I Racconti di Terramare
Avevo visto questo film tanti anni fa su, credo, Rai Gulp. O meglio: avevo non visto questo film perché ero impegnato in una cena con mio fratello, sua moglie e i suoi figli ed erano tutti così disinteressati alla televisione da distrarre anche me che volevo assolutamente vedere quest’opera.
Comunque dalla mia visione distratta non avevo serbato un buon ricordo di quest’opera ma, intenzionato a guardare - o riguardare, in alcuni casi - le opere dello studio Ghibli ho iniziato proprio da questo: scelta fortunata perché posso ribaltare il mio giudizio e rendere merito ad un'opera sottostimata.
Per tutti lo studio Ghibli sono ancora Hayao Miyazaki e il defunto (ormai da cinque anni) Isao Takahata… uno studio che rappresenta l’eccellenza della filmica animata giapponese. In molti quando hanno saputo che il film sarebbe stato diretto e sceneggiato da Miyazaki figlio hanno storto il naso, non ha esperienza il ragazzo… Ma a volte il puro talento vince l’esperienza e Goro Miyazaki lo ha dimostrato.
Passiamo a questo punto all’opera: è tratta dalla saga di "Earthsea" dell’autrice Ursula K. Le Guin, di cui io avevo letto il primo volume (Il Mago) circa trent’anni fa e che mi era abbastanza piaciuto, ho visto anche la versione televisiva in due parti ispirata alla serie, ma questa l’ho trovata poco ispirata. Goro invece fa un buon lavoro anche se - si dice - con un basso budget. Il budget non consente di creare fondali più elaborati e puntare sul lato epico muovendo tanti soldati o tanti personaggi, ne deriva a questo punto che fondali sono spogli anche se belli.
Sì! bastano pochi personaggi per dar vita ad una bella fiaba in cui si parla della vita e di come godersela: non servono droghe o sperare di morire subito o vivere in eterno. La vita è limitata ma ciò la rende preziosa. Per quanto mi riguarda poi i personaggi vanno bene così: ricordiamo che è un film sebbene lungo e quindi alcune cose vengono accennate, alcuni caratteri vanno compresi per quello che appare in poche scene. Per intenderci si poteva cercare di sviluppare meglio la psicologia di Sparviere e Arren, di Therru e Aracne ma ciò si sarebbe potuto fare creando una serie tv, cosa che non era all’epoca nella filosofia dello studio Ghibli. Inoltre ricordiamo che Hayao Miyazaki non ha aiutato molto il figlio in quanto era lui stesso che voleva dirigere quest’opera, ma stava lavorando su "Il castello errante di Howl" e i diritti ottenuti dall’autrice erano in scadenza.
Perciò non me la sento più di essere (insieme a tanti altri) ingiustamente contro quest’opera che merita un nove pieno.
Comunque dalla mia visione distratta non avevo serbato un buon ricordo di quest’opera ma, intenzionato a guardare - o riguardare, in alcuni casi - le opere dello studio Ghibli ho iniziato proprio da questo: scelta fortunata perché posso ribaltare il mio giudizio e rendere merito ad un'opera sottostimata.
Per tutti lo studio Ghibli sono ancora Hayao Miyazaki e il defunto (ormai da cinque anni) Isao Takahata… uno studio che rappresenta l’eccellenza della filmica animata giapponese. In molti quando hanno saputo che il film sarebbe stato diretto e sceneggiato da Miyazaki figlio hanno storto il naso, non ha esperienza il ragazzo… Ma a volte il puro talento vince l’esperienza e Goro Miyazaki lo ha dimostrato.
Passiamo a questo punto all’opera: è tratta dalla saga di "Earthsea" dell’autrice Ursula K. Le Guin, di cui io avevo letto il primo volume (Il Mago) circa trent’anni fa e che mi era abbastanza piaciuto, ho visto anche la versione televisiva in due parti ispirata alla serie, ma questa l’ho trovata poco ispirata. Goro invece fa un buon lavoro anche se - si dice - con un basso budget. Il budget non consente di creare fondali più elaborati e puntare sul lato epico muovendo tanti soldati o tanti personaggi, ne deriva a questo punto che fondali sono spogli anche se belli.
Sì! bastano pochi personaggi per dar vita ad una bella fiaba in cui si parla della vita e di come godersela: non servono droghe o sperare di morire subito o vivere in eterno. La vita è limitata ma ciò la rende preziosa. Per quanto mi riguarda poi i personaggi vanno bene così: ricordiamo che è un film sebbene lungo e quindi alcune cose vengono accennate, alcuni caratteri vanno compresi per quello che appare in poche scene. Per intenderci si poteva cercare di sviluppare meglio la psicologia di Sparviere e Arren, di Therru e Aracne ma ciò si sarebbe potuto fare creando una serie tv, cosa che non era all’epoca nella filosofia dello studio Ghibli. Inoltre ricordiamo che Hayao Miyazaki non ha aiutato molto il figlio in quanto era lui stesso che voleva dirigere quest’opera, ma stava lavorando su "Il castello errante di Howl" e i diritti ottenuti dall’autrice erano in scadenza.
Perciò non me la sento più di essere (insieme a tanti altri) ingiustamente contro quest’opera che merita un nove pieno.
Correva il 2006, anno storico in cui il cielo si tingeva di blu sopra Berlino, quando nelle sale giapponesi uscì “I Racconti di Terramare”, prima regia di Goro Miyazaki, figlio del più celebre Hayao Miyazaki, regista di fama internazionale, che con le sue pellicole ha segnato la generazione di adolescenti nati a cavallo tra gli anni ’80 e i primi anni ‘00. In realtà, come forse alcuni di voi sapranno, molto prima della pubblicazione di quest’opera, Goro non era per nulla incline a seguire le orme del padre, fermamente convinto che non sarebbe mai riuscito a raggiungere il suo stesso livello, e come dargli torto. Per questo motivo, raggiunta la maggiore età, si iscrisse alla facoltà di architettura e una volta laureatosi, progettò il famoso Museo Ghibli a Mikata. Ad un certo punto della sua vita, giunse però una svolta inattesa. Toshio Suzuki, manager dello Studio Ghibli e storico collaboratore del padre Hayao, impressionato dalle capacità organizzative e decisionali del giovane, lo convinse ad aiutarlo a creare un film d’animazione. Nonostante il parere contrario del padre Hayao, Suzuki assegnò a Goro la realizzazione degli storyboard dell'adattamento animato del romanzo “Tales of Earthsea” di Ursula Le Guin e, a dispetto di incertezze e paure iniziali, il lavoro di Goro venne parecchio apprezzato da Suzuki che, a quel punto, decise di assegnargli anche la regia del film. Nacque così “I Racconti di Terramare”, prima pellicola diretta da Goro Miyazaki, ancora oggi motivo di violente discussioni, tra i suoi detrattori, che lo ritengono "una cagata pazzesca" e i suoi sostenitori, che lo considerano, invece, un buon film.
Periodo storico imprecisato. Il mondo vive un periodo di pace e tranquillità, dopo l’aspra guerra tra uomini e draghi, che lo hanno sconvolto. La storia è ambientata in un arcipelago medievaleggiante, dove quella pace, conquistata con tanta fatica e sudore, sembra vacillare con la ricomparsa dei draghi. Questi ultimi, infatti, hanno ripreso a popolare i cieli e a combattersi tra di loro. Da questo momento, iniziano a manifestarsi pestilenze e malattie di vario genere, che uccidono bestie e uomini. Protagonista della storia è Arren, figlio del re, di un regno mai nominato. Quando siamo alle prime battute del film, il giovane si macchia di un delitto indicibile e fugge da palazzo. In viaggio senza meta, fa la conoscenza di Ged, detto Sparviere, l’ultimo arci mago rimasto, che lo prende sotto la sua ala protettiva. Da questi assunti di partenza, ha inizio l'avventura dei nostri due protagonisti, che lungo la loro via incontreranno nuovi personaggi e dovranno vedersela con un altro potente e oscuro mago, Aracne.
A dispetto di tutte le pessime recensioni lette e commenti ben lungi dall’essere lusinghieri, che mi avevano leggermente intimorito prima della sua visione, ho trovato questo film stranamente piacevole. Chiamatelo effetto sorpresa, dovuto al fatto che mi aspettavo meno di zero, chiamatelo effetto "non ci capisco una mazza" o "dipendenza da Ghibli", ma, conto ogni mia più rosea aspettativa, ho molto apprezzato “I Racconti di Terramare”, di cui, ci tengo a precisare, non ho letto l’originale a opera di Ursula Le Guin, che tutti reputano superiore e per nulla paragonabile alla mediocre controparte animata. Il film scorre bene, merito di una narrazione fluida, da molti criticata per i suoi, a me poco evidenti, buchi di trama disseminati per tutto il film. Giudizio, probabilmente, dovuto alle notevoli differenze con il romanzo da cui è tratto. Nonostante ciò, riconosco anche io che il film ha vissuto un’esperienza travagliata e che, in due punti cruciali della storia, ovvero l’incipit e il finale, pecchi di chiarezza. L’indicibile delitto di cui si macchia Arren, che rappresenta l’antefatto della storia, giunge ad una spiegazione molto poco soddisfacente, per giunta a film quasi concluso. Il finale, fin troppo frettoloso, vede ricomparire i draghi, queste figure misteriose di cui si racconta solo all’inizio e alla fine e di cui mai più si parla all’interno del film. Il blocco centrale, invece, è più che solido ed è qui che si consumano i discorsi filosofici e più profondi dell’intera opera. Si discorre della vita, della morte e della necessità di vivere, pur sapendo che un giorno, su tutto questo, calerà per sempre il sipario. Un vero e proprio inno alla vita, degna di essere vissuta e tanto preziosa perché finita. A tal proposito, mi sembra doveroso riportare il discorso di Sparviere: “Devi ascoltarmi Arren. A questo mondo, esseri che continuino a vivere per l'eternità non possono esistere. La cognizione dell'uomo che un giorno arriverà la propria morte è il meraviglioso dono che tutti abbiamo ricevuto dal cielo. Ciò che possiamo avere per noi, sono tutte e soltanto cose che un giorno dovremmo perdere. In questo è il seme della sofferenza, ma anche un grande tesoro, e così pure la misericordia del cielo, e anche la nostra vita”.
Si parla dell’uomo e del suo rapporto così controverso con la natura, grande must dei film targati Ghibli. Soprattutto, però, si discute sui concetti di bene e male, due facce della stessa medaglia, che non possono fare a meno l’uno dell’altro e la cui disquisizione mi ha tanto ricordato la frase di Sirius Black: "Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire. È questo quello che siamo." Non sarà certo merito di Goro, ma è lampante che il film attinga da una materia narrativa alquanto intrigante e matura. Al netto, dunque, di alcuni errori grossolani nella sceneggiatura e chiarimenti, o meglio approfondimenti, mancati, che avrebbero arricchito la storia, il prodotto finale resta comunque di buona fattura e molto lo si deve alle animazioni, stupende ed incantevoli come sempre. Leggermente sottotono, a mio parere, invece, il comparto musicale, incapace di regalare allo spettatore una colonna sonora degna di essere ricordata, ma di cui ho apprezzato le musiche molto rievocative della trilogia de “Il Signore degli Anelli”.
Per concludere, oserei dire che siamo dinanzi al classico caso di fama, in questo caso pessima, che precede il film. “I Racconti di Terramare”, a cui ho preferito il successivo “La Collina dei Papaveri”, non sarà di certo un capolavoro, ma occhio a non farvi ingannare, né irretire da ciò che leggete in rete. D’altronde, lo sanno tutti che non bisogna giudicare un libro dalla copertina.
Periodo storico imprecisato. Il mondo vive un periodo di pace e tranquillità, dopo l’aspra guerra tra uomini e draghi, che lo hanno sconvolto. La storia è ambientata in un arcipelago medievaleggiante, dove quella pace, conquistata con tanta fatica e sudore, sembra vacillare con la ricomparsa dei draghi. Questi ultimi, infatti, hanno ripreso a popolare i cieli e a combattersi tra di loro. Da questo momento, iniziano a manifestarsi pestilenze e malattie di vario genere, che uccidono bestie e uomini. Protagonista della storia è Arren, figlio del re, di un regno mai nominato. Quando siamo alle prime battute del film, il giovane si macchia di un delitto indicibile e fugge da palazzo. In viaggio senza meta, fa la conoscenza di Ged, detto Sparviere, l’ultimo arci mago rimasto, che lo prende sotto la sua ala protettiva. Da questi assunti di partenza, ha inizio l'avventura dei nostri due protagonisti, che lungo la loro via incontreranno nuovi personaggi e dovranno vedersela con un altro potente e oscuro mago, Aracne.
A dispetto di tutte le pessime recensioni lette e commenti ben lungi dall’essere lusinghieri, che mi avevano leggermente intimorito prima della sua visione, ho trovato questo film stranamente piacevole. Chiamatelo effetto sorpresa, dovuto al fatto che mi aspettavo meno di zero, chiamatelo effetto "non ci capisco una mazza" o "dipendenza da Ghibli", ma, conto ogni mia più rosea aspettativa, ho molto apprezzato “I Racconti di Terramare”, di cui, ci tengo a precisare, non ho letto l’originale a opera di Ursula Le Guin, che tutti reputano superiore e per nulla paragonabile alla mediocre controparte animata. Il film scorre bene, merito di una narrazione fluida, da molti criticata per i suoi, a me poco evidenti, buchi di trama disseminati per tutto il film. Giudizio, probabilmente, dovuto alle notevoli differenze con il romanzo da cui è tratto. Nonostante ciò, riconosco anche io che il film ha vissuto un’esperienza travagliata e che, in due punti cruciali della storia, ovvero l’incipit e il finale, pecchi di chiarezza. L’indicibile delitto di cui si macchia Arren, che rappresenta l’antefatto della storia, giunge ad una spiegazione molto poco soddisfacente, per giunta a film quasi concluso. Il finale, fin troppo frettoloso, vede ricomparire i draghi, queste figure misteriose di cui si racconta solo all’inizio e alla fine e di cui mai più si parla all’interno del film. Il blocco centrale, invece, è più che solido ed è qui che si consumano i discorsi filosofici e più profondi dell’intera opera. Si discorre della vita, della morte e della necessità di vivere, pur sapendo che un giorno, su tutto questo, calerà per sempre il sipario. Un vero e proprio inno alla vita, degna di essere vissuta e tanto preziosa perché finita. A tal proposito, mi sembra doveroso riportare il discorso di Sparviere: “Devi ascoltarmi Arren. A questo mondo, esseri che continuino a vivere per l'eternità non possono esistere. La cognizione dell'uomo che un giorno arriverà la propria morte è il meraviglioso dono che tutti abbiamo ricevuto dal cielo. Ciò che possiamo avere per noi, sono tutte e soltanto cose che un giorno dovremmo perdere. In questo è il seme della sofferenza, ma anche un grande tesoro, e così pure la misericordia del cielo, e anche la nostra vita”.
Si parla dell’uomo e del suo rapporto così controverso con la natura, grande must dei film targati Ghibli. Soprattutto, però, si discute sui concetti di bene e male, due facce della stessa medaglia, che non possono fare a meno l’uno dell’altro e la cui disquisizione mi ha tanto ricordato la frase di Sirius Black: "Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire. È questo quello che siamo." Non sarà certo merito di Goro, ma è lampante che il film attinga da una materia narrativa alquanto intrigante e matura. Al netto, dunque, di alcuni errori grossolani nella sceneggiatura e chiarimenti, o meglio approfondimenti, mancati, che avrebbero arricchito la storia, il prodotto finale resta comunque di buona fattura e molto lo si deve alle animazioni, stupende ed incantevoli come sempre. Leggermente sottotono, a mio parere, invece, il comparto musicale, incapace di regalare allo spettatore una colonna sonora degna di essere ricordata, ma di cui ho apprezzato le musiche molto rievocative della trilogia de “Il Signore degli Anelli”.
Per concludere, oserei dire che siamo dinanzi al classico caso di fama, in questo caso pessima, che precede il film. “I Racconti di Terramare”, a cui ho preferito il successivo “La Collina dei Papaveri”, non sarà di certo un capolavoro, ma occhio a non farvi ingannare, né irretire da ciò che leggete in rete. D’altronde, lo sanno tutti che non bisogna giudicare un libro dalla copertina.
Per essere un film dello Studio Ghibli mi aspettavo decisamente di più. La trama non mi è stata chiara o meglio, c'è un intreccio di obiettivi non esplicitati che ogni personaggio principale segue ma la loro unione e lo svolgimento non mi hanno proprio aiutato a capire il perché di tutto. C'è sempre un alone di mistero nei film dello Studio Ghibli ma tutti hanno un fine preciso e si spiegano con la conclusione delle pellicole, qui no. In pratica mi è sembrata una confusione di fatti senza cause spiegate che di conseguenza non fanno onore ai messaggi trasmessi.
<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler</b>
E' il primo lungometraggio del figlio di Miyazaki, che devo dire ho trovato più promettente del previsto.
Anni fa mi capitò di leggere l'originale trilogia di "Earthsea" di Ursula Leguin, successivamente ampliata a distanza di anni, da altri due capitoli. Onestamente parlando, si rivelò un'opera sempre meno scorrevole, specie al terzo volume, forse per il suo spostare eccessivamente l'attenzione lontana dal mago Ged/Sparviero. Nonostante ciò, si manteneva comunque interessante coi suoi personaggi e con vicende incentrate meno sull'azione e un po' più sulla spiritualità. Ad oggi il ricordo di quelle storie è appannato, e dei due seguiti lessi solo un sunto, ma ciò mi è stato sufficiente per notare le immense differenze tra il libro e la versione animata.
Per cominciare, nel lungometraggio giapponese vi è lo stesso errore che già in passato fece infuriare l'autrice verso le altre poche, sfortunate, trasposizioni, ovvero i personaggi sono tutti caucasici. Verso questa scelta, i realizzatori apportarono come debole scusa che gli Asiatici percepivano le differenze di tonalità molto più di noi Occidentali, ma, tralasciando che un prodotto di questa fattura non dovrebbe avere una visione territoriale così ristretta, anche in quest'ottica l'unico minimamente scuro di carnagione è il mago Sparviero/e, mentre altri personaggi secondari, al massimo, sono in zone di scarsa illuminazione. Secondo e più importante dilemma, la trama è stata del tutto modificata. La sceneggiatura presentata dallo studio in pratica è un mix, principalmente del primo, del terzo e del quarto libro. Dal terzo hanno preso il principe Arren e l'ispirazione per il nemico finale, mentre dal quarto libro hanno tratto l'ambiente agricolo, la ragazzina ustionata, Tenar, la vecchia "amica" di Ged (conosciuta nelle tombe sotterranee del secondo volume), e il nome magico del principe (un re del quarto). Dal primo invece hanno raccattato l'ombra inseguitrice, legata alla cicatrice del mago, ribaltandola però nell'identità e con una nascita non più parzialmente magica ma unicamente spirituale. Ovviamente l'autrice Le Guin ha avuto ragione a lamentarsi di tanti cambiamenti: il principe Arren non era certo un aggiunta necessaria, anche apprezzando la sua fragilità umana sembra la versione 'sfigata' di Ashitaka, e ha solo ampliato la difficoltà di adattamento.
Detto ciò, bene o male per una tale compressione di storie non è stato fatto un brutto lavoro, ho visto di peggio con la Disney di "Taron e la pentola magica". La regia di Goro è in larga parte buona, evocativa, per questo un po' lenta, ma adeguata a un fantasy e curata nel rendere caratterialmente i personaggi. Forse i buoni risultano un po' più contenuti degli originali, ma sono ben resi. Del resto Miyazaki senior disse di aver consigliato il figlio e il team era composto di gente di buona esperienza. Quello che traspare dal lungometraggio è fondamentalmente lo stesso difetto di altri più apprezzati film Ghibli, ovvero elementi accelerati sul finire e una chiusura meno convincente di quanto potesse essere con semplici ritocchi. La differenza è che, nonostante la stessa buona narrazione centrale, qua si ravvisano stranezze anche all'inizio, ma che sono tali non per loro natura, quanto per l'impostazione data successivamente. La sensazione è che tale impostazione sia mutata durante la lavorazione, con un'idea iniziale più cruda e cupa da sviluppare. Del resto, pur edulcorati, non vengono nascosti alcuni elementi di pura crudeltà umana, come lo schiavismo e la violenza fisica. Nonostante questo, però, una certa pugnalata iniziale, con furto mirato, non viene mai "realmente" giustificata e viene discussa il minimo possibile, giusto per non far dire che se l'erano dimenticata per strada. Ragionandoci un minimo, più che uno scatto d'ira come viene spacciato, Arren voleva proprio la spada magica (forse nel non spezzarsi e penetrare la magia), "teoricamente" per difendersi dall'ombra immateriale, ed è rimasto poi fregato dal fatto che non si sguainava ed è scappato con essa a fatto ormai compiuto. Va bene, ma perché non lasciarlo intendere nel discorso e passare per un pazzoide senza scopo? Che poi la ragazzina astiosa, saputo che non vi erano motivi personali, passa anche per sciocca, con la sua calma e comprensione. Inoltre non è stato mostrato il minimo segno di richiesta da parte di Arren per avere la lama sigillata, e il ragazzo, anche in stato alternativo, non pare tipo da azioni così inutilmente drammatiche, sa combattere e poteva tramortire la vittima o prendere l'oggetto di nascosto. In generale, gli attacchi di squilibrio del principe sono decisamente troppo pochi per uno credibilmente nel suo stato, quindi, anche se costantemente depresso, la lotta iniziale si ritorce inevitabilmente contro. Certo, mettendo in pericolo le due donne gli sceneggiatori avrebbero dovuto alterare ulteriormente la storia del libro, ma tanto a quel punto... Dubbi a parte, il film fila comunque liscio fino all'abbraccione 'scintilloso', da lì cominciano i dubbi a partire dallo sfondo 'draghesco', bello ma vistosamente fuori posto e non ignorabile, dato che la questione dell'ombra viene così risolta in modo rozzamente indiretto. Infine, tra le sviste, la rivelazione finale della ragazza pare inclusa solo per non eliminarla dall'opera di riferimento, ma risulta molto poco spontanea come evoluzione, e in origine era legata a un personaggio scartato dall'anime. Che dire invece della volontà di redenzione di Arren? Mah... Che futuro può mai attenderlo nel suo Paese?
Insomma, una sceneggiatura che tenta comprensibilmente di spingere un po' sulla faccenda vita/morte e che si perde volutamente in piccole cose. Per tali sviste però non mi sento di dare tutte le colpe a Goro, questi mix assurdi sono sempre delle pessime scelte e hanno fatto vacillare in passato professionisti di maggior esperienza. Purtroppo, nonostante un comparto tecnico ottimo, rimane un'opera solo buona dello studio, in linea con altre aventi cadute di ritmo, cose lasciate intendere e finali migliorabili. In suo favore, Goro non era certo un professionista, figuriamoci uno paragonabile al padre. Ha avuto tutto il supporto necessario e a mio avviso se l'è cavata. Trovo francamente che la differenza di trattamento dei fan Ghibli sia stata ingiusta: ci fosse stato un altro nome, anche con risultati peggiori, sarebbero stati più generosi nel giudicare "Terramare". E' un prodotto assolutamente valido, in cui avrei solo apprezzato un po' più di coerenza caratteriale col principe e un finale più partecipato da parte di Sparviere, utile all'occorrenza anche per giustificare certe cose che, prive di alcuni elementi, appaiono solo bizzarre.
E' il primo lungometraggio del figlio di Miyazaki, che devo dire ho trovato più promettente del previsto.
Anni fa mi capitò di leggere l'originale trilogia di "Earthsea" di Ursula Leguin, successivamente ampliata a distanza di anni, da altri due capitoli. Onestamente parlando, si rivelò un'opera sempre meno scorrevole, specie al terzo volume, forse per il suo spostare eccessivamente l'attenzione lontana dal mago Ged/Sparviero. Nonostante ciò, si manteneva comunque interessante coi suoi personaggi e con vicende incentrate meno sull'azione e un po' più sulla spiritualità. Ad oggi il ricordo di quelle storie è appannato, e dei due seguiti lessi solo un sunto, ma ciò mi è stato sufficiente per notare le immense differenze tra il libro e la versione animata.
Per cominciare, nel lungometraggio giapponese vi è lo stesso errore che già in passato fece infuriare l'autrice verso le altre poche, sfortunate, trasposizioni, ovvero i personaggi sono tutti caucasici. Verso questa scelta, i realizzatori apportarono come debole scusa che gli Asiatici percepivano le differenze di tonalità molto più di noi Occidentali, ma, tralasciando che un prodotto di questa fattura non dovrebbe avere una visione territoriale così ristretta, anche in quest'ottica l'unico minimamente scuro di carnagione è il mago Sparviero/e, mentre altri personaggi secondari, al massimo, sono in zone di scarsa illuminazione. Secondo e più importante dilemma, la trama è stata del tutto modificata. La sceneggiatura presentata dallo studio in pratica è un mix, principalmente del primo, del terzo e del quarto libro. Dal terzo hanno preso il principe Arren e l'ispirazione per il nemico finale, mentre dal quarto libro hanno tratto l'ambiente agricolo, la ragazzina ustionata, Tenar, la vecchia "amica" di Ged (conosciuta nelle tombe sotterranee del secondo volume), e il nome magico del principe (un re del quarto). Dal primo invece hanno raccattato l'ombra inseguitrice, legata alla cicatrice del mago, ribaltandola però nell'identità e con una nascita non più parzialmente magica ma unicamente spirituale. Ovviamente l'autrice Le Guin ha avuto ragione a lamentarsi di tanti cambiamenti: il principe Arren non era certo un aggiunta necessaria, anche apprezzando la sua fragilità umana sembra la versione 'sfigata' di Ashitaka, e ha solo ampliato la difficoltà di adattamento.
Detto ciò, bene o male per una tale compressione di storie non è stato fatto un brutto lavoro, ho visto di peggio con la Disney di "Taron e la pentola magica". La regia di Goro è in larga parte buona, evocativa, per questo un po' lenta, ma adeguata a un fantasy e curata nel rendere caratterialmente i personaggi. Forse i buoni risultano un po' più contenuti degli originali, ma sono ben resi. Del resto Miyazaki senior disse di aver consigliato il figlio e il team era composto di gente di buona esperienza. Quello che traspare dal lungometraggio è fondamentalmente lo stesso difetto di altri più apprezzati film Ghibli, ovvero elementi accelerati sul finire e una chiusura meno convincente di quanto potesse essere con semplici ritocchi. La differenza è che, nonostante la stessa buona narrazione centrale, qua si ravvisano stranezze anche all'inizio, ma che sono tali non per loro natura, quanto per l'impostazione data successivamente. La sensazione è che tale impostazione sia mutata durante la lavorazione, con un'idea iniziale più cruda e cupa da sviluppare. Del resto, pur edulcorati, non vengono nascosti alcuni elementi di pura crudeltà umana, come lo schiavismo e la violenza fisica. Nonostante questo, però, una certa pugnalata iniziale, con furto mirato, non viene mai "realmente" giustificata e viene discussa il minimo possibile, giusto per non far dire che se l'erano dimenticata per strada. Ragionandoci un minimo, più che uno scatto d'ira come viene spacciato, Arren voleva proprio la spada magica (forse nel non spezzarsi e penetrare la magia), "teoricamente" per difendersi dall'ombra immateriale, ed è rimasto poi fregato dal fatto che non si sguainava ed è scappato con essa a fatto ormai compiuto. Va bene, ma perché non lasciarlo intendere nel discorso e passare per un pazzoide senza scopo? Che poi la ragazzina astiosa, saputo che non vi erano motivi personali, passa anche per sciocca, con la sua calma e comprensione. Inoltre non è stato mostrato il minimo segno di richiesta da parte di Arren per avere la lama sigillata, e il ragazzo, anche in stato alternativo, non pare tipo da azioni così inutilmente drammatiche, sa combattere e poteva tramortire la vittima o prendere l'oggetto di nascosto. In generale, gli attacchi di squilibrio del principe sono decisamente troppo pochi per uno credibilmente nel suo stato, quindi, anche se costantemente depresso, la lotta iniziale si ritorce inevitabilmente contro. Certo, mettendo in pericolo le due donne gli sceneggiatori avrebbero dovuto alterare ulteriormente la storia del libro, ma tanto a quel punto... Dubbi a parte, il film fila comunque liscio fino all'abbraccione 'scintilloso', da lì cominciano i dubbi a partire dallo sfondo 'draghesco', bello ma vistosamente fuori posto e non ignorabile, dato che la questione dell'ombra viene così risolta in modo rozzamente indiretto. Infine, tra le sviste, la rivelazione finale della ragazza pare inclusa solo per non eliminarla dall'opera di riferimento, ma risulta molto poco spontanea come evoluzione, e in origine era legata a un personaggio scartato dall'anime. Che dire invece della volontà di redenzione di Arren? Mah... Che futuro può mai attenderlo nel suo Paese?
Insomma, una sceneggiatura che tenta comprensibilmente di spingere un po' sulla faccenda vita/morte e che si perde volutamente in piccole cose. Per tali sviste però non mi sento di dare tutte le colpe a Goro, questi mix assurdi sono sempre delle pessime scelte e hanno fatto vacillare in passato professionisti di maggior esperienza. Purtroppo, nonostante un comparto tecnico ottimo, rimane un'opera solo buona dello studio, in linea con altre aventi cadute di ritmo, cose lasciate intendere e finali migliorabili. In suo favore, Goro non era certo un professionista, figuriamoci uno paragonabile al padre. Ha avuto tutto il supporto necessario e a mio avviso se l'è cavata. Trovo francamente che la differenza di trattamento dei fan Ghibli sia stata ingiusta: ci fosse stato un altro nome, anche con risultati peggiori, sarebbero stati più generosi nel giudicare "Terramare". E' un prodotto assolutamente valido, in cui avrei solo apprezzato un po' più di coerenza caratteriale col principe e un finale più partecipato da parte di Sparviere, utile all'occorrenza anche per giustificare certe cose che, prive di alcuni elementi, appaiono solo bizzarre.
I racconti di Terramare è un film d'animazione del 2007 diretto da Goro Miyazaki, figlio del più celebre Hayao, qui alla sua prima esperienza registica, ovviamente insieme allo staff dello Studio Ghibli. Il film è tratto dal ciclo di romanzi fantasy di Ursula K. Le Guin, che non ho letto e quindi non rappresentano per me un termine di paragone nello scrivere questa recensione.
La storia è ambientata in un arcipelago medievaleggiante, dove la pace sembra vacillare quando, dopo la ricomparsa dei draghi, iniziano a manifestarsi pestilenze che uccidono bestie e uomini. Arren, figlio del re, compie un terribile misfatto e fugge da palazzo. Lungo la via fa la conoscenza di Ged, detto Sparviere, un mago, che lo prende sotto la sua protezione. Inizia quindi l'avventura dei nostri due protagonisti, che dovranno vedersela con un altro potete e oscuro mago, Aracne.
La vicenda presentataci è tradizionale e interessante allo stesso tempo, col pregio - a mio gusto - di non essere eccessivamente "fantasy". Sì, c'è la magia e ci sono i draghi, ma l'ambientazione è comunque verisimile e realistica. Il film forse procede un po' troppo lentamente nella prima parte, presentandoci vari elementi di ambientazione che risultano fini a se stessi, se consideriamo che poi debba accelerare nella seconda metà per spiegarci fatti ed elementi necessari alla comprensione della storia.
La sceneggiatura è dunque il grosso difetto di quest'opera. Da quello che ho letto il film è una riscrittura che prende decisamente le distanze dai libri (dove d'altra parte è trattato un periodo molto più ampio); tuttavia, nonostante questo, a tratti sembra che continui a dipenderne. Ci sono alcuni elementi che vengono accennati ma di cui lo spettatore, che non ha letto il libro, ha una visione alquanto parziale. Per esempio, la questione iniziale della comparsa dei draghi e dell'arrivo della pestilenza viene dimenticata non appena la vicenda si sposta sulla storia di Arren e di Ged. Che senso ha averla introdotta se poi non ha nessuna utilità per lo sviluppo del film?
Continuando con i difetti di sceneggiatura: sono arrivato tranquillamente a capire che in questo mondo magico conoscere il "vero nome" di una persona significa poterne prendere il controllo, ma cosa esattamente sia questo sistema del "vero nome" non l'ho inteso (come e chi lo decide qual è il vero nome di una persona? E il "nome d'uso" invece? Per esempio a palazzo le ancelle, il re e la regina parlano del principe usando già Arren, il nome d'uso, e non il suo vero nome, Labannen. Ma quindi da dove viene fuori questo nome?). Altra questione che non viene troppo approfondita è quella dell'ombra. D'accordo, non ci vuole un genio per capire che si tratta della manifestazione delle insicurezze di una persona, una sorta di lato oscuro, ma il modo in cui viene presentata è un po' artefatto, a mo' di deus ex machina che arriva alla fine per risolvere la situazione dall'alto.
Sarebbe stato più interessante che il tema del doppio (e della colpa) venisse sviscerato con più gusto, dando più attenzione alla caratterizzazione del personaggio e mettendolo in maniera più matura (e drammatica) in relazione all'evento tragico che dà il la alla vicenda. La caratterizzazione dei personaggi è, infatti, se vogliamo, un altro dei difetti derivanti dalla sceneggiatura. Sono caratteri chiari, ben identificabili, ma il grado di approfondimento delle loro personalità può funzionare per una fiaba, visto che sono tagliati con l'accetta, non per una storia che sembrerebbe avere dei risvolti più seri. A me non dispiacciono gli stereotipi se ben utilizzati, ma devono essere calibrati al target di riferimento dell'opera. E I racconti di Terramare mi sembra che non voglia decisamente essere un film per bambini. A tratti, ho avuto l'impressione che per Goro Miyazaki sarebbe stato meglio cominciare con una storia fiabesca semplice e non con un fantasy che vorrebbe essere articolato.
Ho letto molti giudizi negativi sul comparto tecnico del film. Non ci saranno la visionarietà e la quantità di elementi che caratterizzano i film di Hayao Miyazaki, ma il film si difende ugualmente bene. Ho apprezzato molto il modo in cui sono stati mescolati alcuni stili medioevali, dalla classicità presente sotto forma di rovine a quello paleocristiano-bizantino per le città dell'arcipelago fino a quel misto di romanico e gotico per il castello di Aracne. Il tutto disegnato con gran gusto e in maniera adeguata allo svolgimento della vicenda. Ho apprezzato anche il character design così semplice e quasi nostalgico, che mi ha richiamato alla mente alcuni meisaku. La regia potrà forse essere tradizionale e "scontata", ma fa bene il suo lavoro, così come l'accompagnamento musicale. Ottimo il doppiaggio italiano, come al solito molto curato per i film dello Studio Ghibli.
In conclusione si tratta di un film gradevole, ben confezionato ma senza quel qualcosa di memorabile che lo renda particolarmente interessante. Sconta sicuramente il "peccato originale" di essere un prodotto relativamente buono all'interno di una tradizione di capolavori. Do come voto 7, anche se in realtà vorrebbe essere un 7 e mezzo.
La storia è ambientata in un arcipelago medievaleggiante, dove la pace sembra vacillare quando, dopo la ricomparsa dei draghi, iniziano a manifestarsi pestilenze che uccidono bestie e uomini. Arren, figlio del re, compie un terribile misfatto e fugge da palazzo. Lungo la via fa la conoscenza di Ged, detto Sparviere, un mago, che lo prende sotto la sua protezione. Inizia quindi l'avventura dei nostri due protagonisti, che dovranno vedersela con un altro potete e oscuro mago, Aracne.
La vicenda presentataci è tradizionale e interessante allo stesso tempo, col pregio - a mio gusto - di non essere eccessivamente "fantasy". Sì, c'è la magia e ci sono i draghi, ma l'ambientazione è comunque verisimile e realistica. Il film forse procede un po' troppo lentamente nella prima parte, presentandoci vari elementi di ambientazione che risultano fini a se stessi, se consideriamo che poi debba accelerare nella seconda metà per spiegarci fatti ed elementi necessari alla comprensione della storia.
La sceneggiatura è dunque il grosso difetto di quest'opera. Da quello che ho letto il film è una riscrittura che prende decisamente le distanze dai libri (dove d'altra parte è trattato un periodo molto più ampio); tuttavia, nonostante questo, a tratti sembra che continui a dipenderne. Ci sono alcuni elementi che vengono accennati ma di cui lo spettatore, che non ha letto il libro, ha una visione alquanto parziale. Per esempio, la questione iniziale della comparsa dei draghi e dell'arrivo della pestilenza viene dimenticata non appena la vicenda si sposta sulla storia di Arren e di Ged. Che senso ha averla introdotta se poi non ha nessuna utilità per lo sviluppo del film?
Continuando con i difetti di sceneggiatura: sono arrivato tranquillamente a capire che in questo mondo magico conoscere il "vero nome" di una persona significa poterne prendere il controllo, ma cosa esattamente sia questo sistema del "vero nome" non l'ho inteso (come e chi lo decide qual è il vero nome di una persona? E il "nome d'uso" invece? Per esempio a palazzo le ancelle, il re e la regina parlano del principe usando già Arren, il nome d'uso, e non il suo vero nome, Labannen. Ma quindi da dove viene fuori questo nome?). Altra questione che non viene troppo approfondita è quella dell'ombra. D'accordo, non ci vuole un genio per capire che si tratta della manifestazione delle insicurezze di una persona, una sorta di lato oscuro, ma il modo in cui viene presentata è un po' artefatto, a mo' di deus ex machina che arriva alla fine per risolvere la situazione dall'alto.
Sarebbe stato più interessante che il tema del doppio (e della colpa) venisse sviscerato con più gusto, dando più attenzione alla caratterizzazione del personaggio e mettendolo in maniera più matura (e drammatica) in relazione all'evento tragico che dà il la alla vicenda. La caratterizzazione dei personaggi è, infatti, se vogliamo, un altro dei difetti derivanti dalla sceneggiatura. Sono caratteri chiari, ben identificabili, ma il grado di approfondimento delle loro personalità può funzionare per una fiaba, visto che sono tagliati con l'accetta, non per una storia che sembrerebbe avere dei risvolti più seri. A me non dispiacciono gli stereotipi se ben utilizzati, ma devono essere calibrati al target di riferimento dell'opera. E I racconti di Terramare mi sembra che non voglia decisamente essere un film per bambini. A tratti, ho avuto l'impressione che per Goro Miyazaki sarebbe stato meglio cominciare con una storia fiabesca semplice e non con un fantasy che vorrebbe essere articolato.
Ho letto molti giudizi negativi sul comparto tecnico del film. Non ci saranno la visionarietà e la quantità di elementi che caratterizzano i film di Hayao Miyazaki, ma il film si difende ugualmente bene. Ho apprezzato molto il modo in cui sono stati mescolati alcuni stili medioevali, dalla classicità presente sotto forma di rovine a quello paleocristiano-bizantino per le città dell'arcipelago fino a quel misto di romanico e gotico per il castello di Aracne. Il tutto disegnato con gran gusto e in maniera adeguata allo svolgimento della vicenda. Ho apprezzato anche il character design così semplice e quasi nostalgico, che mi ha richiamato alla mente alcuni meisaku. La regia potrà forse essere tradizionale e "scontata", ma fa bene il suo lavoro, così come l'accompagnamento musicale. Ottimo il doppiaggio italiano, come al solito molto curato per i film dello Studio Ghibli.
In conclusione si tratta di un film gradevole, ben confezionato ma senza quel qualcosa di memorabile che lo renda particolarmente interessante. Sconta sicuramente il "peccato originale" di essere un prodotto relativamente buono all'interno di una tradizione di capolavori. Do come voto 7, anche se in realtà vorrebbe essere un 7 e mezzo.
"I racconti di terramare" è un film prodotto dallo studio Ghibli, ispirato dalla famosissima serie di romanzi di Ursula K. Le Guin. La storia è ambientata in un mondo immaginario nel momento in cui è colpito da un brutto periodo di carestie e desolazione e racconta di Arren, il figlio del re, che un giorno colpito da un momento di follia uccide il padre e si trova costretto a scappare; durante la sua fuga viene salvato da Sparviere, un mago che gira il mondo alla ricerca dell'origine del male che sta seminando il panico. Non avendo un posto dove andare Arren decide di seguire il mago nel suo viaggio e si ritroverà a dover affrontare il malvagio Aracne, un mago che tenterà di rapirlo per accrescere ulteriormente i propri poteri.
Devo ammettere che sono rimasto molto deluso dopo aver visto questo film, soprattutto dopo i capolavori a cui mi aveva abituato lo studio Ghibli. Se nel finale vediamo lo scorrere degli eventi a una velocità adeguata e sostenuta, per i primi 60 - 70 minuti ci sarà un solo elemento che colpirà lo spettatore : la noia; veramente troppo lento l'inizio, dove vedremo intere scene vuote che non raccontano nulla protrarsi ben più del dovuto con il solo risultato di invogliare coloro che le guardano a farsi un pisolino in attesa che avvenga qualcosa di interessante. Questo qualcosa purtroppo arriva solo nella parte finale ma non basta per rendere giustizia alla versione cartacea che ha avuto un grandissimo successo. Sceneggiatura quindi bocciata senza esitazioni. Per quanto riguarda i personaggi non mi hanno detto nulla, per quanto ho visto e interpretato sono piatti, senza personalità e senza un perchè. Arren il protagonista non fa quasi nulla, non decide nulla, non prende decisioni e non mostra un minimo di carattere, così come Sparviere che non riesce a svolgere bene la sua funzione di saggia guida come si è tentato di farlo apparire. Di temi trattati ne ho visti ben pochi e soprattutto presentati in modo confusionario e poco convincente.
Forse per le troppe aspettative visto le precedenti produzioni no nsono riuscito minimamente ad apprezzare questo film che ritengo essere uno dei peggiori di sempre per quanto riguarda lo studio Ghibli, col cambio del regista la differenza si è notata eccome e ha trasformato quello che poteva essere un capolavoro in un'opera che non merita neanche la sufficenza.
Ho letto che anche i fondi erano ridotti in questo caso ma ciò non giustifica a tal punto il risultato finale.
Devo ammettere che sono rimasto molto deluso dopo aver visto questo film, soprattutto dopo i capolavori a cui mi aveva abituato lo studio Ghibli. Se nel finale vediamo lo scorrere degli eventi a una velocità adeguata e sostenuta, per i primi 60 - 70 minuti ci sarà un solo elemento che colpirà lo spettatore : la noia; veramente troppo lento l'inizio, dove vedremo intere scene vuote che non raccontano nulla protrarsi ben più del dovuto con il solo risultato di invogliare coloro che le guardano a farsi un pisolino in attesa che avvenga qualcosa di interessante. Questo qualcosa purtroppo arriva solo nella parte finale ma non basta per rendere giustizia alla versione cartacea che ha avuto un grandissimo successo. Sceneggiatura quindi bocciata senza esitazioni. Per quanto riguarda i personaggi non mi hanno detto nulla, per quanto ho visto e interpretato sono piatti, senza personalità e senza un perchè. Arren il protagonista non fa quasi nulla, non decide nulla, non prende decisioni e non mostra un minimo di carattere, così come Sparviere che non riesce a svolgere bene la sua funzione di saggia guida come si è tentato di farlo apparire. Di temi trattati ne ho visti ben pochi e soprattutto presentati in modo confusionario e poco convincente.
Forse per le troppe aspettative visto le precedenti produzioni no nsono riuscito minimamente ad apprezzare questo film che ritengo essere uno dei peggiori di sempre per quanto riguarda lo studio Ghibli, col cambio del regista la differenza si è notata eccome e ha trasformato quello che poteva essere un capolavoro in un'opera che non merita neanche la sufficenza.
Ho letto che anche i fondi erano ridotti in questo caso ma ciò non giustifica a tal punto il risultato finale.
I racconti di Terramare è un film prodotto dallo Studio Ghibli, che vede per la prima volta alla regia il figlio del grande regista Hayao Miyazaki, Goro Miyazaki. La trama del film è tratta dal famoso ciclo di romanzi di Earthsea della scrittrice statunitense Ursula K. Le Guin...
Ok, non c'è da girarci troppo intorno: questo film d'animazione è probabilmente il meno bello di quelli prodotti dallo studio Ghibli. E questo risultato non è che il prodotto di una serie di scelte e fattori inusuali per questo famoso studio: prima di tutto lo scarso budget che con cui è stato realizzato il film.
Ciò si può notare dalla povertà delle ambientazioni e in generale dagli scarni paesaggi che caratterizzano tutto il film. Tutto inoltre sembra immobile e privo di vitalità, la stessa che spesso si vede nei film dello studio Ghibli.
Però fin qui si può anche soprassedere, dato che non sempre un budget limitato è sinonimo di scarsezza.
Ciò che mi ha fatto storcere di più il naso, da conoscitore dei libri de La Guin, è legato soprattutto all'infelice connubio tra le scelte di regia e la sceneggiatura.
E' vero che il regista Goro Miyazaki all'epoca aveva scarsa esperienza, e che per buona parte della produzione fu lasciato a se stesso, però ciò non giustifica il risultato.
I romanzi di Earthsea è senz'altro una delle saghe fantasy più rappresentative del secolo scorso, inoltre è anche una delle più influenti dell'intero genere. I punti di forza che li hanno contraddistinti sono essenzialmente due: il concetto di magia e il percorso introspettivo del protagonista. Senza entrare troppo nel dettaglio, basti sapere che in questa trasposizione animata, di fatto, i punti di forza della saga, diventano i maggiori difetti. Il cuore della trama che dovrebbe ruotare intorno ai concetti della magia come essenza delle cose, al rapporto con la vita e alla conoscenza di se stessi, nel film vengono banalizzati all'inverosimile, rapidamente accennati e sommati in maniera confusionaria.
Capisco che riassumere tutto in un unico film fosse molto complicato, però ciò non fa che legittimare il mio dubbio: perchè confrontarsi con un modello così complicato, quando non si hanno grandi disponibilità di budget e Goro Miyazaki è a una delle sue prime esperienze in cabina di regia?
Alla fine il film raggiunge una stiracchiata sufficienza perchè si lascia guardare, soltanto che sia gli amanti delle opere dello studio Ghibli, sia i conoscitori dei romanzi della serie, avranno molto da ridire....
Ok, non c'è da girarci troppo intorno: questo film d'animazione è probabilmente il meno bello di quelli prodotti dallo studio Ghibli. E questo risultato non è che il prodotto di una serie di scelte e fattori inusuali per questo famoso studio: prima di tutto lo scarso budget che con cui è stato realizzato il film.
Ciò si può notare dalla povertà delle ambientazioni e in generale dagli scarni paesaggi che caratterizzano tutto il film. Tutto inoltre sembra immobile e privo di vitalità, la stessa che spesso si vede nei film dello studio Ghibli.
Però fin qui si può anche soprassedere, dato che non sempre un budget limitato è sinonimo di scarsezza.
Ciò che mi ha fatto storcere di più il naso, da conoscitore dei libri de La Guin, è legato soprattutto all'infelice connubio tra le scelte di regia e la sceneggiatura.
E' vero che il regista Goro Miyazaki all'epoca aveva scarsa esperienza, e che per buona parte della produzione fu lasciato a se stesso, però ciò non giustifica il risultato.
I romanzi di Earthsea è senz'altro una delle saghe fantasy più rappresentative del secolo scorso, inoltre è anche una delle più influenti dell'intero genere. I punti di forza che li hanno contraddistinti sono essenzialmente due: il concetto di magia e il percorso introspettivo del protagonista. Senza entrare troppo nel dettaglio, basti sapere che in questa trasposizione animata, di fatto, i punti di forza della saga, diventano i maggiori difetti. Il cuore della trama che dovrebbe ruotare intorno ai concetti della magia come essenza delle cose, al rapporto con la vita e alla conoscenza di se stessi, nel film vengono banalizzati all'inverosimile, rapidamente accennati e sommati in maniera confusionaria.
Capisco che riassumere tutto in un unico film fosse molto complicato, però ciò non fa che legittimare il mio dubbio: perchè confrontarsi con un modello così complicato, quando non si hanno grandi disponibilità di budget e Goro Miyazaki è a una delle sue prime esperienze in cabina di regia?
Alla fine il film raggiunge una stiracchiata sufficienza perchè si lascia guardare, soltanto che sia gli amanti delle opere dello studio Ghibli, sia i conoscitori dei romanzi della serie, avranno molto da ridire....
Dopo un trittico di film come "Principessa Mononoke", "La Città Incantata" e "Il Castello Errante di Howl", Miyazaki si sente sfiancato, decidendo che è ora di cercare delle giovani leve per trovare finalmente un suo erede artistico, vista la prematura scomparsa di Yoshifumi Kondo. Dietro pressioni dello Studio Ghibli, Miyazaki concede, seppur titubante, il benestare per la produzione del film "I Racconti di Terramare", tratto dal ciclo di romanzi di Ursula LeGuin, affidandone la regia a suo figlio Goro. Il film è stato portato in Italia dalla Lucky Red che lo pubblicato in DVD e Blu-Ray.
La trama è la seguente, ci troviamo nel mondo di Terramare dove il re Enland deve far fronte ad un brutto periodo di carestia e malattie. Suo figlio Arren ha una duplice personalità, una delle quali è negativa che finendo con il prevalere su quella positiva, induce il ragazzo ad assassinare il padre. Arren non può che scapar via e durante la sua fuga si imbatte in Sparviere, un mago alla ricerca dell'origine di ciò che ha causato lo scatenarsi di questi mali e che prenderà sotto la sua custodia il giovane. Ad ostacolare i due, c'è un mago malvagio di nome Aracne che vuole sfruttare Arren ed il suo lato oscuro per divenire ancora più potente.
La storia per la prima volta nella storia dello Studio Ghibli oltre a non essere semplice, perché risultato di un adattamento di un ciclo di romanzi mastodontico, soffre di un intreccio che necessitava di uno sviluppo maggiore ed invece risulta costruito male e narrato peggio. Nonostante Goro crei una pellicola ben lontana dalle atmosfere dei soliti film Ghibli, con l'eliminazione di tutto lo sfarzo grafico e l'infantilità gioiosa tipica di esse, finisce però con lo scrivere una sceneggiatura imbarazzante, mettendo in risalto cose inutili ai fini narrativi (l'assunzione di droghe per dimenticare i pensieri tristi) e tralasciando di approfondire cose essenziali per la trama (i due draghi che si scontrano all'inizio del film e di cui mai sapremo la sorte). A svantaggio del film è anche da segnalarsi una penuria di spiegazioni che finisce con il rendere il tutto confusionario e fumoso, tanto che nell'ultima mezz'ora la storia presenta una brusca accelerata, dove Goro tenta di colmare le varie lacune con una quantità enorme di spiegazioni fuoriuscite dal nulla e che danno per scontata una conoscenza pregressa dei romanzi, visto che nel film tali concetti sono stati introdotti a convenienza del regista di punto in bianco per far avanzare una trama altrimenti immobile. Altra enorme pecca sono i primi 2/3 di film dove praticamente non succede niente di rilevante per l'economia della storia, finendo con il palesare come la durata di 115 minuti, risulti insufficiente a raccontare una storia che necessitava di almeno tre ore se non un'apposita serie TV per darle dovuta giustizia.
Purtroppo anche i personaggi rientrano nel disastro globale, risultando mere macchiette che si muovono a convenienza dello sceneggiatore, più che per la storia in sé. Arren in potenza poteva avere tutte le carte in regola per divenire il protagonista più interessante della storia dello Studio Ghibli, con la sua visione nichilista della vita a causa del lato oscuro che porgeva sul vassoio d'argento una perfetta occasione per raccontare del tema del doppio, sul quale però Goro sceglie giustamente di eclissare perché deve raccontare altre cose inutili. Anche Therru, una ragazzina dal volto ustionato, è sfruttata molto male e il suo rapporto con Arren è mal costruito poichè dapprima lo odia per tutto il film e poi instaurare con lui un grande feeling di punto in bianco. Riguardo i due maghi, essi si limitano ad essere figure stereotipate e stiracchiate, Sparviere non si discosta dal solito ruolo stile Gandalf copiato oramai da tutti i fantasy, mentre l'antagonista Aracne oltre a mancare di caratterizzazione e motivazioni per il suo agire, è di una mediocrità imbarazzante.
Con una sceneggiatura e dei personaggi fallimentari, anche la regia segue tale andamento. Goro Miyazaki è alla sua prima esperienza e non avendo mai lavorato ad altri film d'animazione in precedenza, i risultati negativi si vedono. Il film non è girato male visto che Goro prende Isao Takahata come modello d'ispirazione, focalizzandosi quindi sui personaggi con ampio uso di primi piani, conferendo un tocco slice of life quando ad esempio Arren ara i campi per la semina. Il problema è che una regia del genere risulta totalmente inadatta ad un fantasy, che necessita di campi lunghi che diano ampio respiro alla messa in scena (qui molto povera e spartana per gran parte del film, ad eccezione del mercato) con piani sequenza panoramici. Inutile dire che la regia crolla nell'ultima parte insieme a tutto il film, poiché fa enorme fatica a stare dietro alle varie vicende che filano via velocemente, finendo con il dare il peggio di sé nel combattimento finale contro Aracne, il quale è girato in modo a dir poco mediocre.
Anche sotto il profilo grafico, la pellicola si presenta ben al di sotto degli standard tecnici a cui lo Studio Ghibli ci ha abituato in precedenza, realizzando una messa in scena arida e spartana. Goro non riesce a nascondere il basso budget, tanto che talune volte si concede il lusso di inquadrature panoramiche che però risultano ridicole vista la povertà dei paesaggi. Neanche i fondali si salvano presentando colori smorti, colpa anche di una fotografia grigia, che non riesce ad incidere data la scarsa varietà cromatica. Sintomo del basso budget, è sicuramente il numero di personaggi principali presenti (appena 4-5), tanto che i soldati al servizio di Aracne sono solo tre. In compenso sono da lodare le musiche stile medioevale Tamiya Terajima, che sono uno dei pochi elementi a salvarsi dal disastro generale, poiché ben si amalgamano con l'atmosfera cupa e desolata che permea la storia.
In sostanza "I Racconti di Terramare" è uno dei peggiori film della storia del cinema d'animazione, con una regia affidata al peggiore dei mestieranti che si ritrova a dirigere un film, grazie al suo legame di parentela con il padre. Un film che purtroppo si dimostra fallimentare in quasi tutti i suoi elementi, storia, personaggi, una regia discreta ma totalmente inadatta ad un fantasy, un comparto grafico ben al di sotto degli standard dello Studio Ghibli e con le sole musiche che riescono ad elevarsi al di sopra della sufficienza. La pellicola tutto sommato la consiglio ai cinefili che vogliono imparare come non si realizza un film, visto che Goro riesce a sbagliare tutto ciò che poteva, facendo così assurgere "I Racconti di Terramare" a emblema della morte del cinema.
La trama è la seguente, ci troviamo nel mondo di Terramare dove il re Enland deve far fronte ad un brutto periodo di carestia e malattie. Suo figlio Arren ha una duplice personalità, una delle quali è negativa che finendo con il prevalere su quella positiva, induce il ragazzo ad assassinare il padre. Arren non può che scapar via e durante la sua fuga si imbatte in Sparviere, un mago alla ricerca dell'origine di ciò che ha causato lo scatenarsi di questi mali e che prenderà sotto la sua custodia il giovane. Ad ostacolare i due, c'è un mago malvagio di nome Aracne che vuole sfruttare Arren ed il suo lato oscuro per divenire ancora più potente.
La storia per la prima volta nella storia dello Studio Ghibli oltre a non essere semplice, perché risultato di un adattamento di un ciclo di romanzi mastodontico, soffre di un intreccio che necessitava di uno sviluppo maggiore ed invece risulta costruito male e narrato peggio. Nonostante Goro crei una pellicola ben lontana dalle atmosfere dei soliti film Ghibli, con l'eliminazione di tutto lo sfarzo grafico e l'infantilità gioiosa tipica di esse, finisce però con lo scrivere una sceneggiatura imbarazzante, mettendo in risalto cose inutili ai fini narrativi (l'assunzione di droghe per dimenticare i pensieri tristi) e tralasciando di approfondire cose essenziali per la trama (i due draghi che si scontrano all'inizio del film e di cui mai sapremo la sorte). A svantaggio del film è anche da segnalarsi una penuria di spiegazioni che finisce con il rendere il tutto confusionario e fumoso, tanto che nell'ultima mezz'ora la storia presenta una brusca accelerata, dove Goro tenta di colmare le varie lacune con una quantità enorme di spiegazioni fuoriuscite dal nulla e che danno per scontata una conoscenza pregressa dei romanzi, visto che nel film tali concetti sono stati introdotti a convenienza del regista di punto in bianco per far avanzare una trama altrimenti immobile. Altra enorme pecca sono i primi 2/3 di film dove praticamente non succede niente di rilevante per l'economia della storia, finendo con il palesare come la durata di 115 minuti, risulti insufficiente a raccontare una storia che necessitava di almeno tre ore se non un'apposita serie TV per darle dovuta giustizia.
Purtroppo anche i personaggi rientrano nel disastro globale, risultando mere macchiette che si muovono a convenienza dello sceneggiatore, più che per la storia in sé. Arren in potenza poteva avere tutte le carte in regola per divenire il protagonista più interessante della storia dello Studio Ghibli, con la sua visione nichilista della vita a causa del lato oscuro che porgeva sul vassoio d'argento una perfetta occasione per raccontare del tema del doppio, sul quale però Goro sceglie giustamente di eclissare perché deve raccontare altre cose inutili. Anche Therru, una ragazzina dal volto ustionato, è sfruttata molto male e il suo rapporto con Arren è mal costruito poichè dapprima lo odia per tutto il film e poi instaurare con lui un grande feeling di punto in bianco. Riguardo i due maghi, essi si limitano ad essere figure stereotipate e stiracchiate, Sparviere non si discosta dal solito ruolo stile Gandalf copiato oramai da tutti i fantasy, mentre l'antagonista Aracne oltre a mancare di caratterizzazione e motivazioni per il suo agire, è di una mediocrità imbarazzante.
Con una sceneggiatura e dei personaggi fallimentari, anche la regia segue tale andamento. Goro Miyazaki è alla sua prima esperienza e non avendo mai lavorato ad altri film d'animazione in precedenza, i risultati negativi si vedono. Il film non è girato male visto che Goro prende Isao Takahata come modello d'ispirazione, focalizzandosi quindi sui personaggi con ampio uso di primi piani, conferendo un tocco slice of life quando ad esempio Arren ara i campi per la semina. Il problema è che una regia del genere risulta totalmente inadatta ad un fantasy, che necessita di campi lunghi che diano ampio respiro alla messa in scena (qui molto povera e spartana per gran parte del film, ad eccezione del mercato) con piani sequenza panoramici. Inutile dire che la regia crolla nell'ultima parte insieme a tutto il film, poiché fa enorme fatica a stare dietro alle varie vicende che filano via velocemente, finendo con il dare il peggio di sé nel combattimento finale contro Aracne, il quale è girato in modo a dir poco mediocre.
Anche sotto il profilo grafico, la pellicola si presenta ben al di sotto degli standard tecnici a cui lo Studio Ghibli ci ha abituato in precedenza, realizzando una messa in scena arida e spartana. Goro non riesce a nascondere il basso budget, tanto che talune volte si concede il lusso di inquadrature panoramiche che però risultano ridicole vista la povertà dei paesaggi. Neanche i fondali si salvano presentando colori smorti, colpa anche di una fotografia grigia, che non riesce ad incidere data la scarsa varietà cromatica. Sintomo del basso budget, è sicuramente il numero di personaggi principali presenti (appena 4-5), tanto che i soldati al servizio di Aracne sono solo tre. In compenso sono da lodare le musiche stile medioevale Tamiya Terajima, che sono uno dei pochi elementi a salvarsi dal disastro generale, poiché ben si amalgamano con l'atmosfera cupa e desolata che permea la storia.
In sostanza "I Racconti di Terramare" è uno dei peggiori film della storia del cinema d'animazione, con una regia affidata al peggiore dei mestieranti che si ritrova a dirigere un film, grazie al suo legame di parentela con il padre. Un film che purtroppo si dimostra fallimentare in quasi tutti i suoi elementi, storia, personaggi, una regia discreta ma totalmente inadatta ad un fantasy, un comparto grafico ben al di sotto degli standard dello Studio Ghibli e con le sole musiche che riescono ad elevarsi al di sopra della sufficienza. La pellicola tutto sommato la consiglio ai cinefili che vogliono imparare come non si realizza un film, visto che Goro riesce a sbagliare tutto ciò che poteva, facendo così assurgere "I Racconti di Terramare" a emblema della morte del cinema.
Goro Miyazaki, figlio del celebre Hayao, esordisce come regista per lo studio Ghibli nel 2006 con I racconti di Terramare, liberamente tratto dalla saga fantasy della scrittrice Ursula Le Guin. In realtà, l'idea di trarre un film da quest'opera era già venuta a Miyazaki padre negli anni '80, ma la Le Guin, diffidente verso l'animazione giapponese, rifiutò; solo dopo aver visto Il mio vicino Totoro la scrittrice si ricredette e fu proprio lei, questa volta, a proporre un adattamento animato dei suoi romanzi. Impegnato all'epoca nella realizzazione de Il castello errante di Howl, Hayao lascia il lavoro al figlio Goro: ne verrà fuori un film forse troppo ingiustamente bistrattato (anche dalla stessa autrice dei libri, delusa per l'assenza di Hayao alla regia), non certo all'altezza dei lavori più importanti del fondatore dello studio Ghibli né adattamento fedele alla saga di Terramare, ma neppure così deludente come molti dicono.
La sceneggiatura si basa liberamente sugli ultimi tre volumi della saga di Terramare, ossia Il signore dei draghi, L'isola dei draghi e I venti di Terramare, con l'aggiunta di qualche elemento proveniente da un manga disegnato da Hayao Miyazaki, Shuna no tabi. Nel mondo di Terramare, un gigantesco arcipelago in cui i maghi di Roke praticano la magia, iniziano ad accadere fatti insoliti: violente epidemie di bestiame colpiscono le isole, nelle terre degli umani appaiono per la prima volta dopo eoni dei draghi (per di più azzannandosi fra di loro), i maghi non ricordano più i veri nomi degli oggetti e degli elementi, necessari per praticare la magia. Il giovane principe Arren uccide il proprio padre e nella fuga incontra un misterioso mago, Sparviere, che più avanti si rivelerà essere l'arcimago Ged, alla ricerca della causa degli strani avvenimenti che sembrano annunciare una rottura dell'equilibrio su cui si basa la vita del mondo di Terramare. Nella vicenda saranno coinvolte anche Tenar, una donna che conosce da tempo Sparviere e vive in una fattoria, e Therru, ragazzina dal volto per metà ustionato la cui natura non è completamente umana, mentre la persona che ha causato la rottura dell'equilibrio si rivelerà essere un mago (anche se non si riesce a capire per tutta la durata del film se sia un uomo o una donna) di nome Aracne, altra vecchia conoscenza di Sparviere.
Se confrontato con le ultime produzioni di Hayao, I racconti di Terramare ha un taglio più adulto e oscuro: temi fondamentali della storia sono la paura della morte, la ricerca della vita eterna, il tormentato rapporto padre-figlio che sfocia nel parricidio perpetrato da Arren che forse nasconde qualche elemento autobiografico, un desiderio da parte di Goro di "uccidere" il padre, di "usurparne" il posto, di superarlo. Quello in cui Goro fallisce è riuscire a creare una vicenda che sia appassionante per tutti i 115 minuti del film, ripiegando su una narrazione molto lenta e diluita, soffermandosi eccessivamente su scene di vita quotidiane (un difetto presente però anche nella saga della Le Guin, soprattutto nei libri che hanno per protagonista Tenar), concentrando tutta l'azione nella mezz'ora finora. A questo bisogna aggiungere tutti i punti lasciati oscuri: l'accademia di Roke e l'ordine dei maghi sono a malapena accennati, il passato di Tenar resta oscuro a parte un riferimento piuttosto rapido alle Tombe di Atuan (ma chi non ha letto i libri non sa cosa siano), i draghi sono presentati all'inizio come se fossero un elemento fondamentale nella storia ma poi sono accantonati, Sparviere accenna alla Terra Arida ma non spiega cosa sia, non è mai chiarito perché Therru alla fine diventa un drago… tutte cose che solo un lettore dei libri può capire. Inoltre sono eliminati completamente i viaggi per mare (che erano preponderanti nella saga), per esigenze di trama tutti i luoghi nella narrazione sono accorpati in un'unica isola, la fattoria di Tenar e Therru è spostata da Gont alle campagne attorno a Hort, si accenna a una pericolosa droga senza però approfondire la questione, è eliminato qualsiasi viaggio fino all'estremo Occidente e nella Terra Arida; resta anche il rammarico per il mancato approfondimento della frammentazione politica di Terramare cui proprio Arren porrà fine facendosi incoronare re ad Havnor. Queste mancanze non inficiano più di tanto lo svolgimento della trama, ma probabilmente avrebbero contribuito a rendere più solida l'ambientazione e più avvincente la trama.
In verità, un confronto tra libro e film va bene fino a un certo, perché in due ore di film Goro Miyazaki ha dovuto comprimere centinaia di pagine e un adattamento perfettamente fedele sarebbe stato impossibile. I limiti del film, più che nella mancata fedeltà alla saga cartacea, stanno in altro: nella lunghezza eccessiva, nel gran numero di scene che non aggiungono nulla alla narrazione, in tutti quegli elementi della narrazione appena accennati e poi non sviluppati (le droghe di Hort, il rapporto fra uomini e draghi, l'affievolirsi della magia), nella scarsa empatia che si sviluppa coi personaggi, nel fatto che quasi tutta l'azione sia concentrata nell'ultima mezz'ora di film e che molti punti rimangano oscuri, non chiariti, primo fra tutti l'esistenza del doppio di Arren. Ciò nonostante, è un film caldamente consigliato agli appassionati del genere fantasy e a quanti, anche solo per curiosità, vogliano vedere l'unico adattamento animato che esiste della saga di Terramare e l'esordio alla regia del figlio di uno dei registi d'animazione nipponica più famosi al mondo.
La sceneggiatura si basa liberamente sugli ultimi tre volumi della saga di Terramare, ossia Il signore dei draghi, L'isola dei draghi e I venti di Terramare, con l'aggiunta di qualche elemento proveniente da un manga disegnato da Hayao Miyazaki, Shuna no tabi. Nel mondo di Terramare, un gigantesco arcipelago in cui i maghi di Roke praticano la magia, iniziano ad accadere fatti insoliti: violente epidemie di bestiame colpiscono le isole, nelle terre degli umani appaiono per la prima volta dopo eoni dei draghi (per di più azzannandosi fra di loro), i maghi non ricordano più i veri nomi degli oggetti e degli elementi, necessari per praticare la magia. Il giovane principe Arren uccide il proprio padre e nella fuga incontra un misterioso mago, Sparviere, che più avanti si rivelerà essere l'arcimago Ged, alla ricerca della causa degli strani avvenimenti che sembrano annunciare una rottura dell'equilibrio su cui si basa la vita del mondo di Terramare. Nella vicenda saranno coinvolte anche Tenar, una donna che conosce da tempo Sparviere e vive in una fattoria, e Therru, ragazzina dal volto per metà ustionato la cui natura non è completamente umana, mentre la persona che ha causato la rottura dell'equilibrio si rivelerà essere un mago (anche se non si riesce a capire per tutta la durata del film se sia un uomo o una donna) di nome Aracne, altra vecchia conoscenza di Sparviere.
Se confrontato con le ultime produzioni di Hayao, I racconti di Terramare ha un taglio più adulto e oscuro: temi fondamentali della storia sono la paura della morte, la ricerca della vita eterna, il tormentato rapporto padre-figlio che sfocia nel parricidio perpetrato da Arren che forse nasconde qualche elemento autobiografico, un desiderio da parte di Goro di "uccidere" il padre, di "usurparne" il posto, di superarlo. Quello in cui Goro fallisce è riuscire a creare una vicenda che sia appassionante per tutti i 115 minuti del film, ripiegando su una narrazione molto lenta e diluita, soffermandosi eccessivamente su scene di vita quotidiane (un difetto presente però anche nella saga della Le Guin, soprattutto nei libri che hanno per protagonista Tenar), concentrando tutta l'azione nella mezz'ora finora. A questo bisogna aggiungere tutti i punti lasciati oscuri: l'accademia di Roke e l'ordine dei maghi sono a malapena accennati, il passato di Tenar resta oscuro a parte un riferimento piuttosto rapido alle Tombe di Atuan (ma chi non ha letto i libri non sa cosa siano), i draghi sono presentati all'inizio come se fossero un elemento fondamentale nella storia ma poi sono accantonati, Sparviere accenna alla Terra Arida ma non spiega cosa sia, non è mai chiarito perché Therru alla fine diventa un drago… tutte cose che solo un lettore dei libri può capire. Inoltre sono eliminati completamente i viaggi per mare (che erano preponderanti nella saga), per esigenze di trama tutti i luoghi nella narrazione sono accorpati in un'unica isola, la fattoria di Tenar e Therru è spostata da Gont alle campagne attorno a Hort, si accenna a una pericolosa droga senza però approfondire la questione, è eliminato qualsiasi viaggio fino all'estremo Occidente e nella Terra Arida; resta anche il rammarico per il mancato approfondimento della frammentazione politica di Terramare cui proprio Arren porrà fine facendosi incoronare re ad Havnor. Queste mancanze non inficiano più di tanto lo svolgimento della trama, ma probabilmente avrebbero contribuito a rendere più solida l'ambientazione e più avvincente la trama.
In verità, un confronto tra libro e film va bene fino a un certo, perché in due ore di film Goro Miyazaki ha dovuto comprimere centinaia di pagine e un adattamento perfettamente fedele sarebbe stato impossibile. I limiti del film, più che nella mancata fedeltà alla saga cartacea, stanno in altro: nella lunghezza eccessiva, nel gran numero di scene che non aggiungono nulla alla narrazione, in tutti quegli elementi della narrazione appena accennati e poi non sviluppati (le droghe di Hort, il rapporto fra uomini e draghi, l'affievolirsi della magia), nella scarsa empatia che si sviluppa coi personaggi, nel fatto che quasi tutta l'azione sia concentrata nell'ultima mezz'ora di film e che molti punti rimangano oscuri, non chiariti, primo fra tutti l'esistenza del doppio di Arren. Ciò nonostante, è un film caldamente consigliato agli appassionati del genere fantasy e a quanti, anche solo per curiosità, vogliano vedere l'unico adattamento animato che esiste della saga di Terramare e l'esordio alla regia del figlio di uno dei registi d'animazione nipponica più famosi al mondo.
Delusione: forse dovrei concludere la recensione con questa parola, ma il limite di 500 caratteri mi impone di continuare per potervi scrivere ciò che mi ha lasciato veramente interdetto dopo la visione del film.
In una serata tranquilla, un gruppo di appassionati di animazione giapponese decide di fare una serata Ghibli e sceglie di visualizzare "I racconti di Terramare". Mai errore fu più grande. La noia ha colpito tutti gli spettatori inducendo Morfeo a sopraggiungere in quella stanza e a far addormentare tutti, tranne il sottoscritto, che ha cercato in tutti i modi possibili e immaginabili di riuscire a comprendere la storia, i messaggi e gli eventi propinati. Niente. L'unico film dello Studio Ghibli che dopo la visione non mi ha lasciato assolutamente nulla è questo.
Procediamo con ordine. La storia narra delle vicende di Arren, un principe che ha ucciso il padre, re di EarthSea, ed è fuggito dal palazzo per paura di essere scoperto. In realtà la situazione non è così semplice, in quanto il ragazzo cova dentro di sé tanti sentimenti negativi, come la paura, il dolore e la solitudine. Durante la sua fuga incontra Ged, un mago che è in viaggio per poter sanare i problemi del mondo visto che EarthSea è stata colpita da carestie e malattie. Durante il loro cammino i due cercheranno di risolvere i vari problemi scontrandosi con il solito nemico di turno e trovando la solita ragazza fondamentale alla storia.
Nonostante il libro di Ursula K. Le Guin sia una vera meraviglia, tanto che vinse alcuni premi prestigiosi, il film animato è veramente mediocre. La colpa principale di questo basso livello è da attribuire a due fattori: l'inesperienza di Goro Miyazaki e il limitato budget. Lo Studio Ghibli ha abbandonato a sé il "giovane" figlio del grandissimo Hayou, libertà su tutto ma pochi denari per poter realizzare quello che voleva. Spesso infatti vedremo sfondi immobili, poche nuvole, colori smorti e nell'intera storia ci saranno davvero pochissimi personaggi e quelli secondari si limiteranno a tre scene: quella del palazzo reale, quella del mercato e nello scontro finale - tre guardie messe lì, quasi contro voglia. Insomma, troppo poco per quello a cui ci ha abituato lo Studio Ghibli.
Ma se il problema si concludesse con questi problemi "tecnici" non si potrebbe giudicare il prodotto come mediocre. Il fattore principale che mi ha portato a questo giudizio è la mancanza di temi e la sceneggiatura veramente sommaria. La prima parte ci mostrerà molti elementi di cui potremmo fare a meno o, per lo meno, riassumibili. In 115 minuti di film circa 80 li passeremo a non vedere un accenno alla trama; poi nella parte finale tanti eventi si susseguiranno con un ritmo spedito, però senza far comprendere cosa sta realmente succedendo o confondendo le idee dello spettatore, che a fine film si chiederà come sia possibile che alcuni avvenimenti abbiano portato ad alcune risoluzioni. Per intenderci, si spererà che qualcun altro che ha seguito il film ti possa dare delle spiegazioni plausibili su ciò che hai visto. Il fatto che su 15 persone, nel mio caso, nessuno abbia potuto dare risposte esaurienti - alcuni perché dormivano - alle mie domande, mi fa pensare che sia più un problema del film che dello spettatore.
A prescindere, comunque, dalle limitazioni di budget, il livello tecnico è veramente troppo insufficiente rispetto a molti altri film targati Studio Ghibli. La regia sembra inesistente: scene uniche continue e interminabili. La musica invece si limita al solo tema medievale. Mentre le animazioni hanno due lati della medaglia: il primo prevede che se sono ravvicinate sono davvero ottime, mentre nelle riprese da fondo o mezzo fondo saranno macchinose e anche visivamente brutte da vedere.
Povero Goro, ha voluto tentare l'impresa. Non ha fatto malissimo ma, sicuramente, se il destino dello Studio Ghibli sarà nelle sue mani, la vedo brutta, se non peggio.
In una serata tranquilla, un gruppo di appassionati di animazione giapponese decide di fare una serata Ghibli e sceglie di visualizzare "I racconti di Terramare". Mai errore fu più grande. La noia ha colpito tutti gli spettatori inducendo Morfeo a sopraggiungere in quella stanza e a far addormentare tutti, tranne il sottoscritto, che ha cercato in tutti i modi possibili e immaginabili di riuscire a comprendere la storia, i messaggi e gli eventi propinati. Niente. L'unico film dello Studio Ghibli che dopo la visione non mi ha lasciato assolutamente nulla è questo.
Procediamo con ordine. La storia narra delle vicende di Arren, un principe che ha ucciso il padre, re di EarthSea, ed è fuggito dal palazzo per paura di essere scoperto. In realtà la situazione non è così semplice, in quanto il ragazzo cova dentro di sé tanti sentimenti negativi, come la paura, il dolore e la solitudine. Durante la sua fuga incontra Ged, un mago che è in viaggio per poter sanare i problemi del mondo visto che EarthSea è stata colpita da carestie e malattie. Durante il loro cammino i due cercheranno di risolvere i vari problemi scontrandosi con il solito nemico di turno e trovando la solita ragazza fondamentale alla storia.
Nonostante il libro di Ursula K. Le Guin sia una vera meraviglia, tanto che vinse alcuni premi prestigiosi, il film animato è veramente mediocre. La colpa principale di questo basso livello è da attribuire a due fattori: l'inesperienza di Goro Miyazaki e il limitato budget. Lo Studio Ghibli ha abbandonato a sé il "giovane" figlio del grandissimo Hayou, libertà su tutto ma pochi denari per poter realizzare quello che voleva. Spesso infatti vedremo sfondi immobili, poche nuvole, colori smorti e nell'intera storia ci saranno davvero pochissimi personaggi e quelli secondari si limiteranno a tre scene: quella del palazzo reale, quella del mercato e nello scontro finale - tre guardie messe lì, quasi contro voglia. Insomma, troppo poco per quello a cui ci ha abituato lo Studio Ghibli.
Ma se il problema si concludesse con questi problemi "tecnici" non si potrebbe giudicare il prodotto come mediocre. Il fattore principale che mi ha portato a questo giudizio è la mancanza di temi e la sceneggiatura veramente sommaria. La prima parte ci mostrerà molti elementi di cui potremmo fare a meno o, per lo meno, riassumibili. In 115 minuti di film circa 80 li passeremo a non vedere un accenno alla trama; poi nella parte finale tanti eventi si susseguiranno con un ritmo spedito, però senza far comprendere cosa sta realmente succedendo o confondendo le idee dello spettatore, che a fine film si chiederà come sia possibile che alcuni avvenimenti abbiano portato ad alcune risoluzioni. Per intenderci, si spererà che qualcun altro che ha seguito il film ti possa dare delle spiegazioni plausibili su ciò che hai visto. Il fatto che su 15 persone, nel mio caso, nessuno abbia potuto dare risposte esaurienti - alcuni perché dormivano - alle mie domande, mi fa pensare che sia più un problema del film che dello spettatore.
A prescindere, comunque, dalle limitazioni di budget, il livello tecnico è veramente troppo insufficiente rispetto a molti altri film targati Studio Ghibli. La regia sembra inesistente: scene uniche continue e interminabili. La musica invece si limita al solo tema medievale. Mentre le animazioni hanno due lati della medaglia: il primo prevede che se sono ravvicinate sono davvero ottime, mentre nelle riprese da fondo o mezzo fondo saranno macchinose e anche visivamente brutte da vedere.
Povero Goro, ha voluto tentare l'impresa. Non ha fatto malissimo ma, sicuramente, se il destino dello Studio Ghibli sarà nelle sue mani, la vedo brutta, se non peggio.
In un mondo alternativo, la pace del regno è improvvisamente sconvolta da un evento del tutto inaspettato: due draghi, che normalmente abitano il cielo, sono stati visti a largo della costa intenti a combattere. Contemporaneamente si verifica un'inquietante serie di morti di bestiame che mette in allarme il re, attento al benessere del proprio popolo. Il re ha un figlio, il quale, a seguito di uno dei suoi attacchi d'ira, uccide il padre e in preda al rimorso fugge dal palazzo. Verrà ritrovato da uno strano mago, Sparviere, che, con l'aiuto di altri importanti personaggi, lo aiuterà a capire se stesso.
Il 10 è d'obbligo per quest'opera, che è, a mio avviso, una delle migliori del clan Miyazaki (sicuramente la migliore tra quelle che io ho visto finora). Il motivo? C'è tutto: azione, avventura, mistero, psicologia, fantasy, sentimenti e colpi di scena. Il tutto condito da una grafica eccezionale, i disegni che tanto hanno reso famosi Miyazaki e lo Studio Ghibli, e delle musiche perfette, soprattutto le canzoni. Ho apprezzato moltissimo anche il doppiaggio, nel complesso, per quanto avrei preferito che ad Aracne venisse data una voce meno femminile e più ambigua.
In sostanza, non si può non amare quest'anime che altro non è se non un gigantesco inno alla vita. Non importa quanto sia dura, non importa quanti problemi ci costringa ad affrontare: la vita va vissuta. E proprio perché una e finita essa è il bene più prezioso che possediamo. La paura della morte è in realtà paura della vita stessa. Questo è il messaggio che l'autore vuole comunicare, riuscendoci magistralmente e senza mai annoiare o appesantire lo spettatore.
Assolutamente perfetto.
Il 10 è d'obbligo per quest'opera, che è, a mio avviso, una delle migliori del clan Miyazaki (sicuramente la migliore tra quelle che io ho visto finora). Il motivo? C'è tutto: azione, avventura, mistero, psicologia, fantasy, sentimenti e colpi di scena. Il tutto condito da una grafica eccezionale, i disegni che tanto hanno reso famosi Miyazaki e lo Studio Ghibli, e delle musiche perfette, soprattutto le canzoni. Ho apprezzato moltissimo anche il doppiaggio, nel complesso, per quanto avrei preferito che ad Aracne venisse data una voce meno femminile e più ambigua.
In sostanza, non si può non amare quest'anime che altro non è se non un gigantesco inno alla vita. Non importa quanto sia dura, non importa quanti problemi ci costringa ad affrontare: la vita va vissuta. E proprio perché una e finita essa è il bene più prezioso che possediamo. La paura della morte è in realtà paura della vita stessa. Questo è il messaggio che l'autore vuole comunicare, riuscendoci magistralmente e senza mai annoiare o appesantire lo spettatore.
Assolutamente perfetto.
"I Racconti di Terramare" è un lungometraggio scritto e diretto dal figlio di Miyazaki nel 2007.
Il lungometraggio narra le vicende del giovane Arrem, un ragazzo figlio di un re che in dei momenti perde il controllo per via di un'altra personalità che si cela dentro di lui; per colpa di questa seconda personalità il protagonista uccide suo padre e si impossessa della sua spada.
La trama è molto bella e l'idea non è niente male, anche se in certi casi il racconto è sviluppato male e presenta troppi inghippi che fanno annoiare chi lo guarda. Questo è l'unico aspetto un po' negativo che condiziona il film.
I personaggi sono fatti molto bene e gli sfondi sono curati nei minimi particolari.
Un film assolutamente da guardare, come tutti i film dello Studio Ghibli.
Il lungometraggio narra le vicende del giovane Arrem, un ragazzo figlio di un re che in dei momenti perde il controllo per via di un'altra personalità che si cela dentro di lui; per colpa di questa seconda personalità il protagonista uccide suo padre e si impossessa della sua spada.
La trama è molto bella e l'idea non è niente male, anche se in certi casi il racconto è sviluppato male e presenta troppi inghippi che fanno annoiare chi lo guarda. Questo è l'unico aspetto un po' negativo che condiziona il film.
I personaggi sono fatti molto bene e gli sfondi sono curati nei minimi particolari.
Un film assolutamente da guardare, come tutti i film dello Studio Ghibli.
Tratto dalla saga fantasy di "Earthsea" della scrittrice statunitense Ursula K. Le Guin, "I racconti di Terramare" è un lungometraggio scritto e diretto nel 2007 dal figlio d'arte Goro Miyazaki, e si inserisce timidamente nella gloriosa tradizione dello Studio Ghibli.
In un immaginario regno colpito da gravi siccità e carestie, il giovane principe Arren è vittima di un maleficio che si manifesta in un'ambigua doppia personalità. Durante un furioso raptus di follia Arren uccide il saggio re suo padre e scappa via portando con sé una spada dotata di poteri straordinari. Dopo questo incipit edipico dal sapore vagamente shakespeariano, saremo catapultati in un mondo da favola tra paesaggi meravigliosi e castelli incantati in cui si muovono potenti arcimaghi e altre creature fantastiche divise nell'eterna lotta tra il bene e il male.
La lunga e articolata trama del ciclo di romanzi risente un po' il rimaneggiamento in fase di libero adattamento alla sceneggiatura e inevitabilmente molto dello spirito originario si dissolve nella riduzione cinematografica. In compenso è notevole lo sforzo creativo dei disegnatori e del team di sviluppo nel tentativo, non sempre riuscito, di restituire in maniera originale l'atmosfera dell'opera letteraria, caratterizzando ambienti e personaggi secondo i dettami e gli stilemi classici della scuola 'miyazakiana'.
Con atteggiamento prudente, senza osare in virtuosistici acuti ma evitando accuratamente scivoloni e cadute di stile, il regista detta con misurata cautela i tempi della narrazione in un ritmo costante e regolare fino allo spettacolare duello di magia finale.
Colpisce la cura nella descrizione dei protagonisti, finemente tratteggiati, fra cui spiccano il tormentato e 'amletico' protagonista Arren, e il carismatico arcimago Ged/Sparviere.
L'aspetto tecnico/artistico rientra negli altissimi standard di questo pluripremiato studio di animazione e sfoggia personaggi dalle eleganti fattezze e splendidi fondali dipinti a mano in cui le visioni letterarie immaginifiche della Le Guin trovano una suggestiva trasposizione grafica. Sotto il profilo delle animazioni si cerca di coniugare, con esiti alterni, la spettacolarità visiva delle più moderne tecniche in CGI con i vertiginosi voli di fantasia e la consueta ricerca 'artigianale' del dettaglio pittorico in tipico stile Ghibli.
Il film è una parentesi con qualche piccola ombra per la casa di produzione di Miyazaki e Takahata, che ha sempre viziato i suoi 'aficionados' abituandoli all'eccellenza su tutti i fronti, e probabilmente scontenterà sia i seguaci della saga letteraria della Le Guin sia i fan storici del celebre studio nipponico; tuttavia un pubblico 'di mezzo', generalista e scevro da pregiudizi di sorta, forse troverà ne "I racconti di Terramare" un ottimo spunto di partenza per approfondire entrambi gli argomenti.
In un immaginario regno colpito da gravi siccità e carestie, il giovane principe Arren è vittima di un maleficio che si manifesta in un'ambigua doppia personalità. Durante un furioso raptus di follia Arren uccide il saggio re suo padre e scappa via portando con sé una spada dotata di poteri straordinari. Dopo questo incipit edipico dal sapore vagamente shakespeariano, saremo catapultati in un mondo da favola tra paesaggi meravigliosi e castelli incantati in cui si muovono potenti arcimaghi e altre creature fantastiche divise nell'eterna lotta tra il bene e il male.
La lunga e articolata trama del ciclo di romanzi risente un po' il rimaneggiamento in fase di libero adattamento alla sceneggiatura e inevitabilmente molto dello spirito originario si dissolve nella riduzione cinematografica. In compenso è notevole lo sforzo creativo dei disegnatori e del team di sviluppo nel tentativo, non sempre riuscito, di restituire in maniera originale l'atmosfera dell'opera letteraria, caratterizzando ambienti e personaggi secondo i dettami e gli stilemi classici della scuola 'miyazakiana'.
Con atteggiamento prudente, senza osare in virtuosistici acuti ma evitando accuratamente scivoloni e cadute di stile, il regista detta con misurata cautela i tempi della narrazione in un ritmo costante e regolare fino allo spettacolare duello di magia finale.
Colpisce la cura nella descrizione dei protagonisti, finemente tratteggiati, fra cui spiccano il tormentato e 'amletico' protagonista Arren, e il carismatico arcimago Ged/Sparviere.
L'aspetto tecnico/artistico rientra negli altissimi standard di questo pluripremiato studio di animazione e sfoggia personaggi dalle eleganti fattezze e splendidi fondali dipinti a mano in cui le visioni letterarie immaginifiche della Le Guin trovano una suggestiva trasposizione grafica. Sotto il profilo delle animazioni si cerca di coniugare, con esiti alterni, la spettacolarità visiva delle più moderne tecniche in CGI con i vertiginosi voli di fantasia e la consueta ricerca 'artigianale' del dettaglio pittorico in tipico stile Ghibli.
Il film è una parentesi con qualche piccola ombra per la casa di produzione di Miyazaki e Takahata, che ha sempre viziato i suoi 'aficionados' abituandoli all'eccellenza su tutti i fronti, e probabilmente scontenterà sia i seguaci della saga letteraria della Le Guin sia i fan storici del celebre studio nipponico; tuttavia un pubblico 'di mezzo', generalista e scevro da pregiudizi di sorta, forse troverà ne "I racconti di Terramare" un ottimo spunto di partenza per approfondire entrambi gli argomenti.
'I racconti di Terramare' è un film ispirato ai romanzi fantasy del ciclo di Earthsea, di Le Guin. Alla regia c'è Gorō Miyazaki, figlio del noto Hayao Miyazaki, che esordisce nel mondo dell'animazione nel 2006 con la suddetta opera, la cui casa di produzione è lo stimatissimo Studio Ghibli.
Indubbiamente, dal chara di questo anime è riconoscibile la sua provenienza. Ciò che disorienta è il contenuto. Personalmente, ho sempre percepito una certa lentezza e delicatezza nelle opere di Miyazaki senior, come anche in quelle del suo collaboratore Isao Takahata. Determinate scene, pur non avendo il classico obiettivo ai fini della storia, risultavano un vero toccasana, e molte di esse si focalizzavano sull'importanza della fanciullezza.
Stavolta, come una delle favole occidentali a cui siamo abituati, abbiamo una testa e una coda ben precisa!
Siamo in un regno magico, il cui Re deve far fronte ad un brutto periodo per il suo popolo decimato dalle malattie e dalle carestie. Come se non bastasse, suo figlio Arren ha una duplice personalità, di cui una è pericolosamente sanguinaria. Ed è quest'ultima ad indurre il giovane ad assassinare suo padre, in modo del tutto incontrollabile!
Assalito dai sensi di colpa, Arren fugge via e sulla propria strada si imbatte nello Sparviere.
Lo Sparviere è un mago alla ricerca della fonte del male di questo mondo. Nel suo viaggio col giovane principe, percepisce in lui un lato cupo, che tenta di alleviare conducendolo ad una vita sana e tranquilla a casa dell'amica Tenar. Ma c'è un'altra fanciulla enigmatica in questa casa, Therru, che riserverà un trattamento ostile ad Arren, avendone conosciuto il di lui lato oscuro.
Come in un gioco di luci ed ombre, i personaggi che muovono 'I racconti di Terramare', figurano come esseri dalle caratteristiche opposte e con un'indole pronunciata.
Lo Sparviero si distingue per la sua saggezza, per la sua filosofia di vita e il suo senso di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Egli assieme all'intrepida e forte Therru rappresentano l'inno alla vita, e la quiete.
Agli antipodi c'è Arren: l'inquietudine dell'animo umano, che cede a sentimenti oscuri con l'accumularsi delle ansie, sino a distaccarsi totalmente dalla sua antitesi, la luce. Cosicchè la convivenza, all'interno della medesima persona, si spezza, e avviene la separazione delle due personalità. A distinguere Arren dallo stregone Aracne, è la presa di coscienza che l'esistenza dell'uomo è comune a tutti gli altri suoi simili. L'accettazione, quindi, della morte come un valore della vita.
Devi ascoltarmi Arren. A questo mondo esseri che continuino a vivere per l'eternità non possono esistere. La cognizione dell'uomo che un giorno
arriverà la propria morte, è il meraviglioso dono che tutti abbiamo ricevuto dal cielo. Ciò che possiamo avere per noi, sono tutte e soltanto cose che un giorno dovremmo perdere. In questo è il seme della sofferenza, ma anche un grande tesoro, e così pure la misericordia del cielo, e anche la nostra vita.
Se dunque, ci si aspetta un classico lungometraggio "alla Ghibli", c'è da fare dietro-front. Non per questo il film è da meno, pur non avendo quel particolare tocco sognante o quelle scene mute e dense a cui siamo abituati.
Tra tutti gli altri film dello Studio, questo è parzialmente più vicino a 'La principessa Mononoke'. Non ci vengono risparmiate scene di lotta nude e crude, un personaggio femminile irruente, e un significato narrativo ben delineato:
La cosa più preziosa è senza dubbio la vita.
Essendo questo, un film abbastanza recente, del 2006, non si ha comunque un valore grafico al pari de 'La città incantata'. Nonostante tutto, la qualità è buona, ma soprattutto merita il comparto sonoro, davvero affascinante e originale.
Indubbiamente, dal chara di questo anime è riconoscibile la sua provenienza. Ciò che disorienta è il contenuto. Personalmente, ho sempre percepito una certa lentezza e delicatezza nelle opere di Miyazaki senior, come anche in quelle del suo collaboratore Isao Takahata. Determinate scene, pur non avendo il classico obiettivo ai fini della storia, risultavano un vero toccasana, e molte di esse si focalizzavano sull'importanza della fanciullezza.
Stavolta, come una delle favole occidentali a cui siamo abituati, abbiamo una testa e una coda ben precisa!
Siamo in un regno magico, il cui Re deve far fronte ad un brutto periodo per il suo popolo decimato dalle malattie e dalle carestie. Come se non bastasse, suo figlio Arren ha una duplice personalità, di cui una è pericolosamente sanguinaria. Ed è quest'ultima ad indurre il giovane ad assassinare suo padre, in modo del tutto incontrollabile!
Assalito dai sensi di colpa, Arren fugge via e sulla propria strada si imbatte nello Sparviere.
Lo Sparviere è un mago alla ricerca della fonte del male di questo mondo. Nel suo viaggio col giovane principe, percepisce in lui un lato cupo, che tenta di alleviare conducendolo ad una vita sana e tranquilla a casa dell'amica Tenar. Ma c'è un'altra fanciulla enigmatica in questa casa, Therru, che riserverà un trattamento ostile ad Arren, avendone conosciuto il di lui lato oscuro.
Come in un gioco di luci ed ombre, i personaggi che muovono 'I racconti di Terramare', figurano come esseri dalle caratteristiche opposte e con un'indole pronunciata.
Lo Sparviero si distingue per la sua saggezza, per la sua filosofia di vita e il suo senso di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Egli assieme all'intrepida e forte Therru rappresentano l'inno alla vita, e la quiete.
Agli antipodi c'è Arren: l'inquietudine dell'animo umano, che cede a sentimenti oscuri con l'accumularsi delle ansie, sino a distaccarsi totalmente dalla sua antitesi, la luce. Cosicchè la convivenza, all'interno della medesima persona, si spezza, e avviene la separazione delle due personalità. A distinguere Arren dallo stregone Aracne, è la presa di coscienza che l'esistenza dell'uomo è comune a tutti gli altri suoi simili. L'accettazione, quindi, della morte come un valore della vita.
Devi ascoltarmi Arren. A questo mondo esseri che continuino a vivere per l'eternità non possono esistere. La cognizione dell'uomo che un giorno
arriverà la propria morte, è il meraviglioso dono che tutti abbiamo ricevuto dal cielo. Ciò che possiamo avere per noi, sono tutte e soltanto cose che un giorno dovremmo perdere. In questo è il seme della sofferenza, ma anche un grande tesoro, e così pure la misericordia del cielo, e anche la nostra vita.
Se dunque, ci si aspetta un classico lungometraggio "alla Ghibli", c'è da fare dietro-front. Non per questo il film è da meno, pur non avendo quel particolare tocco sognante o quelle scene mute e dense a cui siamo abituati.
Tra tutti gli altri film dello Studio, questo è parzialmente più vicino a 'La principessa Mononoke'. Non ci vengono risparmiate scene di lotta nude e crude, un personaggio femminile irruente, e un significato narrativo ben delineato:
La cosa più preziosa è senza dubbio la vita.
Essendo questo, un film abbastanza recente, del 2006, non si ha comunque un valore grafico al pari de 'La città incantata'. Nonostante tutto, la qualità è buona, ma soprattutto merita il comparto sonoro, davvero affascinante e originale.
Ursula K. Le Guin, celebre scrittrice statunitense di fantasy e fantascienza, e autrice della nota saga di Earthsea da cui questo film è tratto, ha dichiarato in proposito 'E' un buon film, ma non è il mio libro'. E in effetti non si può non darle ragione. Però chiariamo subito che questo lungometraggio, opera prima del figlio d'arte Goro Miyazaki, è un film bello e godibile, con una realizzazione tecnica impeccabile degna della fama dello Studio Ghibli. Però il suo limite sta nell'essere stato troppo ambizioso. Peter Jackson non è stato in grado di riassumere in pieno la saga tolkeniana con tre - patinati finché si vuole, ma bellissimi - lunghi film, figurarsi se uno solo sarebbe bastato per una serie di cinque libri.
Quella di Earhsea è una storia lunga e articolata, e diversa dallo standard. Il mondo in cui è ambientata è grande e variegato, ma da questo film non si intuisce affatto. I paesaggi sono bellissimi, ma abbastanza monotoni e limitati. Grandi assenti i draghi, figure fondamentali nel libro, mentre nel film ne compaiono brevemente due all'inizio e una alla fine.
Certo, conferire ad alcuni personaggi e situazioni background e caratteri diversi, pur rispettando a grandi linee lo storyline originario, è stata una novità interessante e apprezzabile, ma si è rivelata un'arma a doppio taglio. In particolare il principe Arren, completamente diverso da quello dei libri, non regge il confronto con Ged-Sparviero, indiscusso protagonista della saga, che anche nell'anime è caratterizzato alla perfezione. Sarebbe stato molto meglio trasporre su pellicola le sue gesta giovanili, delle quali qui non si fa praticamente cenno. Inoltre è stato sacrificato un personaggio importante come Tenar, il cui passato per chi non conosce la saga resta veramente misterioso - c'è solo un breve accenno a 'Le tombe di Atuan', il secondo libro che racconta della sua vita quando era una sacerdotessa nel paese straniero di Karg -, così come il suo vero legame con Ged.
L'unica differenza veramente positiva è Aracne, a mio parere antagonista più convincente rispetto all'originario Cob. In conclusione, consiglio questo film sia a chi ha letto Earthsea che a chi non l'ha fatto. I primi vedranno un'opera incompiuta, ma indiscutibilmente valevole, e i secondi si godranno un film interessante e ben fatto e possono tranquillamente alzare di un punto il mio voto.
Quella di Earhsea è una storia lunga e articolata, e diversa dallo standard. Il mondo in cui è ambientata è grande e variegato, ma da questo film non si intuisce affatto. I paesaggi sono bellissimi, ma abbastanza monotoni e limitati. Grandi assenti i draghi, figure fondamentali nel libro, mentre nel film ne compaiono brevemente due all'inizio e una alla fine.
Certo, conferire ad alcuni personaggi e situazioni background e caratteri diversi, pur rispettando a grandi linee lo storyline originario, è stata una novità interessante e apprezzabile, ma si è rivelata un'arma a doppio taglio. In particolare il principe Arren, completamente diverso da quello dei libri, non regge il confronto con Ged-Sparviero, indiscusso protagonista della saga, che anche nell'anime è caratterizzato alla perfezione. Sarebbe stato molto meglio trasporre su pellicola le sue gesta giovanili, delle quali qui non si fa praticamente cenno. Inoltre è stato sacrificato un personaggio importante come Tenar, il cui passato per chi non conosce la saga resta veramente misterioso - c'è solo un breve accenno a 'Le tombe di Atuan', il secondo libro che racconta della sua vita quando era una sacerdotessa nel paese straniero di Karg -, così come il suo vero legame con Ged.
L'unica differenza veramente positiva è Aracne, a mio parere antagonista più convincente rispetto all'originario Cob. In conclusione, consiglio questo film sia a chi ha letto Earthsea che a chi non l'ha fatto. I primi vedranno un'opera incompiuta, ma indiscutibilmente valevole, e i secondi si godranno un film interessante e ben fatto e possono tranquillamente alzare di un punto il mio voto.
"I racconti di Terramare" è una creazione di Goro Miyazaki, figlio del venerato Hayao, e purtroppo non si può dire tale padre tale figlio, ma voglio sperare che con le produzioni future il livello possa migliorare.
"Tales of earthsea" è tratto da un'opera letteraria di Ursula Le Guin, tipica storia occidentale che forse ha reso difficile l'interpretazione da parte dello staff giapponese. Il giovane Arren quasi si macchia di parricidio e in preda all'angoscia e ai sensi di colpa scappa dal suo regno. Nel suo peregrinare incontra un arcimago chiamato "sparviero" che assumerà il ruolo di compagno di viaggio e di mentore del giovane. Tra vecchie rivalità e salvataggi della donzella di turno il nostro protagonista potrà tornare a casa a testa alta per poter redimersi. Per un'analisi più dettagliata della trama vi rimando al profilo di questo film.
Cosa non va in quest'opera? Io temo che il budget limitato a disposizione di Goro abbia pesantemente influito sul risultato. I personaggi chiave sono solo tre, un misero cattivone/a di turno e povertà di dettagli nei fondali e nelle presenze sceniche. La storia è banale e scorre tranquilla senza particolari emozioni e soprattutto non c'è, pur essendo un racconto fantasy, una reale scena di duello buono vs. cattivo. Manca quel qualcosa che tenga incollato lo spettatore allo schermo, la storia, la caratterizzazione dei personaggi ecc. non ti fanno venire voglia di immedesimarti, sognare ecc., cosa che con altre opere dello studio Ghibli ti viene da fare. Tanti sono i quesiti che rimangono in sospeso. Chi è realmente Terru? (la coprotagonista), che c'è tra sparviere e Tennar? E così via.
Do all'anime un 6 perché è studio Ghibli, ma è un film insipido. "Pompoko", "Howl" e "Porco rosso" sono lontani anni luce.
"Tales of earthsea" è tratto da un'opera letteraria di Ursula Le Guin, tipica storia occidentale che forse ha reso difficile l'interpretazione da parte dello staff giapponese. Il giovane Arren quasi si macchia di parricidio e in preda all'angoscia e ai sensi di colpa scappa dal suo regno. Nel suo peregrinare incontra un arcimago chiamato "sparviero" che assumerà il ruolo di compagno di viaggio e di mentore del giovane. Tra vecchie rivalità e salvataggi della donzella di turno il nostro protagonista potrà tornare a casa a testa alta per poter redimersi. Per un'analisi più dettagliata della trama vi rimando al profilo di questo film.
Cosa non va in quest'opera? Io temo che il budget limitato a disposizione di Goro abbia pesantemente influito sul risultato. I personaggi chiave sono solo tre, un misero cattivone/a di turno e povertà di dettagli nei fondali e nelle presenze sceniche. La storia è banale e scorre tranquilla senza particolari emozioni e soprattutto non c'è, pur essendo un racconto fantasy, una reale scena di duello buono vs. cattivo. Manca quel qualcosa che tenga incollato lo spettatore allo schermo, la storia, la caratterizzazione dei personaggi ecc. non ti fanno venire voglia di immedesimarti, sognare ecc., cosa che con altre opere dello studio Ghibli ti viene da fare. Tanti sono i quesiti che rimangono in sospeso. Chi è realmente Terru? (la coprotagonista), che c'è tra sparviere e Tennar? E così via.
Do all'anime un 6 perché è studio Ghibli, ma è un film insipido. "Pompoko", "Howl" e "Porco rosso" sono lontani anni luce.
Detto sinceramente? A me questo film è piaciuto moltissimo. Sarà che vado pazzo per questo tipo di ambientazioni, poi le musiche per me sono stupende e si fondono alla perfezione, amalgamandosi con la storia e creando un'atmosfera veramente intrigante dall'inizio alla fine. Ottimi ho trovato gli sfondi, peccato solo che ci fossero pochi soldati nel castello di Aracne, considerando cosa aveva fatto il padre del regista Goro Miyazaki nei precedenti film. (Si veda per esempio Princess Mononoke). I Racconti di Terramare a mio parere è un film bello, piacevole e per quelli a cui piace l'ambientazione medioevale-fantasy-epica è praticamente imperdibile. D'altronde è sempre dello Studio Ghibli. Il voto sarebbe 9, ma per far alzare la media metto un bel 10, meritato.
<b>Attenzione! Contiene possibili spoiler!</b>
In un regno del pianeta accadono continuamente disgrazie (epidemie, carestie, siccità); il re ha a cuore la sorte del suo popolo, ma non trova una soluzione, teme che nel mondo stia accadendo qualcosa di al di fuori della sua portata. Ad aumentare queste preoccupazioni, la testimonianza di alcuni marinai, che dicono di aver visto due draghi in lotta; la cosa preoccupa notevolmente il re, perché un avvistamento di draghi fuori dal loro regno celeste indica che qualcosa sta cambiando profondamente.
Il re ha un figlio di nome Arren: questi soffre di gravi crisi che lo portano a un vero e proprio sdoppiamento di personalità - da buono e tranquillo diventa un violento guerriero sanguinario -, e durante uno di questi sdoppiamenti uccide suo padre per poi scappare portandosi via la sua spada, che per magia però non può essere sguainata che dal re.
Arren vaga per le terre disabitate e viene attaccato da un branco di lupi: la sua vita sembra già finita, ma viene salvato dal mago errante Sparviere.
Il giovane, non sapendo dove andare, decide quindi di seguire il mago, che cercava un compagno di viaggio. I due cominciano così un’avventura che li porterà a scoprire la causa dei continui disordini che stanno sconvolgendo il delicato equilibrio del mondo.
L’atmosfera fantasy si respira per tutta la durata del film, grazie a musiche azzeccatissime, ma soprattutto grazie a fondali e paesaggi meravigliosi.
Gli argomenti trattati sono molto interessanti, su tutti la riflessione sulla vita e sulla paura della morte, dell’eterno e vano tentativo dell’uomo di superare i suoi limiti; oppure gli accenni alla tratta degli schiavi, agli effetti delle droghe, o ancora la presentazione della vita modesta fatta di agricoltura e pastorizia a stretto contatto con la natura, e l’importanza di non sconvolgerne l’equilibrio.
Altra interessante tematica è il rapporto con il nostro lato interiore, misterioso, oscuro.
Ci sono purtroppo moltissimi punti oscuri anche in fatto di trama: i draghi appaiono all’inizio e poi non più, o meglio quando riappaiono io non ho capito come e perché; Sparviere ha una vistosa cicatrice sul volto, ma non viene mai spiegato come se la sia procurata; Tenar dice di essere stata salvata dalle tombe di Atuan, ma che cosa fossero non si sa. Insomma, manca completamente il passato dei personaggi principali, e i secondari sono alquanto stereotipati. L’antagonista Aracne, per quanto mi sia molto piaciuta la sua caratterizzazione sia fisica che psicologica, manca anche lui di qualcosa: cosa c’è stato tra lui e Sparviere nel passato? Anche in questo caso, tutto è vago.
Sembra come se le vicende narrate siano sospese nel tempo; a cosa serve nominare o mostrare una cosa senza spiegarla? Solo a riempire la testa dello spettatore di domande che non troveranno mai risposta anche a successive visioni.
La causa di questa confusione è che il film è tratto da un ciclo di cinque libri di cui ne sono stati trasposti (malamente) solo due.
Nel complesso è comunque godibile, soprattutto dal punto di vista visivo, ma è inutile aspettarsi un capolavoro come i precedenti dello studio Ghibli.
In un regno del pianeta accadono continuamente disgrazie (epidemie, carestie, siccità); il re ha a cuore la sorte del suo popolo, ma non trova una soluzione, teme che nel mondo stia accadendo qualcosa di al di fuori della sua portata. Ad aumentare queste preoccupazioni, la testimonianza di alcuni marinai, che dicono di aver visto due draghi in lotta; la cosa preoccupa notevolmente il re, perché un avvistamento di draghi fuori dal loro regno celeste indica che qualcosa sta cambiando profondamente.
Il re ha un figlio di nome Arren: questi soffre di gravi crisi che lo portano a un vero e proprio sdoppiamento di personalità - da buono e tranquillo diventa un violento guerriero sanguinario -, e durante uno di questi sdoppiamenti uccide suo padre per poi scappare portandosi via la sua spada, che per magia però non può essere sguainata che dal re.
Arren vaga per le terre disabitate e viene attaccato da un branco di lupi: la sua vita sembra già finita, ma viene salvato dal mago errante Sparviere.
Il giovane, non sapendo dove andare, decide quindi di seguire il mago, che cercava un compagno di viaggio. I due cominciano così un’avventura che li porterà a scoprire la causa dei continui disordini che stanno sconvolgendo il delicato equilibrio del mondo.
L’atmosfera fantasy si respira per tutta la durata del film, grazie a musiche azzeccatissime, ma soprattutto grazie a fondali e paesaggi meravigliosi.
Gli argomenti trattati sono molto interessanti, su tutti la riflessione sulla vita e sulla paura della morte, dell’eterno e vano tentativo dell’uomo di superare i suoi limiti; oppure gli accenni alla tratta degli schiavi, agli effetti delle droghe, o ancora la presentazione della vita modesta fatta di agricoltura e pastorizia a stretto contatto con la natura, e l’importanza di non sconvolgerne l’equilibrio.
Altra interessante tematica è il rapporto con il nostro lato interiore, misterioso, oscuro.
Ci sono purtroppo moltissimi punti oscuri anche in fatto di trama: i draghi appaiono all’inizio e poi non più, o meglio quando riappaiono io non ho capito come e perché; Sparviere ha una vistosa cicatrice sul volto, ma non viene mai spiegato come se la sia procurata; Tenar dice di essere stata salvata dalle tombe di Atuan, ma che cosa fossero non si sa. Insomma, manca completamente il passato dei personaggi principali, e i secondari sono alquanto stereotipati. L’antagonista Aracne, per quanto mi sia molto piaciuta la sua caratterizzazione sia fisica che psicologica, manca anche lui di qualcosa: cosa c’è stato tra lui e Sparviere nel passato? Anche in questo caso, tutto è vago.
Sembra come se le vicende narrate siano sospese nel tempo; a cosa serve nominare o mostrare una cosa senza spiegarla? Solo a riempire la testa dello spettatore di domande che non troveranno mai risposta anche a successive visioni.
La causa di questa confusione è che il film è tratto da un ciclo di cinque libri di cui ne sono stati trasposti (malamente) solo due.
Nel complesso è comunque godibile, soprattutto dal punto di vista visivo, ma è inutile aspettarsi un capolavoro come i precedenti dello studio Ghibli.
<i>“I Racconti di Terramare”</i> è un film realizzato dal famosissimo studio Ghibli, in questo caso però alle redini del progetto c'è Goro Miyazaki, figlio del più celebre maestro Hayao.
Lo stile è inconfondibile e riconoscibile a prima vista sia dal design dei personaggi, che si rivela morbido e al contempo ricco di dettaglio, sia dalle ambientazioni sempre curate e ricche di dettagli; ottima è anche la scelta dei colori. Il risultato finale è sicuramente di buon livello, anche se restiamo ben lontani dall'ottima grafica mostrataci ne <i>“Il Castello errante di Howl”</i>.
L'impianto tecnico del film è sicuramente buono, peccato che sia la storia a presentare i difetti più pesanti.
L'inizio appare subito molto interessante in quanto lascia presagire risvolti quasi epici nello sviluppo della trama: siamo in un mondo in cui, a fronte di un apparente stato di carestia, appaiono nel cielo due draghi in feroce lotta tra di loro. Un segnale che parrebbe profetizzare la fine di quel mondo.
Pochi minuti dopo però, il registro cambia sensibilmente. Da una possibile, epica avventura si passa a un più classico “viaggio di formazione”, ma anche questa sarà solo una transizione verso quello che sarà il vero trend del film: una storia dalle atmosfere fiabesche in cui i nostri eroi se la vedranno con un mago cattivo (o forse una strega? Nel doppiaggio italiano aveva una voce femminile...) disposto a tutto pur di ottenere l'immortalità.
Il problema è che nel vario passaggio di registri le premesse iniziali sono quasi del tutto dimenticate, anzi si potrebbe dire che gli autori preferiscano fuggirne, salvo riacciuffarle nel finale ma in modo alquanto nebuloso e quasi del tutto occasionale.
Sembra quasi che si sia cercato di realizzare una classica fiaba che si svolge su una “scala locale” collegandola a un contesto ben più grande ed epico. Purtroppo ciò avviene in un modo alquanto labile e per di più confuso e senza entrare neanche troppo nel merito della cosa. In questo senso il film è un occasione mancata, perché dalle premesse iniziali ci si aspettava qualcosa di molto succulento che purtroppo non avremo mai modo di assaporare.
Non che il risultato finale sia pessimo, diciamolo, però visti i trascorsi e i precedenti lavori, dallo studio Ghibli è più che lecito aspettarsi qualcosa di livello superiore.
<i><q>I Racconti di Terramare</q></i> è un film che, alla fine, risulta senz'altro vedibile. Difficile però consigliarlo a qualcuno in particolare, in quanto anche i più affezionati estimatori dello studio Ghibli potrebbero soffrirne (forse anche più degli altri) le sue non poche criticità.
Lo stile è inconfondibile e riconoscibile a prima vista sia dal design dei personaggi, che si rivela morbido e al contempo ricco di dettaglio, sia dalle ambientazioni sempre curate e ricche di dettagli; ottima è anche la scelta dei colori. Il risultato finale è sicuramente di buon livello, anche se restiamo ben lontani dall'ottima grafica mostrataci ne <i>“Il Castello errante di Howl”</i>.
L'impianto tecnico del film è sicuramente buono, peccato che sia la storia a presentare i difetti più pesanti.
L'inizio appare subito molto interessante in quanto lascia presagire risvolti quasi epici nello sviluppo della trama: siamo in un mondo in cui, a fronte di un apparente stato di carestia, appaiono nel cielo due draghi in feroce lotta tra di loro. Un segnale che parrebbe profetizzare la fine di quel mondo.
Pochi minuti dopo però, il registro cambia sensibilmente. Da una possibile, epica avventura si passa a un più classico “viaggio di formazione”, ma anche questa sarà solo una transizione verso quello che sarà il vero trend del film: una storia dalle atmosfere fiabesche in cui i nostri eroi se la vedranno con un mago cattivo (o forse una strega? Nel doppiaggio italiano aveva una voce femminile...) disposto a tutto pur di ottenere l'immortalità.
Il problema è che nel vario passaggio di registri le premesse iniziali sono quasi del tutto dimenticate, anzi si potrebbe dire che gli autori preferiscano fuggirne, salvo riacciuffarle nel finale ma in modo alquanto nebuloso e quasi del tutto occasionale.
Sembra quasi che si sia cercato di realizzare una classica fiaba che si svolge su una “scala locale” collegandola a un contesto ben più grande ed epico. Purtroppo ciò avviene in un modo alquanto labile e per di più confuso e senza entrare neanche troppo nel merito della cosa. In questo senso il film è un occasione mancata, perché dalle premesse iniziali ci si aspettava qualcosa di molto succulento che purtroppo non avremo mai modo di assaporare.
Non che il risultato finale sia pessimo, diciamolo, però visti i trascorsi e i precedenti lavori, dallo studio Ghibli è più che lecito aspettarsi qualcosa di livello superiore.
<i><q>I Racconti di Terramare</q></i> è un film che, alla fine, risulta senz'altro vedibile. Difficile però consigliarlo a qualcuno in particolare, in quanto anche i più affezionati estimatori dello studio Ghibli potrebbero soffrirne (forse anche più degli altri) le sue non poche criticità.
Il background di Gedo Senki è piuttosto interessante. La fonte del materiale è una popolare serie di libri fantasy abbastanza famosi, La leggenda di Earthsea, scritti da Ursula K. Le Guin. Fin da subito Miyazaki aveva cercato con forza i diritti cinematografici di Earthsea. La produzione, però, è stata molta lunga, avviata, addirittura, dopo il film Il mio vicino Totoro. In questa fase Miyazaki ha dovuto occuparsi di ben altri progetti, accantonando momentaneamente il film. Infatti solo negli ultimi anni lo si è ripreso e affidato a un nuovo regista, guarda caso il figlio di Miyazaki.
Naturalmente, il fatto che questo regista, Goro, sia il figlio di Miyazaki certamente ha influenzato numerose decisioni del film. Non che fosse supportato da vecchio Miyazaki, infatti, fin dall’inizio, il padre non era convinto di questa scelta di metterlo come regista del film. Miyazaki ha ripetuto nelle sue interviste che non ha intenzione di tramandare l'eredità o di creare una dinastia di animatori. Ha dovuto faticare per arrivare a essere definito Maestro, con perseveranza e rigore, e credeva che suo figlio avrebbe dovuto fare lo stesso.
C’è da dire anche che Ursula K. Le Guin non era troppo contenta di Goro al timone. In seguito è stata convinta a continuare questo progetto dalla promessa che Miyazaki avrebbe supervisionare il lavoro sul film.
Prendendo tutta questa premessa in considerazione, è facile capire perché Gedo Senki non sia stato il capolavoro tanto aspettato.
La trama, rispetto al libro, è molto meno complessa e articolata: in una terra lontana qualcosa di strano sta avvenendo alle persone del regno. Cosa ancora più strana la gente sta cominciando a vedere i draghi, che non dovrebbe entrare nel mondo degli umani. A causa di tutti questi eventi bizzarri, Ged, un mago errante, sta indagando sulla causa scatenante di questi eventi. Durante il suo viaggio, egli incontra il principe Arren, un giovane ragazzo indeciso sul suo futuro e perseguitato dai suoi incubi. Mentre Arren può sembrare un ragazzo timido, egli ha un lato oscuro, che gli concede forza, odio, crudeltà e nessuna pietà. Per la strega Kumo questa è una occasione perfetta. Lei può usare "il ragazzo" contro il suo acerrimo nemico, Ged.
Mi è piaciuto il personaggio di Sparviero, cioè Ged, un avventuriero saggio che assomiglia allo Yupa di Nausicaa, e anche Tenar, una sua amica, che consente ai personaggi principali di rimanere nella sua casa. Therru, una giovane ragazza che vive con Tenar, era anche abbastanza interessante. Arren in sé è più di un mix di vari personaggi, e non mi sono trovato veramente in simpatia con il suo carattere.
Il film manca di alcune delle qualità che caratterizzano lo Studio Ghibli, e in particolare i film di Miyazaki. Ho spesso elogiato i film Ghibli per la creazione di quei momenti memorabili di bellezza e di pura immaginazione, che qui non si vedono.
Un esempio è una scena iniziale del film, dove Arren e Ged, dopo un viaggio attraverso un paesaggio abbastanza sterile, s'imbattono in una vivace città. La musica si gonfia come se dovessimo essere colpiti dalla bellezza della città, e invece non si percepisce questa grande emozione invogliata dalla musica; e come se volessero amplificare una scena priva di forti sensazioni con musiche alla “Signore degli Anelli”.
C'è un'altra scena in cui Arren sta camminando in un prato e trova Therru mentre sta cantando. Ancora una volta, l'idea è buona, ma l'esecuzione non è proprio convincente e si sente un po’ di rigidità.
Alcuni dei difetti non possono assolutamente essere un problema di regia. Il budget per Gedo Senki sembra essere stato inferiore rispetto ad altri film Ghibli. Il design dei personaggi sembra un po' troppo simile a quello dei primissimi film Ghibli e l'attenzione per i dettagli è alquanto carente. Rispetto alla maggior parte degli anime, l'animazione e la grafica sono buoni, naturalmente, ma non si avvicinano alle delizie visive trovato ne "Il castello errante di Howl" o "Nausica".
Musicalmente, non c'è davvero nulla di cui lamentarsi. Anche se, nelle interviste, Goro ha dichiarato che avrebbe trovato difficoltà a lavorare con Joe Hisaishi, curatore delle OST di quasi tutti i film Ghibli, a causa dell'età e dell'esperienza.
Nel complesso, Gedo Senki non è un film orribile, si trova solo nella situazione spiacevole di essere un film medio tra quelli brillanti. Goro ha fatto un lavoro migliore di quello che ci si aspetterebbe da qualcuno con nessuna esperienza di animazione. Da quello che ho letto io, Goro si prepara a un altro film come regista presso lo Studio Ghibli, così avrà un'altra opportunità per mostrare il suo talento.
Se il suo prossimo film verrà accolto bene dal pubblico, non ci sarà probabilmente alcun dubbio che lui sarà uno dei volti nuovi dello Studio Ghibli, nel bene e nel male.
Naturalmente, il fatto che questo regista, Goro, sia il figlio di Miyazaki certamente ha influenzato numerose decisioni del film. Non che fosse supportato da vecchio Miyazaki, infatti, fin dall’inizio, il padre non era convinto di questa scelta di metterlo come regista del film. Miyazaki ha ripetuto nelle sue interviste che non ha intenzione di tramandare l'eredità o di creare una dinastia di animatori. Ha dovuto faticare per arrivare a essere definito Maestro, con perseveranza e rigore, e credeva che suo figlio avrebbe dovuto fare lo stesso.
C’è da dire anche che Ursula K. Le Guin non era troppo contenta di Goro al timone. In seguito è stata convinta a continuare questo progetto dalla promessa che Miyazaki avrebbe supervisionare il lavoro sul film.
Prendendo tutta questa premessa in considerazione, è facile capire perché Gedo Senki non sia stato il capolavoro tanto aspettato.
La trama, rispetto al libro, è molto meno complessa e articolata: in una terra lontana qualcosa di strano sta avvenendo alle persone del regno. Cosa ancora più strana la gente sta cominciando a vedere i draghi, che non dovrebbe entrare nel mondo degli umani. A causa di tutti questi eventi bizzarri, Ged, un mago errante, sta indagando sulla causa scatenante di questi eventi. Durante il suo viaggio, egli incontra il principe Arren, un giovane ragazzo indeciso sul suo futuro e perseguitato dai suoi incubi. Mentre Arren può sembrare un ragazzo timido, egli ha un lato oscuro, che gli concede forza, odio, crudeltà e nessuna pietà. Per la strega Kumo questa è una occasione perfetta. Lei può usare "il ragazzo" contro il suo acerrimo nemico, Ged.
Mi è piaciuto il personaggio di Sparviero, cioè Ged, un avventuriero saggio che assomiglia allo Yupa di Nausicaa, e anche Tenar, una sua amica, che consente ai personaggi principali di rimanere nella sua casa. Therru, una giovane ragazza che vive con Tenar, era anche abbastanza interessante. Arren in sé è più di un mix di vari personaggi, e non mi sono trovato veramente in simpatia con il suo carattere.
Il film manca di alcune delle qualità che caratterizzano lo Studio Ghibli, e in particolare i film di Miyazaki. Ho spesso elogiato i film Ghibli per la creazione di quei momenti memorabili di bellezza e di pura immaginazione, che qui non si vedono.
Un esempio è una scena iniziale del film, dove Arren e Ged, dopo un viaggio attraverso un paesaggio abbastanza sterile, s'imbattono in una vivace città. La musica si gonfia come se dovessimo essere colpiti dalla bellezza della città, e invece non si percepisce questa grande emozione invogliata dalla musica; e come se volessero amplificare una scena priva di forti sensazioni con musiche alla “Signore degli Anelli”.
C'è un'altra scena in cui Arren sta camminando in un prato e trova Therru mentre sta cantando. Ancora una volta, l'idea è buona, ma l'esecuzione non è proprio convincente e si sente un po’ di rigidità.
Alcuni dei difetti non possono assolutamente essere un problema di regia. Il budget per Gedo Senki sembra essere stato inferiore rispetto ad altri film Ghibli. Il design dei personaggi sembra un po' troppo simile a quello dei primissimi film Ghibli e l'attenzione per i dettagli è alquanto carente. Rispetto alla maggior parte degli anime, l'animazione e la grafica sono buoni, naturalmente, ma non si avvicinano alle delizie visive trovato ne "Il castello errante di Howl" o "Nausica".
Musicalmente, non c'è davvero nulla di cui lamentarsi. Anche se, nelle interviste, Goro ha dichiarato che avrebbe trovato difficoltà a lavorare con Joe Hisaishi, curatore delle OST di quasi tutti i film Ghibli, a causa dell'età e dell'esperienza.
Nel complesso, Gedo Senki non è un film orribile, si trova solo nella situazione spiacevole di essere un film medio tra quelli brillanti. Goro ha fatto un lavoro migliore di quello che ci si aspetterebbe da qualcuno con nessuna esperienza di animazione. Da quello che ho letto io, Goro si prepara a un altro film come regista presso lo Studio Ghibli, così avrà un'altra opportunità per mostrare il suo talento.
Se il suo prossimo film verrà accolto bene dal pubblico, non ci sarà probabilmente alcun dubbio che lui sarà uno dei volti nuovi dello Studio Ghibli, nel bene e nel male.
I Racconti di Terramare mi è piaciuto, nonostante la nomea di "obbrobrio" che questo film si era guadagnato mesi prima di uscire, forse per una sorta di muto patto di fedeltà ad Hayao Miyazaki, il quale ci rimase decisamente male quando vide strapparsi il progetto Earthsea dal figlio. Perché inizialmente questo film era destinato a essere un film di Hayao, che richiese personalmente i diritti all'autrice, ma dopo anni nei quali la produzione del film non accennava a partire, lo studio Ghibli decise di non sprecare i diritti facendo portare a termine il progetto da Goro, il figlio del Maestro.
Arren è un giovane principe che, dopo aver ucciso il padre, parte per un viaggio; durante il suo peregrinare incontra Ged, arcimago che sta cercando di capire perché la Magia non ha più effetto in alcune zone della terra...
Innanzitutto chiariamo che per giudicare I Racconti di Terramare bisogna giudicarlo distintamente, come adattamento e come film.
L'adattamento c'è sicuramente perché il film fonde in un unica storia elementi presi dai diversi libri della saga (probabilmente tutti, anche se ho potuto leggere solo i primi tre), nonostante la vicenda principale ricalchi lo spunto sul quale si basa il terzo capitolo della saga. Se però il terzo libro si è rivelato una delusione, il film riesce a donare una nuova linfa alla storia, arricchendola con elementi che la rendono decisamente interessante.
Per fare questo però pesca a piene mani dagli altri volumi, inserendone immagini, eventi e a volte facendo fare a qualcuno delle azioni originalmente fatte da altri.
Non ho visto in tutto ciò un vilipendio all'opera originale, ma anzi un modo per arricchire la vicenda e per mostrare più aspetti possibile del mondo di Earthsea.
Ma valutiamo ora il film in sé.
I disegni e le animazioni non sono poi così malvagie, soprattutto sentendo ciò che si era detto a riguardo. Non si può paragonare questo film agli altri di Hayao Miyazaki, per un'enormità di motivi.
Innanzitutto è un'opera prima. E comunque Hayao Miyazaki prima di mettersi all'opera dirigendo un film si era fatto le ossa con un sacco di serie animato di successo come Heidi, Conan e Lupin; Goro no.
E poi i mezzi sono stati nettamente inferiori dato che il budget e il tempo disponibile per la realizzazione del lungometraggio sono stati nettamente inferiori a qualunque altra opera del padre.
Quindi, non ha senso fare paragoni, e come già altri hanno detto, l'unico modo per godersi il film è non pensare ad Hayao.
Perchè il film merita, ha i suoi piccoli cali di disegni e animazioni, e anche qualche piccola caduta di stile registico, ma come ho già detto si può accettare, anche perché non è mai nulla di particolarmente tragico.
Anzi, si possono addirittura già vedere le prime avvisaglie di "stile Goro Miyazaki": in particolare le inquadrature nelle quali la camera si muove velocemente in avanti (le ho chiamate "zoomate volanti") tecnica che viene usata 7-8 volte nel corso del film, forse anche un po' troppo.
Per il resto si potrebbe forse accusare Goro di aver lasciato alcuni punti in sospeso per chi non avesse letto i libri: ad esempio la questione dei nomi a Earthsea non è stata spiegata a dovere, e lo stesso potrebbe dirsi per l'ombra di Arren...
In compenso però sono rimasto affascinato dai dialoghi sulla vita tra Therru e Arren.
La caratterizzazione dei personaggi è più che buona: l'unica cosa che non ho apprezzato è stato il graphic design dei draghi, ma bisogna riconoscere che oramai è difficilissimo trovare un aspetto "originale" per dei draghi.
Molto buono il doppiaggio, con la pecca della voce di Aracne affidata a una donna: già il personaggio è ambiguo, ma con una voce femminile sembra proprio una donna.
Le canzoni le ho apprezzate in lingua originale coi sottotitoli: entrambe sono stupende ma, se la seconda viene utilizzata in modo intelligentissimo sul finale, la prima è risultata decisamente pesante... In nessun film Disney si è mai visto un personaggio che canta la canzone senza che nulla accada attorno, e in effetti tre minuti di vuoto si sentono, e ci si chiede quando finirà il brano.
Comunque film promosso, anche se in un paio di momenti durante il corso del film ho pensato che questa storia, con questi personaggi, sarebbe sicuramente funzionata meglio in una serie animata dello studio Ghibli: avrebbe potuto essere per il fantasy quello che Conan fu per la fantascienza.
Arren è un giovane principe che, dopo aver ucciso il padre, parte per un viaggio; durante il suo peregrinare incontra Ged, arcimago che sta cercando di capire perché la Magia non ha più effetto in alcune zone della terra...
Innanzitutto chiariamo che per giudicare I Racconti di Terramare bisogna giudicarlo distintamente, come adattamento e come film.
L'adattamento c'è sicuramente perché il film fonde in un unica storia elementi presi dai diversi libri della saga (probabilmente tutti, anche se ho potuto leggere solo i primi tre), nonostante la vicenda principale ricalchi lo spunto sul quale si basa il terzo capitolo della saga. Se però il terzo libro si è rivelato una delusione, il film riesce a donare una nuova linfa alla storia, arricchendola con elementi che la rendono decisamente interessante.
Per fare questo però pesca a piene mani dagli altri volumi, inserendone immagini, eventi e a volte facendo fare a qualcuno delle azioni originalmente fatte da altri.
Non ho visto in tutto ciò un vilipendio all'opera originale, ma anzi un modo per arricchire la vicenda e per mostrare più aspetti possibile del mondo di Earthsea.
Ma valutiamo ora il film in sé.
I disegni e le animazioni non sono poi così malvagie, soprattutto sentendo ciò che si era detto a riguardo. Non si può paragonare questo film agli altri di Hayao Miyazaki, per un'enormità di motivi.
Innanzitutto è un'opera prima. E comunque Hayao Miyazaki prima di mettersi all'opera dirigendo un film si era fatto le ossa con un sacco di serie animato di successo come Heidi, Conan e Lupin; Goro no.
E poi i mezzi sono stati nettamente inferiori dato che il budget e il tempo disponibile per la realizzazione del lungometraggio sono stati nettamente inferiori a qualunque altra opera del padre.
Quindi, non ha senso fare paragoni, e come già altri hanno detto, l'unico modo per godersi il film è non pensare ad Hayao.
Perchè il film merita, ha i suoi piccoli cali di disegni e animazioni, e anche qualche piccola caduta di stile registico, ma come ho già detto si può accettare, anche perché non è mai nulla di particolarmente tragico.
Anzi, si possono addirittura già vedere le prime avvisaglie di "stile Goro Miyazaki": in particolare le inquadrature nelle quali la camera si muove velocemente in avanti (le ho chiamate "zoomate volanti") tecnica che viene usata 7-8 volte nel corso del film, forse anche un po' troppo.
Per il resto si potrebbe forse accusare Goro di aver lasciato alcuni punti in sospeso per chi non avesse letto i libri: ad esempio la questione dei nomi a Earthsea non è stata spiegata a dovere, e lo stesso potrebbe dirsi per l'ombra di Arren...
In compenso però sono rimasto affascinato dai dialoghi sulla vita tra Therru e Arren.
La caratterizzazione dei personaggi è più che buona: l'unica cosa che non ho apprezzato è stato il graphic design dei draghi, ma bisogna riconoscere che oramai è difficilissimo trovare un aspetto "originale" per dei draghi.
Molto buono il doppiaggio, con la pecca della voce di Aracne affidata a una donna: già il personaggio è ambiguo, ma con una voce femminile sembra proprio una donna.
Le canzoni le ho apprezzate in lingua originale coi sottotitoli: entrambe sono stupende ma, se la seconda viene utilizzata in modo intelligentissimo sul finale, la prima è risultata decisamente pesante... In nessun film Disney si è mai visto un personaggio che canta la canzone senza che nulla accada attorno, e in effetti tre minuti di vuoto si sentono, e ci si chiede quando finirà il brano.
Comunque film promosso, anche se in un paio di momenti durante il corso del film ho pensato che questa storia, con questi personaggi, sarebbe sicuramente funzionata meglio in una serie animata dello studio Ghibli: avrebbe potuto essere per il fantasy quello che Conan fu per la fantascienza.
Inevitabile cercare di paragonare ai film del maestro Myiazaki qualunque altra opera dello Studio Ghibli. La cosa è ancora più pressante se a dirigere è addirittura il figlio, ovvero Goro Myiazaki. Tanta gente si è accanita su questo film definendolo un vero flop, comparandolo a capolavori come "La Città incantata" o "Il Castello Errante di Howl", cosa abbastanza illecita secondo me. Nonostante sia piuttosto evidente che Goro si è in parte appoggiato alla fama del padre, "Terramare" va giudicato anche per quello che è: un esordio poco più che discreto, ma interessante.
La storia è un riadattamento un po' troppo libero della mastodontica saga fantasy di Ursula K. Le Guin: a detta di un mio amico che ha letto il libro, Terramare mescola in maniera abbastanza confusionaria i numerosi archi narrativi originale, svuotandoli in parte del loro fascino. In ogni caso il risultato non mi è affatto dispiaciuto: è una storia fantastica abbastanza scontata ma che diventa sempre più coinvolgente man mano che prosegue - in particolare il finale è stato reso con la giusta cura.
Graficamente parlando, la qualità è la solita, con molti disegni a mano, splendidi fondali e personaggi sobri, anche se la presenza dell'animazione a computer è più frequente che in passato. Nonostante non si raggiungano gli (altissimi) picchi tipici delle altre produzioni Ghibli, Earthsea rimane comunque un esordio notevole.
La storia è un riadattamento un po' troppo libero della mastodontica saga fantasy di Ursula K. Le Guin: a detta di un mio amico che ha letto il libro, Terramare mescola in maniera abbastanza confusionaria i numerosi archi narrativi originale, svuotandoli in parte del loro fascino. In ogni caso il risultato non mi è affatto dispiaciuto: è una storia fantastica abbastanza scontata ma che diventa sempre più coinvolgente man mano che prosegue - in particolare il finale è stato reso con la giusta cura.
Graficamente parlando, la qualità è la solita, con molti disegni a mano, splendidi fondali e personaggi sobri, anche se la presenza dell'animazione a computer è più frequente che in passato. Nonostante non si raggiungano gli (altissimi) picchi tipici delle altre produzioni Ghibli, Earthsea rimane comunque un esordio notevole.
Il primo film di Goro Miyazaki, il figlio del cosiddetto "dio degli anime".
Il film parte con buoni propositi, una trama che promette molto, invece si perde, cade sempre nel banale e molti aspetti della storia vengono trascurati, lasciando diverse cose in sospeso.
La storia viene narrata con un ritmo molto lento la prima ora, per poi accelerare di colpo verso la fine (circa l'ultima mezz'ora). In pratica ci si sofferma molto su aspetti di poca importanza quando invece si dovrebbe calcare la storia maggiormente su quella "trama" che dall'inizio si prospetta avvincente e ricca di colpi di scena.
Ma, ahimè, nulla di tutto questo.
Siamo purtroppo costretti ad assistere ad uno svolgersi della trama in maniera tanto banale da sapere già quale sarà la prossima situazione.
Per non parlare poi dei personaggi: uno più stereotipato dell'altro (il protagonista sfigato Shinjato, il vecchio mago saggio Gandalf, e "il" cattivone finale che pare la strega della bella addormentata del bosco), con una sceneggiatura e dei concetti che potrebbero sembrare profondi, quando in realtà si tratta di banalità che abbiamo imparato fino alla nausea in altri anime o film.
Tecnicamente il film ha buoni disegni e discrete animazioni, ma la colonna sonora è alquanto anonima.
Infine quindi il film ha una storia che parte con molte prospettive e come ho già detto finisce nel nulla, con un finale buttato lì tanto per fare un pò di scena, senza alcun significato pratico-concettuale, almeno a me è parso così.
Il giudizio finale sarebbe una sufficienza abbondante, ma solo per il lato tecnico. Per come si presenta invece pare proprio uno di quei film commerciali, fatti per forza e al solo scopo di lucro.
Il caro Goro ha tentato di avere successo solo col nome questa volta... mi dispiace ma è stato una delusione.
Mediocre.
Il film parte con buoni propositi, una trama che promette molto, invece si perde, cade sempre nel banale e molti aspetti della storia vengono trascurati, lasciando diverse cose in sospeso.
La storia viene narrata con un ritmo molto lento la prima ora, per poi accelerare di colpo verso la fine (circa l'ultima mezz'ora). In pratica ci si sofferma molto su aspetti di poca importanza quando invece si dovrebbe calcare la storia maggiormente su quella "trama" che dall'inizio si prospetta avvincente e ricca di colpi di scena.
Ma, ahimè, nulla di tutto questo.
Siamo purtroppo costretti ad assistere ad uno svolgersi della trama in maniera tanto banale da sapere già quale sarà la prossima situazione.
Per non parlare poi dei personaggi: uno più stereotipato dell'altro (il protagonista sfigato Shinjato, il vecchio mago saggio Gandalf, e "il" cattivone finale che pare la strega della bella addormentata del bosco), con una sceneggiatura e dei concetti che potrebbero sembrare profondi, quando in realtà si tratta di banalità che abbiamo imparato fino alla nausea in altri anime o film.
Tecnicamente il film ha buoni disegni e discrete animazioni, ma la colonna sonora è alquanto anonima.
Infine quindi il film ha una storia che parte con molte prospettive e come ho già detto finisce nel nulla, con un finale buttato lì tanto per fare un pò di scena, senza alcun significato pratico-concettuale, almeno a me è parso così.
Il giudizio finale sarebbe una sufficienza abbondante, ma solo per il lato tecnico. Per come si presenta invece pare proprio uno di quei film commerciali, fatti per forza e al solo scopo di lucro.
Il caro Goro ha tentato di avere successo solo col nome questa volta... mi dispiace ma è stato una delusione.
Mediocre.
I racconti di Terramare narra la storia del principe Arren, un giovane diciassettenne tormentato dal pensiero della morte, tanto da aver ormai rinunciato a vivere. Le sue ansie e le sue paure sono divenute tali, che dal suo corpo è apparsa una seconda entità di se stesso, chiamata "ombra". L'ombra di Arren, che rappresenta tutti i suoi più cupi pensieri, lo perseguita per ricongiungersi a lui. Il ragazzo, convintosi che dentro di lui vive un altro se stesso malvagio, perde la testa e uccide suo padre, il re, gli sfila la preziosa spada forgiata con la magia e scappa dal regno. Durante la fuga s'imbatte in un branco di lupi affamati e viene salvato in extremis da Sparviere, l'arcimago. Arren si unisce così a Sparviere e insieme intraprendono un viaggio apparentemente senza meta. Durante il viaggio Arren farà la conoscenza della giovane Tenru, la ragazza che gli cambierà la vita, facendogli finalmente capire il sinignificato dell'esistenza esortandolo a vivere. E' un bel film animazione e lo consiglio a tutti, invita certamente a riflettere sul significato della vita, sul fatto di non buttarla via perchè è la cosa più preziosa che esista. Nel momento che non accetti di morire, rifiuti anche di vivere. Queste sono le parole di Tenru. Parole sagge. Sia per grandi che per piccini. Da vedere.
[Allerta Spoiler]
Siamo in un'epoca barocca dove maghi, streghe e draghi popolano questo mondo ma allo stesso tempo sono assiduamente perseguitati e condannati a morte di fronte al Re.
Arren, il principe del regno non sopporta piu' questi soprusi e persecuzioni fino a farli giungere l'atto di uccidere suo padre a coltellate scappando successivamente da casa.
Si ritrova sperduto in un deserto dove un branco di lupi sta tentando di azzannarlo, ma poco prima dell'impatto uno stranissimo ed enigmatico mago di nome Ged salva il ragazzo e lo porta a sella del suo cavallo. Il mago vagabondo lascia in citta' il ragazzo senza darli spiegazioni e se ne va. Poco dopo il ragazzo incontra un gruppo di fanti intenti a rapire una ragazzina strega e subito a quella vista, Arren perde coscienza e il suo animo di trasforma in demonio. Salva la ragazzina con colpi di bastonate al gruppo di fanti che scappano via allibiti. La ragazzina se ne va anche lei senza dare spiegazioni.
Poco dopo Arren rincrontra Ged che gli dice "sono andato a comprare questo" mostrandogli una strana boccetta. Lo fa risalire in groppa e lo porta in aperta campagna e alloggiano in una piccola casa in cui abitano una ragazza che il mago conosce e...la ragazzina che Arren aveva incontrato prima!!!
E' stato davvero un gran bel film anime.
La realizzazione grafica e' qualcosa di spettacolare: ombre, luci, animazioni, design, tratto ecc.. tutto perfetto!
Ma a parte questo, dal punto di vista della trama I Racconti Di Terramare lacuna un po' troppo. La storia e' geniale ma non e' costruita e architettata nel modo giusto. All'inizio e' molto intrigante e scioccante ma poi si dilunga troppo e inizia a diventare non scontato, ma strano.
Ad un certo punto gli avvenimenti iniziano a ripartire in modo frenetico, quasi confusionario e questo conduce ad un finale ahimé, paradossale e frettoloso.
Rimane comunque bello
Siamo in un'epoca barocca dove maghi, streghe e draghi popolano questo mondo ma allo stesso tempo sono assiduamente perseguitati e condannati a morte di fronte al Re.
Arren, il principe del regno non sopporta piu' questi soprusi e persecuzioni fino a farli giungere l'atto di uccidere suo padre a coltellate scappando successivamente da casa.
Si ritrova sperduto in un deserto dove un branco di lupi sta tentando di azzannarlo, ma poco prima dell'impatto uno stranissimo ed enigmatico mago di nome Ged salva il ragazzo e lo porta a sella del suo cavallo. Il mago vagabondo lascia in citta' il ragazzo senza darli spiegazioni e se ne va. Poco dopo il ragazzo incontra un gruppo di fanti intenti a rapire una ragazzina strega e subito a quella vista, Arren perde coscienza e il suo animo di trasforma in demonio. Salva la ragazzina con colpi di bastonate al gruppo di fanti che scappano via allibiti. La ragazzina se ne va anche lei senza dare spiegazioni.
Poco dopo Arren rincrontra Ged che gli dice "sono andato a comprare questo" mostrandogli una strana boccetta. Lo fa risalire in groppa e lo porta in aperta campagna e alloggiano in una piccola casa in cui abitano una ragazza che il mago conosce e...la ragazzina che Arren aveva incontrato prima!!!
E' stato davvero un gran bel film anime.
La realizzazione grafica e' qualcosa di spettacolare: ombre, luci, animazioni, design, tratto ecc.. tutto perfetto!
Ma a parte questo, dal punto di vista della trama I Racconti Di Terramare lacuna un po' troppo. La storia e' geniale ma non e' costruita e architettata nel modo giusto. All'inizio e' molto intrigante e scioccante ma poi si dilunga troppo e inizia a diventare non scontato, ma strano.
Ad un certo punto gli avvenimenti iniziano a ripartire in modo frenetico, quasi confusionario e questo conduce ad un finale ahimé, paradossale e frettoloso.
Rimane comunque bello
Questo film, diretto da Goro Miyazaki, figlio del ben più famoso Hayao, è la dimostrazione che il talento registico non si trasmette necessariamente per via genetica.
La storia è tratta dai romanzi di U. K. Le Guin della serie di "Earthsea" ed è ispirata al manga dello stesso Hayao Miyazaki "Shuna no tabi". Una storia dal sapore fortemente fantasy, ambientata in un mondo di isole e mari sconfinati, in cui la magia deriva dalla conoscenza del nome segreto di ogni cosa.
Purtroppo la saga di "Earthsea" è vasta, certamente impossibile da comprimere in un lungometraggio di poco meno di 2 ore, quindi l'anime ne presenta solo un frammento. Forse uno dei più interessanti, ma che comunque non riesce a fornire un background sufficiente per comprendere appieno la struttura del mondo in cui l'avventura è contestualizzata. Ne consegue quello che a mio avviso è un grosso difetto: nel film alcuni eventi "accadono solo perché DEVONO accadere". Solo la conoscenza dei romanzi del ciclo rende la trama più comprensibile e giustificabile. Ad un profano la storia potrebbe apparire né più né meno che una mera fiaba: affascinante forse, ma in certi punti priva di vera coerenza.
Tecnicamente l'opera presenta alcuni elementi più che positivi che fanno da contraltare ad altri negativi. Partiamo dalla regia: molto contestata (da alcuni grandi nomi come Hideaki Anno considerata "magistrale", da altri appena mediocre) e di difficile valutazione. Il problema maggiore è che si tratta di una regia "diversa" da quella tradizionale, realizzata da un individuo che senza alcuna esperienza (ricordiamo che prima di questo film Goro Miyazaki lavorava come operatore economico) ha avuto in mano tutto il potere creativo dello Studio Ghibli. Il risultato è controverso: convivono scene da capolavoro, come la sequenza iniziale della tempesta e quella del drago, con altre a dir poco goffe, come la battaglia dei minuti finali. Per tutto il resto c'è ben poco da dire: ciò che il "Ghibli" tocca si trasforma sempre in oro (eccezionale la fotografia).
Le musiche hanno firma Tamiya Terashima. Non male, in particolar modo il tema principale cantato da Aoi Teshima, ma si sente la mancanza di un vero "Maestro", esperto di colonne sonore di ampio respiro come Joe Hisaishi.
Un film che non guadagna né un "sì" né un "no". Nì. Merita di certo una visione. Ma forse non più d'una.
La storia è tratta dai romanzi di U. K. Le Guin della serie di "Earthsea" ed è ispirata al manga dello stesso Hayao Miyazaki "Shuna no tabi". Una storia dal sapore fortemente fantasy, ambientata in un mondo di isole e mari sconfinati, in cui la magia deriva dalla conoscenza del nome segreto di ogni cosa.
Purtroppo la saga di "Earthsea" è vasta, certamente impossibile da comprimere in un lungometraggio di poco meno di 2 ore, quindi l'anime ne presenta solo un frammento. Forse uno dei più interessanti, ma che comunque non riesce a fornire un background sufficiente per comprendere appieno la struttura del mondo in cui l'avventura è contestualizzata. Ne consegue quello che a mio avviso è un grosso difetto: nel film alcuni eventi "accadono solo perché DEVONO accadere". Solo la conoscenza dei romanzi del ciclo rende la trama più comprensibile e giustificabile. Ad un profano la storia potrebbe apparire né più né meno che una mera fiaba: affascinante forse, ma in certi punti priva di vera coerenza.
Tecnicamente l'opera presenta alcuni elementi più che positivi che fanno da contraltare ad altri negativi. Partiamo dalla regia: molto contestata (da alcuni grandi nomi come Hideaki Anno considerata "magistrale", da altri appena mediocre) e di difficile valutazione. Il problema maggiore è che si tratta di una regia "diversa" da quella tradizionale, realizzata da un individuo che senza alcuna esperienza (ricordiamo che prima di questo film Goro Miyazaki lavorava come operatore economico) ha avuto in mano tutto il potere creativo dello Studio Ghibli. Il risultato è controverso: convivono scene da capolavoro, come la sequenza iniziale della tempesta e quella del drago, con altre a dir poco goffe, come la battaglia dei minuti finali. Per tutto il resto c'è ben poco da dire: ciò che il "Ghibli" tocca si trasforma sempre in oro (eccezionale la fotografia).
Le musiche hanno firma Tamiya Terashima. Non male, in particolar modo il tema principale cantato da Aoi Teshima, ma si sente la mancanza di un vero "Maestro", esperto di colonne sonore di ampio respiro come Joe Hisaishi.
Un film che non guadagna né un "sì" né un "no". Nì. Merita di certo una visione. Ma forse non più d'una.
Lungometraggio di esordio per Goro Miyazaki.
Un comparto grafico estremamente imponente, sottolineato da una bellissima colonna sonora.
Tuttavia mi sembra che la trama non sia di facile comprensione, spesso il filo logico si spezza per poi riannodarsi in seguito, e questo finisce per rendere la trama un po' macchinosa. Bellissimo
il messaggio che lascia quest'opera delicata e struggente allo stesso tempo, nonostante alcune scena di violenza presenti nella narrazione. Consiglio di rivedere tale opera una seconda volta al fine di apprezzarne tutte le sfumature.
Spero che Goro Miyazaki ci onori presto con altri lungometraggi.
Un comparto grafico estremamente imponente, sottolineato da una bellissima colonna sonora.
Tuttavia mi sembra che la trama non sia di facile comprensione, spesso il filo logico si spezza per poi riannodarsi in seguito, e questo finisce per rendere la trama un po' macchinosa. Bellissimo
il messaggio che lascia quest'opera delicata e struggente allo stesso tempo, nonostante alcune scena di violenza presenti nella narrazione. Consiglio di rivedere tale opera una seconda volta al fine di apprezzarne tutte le sfumature.
Spero che Goro Miyazaki ci onori presto con altri lungometraggi.
I Racconti di terramare (ゲド戦記, Gedo senki) è la prima opera di Gorō Miyazaki (figlio del famoso Hayao Miyazaki),prodotta dallo Studio Ghibli e distribuito in Italia dalla Lucky Red. Il film è tratto dal quarto e quinto libro del ciclo fantasy di Earthsea scritta da Ursula K. Le Guin. Il confronto con il padre è venuto spontaneo. Questo film è bello,ma i personaggi non sono approfonditi per niente,cosa che non succede nei film di Miyazaki padre. I disegni sono splendidi,davvero ben fatti,la colonna sonora è molto buona con musiche adatte ad ogni singola scena e ottimo il doppiaggio italiano. Purtroppo non sono solo i personaggi poco approfonditi i difetti del seguente film ma anche il fatto che,essendo preso da una saga di cinque libri e soprattutto dal quarto e quinto libro,rimangono alla fine molte domande a cui non vengono date risposte. Per esempio, perché lui a ucciso il padre? Non sono solo queste le domande senza risposta, ma, pur non trovandole il film si lascia guardare benissimo anche grazie ai disegni tutti rigorosamente fatti a mano. Come prima opera di Gorō il film è fatto molto bene pur avendo ricevuto un'accoglienza un po' fredda da parte della critica ma non dal padre Hayao.
Trama: Un ragazzo, Arran, uccide il padre, re di Terramare, e poi fugge. Mentre sta per essere attaccato da un branco di lupi, arriva Sparviere, che lo salva. I due inizieranno cosi il loro viaggio che verrà ostacolato da .........
L'atmosfera fantasy del film mi è piaciuta molto forse perché non avevo mai visto nulla di di questo genere.
Pagella:
Disegni: 9 In una parola: stupendi. Ottimi,tutti disegnati a mano e molto realistici.
Trama: 8 Bella,abbastanza avvincente,anche se alla fine del film si possono notare dei buchi in essa e alcune domande accantonate li senza risposta.
Colonna sonora: 8 Molto bella anche la colonna sonora con musiche tutte adattissime.
Personaggi: 7 Nota dolente... I personaggi sono tutti simpatici (eccetto i cattivi) ma non sono quasi per niente caratterizzati.
Doppiaggio italiano ottimo come sempre con voci molto azzeccate e che si addicono ai personaggi.
In conclusione il film lo consiglio perché, anche se presenta alcuni difetti, è godibilissimo e le due ore passano in fretta. Come primo lavoro per farsi conoscere al pubblico, Gorō, ha fatto un buon lavoro e credo che in futuro svilupperà lavori che potranno competere con quelli del padre.
Trama: Un ragazzo, Arran, uccide il padre, re di Terramare, e poi fugge. Mentre sta per essere attaccato da un branco di lupi, arriva Sparviere, che lo salva. I due inizieranno cosi il loro viaggio che verrà ostacolato da .........
L'atmosfera fantasy del film mi è piaciuta molto forse perché non avevo mai visto nulla di di questo genere.
Pagella:
Disegni: 9 In una parola: stupendi. Ottimi,tutti disegnati a mano e molto realistici.
Trama: 8 Bella,abbastanza avvincente,anche se alla fine del film si possono notare dei buchi in essa e alcune domande accantonate li senza risposta.
Colonna sonora: 8 Molto bella anche la colonna sonora con musiche tutte adattissime.
Personaggi: 7 Nota dolente... I personaggi sono tutti simpatici (eccetto i cattivi) ma non sono quasi per niente caratterizzati.
Doppiaggio italiano ottimo come sempre con voci molto azzeccate e che si addicono ai personaggi.
In conclusione il film lo consiglio perché, anche se presenta alcuni difetti, è godibilissimo e le due ore passano in fretta. Come primo lavoro per farsi conoscere al pubblico, Gorō, ha fatto un buon lavoro e credo che in futuro svilupperà lavori che potranno competere con quelli del padre.
E' un'opera che volente o dolente teme il confronto tra Goro e il padre, regista affermato. Quindi ritornano temi cari quali una natura incontaminata, colorata, viva e bellissima, la magia più fantasiosa immaginabile. Colori quindi molto nitidi e brillanti che incarnano quel messaggio di serenità e tranquillità che si sposa con il tema fantasy. Blu, verde, azzurro, oro, colori della speranza. I personaggi vivono di emozioni vere e paure innate, a volte sarebbe auspicabile lasciare più spazio al vissuto del protagonista per capire il perché delle sue azioni. Ma è una scelta registica di un neo regista, cioè mostrare l'essere delle protagonista (è un principe pauroso, alla ricerca del suo significato all'esistenza, determinato, bisognoso di una guida affettiva, confuso, ecc..). Ciò che lui diverrà è il mago che gli sta sempre accanto. Ciò che fa è essere quei caratteri descritti, ma oltre ad impugnare la spada o a dialoghi simili, egli non va (questa è la paura del regista alle prime armi di strafare, perché non vuole bucare lo schermo). Comunque è una pellicola dal buon ritmo del montaggio (molto lineare e schietto), ottime riprese di camera negli interni (le strade della città in rovina) e negli esterni (il mare in tempesta o il crollo della torre). E' il primo lavoro di un Goro che solo applicandosi ci mostrerà il suo stile filmico nei prossimi lavori. Auguri.
L'opera prima di Goro Miyazaki è un lavoro discreto, ma lungi dall'essere un capolavoro. L'aver legato la propria trama a una licenza letteraria ha un pò tarpato le ali alla libertà di regia e sceneggiatura e probabilmente condotto la regia verso un approccio più occidentale di quanto i ragazzi dello studio Ghibli non volessero. Per questo il ritmo della narrazione è incostante e la trama è apparentemente semplicistica, così come la prospettiva psicologica dei personaggi è priva di una adeguata caratterizzazione. La linea occidentale è dettata da una colonna sonora di influenze celtiche e vagamente hollywoodiane, così come la geopolitica del mondo cinematografico è di stampo chiaramente anglosassone e riprende decisamente la opere di Tolkien.
Nonostante questo l'opera è realizzata da giapponesi e tutto questo è palpabile, così la tradizione dello studio Ghibli si assapora in ogni momento del film. I panorami e i landscape sono straordinari e pervasi da quella genuinità naturale che abbiamo apprezzato in film quali Nausicaa e Mononoke, mentre città e costruzioni sono ricreate con grandissima curi per i dettagli. Di grande fascino l'architettura del mondo che richiama il gusto barocco bizantino e tardo romano.
Il taglio registico è decisamente buono e sottolinea adeguatamente con azzeccate inquadrature i diversi momenti della narrazione, segno che anche nel giovane Goro c'è del talento, che va indubbiamente affinato.
Per il resto un character design semplicistico e un tantino sopra le righe e una struttura un pò semplicistica non elidono la bontà del messaggio e della morale della pellicola, incentrata sul'accettazione della morte, ma sopratutto nell'esaltazione de diritto alla vita. Forse il messaggio non è nascosto tra le righe della trama come spesso Hayao tende a fare, ma indubbiamente la sua profondità e l'eleganza nell'esporlo non recriminano questa pochezza descrittiva.
Un discreto debutto per un giovane che indubbiamente può raggiungere livelli considerevoli.
Nonostante questo l'opera è realizzata da giapponesi e tutto questo è palpabile, così la tradizione dello studio Ghibli si assapora in ogni momento del film. I panorami e i landscape sono straordinari e pervasi da quella genuinità naturale che abbiamo apprezzato in film quali Nausicaa e Mononoke, mentre città e costruzioni sono ricreate con grandissima curi per i dettagli. Di grande fascino l'architettura del mondo che richiama il gusto barocco bizantino e tardo romano.
Il taglio registico è decisamente buono e sottolinea adeguatamente con azzeccate inquadrature i diversi momenti della narrazione, segno che anche nel giovane Goro c'è del talento, che va indubbiamente affinato.
Per il resto un character design semplicistico e un tantino sopra le righe e una struttura un pò semplicistica non elidono la bontà del messaggio e della morale della pellicola, incentrata sul'accettazione della morte, ma sopratutto nell'esaltazione de diritto alla vita. Forse il messaggio non è nascosto tra le righe della trama come spesso Hayao tende a fare, ma indubbiamente la sua profondità e l'eleganza nell'esporlo non recriminano questa pochezza descrittiva.
Un discreto debutto per un giovane che indubbiamente può raggiungere livelli considerevoli.
Da fan della saga della LeGuin ero partito prevenutissimo dalle recensioni negative lette su questo film, ma la visione è stata davvero piacevole.
L'ho trovato un eccellente film d'animazione, forse non ai livelli di "La città incantata", ma comunque ricco di fascino e 'magia'; la trama si discosta da quella dei libri, ma le citazioni e i punti di rimando sono molti, e d i dettagli 'poco chiariti' si possono cogliere riflettendoci su.
Le riflessioni sulla morte e sull'importanza di ogni vita occupano una parte notevole della pellicola e risultano davvero interessanti, una coloritura filosofica che sarebbe bello poter vedere più spesso al cinema.
Ritorna anche la tematica ecologica tipica delle produzioni Ghibli, con la scomparsa della magia del mondo di Earthsea come conseguenza degli 'squilibri' creati dagli uomini alla natura (tema oggi più attuale che mai)
Decisamente mi è piaciuto, mi spiace solo non vengano trasposti in animazione anche gli altri capitoli della saga di Earthsea.
L'ho trovato un eccellente film d'animazione, forse non ai livelli di "La città incantata", ma comunque ricco di fascino e 'magia'; la trama si discosta da quella dei libri, ma le citazioni e i punti di rimando sono molti, e d i dettagli 'poco chiariti' si possono cogliere riflettendoci su.
Le riflessioni sulla morte e sull'importanza di ogni vita occupano una parte notevole della pellicola e risultano davvero interessanti, una coloritura filosofica che sarebbe bello poter vedere più spesso al cinema.
Ritorna anche la tematica ecologica tipica delle produzioni Ghibli, con la scomparsa della magia del mondo di Earthsea come conseguenza degli 'squilibri' creati dagli uomini alla natura (tema oggi più attuale che mai)
Decisamente mi è piaciuto, mi spiace solo non vengano trasposti in animazione anche gli altri capitoli della saga di Earthsea.
L´ultimo prodotto dello studio Ghibli si è rivelato una piacevole sorpresa. Forse perché malamente pubblicizzato - in vari forum si parlava di ciofeca all´ennesima potenza, ero pronto al peggio del peggio. Ritrovandomi per le mani, invece, un´opera davvero ben confezionata.
Per lo studio Ghibli, TfE rappresenta una specie di ritorno al passato e, allo stesso tempo, una nettissima rottura con quanto prodotto negli ultimi anni. Con "La principessa Mononoke", il gruppo guidato da Miyazaki Hayao aveva individuato (e portato all´estremo nei due capolavori "Il Castello errante di Howl" e "La città incantata") un particolarissimo e personale approccio all´animazione, diventato ormai "marchio di fabbrica" dello studio. Massima libertà espressiva dal punto di vista grafico (si pensi al Castello Errante dell´omonimo film, od al Dio della Foresta di "La principessa Mononoke", od ancora a quel mondo incredibile che è sono le terme degli spettri della "Città incantata"), costruzione della storia con sistematico ricorso all´impianto semantico della favola ("La città incantata" applica in modo sistematico la "Teoria della fiaba" di Propp), estrema attenzione alla costruzione ed allo sviluppo psicologico dei personaggi, molto spesso caratterizzati indugiando sui gesti più semplici ed apparentemente insignificanti, quasi a sancirne la loro assoluta "normalità" ed umanità.
TfE abbandona questa strada in modo abbastanza netto, riportando la costruzione e la narrazione ai tempi dei più avventurosi "Mirai Shounen Conan" e di "Nausicaa", le opere che avevano lanciato Miyazaki Hayao come grande regista, a livello mondiale. Ovverosia, ci troviamo di fronte ad una storia di costruzione epica, piuttosto che ad una favola, con personaggi rivolti verso un loro (anche drammatico) titanismo, cui fa da contraltare la scelta di limitare lo spazio alla fantasia grafica, costringendola fra i binari di un relativo realismo.
Probabilmente è anche per questo che, dopo i trionfi delle opere precedenti, il debutto alla regia di Miyazaki Goro è stato accolto in termini piuttosto freddini. Del resto, mi si permetta l´inciso, c´è anche il comprensibile desiderio di Miyazaki figlio di cercare una particolare strada espressiva, certamente nella scia del grande predecessore - ma decisamente propria.
Dopo aver girato intorno, e forse pure troppo, è il momento di affrontare meglio il commento al film. TfE è tratto dalla quasi omonima saga fantasy Earthsea, piuttosto famosa nel mondo anglosassone - e riguardo la quale devo confessare l´assoluta ignoranza, salvo la sfuggevole e svogliata visione di un mediocre film tv. Mi si dice (grazie Domenico) che la storia portata sullo schermo rappresenti solo una parte della saga (il terzo dei sei libri), e così vi riferisco.
Un mondo vagamente fantasy, con streghe e stregoni, draghi che solcano il cielo (alcuni di essi, davvero molto belli - anche se non arrivano alla poesia dell´Aku de "La città incantata"... probabilmente, in casa Ghibli si trovano più a loro agio con i dragoni orientali che con quelli occidentali), eroi, imperi, antiche città, e spade magiche. Proprio una spada leggendaria sarà il filo conduttore della storia: come essa giunga nelle mani del protagonista, e di come questi impari ad esserne degno, riuscendo così a conquistare l´aiuto dei draghi ed a sconfiggere la strega cattiva di turno.
Animé, certo: ma, dopo il "Signore degli Anelli", non si può pensare ad un fantasy senza confronto e riferimento con il capolavoro di Peter Jackson. E Miyazaki Goro dimostra di averne imparato la lezione, sia narrativa che descrittiva. Scordatevi case fresche di una nuova mano di vernice, città di marmo tanto perfette da non sembrare vere, vestiti appena usciti dalla bottega del sarto (o dalla lavatrice): il regista, si diceva, ha scelto di applicare sistematicamente un certo qual realismo, soprattutto a livello di rappresentazione del mondo, e - bisogna dargliene atto, prosegue lungo la sua strada, fino alla conclusione. Ahimé: di questo ne risente la spettacolarizzazione di tutta la storia. Dove l'immaginifico avrebbe potuto trovare spazio legittimo, questo viene immediatamente cassato Così, anche l´operato dei maghi - soprattutto se li confrontiamo con i loro più immediati predecessori - prosegue nel solco austero di Gandalf e compagni piuttosto che in quello di Harry Potter: probabilmente, anche questo ha lasciato molta gente un po´ di stucco, specialmente in Giappone, dove i "numeri d´alta scuola" trovano sempre ampi consensi.
Diversamente dagli altri due film di cui vi ho precedentemente parlato, per TfE non vi propongo un commento specifico della sceneggiatura: la copia che mi è stata fornita, ahimé, era in giapponese sine sottotitoli - e con un audio davvero pessimo. Seguire (ed intuire, spesso ad sensum) i dialoghi è stato un´impresa, e non sono convinto di aver afferrato proprio tutto... anzi! Riprometto di rimediare (e di rivedere, all´occorrenza, il giudizio finale) non appena uno straccio di sub si renda disponibile - o meglio, non appena qualche distributore pensi a procacciarcelo al cinema od in DVD. Ma, su questo, opportuno che leggiate oltre.
Passiamo subito alla realizzazione tecnica, quindi. E qui molti resteranno sorpresi, taluni piacevolmente, altri meno: il ritorno al passato colpisce anche il chara design, con molti personaggi che sembrano presi pari pari da Conan, piuttosto che da Nausicaa o Laputa. Fortunatamente, il vintage colpisce solo lo stile, e non la sua applicazione: le animazioni sono estremamente fluide (come nella migliore tradizione Ghibli), i fondali ben colorati - benché, in generale, appaiono un po´ smorti (ma forse era un problema di encoding della mia copia) e la realizzazione grafica manchi del dettaglio cui ci avevano più recentemente abituato. Come ne "Il castello errante di Howl" e "la città incantata", il computer la fa da padrone in parecchie circostanze - sebbene, complice la sostanziale mancanza di scene di massa vere e proprie, e la relativa semplicità di quelle più critiche - in modo abbastanza discreto. Salvo un paio di eccezioni - ma niente di eclatante.
Tuttavia, il buon Goro deve ancora farne di strada per raggiungere il padre. Dopo la prima mezz'ora - svelta, ben girata e ben diretta, il film si addormenta parecchio. Ed è un vero peccato, primo perché proprio nella seconda parte si svelano le trame dei "cattivi", e poi perché qui inizia il processo di crescita del protagonista, essenziale per il raggiungimento dell'happy end finale. E' proprio questo sedersi della storia il limite maggiore del film, ed il suo handicap più chiaro.
Altro handicap, dal mio punto di vista, è il sostanziale understatement scelto per la storia. Mi spiego meglio: se è vero che Peter Jackson ha mostrato una Terra di Mezzo assolutamente realistica, e non certo cartonata come si sarebbe fatto vent'anni fa, ci ha anche dato alcune delle scene più spettacolari della storia del cinema: la battaglia del fosso di Helm, la carica dei cavalieri di Rohan, le miniere di Moria... scene che sono riuscite, nella loro complessità e bellezza, a rimpiazzare nell'immaginario collettivo mostri sacri come Eyzenstein, DeMille etc. Bene: l'epica ESIGE scene di questo genere, ESIGE una certa quale spettacolarizzazione che, invece, TfE non possiede... il film sembra sempre sul punto di decollare... ed invece si arresta. Ed è un peccato, perché questo gli impedisce di passare dal discreto all'ottimo che avrebbe sicuramente meritato.
Ugualmente, altro difetto, è l'incapacità di Goro di costruire ed impostare la folta selva di personaggi tipica del padre: da questo punto di vista, TfE è piuttosto povero, anche come caratterizzazione. Ho tenuto questo punto per ultimo, a livello di critica, in quanto - non conoscendo la storia di partenza, non saprei dire se la cosa sia legata a vincoli imposti dalla trama originale, piuttosto che dall'incapacità dell'Autore.
A tale proposito, un'ultima chiosa. Rottura, si diceva più volte: anche a livello di personaggi. Il protagonista, Arren, ha un lato oscuro ed una maturazione che - in passato, Miyazaki padre non aveva permesso ai propri personaggi. Di solito, le sue creature maturano come consapevolezza di sé stessi, del proprio ruolo e della propria natura - in questo caso, invece, Arren deve imparare a confrontarsi con la propria metà oscura... non vorrei dire, ma non credo che Miyazaki padre si sia tirato indietro dalla regia solo perché occupato da Howl o per lasciare spazio al figlio. Probabilmente, questo personaggio non era - non sarebbe stato nelle sue corde narrative. Diversamente, i due maghi - come nella peggiore tradizione fantasy - non sfuggono al macchiettismo tipico del loro ruolo... così Komu è perfida che più perfida non si può, e Gen non sfugge mai all'immagine del vecchio e buon maestro Perboni... un limite molto grave, questo, dato che - per buona parte del film, sono loro a dover reggere lo sviluppo della storia. Cosa di cui, ahimé, non sono proprio capaci... con conseguente rallentamento e grave appiattimento.
In conclusione, TfE è comunque un gran bel film - almeno dal mio punto di vista, perfettamente godibile anche da un pubblico infantile. Nel perfetto stile Ghibli, il racconto è costruito a più livelli di fruizione narrativa, anche questo pregio notevolissimo. Sicuramente, se il buon Goro tornerà alla regia, farà bene a tesaurizzare quest'esperienza, sia nel bene che ha fatto, sia negli errori commessi...
L´augurio finale è che, nella migliore tradizione dei suoi predecessori, qualcuno si prenda la briga di tradurre e promuovere TfE anche nel nostro paese.
Ciao a tutti!
Matte
Per lo studio Ghibli, TfE rappresenta una specie di ritorno al passato e, allo stesso tempo, una nettissima rottura con quanto prodotto negli ultimi anni. Con "La principessa Mononoke", il gruppo guidato da Miyazaki Hayao aveva individuato (e portato all´estremo nei due capolavori "Il Castello errante di Howl" e "La città incantata") un particolarissimo e personale approccio all´animazione, diventato ormai "marchio di fabbrica" dello studio. Massima libertà espressiva dal punto di vista grafico (si pensi al Castello Errante dell´omonimo film, od al Dio della Foresta di "La principessa Mononoke", od ancora a quel mondo incredibile che è sono le terme degli spettri della "Città incantata"), costruzione della storia con sistematico ricorso all´impianto semantico della favola ("La città incantata" applica in modo sistematico la "Teoria della fiaba" di Propp), estrema attenzione alla costruzione ed allo sviluppo psicologico dei personaggi, molto spesso caratterizzati indugiando sui gesti più semplici ed apparentemente insignificanti, quasi a sancirne la loro assoluta "normalità" ed umanità.
TfE abbandona questa strada in modo abbastanza netto, riportando la costruzione e la narrazione ai tempi dei più avventurosi "Mirai Shounen Conan" e di "Nausicaa", le opere che avevano lanciato Miyazaki Hayao come grande regista, a livello mondiale. Ovverosia, ci troviamo di fronte ad una storia di costruzione epica, piuttosto che ad una favola, con personaggi rivolti verso un loro (anche drammatico) titanismo, cui fa da contraltare la scelta di limitare lo spazio alla fantasia grafica, costringendola fra i binari di un relativo realismo.
Probabilmente è anche per questo che, dopo i trionfi delle opere precedenti, il debutto alla regia di Miyazaki Goro è stato accolto in termini piuttosto freddini. Del resto, mi si permetta l´inciso, c´è anche il comprensibile desiderio di Miyazaki figlio di cercare una particolare strada espressiva, certamente nella scia del grande predecessore - ma decisamente propria.
Dopo aver girato intorno, e forse pure troppo, è il momento di affrontare meglio il commento al film. TfE è tratto dalla quasi omonima saga fantasy Earthsea, piuttosto famosa nel mondo anglosassone - e riguardo la quale devo confessare l´assoluta ignoranza, salvo la sfuggevole e svogliata visione di un mediocre film tv. Mi si dice (grazie Domenico) che la storia portata sullo schermo rappresenti solo una parte della saga (il terzo dei sei libri), e così vi riferisco.
Un mondo vagamente fantasy, con streghe e stregoni, draghi che solcano il cielo (alcuni di essi, davvero molto belli - anche se non arrivano alla poesia dell´Aku de "La città incantata"... probabilmente, in casa Ghibli si trovano più a loro agio con i dragoni orientali che con quelli occidentali), eroi, imperi, antiche città, e spade magiche. Proprio una spada leggendaria sarà il filo conduttore della storia: come essa giunga nelle mani del protagonista, e di come questi impari ad esserne degno, riuscendo così a conquistare l´aiuto dei draghi ed a sconfiggere la strega cattiva di turno.
Animé, certo: ma, dopo il "Signore degli Anelli", non si può pensare ad un fantasy senza confronto e riferimento con il capolavoro di Peter Jackson. E Miyazaki Goro dimostra di averne imparato la lezione, sia narrativa che descrittiva. Scordatevi case fresche di una nuova mano di vernice, città di marmo tanto perfette da non sembrare vere, vestiti appena usciti dalla bottega del sarto (o dalla lavatrice): il regista, si diceva, ha scelto di applicare sistematicamente un certo qual realismo, soprattutto a livello di rappresentazione del mondo, e - bisogna dargliene atto, prosegue lungo la sua strada, fino alla conclusione. Ahimé: di questo ne risente la spettacolarizzazione di tutta la storia. Dove l'immaginifico avrebbe potuto trovare spazio legittimo, questo viene immediatamente cassato Così, anche l´operato dei maghi - soprattutto se li confrontiamo con i loro più immediati predecessori - prosegue nel solco austero di Gandalf e compagni piuttosto che in quello di Harry Potter: probabilmente, anche questo ha lasciato molta gente un po´ di stucco, specialmente in Giappone, dove i "numeri d´alta scuola" trovano sempre ampi consensi.
Diversamente dagli altri due film di cui vi ho precedentemente parlato, per TfE non vi propongo un commento specifico della sceneggiatura: la copia che mi è stata fornita, ahimé, era in giapponese sine sottotitoli - e con un audio davvero pessimo. Seguire (ed intuire, spesso ad sensum) i dialoghi è stato un´impresa, e non sono convinto di aver afferrato proprio tutto... anzi! Riprometto di rimediare (e di rivedere, all´occorrenza, il giudizio finale) non appena uno straccio di sub si renda disponibile - o meglio, non appena qualche distributore pensi a procacciarcelo al cinema od in DVD. Ma, su questo, opportuno che leggiate oltre.
Passiamo subito alla realizzazione tecnica, quindi. E qui molti resteranno sorpresi, taluni piacevolmente, altri meno: il ritorno al passato colpisce anche il chara design, con molti personaggi che sembrano presi pari pari da Conan, piuttosto che da Nausicaa o Laputa. Fortunatamente, il vintage colpisce solo lo stile, e non la sua applicazione: le animazioni sono estremamente fluide (come nella migliore tradizione Ghibli), i fondali ben colorati - benché, in generale, appaiono un po´ smorti (ma forse era un problema di encoding della mia copia) e la realizzazione grafica manchi del dettaglio cui ci avevano più recentemente abituato. Come ne "Il castello errante di Howl" e "la città incantata", il computer la fa da padrone in parecchie circostanze - sebbene, complice la sostanziale mancanza di scene di massa vere e proprie, e la relativa semplicità di quelle più critiche - in modo abbastanza discreto. Salvo un paio di eccezioni - ma niente di eclatante.
Tuttavia, il buon Goro deve ancora farne di strada per raggiungere il padre. Dopo la prima mezz'ora - svelta, ben girata e ben diretta, il film si addormenta parecchio. Ed è un vero peccato, primo perché proprio nella seconda parte si svelano le trame dei "cattivi", e poi perché qui inizia il processo di crescita del protagonista, essenziale per il raggiungimento dell'happy end finale. E' proprio questo sedersi della storia il limite maggiore del film, ed il suo handicap più chiaro.
Altro handicap, dal mio punto di vista, è il sostanziale understatement scelto per la storia. Mi spiego meglio: se è vero che Peter Jackson ha mostrato una Terra di Mezzo assolutamente realistica, e non certo cartonata come si sarebbe fatto vent'anni fa, ci ha anche dato alcune delle scene più spettacolari della storia del cinema: la battaglia del fosso di Helm, la carica dei cavalieri di Rohan, le miniere di Moria... scene che sono riuscite, nella loro complessità e bellezza, a rimpiazzare nell'immaginario collettivo mostri sacri come Eyzenstein, DeMille etc. Bene: l'epica ESIGE scene di questo genere, ESIGE una certa quale spettacolarizzazione che, invece, TfE non possiede... il film sembra sempre sul punto di decollare... ed invece si arresta. Ed è un peccato, perché questo gli impedisce di passare dal discreto all'ottimo che avrebbe sicuramente meritato.
Ugualmente, altro difetto, è l'incapacità di Goro di costruire ed impostare la folta selva di personaggi tipica del padre: da questo punto di vista, TfE è piuttosto povero, anche come caratterizzazione. Ho tenuto questo punto per ultimo, a livello di critica, in quanto - non conoscendo la storia di partenza, non saprei dire se la cosa sia legata a vincoli imposti dalla trama originale, piuttosto che dall'incapacità dell'Autore.
A tale proposito, un'ultima chiosa. Rottura, si diceva più volte: anche a livello di personaggi. Il protagonista, Arren, ha un lato oscuro ed una maturazione che - in passato, Miyazaki padre non aveva permesso ai propri personaggi. Di solito, le sue creature maturano come consapevolezza di sé stessi, del proprio ruolo e della propria natura - in questo caso, invece, Arren deve imparare a confrontarsi con la propria metà oscura... non vorrei dire, ma non credo che Miyazaki padre si sia tirato indietro dalla regia solo perché occupato da Howl o per lasciare spazio al figlio. Probabilmente, questo personaggio non era - non sarebbe stato nelle sue corde narrative. Diversamente, i due maghi - come nella peggiore tradizione fantasy - non sfuggono al macchiettismo tipico del loro ruolo... così Komu è perfida che più perfida non si può, e Gen non sfugge mai all'immagine del vecchio e buon maestro Perboni... un limite molto grave, questo, dato che - per buona parte del film, sono loro a dover reggere lo sviluppo della storia. Cosa di cui, ahimé, non sono proprio capaci... con conseguente rallentamento e grave appiattimento.
In conclusione, TfE è comunque un gran bel film - almeno dal mio punto di vista, perfettamente godibile anche da un pubblico infantile. Nel perfetto stile Ghibli, il racconto è costruito a più livelli di fruizione narrativa, anche questo pregio notevolissimo. Sicuramente, se il buon Goro tornerà alla regia, farà bene a tesaurizzare quest'esperienza, sia nel bene che ha fatto, sia negli errori commessi...
L´augurio finale è che, nella migliore tradizione dei suoi predecessori, qualcuno si prenda la briga di tradurre e promuovere TfE anche nel nostro paese.
Ciao a tutti!
Matte
Ho visto il film al cinema a Kyoto. Premetto che non mi intendo assolutamente di animazione o altri aspetti tecnici e se un film mi colpisce ci riesce per la sua magia complessiva, com'è stato per tutti quelli dello studio Ghibli.
Penso non si possa non fare un paragone con gli altri capolavori e Gedo Senki ne esce purtroppo sconfitto. È ovvio che un film va giudicato per quello che è ma mi resta abbastanza difficile non fare accostamenti. Le ambientazioni e il character design sono meravigliosi ma è come se mancasse sempre quel fascino che riesce a catturarti per ogni singolo particolare o personaggio minore che appare sullo schermo. I draghi sono però realizzati in modo splendido, ineccepibile. Sulla trama mi sento di giudicare poco, un po' anche perché non ho capito alla perfezione tutto quanto. Però i punti un po' sospesi e campati in aria sembran non esser pochi. Molte delle motivazioni delle azioni dei personaggi sono oscure o spiegate semplicisticamente (confermato da amici giapponesi che penso abbian afferrato bene l'intera faccenda).
Concludo dicendo che è sicuramente da vedere e ripagherei il costo del carissimo biglietto (e anche del photobook) ma purtroppo devo dire che a causa delle mie (troppo) grandi aspettative son rimasto forse un po' deluso. Non ci sono comunque punti veramente negativi, anzi! Soprattutto il doppiaggio è (come quasi sempre in Giappone) stupefacente, uno dei punti di forza.
Non vedo l'ora esca in Italia.
Penso non si possa non fare un paragone con gli altri capolavori e Gedo Senki ne esce purtroppo sconfitto. È ovvio che un film va giudicato per quello che è ma mi resta abbastanza difficile non fare accostamenti. Le ambientazioni e il character design sono meravigliosi ma è come se mancasse sempre quel fascino che riesce a catturarti per ogni singolo particolare o personaggio minore che appare sullo schermo. I draghi sono però realizzati in modo splendido, ineccepibile. Sulla trama mi sento di giudicare poco, un po' anche perché non ho capito alla perfezione tutto quanto. Però i punti un po' sospesi e campati in aria sembran non esser pochi. Molte delle motivazioni delle azioni dei personaggi sono oscure o spiegate semplicisticamente (confermato da amici giapponesi che penso abbian afferrato bene l'intera faccenda).
Concludo dicendo che è sicuramente da vedere e ripagherei il costo del carissimo biglietto (e anche del photobook) ma purtroppo devo dire che a causa delle mie (troppo) grandi aspettative son rimasto forse un po' deluso. Non ci sono comunque punti veramente negativi, anzi! Soprattutto il doppiaggio è (come quasi sempre in Giappone) stupefacente, uno dei punti di forza.
Non vedo l'ora esca in Italia.