatamente, negli ultimi episodi cambia qualcosa, la storia inizia a farsi più interessante, la narrazione più veloce e il finale risolleva parzialmente la situazione.
In conclusione, una serie che non mi sento di raccomandare se non agli amanti specifici del genere, o a tutti coloro a cui bastano due o tre scenette yuri e qualche "Shaba-da-du" a episodio per essere soddisfatti.
Il mondo degli umani e quello degli orsi sono divisi dal muro dell'estinzione ed è vietato oltrepassarlo per entrambe le parti; la storia inizia quando questi ultimi fanno irruzione nel mondo degli umani, prendendone le sembianze e mimetizzandosi fra loro. Kureha è una studentessa rimasta orfana in tenera età che ha ritrovato la felicità grazie all'amica e amante Sumika; purtroppo è una felicità destinata a non durare, infatti quest'ultima diventa senza apparenti motivi una delle prime vittime degli orsi. A cercare di risollevarle il morale sono due studentesse appena trasferite, Lulu e Ginko, che però nascondono qualche segreto, infatti...
Evito di procedere nella descrizione perché sarebbe impossibile evitare spoiler, in quanto la trama è veramente semplice.
"Yuri Kuma Arashi" è un prodotto che sicuramente farà parlare di sé sia nel bene che nel male; per quanto mi riguarda, mi schiero dalla parte di coloro che non sono riusciti ad apprezzarlo, e sono convinto che se dietro quest'opera non ci fosse il nome di Ikuhara sarebbero stati veramente in pochi a seguirne la visione oltre il secondo episodio. Inizialmente, come in tutte le opere firmate Ikuhara, non si capisce niente di niente, e la trama tarda troppo a partire, rendendo la visione estremamente noiosa. Questo è uno dei più grandi difetti di "Yuri Kuma Arashi", che anche nel momento in cui la storia prende il via non riesce a coinvolgere come dovrebbe.
Per coloro che amano ragionare su ogni singola frase buttata lì anche a caso, cercando di attribuirle chissà quale significato profondo e simbolico, sicuramente c'è da divertirsi, ma in caso contrario consiglio di abbandonare immediatamente la visione, perché per quanto riguarda trama e personaggi si tratta di un prodotto veramente povero.
Tecnicamente il design dei personaggi non mi è piaciuto (gusto personale); le ambientazioni sono belle e suggestive, ma tutt'altro che varie: il 90% della storia è ambientata sul tetto della scuola, di fronte a un'aiuola e nella camera della protagonista.
Ottimo lavoro per quanto riguarda il doppiaggio e il comparto sonoro in generale, a partire dalla sigla iniziale dolce e leggera.
Anche per quanto riguarda la sceneggiatura non mi sento di promuoverla a pieni voti; scene riciclate più e più volte aumentano ancora maggiormente la noia, che già era l'elemento preponderante.
Veniamo adesso ad analizzare un punto che mi ha veramente infastidito: lo yuri; non lo detesto a prescindere, ma ho odiato il modo in cui è stato utilizzato. Molti sosterranno che in questo caso lo yuri abbia un chissà quale significato, e in parte posso anche essere d'accordo, ma è innegabile che è stato inserito soprattutto per vendere; ci sono tipi e tipi di fanservice, ma in questo caso ne viene utilizzato uno volgare e di cattivo gusto, ed è un peccato vedere anche artisti del calibro di Ikuhara ricorrere a tali scorciatoie.
Fortunatamente, negli ultimi episodi cambia qualcosa, la storia inizia a farsi più interessante, la narrazione più veloce e il finale risolleva parzialmente la situazione.
In conclusione, una serie che non mi sento di raccomandare se non agli amanti specifici del genere, o a tutti coloro a cui bastano due o tre scenette yuri e qualche "Shaba-da-du" a episodio per essere soddisfatti.