Lei e il gatto: Everything Flows
Da un soggetto originale di Makoto Shinkai, questo cortometraggio, composto da quattro episodi della durata di circa sette minuti ciascuno, è la prova che, a parer mio, il noto regista, rende al meglio quando trama e sceneggiatura sono brevi e semplici, in quanto il suo tipico modo di narrare, per nulla incalzante, non appesantisce la lenta evoluzione degli eventi.
E difatti, in questo corto non ci vengono raccontati eventi straordinari, ma, all'opposto, ci viene mostrato uno spaccato di vita ordinaria, a tratti pure monotono, così come lo potremmo avere noi tutti. Di straordinario, invece, si coglie la grandissima empatia che ci viene trasmessa già in pochi minuti di visione. Il processo di immedesimazione è immediato, e diventa più intenso, io credo, se chi guarda è uno spettatore amante dei gatti, e ne ha posseduto almeno uno nella vita.
I personaggi sono solo quattro, e le ambientazioni davvero pochissime, ma sono più che sufficienti per imbastire scene visive e descrittive capaci di regalarti un'emozione profonda.
Miyu, la madre, il gatto Daru e l'amica Tomoka sono gli attori che si muovono dentro l'ennesima opera sognante di Shinkai.
Miyu è semplicemente una ragazza come tante. Un poco in conflitto con la madre rimasta vedova, e desiderosa di spiccare il volo, lascia il nido sicuro della casa materna per trasferirsi in un appartamento che condividerà per i primi tempi con la sua migliore amica. Daru, il suo fedele gatto, di cui si prende cura fin dai tempi della sua infanzia, è la costante sempre presente.
Se hai un gatto al fianco, non è difficile calarsi nei panni e sentimenti della protagonista che vive e condivide ogni istante della sua vita con la propria bestiola.
Così come generalmente accade nella vita reale, la quotidianità che Miyu sperimenta con il proprio animale non è fatta di grandi attività o eventi. Daru è autonomo, geloso dei propri spazi e tempi, ha ritmi suoi, che non necessariamente combaciano con chi lo accudisce. Nonostante questa sua affascinante indipendenza, è sempre lì, pronto a dare accoglienza e conforto alla padrona di casa. Per gli amanti dei felini, queste, scene di normale amministrazione, mostrate più che bene in questo corto, e che ti scaldano tanto il cuore, ancor di più se sai cosa vuol dire vivere ed essere affezionati a un gatto.
Musiche e doppiaggio sono più che accurati. Suoni e voci sono dolci e sinuosi, sonorità che si sposano bene con i protagonisti e lo scorrere delle loro vite pigre.
Perfino a Daru, il gatto, è stata assegnata una voce. E di primo impatto, questa può sembrare una scelta poco indovinata, tuttavia, se la si pensa come a una voce fuori campo, alla voce narrante... o, meglio ancora, all' "Io" pensante dell'animale, possiamo affermare che mai scelta è stata più azzeccata!
Volendo spendere due parole su disegni, animazioni, fondali e ambientazioni, basta tornare a menzionare Shinkai, e non c'è bisogno di dire molto altro. Tutti sappiamo quali siano i suoi punti di forza, e la scelta delicata dei colori, assieme alla cura dei dettagli, sono fra questi. I suoi lavori potrebbero essere paragonati a delle poesie visive. E, per l'appunto, in un cortometraggio, dove non vi è possibilità di farsi condizionare troppo da un ritmo placido e pacato, caratteristica spesso presente nelle sue opere, apprezzi di più, in tutta la sua pienezza, ogni più piccolo particolare, con la sensazione finale di appagamento totale.
Se posso sbilanciarmi in un commento molto personale, vorrei aggiungere che questo corto ha il potere formidabile di far rivivere allo spettatore esperienze simili (se ce ne sono), trascorse, toccando corde ancora più profonde.
Per quanto mi riguarda, questo effetto su di me ce l'ha avuto senza tanto colpo ferire.
Mi son bastati pochi secondi per immedesimarmi, rivedere e rivivere certe scene e situazioni a me molto famigliari: un trovatello che miagola in uno scatolone, un micino che fa le fusa, una bestiola che ti regala tepore nelle mani (e nei piedi!), un gattone che t'aspetta statico alla finestra. E infine, una gatta vecchia e stanca che continua ad aspettarti, che fatica ormai a saltarti in grembo, ma che continua a regalarti generosamente il suo calore, fino alla fine... Esperienze vissute.
Questo anime mi ha riportato il ricordo affettuoso e nostalgico di quella presenza fedele. Calda presenza silenziosa, sempre corroborante.
Concludendo, chi ama l'arte di Shinkai e, soprattutto, chi ama i gatti e il loro accudimento, non può non dare una possibilità a questo anime.
E difatti, in questo corto non ci vengono raccontati eventi straordinari, ma, all'opposto, ci viene mostrato uno spaccato di vita ordinaria, a tratti pure monotono, così come lo potremmo avere noi tutti. Di straordinario, invece, si coglie la grandissima empatia che ci viene trasmessa già in pochi minuti di visione. Il processo di immedesimazione è immediato, e diventa più intenso, io credo, se chi guarda è uno spettatore amante dei gatti, e ne ha posseduto almeno uno nella vita.
I personaggi sono solo quattro, e le ambientazioni davvero pochissime, ma sono più che sufficienti per imbastire scene visive e descrittive capaci di regalarti un'emozione profonda.
Miyu, la madre, il gatto Daru e l'amica Tomoka sono gli attori che si muovono dentro l'ennesima opera sognante di Shinkai.
Miyu è semplicemente una ragazza come tante. Un poco in conflitto con la madre rimasta vedova, e desiderosa di spiccare il volo, lascia il nido sicuro della casa materna per trasferirsi in un appartamento che condividerà per i primi tempi con la sua migliore amica. Daru, il suo fedele gatto, di cui si prende cura fin dai tempi della sua infanzia, è la costante sempre presente.
Se hai un gatto al fianco, non è difficile calarsi nei panni e sentimenti della protagonista che vive e condivide ogni istante della sua vita con la propria bestiola.
Così come generalmente accade nella vita reale, la quotidianità che Miyu sperimenta con il proprio animale non è fatta di grandi attività o eventi. Daru è autonomo, geloso dei propri spazi e tempi, ha ritmi suoi, che non necessariamente combaciano con chi lo accudisce. Nonostante questa sua affascinante indipendenza, è sempre lì, pronto a dare accoglienza e conforto alla padrona di casa. Per gli amanti dei felini, queste, scene di normale amministrazione, mostrate più che bene in questo corto, e che ti scaldano tanto il cuore, ancor di più se sai cosa vuol dire vivere ed essere affezionati a un gatto.
Musiche e doppiaggio sono più che accurati. Suoni e voci sono dolci e sinuosi, sonorità che si sposano bene con i protagonisti e lo scorrere delle loro vite pigre.
Perfino a Daru, il gatto, è stata assegnata una voce. E di primo impatto, questa può sembrare una scelta poco indovinata, tuttavia, se la si pensa come a una voce fuori campo, alla voce narrante... o, meglio ancora, all' "Io" pensante dell'animale, possiamo affermare che mai scelta è stata più azzeccata!
Volendo spendere due parole su disegni, animazioni, fondali e ambientazioni, basta tornare a menzionare Shinkai, e non c'è bisogno di dire molto altro. Tutti sappiamo quali siano i suoi punti di forza, e la scelta delicata dei colori, assieme alla cura dei dettagli, sono fra questi. I suoi lavori potrebbero essere paragonati a delle poesie visive. E, per l'appunto, in un cortometraggio, dove non vi è possibilità di farsi condizionare troppo da un ritmo placido e pacato, caratteristica spesso presente nelle sue opere, apprezzi di più, in tutta la sua pienezza, ogni più piccolo particolare, con la sensazione finale di appagamento totale.
Se posso sbilanciarmi in un commento molto personale, vorrei aggiungere che questo corto ha il potere formidabile di far rivivere allo spettatore esperienze simili (se ce ne sono), trascorse, toccando corde ancora più profonde.
Per quanto mi riguarda, questo effetto su di me ce l'ha avuto senza tanto colpo ferire.
Mi son bastati pochi secondi per immedesimarmi, rivedere e rivivere certe scene e situazioni a me molto famigliari: un trovatello che miagola in uno scatolone, un micino che fa le fusa, una bestiola che ti regala tepore nelle mani (e nei piedi!), un gattone che t'aspetta statico alla finestra. E infine, una gatta vecchia e stanca che continua ad aspettarti, che fatica ormai a saltarti in grembo, ma che continua a regalarti generosamente il suo calore, fino alla fine... Esperienze vissute.
Questo anime mi ha riportato il ricordo affettuoso e nostalgico di quella presenza fedele. Calda presenza silenziosa, sempre corroborante.
Concludendo, chi ama l'arte di Shinkai e, soprattutto, chi ama i gatti e il loro accudimento, non può non dare una possibilità a questo anime.
Ogni cosa scorre.
Nessuno può fermare il fiume del tempo.
Tutto viaggia verso il futuro.
La rielaborazione di uno dei primissimi corti del grande Makoto Shinkai si sublima nella quintessenza del vivere e nella sua immensa, fragile e perpetua circolarità, tanto debole quanto indistruttibile. “Everything flows”: ogni cosa scorre, questa la rivisitazione del lavoro con cui Shinkai-sensei debuttò nella vasta giungla dell’animazione, una sequenza di quattro brevissimi anime vestiti da viaggio introspettivo l’uno concatenato all’altro, una frammentata riflessione filosofica e mondana a trecentosessanta gradi, vissuta dal distaccato e serafico punto di vista di un... gatto!
Sono corti di una semplicità disarmante, che cullano lo spettatore lungo uno spaccato di vita quotidiana tanto banale quanto emotivamente coinvolgente. La magia di Shinkai è agli albori, ma in quest’opera viene reinventata, ritoccata, pur conservando la sua onirica, lenta e silenziosa delicatezza: la trama non è rilevante, si assaporano sentimenti veri, diretti, riflessioni esistenziali tanto vellutate quanto sferzanti.
Ebbene, questa è la storia di una ragazza e il suo adorato gatto.
Ma è anche la storia di un gatto e della sua adorata ragazza.
Nel primo corto, intitolato “La ragazza e il suo appartamento”, facciamo la conoscenza dei due protagonisti. È un luogo piccolo, nipponico e attuale; si respira un mesto sentore di solitudine, una malinconia che la giovane umana dovrà affrontare per districarsi in quella selva spinosa e piena d’insidie che è la società moderna, e che mai si vede chiaramente in tutta l’interezza della mini-serie, tuttavia incombe oltre quella “pesante porta che apre ogni mattino con il sorriso in volto”. Com’è chiaro, l’intera storia è vissuta e raccontata dal punto di vista di un vecchio, paffutello gatto nero di nome Daru, che in seguito a tante vicissitudini si ritrova a vivere con la sua padrona - pardon, ragazza, poiché nessun gatto ha padroni, bensì coinquilini o familiari - e che scopriremo non ragionare propriamente come un semplice felino, ma come qualcosa di indefinito a cavallo fra istinto animale e una logica prettamente umana, pertanto complessa e articolata. L’autore lascia quindi che lo spettatore segua le vicende della “ragazza” dall’esterno, attraverso il filtro degli occhi di Daru, che, volutamente e provocatoriamente umanizzato, va contro ad ogni logica di realismo, impegnato in piccole e grandi riflessioni, ragionando sull’importanza dell’esistenza, la vita in quanto dono e continua lotta contro il mondo, e le difficoltà che esso quotidianamente ci mette di fronte, filosofia spicciola ma gradevole, ricca di pragmatismo e cinismo che permeano mondanità e routine.
Daru sostiene la sua “ragazza”. Basta uno sguardo perché i due s’intendano alla perfezione; nel suo silenzioso esserci in quanto felino, il gatto è sempre accanto a lei, non solo fisicamente. La sostiene nella sua impresa di trovare il proprio posto in quella “crudele e imperfetta società”, concetto che lo stesso Daru sottolinea più volte, con la medesima, misurata tranquillità.
Già, un gatto che la sa lunga sul realismo e la durezza della vita adulta nel Giappone contemporaneo potrebbe sembrare davvero assurdo, e proprio per questo geniale pretesto a indirizzare riflessioni schiette, intense, spesso disarmanti, onestissime e semplici nella loro amara realtà. Il corto di solo otto minuti si conclude con una ending delicata e struggente, un crescendo emotivo che non lascerà indifferenti, mentre risulta estremamente minimale e non proprio indimenticabile il resto della colonna sonora, eccetto un paio di pezzi davvero vibranti, ma nel complesso ogni tassello svolge il proprio compito per definire un quadro davvero unico.
Il secondo corto è intitolato “La ragazza e il suo cielo”: eccola qui, la ridicola e imbarazzante credenza del gatto nero che porta sfortuna. Inevitabile assioma ancestrale della più stupida scaramanzia, è un’intro che ci porta a viaggiare nel passato della ragazza, in cerca di mancanze, gelosie e una fanciullezza ormai perduta ma tuttora custodita in fondo al cuore. Daru si rinnova stupefacente dispensatore di sagge riflessioni, lascia lo spettatore confuso ma sicuramente d’accordo: ragiona a tratti come se fosse davvero un essere umano, ma percepisce e risponde agli stimoli di ogni genere come il felino qual è. Questo danzare continuo fra realismo e umanizzazione della bestia permette all’autore di mostrarci uno spaccato quotidiano filtrato che si ridefinisce quasi fiabesco, come se i racconti di Collodi, Andersen o dei Grimm ci avessero donato un lascito da gustare in chiave moderna: se creature come il Gatto con gli stivali o il Grillo di Pinocchio erano scaltri, saggi o furbi, Daru è invece premuroso, attento e profondamente, dolcemente empatico, proprio come gli animali sono realmente, se si sa viaggiare sulla loro stessa lunghezza d’onda.
Il terzo corto, “La ragazza e il suo sguardo”, ci porta nuovamente indietro nel tempo: andremo stavolta a scoprire il breve passato di Daru, dove sofferenze familiari si intrecciano proprio con la sua ragazza, mentre gli anni scorrono gravando sulla sua folta e lucida pelliccia nera. Il rapporto fra i due cambia impercettibilmente, ma l’amore, anche se muta, rimane invariato: ossimoro da accettare senza chiedere. Non è d’altronde qualcosa che capita a tutti, prima o poi?
Infine, l’ultimo, malinconico, intitolato “La ragazza e la sua storia”, chiude il cerchio.
Un epilogo dolceamaro, struggente e gentile, un classico del grande Shinkai, che, filtrato dalla fresca e piacevole sceneggiatura di Naruki Nakagawa, bilancia strette al cuore e carezze lenitive come pochi altri sanno fare e dimostra che (soprattutto) nei corti, il sensei riesce sempre a dare il meglio di sé grazie a quel ritmo compassato e quei silenzi pigri ma riflessivi, unici nel loro genere.
E, proprio quando tutto sembra terminato, addirittura dopo i titoli di coda, ecco un altro tocco di magia, per una sorpresa davvero inaspettata.
Quattro piccoli camei, artisticamente validissimi (e non poteva essere diversamente), delle poesie animate, leggere come ali di farfalla in una mattina di primavera inoltrata, ricche di emozioni sopite e dedicate ad ogni età.
Che gli animali, grazie al loro più spiccato istinto bestiale percepiscano determinati stimoli ed emozioni più di qualsiasi essere umano è ormai assodato da secoli, e, nella proverbiale morbidezza dell’autore capace di smussare ogni spigolo emozionale, la sequenza di corti finisce per donarci attimi preziosi di un valore inestimabile, momenti unici e indimenticabili di vita comune che coinvolgono in prima persona lo spettatore poiché veri, quasi banali nel loro lapalissiano realismo, che in un modo o nell’altro, tutti o quasi abbiamo condiviso nella vita. Quattro gemme che sanno di magico, da guardarsi tutti d’un fiato.
Ogni cosa scorre.
Nessuno può fermare il fiume del tempo.
Tutto viaggia verso il futuro.
Chi è destinato a stare insieme si troverà e ritroverà, fino alla fine dei tempi. Non c’è alcun bisogno che tutto questo abbia un vero e proprio senso, né che ci venga comunicata una qualche forma di realismo percettivo: a fine visione si comprende comunque ogni cosa, e il messaggio è chiaro.
Poesia visiva allo stato puro.
Nessuno può fermare il fiume del tempo.
Tutto viaggia verso il futuro.
La rielaborazione di uno dei primissimi corti del grande Makoto Shinkai si sublima nella quintessenza del vivere e nella sua immensa, fragile e perpetua circolarità, tanto debole quanto indistruttibile. “Everything flows”: ogni cosa scorre, questa la rivisitazione del lavoro con cui Shinkai-sensei debuttò nella vasta giungla dell’animazione, una sequenza di quattro brevissimi anime vestiti da viaggio introspettivo l’uno concatenato all’altro, una frammentata riflessione filosofica e mondana a trecentosessanta gradi, vissuta dal distaccato e serafico punto di vista di un... gatto!
Sono corti di una semplicità disarmante, che cullano lo spettatore lungo uno spaccato di vita quotidiana tanto banale quanto emotivamente coinvolgente. La magia di Shinkai è agli albori, ma in quest’opera viene reinventata, ritoccata, pur conservando la sua onirica, lenta e silenziosa delicatezza: la trama non è rilevante, si assaporano sentimenti veri, diretti, riflessioni esistenziali tanto vellutate quanto sferzanti.
Ebbene, questa è la storia di una ragazza e il suo adorato gatto.
Ma è anche la storia di un gatto e della sua adorata ragazza.
Nel primo corto, intitolato “La ragazza e il suo appartamento”, facciamo la conoscenza dei due protagonisti. È un luogo piccolo, nipponico e attuale; si respira un mesto sentore di solitudine, una malinconia che la giovane umana dovrà affrontare per districarsi in quella selva spinosa e piena d’insidie che è la società moderna, e che mai si vede chiaramente in tutta l’interezza della mini-serie, tuttavia incombe oltre quella “pesante porta che apre ogni mattino con il sorriso in volto”. Com’è chiaro, l’intera storia è vissuta e raccontata dal punto di vista di un vecchio, paffutello gatto nero di nome Daru, che in seguito a tante vicissitudini si ritrova a vivere con la sua padrona - pardon, ragazza, poiché nessun gatto ha padroni, bensì coinquilini o familiari - e che scopriremo non ragionare propriamente come un semplice felino, ma come qualcosa di indefinito a cavallo fra istinto animale e una logica prettamente umana, pertanto complessa e articolata. L’autore lascia quindi che lo spettatore segua le vicende della “ragazza” dall’esterno, attraverso il filtro degli occhi di Daru, che, volutamente e provocatoriamente umanizzato, va contro ad ogni logica di realismo, impegnato in piccole e grandi riflessioni, ragionando sull’importanza dell’esistenza, la vita in quanto dono e continua lotta contro il mondo, e le difficoltà che esso quotidianamente ci mette di fronte, filosofia spicciola ma gradevole, ricca di pragmatismo e cinismo che permeano mondanità e routine.
Daru sostiene la sua “ragazza”. Basta uno sguardo perché i due s’intendano alla perfezione; nel suo silenzioso esserci in quanto felino, il gatto è sempre accanto a lei, non solo fisicamente. La sostiene nella sua impresa di trovare il proprio posto in quella “crudele e imperfetta società”, concetto che lo stesso Daru sottolinea più volte, con la medesima, misurata tranquillità.
Già, un gatto che la sa lunga sul realismo e la durezza della vita adulta nel Giappone contemporaneo potrebbe sembrare davvero assurdo, e proprio per questo geniale pretesto a indirizzare riflessioni schiette, intense, spesso disarmanti, onestissime e semplici nella loro amara realtà. Il corto di solo otto minuti si conclude con una ending delicata e struggente, un crescendo emotivo che non lascerà indifferenti, mentre risulta estremamente minimale e non proprio indimenticabile il resto della colonna sonora, eccetto un paio di pezzi davvero vibranti, ma nel complesso ogni tassello svolge il proprio compito per definire un quadro davvero unico.
Il secondo corto è intitolato “La ragazza e il suo cielo”: eccola qui, la ridicola e imbarazzante credenza del gatto nero che porta sfortuna. Inevitabile assioma ancestrale della più stupida scaramanzia, è un’intro che ci porta a viaggiare nel passato della ragazza, in cerca di mancanze, gelosie e una fanciullezza ormai perduta ma tuttora custodita in fondo al cuore. Daru si rinnova stupefacente dispensatore di sagge riflessioni, lascia lo spettatore confuso ma sicuramente d’accordo: ragiona a tratti come se fosse davvero un essere umano, ma percepisce e risponde agli stimoli di ogni genere come il felino qual è. Questo danzare continuo fra realismo e umanizzazione della bestia permette all’autore di mostrarci uno spaccato quotidiano filtrato che si ridefinisce quasi fiabesco, come se i racconti di Collodi, Andersen o dei Grimm ci avessero donato un lascito da gustare in chiave moderna: se creature come il Gatto con gli stivali o il Grillo di Pinocchio erano scaltri, saggi o furbi, Daru è invece premuroso, attento e profondamente, dolcemente empatico, proprio come gli animali sono realmente, se si sa viaggiare sulla loro stessa lunghezza d’onda.
Il terzo corto, “La ragazza e il suo sguardo”, ci porta nuovamente indietro nel tempo: andremo stavolta a scoprire il breve passato di Daru, dove sofferenze familiari si intrecciano proprio con la sua ragazza, mentre gli anni scorrono gravando sulla sua folta e lucida pelliccia nera. Il rapporto fra i due cambia impercettibilmente, ma l’amore, anche se muta, rimane invariato: ossimoro da accettare senza chiedere. Non è d’altronde qualcosa che capita a tutti, prima o poi?
Infine, l’ultimo, malinconico, intitolato “La ragazza e la sua storia”, chiude il cerchio.
Un epilogo dolceamaro, struggente e gentile, un classico del grande Shinkai, che, filtrato dalla fresca e piacevole sceneggiatura di Naruki Nakagawa, bilancia strette al cuore e carezze lenitive come pochi altri sanno fare e dimostra che (soprattutto) nei corti, il sensei riesce sempre a dare il meglio di sé grazie a quel ritmo compassato e quei silenzi pigri ma riflessivi, unici nel loro genere.
E, proprio quando tutto sembra terminato, addirittura dopo i titoli di coda, ecco un altro tocco di magia, per una sorpresa davvero inaspettata.
Quattro piccoli camei, artisticamente validissimi (e non poteva essere diversamente), delle poesie animate, leggere come ali di farfalla in una mattina di primavera inoltrata, ricche di emozioni sopite e dedicate ad ogni età.
Che gli animali, grazie al loro più spiccato istinto bestiale percepiscano determinati stimoli ed emozioni più di qualsiasi essere umano è ormai assodato da secoli, e, nella proverbiale morbidezza dell’autore capace di smussare ogni spigolo emozionale, la sequenza di corti finisce per donarci attimi preziosi di un valore inestimabile, momenti unici e indimenticabili di vita comune che coinvolgono in prima persona lo spettatore poiché veri, quasi banali nel loro lapalissiano realismo, che in un modo o nell’altro, tutti o quasi abbiamo condiviso nella vita. Quattro gemme che sanno di magico, da guardarsi tutti d’un fiato.
Ogni cosa scorre.
Nessuno può fermare il fiume del tempo.
Tutto viaggia verso il futuro.
Chi è destinato a stare insieme si troverà e ritroverà, fino alla fine dei tempi. Non c’è alcun bisogno che tutto questo abbia un vero e proprio senso, né che ci venga comunicata una qualche forma di realismo percettivo: a fine visione si comprende comunque ogni cosa, e il messaggio è chiaro.
Poesia visiva allo stato puro.
Maaaaaooo...
Mmmmmoooww... mrauuu.
Frrrrr... frrrrr... frrrrr...
Miao maaaao,
ron... ron... ron...
Deve aver pensato qualcosa del genere la mia micia, mentre guardavamo le puntate di questa mini-serie; e dalla sua disapprovazione, non so, ma penso non le sia piaciuta.
Sai Doroty che hai ragione? Anche a me non ha lasciato granché.
L'idea originale è quella di riprendere e ampliare un piccolo corto che fu il debutto dell'oggi rinomato regista Makoto Shinkai. Ma non solo hanno aggiunto una storia che non era davvero necessaria, hanno voluto renderla troppo toccante, troppo melensa e prevedibile. Troppo ideale. C'è un punto di vista, che è quello del gatto, ma è anche un po' quello di lei, siccome noi comprendiamo sia quello che dicono i personaggi umani sia il gatto Daru. Penso che questi elementi non aiutino a dare fluidità agli episodi, che sì sono pochi e sono corti, ma, proprio per questo, costruire una trama, per quanto semplice, è stato rischioso.
L'impressione che ho avuto è che abbiano ampliato una poesia facendone un racconto, ma volendo mantenergli i tratti della poesia a tutti i costi. Insomma, non un 'poccio', ma qualcosa che, per quanto ci riguarda, non ha funzionato. Certi momenti migliori di altri (curiose e saggiamente pertinenti le riflessioni del gatto 'anziano'), ma alla fine, quando finisce, non lascia nulla.
E poi quel gatto parla troppo - vero micia? parla più di te -, sarebbe stato molto più interessante, secondo me, se avessero usato solo il suo punto di vista, gli occhi, e non la sua voce, avrebbero potuto dare un valore visivo diverso a certe scene che tutto sommato non avevano bisogno di grandi spiegazioni.
Maaaaoww...
Eh, lo so, micia, che stai scomoda così mentre scrivo, ma lasciami scrivere un ultimo paragrafo.
In genere non mi piace fare paragoni con opere legate a quelle di cui scrivo, sono dell'idea che vadano prese a sé stanti, anche se hanno lo stesso soggetto. Ma stavolta devo proprio dire che a mio parere non siamo sui livelli del corto di origine. È vero, tecnicamente è realizzato meglio, è colorato, il gatto ha un viso invece di uno schizzo e c'è un intreccio. Ma sono tutti artifizi inutili. Una bella copertina per un libro dimenticabile.
we4ygk-.è+è54tr
lò fluhl76htsxr509
Hey, hey, Doroty! Tira giù le zampine dalla tastiera! Ho capito. Ti porto fuori, ok?
Mmmmmoooww... mrauuu.
Frrrrr... frrrrr... frrrrr...
Miao maaaao,
ron... ron... ron...
Deve aver pensato qualcosa del genere la mia micia, mentre guardavamo le puntate di questa mini-serie; e dalla sua disapprovazione, non so, ma penso non le sia piaciuta.
Sai Doroty che hai ragione? Anche a me non ha lasciato granché.
L'idea originale è quella di riprendere e ampliare un piccolo corto che fu il debutto dell'oggi rinomato regista Makoto Shinkai. Ma non solo hanno aggiunto una storia che non era davvero necessaria, hanno voluto renderla troppo toccante, troppo melensa e prevedibile. Troppo ideale. C'è un punto di vista, che è quello del gatto, ma è anche un po' quello di lei, siccome noi comprendiamo sia quello che dicono i personaggi umani sia il gatto Daru. Penso che questi elementi non aiutino a dare fluidità agli episodi, che sì sono pochi e sono corti, ma, proprio per questo, costruire una trama, per quanto semplice, è stato rischioso.
L'impressione che ho avuto è che abbiano ampliato una poesia facendone un racconto, ma volendo mantenergli i tratti della poesia a tutti i costi. Insomma, non un 'poccio', ma qualcosa che, per quanto ci riguarda, non ha funzionato. Certi momenti migliori di altri (curiose e saggiamente pertinenti le riflessioni del gatto 'anziano'), ma alla fine, quando finisce, non lascia nulla.
E poi quel gatto parla troppo - vero micia? parla più di te -, sarebbe stato molto più interessante, secondo me, se avessero usato solo il suo punto di vista, gli occhi, e non la sua voce, avrebbero potuto dare un valore visivo diverso a certe scene che tutto sommato non avevano bisogno di grandi spiegazioni.
Maaaaoww...
Eh, lo so, micia, che stai scomoda così mentre scrivo, ma lasciami scrivere un ultimo paragrafo.
In genere non mi piace fare paragoni con opere legate a quelle di cui scrivo, sono dell'idea che vadano prese a sé stanti, anche se hanno lo stesso soggetto. Ma stavolta devo proprio dire che a mio parere non siamo sui livelli del corto di origine. È vero, tecnicamente è realizzato meglio, è colorato, il gatto ha un viso invece di uno schizzo e c'è un intreccio. Ma sono tutti artifizi inutili. Una bella copertina per un libro dimenticabile.
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lò fluhl76htsxr509
Hey, hey, Doroty! Tira giù le zampine dalla tastiera! Ho capito. Ti porto fuori, ok?
Tutto scorre... ma, di fatto, si potrebbe dire che tutto, alla fine, resta uguale?
Si tratta di un anime all’apparenza dolce e gentile, uno slice of life visto anche con gli occhi di Daru, il piccolo felino nero che condivide l’appartamento e la vita con la sua ragazza. Con l’espediente del flashback, ci vengono raccontati l’infanzia, l’adolescenza e il difficile passaggio all’età adulta di una giovane qualunque.
Molto breve, si tratta infatti di quattro episodi da sette minuti ciascuno, sigle comprese, è in realtà la rielaborazione per la regia di Kazuya Sakamoto di un precedente lavoro in bianco e nero di Makoto Shinkai, dallo stesso titolo, ma in un unico episodio in bianco e nero di pochissimi minuti.
Già dall’opening si ha l’idea di un’atmosfera ovattata, sottolineata da un commento musicale dolce e non invadente, minimale, e dall’utilizzo di disegni morbidi dai colori tenui, pastello.
Come spesso accade, si tende a dimenticare cosa succede nei primissimi minuti di un’opera, mentre a volte è proprio nell’incipit che si nasconde la chiave di almeno una parte del suo significato. L’attenzione viene catturata da altre cose, in questo caso specifico dalla suadente voce di Shintarō Asanuma, seiyuu di lungo corso in grado di far rabbrividire un falò, che interpreta i pensieri di Daru, un micio nero ormai molto avanti negli anni.
Ci viene così raccontato che la compagna di appartamento di Miyu (la ragazza), che si sta laureando, lascia la casa, mettendola in ristrettezze economiche e costringendola a cercarsi un lavoro, che però non trova, mentre la madre la assilla per farla tornare alla dimora natale. La cosa è impensabile, perché significherebbe tornare all’infanzia, mentre l’indipendenza, intesa anche come abitazione, è la porta dell’età adulta. Dolcezza e colori soffusi, ma anche tanta tristezza ed esasperazione.
Si passa poi alla narrazione di quando Daru è entrato a far parte della famiglia. In principio la piccola Miyu ne era gelosa, arrivando fino a tentare di abbandonarlo sotto un ponte, per poi ripensarci all’ultimo momento. E sempre c’è questa spina nascosta: la dolcezza del racconto tenta, senza riuscirci, di farci dimenticare che l’inizio del loro rapporto non è stato dei migliori. Eppure, sarà proprio Daru a farle trovare finalmente un’amica. E, col passare degli anni, la relazione fra i due diventerà sempre più profonda, fatta non di compagnia continua e assillante, ma dei piccoli gesti della quotidianità: il rito della colazione al mattino, il rientro a casa della ragazza, l’ozio su un letto condiviso. Come è normale che sia per un animale, grande importanza assume per lui l’odore di Miyu. La casa profuma di lei, e lui la cerca seguendo il suo profumo.
La voce del piccolo felino ci accompagna per tutta l’opera. Lui dichiara più volte di non capire quello che dice la ragazza, ma di capire invece perfettamente quello che prova. A tratti ci si domanda se sia vero e si sorride, ma non è mai un sorriso scevro di malinconia, anzi. Il pensiero e le riflessioni del micio sulla quotidianità, i ricordi, la vecchiaia e la morte avvolgono il tutto in una cappa di dolorosa tristezza, soffusa, ma sempre malinconicamente presente. Man mano che le immagini scorrono, non si può fare a meno di immedesimarsi con la depressione di Miyu e lo sconforto di Daru che vorrebbe aiutarla e non può farlo... o forse sì?
I fortunati possessori di un piccolo felino, magari grigio come il mio, non potranno che immedesimarsi coi personaggi di questa minuscola gemma. Commuoversi nel finale non è un obbligo, è semplicemente ineluttabile. Pazientare oltre la fine dei titoli di coda, magari asciugandosi furtivamente una lacrimuccia o dieci, è altamente raccomandato: si verrà premiati con un tremulo sorriso. Il cerchio si chiude là dove Miyu e Daru avevano iniziato il loro vero rapporto. Tutto scorre. Forse.
Consigliato a chi non tema di esternare le proprie emozioni. D’altronde, è talmente breve che l’investimento in termini di tempo è veramente minimo, e si verrà ricompensati da un gioiellino dai disegni molto gradevoli, con una vicenda normalissima, ma raccontata da un punto di vista duale e insolito. Raccomandato.
Si tratta di un anime all’apparenza dolce e gentile, uno slice of life visto anche con gli occhi di Daru, il piccolo felino nero che condivide l’appartamento e la vita con la sua ragazza. Con l’espediente del flashback, ci vengono raccontati l’infanzia, l’adolescenza e il difficile passaggio all’età adulta di una giovane qualunque.
Molto breve, si tratta infatti di quattro episodi da sette minuti ciascuno, sigle comprese, è in realtà la rielaborazione per la regia di Kazuya Sakamoto di un precedente lavoro in bianco e nero di Makoto Shinkai, dallo stesso titolo, ma in un unico episodio in bianco e nero di pochissimi minuti.
Già dall’opening si ha l’idea di un’atmosfera ovattata, sottolineata da un commento musicale dolce e non invadente, minimale, e dall’utilizzo di disegni morbidi dai colori tenui, pastello.
Come spesso accade, si tende a dimenticare cosa succede nei primissimi minuti di un’opera, mentre a volte è proprio nell’incipit che si nasconde la chiave di almeno una parte del suo significato. L’attenzione viene catturata da altre cose, in questo caso specifico dalla suadente voce di Shintarō Asanuma, seiyuu di lungo corso in grado di far rabbrividire un falò, che interpreta i pensieri di Daru, un micio nero ormai molto avanti negli anni.
Ci viene così raccontato che la compagna di appartamento di Miyu (la ragazza), che si sta laureando, lascia la casa, mettendola in ristrettezze economiche e costringendola a cercarsi un lavoro, che però non trova, mentre la madre la assilla per farla tornare alla dimora natale. La cosa è impensabile, perché significherebbe tornare all’infanzia, mentre l’indipendenza, intesa anche come abitazione, è la porta dell’età adulta. Dolcezza e colori soffusi, ma anche tanta tristezza ed esasperazione.
Si passa poi alla narrazione di quando Daru è entrato a far parte della famiglia. In principio la piccola Miyu ne era gelosa, arrivando fino a tentare di abbandonarlo sotto un ponte, per poi ripensarci all’ultimo momento. E sempre c’è questa spina nascosta: la dolcezza del racconto tenta, senza riuscirci, di farci dimenticare che l’inizio del loro rapporto non è stato dei migliori. Eppure, sarà proprio Daru a farle trovare finalmente un’amica. E, col passare degli anni, la relazione fra i due diventerà sempre più profonda, fatta non di compagnia continua e assillante, ma dei piccoli gesti della quotidianità: il rito della colazione al mattino, il rientro a casa della ragazza, l’ozio su un letto condiviso. Come è normale che sia per un animale, grande importanza assume per lui l’odore di Miyu. La casa profuma di lei, e lui la cerca seguendo il suo profumo.
La voce del piccolo felino ci accompagna per tutta l’opera. Lui dichiara più volte di non capire quello che dice la ragazza, ma di capire invece perfettamente quello che prova. A tratti ci si domanda se sia vero e si sorride, ma non è mai un sorriso scevro di malinconia, anzi. Il pensiero e le riflessioni del micio sulla quotidianità, i ricordi, la vecchiaia e la morte avvolgono il tutto in una cappa di dolorosa tristezza, soffusa, ma sempre malinconicamente presente. Man mano che le immagini scorrono, non si può fare a meno di immedesimarsi con la depressione di Miyu e lo sconforto di Daru che vorrebbe aiutarla e non può farlo... o forse sì?
I fortunati possessori di un piccolo felino, magari grigio come il mio, non potranno che immedesimarsi coi personaggi di questa minuscola gemma. Commuoversi nel finale non è un obbligo, è semplicemente ineluttabile. Pazientare oltre la fine dei titoli di coda, magari asciugandosi furtivamente una lacrimuccia o dieci, è altamente raccomandato: si verrà premiati con un tremulo sorriso. Il cerchio si chiude là dove Miyu e Daru avevano iniziato il loro vero rapporto. Tutto scorre. Forse.
Consigliato a chi non tema di esternare le proprie emozioni. D’altronde, è talmente breve che l’investimento in termini di tempo è veramente minimo, e si verrà ricompensati da un gioiellino dai disegni molto gradevoli, con una vicenda normalissima, ma raccontata da un punto di vista duale e insolito. Raccomandato.
Semplice, dolce, incisivo; sono i tre aggettivi che assocerei immediatamente a “Lei e il gatto: Everything Flows”. Semplice come la storia che racconta, piccoli frammenti di vita di una ragazza, Miyu, e del suo gatto, Daru, e del rapporto che li ha legati durante la rispettiva crescita. Dolce come l’atmosfera ovattata che si respira quasi in ogni momento, mentre il flusso di pensieri di Daru mostra tutto il suo interesse nell’aiutare e consolare la padrona nei momenti difficili. Incisivo perché in quattro mini-episodi, che raccontano venti minuti scarsi di storia, riesce a trasmetterti quanto prezioso sia questo legame e come la presenza di un amico insostituibile, in questo caso un animale, ma è un dettaglio trascurabile, possa influenzare decisamente le nostre vite.
Difficile aggiungere altro a questo punto, e del resto non ho intenzione di essere troppo prolisso in questa recensione su una mini-serie che a livello personale è stato un inatteso, quanto gradito, regalo di Natale visto in ritardo. “Lei e il gatto: Everything Flows” è un rimaneggiamento del cortometraggio originale (‘Kanojo to Kanojo no Neko’) creato da Makoto Shinkai, e conserva del famoso regista la sua poetica romantica, senza tuttavia eccedere nel sentimentalismo più stucchevole. Lo studio Liden Films ne ha curato l’essenziale ma avvolgente realizzazione, frutto di un design morbido dai colori caldi e delicati, mentre la riuscita della splendida atmosfera finale è garantita dalle musiche dei TO-MAS, tra cui vale la pena segnalare la struggente ending “Sonata”, cantata dal gruppo j-pop dei Clammbon. Come felice tradizione, il fiore all’occhiello del comparto sonoro è il doppiaggio giapponese, che in questo caso, e mi riferisco ai due personaggi principali, è affidato a due esperti del settore quali Shintarō Asanuma nei panni del flemmatico Daru e la divina Kana Hanazawa, che dà voce alla protagonista Miyu.
Come non consigliare quindi la visione di questa serie di corti, già solo la durata esigua li rende aperti ad ogni tipo di pubblico, ma la semplicità e la delicatezza della storia che raccontano li rendono davvero una piccola chicca da godersi in qualsiasi momento, soprattutto se si ha la fortuna di condividere parte della propria vita in compagnia di un amico animale; ciò che propongono non è un contenuto particolarmente originale, sia chiaro, né qualcosa che serie o film magari più articolati non abbiano già affrontato, tuttavia restano una visione gradevolissima e rappresentano pure un comodo accesso, per chi non ne fosse avvezzo magari, al mondo degli anime o ad alcune tematiche di un nome ormai noto universalmente come Shinkai. L’unica avvertenza che posso dare è questa: se, come me, avete un gatto di compagnia che è la copia esatta del nostro Daru protagonista, in alcuni momenti potreste ‘avvertire’ un po’ d’ansia; purtroppo, è l’inevitabile cerchio della vita.
Difficile aggiungere altro a questo punto, e del resto non ho intenzione di essere troppo prolisso in questa recensione su una mini-serie che a livello personale è stato un inatteso, quanto gradito, regalo di Natale visto in ritardo. “Lei e il gatto: Everything Flows” è un rimaneggiamento del cortometraggio originale (‘Kanojo to Kanojo no Neko’) creato da Makoto Shinkai, e conserva del famoso regista la sua poetica romantica, senza tuttavia eccedere nel sentimentalismo più stucchevole. Lo studio Liden Films ne ha curato l’essenziale ma avvolgente realizzazione, frutto di un design morbido dai colori caldi e delicati, mentre la riuscita della splendida atmosfera finale è garantita dalle musiche dei TO-MAS, tra cui vale la pena segnalare la struggente ending “Sonata”, cantata dal gruppo j-pop dei Clammbon. Come felice tradizione, il fiore all’occhiello del comparto sonoro è il doppiaggio giapponese, che in questo caso, e mi riferisco ai due personaggi principali, è affidato a due esperti del settore quali Shintarō Asanuma nei panni del flemmatico Daru e la divina Kana Hanazawa, che dà voce alla protagonista Miyu.
Come non consigliare quindi la visione di questa serie di corti, già solo la durata esigua li rende aperti ad ogni tipo di pubblico, ma la semplicità e la delicatezza della storia che raccontano li rendono davvero una piccola chicca da godersi in qualsiasi momento, soprattutto se si ha la fortuna di condividere parte della propria vita in compagnia di un amico animale; ciò che propongono non è un contenuto particolarmente originale, sia chiaro, né qualcosa che serie o film magari più articolati non abbiano già affrontato, tuttavia restano una visione gradevolissima e rappresentano pure un comodo accesso, per chi non ne fosse avvezzo magari, al mondo degli anime o ad alcune tematiche di un nome ormai noto universalmente come Shinkai. L’unica avvertenza che posso dare è questa: se, come me, avete un gatto di compagnia che è la copia esatta del nostro Daru protagonista, in alcuni momenti potreste ‘avvertire’ un po’ d’ansia; purtroppo, è l’inevitabile cerchio della vita.
Prima che Shinkai cercasse spasmodicamente di voler meravigliare il pubblico, era capace di raccontare una buona storia di vita e di affetti, in appena venti minuti.
“Lei e il gatto” è una mini-serie di quattro mini-episodi (sì, è tutto mini qui), in cui assisteremo alla crescita del legame tra Miyu e il suo gatto Daru. In quattro passaggi conosceremo i dubbi, le paure e la forza di una ragazza che vuole rendersi indipendente e di un gatto che, per quanto sfaticato (come tutti i gatti), le è sempre vicino, dandole inconsciamente il supporto emotivo necessario per andare avanti.
Questa mini-serie offre diversi spunti interessanti su cui riflettere. In particolare sono riuscito ad empatizzare con la situazione e le ansie vissute dalla ragazza, le circostanze mostrate su schermo erano verosimili e non esasperate, affini ad alcune situazioni che avevo vissuto. Ho apprezzato la mancanza di drammi o situazioni commediali, magari qualcuno potrebbe trovare la storia inconcludente, ma dal canto mio l'ho trovata un interessante spaccato di vita. La sfida con noi stessi per raggiungere l’indipendenza, sfida che prima o poi tutti dobbiamo affrontare.
A fare da mascotte a questo quadro, c’è appunto il gatto di lei, Daru, per il quale devo ammettere di non aver provato inizialmente simpatia, o meglio, non afferravo il suo contributo alla storia nonostante alcuni pensieri “profondi”, ma molto poco da gatto. Eppure, dal terzo episodio la situazione cambia, non nego infatti che, una volta finita la serie, mi ero quasi deciso a scendere al negozio di animali sotto casa per prendere un gatto da compagnia.
Anche in questa serie, come per ogni altra opera di Shinkai, c’è un concetto che si ripete, parlo del destino. Personaggi diversi ma con le medesime finalità, il filo del destino che si intreccia. Per quanto riconosca nel destino una base mistica e poco realistica, non posso far altro che restare affascinato ogni volta che lo vedo rappresentato, e chissà se un giorno mi trasformerò da spettatore a protagonista di questo mistico evento... se ce l’ha fatta un gatto.
Graficamente i corti sono ben realizzati, è tutto semplice e delicato, dal character design ai colori. Non c’è la ricerca del dettaglio e della perfezione come per le altre produzioni di Shinkai (anche il corto pubblicitario “Cross Road” di appena due minuti risulta graficamente più ricercato), tuttavia questa mini-serie non sfigurerebbe se messa a confronto.
Musiche piacevoli accompagnano bene le immagini, riuscendo a donare la giusta atmosfera allo spettatore. Estremamente dolce l’ending, andateci cauti.
“Lei e il gatto” merita la visione? A meno che, nella vostra giornata, non abbiate nemmeno il tempo per andare in bagno, penso che questa mini-serie possa essere vista tranquillamente, in circa venti minuti assisterete alle scelte di vita di Miyu e al legame insolubile tra lei e il suo gatto.
Ero un po’ indeciso sul voto da dare alla serie, precisamente tra 6 e 7, alla fine ho scelto 6,5 perché non ho trovato difetti tali da minare una sufficienza o pregi tali da darle più di una sufficienza, quindi 6,5 l’ho trovato il voto ideale.
“Lei e il gatto” è una mini-serie di quattro mini-episodi (sì, è tutto mini qui), in cui assisteremo alla crescita del legame tra Miyu e il suo gatto Daru. In quattro passaggi conosceremo i dubbi, le paure e la forza di una ragazza che vuole rendersi indipendente e di un gatto che, per quanto sfaticato (come tutti i gatti), le è sempre vicino, dandole inconsciamente il supporto emotivo necessario per andare avanti.
Questa mini-serie offre diversi spunti interessanti su cui riflettere. In particolare sono riuscito ad empatizzare con la situazione e le ansie vissute dalla ragazza, le circostanze mostrate su schermo erano verosimili e non esasperate, affini ad alcune situazioni che avevo vissuto. Ho apprezzato la mancanza di drammi o situazioni commediali, magari qualcuno potrebbe trovare la storia inconcludente, ma dal canto mio l'ho trovata un interessante spaccato di vita. La sfida con noi stessi per raggiungere l’indipendenza, sfida che prima o poi tutti dobbiamo affrontare.
A fare da mascotte a questo quadro, c’è appunto il gatto di lei, Daru, per il quale devo ammettere di non aver provato inizialmente simpatia, o meglio, non afferravo il suo contributo alla storia nonostante alcuni pensieri “profondi”, ma molto poco da gatto. Eppure, dal terzo episodio la situazione cambia, non nego infatti che, una volta finita la serie, mi ero quasi deciso a scendere al negozio di animali sotto casa per prendere un gatto da compagnia.
Anche in questa serie, come per ogni altra opera di Shinkai, c’è un concetto che si ripete, parlo del destino. Personaggi diversi ma con le medesime finalità, il filo del destino che si intreccia. Per quanto riconosca nel destino una base mistica e poco realistica, non posso far altro che restare affascinato ogni volta che lo vedo rappresentato, e chissà se un giorno mi trasformerò da spettatore a protagonista di questo mistico evento... se ce l’ha fatta un gatto.
Graficamente i corti sono ben realizzati, è tutto semplice e delicato, dal character design ai colori. Non c’è la ricerca del dettaglio e della perfezione come per le altre produzioni di Shinkai (anche il corto pubblicitario “Cross Road” di appena due minuti risulta graficamente più ricercato), tuttavia questa mini-serie non sfigurerebbe se messa a confronto.
Musiche piacevoli accompagnano bene le immagini, riuscendo a donare la giusta atmosfera allo spettatore. Estremamente dolce l’ending, andateci cauti.
“Lei e il gatto” merita la visione? A meno che, nella vostra giornata, non abbiate nemmeno il tempo per andare in bagno, penso che questa mini-serie possa essere vista tranquillamente, in circa venti minuti assisterete alle scelte di vita di Miyu e al legame insolubile tra lei e il suo gatto.
Ero un po’ indeciso sul voto da dare alla serie, precisamente tra 6 e 7, alla fine ho scelto 6,5 perché non ho trovato difetti tali da minare una sufficienza o pregi tali da darle più di una sufficienza, quindi 6,5 l’ho trovato il voto ideale.
Non aver paura di vivere, non aver paura di tentare, poiché io sarò qui al tuo fianco. È vero, nulla è per sempre e tutto scorre, tutto muta, e forse non riesco nemmeno più a raggiungerti, a stare al tuo fianco, eppure ciò che abbiamo condiviso, ciò che si è creato tra noi sarà comunque forte e potente. Siamo due storie, siamo due vite che si sono legate e intrecciate, anche se siamo diversi e non riusciamo a comunicare, forse io e te non siamo poi davvero così differenti. Siamo vivi ed esistiamo, guarda questo cielo, senti questo vento, le vedi anche tu quelle nuvole, senti anche tu il calore del sole sulla pelle. Entrambi abbiamo amato, entrambi abbiamo perduto, siamo cresciuti insieme, siamo maturati. Non c’è nulla di sbagliato nel cercare di essere indipendenti, è questo che significa davvero vivere del resto, il mondo è grande e immenso, eppure le distanze non sono vuoti incolmabili. Il nostro affetto, il legame creato cela più di quello che potrebbe sembrare e come un filo ci lega e ci unisce, un filo forte e resistente che non può essere ignorato.
Quando mi sono trovato ad approcciarmi alla visione di questi corti, qualcosa in me formicolò, era il mio quinto senso e mezzo che mi aveva portato a creare un’associazione con un’opera altrettanto famosa: “Io sono un gatto” di Natsume Soseki. Ci sono diverse opere in verità che mostrano la quotidianità di un animale, permettendoci quindi di avere un particolare punto di vista su ciò che avviene grazie ai suoi pensieri (si pensi a Snoopy, al cane che guarda le stelle, a Jolly Jumper o, per restare in tema, al povero Malachia), l’accostamento più naturale sembra però essere appunto quello con il romanzo di Soseki. Non mi ha stupito quindi più di tanto trovare un gatto dalla sensibilità umana che riflette su alcuni temi, stupisce piuttosto vedere anche come la scelta di alcuni termini contribuisca comunque a ricordare allo spettatore che lui è effettivamente un animale (che pensa, ma non può parlare).
Troviamo quindi un gatto riflessivo e un po’ intimista, Daru (questo il suo nome), che si ritrova a ricordare alcuni momenti della sua vita; lui però non è propriamente il narratore centrale, visto che il punto di vista della narrazione coincide anche con quello della ragazza (coprotagonista) che in alcuni punti scalzerà Daru, relegandolo al ruolo di ascoltatore (lei alle volte parlerà per ricordare). La serie ci permetterà di avere un breve scorcio della loro storia grazie anche ad un sapiente gioco di incastri e accenni che, come con un mosaico, ci faranno acquisire progressivamente i pezzi di quella che è stata la loro vita insieme. Daru e la ragazza sono profondamente legati, due anime inquiete che riescono a ritrovare una salvezza, un’ancora di stabilità nell’altro (la sua sola presenza diventa motivo di conforto, il suo supporto sarà anche silenzioso, ma è molto sentito). Abbiamo modo tramite il loro pensare e ricordare, strutturato come un flusso di coscienza, di riflettere anche su alcune tematiche come: il cambiamento, la crescita, l’abbandono, il rapporto con l’altro... il tutto viene affrontato con un lirismo e una pacatezza sorprendenti, simili ad una delicata carezza, riuscendo però a lasciare il segno.
Il tema portante è forse quello della caducità dell’esistenza, tutto scorre e tutto muta costantemente, e questo può spaventare, il cambiamento avviene all’improvviso senza che magari uno abbia la possibilità di esserne consapevole, arrivando quindi a ritrovarsi irrequieto e spaventato. Cosa posso fare ancora? Posso avere un qualche punto fisso su cui contare? Sono il protagonista principale sul palcoscenico della mia vita quando sto con gli altri, ma, quando calerà il sipario, resterò da solo a contemplare i miei risultati e le mie insicurezze?
Queste e altre domande sembra suscitare sottilmente questa serie, eppure riesce ad assumere anche un significativo valore catartico, proponendoci delle risposte! Sembra quasi dirci e sussurrarci che non c’è davvero nulla di sbagliato nell’aver paura nel domani, non c’è nulla da temere nel cambiamento, perché fa parte della vita. È naturale trovarsi a provare insicurezze, è lecito avere timore di ciò che potrebbe aspettarci, eppure... non siamo soli! I legami che formiamo potrebbero essere forse influenzati dal caso, i genitori potrebbero abbandonarci, gli amici arrivare all’improvviso, eppure noi non siamo mai davvero soli, perché avremo qualcuno su cui poter contare. La serie manifesta dunque una grande fiducia nel rapporto con l’altro: se anche tutto questo fosse davvero frutto del caso, non sarebbe comunque meno vero, poiché il tempo che è stato dedicato avrà contribuito a cementare i rapporti che avremo formato. È facile isolarsi e bloccarsi, eppure non c’è niente di male nel riuscire ad appoggiarsi all’altro, che ci esorta e ci sprona a migliorare, ci giudica e ci critica, ma sarà sempre un sostegno su cui poter contare. Tutte queste considerazioni contribuiscono a far emergere anche un altro aspetto centrale della serie, quello che potrebbe essere forse considerato anche il suo cuore pulsante, ovvero l’empatia. Daru e la ragazza non possono comunicare, fanno parte di mondi diversi e sono due esseri distinti, eppure riescono a comprendersi e capirsi, sono in grado di rispettare lo spazio dell’altro, diventando un punto di riferimento, l’altro può quindi essere compreso e aiutato ricevendo sostegno dove difetta. Entrambi i personaggi hanno bisogno di qualcuno che diventi per loro qualcuno con cui stare, per non ritrovarsi soli, entrambi i personaggi hanno bisogno di qualcuno che “ascolti”, potendo rimanere sé stessi nel bene e nel male.
Ciò che contribuisce a rendere questi corti ulteriormente interessanti è il loro carattere poetico, il modo in cui i temi vengono quindi narrati, arrivando a quella che può essere considerata anche una contemplazione ed esaltazione del quotidiano nella vita e i suoi gesti in una maniera calma e rilassante che invita alla riflessione. Tutto è banale e piccolo, eppure così grandioso e unico, proprio perché irripetibile, tutto questo non dovrebbe sorprendere più di tanto, se si considerano le caratteristiche del precedente corto originale (di cui questa serie è ripresa e approfondimento), la natura poetica in quel caso emergente in maniera prominente (mi sembra superfluo dire che per una visione più completa sarebbe consigliabile visionare anche quel corto).
Due parole merita anche il comparto grafico, elemento che contribuisce a rendere ancor più gradita la visione di questa serie. Le inquadrature sono ben calibrate, ponendo la giusta attenzione sugli sguardi e le espressioni irrequiete o incerte dei nostri personaggi, i colori risultano poi azzeccati, contribuendo a creare la giusta atmosfera grazie anche al corretto utilizzo della luce. Una visione che è una vera gioia per gli occhi, cosa che credo sia difficile da negare.
La serie riesce però a parlare anche di quella che è la condizione dei giovani, con tutte le problematiche che possono trovare al giorno d’oggi. La nostra ragazza infatti anela all’indipendenza, ricerca un’emancipazione difficile da trovare, pur tentando di compiere i passi necessari in tal senso. Si allontanerà infatti dalla casa natale portando con sé il suo gatto, il dettaglio potrebbe sembrare superfluo, ma il felino diventa un sottile punto di contatto tra il passato e il presente (un filo rosso che la lega alla madre). In un certo modo la ragazza non riesce a voltare completamente le spalle al passato, consapevole forse dell’incertezza di quello che l’aspetterà, consapevole che forse è ancora troppo fragile per l’avvenire e che magari potrebbe rendersi necessario dare uno sguardo al passato.
Una serie di corti che quindi ho apprezzato molto e che per via dei messaggi che riesce a veicolare e del modo in cui lo fa mi sentirei di consigliare molto, il tutto è poi anche graziato da un comparto tecnico eccellente. Non mi sento di definirlo però perfetto, il tutto si riduce forse più ad un esercizio di stile in cui i personaggi risultano un po’ troppo inconsistenti e sfumati, rimanendo sullo sfondo rispetto al messaggio, sembrano infatti essere un mero pretesto messo sullo schermo per necessità di trama. Quello che voglio dire è che non ho trovato un grande coinvolgimento emotivo nei personaggi, che mi sono sembrati essere due individui qualsiasi, Daru è un gatto e non il gatto Daru (non so se mi spiego). Si potrebbe dire che questo non sia un aspetto troppo negativo, visto che permette una facile immedesimazione dello spettatore (così vacui i personaggi da risultare necessariamente universali), non sarebbe un punto di vista sbagliato, la storia tocca infatti temi caldi con cui alla fin fine tutti si trovano a dover fare i conti e riesce a farlo in un modo molto emozionante; se ho apprezzato ciò che ho visto, però non è stato per i personaggi. Questo al termine di tutto mi sento di considerarlo come un difetto minore, dovuto più alla mia sensibilità personale, la visione non esce davvero danneggiata e l’opera resta caldamente consigliata.
N.B. Più che 8,5 io propenderei più per un 8,7, non arriva al 9 per poco.
Quando mi sono trovato ad approcciarmi alla visione di questi corti, qualcosa in me formicolò, era il mio quinto senso e mezzo che mi aveva portato a creare un’associazione con un’opera altrettanto famosa: “Io sono un gatto” di Natsume Soseki. Ci sono diverse opere in verità che mostrano la quotidianità di un animale, permettendoci quindi di avere un particolare punto di vista su ciò che avviene grazie ai suoi pensieri (si pensi a Snoopy, al cane che guarda le stelle, a Jolly Jumper o, per restare in tema, al povero Malachia), l’accostamento più naturale sembra però essere appunto quello con il romanzo di Soseki. Non mi ha stupito quindi più di tanto trovare un gatto dalla sensibilità umana che riflette su alcuni temi, stupisce piuttosto vedere anche come la scelta di alcuni termini contribuisca comunque a ricordare allo spettatore che lui è effettivamente un animale (che pensa, ma non può parlare).
Troviamo quindi un gatto riflessivo e un po’ intimista, Daru (questo il suo nome), che si ritrova a ricordare alcuni momenti della sua vita; lui però non è propriamente il narratore centrale, visto che il punto di vista della narrazione coincide anche con quello della ragazza (coprotagonista) che in alcuni punti scalzerà Daru, relegandolo al ruolo di ascoltatore (lei alle volte parlerà per ricordare). La serie ci permetterà di avere un breve scorcio della loro storia grazie anche ad un sapiente gioco di incastri e accenni che, come con un mosaico, ci faranno acquisire progressivamente i pezzi di quella che è stata la loro vita insieme. Daru e la ragazza sono profondamente legati, due anime inquiete che riescono a ritrovare una salvezza, un’ancora di stabilità nell’altro (la sua sola presenza diventa motivo di conforto, il suo supporto sarà anche silenzioso, ma è molto sentito). Abbiamo modo tramite il loro pensare e ricordare, strutturato come un flusso di coscienza, di riflettere anche su alcune tematiche come: il cambiamento, la crescita, l’abbandono, il rapporto con l’altro... il tutto viene affrontato con un lirismo e una pacatezza sorprendenti, simili ad una delicata carezza, riuscendo però a lasciare il segno.
Il tema portante è forse quello della caducità dell’esistenza, tutto scorre e tutto muta costantemente, e questo può spaventare, il cambiamento avviene all’improvviso senza che magari uno abbia la possibilità di esserne consapevole, arrivando quindi a ritrovarsi irrequieto e spaventato. Cosa posso fare ancora? Posso avere un qualche punto fisso su cui contare? Sono il protagonista principale sul palcoscenico della mia vita quando sto con gli altri, ma, quando calerà il sipario, resterò da solo a contemplare i miei risultati e le mie insicurezze?
Queste e altre domande sembra suscitare sottilmente questa serie, eppure riesce ad assumere anche un significativo valore catartico, proponendoci delle risposte! Sembra quasi dirci e sussurrarci che non c’è davvero nulla di sbagliato nell’aver paura nel domani, non c’è nulla da temere nel cambiamento, perché fa parte della vita. È naturale trovarsi a provare insicurezze, è lecito avere timore di ciò che potrebbe aspettarci, eppure... non siamo soli! I legami che formiamo potrebbero essere forse influenzati dal caso, i genitori potrebbero abbandonarci, gli amici arrivare all’improvviso, eppure noi non siamo mai davvero soli, perché avremo qualcuno su cui poter contare. La serie manifesta dunque una grande fiducia nel rapporto con l’altro: se anche tutto questo fosse davvero frutto del caso, non sarebbe comunque meno vero, poiché il tempo che è stato dedicato avrà contribuito a cementare i rapporti che avremo formato. È facile isolarsi e bloccarsi, eppure non c’è niente di male nel riuscire ad appoggiarsi all’altro, che ci esorta e ci sprona a migliorare, ci giudica e ci critica, ma sarà sempre un sostegno su cui poter contare. Tutte queste considerazioni contribuiscono a far emergere anche un altro aspetto centrale della serie, quello che potrebbe essere forse considerato anche il suo cuore pulsante, ovvero l’empatia. Daru e la ragazza non possono comunicare, fanno parte di mondi diversi e sono due esseri distinti, eppure riescono a comprendersi e capirsi, sono in grado di rispettare lo spazio dell’altro, diventando un punto di riferimento, l’altro può quindi essere compreso e aiutato ricevendo sostegno dove difetta. Entrambi i personaggi hanno bisogno di qualcuno che diventi per loro qualcuno con cui stare, per non ritrovarsi soli, entrambi i personaggi hanno bisogno di qualcuno che “ascolti”, potendo rimanere sé stessi nel bene e nel male.
Ciò che contribuisce a rendere questi corti ulteriormente interessanti è il loro carattere poetico, il modo in cui i temi vengono quindi narrati, arrivando a quella che può essere considerata anche una contemplazione ed esaltazione del quotidiano nella vita e i suoi gesti in una maniera calma e rilassante che invita alla riflessione. Tutto è banale e piccolo, eppure così grandioso e unico, proprio perché irripetibile, tutto questo non dovrebbe sorprendere più di tanto, se si considerano le caratteristiche del precedente corto originale (di cui questa serie è ripresa e approfondimento), la natura poetica in quel caso emergente in maniera prominente (mi sembra superfluo dire che per una visione più completa sarebbe consigliabile visionare anche quel corto).
Due parole merita anche il comparto grafico, elemento che contribuisce a rendere ancor più gradita la visione di questa serie. Le inquadrature sono ben calibrate, ponendo la giusta attenzione sugli sguardi e le espressioni irrequiete o incerte dei nostri personaggi, i colori risultano poi azzeccati, contribuendo a creare la giusta atmosfera grazie anche al corretto utilizzo della luce. Una visione che è una vera gioia per gli occhi, cosa che credo sia difficile da negare.
La serie riesce però a parlare anche di quella che è la condizione dei giovani, con tutte le problematiche che possono trovare al giorno d’oggi. La nostra ragazza infatti anela all’indipendenza, ricerca un’emancipazione difficile da trovare, pur tentando di compiere i passi necessari in tal senso. Si allontanerà infatti dalla casa natale portando con sé il suo gatto, il dettaglio potrebbe sembrare superfluo, ma il felino diventa un sottile punto di contatto tra il passato e il presente (un filo rosso che la lega alla madre). In un certo modo la ragazza non riesce a voltare completamente le spalle al passato, consapevole forse dell’incertezza di quello che l’aspetterà, consapevole che forse è ancora troppo fragile per l’avvenire e che magari potrebbe rendersi necessario dare uno sguardo al passato.
Una serie di corti che quindi ho apprezzato molto e che per via dei messaggi che riesce a veicolare e del modo in cui lo fa mi sentirei di consigliare molto, il tutto è poi anche graziato da un comparto tecnico eccellente. Non mi sento di definirlo però perfetto, il tutto si riduce forse più ad un esercizio di stile in cui i personaggi risultano un po’ troppo inconsistenti e sfumati, rimanendo sullo sfondo rispetto al messaggio, sembrano infatti essere un mero pretesto messo sullo schermo per necessità di trama. Quello che voglio dire è che non ho trovato un grande coinvolgimento emotivo nei personaggi, che mi sono sembrati essere due individui qualsiasi, Daru è un gatto e non il gatto Daru (non so se mi spiego). Si potrebbe dire che questo non sia un aspetto troppo negativo, visto che permette una facile immedesimazione dello spettatore (così vacui i personaggi da risultare necessariamente universali), non sarebbe un punto di vista sbagliato, la storia tocca infatti temi caldi con cui alla fin fine tutti si trovano a dover fare i conti e riesce a farlo in un modo molto emozionante; se ho apprezzato ciò che ho visto, però non è stato per i personaggi. Questo al termine di tutto mi sento di considerarlo come un difetto minore, dovuto più alla mia sensibilità personale, la visione non esce davvero danneggiata e l’opera resta caldamente consigliata.
N.B. Più che 8,5 io propenderei più per un 8,7, non arriva al 9 per poco.
Alla conclusione di questa breve serie anime, posso definire il mio rapporto con Shinkai e con i felini ancor più controverso di quanto già non fosse. Per quanto concerne l’animatore/regista giapponese, l’ho sempre considerato un autentico prodigio nelle animazioni, nonché un accattivante ideatore di soggetti originali. D’altro canto ho spesso mosso critica verso le sue, parere mio, discutibili qualità di sceneggiatore. Abuso di deus ex-macchina, decine di sotto-trame aperte e mai concluse, grandi difficoltà nel distaccarsi da un canovaccio che sembra esser diventato il suo mantra (ergo il classico duo adolescenziale catapultato in un contesto anomalo/sovrannaturale, con un pizzico di romanticismo) sono tutti difetti che mi hanno, nel corso degli anni, allontanato dalle sue opere. Passando invece agli amorevoli mammiferi, per molti aspetti li adoro, nella loro indipendenza controbilanciata d’altrettanta affettuosità. D’altro canto li detesto poiché colpevoli, inconsapevolmente, d’esser motivo di mia allergia, che mi costringe a distanziarli a dovere. Fortunatamente, "Lei e il suo gatto: Everything Flows" di M. Shinkai, con la regia di K. Sakamoto e la sceneggiatura di N. Nakagawa, ha superato diversi miei pregiudizi.
Partiamo con il dire che la trama è inesistente. La storia, infatti, ruota tutta attorno a Daru, il gatto domestico della ragazza protagonista del film, una giovane universitaria alle prese con problematiche comuni: la ricerca di un lavoro, di un affitto conveniente, il tutto minato dal difficile rapporto con la madre. Attraverso i pensieri del felino si conoscono così alcuni (pochi) retroscena della giovane, con il nostro Daru in versione opinionista. Una simile non-trama, assolutamente priva di sviluppi, ricalcante in maniera quasi eccessiva la via dello slice of life, normalmente la considererei un difetto. Qui però si verifica un paradosso. Come ho precedentemente detto, Shinkai, in generale, presenta grosse difficoltà nel dare coerenza alla sceneggiatura, ricorrendo con frequenza a “scappatoie” per far tornare i mille conti che è solito aprire. Questo difetto, in molte sue opere, viene spesso mascherato sotto milioni di frame e OST da capogiro, che riescono egregiamente a coprire i crateri di trama che è solito creare. Qui, invece, proprio grazie alla narrazione scarna, ma focalizzata sui pensieri del felino, è riuscito a far emergere i propri pregi senza cadere nei soliti scivoloni. È anche vero che la regia non è propriamente sua, quindi non posso del tutto riabilitarlo. Addirittura, in questa non-storia, si può quasi parlare di finale, legato indissolubilmente all’arco vitale della creatura protagonista. Se dovessi dare un titolo descrittivo, definirei questi quattro corti come un "Diario del gatto Daru: riflessioni".
Il protagonista indiscusso della storia è Daru, il paffuto gatto nero, che cerca, al meglio delle sue possibilità, d’aiutare la padrona. Sebbene alcune riflessioni siano quantomeno forzate, perché comunque troppo lontane per poter essere elucubrate nella mente di un animale, è comunque apprezzabile il tentativo di dare una qualche credibilità al tutto. Semplici battute, pensieri lineari riescono da un lato a mantenere quel necessario distacco tra uomo e felino, d’altro canto riescono ad esprimere in maniera convincente quell’affettività che ha reso i gatti tra gli animali domestici più popolari al mondo. La scelta dell’ambientazione è un’ulteriore nota di merito. Mantenere l’intera narrazione all’interno delle mura domestiche incrementa, ulteriormente, il realismo della serie. C’è poco da dire, invece, sulla ragazza e sui comprimari, troppo poco abbozzati per poter essere anche solo giudicati. Ma sicuramente sono tutti elementi funzionali, espedienti attraverso cui il micio ci rende partecipi dei propri pensieri.
Le animazioni sono semplici. C’è poca cura nei fondali, ma il tutto viene compensato dalle meticolose inquadrature dei volti, focalizzate sul trasmettere le emozioni di Daru e della padrona. Il chara design è sicuramente il punto di forza del compartimento animato. I colori sono azzeccati, e la scelta delle ombre permette di ricreare una corretta ambientazione domestica. Le OST sono limitate, ridotte a una manciata di tracce, ma sono tutte a tema. Questo piccolo difetto, tra l’altro, non si fa nemmeno notare, vista l’esigua durata dei corti.
Posso dire, in conclusione, che questa serie si sia rivelata un piacevole passatempo. Contrariamente al mio scetticismo iniziale, ho visionato quattro corti semplici, ma interessanti (cosa che mi fa, per certi aspetti, un po’ arrabbiare, soprattutto al pensiero di come Shinkai abbia sceneggiato alcune opere ben più celebri... non avrebbe potuto solo occuparsi dei soggetti originali?). Ho finito persino per (quasi) emozionarmi, probabilmente con la complicità del momento difficile che sto vivendo. Non è una storia imperdibile, ma allo stesso tempo sa intrattenere a dovere. Se siete profondi cultori degli slice of life riflessivi o se siete anche solo alla ricerca di trenta minuti disimpegnati, date una possibilità al batuffolo nero Daru: vi scalderà il cuore.
Partiamo con il dire che la trama è inesistente. La storia, infatti, ruota tutta attorno a Daru, il gatto domestico della ragazza protagonista del film, una giovane universitaria alle prese con problematiche comuni: la ricerca di un lavoro, di un affitto conveniente, il tutto minato dal difficile rapporto con la madre. Attraverso i pensieri del felino si conoscono così alcuni (pochi) retroscena della giovane, con il nostro Daru in versione opinionista. Una simile non-trama, assolutamente priva di sviluppi, ricalcante in maniera quasi eccessiva la via dello slice of life, normalmente la considererei un difetto. Qui però si verifica un paradosso. Come ho precedentemente detto, Shinkai, in generale, presenta grosse difficoltà nel dare coerenza alla sceneggiatura, ricorrendo con frequenza a “scappatoie” per far tornare i mille conti che è solito aprire. Questo difetto, in molte sue opere, viene spesso mascherato sotto milioni di frame e OST da capogiro, che riescono egregiamente a coprire i crateri di trama che è solito creare. Qui, invece, proprio grazie alla narrazione scarna, ma focalizzata sui pensieri del felino, è riuscito a far emergere i propri pregi senza cadere nei soliti scivoloni. È anche vero che la regia non è propriamente sua, quindi non posso del tutto riabilitarlo. Addirittura, in questa non-storia, si può quasi parlare di finale, legato indissolubilmente all’arco vitale della creatura protagonista. Se dovessi dare un titolo descrittivo, definirei questi quattro corti come un "Diario del gatto Daru: riflessioni".
Il protagonista indiscusso della storia è Daru, il paffuto gatto nero, che cerca, al meglio delle sue possibilità, d’aiutare la padrona. Sebbene alcune riflessioni siano quantomeno forzate, perché comunque troppo lontane per poter essere elucubrate nella mente di un animale, è comunque apprezzabile il tentativo di dare una qualche credibilità al tutto. Semplici battute, pensieri lineari riescono da un lato a mantenere quel necessario distacco tra uomo e felino, d’altro canto riescono ad esprimere in maniera convincente quell’affettività che ha reso i gatti tra gli animali domestici più popolari al mondo. La scelta dell’ambientazione è un’ulteriore nota di merito. Mantenere l’intera narrazione all’interno delle mura domestiche incrementa, ulteriormente, il realismo della serie. C’è poco da dire, invece, sulla ragazza e sui comprimari, troppo poco abbozzati per poter essere anche solo giudicati. Ma sicuramente sono tutti elementi funzionali, espedienti attraverso cui il micio ci rende partecipi dei propri pensieri.
Le animazioni sono semplici. C’è poca cura nei fondali, ma il tutto viene compensato dalle meticolose inquadrature dei volti, focalizzate sul trasmettere le emozioni di Daru e della padrona. Il chara design è sicuramente il punto di forza del compartimento animato. I colori sono azzeccati, e la scelta delle ombre permette di ricreare una corretta ambientazione domestica. Le OST sono limitate, ridotte a una manciata di tracce, ma sono tutte a tema. Questo piccolo difetto, tra l’altro, non si fa nemmeno notare, vista l’esigua durata dei corti.
Posso dire, in conclusione, che questa serie si sia rivelata un piacevole passatempo. Contrariamente al mio scetticismo iniziale, ho visionato quattro corti semplici, ma interessanti (cosa che mi fa, per certi aspetti, un po’ arrabbiare, soprattutto al pensiero di come Shinkai abbia sceneggiato alcune opere ben più celebri... non avrebbe potuto solo occuparsi dei soggetti originali?). Ho finito persino per (quasi) emozionarmi, probabilmente con la complicità del momento difficile che sto vivendo. Non è una storia imperdibile, ma allo stesso tempo sa intrattenere a dovere. Se siete profondi cultori degli slice of life riflessivi o se siete anche solo alla ricerca di trenta minuti disimpegnati, date una possibilità al batuffolo nero Daru: vi scalderà il cuore.
“Mi trovo in un luogo lontano, un luogo che non conosco, e sono qui, a cercare la ragazza. Cerco la ragazza perché... anche la ragazza sta cercando me.”
Spiegare a parole le sensazioni che suscita questa splendida mini-serie anime è un’impresa quanto mai ardua, cosi come è arduo per il gatto comprendere le parole della sua padrona. Eppure sono lì, nella loro stanza, uniti da un legame che va oltre l’incomunicabilità, cullati dal loro principesco sentimento.
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” è a tutti gli effetti la rielaborazione, e se vogliamo la versione definitiva, del primo cortometraggio di Makoto Shinkai “Kanojo to Kanojo no Neko”. Si è passati da un cortometraggio di cinque minuti a quello che sarebbe un mediometraggio di venti (la serie è composta da quattro episodi da circa sette minuti l’uno, che durano cinque, se si escludono opening ed ending). È stata scritta dallo stesso Shinkai e girata da Kazuya Sakamoto, noto soprattutto per gli storyboard di “Clannad”, “Terra Formars” e “Sword Art Online II”.
La storia, di fatto estremamente semplice, si sviluppa tutta intorno al rapporto tra il gatto e la ragazza. Un rapporto normale, reale, che va piano piano saldandosi con una naturalezza che fa stringere il cuore. Se la Miyu bambina all’inizio, gelosa delle attenzioni che sua madre riserva al micio, tenta addirittura di abbandonarlo, col tempo maturerà un sentimento radicato e sincero nei confronti del suo animale, arrivando a considerarlo un vero e proprio compagno di vita. Pochi gli eventi in tempo reale, diventa quindi fondamentale l’uso del voice-over, che copre gran parte dell’arco narrativo, raccontandoci i pensieri dei due personaggi, a volte cosi profondi da spingerci inevitabilmente a riflettere. Sicuramente la mancanza di Shinkai dal punto di vista artistico/visivo si fa sentire, ma complessivamente non so quanto la sua regia avrebbe innalzato il prodotto. L’opera infatti risulta dolce e romantica senza scadere mai nel mellifluo, come spesso accade con il regista di “5 cm per second”.
Molteplici le tematiche affrontate, dall’abbandono alla reincarnazione, dalla crescita alla morte. Tutte levigate con estremo tatto. La principale differenza con “Kanojo to Kanojo no Neko” risiede proprio nel rapporto tra i due protagonisti. Se nel primo cortometraggio di Shinkai l’amore tra il gatto e la ragazza risultava un tantino melodrammatico, qui appare tutto più reale, e le emozioni di Daru sembrano verosimilmente proprie di un felino, a differenza dell’opera targata 1999, in cui il sentimento del gatto risultava fin troppo immaginoso e umanizzato.
Splendido il finale, che sposa la filosofia “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ricollegandosi magistralmente al primo lavoro di Shinkai. Verrebbe anche da dire “Panta rei”, che è come dire “Tutto scorre”, come dire “Everything flows”.
“Io vivo secondo i miei ritmi, e la ragazza vive secondo i suoi, perciò, per me, questi momenti in cui i nostri ritmi si incontrano sono i più preziosi di tutti.”
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” è un’opera di una morbidezza disarmante, permeata di una delicatezza melodiosa ma mai stucchevole. Originale sia nella forma che nei contenuti, questa mini-serie saprà ritagliarsi con tutta la sua dolcezza uno spazio nei vostri cuori, riuscendo a stuzzicare la sensibilità di ogni spettatore. Una piccola perla animata, emozionante e commovente, semplice nella sua sinossi e profonda nella sua interpretazione.
Spiegare a parole le sensazioni che suscita questa splendida mini-serie anime è un’impresa quanto mai ardua, cosi come è arduo per il gatto comprendere le parole della sua padrona. Eppure sono lì, nella loro stanza, uniti da un legame che va oltre l’incomunicabilità, cullati dal loro principesco sentimento.
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” è a tutti gli effetti la rielaborazione, e se vogliamo la versione definitiva, del primo cortometraggio di Makoto Shinkai “Kanojo to Kanojo no Neko”. Si è passati da un cortometraggio di cinque minuti a quello che sarebbe un mediometraggio di venti (la serie è composta da quattro episodi da circa sette minuti l’uno, che durano cinque, se si escludono opening ed ending). È stata scritta dallo stesso Shinkai e girata da Kazuya Sakamoto, noto soprattutto per gli storyboard di “Clannad”, “Terra Formars” e “Sword Art Online II”.
La storia, di fatto estremamente semplice, si sviluppa tutta intorno al rapporto tra il gatto e la ragazza. Un rapporto normale, reale, che va piano piano saldandosi con una naturalezza che fa stringere il cuore. Se la Miyu bambina all’inizio, gelosa delle attenzioni che sua madre riserva al micio, tenta addirittura di abbandonarlo, col tempo maturerà un sentimento radicato e sincero nei confronti del suo animale, arrivando a considerarlo un vero e proprio compagno di vita. Pochi gli eventi in tempo reale, diventa quindi fondamentale l’uso del voice-over, che copre gran parte dell’arco narrativo, raccontandoci i pensieri dei due personaggi, a volte cosi profondi da spingerci inevitabilmente a riflettere. Sicuramente la mancanza di Shinkai dal punto di vista artistico/visivo si fa sentire, ma complessivamente non so quanto la sua regia avrebbe innalzato il prodotto. L’opera infatti risulta dolce e romantica senza scadere mai nel mellifluo, come spesso accade con il regista di “5 cm per second”.
Molteplici le tematiche affrontate, dall’abbandono alla reincarnazione, dalla crescita alla morte. Tutte levigate con estremo tatto. La principale differenza con “Kanojo to Kanojo no Neko” risiede proprio nel rapporto tra i due protagonisti. Se nel primo cortometraggio di Shinkai l’amore tra il gatto e la ragazza risultava un tantino melodrammatico, qui appare tutto più reale, e le emozioni di Daru sembrano verosimilmente proprie di un felino, a differenza dell’opera targata 1999, in cui il sentimento del gatto risultava fin troppo immaginoso e umanizzato.
Splendido il finale, che sposa la filosofia “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ricollegandosi magistralmente al primo lavoro di Shinkai. Verrebbe anche da dire “Panta rei”, che è come dire “Tutto scorre”, come dire “Everything flows”.
“Io vivo secondo i miei ritmi, e la ragazza vive secondo i suoi, perciò, per me, questi momenti in cui i nostri ritmi si incontrano sono i più preziosi di tutti.”
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” è un’opera di una morbidezza disarmante, permeata di una delicatezza melodiosa ma mai stucchevole. Originale sia nella forma che nei contenuti, questa mini-serie saprà ritagliarsi con tutta la sua dolcezza uno spazio nei vostri cuori, riuscendo a stuzzicare la sensibilità di ogni spettatore. Una piccola perla animata, emozionante e commovente, semplice nella sua sinossi e profonda nella sua interpretazione.
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” è una serie anime composta da quattro episodi. Il regista è Kazuya Sakamoto, e l’opera è una versione alternativa del corto di Makoto Shinkai.
La voce narrante è quella del gatto, protagonista come da titolo insieme alla sua padrona. Il gatto ricorda i tanti momenti passati insieme alla ragazza, è affascinato dalla sua padrona che, anche se non può capire ciò che dice, sente e percepisce che i loro pensieri a volte si riflettono l’uno nell’altro. Da come il gatto descrive la ragazza, ne sembra quasi innamorato: soffre insieme a lei, gioisce insieme a lei, è felice solo con lei.
La ragazza probabilmente è ignara di tutto ciò, ma possiamo vedere come il suo rapporto con Doru sia cambiato nel corso del tempo: quando Doru era ancora un cucciolo, la ragazza che ai tempi era poco più di una bambina era quasi gelosa di quel gattino che riceveva per sé tutte le attenzioni della mamma della ragazza... così gelosa da provare ad abbandonarlo... ma, proprio in quel momento, grazie a un complimento ricevuto da una sua coetanea al parco, si rende conto che non era mai riuscita ad apprezzare ciò che in realtà si sarebbe rivelato molto importante per lei. Infatti il gatto diventa un punto di riferimento per Miyu.
Questi episodi durano poco, circa cinque minuti l’uno, quindi è praticamente impossibile affezionarsi ai personaggi, e rendono difficoltosa l’immedesimazione completa. Nonostante questo il finale mi ha fatto battere il cuore. Investite mezzoretta scarsa per visionare questa serie e non ve ne pentirete.
La voce narrante è quella del gatto, protagonista come da titolo insieme alla sua padrona. Il gatto ricorda i tanti momenti passati insieme alla ragazza, è affascinato dalla sua padrona che, anche se non può capire ciò che dice, sente e percepisce che i loro pensieri a volte si riflettono l’uno nell’altro. Da come il gatto descrive la ragazza, ne sembra quasi innamorato: soffre insieme a lei, gioisce insieme a lei, è felice solo con lei.
La ragazza probabilmente è ignara di tutto ciò, ma possiamo vedere come il suo rapporto con Doru sia cambiato nel corso del tempo: quando Doru era ancora un cucciolo, la ragazza che ai tempi era poco più di una bambina era quasi gelosa di quel gattino che riceveva per sé tutte le attenzioni della mamma della ragazza... così gelosa da provare ad abbandonarlo... ma, proprio in quel momento, grazie a un complimento ricevuto da una sua coetanea al parco, si rende conto che non era mai riuscita ad apprezzare ciò che in realtà si sarebbe rivelato molto importante per lei. Infatti il gatto diventa un punto di riferimento per Miyu.
Questi episodi durano poco, circa cinque minuti l’uno, quindi è praticamente impossibile affezionarsi ai personaggi, e rendono difficoltosa l’immedesimazione completa. Nonostante questo il finale mi ha fatto battere il cuore. Investite mezzoretta scarsa per visionare questa serie e non ve ne pentirete.
Proporre a me, un amante incurabile dei gatti, un anime del genere significa proprio voler vincere facile; se poi l'autore è pure Makoto Shinkai, allora la sua visione rischia di provocarmi un vero e proprio colpo al cuore. So che in passato il mio rapporto con Shinkai è stato molto travagliato; credo di essere uno dei pochi a cui "5 cm al secondo" non è piaciuto quasi per niente (cosa che ribadisco tuttora), e anche altre sue opere non mi avevano esattamente entusiasmato. Tuttavia si tratta di una questione ormai legata al passato: con le sue sceneggiature più recenti l'autore di "Your Name." sembra aver avuto un'evoluzione che ho gradito tantissimo anch'io e che fa cadere tutti i dubbi che nutrivo sul suo conto.
Composto da quattro episodi di cinque minuti circa, questo "Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows" racconta il rapporto tra una giovane ragazza e il suo bellissimo gattone nero Daru. E lo fa in modo estremamente realistico: il gatto, infatti, non monopolizza la vita della donna che, anzi, lo lascia da solo in casa per la maggior parte del tempo. Comportamento insensibile? Ma nient'affatto. Adottare un gatto non significa dover dedicare a lui tutto il proprio tempo, infischiandone del mondo che continua a girare (tra l'altro credo che nemmeno l'animale sarebbe felice di un'eventualità del genere); una volta assicurata la sicurezza del gatto, il rapporto sarà basato sulla condivisione di uno stesso spazio e/o di particolari momenti della giornata. L'amore reciproco che si instaura tra il padrone e la sua bestiola in genere si manifesta in maniera poco rumorosa (in fondo non stiamo parlando di un cane): qualche piccolo gesto, qualche sguardo e il desiderio di instaurare un contatto fisico, piccolo o grande che sia. Questi meccanismi vengono descritti perfettamente da questo corto, che riesce a mostrare il legame particolare che si instaura tra una persona e il suo gatto: un legame che non prevede spinte emotive eclatanti, ma che col tempo riesce a raggiungere un'intensità inimmaginabile.
"Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows", però, è anche un anime che parla dei problemi legati alla vita quotidiana della protagonista e alle vicissitudini familiari e lavorative che si troverà ad affrontare nelle diverse fasi della sua ancora giovane vita. Tutto ciò viene raccontato dalle voci e dai ricordi dei due protagonisti: il risultato ottenuto è notevole, questo tipo di narrazione riesce a trasmettere sensazioni e sentimenti in maniera davvero vivida. Tutto molto bello quindi, anche se continuo a nutrire dei seri dubbi sul fatto che, nonostante la sua provata intelligenza, un gatto possa avere davvero dei pensieri simili (ma solo perché non ne ho una prova concreta).
Quanto a grafica e colonna sonora è quasi inutile dire che sono entrambi a livelli di eccellenza. In fondo stiamo parlando di Shinkai, come aspettarsi di meno?
In definitiva, non posso che esprimere un grandissimo livello di gradimento per "Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows": tutti gli appassionati di anime che, almeno una volta nella vita, hanno posseduto un gatto dovrebbero dargli un'occhiata.
Composto da quattro episodi di cinque minuti circa, questo "Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows" racconta il rapporto tra una giovane ragazza e il suo bellissimo gattone nero Daru. E lo fa in modo estremamente realistico: il gatto, infatti, non monopolizza la vita della donna che, anzi, lo lascia da solo in casa per la maggior parte del tempo. Comportamento insensibile? Ma nient'affatto. Adottare un gatto non significa dover dedicare a lui tutto il proprio tempo, infischiandone del mondo che continua a girare (tra l'altro credo che nemmeno l'animale sarebbe felice di un'eventualità del genere); una volta assicurata la sicurezza del gatto, il rapporto sarà basato sulla condivisione di uno stesso spazio e/o di particolari momenti della giornata. L'amore reciproco che si instaura tra il padrone e la sua bestiola in genere si manifesta in maniera poco rumorosa (in fondo non stiamo parlando di un cane): qualche piccolo gesto, qualche sguardo e il desiderio di instaurare un contatto fisico, piccolo o grande che sia. Questi meccanismi vengono descritti perfettamente da questo corto, che riesce a mostrare il legame particolare che si instaura tra una persona e il suo gatto: un legame che non prevede spinte emotive eclatanti, ma che col tempo riesce a raggiungere un'intensità inimmaginabile.
"Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows", però, è anche un anime che parla dei problemi legati alla vita quotidiana della protagonista e alle vicissitudini familiari e lavorative che si troverà ad affrontare nelle diverse fasi della sua ancora giovane vita. Tutto ciò viene raccontato dalle voci e dai ricordi dei due protagonisti: il risultato ottenuto è notevole, questo tipo di narrazione riesce a trasmettere sensazioni e sentimenti in maniera davvero vivida. Tutto molto bello quindi, anche se continuo a nutrire dei seri dubbi sul fatto che, nonostante la sua provata intelligenza, un gatto possa avere davvero dei pensieri simili (ma solo perché non ne ho una prova concreta).
Quanto a grafica e colonna sonora è quasi inutile dire che sono entrambi a livelli di eccellenza. In fondo stiamo parlando di Shinkai, come aspettarsi di meno?
In definitiva, non posso che esprimere un grandissimo livello di gradimento per "Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows": tutti gli appassionati di anime che, almeno una volta nella vita, hanno posseduto un gatto dovrebbero dargli un'occhiata.
Nonostante avrei goduto con piacere della visione di ulteriori episodi, ho ben apprezzato il messaggio che vuole trasmettere l'autore. In quattro semplici episodi ci racconta la vita di Daru, il vecchio gatto protagonista del corto, e la voce narrante sarà proprio il pensiero di questo. L'ho trovato personalmente molto toccante: ci ricorda che in fondo una speranza esiste per tutti, e che noi non siamo mai soli con un peloso amico a quattro zampe che ci sostiene silenziosamente; non capirà forse quello che diciamo, ma per certo comprende il nostro pensiero e il nostro stato d'animo.
Consigliato.
Consigliato.
La "Ragazza" è la protagonista di questo breve racconto, narrato con gli occhi del suo "Gatto", narratore esterno privilegiato perché naturalmente empatico nel rapporto con la padrona. I sentimenti e i pensieri della ragazza ci raggiungono amplificati da questo legame simbiotico e non possono che toccarci nel profondo. La capiamo più di quanto potremmo se parlassimo davvero con lei.
Non sono necessarie ore di animazione per produrre un legame forte con il personaggio e trasportarci nel suo mondo: ecco la grande efficacia di questi corti!
Se il tema principale è come superare le barriere che impediscono di relazionarci con gli altri, tema secondario è il tempo. Quanto l'animazione è breve, tanto la sceneggiatura è così abile da condurci lungo ben tre linee temporali diverse: quella della "Ragazza", del suo "Gatto" e della "Ragazza" da bambina. Impresa degna di nota, che contribuisce non solo ad alleggerire la narrazione (sarebbe potuta risultare molto lenta), ma anche a caratterizzare sia la protagonista che i personaggi di contorno (le "relazioni" importanti per lei).
Sul fronte artistico, i colori sono vividi e brillanti, la narrazione è "scritta con la luce", la cura nei dettagli è fotorealistica. Mentre osserviamo questo dipinto in movimento, in sottofondo la musica ci accompagna con note appena "accentate", e anche le parole scorrono dosate con sapienza. Una gioia per tutti i sensi.
E' così corto che dovete guardarlo!
Voto: 10
Così inizia: lo sguardo, il profumo, un quadro di luce verso l' "esterno". Così finisce... o dovrei dire "Così inizia".
In mezzo, lo scorrere della vita, i problemi, le speranze e le disillusioni.
Non sono necessarie ore di animazione per produrre un legame forte con il personaggio e trasportarci nel suo mondo: ecco la grande efficacia di questi corti!
Se il tema principale è come superare le barriere che impediscono di relazionarci con gli altri, tema secondario è il tempo. Quanto l'animazione è breve, tanto la sceneggiatura è così abile da condurci lungo ben tre linee temporali diverse: quella della "Ragazza", del suo "Gatto" e della "Ragazza" da bambina. Impresa degna di nota, che contribuisce non solo ad alleggerire la narrazione (sarebbe potuta risultare molto lenta), ma anche a caratterizzare sia la protagonista che i personaggi di contorno (le "relazioni" importanti per lei).
Sul fronte artistico, i colori sono vividi e brillanti, la narrazione è "scritta con la luce", la cura nei dettagli è fotorealistica. Mentre osserviamo questo dipinto in movimento, in sottofondo la musica ci accompagna con note appena "accentate", e anche le parole scorrono dosate con sapienza. Una gioia per tutti i sensi.
E' così corto che dovete guardarlo!
Voto: 10
Così inizia: lo sguardo, il profumo, un quadro di luce verso l' "esterno". Così finisce... o dovrei dire "Così inizia".
In mezzo, lo scorrere della vita, i problemi, le speranze e le disillusioni.
Il difetto di questo anime? È composto da soli quattro episodi di sette minuti ciascuno (opening ed ending comprese).
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” (彼女と彼女の猫), in italiano “Lei e il suo gatto” o “La ragazza e il gatto della ragazza”, è il prequel dell’omonimo OAV diretto da Makoto Shinkai: un cortometraggio del 1999 realizzato in bianco e nero. L’anime, diretto da Kazuya Sakamoto e rilasciato dallo studio Liden Films nel 2016, è uno slice of life un po’ particolare, in quanto visto attraverso gli occhi del gatto della protagonista.
Per quanto breve e basato su una sinossi molto semplice, “Lei e il suo gatto” è un anime che tocca nel profondo, perché sfiora molti dei problemi e delle questioni che caratterizzano la crescita dell’adolescente e il suo ingresso nel mondo degli adulti (la realizzazione scolastica e la sfibrante ricerca del lavoro, oltre alle incomprensioni che possono delinearsi fra genitori e figli sono solo tre esempi degli infiniti argomenti accennati nell’anime). Sfiora, perché ho trovato questo anime di una delicatezza assoluta; eppure, nella sua relativa semplicità, sa emozionare e commuovere piuttosto facilmente.
Degna di nota è sicuramente l’analisi psicologica del personaggio della “ragazza”, Miyu, che in meno di trenta minuti mostra moltissime sfaccettature di una personalità colma di pregi e piena di difetti, proprio come una persona reale. Nonostante si scoprano così tanti lati di Miyu in così poco tempo, l’anime non risulta affatto superficiale, ecco perché avrei preferito un paio di episodi aggiuntivi, che probabilmente avrebbero reso ancor più realistico e introspettivo il tutto.
Comparto grafico (soprattutto paesaggi urbani e particolari naturali) e comparto sonoro sono molto buoni, rendendo ancor più piacevole la visione di questo breve anime, a mio parere sentimentale, intenso e innovativo.
“Kanojo to Kanojo no Neko: Everything Flows” (彼女と彼女の猫), in italiano “Lei e il suo gatto” o “La ragazza e il gatto della ragazza”, è il prequel dell’omonimo OAV diretto da Makoto Shinkai: un cortometraggio del 1999 realizzato in bianco e nero. L’anime, diretto da Kazuya Sakamoto e rilasciato dallo studio Liden Films nel 2016, è uno slice of life un po’ particolare, in quanto visto attraverso gli occhi del gatto della protagonista.
Per quanto breve e basato su una sinossi molto semplice, “Lei e il suo gatto” è un anime che tocca nel profondo, perché sfiora molti dei problemi e delle questioni che caratterizzano la crescita dell’adolescente e il suo ingresso nel mondo degli adulti (la realizzazione scolastica e la sfibrante ricerca del lavoro, oltre alle incomprensioni che possono delinearsi fra genitori e figli sono solo tre esempi degli infiniti argomenti accennati nell’anime). Sfiora, perché ho trovato questo anime di una delicatezza assoluta; eppure, nella sua relativa semplicità, sa emozionare e commuovere piuttosto facilmente.
Degna di nota è sicuramente l’analisi psicologica del personaggio della “ragazza”, Miyu, che in meno di trenta minuti mostra moltissime sfaccettature di una personalità colma di pregi e piena di difetti, proprio come una persona reale. Nonostante si scoprano così tanti lati di Miyu in così poco tempo, l’anime non risulta affatto superficiale, ecco perché avrei preferito un paio di episodi aggiuntivi, che probabilmente avrebbero reso ancor più realistico e introspettivo il tutto.
Comparto grafico (soprattutto paesaggi urbani e particolari naturali) e comparto sonoro sono molto buoni, rendendo ancor più piacevole la visione di questo breve anime, a mio parere sentimentale, intenso e innovativo.
Che dire, un anime psicologico molto carino, rilassante e per alcuni versi malinconico.
Uno "slice of life" che magari non sarà un capolavoro, ma merita davvero di essere visionato; l'idea innovativa di vedere il racconto dal punto di vista di un animale (gatto) è piacevolissima e, per chi come me vive con un gatto, è anche emozionante..
Disegni e ambientazioni, e quindi clima di fondo, sono estremamente gradevoli. Ottimi anche i doppiaggi italiani, anche se personalmente preferisco quasi sempre gli originali. Ne consiglio la visione.
Uno "slice of life" che magari non sarà un capolavoro, ma merita davvero di essere visionato; l'idea innovativa di vedere il racconto dal punto di vista di un animale (gatto) è piacevolissima e, per chi come me vive con un gatto, è anche emozionante..
Disegni e ambientazioni, e quindi clima di fondo, sono estremamente gradevoli. Ottimi anche i doppiaggi italiani, anche se personalmente preferisco quasi sempre gli originali. Ne consiglio la visione.
"Lei e il gatto: Everything Flows" è l'adattamento a serie dell'omonimo OAV di Makoto Shinkai, che riusciva ad essere già bello e delicato in bianco e nero.
In questi quattro episodi da cinque minuti circa ci viene raccontata in breve la storia della ragazza e del suo gatto dal loro primo incontro al loro ahimè ultimo, racchiusi in piccoli scorci di vita quotidiana.
Lo consiglio a chi ha o ha avuto un compagno felino. Quest'opera è di una semplicità disarmante, riesce ad esprimere le emozioni senza troppi giri di parole, a commuovere senza scene troppo drammatiche, a rilassare con dolcezza lo spettatore narrando la storia attraverso gli occhi del felino, che non capisce il linguaggio della padrona, ma si basa solo sui suoi sentimenti e sulle sue azioni. Quest'anime dimostra che si possono toccare le corde della sensibilità anche senza troppi fronzoli e concetti filosofici.
In questi quattro episodi da cinque minuti circa ci viene raccontata in breve la storia della ragazza e del suo gatto dal loro primo incontro al loro ahimè ultimo, racchiusi in piccoli scorci di vita quotidiana.
Lo consiglio a chi ha o ha avuto un compagno felino. Quest'opera è di una semplicità disarmante, riesce ad esprimere le emozioni senza troppi giri di parole, a commuovere senza scene troppo drammatiche, a rilassare con dolcezza lo spettatore narrando la storia attraverso gli occhi del felino, che non capisce il linguaggio della padrona, ma si basa solo sui suoi sentimenti e sulle sue azioni. Quest'anime dimostra che si possono toccare le corde della sensibilità anche senza troppi fronzoli e concetti filosofici.
E' quasi più lungo il titolo originale che ogni puntata, ma... Ma è una storia di sentimenti e situazioni che chi ha avuto la fortuna di condividere la propria vita con un felino ritrova qui raccontati da un punto di vista differente, felino. Le puntate e l'anime in sé sono troppo brevi per poter essere poco più che una pennellata di situazioni che coprono l'arco di tempo tra l'adolescenza e la maturità dell'umana, raccontati dal protagonista felino. Pregio dell'anime è appunto raccontare un periodo così importante per gli umani, ma lo fa con gli occhi di un compagno di altra specie. Mi sono accorto che ciò che non esplica il video l'ho riempito con i ricordi e le sensazioni che ho provato nella mia vita di tutti i giorni con un gatto, e credo che ciò sia voluto dagli autori.