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Ataru Moroboshii

Episodi visti: 13/13 --- Voto 8,5
In "Kemono Zume" il Kifuken è un antico dojo dedito alla lotta contro i mangiacarne. Toshihiko, l'erede del dojo, conosce in modo rocambolesco Kufa, e inizia a frequentarla; il problema è che Toshihiko, accecato dall'amore, fatica ad accorgersi che Kufa è una mangiacarne. Apparentemente umana, la donna in certe occasioni può perdere il controllo e trasformarsi in un mostro privo di occhi e dai grandi artigli.

"Kemono Zume" è la prima serie scritta e diretta da Masaaki Yuasa; animato ai tempi in modo completamente unico e sperimentale, l'anime ha una forte componente artistica, componente che risalta più di ogni altro fattore all'interno dell'anime e di cui tutto il resto è funzione. Oltre alle ormai famose animazioni minimaliste ma eccezionalmente plastiche e fluide del regista e del suo staff, "Kemono Zume" si distingue per l'uso del colore che spesso satura la scena e comunica con forza le emozioni scaturite dai personaggi allo spettatore. Il colore in questa serie è un medium così potente come soltanto in pochi altri anime mi è capitato di vedere: "The Tatami Galaxy" e "Casshern Sins", serie che fra l'altro condividono in parte, o totalmente, lo staff con "Kemono Zume".

La storia d'amore fra il mostro e il cacciatore di mostri è al centro dell'intreccio narrativo, ma non ritengo sia una rivisitazione in chiave moderna di "Romeo e Giulietta", poiché il problema principale dei due innamorati non sarà quello di essere sgraditi al dojo o ai compari di lei, ma dall'essenza stessa del loro rapporto contro natura. I due devono accettare il rischio che un giorno o l'altro, travolta dalle emozioni, Fuka potrebbe divorare Toshihiko, ma i due non riescono a restare uno lontano dall'altra; emblematico il fatto che uno dei momenti in cui Fuka si trasforma è durante il sesso, ma non per questo i due innamorati vi rinunciano. "Kemono Zume" a ben guardare, più che a "Romeo e Giulietta", assomiglia alla favola del riccio, in cui gli animali in letargo devono decidere se restare lontani fra di loro e patire il freddo oppure restare vicini e ferirsi con gli aculei del vicino.

L'anime non è comunque di genere romantico, si mantiene in equilibrio come un funambolo fra un lato passionale e drammatico e uno invece grottescamente comico e bodyhorror. "Kemono Zume", come il suo predecessore "Mind Game", è molto fisico quando mostra il cibo, il combattimento e il sesso, e la serie fa un enorme uso del nudo, non solo per intenti ecchi, ma anche per sottolineare la vulnerabilità dei personaggi: più di una volta Toshihiko si ritroverà nudo come un verme in posizioni e situazioni non proprio epiche.
Purtroppo Yuasa non è un tuttofare: se le sue capacità artistiche e registiche sono indubbiamente fuori dall'ordinario, risulta sempre essere un gran pasticcione come sceneggiatore dei suoi soggetti originali, soprattutto riguardo ai finali. Yuasa mostra i suoi difetti come scrittore con il villain principale della serie, un nemico sicuramente memorabile ma forse pure troppo: Il grande nemico della serie, prima armonico con gli altri personaggi, risulta sempre più velocemente sopra le righe, trasformando l'intera opera nel suo parco giochi personale, e arrivando ai due episodi finali in cui il funambolo Yuasa, spinto dall'ingombrante figura del suo villain, cade dalla fune e precipita rovinosamente dal lato del grottescamente comico. I due episodi raggiungono sicuramente l'apice tecnico della serie, ma d'altro canto mandano sostanzialmente a quel paese l'atmosfera fino ad allora creata. Da notare con disappunto anche come Yuasa si sbarazza di certi buoni personaggi secondari, buttandoli sostanzialmente via e vanificandone il percorso.

Nonostante alcuni difetti di sceneggiatura, "Kemono Zume" è un anime che terrà incollato al video lo spettatore con la bellezza delle sue animazioni, dei suoi colori e con la potenza narrativa di certe situazioni.


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selene90

Episodi visti: 13/13 --- Voto 8
Avevo già visto e apprezzato ogni singola opera su cui Yuasa avesse messo mano. Nonostante sia un regista molto sperimentale, che allontana la massa per uno stile unico e poco appetibile, i suoi lavori sono senza dubbio l’esempio perfetto di come un regista che osa nel suo talento, e va oltre i classici standard proposti dall’animazione, possa creare dei piccoli capolavori. Già con “Ping pong The Animation”, ”Kaiba” o “The Tatami Galaxy”, Yuasa aveva dato prova di avere quel talento che manca a tanti altri... con “Mind game” aveva toccato l’apice della sua carriera, creando un prodotto che sfidasse la logica stessa.
Per quanto abbia trovato “Kemono Zume” leggermente sottotono rispetto ai sopracitati titoli, il risultato è ugualmente grandioso.

Cominciamo dalla trama: definita come una versione di “Romeo e Giulietta” più surreale e splatter, la serie parla di una travagliata storia d’amore tra Toshihiko, un cacciatore di mostri, e Yuka, un mostro divoratrice di carne umana.

I personaggi sono spesso uno dei punti cardine da cui si riconosce se una serie sia stata curata o meno... in questo caso non si può muovere alcuna critica, perché Yuasa dà una perfetta caratterizzazione non soltanto ai due tragici protagonisti, ma anche e soprattutto ai secondari.
Toshihiko è un uomo che appare leale e fedele, forte e sicuro, ma che, innamorandosi di Yuka, mostra un nuovo lato di sé, apparendo confuso, indeciso e perso; Yuka al contrario è il personaggio più solare e felice, ma che non scade mai in una felicità superficiale. Dall’altro lato abbiamo i personaggi secondari e di contorno, tra cui la grintosa Rie innamorata di Toshihiko, ma non ricambiata, che vive un tormento interiore che non può esplicare, ma che è palpabile attraverso le inquadrature; Kazuma, fratello del protagonista, e Oba, su cui evito di soffermarmi per evitare spoiler.

Quella che presenta Yuasa è quindi una apparente contrapposizione tra due parti: il dojo Kifuuken che addestra valorosi cacciatori, attraverso regole centenarie, e i Flesh Eaters. Non sarebbe errato, forse, vedere il tutto come una metafora, che vede i membri del Kifuuken come l’umanità stessa che, stando dietro alle regole di civiltà, riesce a portare avanti la propria specie, e rischia di perdere la propria disumanità nel momento in cui accantona le regole, per seguire le follie di pochi potenti.
Legata a questo, è palese come una delle tematiche principali sia proprio l’accettazione del diverso.

Oltre a tematiche e personaggi, però, ciò che rende particolarmente bello “Kemono Zume” è l’aspetto tecnico. Abbiamo già detto che il chara e lo stile risultino spesso indigesti ai più, ma non si può negare che l’animazione sia fenomenale: la cura di ogni singola inquadratura regala un dinamismo perfetto ad ogni movimento dei personaggi, elargendo anche la giusta carica emotiva.

Leggendo poi varie interpretazioni sul web, ho notato che in molti hanno ricalcato come la scelta dei colori sia una delle particolarità principali. Come molti sanno, i colori sono spesso associati a determinate emozioni (spesso nel cinema se ne fa uso per infondere quelle determinate emozioni nello spettatore). In “Kemono Zume” la cosa diventa evidente: le scene iniziali nel dojo, quando ancora i membri stanno seguendo le regole di buona civiltà, sono colorate di giallo, per infondere forza; così come quella iniziale in spiaggia è azzurra, per dare un senso di serenità e pace; allo stesso modo, le scene splatter, d’azione, o più brutali sono rosse, colore che richiama il sangue, la rabbia, la passione.

Passando al lato negativo, devo dire che personalmente ho trovato meno convincente il finale. Nonostante, registicamente parlando, l’ultimo episodio sia “follia pura”, mi è sembrato che Yuasa abbia voluto infondere un po’ troppo buonismo nell’epilogo, il che stona un po’ troppo con gli elementi tragici che le puntate precedenti lasciavano presagire. Un vero peccato, perché dà la sensazione di occasione mancata, anche se di poco.

Tuttavia, come ogni altro suo lavoro, consiglio caldamente la visione di “Kemono Zume” a chi ancora non ha avuto la possibilità di vederlo.


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ARAPHAEL

Episodi visti: 13/13 --- Voto 4
L'opera più delirante che abbia mai visto. I deliri li adoro, peccato in questo caso la cosa abbia un'accezione negativa. Il coraggio di proseguire nella visione di questo obbrobrio è legata alla curiosità di constatare fino a che punto l'indecenza dell'autore poteva spingersi nel rovinare un prodotto che partiva come tra i più promettenti.
Perché almeno all'inizio ero entusiasta, vuoi per i disegni, vuoi per la caratterizzazione del mondo o per il carisma dei personaggi, tutto davvero bello.

Una rivisitazione di "Romeo e Giulietta" splatter e perversa: ambientato in un'epoca imprecisata, l'anime mescola sapientemente l'antico con il moderno, aspetto che, unito al tipo di animazioni, lascia almeno in un primo momento spiazzato lo spettatore, che in automatico vuole saperne sempre più di quello strambo mondo.
I personaggi spiccano da subito per le loro personalità ben caratterizzate, in particolare il fratello del protagonista, la pecora nera della famiglia. Le animazioni sono molto belle e mi hanno ricordato quelle del film di "One Piece - L'isola segreta del barone Omatsuri", che già avevo apprezzato. Ovviamente chi non gradisce lo sperimentale stia lontano da quest'opera, perché il peso di quel tipo di grafica si fa sentire per tutto l'anime, e ancor di più verso la fine.

Il problema è che quello che sembrava un anime con una trama ben congegnata e soprattutto con nemici carismatici si rivela essere sul finale né più né meno che una sequenza di deliri, degni di trip da acido, senza né capo né coda. La cosa più bizzarra è il nemico principale, folle all'inverosimile. Le situazioni precipitano nella confusione e nell'esagerazione, facendo davvero abbassare il livello artistico della serie. Sembra come se l'autore abbia puntato sulla follia come cavallo di battaglia per concludere in bellezza una storia che a quanto pare non aveva realmente strutturato sin dall'inizio. Le situazioni diventano così esasperate, che possono al massimo suscitare noia, niente di più. Ragion per cui, empatizzare con il nemico o con i protagonisti risulta impossibile. Anche l'aspetto surreale che permea l'opera, se in un primo momento poteva anche piacere, in seguito diventa detestabile. Questo perché, a differenza di altre opere simili, l'aspetto surreale qui viene gestito da schifo, e non si capisce dove l'autore voglia andare a parare.

Spazzatura che non consiglierei nemmeno al mio peggior nemico.

Utente76095

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Utente76095

Episodi visti: 13/13 --- Voto 10
Ho appena terminato la visione di "Kemonozume", opera sperimentale dell'inconfondibile mano di Masaaki Yuasa. La trama ha un nodo centrale sostanzialmente erotico: Shokujinki, una diversa specie umana, maledetta e dedita al cannibalismo, e Kifuuken, ordine di combattenti istituito per abbatterli, hanno un'origine e una storia secolare che li vede ferocemente in contatto, ma sono fin troppo spesso entrambi prede di un amore carnale e irreparabile. L'anime si apre con una profonda cesura alla tradizionale vita del Kifuuken, retta da metodi per qualcuno antiquati e da una rigida dedizione che non ammette sviamenti. Due fratelli, figli del maestro a capo del dojo, e suoi futuri ereditari, qui, sin dalla prima puntata, si dividono per percorrere strade diverse che li condurranno a un comune epilogo. Uno, fautore del progresso tecnologico, insofferente ai dogmi di un padre conservatore, alla morte di quest'ultimo seguirà i cattivi consigli di un carismatico criminale. L'altro, ferreo e disciplinato, perderà la via della spada per abbandonarsi alla fuga con una donna che scoprirà essere una shokujinki. Si tessono e si svelano i primi intrecci fatti delle memorie di un passato che immancabilmente si ripercuote sulle inconsapevoli vite dei protagonisti.

Yuasa sfrutta le peculiarità dei suoi personaggi per ogni genere di dispersione: violenta, sessuale, intimistica, simbolica e talvolta poetica, di certo mai volgare. Tutto è magistralmente messo in scena secondo uno stile e un punto di vista che è allo stesso tempo morbido e tagliente, inclusivo ed esclusivo; si svela così il gioco talentuoso dell'autore surrealista.


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Texhnolyze

Episodi visti: 13/13 --- Voto 10
“Kemono Zume” è la prima serie diretta da Masaaki Yuasa, e si può dire che lui era già al suo apice artistico, ma forse lo era ancor prima con il suo primo lungometraggio, “Mind Game”.

L’anime inizia come una sorta di "Romeo e Giulietta" in chiave horror/comica, e già con una premessa del genere si può immaginare quanto atipico risulterà, ma ben presto l’anime cambierà totalmente, diventando “yuasiano”, l’unico aggettivo capace di descrivere le sue opere. Anzi, l’anime cambia dopo ogni episodio, come se tutto il cast fosse intrappolato in un ciclone e sbattuto da una parte all’altra della circonferenza, senza però mai uscire dal suo occhio. Infatti, nonostante ogni episodio sia diverso dagli altri, per regia, per fotografia, stile di animazioni e character design, il risultato non cambia... Il mood che pervade l’intera serie è sempre lo stesso (con i suoi eccessi verso la fine), ed è questa la cosa veramente incredibile, la capacità direttiva di Yuasa. Non c’è regista che può eguagliare il suo lato sperimentale, se non il miglior Kenji Nakamura - tra l’altro regista dell’episodio 10 -, e allo stesso modo avere una visione d’insieme così solida. Come dicevo, tra tanto sperimentalismo visivo e cripticità narrativa, “Kemono Zume” pone le sue basi su un mood cupo, ma allo stesso tempo rilassante e romantico, senza mai lasciare l’umorismo nero, il simbolismo e il kitsch più sfrenato.

La storia è semplice, ovvero facile da seguire, ma allo stesso tempo impossibile da decifrare a cervello spento, data la massiccia dose di metafore visive e scelte registiche che rendono la visione un vero e proprio trip allucinante; ovviamente, per far sì che questa miscela funzioni, hai bisogno di un comparto visivo non convenzionale. Il design e l’animazione sono così anticonvenzionali che limiteranno la visione a pochi, mentre la maggioranza marchierà questo come vera e propria schifezza, finendo col ‘dropparlo’. Ma qui non si tratta di soggettivismo, non si tratta semplicemente di dire quanto piaccia o meno l’animazione di “Kemono Zume”, ma di fermarsi un attimo e analizzarla come si deve e arrivare alla conclusione che è vera e propria arte. Per fare ciò ci sono delle regole, o meglio i dodici principi base dell’animazione, che non tutti sanno e che tutti dovrebbero sapere o almeno informarsi un po’ prima di condannare qualcosa. Questi principi rappresentano l’unità di misura con cui l’animazione deve confrontarsi per stabilire quanto sia buona; ovviamente, come tutto ciò che riguarda l’arte, la quantificazione è purtroppo sempre legata a fattori soggettivi, ma ciò non deve comunque risultare una scusa per l’assegnazione di voti random solo perché l’animazione è grezza, fatta di sketch, brutale e cruda; bisogna piuttosto attenersi almeno a un intervallo che gli spetta (nel senso che, se vale 10, puoi dargli 8, ma non 5, e viceversa). Senza sprecare troppe parole sull’analisi dei singoli punti, che si può ritrovare in rete, mi soffermerò su quelli dove “Kemono Zume” eccelle.

1) Squash and Stretch: è il concetto base che sta dietro l’animazione e che dovrebbe rispettare la condizione secondo cui solo le parti rigide dovrebbero rimanere inerti in un movimento, mentre tutte le altre subiscono una mutazione dovuta al movimento, e quindi la distribuzione del volume e della massa cambia a seconda del movimento che si vuole dare al soggetto. E’ ampiamente riconosciuto che questo punto viene spesso tralasciato nell’animazione giapponese in favore dello stupore visivo, ma poi un giorno venne “Ghost in the Shell” e mise tutti i puntini sulle i, svolgendo allo stesso tempo un lavoro di realismo e stupore visivo che rimane tuttora ineguagliato. E “Kemono Zume” ha sicuramente dalla sua questo punto.

9) Timing: è quella parte dedicata all’azione, alla velocità dell’azione. In altre parole, si deve prendere in considerazione la fisica e il movimento deve far sì che si obbedisca alle leggi della fisica. E come è possibile che “Kemono Zume”, essendo surreale e irrealistico, prenda in considerazione la fisica? E’ questo il punto cruciale, gli animatori sanno così bene i tempi base, che possono creare le proprie leggi; un po’ come succede per i videogiochi. Inoltre, citando Oshii, è importante scegliere inizialmente il grado di realismo ed essere coerente con esso.

10) Exaggeration: c’è anche da dire qualcosa su questo punto per quanto riguarda “Kemono Zume”? Suvvia.

Comunque sia, l’animazione in “Kemono Zume”, senza il vero chef, il regista, dietro, risulterebbe solo una minestra insipida. E’ dunque grazie alle scelte registiche che tutto ciò trova un senso, è la cura conferita in ogni singola inquadratura che dà dinamismo a ogni movimento dei personaggi, ogni angolo ha uno scopo ben preciso per imprimere, oltre al dinamismo, la carica emotiva giusta, ogni colore usato è studiato in base all’esigenza e in base a cosa sta accadendo.
E’ meglio soffermarci un attimo sul colore, poiché molti, credo, sanno che ai colori vengono anche associate le emozioni e in generale il mood di ciò che si sta vedendo. Non tutti i film sfruttano il colore, anzi sono pochi, ma sono ancora più rari quelli che sono un vero e proprio caleidoscopio (“Kemono Zume” lo è anche narrativamente). Validi esempi possono essere i gialli all’italiani di Bava (“I tre volti della Paura”, “Sei donne per l’assassino”) e Argento (“Suspiria”, “Inferno”) oppure “The Hourglass Sanatorium”, ecc. Allora ecco che tutto si tramuta in giallo quando siamo nel dojo, per rappresentare al meglio il senso di famigliarità proprio di un calore caldo come il giallo, in quanto il dojo è più una casa che un centro di allenamento. La bellissima scena sulla spiaggia nel primo episodio è tutta blu, proprio perché si vuole dare quel senso di serenità, calma e sicurezza che si apprestano ad avere i due protagonisti. Il rosso viene chiaramente usato nelle scene di sesso, in quelle brutali e splatter, perché è il colore della passione, del sangue e tante altre cose, così come tanti altri colori tingeranno lo schermo nel corso di questi tredici episodi.
Cosa manca per abbellire e unire questa meraviglia visiva? La musica. Partendo dalla sigla, una delle migliori mai ascoltate, arrivando a una colonna sonora strepitosa che varia dal jazz, poco usato negli anime, al blues. C’è un forte richiamo a Vangelis di “Blade Runner”, e quelle musiche sono veramente suggestive e d’atmosfera. Non c’è dubbio che Yuasa ne faccia un uso magistrale, in quanto la stessa canzone viene usata anche in due momenti totalmente diversi, rilassanti e caotici, e garantisce lo stesso effetto.

Anche il montaggio è eccezionale, con raccordi sempre giusti; come dimenticare l’attraversamento del treno con tanto di chiusura delle porte nell’episodio 3? Tra l’altro è una scena veramente comica, poiché anche gli inseguitori hanno il tempo di fermarsi e chiudere la porta dietro di loro! Altri momenti come questi si possono ritrovare durante lo scambio dei segni, quando appare per la prima volta il gigante, la scena di lotta sulla sedia, la parodia di Kenshiro e in generale ogni volta che appare la scimmia.
Poi però si alternano episodi di una tristezza unica come il 9, dove assistiamo pure a una delle scene più pacate e belle dell’anime, ovvero il cielo riflesso sull’acqua. Yuasa e il suo team danno veramente lezioni di regia, ma sono gli episodi 10 (diretto da Kenji Nakamura), 12 (apoteosi visiva) e 13 (quello più surreale) ad essere il top dello sperimentalismo. Tutta la scena sulla palla gigante nel finale è da antologia per il connubio tra movimenti di macchina, a seguire il movimento impossibile dei personaggi garantito dall’animazione, e la cura delle inquadrature da angoli più disparati e impensabili.

L’anime cambia marcia nella seconda metà, risultando ancora più fuori dagli schemi e pieno di simbolismi. E questa è anche la parte più odiata da tutti, poiché il gore e il kitsch si innalzano, ma molte cose hanno un senso, e non troppo difficile da interpretare. Per esempio, il travestimento di Ooba da coniglio nell’episodio 10 non è buttato lì a caso, ma piuttosto per sottolineare la sua vera natura, e, in fin dei conti, cosa altro non è se non un lupo vestito da agnellino? Lui ci viene mostrato per tutto il tempo come il più inutile e debole del triumvirato, quello che svolge le mansioni di commercio, e invece è proprio il più forte e l’artefice di tutto quel casino. Sempre continuando con Ooba, nella puntata finale assistiamo alla separazione della sua testa dal corpo, e quest’ultimo continua a muoversi in modo del tutto sconnesso. Di nuovo, non è perché hanno perso la testa gli scrittori, ma c’è qualcosa dietro, e magari potrebbe rappresentare il dualismo dell’essere umano. E’ la metafora che vede gli uomini al pari di animali: del resto combattiamo con i nostri simili per prevalere e, nel caso di Ooba, fisicamente. La testa in fin dei conti è l’aspetto razionale, mentre il corpo è l’istinto animalesco, ed ecco perché si separano e il corpo inizia a muoversi senza una ragione. Le digressioni di Ooba da meta-film sono troppo per la massa? Il finale però ci ha anche saputo regalare una splendida sequenza aerea con Yuka e Toshihiko, che ha sicuramente accontentato anche i fan del lato sentimentale di questa opera.

Anche la psicologia dei personaggi è curata. Ooba è uno degli antagonisti più incisivi di sempre, e dire unico è un eufemismo. Lui è così perverso, rivoltante, eccentrico, amorale ed egoista che difficilmente verrà dimenticato, ma allo stesso modo amato dai più. Ooba è un personaggio fuori dal tempo e dallo spazio, come viene dimostrato in maniera stupefacente nell’episodio 10, dove lui è ovunque nello stesso momento; un espediente che risulta altamente destabilizzante e rappresenta la perfetta sintesi di un assurdo personaggio. Del resto per lui i sentimenti sono solo reazioni chimiche, mentre non si può dire lo stesso per quei passionali di Toshihiko e Yuka, che ci assicurano il vero viaggio di cui siamo testimoni, due personaggi fantastici. La relazione tra Kazuma e Rie è più profonda di quanto si possa pensare, così come tutti i secondari sono il top... qualcuno ha detto la scimmia? Che poi anche la scimmia ha il suo perché. Essa può essere vista come la reincarnazione del padre di Toshihiko o, ancora, la portatrice della sua filosofia di vita, in quanto appare prima della sua morte, che è appunto opposta a quella di Ooba. Infatti per Ooba il più forte vince sempre, mentre per Toshihiko non è così; Toshihiko impara da suo padre e dalla scimmia che bisogna seguire il proprio volere. “Fa come credi”, più volte ripetuto, in modo tale da renderli entrambi personaggi calmi, giocosi e liberi.

Le opening di ogni episodio, non le sigle, sono in assoluto le cose più fuori di testa di questo titolo, che vedrei anche solo per i venti secondi iniziali di ogni episodio!

In conclusione, c’è molto altro da aggiungere e molto altro che deve essere ancora carpito dal sottoscritto, ma non ha veramente senso andare oltre in inutili parole. Questo anime va visto, va visto più volte.


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nndoo

Episodi visti: 13/13 --- Voto 8
Ebbene sì, ho beccato quest'anime così per caso. Le opere sperimentali mi hanno sempre affascinato, anche se alcune volte non le ho proprio sopportate. Mi definisco uno spettatore curioso, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che esca fuori dagli schemi. Devo dire che il nome di Yuasa, il regista di questa bellissima serie, mi era del tutto sconosciuto, ma di recente, dopo aver visionato "Ping Pong", la sua ultima opera, mi sono deciso a recuperare tutti i suoi lavori. Ed eccomi qua dopo aver visionato questo delirio animato.

"Kemono Zume" è un anime del 2006 di tredici episodi. Possiamo benissimo parlare di un anime ibrido, che mescola moltissimi generi diversi tutti ben amalgamati tra di loro. Lo potremmo definire come un lavoro splatter drammatico non esente da qualsiasi tipo di sperimentalismo. La vicenda si svolge in un mondo in cui esistono gli Shokujinki, degli esseri mostruosi dotati di artigli possenti che hanno una predilezione per la carne umana. Ad ostacolarne le scorrerie vi è il Kikuufuken, una scuola d'arti marziali, sin dai tempi antichi specializzata nella lotta contro questi demoni. Le cose si complicheranno quando Toshihiko, abile guerriero nonché erede del Kikuufuken, si innamora della bellissima Yuka, che in realtà si rivela essere uno Shokujinki. Come può evolversi la loro storia d'amore? Entrambe le parti accetteranno la loro unione o si opporranno tentando di uccidere gli innamorati? E soprattutto chi o che cosa c'è dietro le sempre più frequenti comparse degli Shokujinki?

La storia, nella sua semplicità, è brillante e sconvolgente. Si presenta come una tragedia, "Romeo e Giulietta" moderna: la passione bruciante dei protagonisti sfida tutto e tutti e si spinge fino ai limiti del possibile. I personaggi sono tutti ben caratterizzati soprattutto dal punto di vista psicologico, conosciamo i loro sogni, desideri, angosce e paure. I disegni e le inquadrature si prestano a uno stile completamente folle e via via sempre più sperimentale. Il tratto è sempre diverso puntata dopo puntata, passa da semplice a irregolare a pulito e a sporco a seconda della narrazione. L'atmosfera che si respira è nichilista, pessimista, oscura e a tratti onirica e sperimentale.

In conclusione, "Kemono Zume" è un anime poco conosciuto ma che mi sento assolutamente di consigliare. Sia chiaro non è un'opera per tutti, anzi, probabilmente la maggior parte degli spettatori dropperà alla grande e storcerà il naso. La serie è indirizzata a un pubblico molto selezionato, amante dello splatter e del tocco psicologico, e soprattutto amante dello sperimentalismo. I tredici episodi vi catapulteranno in una realtà che non pensavate di conoscere, fornendo una storia e una visione del tutto originale e profonda.


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Robocop XIII

Episodi visti: 13/13 --- Voto 7
Prima di affermarlo volevo esserne sicuro. Ma dopo aver visto Ping Pong The Animation, The Tatami Galaxy, Kaiba e ora Kemonozume posso dirlo: Masaaki Yuasa è un grande regista. Tutte le sue opere sono nel contempo personali ed eterogenee. Ad ogni sua opera sai che troverai la mano di Yuasa, ma sai anche che troverai qualcosa di completamente nuovo, ed è impressionante vedere come questo regista sappia adattarsi ad ogni atmosfera, e soprattutto valorizzarla e interpretarla in modo proprio.

"Per voi uccidere gli Shokujinki è un lavoro, per noi mangiare gli umani è un istinto."

Grande importanza la ha la sessualità e il sesso. Queste caratteristiche rendono Kemonozume un'opera adulta, non tanto per la presenza del sesso in quanto tale, ma per il modo in cui viene rappresentato, nella semplicità realistica e passionale di due giovani innamorati. Gli stessi Shokujinji sono schiavi e simboli dell'istinto e dell'eccitazione sessuale.

Kemonozume è una bomba. La prima puntata è un'ottima presentazione: l'opening jazzeggiante anticipa un incipit tarantiniano e buone scene d'azione. Ma non volevo ricascarci. Kaiba aveva una prima puntata folgorante, ma il resto della serie era relativamente sottotono; mi spiego meglio: Kaiba è una serie ottima e superiore di due spanne al livello qualitativo medio degli anime, ma la prima puntata è più che ottima e lascia intendere un livello ancora superiore. Kemonozume invece mantiene le aspettative e non fa calare il ritmo di una virgola. Tra le opere di Yuasa è forse - insieme a Ping Pong - una delle meno sperimentali, comparto grafico a parte; stilisticamente personale ma privo di esagerazioni, sebbene siano presenti tutti gli spunti che verranno utilizzati nelle serie successive. Ed è anche uno degli anime con la trama più canonica (ma non per questo banale). Cos'è allora che rende Kemonozume speciale? Uno dei suoi più grandi punti di forza è il modo in cui l'opera unisce la realtà assurda con quella ordinaria, in modo semplice ma efficace: la condizione che vivono i nostri protagonisti si inserisce in modo assurdamente naturale e spontaneo nelle loro vita di tutti i giorni. O ancora come tutti i personaggi siano ben caratterizzati ed empatici a un livello stranamente differente dalle altre opere di Yuasa.

Il paragrafo precedente l'avevo scritto dopo aver visto le prime puntate, ma poi la situazione è cambiata un po', e in peggio. Innanzitutto il ritmo, sebbene sembrasse stabile, ha avuto i suoi bassi, complici delle puntate sottotono che hanno anche ridotto notevolmente l'interesse per la visione delle puntate successive. Kemonozume non manca di colpi di scena, possiede delle scene memorabili e delle atmosfere uniche, ma gli manca qualcosa. Inoltre, come in Kaiba, decide di cambiare le carte in tavola nel finale, dove il mix perfetto tra ordinario e straordinario perde il suo equilibrio lasciando pendere i bracci della bilancia a favore del surrealismo. Evidentemente, il modo di agire di Yuasa in Kemonozume e Kaiba non è compatibile con i miei gusti, preferisco un finale alla Tatami, sensato e pensato, o alla Ping Pong, cioè coerente con le intenzioni dimostrate.


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Pan Daemonium

Episodi visti: 13/13 --- Voto 10
Dopo aver visto "Cat Soup", "The Tatami Galaxy", "Kaiba" e "Mind Game", completo la visione delle opere di Masaaki Yuasa con "Kemonozume".
Onestamente già prima di cominciare sapevo come sarebbe finita, ossia mi sarei nuovamente innamorato freneticamente. Difatti così è accaduto.
In soli tredici episodi Yuasa produce un capolavoro come pochi.

A parte una colonna sonora più che meritevole, abbastanza "jazzante", tanto da avermi ricordato alcune cose prodotte da Yoko Kanno, sono la trama e la regia ad essere le colonne portanti.
Iniziamo chiarendo che l'anime si divide sostanzialmente in due metà: la prima presenta le vicende ed i personaggi, di conseguenza appare chiara e comprensibile, senza mettere, però, sotto il tappeto crudezza e situazioni esplicite. Non mancano scene di sesso selvaggio e di cruenti omicidi. Ora, il tutto però è immerso negli avvenimenti ed è in funzione della trama, cioè la narrazione di una scuola di arti marziali, Kifuuken, che funge da bastian contrario nell'ascesa e nella diffusione degli shokujinki, ossia esseri che si nutrono di umani, di derivazione mitologica e che vivono fra gli umani camuffandosi da umani. Un samurai della detta scuola si innamora di una di questi orchi ed il tutto dà inizio ad una serie di catastrofi che finiscono con il coinvolgere l'intero Giappone.
Nella prima parte quindi vaghiamo fra scene che mostrano l'esternarsi dell'amore dei due protagonisti, le strenue lotte per far riconoscere questo stesso sentimento alla società ed un po' di violenza sanguinolenta.

Come già detto, a causa di questa passione la struttura e la stabilità vengono meno. Questo porta alla seconda parte dell'anime, in cui si avvia un esponenziale aumento dei combattimenti e degli spargimenti di sangue, un'espansione anche della sessualità, sempre più esplicita e sfacciata, e, anche se può sembrar non collegato, un'accrescimento del non-sense di fondo, del surrealismo "yuasiano", abbastanza emblematico nella scimmia, che funge un po' da commedia ambulante come i pinguini di "Mawaru Penguindrum", anche se questo stesso animale ha un'importanza maggiore dovuta a certi collegamenti che sorgono successivamente con la storia di Momotarou.
Altra prova dell'aumento del surrealismo è in quei piccoli sketch presenti prima dell'opening. Essi risultano piuttosto normali nella prima parte, mentre nella seconda divengono chiaramente ironici, disegnati in modo sempliciotto e tutti caratterizzati da una improvvisa comicità non presente nei primi.

Detto in tal modo può parere che Kemonozume sia sesso, sangue e rock'n'roll, quando così non è. La trama è presente, viene solo un po' meno nella seconda parte, a causa di un aumento del surrealismo che offusca le vicende incentrando la scena sui pochissimi personaggi sopravvissuti. Presente anche una buona caratterizzazione dei teatranti. Gli sconvolgimenti emotivi di Kazuma, l'introduzione di Ouba, con la sua personalità quasi comica nella sua abissale mania, le cui stesse azioni sono chiaramente dovute probabilmente alla mera volontà di difendere il proprio figlio da un mondo irrispettoso, sono tutte prove di uno studio analitico e profondo presente dietro la costruzione di questi personaggi.

Paradossalmente ciò che più attira e crea scandalo in Kemonozume è l'aspetto grafico, sebbene sperimentale e quindi per me degno di ossequio, non è un risultato né un punto a sfavore, né un particolare punto a favore. Di certo gli occhi vanno abituati, ma essendo Kemonozume un'opera che inizia in modo dinamico e che, via via, tende ad aumentare la propria energia cinetica, una produzione grafica un po' graffiante, sfaccettata e poco curata sembra quasi adattarsi a pennello.

A mio parere un'opera sublime che fonde il gore, il sentimentalismo, la forza di volontà guerriera, realismo psicologico ed emotivo, alfine surrealismo.
Di certo migliore di Kaiba, non so se migliore di "The Tatami Galaxy", con cui la competizione risulterebbe belluina ed efferata.


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m@njii

Episodi visti: 13/13 --- Voto 9
Masaaki Yuasa è sempre geniale, non a tutti possono piacere i suoi deliri e il suo concetto di animazione, però riesce a rendere una storia d'amore vista e rivista come quella di due ragazzi che si amano ma appartengono a mondi diversi e in conflitto, tipo Romeo e Giulietta, originale e interessante. Come sempre i suoi lavori sono accompagnati da una colonna sonora fantastica, degna delle migliori produzioni.

La storia racconta di un dojo e associazione segreta, che basa la sua storia e le sue radici su uno scontro di generazioni tra l'uomo e una razza di mostri che vivono da umani. La trama si sviluppa attorno a questa coppia formata dall'erede designato del dojo e da una ragazza che ha il piccolo problema di trasformarsi in un mostro mangia uomini.

Se vi piacciono katane, situazioni grottesche divertenti e funzionali ,ma sempre con un fondo di malinconia, allora kemonozume è un anime adatto a voi. Non fermatevi all'apparenza delle prime 2 o 3 puntate, persistete e ne rimarrete positivamente colpiti.


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laury84

Episodi visti: 13/13 --- Voto 9
Anime a dir poco spiazzante. Abituati come siamo a character design e animazioni sempre più precisi e realistici Kemonozume ad un primo sguardo può apparire sgradevole. Nonostante questo portando un po' di pazienza e proseguendo la visione si viene coinvolti dalla storia e dai personaggi; quelli che consideravamo difetti non facciano che sottolineare uno dei messaggi dell'opera "Taste doesn't matter - Il gusto non importa". Quella di Masaaki Yuasa è una scelta consapevole, direi quasi una scommessa: può un'anime essere 'bello' e trasmettere qualcosa rinunciando all'estetica tradizionale? Per quanto mi riguarda la scommessa è vinta. Se si guarda con attenzione si può notare l'estrema cura nella scelta delle inquadrature e dei colori, la colonna sonora piacevole e ben utilizzata. La trama non è banale, la situazione alla Romeo e Giulietta è solo un pretesto per parlare di altre cose; i problemi di Yuka e Toshihiko sono più seri di una faida tra famiglie, appartengono a razze diverse con esigenze diverse. Anche questo però è solo un livello di lettura superficiale; fin dove si può arrivare per amore? e cosa succede quando questo non è abbastanza oppure è solo una scusa per coprire i desideri egoistici e i problemi da cui vogliamo fuggire? Infatti più che dalle loro famiglie Yuka il mostro e Toshi l'uomo scappano da se stessi e da situazioni che non vogliono affrontare.
E' possibile vincere le proprie pulsioni naturali? E poi ancora complotti e deliri di potenza tra realtà e sequenze oniriche che ci portano nella testa di tutti i personaggi (comprimari compresi).
Il ritmo è perfetto, tensione distensione che ti prendono , senza dimenticare però ironia e umorismo, usati con intelligenza (la scimmietta che segue sempre Toshihiko mi fa morire dal ridere).
Lo consiglio caldamente a tutti coloro che sono stufi di sceneggiature e personaggi inconsistenti e vogliono qualcosa di maturo; non fatevi ingannare dalla veste grafica, vale davvero la pena.

KenzoTenmaFRNSGLRadicchio

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KenzoTenmaFRNSGLRadicchio

Episodi visti: 13/13 --- Voto 10
Anime unico e particolarissimo andato in onda in Giappone nell'estate del 2006 per 13 puntate irripetibili, rappresenta un ibrido abbastanza azzeccato di drammaticità, commedia, assurdità e sentimento. Studiato per un pubblico maturo (ciò non toglie che chiunque possa vederlo senza problemi, a parte le persone che amano i disegni e le animazioni pulite), rappresenta la cosa più strana, forse seconda solo alla maggior parte dei film di Satoshi Kon, che abbia mai visto: una regia superba per un prodotto che far rientrare nel genere anime mi sembra riduttivo. A mio parere è più vicino alla narrazione cinematografica che a quella animata, tanti elementi sono indiscutibilmente fuori dal comune (i colori, la buona scelta delle musiche, la drammaticità di alcune scene). Non è adatto a chi non abbia voglia di sperimentare qualcosa di diverso, può piacere tantissimo come non piacere affatto (spero non condivida il destino di Kanashimi no Belladonna di Tezuka). Indubbia tuttavia è la originalità, non tanto della storia (che rimane comunque su ottimi livelli, più di qualsiasi altra cosa), quanto della spettacolarità delle immagini e delle animazioni (prodotto da Wowow e Madhouse).
Molte scene di alta intensità descrittiva, molti dialoghi, alcune situazioni divertenti ed elementi di rilassamento (che lo fanno degnamente entrare nell'arte della drammatizzazione dell'assurdo): queste caratteristiche rendono appieno il corpo principale dell'anime. Forse proprio per questa sua eccessiva sperimentalità è stato ampiamente sottovalutato. Peccato mortale!

La storia prende le mosse da una sorta di leggenda ancestrale, raccontata nei prologhi delle prime due puntate: alcuni uomini sarebbero stati maledetti dagli dei ad un destino mostruoso per aver negato loro un sacrificio umano. Queste persone e i loro discendenti sono condannate a cibarsi di esseri umani, da cui il nome Shokujinki (letteralmente "demoni divora uomini"), pur non avendone alcuna intenzione (alcuni si, i più sadici). Allo stesso modo in cui la maledizione si è trasmessa nel tempo, si è andato specializzando un metodo per rendere inoffensivi questi esseri (che non chiamo mostri per un ovvio motivo, non lo sono). Più che un metodo è una tecnica di combattimento che viene tramandata di generazione in generazione dagli appartenenti al dojo Kifuuken. I protagonisti di questa storia sono proprio gli appartenenti al Kifuuken: il capofamiglia Momota Juuzou con i figli Toshihiko e Kazuma e la bella Rie. Nonostante possa sembrare la solita contrapposizione tra abili combattenti e creature spaventose, definirlo solo in base a questo sarebbe riduttivo. Oltretutto i combattimenti sono elaborati ad arte.
Le due cose che davvero rendono appieno il senso della storia sono la contrapposizione tra l'arte della spada (bello il significato che Toshihiko da al nome del dojo ed al suo compito, "sigillare il cuore di demone") e l'efficienza (rappresentata in prima istanza dall'atteggiamento radicale del figlio minore Kazuma, che vorrebbe introdurre dei cambiamenti nelle tradizioni del dojo) da un lato, ed un amore impossibile dall'altro.
Complice una scimmia, che vedrete spuntare ogni tanto a far danno, il giovane Toshihiko (trentenne, tanto giovane non è) fa l'incontro con una misteriosa donna caduta dal cielo (con un paracadute, niente magie per fortuna) che gli rimane letteralmente impressa negli occhi (tanto da vedere il suo volto su chiunque, anche sulla scimmia). Le prime puntate quindi, più che le fasi di lotta (che pure ci sono, ed i prologhi assurdi sono molto divertenti), proiettano la relazione semplice, molto romantica, tra Toshihiko e Kamitsuki Yuka (questo il suo nome): emblematiche la scena sulla terrazza dell'aeroporto, dove lei fa finta di volare nel riflesso del cielo in una pozzanghera e c'è un bacio molto particolare, la scena della fontana e quella scritta sulla schiena di lui dopo il loro primo rapporto. Rende benissimo anche la tensione al funerale del vecchio Juuzou e la lunga fuga in treno (fatemi vedere un treno ed io vado in visibilio).
La fuga dei due è dettata da una circostanza particolare: Yuka infatti è una divoratrice e la si ritiene responsabile della morte del vecchio capofamiglia. Toshihiko, essendo una personalità altruista (ha fiducia, tanta fiducia), si accolla il peso della verità e decide che il loro rapporto è più importante.
Mentre i due cercano di non farsi rintracciare da un gigante alto due piani (poi vedremo chi è), nella divertente scena della comunicazione a gesti (bisogna vederla per capire), veniamo catapultati nel passato.
Prima dello sconvolgimento seguito alla comparsa di Yuka, un'altra persona aveva spezzato la tranquillità del dojo Kifuuken: Kamitsuki Harumi, la madre di Yuka. Il passato, in questo caso, è fondamentale per capire: alcune cose, anche se non sembra, si ripetono, sebbene con varianti più o meno significative (è più un'eccezione alla norma, non bisogna farne una legge sempre valida). Qui entra in gioco sempre la seconda componente, l'amore impossibile. Seguiamo la vita di Harumi nel dojo, dove è benvoluta da tutti e da qualcuno persino amata. Tre persone in particolare conoscono la sua natura di divoratrice: il giovane Momota Juuzou, Ouba Kyoutarou e Kakinochi Jin. Le amicizie vengono meno, come il profumo delle rose che Harumi si lascia alle spalle (è il primo regalo): Juuzou decide di mettere al primo posto la sua vita con la donna, dalla quale aspetta un bambino (Kazuma), e rinuncia alla guida del dojo a favore di Jin (padre di Rie). Il seguito di questa parte rientra nelle cose che farei meglio a non raccontare, perché spiega in cosa consiste la tecnica del kemonozume.

Per quanto riguarda la seconda parte dell'anime mi soffermerei su alcuni episodi particolari.
Il primo riguarda l'altra faccia dell'amore impossibile, ovvero una fiducia mal riposta: è l'episodio del povero Umeda Souichi e della prostituta, anche lei divoratrice, Himiko. Bisogna dire che vedendolo ci sono rimasto abbastanza male (sarà felicità anche quella...). L'incontro tra i due, avvenuto a seguito di varie peripezie nei quartieri di piacere, non si rivela dei più fecondi.
Il secondo episodio riguarda il gigante di due piani (Bon, figlio di Ouba, che riesce a fare dei bellissimi origami di cigno rossi), il compleanno di Yuka e la cattura di Toshihiko da parte di Hooberi Gakuto (ex di Yuka): se la parte riguardante la vita dei due fuggiaschi risulta molto divertente (la tecnica per bloccare le persone, neanche Yuka fosse Kenshiro!), la parte della prigionia risulta a tratti pesante ma molto realistica (con tanto di condizionamento mentale) e ci rivela le cause dell'aumento della comparsa di divoratori ,diciamo così, "anomali".
Il terzo episodio, forse il migliore, riguarda l'incontro con due anziani. Trattato in maniera molto delicata, sembra di assistere ad un incontro con un futuro condiviso che i due protagonisti forse non avranno la fortuna di vedere. Un riflesso della felicità come le nuvole nella salina (bellissima scena), riflesso spezzato da un avvenimento tragico e da una fuga.
Il senso di questa fuga e il perché di alcune scelte inevitabili lascio a voi la libertà di conoscere guardando l'anime.

Molte immagini sono abbastanza pesanti (il delirio di Kazuma, la pratica del kemonozume, il modo in cui Toshihiko cerca di far acquisire a Yuka la capacità di controllare la sua trasformazione), quindi siete avvertiti. Altre sono molto intense (le scene del passato, l'abbandono del dojo, la determinazione di Rie ed un certo riferimento alla disumanizzazione). La mia valutazione sui personaggi è molto positiva: tutti ben caratterizzati, tutti utili alla narrazione (si, anche la scimmia che non fa quasi niente).
Le animazioni sono speciali, almeno per me: movimenti rozzi, volti irregolari, qualche trasposizione animata di immagini riprese dal vivo.

Una produzione che merita un briciolo in più di attenzione, sia per i temi che tratta (ed i toni con cui vengono trattati) sia per il valore di alcune scelte di regia adottate (il regista è Yuasa Masaaki).

cartman666

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cartman666

Episodi visti: 1/13 --- Voto 2
D'accordo Masaaki Yuasa ha talento, e' indiscutibile, ma, se nel suo lungometraggio Mind Game, dopo una mezz'ora iniziale folgorante, si e' perso in deliri tali da rendere al confronto comprensibili i finali di Hideaki Anno della serie Evangelion, in Kemonozume, dopo due minuti iniziali davvero eccellenti con i dialoghi dei due mostri protagonisti, rovina il tutto con dei disegni e delle animazioni di una scena d'azione cosi' orride e incomprensibili che mi hanno ricordato certi cartoni animati dei paesi dell'est che facevano alla rai negli anni 80. Va bene che vuoi staccarti dai canoni stilistici degli anime, ma se il risultato e' cosi' grottesco e ridicolo, non fare un anime con scene d'azione cosi' preponderanti. Tra l'altro il personaggio di una scimmietta, che ha una parte importante nella storia,veniva disegnata in una maniera tale da sembrare un vero sgorbio,sperimentare va bene, ma i risultati a mio avviso mi deludono alquanto, visto che ci sono esempi di anime come Ghost in the Shell, oppure Cowboy Bebop, che hanno un character design originale, e dei disegni davvero stupendi, oltre che un'animazione delle scene d'azione davvero spettacolare, che farei vedere piu' volte.
Allo staff di produzione di Kemonozume, cosi' magari imparano come animare delle scene d'azione. E' un vero peccato, perche' i dialoghi sono interessanti, come pure la trama, ma i disegni proprio mi fanno passare la voglia di vederlo.