5 Samurai - OAV 3
"Yoroiden Samurai Troopers Message" sono degli OAV di chiusura della serie animata de "I cinque samurai", trasmessa in Italia in pochi canali regionali negli anni '90. OAV che sono stati rilasciati nel 1991, e dal mio punto di vista sono un finale deludente, e sottolineo non brutti ma deludenti. Gli OAV sono noiosi (troppi discorsi prolissi e noiosi) e deprimenti, da vecchio fan della serie mi sarei aspettato un finale più avvincente e ben diverso, con un combattimento epico contro un nuovo e ultimo nemico, e una vittoria dei samurai. Invece, gli OAV sono lenti, noiosi e pieni di flashback della serie, graficamente poi sono davvero poveri e semplici.
Nonostante la delusione hanno alcuni aspetti positivi. Il lato psicologico dei personaggi è ben sviluppato, e su questo gli OAV si concentrano principalmente, con una filosofia di pace e non di guerra che traspare dalla narrazione.
Concludendo, "Yoroiden Samurai Troopers Message" sono OAV con un aspetto filosofico positivo, ma è un finale noioso che mi ha deluso, avevo ben altre aspettative.
Nonostante la delusione hanno alcuni aspetti positivi. Il lato psicologico dei personaggi è ben sviluppato, e su questo gli OAV si concentrano principalmente, con una filosofia di pace e non di guerra che traspare dalla narrazione.
Concludendo, "Yoroiden Samurai Troopers Message" sono OAV con un aspetto filosofico positivo, ma è un finale noioso che mi ha deluso, avevo ben altre aspettative.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Concordo con le analisi venute prima della mia, quando queste asseriscono che raramente si è visto un prodotto così intenso e impegnativo, da meritarsi un voto alto come quello che gli ho affidato, sebbene fatto con animazioni da riciclo da episodi della serie TV e dagli OAV stessi per metà della durata di ogni singolo capitolo. Però, spinto dalla curiosità delle recensioni precedenti alla mia, ne ho preso visione, giusto l'altra sera, complice anche il Memorial Box della Yamato Video in tiratura limitata di cui sono entrato in possesso di recente. Reputavo "I cavalieri dello zodiaco" superiore come serie animata per longevità della serie, trama, battaglie e scontri, mitologia, epica, numero e diversificazione delle armature, lirismo del linguaggio e doppiaggio fatto con registro aulico/solenne, fino a prima che vedessi questi OAV. Personalmente ritengo che, per essere apprezzati appieno, vadano visti come ho fatto io, a distanza di venticinque/trent'anni dall'opera televisiva originale che tutti ricordiamo con nostalgia, questo per capirne il profondo significato. Questi cinque episodi del terzo OAV segnano un netto distacco dalla serie televisiva sotto ogni punto di vista: non c'è più azione ma riflessione, non c'è eroismo ma tristezza, c'è maturità e rassegnazione invece di spensieratezza, c'è abbandono invece della forza. Li trovo una perla inaspettata nel panorama dei "Samurai Troopers": degna conclusione una spanna sopra a tutta la serie televisiva. Son contento di averli visti, d'ora in poi mi porterò dietro un ricordo molto più profondo di questa serie rispetto a quando ero un ragazzino.
Non entro nel merito delle scelte fatte dagli autori e sceneggiatori in merito alle animazioni riciclate, che nel mio caso specifico trovo utili e funzionali a chi magari non ha tempo di vedersi tutti e trentanove gli episodi della serie TV canonica. Discutibile o no, la seconda parte di ogni OAV prende decisamente una piega triste e malinconica. Mi ero ripromesso di guardarne solo uno e poi abbandonare la visione, spinto da un'osservazione un po' superficiale: mi aspettavo scontri, lotte, nemici, nuove armature, ma quello che alla fine dei cinque capitoli ho capito di avere visto, per fortuna, era molto di più delle aspettative. Sebbene non ci sia nemmeno un combattimento, non l'ho trovato una pecca, anzi, meno combattimenti e più dialoghi e riflessioni per sottolineare il distacco sotto tutti i punti di vista, specialmente temporale, dagli OAV precedenti, e segnare la maturità dei protagonisti anche e soprattutto attraverso il tratto del disegno. Quello che ho trovato guardando tutti questi cinque episodi è, come da titolo dell'opera, un messaggio, un monito, non da poco. Questo cattivo femminile ambiguo che appare all'improvviso nel luogo dove anni prima si consumò la sua tragedia familiare forgia sul posto cinque armature, inondandole di odio, rancore e risentimento, e ribalta in poco tempo tutta la visione ottimistica sui personaggi idolatrati nella serie televisiva (uno su tutti, Kaosu/Ariel), porta via certezze una ad una, riesce ad attirare a sé e portare i cinque ragazzi esattamente allo stremo delle forze fisiche e psicologiche, strappandoli ben presto dalla vita di tutti i giorni, esattamente come accadde a lei secoli prima. Non si riesce a provare odio nei confronti di questo cattivo, a differenza dei vari Arago e compagnia bella che non erano altro se non l'incarnazione del male; stavolta il villain è molto ben caratterizzato psicologicamente, al pari se non di più dei cinque ragazzi protagonisti.
La sigla finale poi è veramente di uno struggente unico, a cominciare dalla scelta delle musiche, azzeccatissime: una ballata malinconica cantata da una dolcissima voce femminile; la scelta sapiente e inquietante di colori e la quasi totale assenza di animazione in favore di fotogrammi mi riportavano vagamente alla memoria quella bellissima sigla di "Lady Oscar" (l'originale, non quella apparsa in TV) per le emozioni che mi ha suscitato. Se guardata attentamente, la sigla di chiusura fa capire (se possibile ancora di più della narrazione attraverso l'animazione) il passato di questo "cattivo", dalla nascita in braccio ai genitori in un prato di un tipico giardino giapponese e via via verso la fanciullezza, poi l'adolescenza e la giovinezza fino a pochi istanti prima della catastrofe della guerra. Non l'ho mai saltata, perché non riuscivo, mi sembrava di mancare di rispetto, come saltare le pagine di un libro, ho sempre assistito alla visione integrale alla fine di ogni capitolo di questo terzo OAV.
Ogni samurai cui è dedicato un episodio viene adescato con maniere diverse: Toma/Kimo viene fatto rivestire dell'armatura con la forza dopo una prova di coraggio; Shin/Simo attraverso l'inganno sceglie spontaneamente e disperatamente di rivestire i panni dell'armatura ancora una volta, sperando che sia l'ultima, vittima di una allucinazione (negli OAV precedenti già in più occasioni si era stancato di combattere e si era ribellato al potere dell'armatura, rinunciandovi e abbandonandola per sempre in un lago); Xiu/Shido cerca il suicidio, una volta intuito il potere malvagio delle armature che sta ritornare, ma viene salvato a un metro da terra da questa sacerdotessa/spirito e rivestito dell'armatura, mentre cerca di capirne la provenienza e l'attitudine, attratto verso quello che sarà il loro ultimo teatro di battaglia; Seiji/Sami viene supplicato più volte di indossare l'armatura e alla fine cede, forse intuendo che gli amici han fatto la stessa fine, e forse per poterli rivedere un'ultima volta. Nella seconda parte di ogni OAV, quando la narrazione riassuntiva degli eventi lascia spazio ai nuovi eventi, un senso quasi di inquietudine e terrore pervade lo spettatore, quando appare Suzunagi, contornata dalle musiche di accompagnamento, perché i minuti a disposizione per l'episodio stanno per finire e si capisce che di lì a poco lo sfortunato martire di turno cadrà intrappolato per sempre nelle trame del cattivo, che poi tanto cattivo non è, perché alla fine la si vede piangere di fronte al suo operato quasi compiuto del tutto, quando manca ancora un samurai all'appello nella sua maledetta "collezione". Ryo, dopo aver ascoltato i messaggi dei suoi compagni in segreteria telefonica, dopo una notte quasi insonne accetta spontaneamente di recarsi sul posto dove tutto ebbe inizio, per porre fine a tutto. Ma non combattendo, bensì facendosi rivestire in maniera del tutto passiva e inerme, quasi addirittura accondiscendente, dell'armatura a lui dedicata, dopo aver visto i suoi compagni di dis(avventura) tramutati in spiriti intrappolati per sempre dalle nuove armature. Richiamando così un'ultima volta l'armatura dell'imperatore, il volere di Suzunagi si compie, almeno in apparenza.
Discorso a parte meritano le armature: disegnate benissimo, ancora più intriganti delle originali, ma maledettamente perverse. Se nella serie TV non si vedeva l'ora che i cinque samurai le indossassero, 'per fare il culo' ai cattivi di turno, qua alle armature viene dato poco spazio, solo gli ultimi tristissimi fotogrammi di ogni OAV e giusto un paio di minuti alla fine del quinto. E non si ha più voglia di vedere i samurai rivestiti di cotanta potenza, perché è proprio questa potenza la loro maledizione, la morte è la loro attitudine. Anzi, quando il samurai si riveste della sua armatura è un momento bruttissimo e tristissimo, da pugno nello stomaco, come se si andasse al patibolo ingiustamente condannati, sacrificandosi per una giusta causa. Momento al quale viene dedicata la fine di ogni OAV: lì si raggiunge il culmine del climax. Viene quasi voglia di dire: "No, non farlo, non indossarla, scappa finché sei in tempo!", ma ormai è troppo tardi. Lacrime scendono dai loro occhi una volta indossate le nuove armature, il loro destino di guerrieri borderline, al confine tra dei e demoni, è segnato da tempo, scritto sulle pagine di un copione teatrale di un'opera andata in scena secoli prima ad opera di un veggente/visionario.
Ed è proprio questo che secondo me è message: un'opera teatrale inscenata magistralmente e da visionare almeno una volta, perché merita, sebbene presentata e proposta sotto forma di animazione. Un'opera quindi da non sottovalutare, che va a riscrivere una pagina già di per sé triste di storia dei samurai nipponici, ed entra di diritto nella top ten delle migliori opere di animazione giapponesi per profondità di valori e messaggio trasmesso. Tutto questo secondo la mia modesta opinione, ci tengo a precisarlo.
Avendo già 'spoilerato' tanto sulla trama, non voglio andare oltre e parlare del finale, soprattutto nei riguardi di chi non l'ha ancora visto, ma mi sento di consigliarne e apprezzarne la visione a distanza di trent'anni dall'opera canonica, perché la ritengo una degna conclusione quasi "monumentale" di una saga storica. Per chi ha voglia di emozioni forti, è un po' come vedere il film "A 30 secondi dalla fine" dell' '85, interpretato magistralmente da Jon Voight ed Eric Roberts, dove l'azione frenetica seppur presente (rappresentata da un treno in corsa fuori controllo che semina ovunque disastri a ripetizione) riesce a cedere il passo all'introspezione psicologica dei personaggi, e alla fine si comprende che anche il più cattivo dei cattivi, paragonato da tutta la società a una bestia senza pietà, in fondo non lo è, anzi. A volte son più cattivi i buoni.
Da guardare se si è a caccia di emozioni forti che possono scombussolare, in periodi della vita in cui va tutto bene. Se lo guardate in momenti tristi, magari non è il massimo della vita, consiglio la visione se è un periodo in cui vi va tutto bene, in modo da prenderlo come una iniezione temporanea, uno scossone. Contento e felice di possedere questo piccolo gioiello nella mia modesta collezione di anime.
Concordo con le analisi venute prima della mia, quando queste asseriscono che raramente si è visto un prodotto così intenso e impegnativo, da meritarsi un voto alto come quello che gli ho affidato, sebbene fatto con animazioni da riciclo da episodi della serie TV e dagli OAV stessi per metà della durata di ogni singolo capitolo. Però, spinto dalla curiosità delle recensioni precedenti alla mia, ne ho preso visione, giusto l'altra sera, complice anche il Memorial Box della Yamato Video in tiratura limitata di cui sono entrato in possesso di recente. Reputavo "I cavalieri dello zodiaco" superiore come serie animata per longevità della serie, trama, battaglie e scontri, mitologia, epica, numero e diversificazione delle armature, lirismo del linguaggio e doppiaggio fatto con registro aulico/solenne, fino a prima che vedessi questi OAV. Personalmente ritengo che, per essere apprezzati appieno, vadano visti come ho fatto io, a distanza di venticinque/trent'anni dall'opera televisiva originale che tutti ricordiamo con nostalgia, questo per capirne il profondo significato. Questi cinque episodi del terzo OAV segnano un netto distacco dalla serie televisiva sotto ogni punto di vista: non c'è più azione ma riflessione, non c'è eroismo ma tristezza, c'è maturità e rassegnazione invece di spensieratezza, c'è abbandono invece della forza. Li trovo una perla inaspettata nel panorama dei "Samurai Troopers": degna conclusione una spanna sopra a tutta la serie televisiva. Son contento di averli visti, d'ora in poi mi porterò dietro un ricordo molto più profondo di questa serie rispetto a quando ero un ragazzino.
Non entro nel merito delle scelte fatte dagli autori e sceneggiatori in merito alle animazioni riciclate, che nel mio caso specifico trovo utili e funzionali a chi magari non ha tempo di vedersi tutti e trentanove gli episodi della serie TV canonica. Discutibile o no, la seconda parte di ogni OAV prende decisamente una piega triste e malinconica. Mi ero ripromesso di guardarne solo uno e poi abbandonare la visione, spinto da un'osservazione un po' superficiale: mi aspettavo scontri, lotte, nemici, nuove armature, ma quello che alla fine dei cinque capitoli ho capito di avere visto, per fortuna, era molto di più delle aspettative. Sebbene non ci sia nemmeno un combattimento, non l'ho trovato una pecca, anzi, meno combattimenti e più dialoghi e riflessioni per sottolineare il distacco sotto tutti i punti di vista, specialmente temporale, dagli OAV precedenti, e segnare la maturità dei protagonisti anche e soprattutto attraverso il tratto del disegno. Quello che ho trovato guardando tutti questi cinque episodi è, come da titolo dell'opera, un messaggio, un monito, non da poco. Questo cattivo femminile ambiguo che appare all'improvviso nel luogo dove anni prima si consumò la sua tragedia familiare forgia sul posto cinque armature, inondandole di odio, rancore e risentimento, e ribalta in poco tempo tutta la visione ottimistica sui personaggi idolatrati nella serie televisiva (uno su tutti, Kaosu/Ariel), porta via certezze una ad una, riesce ad attirare a sé e portare i cinque ragazzi esattamente allo stremo delle forze fisiche e psicologiche, strappandoli ben presto dalla vita di tutti i giorni, esattamente come accadde a lei secoli prima. Non si riesce a provare odio nei confronti di questo cattivo, a differenza dei vari Arago e compagnia bella che non erano altro se non l'incarnazione del male; stavolta il villain è molto ben caratterizzato psicologicamente, al pari se non di più dei cinque ragazzi protagonisti.
La sigla finale poi è veramente di uno struggente unico, a cominciare dalla scelta delle musiche, azzeccatissime: una ballata malinconica cantata da una dolcissima voce femminile; la scelta sapiente e inquietante di colori e la quasi totale assenza di animazione in favore di fotogrammi mi riportavano vagamente alla memoria quella bellissima sigla di "Lady Oscar" (l'originale, non quella apparsa in TV) per le emozioni che mi ha suscitato. Se guardata attentamente, la sigla di chiusura fa capire (se possibile ancora di più della narrazione attraverso l'animazione) il passato di questo "cattivo", dalla nascita in braccio ai genitori in un prato di un tipico giardino giapponese e via via verso la fanciullezza, poi l'adolescenza e la giovinezza fino a pochi istanti prima della catastrofe della guerra. Non l'ho mai saltata, perché non riuscivo, mi sembrava di mancare di rispetto, come saltare le pagine di un libro, ho sempre assistito alla visione integrale alla fine di ogni capitolo di questo terzo OAV.
Ogni samurai cui è dedicato un episodio viene adescato con maniere diverse: Toma/Kimo viene fatto rivestire dell'armatura con la forza dopo una prova di coraggio; Shin/Simo attraverso l'inganno sceglie spontaneamente e disperatamente di rivestire i panni dell'armatura ancora una volta, sperando che sia l'ultima, vittima di una allucinazione (negli OAV precedenti già in più occasioni si era stancato di combattere e si era ribellato al potere dell'armatura, rinunciandovi e abbandonandola per sempre in un lago); Xiu/Shido cerca il suicidio, una volta intuito il potere malvagio delle armature che sta ritornare, ma viene salvato a un metro da terra da questa sacerdotessa/spirito e rivestito dell'armatura, mentre cerca di capirne la provenienza e l'attitudine, attratto verso quello che sarà il loro ultimo teatro di battaglia; Seiji/Sami viene supplicato più volte di indossare l'armatura e alla fine cede, forse intuendo che gli amici han fatto la stessa fine, e forse per poterli rivedere un'ultima volta. Nella seconda parte di ogni OAV, quando la narrazione riassuntiva degli eventi lascia spazio ai nuovi eventi, un senso quasi di inquietudine e terrore pervade lo spettatore, quando appare Suzunagi, contornata dalle musiche di accompagnamento, perché i minuti a disposizione per l'episodio stanno per finire e si capisce che di lì a poco lo sfortunato martire di turno cadrà intrappolato per sempre nelle trame del cattivo, che poi tanto cattivo non è, perché alla fine la si vede piangere di fronte al suo operato quasi compiuto del tutto, quando manca ancora un samurai all'appello nella sua maledetta "collezione". Ryo, dopo aver ascoltato i messaggi dei suoi compagni in segreteria telefonica, dopo una notte quasi insonne accetta spontaneamente di recarsi sul posto dove tutto ebbe inizio, per porre fine a tutto. Ma non combattendo, bensì facendosi rivestire in maniera del tutto passiva e inerme, quasi addirittura accondiscendente, dell'armatura a lui dedicata, dopo aver visto i suoi compagni di dis(avventura) tramutati in spiriti intrappolati per sempre dalle nuove armature. Richiamando così un'ultima volta l'armatura dell'imperatore, il volere di Suzunagi si compie, almeno in apparenza.
Discorso a parte meritano le armature: disegnate benissimo, ancora più intriganti delle originali, ma maledettamente perverse. Se nella serie TV non si vedeva l'ora che i cinque samurai le indossassero, 'per fare il culo' ai cattivi di turno, qua alle armature viene dato poco spazio, solo gli ultimi tristissimi fotogrammi di ogni OAV e giusto un paio di minuti alla fine del quinto. E non si ha più voglia di vedere i samurai rivestiti di cotanta potenza, perché è proprio questa potenza la loro maledizione, la morte è la loro attitudine. Anzi, quando il samurai si riveste della sua armatura è un momento bruttissimo e tristissimo, da pugno nello stomaco, come se si andasse al patibolo ingiustamente condannati, sacrificandosi per una giusta causa. Momento al quale viene dedicata la fine di ogni OAV: lì si raggiunge il culmine del climax. Viene quasi voglia di dire: "No, non farlo, non indossarla, scappa finché sei in tempo!", ma ormai è troppo tardi. Lacrime scendono dai loro occhi una volta indossate le nuove armature, il loro destino di guerrieri borderline, al confine tra dei e demoni, è segnato da tempo, scritto sulle pagine di un copione teatrale di un'opera andata in scena secoli prima ad opera di un veggente/visionario.
Ed è proprio questo che secondo me è message: un'opera teatrale inscenata magistralmente e da visionare almeno una volta, perché merita, sebbene presentata e proposta sotto forma di animazione. Un'opera quindi da non sottovalutare, che va a riscrivere una pagina già di per sé triste di storia dei samurai nipponici, ed entra di diritto nella top ten delle migliori opere di animazione giapponesi per profondità di valori e messaggio trasmesso. Tutto questo secondo la mia modesta opinione, ci tengo a precisarlo.
Avendo già 'spoilerato' tanto sulla trama, non voglio andare oltre e parlare del finale, soprattutto nei riguardi di chi non l'ha ancora visto, ma mi sento di consigliarne e apprezzarne la visione a distanza di trent'anni dall'opera canonica, perché la ritengo una degna conclusione quasi "monumentale" di una saga storica. Per chi ha voglia di emozioni forti, è un po' come vedere il film "A 30 secondi dalla fine" dell' '85, interpretato magistralmente da Jon Voight ed Eric Roberts, dove l'azione frenetica seppur presente (rappresentata da un treno in corsa fuori controllo che semina ovunque disastri a ripetizione) riesce a cedere il passo all'introspezione psicologica dei personaggi, e alla fine si comprende che anche il più cattivo dei cattivi, paragonato da tutta la società a una bestia senza pietà, in fondo non lo è, anzi. A volte son più cattivi i buoni.
Da guardare se si è a caccia di emozioni forti che possono scombussolare, in periodi della vita in cui va tutto bene. Se lo guardate in momenti tristi, magari non è il massimo della vita, consiglio la visione se è un periodo in cui vi va tutto bene, in modo da prenderlo come una iniezione temporanea, uno scossone. Contento e felice di possedere questo piccolo gioiello nella mia modesta collezione di anime.
Il terzo OAV costituisce la conclusione della serie iniziata con il secondo e, al tempo stesso, segna la fine della saga dei samurai. Una serie spiazzante come non mai, che può valere dieci come uno, a seconda dei punti di vista.
Ma andiamo con ordine. Alcuni anni sono passati dall'OAV precedente, come si evince dal fatto che sono tutti più alti e maturi. Tutti han cercato di vivere una vita normale, ma la maledizione delle armature, ormai distrutte alla fine dell'OAV precedente, continua a perseguitarli. Una misteriosa sacerdotessa, vissuta in quel fatidico sbarco del commodoro Perry che segnò la fine dei Tokugawa e che ha vissuto fuori dal tempo, ora si materializza. Il suo compito è ricostruire le armature, specialmente quella dell'imperatore, così da poter distruggere il mondo, verso cui prova un rancore infinito a causa delle colpe dell'umanità. In ognuno dei cinque episodi affronta uno dei nostri e, alla fine, ognuno perde la voglia di combattere e si unisce alla sua nuova armatura, per realizzare il progetto.
Detto così sembra semplice, ma gli autori sono stati geniali nel rendere il tutto confuso e incomprensibile come non mai. Ma il peggio è dato dal ribaltamento pacifista. Ora tutti sono convinti che lottare sia sbagliato, sempre e comunque, che la lotta contro Arago non abbia dato nulla a loro, che ogni militare sarà sempre schiavo della guerra. L'illogicità vista nella serie, secondo cui le armature sono pericolose perché vogliono trascinare chi le usa nel lato oscuro, e che non siano state usate solo contro Arago, ma anche per i conflitti tra uomini, ora raggiunge il suo culmine: le corazze sono solo malvagie e devono restare distrutte. D'accordo che il maestro Yoda insegna che "La guerra non ha mai reso nessuno grande, nessuno" e che "Uno Jedi usa la forza per conoscenza e per difesa, mai per attaccare", ma qui si stanno trasformando i cinque amici senza macchia in cinque colpevoli guerrafondai, che non erano nemmeno amici. Già all'inizio Torrente, in una meditazione ultra-pessimista, va a dire che in fondo non erano amici all'inizio, e forse non lo sono ancora diventati. E il disinteresse per cui il mondo va salvato perché è giusto farlo? No, ora sono tristi perché non hanno guadagnato nulla, la lotta ha dato loro solo dolore.
E in questo masochismo viene buttato via anche il cuore di una serie combattimento shonen, ovvero... il combattimento. Qui gli scontri saranno solo verbali, mentali, le meditazioni interminabili e le immagini mostreranno spesso e volentieri la serie classica. Apoteosi sarà la scena in cui Vampa riceve l'addio dei suoi amici: per quattro minuti vedremo semplicemente lui seduto per terra ad ascoltare il telefono... se questo non è un anticipo di "The End of Evangelion", non so quale OAV lo sia, considerando anche i discorsi interminabili e filosofici. In più le immagini del commodoro Perry sembrano dire le stesse cose che diceva Nadia quando si trovava sulla corazzata all'inizio della serie, ovvero che una nave da guerra non è bella, non è una conquista tecnologica, perché serve solo ad ammazzare. Ovvero la tecnologia è un pericolo, perché l'uomo riesce sempre a servirsene male prima che bene. Ma, dato che ancora non basta, abbiamo la figura di Ariel buttata alle ortiche. Ora lui è il guerrafondaio per eccellenza, l'ingannatore dei samurai, colui che, invece di rispettare i sacrifici dei tanti che si sono sacrificati per distruggere le armature, si dà da fare per riportarle alla luce e ingannare i cinque dal cuore puro. Impressionante la scena in cui entra in un tempio per recuperarne una, indifferente agli aerei americani che bombardano il Giappone.
Ma nell'OAV vi sono anche molti elementi positivi. In primo luogo, i discorsi filosofici lunghi e pesanti, ma anche affascinanti e veritieri, perfetto capolavoro di dizione, per cui dieci e lode ai nostri doppiatori italici. Poi, la splendida sigla sia musicalmente che come immagini descriventi la vita serena della sacerdotessa prima della tragedia.
In una parola, sta allo spettatore decidere se siamo in presenza di un'opera profonda, perché non è scontato ammettere come la tecnologia sia pericolosa, che il cuore dell'uomo desidera la distruzione e la violenza, che il mondo non cambierà se prima non cambia il cuore dell'uomo. O che l'umanità non sia solo negativa, ma abbia anche l'amore in sé. Tutti temi anticipatori di "Neon Genesis Evangelion". Per non parlare del delicato punto di vista femminile con cui la sacerdotessa sa parlare dei suoi sentimenti. Oppure, se siamo in presenza di un'opera fuori luogo, scarsa in grafica e immagini, un banale "mettete dei fiori nei vostri cannoni". Anche il fatto che quest'opera abbia salvato i cinque samurai o abbia buttato tutto nel tritacarne non può non esser deciso dallo spettatore. Come voto potrei dare otto per la vena filosofica o due per il pacifismo irritante alla Tolstoj, per cui anche dare un pugno a un violentatore è sbagliato perché è violenza.
Alla fine, un sei di compromesso e una medaglia d'oro a chi ha avuto la forza di seguire i samurai fino all'ultimo minuto.
Ma andiamo con ordine. Alcuni anni sono passati dall'OAV precedente, come si evince dal fatto che sono tutti più alti e maturi. Tutti han cercato di vivere una vita normale, ma la maledizione delle armature, ormai distrutte alla fine dell'OAV precedente, continua a perseguitarli. Una misteriosa sacerdotessa, vissuta in quel fatidico sbarco del commodoro Perry che segnò la fine dei Tokugawa e che ha vissuto fuori dal tempo, ora si materializza. Il suo compito è ricostruire le armature, specialmente quella dell'imperatore, così da poter distruggere il mondo, verso cui prova un rancore infinito a causa delle colpe dell'umanità. In ognuno dei cinque episodi affronta uno dei nostri e, alla fine, ognuno perde la voglia di combattere e si unisce alla sua nuova armatura, per realizzare il progetto.
Detto così sembra semplice, ma gli autori sono stati geniali nel rendere il tutto confuso e incomprensibile come non mai. Ma il peggio è dato dal ribaltamento pacifista. Ora tutti sono convinti che lottare sia sbagliato, sempre e comunque, che la lotta contro Arago non abbia dato nulla a loro, che ogni militare sarà sempre schiavo della guerra. L'illogicità vista nella serie, secondo cui le armature sono pericolose perché vogliono trascinare chi le usa nel lato oscuro, e che non siano state usate solo contro Arago, ma anche per i conflitti tra uomini, ora raggiunge il suo culmine: le corazze sono solo malvagie e devono restare distrutte. D'accordo che il maestro Yoda insegna che "La guerra non ha mai reso nessuno grande, nessuno" e che "Uno Jedi usa la forza per conoscenza e per difesa, mai per attaccare", ma qui si stanno trasformando i cinque amici senza macchia in cinque colpevoli guerrafondai, che non erano nemmeno amici. Già all'inizio Torrente, in una meditazione ultra-pessimista, va a dire che in fondo non erano amici all'inizio, e forse non lo sono ancora diventati. E il disinteresse per cui il mondo va salvato perché è giusto farlo? No, ora sono tristi perché non hanno guadagnato nulla, la lotta ha dato loro solo dolore.
E in questo masochismo viene buttato via anche il cuore di una serie combattimento shonen, ovvero... il combattimento. Qui gli scontri saranno solo verbali, mentali, le meditazioni interminabili e le immagini mostreranno spesso e volentieri la serie classica. Apoteosi sarà la scena in cui Vampa riceve l'addio dei suoi amici: per quattro minuti vedremo semplicemente lui seduto per terra ad ascoltare il telefono... se questo non è un anticipo di "The End of Evangelion", non so quale OAV lo sia, considerando anche i discorsi interminabili e filosofici. In più le immagini del commodoro Perry sembrano dire le stesse cose che diceva Nadia quando si trovava sulla corazzata all'inizio della serie, ovvero che una nave da guerra non è bella, non è una conquista tecnologica, perché serve solo ad ammazzare. Ovvero la tecnologia è un pericolo, perché l'uomo riesce sempre a servirsene male prima che bene. Ma, dato che ancora non basta, abbiamo la figura di Ariel buttata alle ortiche. Ora lui è il guerrafondaio per eccellenza, l'ingannatore dei samurai, colui che, invece di rispettare i sacrifici dei tanti che si sono sacrificati per distruggere le armature, si dà da fare per riportarle alla luce e ingannare i cinque dal cuore puro. Impressionante la scena in cui entra in un tempio per recuperarne una, indifferente agli aerei americani che bombardano il Giappone.
Ma nell'OAV vi sono anche molti elementi positivi. In primo luogo, i discorsi filosofici lunghi e pesanti, ma anche affascinanti e veritieri, perfetto capolavoro di dizione, per cui dieci e lode ai nostri doppiatori italici. Poi, la splendida sigla sia musicalmente che come immagini descriventi la vita serena della sacerdotessa prima della tragedia.
In una parola, sta allo spettatore decidere se siamo in presenza di un'opera profonda, perché non è scontato ammettere come la tecnologia sia pericolosa, che il cuore dell'uomo desidera la distruzione e la violenza, che il mondo non cambierà se prima non cambia il cuore dell'uomo. O che l'umanità non sia solo negativa, ma abbia anche l'amore in sé. Tutti temi anticipatori di "Neon Genesis Evangelion". Per non parlare del delicato punto di vista femminile con cui la sacerdotessa sa parlare dei suoi sentimenti. Oppure, se siamo in presenza di un'opera fuori luogo, scarsa in grafica e immagini, un banale "mettete dei fiori nei vostri cannoni". Anche il fatto che quest'opera abbia salvato i cinque samurai o abbia buttato tutto nel tritacarne non può non esser deciso dallo spettatore. Come voto potrei dare otto per la vena filosofica o due per il pacifismo irritante alla Tolstoj, per cui anche dare un pugno a un violentatore è sbagliato perché è violenza.
Alla fine, un sei di compromesso e una medaglia d'oro a chi ha avuto la forza di seguire i samurai fino all'ultimo minuto.
Questo è l'ultimo OAV (per fortuna) su "I 5 Samurai".
Se si riesce ad arrivare fino alla fine dell'ultima puntata, il che è un traguardo difficile ma non impossibile da raggiungere, si rimane perplessi perché tutto lo schifo sorbito nelle cinque puntate non porta praticamente da nessuna parte. Inoltre gli episodi sono super imbottiti di vecchie immagini.
Tra un discorsone e un altro, se si riescono a tenere gli occhi aperti, possiamo intravedere una nuova versione delle armature, che possono piacere o meno. A me non sono piaciute per niente, ma proprio niente, non ci trovo niente di migliore rispetto alle vecchie, anzi le trovo piuttosto brutte, gli elmi mi ricordano molto i pesci.
Ci sarà un po' di azione vi starete chiedendo, qualche bel combattimento... Perché "I 5 Samurai" sono una serie di azione. Ricordo che nella serie TV c'erano un sacco di combattimenti, scontri di ogni tipo, nemici e tante cose belle e brutte, invece qua niente di niente.
Terminando, alla fine di questo schifo totale, se non abbiamo dormito e abbiamo provato a seguire (con grande difficoltà lo so) i discorsi, le prime cose che ci vengono in mente sono l'amicizia, la pace nel mondo e altri concetti del genere, che però nella loro banalità - dato che tutti gli anime di questo genere trattano di queste cose - erano già stati ampiamente visti e rivisti nella serie TV, nella quale però l'azione ci ha tenuti svegli così da poterli percepire. Non sprecate il vostro tempo guardando questo OAV, se avete visto il secondo fermatevi lì, non ve ne pentirete.
Se si riesce ad arrivare fino alla fine dell'ultima puntata, il che è un traguardo difficile ma non impossibile da raggiungere, si rimane perplessi perché tutto lo schifo sorbito nelle cinque puntate non porta praticamente da nessuna parte. Inoltre gli episodi sono super imbottiti di vecchie immagini.
Tra un discorsone e un altro, se si riescono a tenere gli occhi aperti, possiamo intravedere una nuova versione delle armature, che possono piacere o meno. A me non sono piaciute per niente, ma proprio niente, non ci trovo niente di migliore rispetto alle vecchie, anzi le trovo piuttosto brutte, gli elmi mi ricordano molto i pesci.
Ci sarà un po' di azione vi starete chiedendo, qualche bel combattimento... Perché "I 5 Samurai" sono una serie di azione. Ricordo che nella serie TV c'erano un sacco di combattimenti, scontri di ogni tipo, nemici e tante cose belle e brutte, invece qua niente di niente.
Terminando, alla fine di questo schifo totale, se non abbiamo dormito e abbiamo provato a seguire (con grande difficoltà lo so) i discorsi, le prime cose che ci vengono in mente sono l'amicizia, la pace nel mondo e altri concetti del genere, che però nella loro banalità - dato che tutti gli anime di questo genere trattano di queste cose - erano già stati ampiamente visti e rivisti nella serie TV, nella quale però l'azione ci ha tenuti svegli così da poterli percepire. Non sprecate il vostro tempo guardando questo OAV, se avete visto il secondo fermatevi lì, non ve ne pentirete.
Prima di cominciare, una virtuale, ma sincera pacca sulla spalla a chi come me, ha avuto la forza di arrivare fino a qui, a guardare l’ultima serie OAV di "Samurai Troopers": è stata una fatica, ma finalmente “è finito”.
Il terzo e ultimo OAV che chiude le avventure dei "Samurai Troopers" si chiama “Message” ed è una miniserie in cinque episodi.
Non esagero nel dire che per me è stato un vero impegno. Se per il secondo OAV avevo scritto che era la parte migliore della storia, di questo posso dire che è senza dubbio la peggiore, al punto da farmi pentire di averlo guardato e rimpiangere il tempo ormai perduto per sempre.
L’anime inizia con Toma che si chiede “Perché? Non ci dovevano essere più battaglie, perché dobbiamo tornare a combattere?”. Dopo pochi minuti, io mi facevo le stesse domande, annoiato dalla visione dell’episodio.
Partiamo dalla trama della miniserie. Dopo la battaglia tra l’Imperatore Splendente bianco e quello nero, le armature sono andate in pezzi, e dunque i ragazzi non possono più trasformarsi in Samurai.
Loro stessi si sono separati e persi di vista. Finché non compare una ragazza, tale Suzunagi, una sorta di sacerdotessa, che dice di provare rancore verso gli Uomini. A tale scopo ha creato cinque nuove armature per permettere l’evocazione dell’Imperatore Splendente affinché porti la distruzione sulla Terra.
In qualche modo riesce ad attirare a sé, uno alla volta, tutti i cinque ragazzi e fare indossare a ognuno le armature, ma loro sono stanchi delle battaglie, e avendo compreso la natura delle armature e degli Uomini vogliono impedire che la storia delle armature si ripeta come avvenuto in passato, prima che giungessero a loro.
Questa trama è semplice, molto, ma è raccontata in un modo molto confuso e distorto, di difficile comprensione, almeno così è stato per me. Comunque non ci sono battaglie, ma al contrario tante parole e discorsi più o meno profondi, davvero lunghi che appesantiscono la visione.
Gli episodi sono cinque, come cinque sono i Samurai, e come detto Suzunagi li contatta uno per volta, dunque ogni episodio è incentrato su un personaggio in particolare.
Quindi il personaggio di turno si mette a riflettere su tante cose, come il bene e il male, la natura degli uomini, quella delle armature, il loro destino, i loro sentimenti, le battaglie affrontate, le convinzioni, i loro ideali. Per tutto l’episodio. Venti minuti di monologo. Non è esattamente avvincente.
Passiamo alla realizzazione tecnica. Quest’OAV dà l’idea di essere fatto al risparmio. D’altronde se i personaggi parlano per venti minuti, non con qualcuno, ma nella loro mente, cosa vuoi far vedere? Un’immagine fissa? Campi fioriti, come una sorta di screensaver?
Nei venti minuti di monologo ci vengono invece mostrati spezzoni della prima serie anime e del secondo OAV, anche non inerenti al discorso che si sente in sottofondo. Vediamo immagini della battaglia contro i quattro generali di Arago, Arago stesso, e nel frattempo il personaggio parla di tutt’altro. Tre quarti dell’episodio sono così, per il resto ci sono le poche scene inedite riguardanti Suzunagi e il protagonista di turno: un riciclo inaudito.
Che dire della parte audio?
Colonna sonora: non pervenuta. Qualcosa c’era ma durava davvero poco, perché, come detto, l’importante è ascoltare i lunghi discorsi dei personaggi. L’unica cosa degna di nota è la sigla finale “Tsukamaete Ite” dalla melodia molto triste, ma davvero bella, che mi è piaciuta dal primo ascolto.
Il doppiaggio invece, almeno quello era buono. I doppiatori sono riusciti a rendere abbastanza bene i vari dubbi e incertezze nei toni di voce, e riescono a tenere bene per tutta la lunghezza dell’episodio, al punto che la voce era l’unica cosa a cui riuscivo a prestare attenzione, tanto le immagini le avevo già viste.
Dunque, per concludere, dico che non ho capito a che scopo sia stato creato quest’OAV. Lo reputo scadente sotto tutti i punti di vista, per la costruzione della trama, per il finale che risolve tutto in una nuvola di fumo, per l’eccessivo riciclo di praticamente tutta la serie anime, che seppur tagliuzzata viene quasi riproposta interamente, e non ultima, per la noia che mi ha provocato.
E’ un anime che non consiglierei a nessuno, nemmeno ai fan di "Samurai Troopers". Specialmente se siete arrivati al secondo OAV, fermatevi lì, e tenetevi il ricordo.
Il terzo e ultimo OAV che chiude le avventure dei "Samurai Troopers" si chiama “Message” ed è una miniserie in cinque episodi.
Non esagero nel dire che per me è stato un vero impegno. Se per il secondo OAV avevo scritto che era la parte migliore della storia, di questo posso dire che è senza dubbio la peggiore, al punto da farmi pentire di averlo guardato e rimpiangere il tempo ormai perduto per sempre.
L’anime inizia con Toma che si chiede “Perché? Non ci dovevano essere più battaglie, perché dobbiamo tornare a combattere?”. Dopo pochi minuti, io mi facevo le stesse domande, annoiato dalla visione dell’episodio.
Partiamo dalla trama della miniserie. Dopo la battaglia tra l’Imperatore Splendente bianco e quello nero, le armature sono andate in pezzi, e dunque i ragazzi non possono più trasformarsi in Samurai.
Loro stessi si sono separati e persi di vista. Finché non compare una ragazza, tale Suzunagi, una sorta di sacerdotessa, che dice di provare rancore verso gli Uomini. A tale scopo ha creato cinque nuove armature per permettere l’evocazione dell’Imperatore Splendente affinché porti la distruzione sulla Terra.
In qualche modo riesce ad attirare a sé, uno alla volta, tutti i cinque ragazzi e fare indossare a ognuno le armature, ma loro sono stanchi delle battaglie, e avendo compreso la natura delle armature e degli Uomini vogliono impedire che la storia delle armature si ripeta come avvenuto in passato, prima che giungessero a loro.
Questa trama è semplice, molto, ma è raccontata in un modo molto confuso e distorto, di difficile comprensione, almeno così è stato per me. Comunque non ci sono battaglie, ma al contrario tante parole e discorsi più o meno profondi, davvero lunghi che appesantiscono la visione.
Gli episodi sono cinque, come cinque sono i Samurai, e come detto Suzunagi li contatta uno per volta, dunque ogni episodio è incentrato su un personaggio in particolare.
Quindi il personaggio di turno si mette a riflettere su tante cose, come il bene e il male, la natura degli uomini, quella delle armature, il loro destino, i loro sentimenti, le battaglie affrontate, le convinzioni, i loro ideali. Per tutto l’episodio. Venti minuti di monologo. Non è esattamente avvincente.
Passiamo alla realizzazione tecnica. Quest’OAV dà l’idea di essere fatto al risparmio. D’altronde se i personaggi parlano per venti minuti, non con qualcuno, ma nella loro mente, cosa vuoi far vedere? Un’immagine fissa? Campi fioriti, come una sorta di screensaver?
Nei venti minuti di monologo ci vengono invece mostrati spezzoni della prima serie anime e del secondo OAV, anche non inerenti al discorso che si sente in sottofondo. Vediamo immagini della battaglia contro i quattro generali di Arago, Arago stesso, e nel frattempo il personaggio parla di tutt’altro. Tre quarti dell’episodio sono così, per il resto ci sono le poche scene inedite riguardanti Suzunagi e il protagonista di turno: un riciclo inaudito.
Che dire della parte audio?
Colonna sonora: non pervenuta. Qualcosa c’era ma durava davvero poco, perché, come detto, l’importante è ascoltare i lunghi discorsi dei personaggi. L’unica cosa degna di nota è la sigla finale “Tsukamaete Ite” dalla melodia molto triste, ma davvero bella, che mi è piaciuta dal primo ascolto.
Il doppiaggio invece, almeno quello era buono. I doppiatori sono riusciti a rendere abbastanza bene i vari dubbi e incertezze nei toni di voce, e riescono a tenere bene per tutta la lunghezza dell’episodio, al punto che la voce era l’unica cosa a cui riuscivo a prestare attenzione, tanto le immagini le avevo già viste.
Dunque, per concludere, dico che non ho capito a che scopo sia stato creato quest’OAV. Lo reputo scadente sotto tutti i punti di vista, per la costruzione della trama, per il finale che risolve tutto in una nuvola di fumo, per l’eccessivo riciclo di praticamente tutta la serie anime, che seppur tagliuzzata viene quasi riproposta interamente, e non ultima, per la noia che mi ha provocato.
E’ un anime che non consiglierei a nessuno, nemmeno ai fan di "Samurai Troopers". Specialmente se siete arrivati al secondo OAV, fermatevi lì, e tenetevi il ricordo.
Che fatica seguire questo OAV! Quando qualcuno guarda un anime desidera rilassarsi, mica fare riflessioni filosofiche degne di Platone!
Questo OAV è altamente intellettualoide, ma poiché dovrebbe essere l'OAV di uno shounen in cui prevale il combattimento, devo giudicarlo un pessimo esempio del suo genere.
Cominciamo dalla trama: i Cinque Samurai, dopo le loro mille avventure, scoprono che in realtà l'esito del loro scontro con Arago era già stato "deciso" e scritto nel copione di un'opera teatrale risalente all'epoca medievale giapponese. Questo mette in crisi i nostri eroi, che pensano di aver combattuto per nulla poiché l'esito delle loro battaglie "era già stato deciso".
In ogni episodio, uno dei cinque samurai si perde in lunghissime e noiosissime riflessioni filosofiche. Ogni riflessione utilizza tra l'altro un linguaggio molto forbito (anche se ancora comprensibile anche per chi non è un asso nella nostra lingua) e frasi lunghissime e piene di metafore, rendendo abbastanza faticoso il seguire i loro concetti.
Il primo episodio di questo OAV probabilmente è l'unico degno di nota: Kimo (o meglio, Toma, ma io preferisco chiamarlo come l'ho sempre chiamato da piccolo) è il primo ad incontrare un nuovo nemico, un nemico che sembra legato alla religione cristiana, in quanto si adorna di crocefissi e abiti occidentali. Durante questo episodio, Kimo ci parla abbastanza dettagliatamente di sé stesso e degli altri samurai. Ci racconta delle paure e dei dubbi che ha dovuto affrontare assieme ai propri compagni durante la lotta con Arago. E ci spiega come, con il tempo, queste sue paure si siano affievolite, e come abbia imparato a combattere unito ai suoi compagni.
Quella di approfondire i pensieri dei cinque samurai nelle prime 39 puntate è stata una buona idea, dato che nei 39 episodi della serie assistiamo a semplici combattimenti e frasi eroiche piuttosto banali.
Purtroppo, come ho già detto, le riflessioni filosofiche dei successivi episodi (durante le quali vengono riproiettate scene a caso dei 39 episodi della serie) sono una cosa veramente insopportabile, e hanno contribuito ad abbassare il mio voto
Questo OAV è altamente intellettualoide, ma poiché dovrebbe essere l'OAV di uno shounen in cui prevale il combattimento, devo giudicarlo un pessimo esempio del suo genere.
Cominciamo dalla trama: i Cinque Samurai, dopo le loro mille avventure, scoprono che in realtà l'esito del loro scontro con Arago era già stato "deciso" e scritto nel copione di un'opera teatrale risalente all'epoca medievale giapponese. Questo mette in crisi i nostri eroi, che pensano di aver combattuto per nulla poiché l'esito delle loro battaglie "era già stato deciso".
In ogni episodio, uno dei cinque samurai si perde in lunghissime e noiosissime riflessioni filosofiche. Ogni riflessione utilizza tra l'altro un linguaggio molto forbito (anche se ancora comprensibile anche per chi non è un asso nella nostra lingua) e frasi lunghissime e piene di metafore, rendendo abbastanza faticoso il seguire i loro concetti.
Il primo episodio di questo OAV probabilmente è l'unico degno di nota: Kimo (o meglio, Toma, ma io preferisco chiamarlo come l'ho sempre chiamato da piccolo) è il primo ad incontrare un nuovo nemico, un nemico che sembra legato alla religione cristiana, in quanto si adorna di crocefissi e abiti occidentali. Durante questo episodio, Kimo ci parla abbastanza dettagliatamente di sé stesso e degli altri samurai. Ci racconta delle paure e dei dubbi che ha dovuto affrontare assieme ai propri compagni durante la lotta con Arago. E ci spiega come, con il tempo, queste sue paure si siano affievolite, e come abbia imparato a combattere unito ai suoi compagni.
Quella di approfondire i pensieri dei cinque samurai nelle prime 39 puntate è stata una buona idea, dato che nei 39 episodi della serie assistiamo a semplici combattimenti e frasi eroiche piuttosto banali.
Purtroppo, come ho già detto, le riflessioni filosofiche dei successivi episodi (durante le quali vengono riproiettate scene a caso dei 39 episodi della serie) sono una cosa veramente insopportabile, e hanno contribuito ad abbassare il mio voto
Questo OAV è davvero bellissimo, e per capirlo appieno servono diverse visioni in quanto contiene ragionamenti interessanti e complessi e finalmente c’è una vera e propria maturazione dei personaggi - persino l’impulsivo Rio sembra maturo, il che è tutto dire.
La trama è troppo complessa per descriverla correttamente senza fare spoiler, quindi vi rimando direttamente alla visione di questo OAV, che più di tutti si avvicina, se non a tratti supera, i fasti della mitica serie tv.
La trama è piena di flash back sul particolare personaggio femminile che fa da coprotagonista, sul passato delle armature, sul fatto che stavano per essere distrutte e che forse era meglio che non fossero esistite, viene messo in discussione persino l’operato del mio idolo Ariel.
Devo ammettere che a tratti risulta davvero complicato seguire il tutto, poiché il mistico prende il sopravvento in modo spaventoso sulla realtà, ci vorrebbe una conoscenza abbastanza approfondita di alcune tradizioni e in generale della cultura giapponese per capire a fondo questo OAV, conoscenze che io non posseggo minimamente, infatti, alcune cose le ho capite solo dopo accurate ricerche.
I disegni sono belli come sempre, le colonne sonore sempre emozionanti e precise.
I colpi di scena non mancano, il finale è superbo con delle novità davvero intriganti che, teoricamente, potrebbero dar luogo a un seguito, cosa che però ritengo improbabile considerando che sono passati molti anni dall’uscita di questo OAV.
Sicuramente un OAV da vedere perché rispecchia appieno l’anima dei nostri mitici samurai.
Buona visione.
La trama è troppo complessa per descriverla correttamente senza fare spoiler, quindi vi rimando direttamente alla visione di questo OAV, che più di tutti si avvicina, se non a tratti supera, i fasti della mitica serie tv.
La trama è piena di flash back sul particolare personaggio femminile che fa da coprotagonista, sul passato delle armature, sul fatto che stavano per essere distrutte e che forse era meglio che non fossero esistite, viene messo in discussione persino l’operato del mio idolo Ariel.
Devo ammettere che a tratti risulta davvero complicato seguire il tutto, poiché il mistico prende il sopravvento in modo spaventoso sulla realtà, ci vorrebbe una conoscenza abbastanza approfondita di alcune tradizioni e in generale della cultura giapponese per capire a fondo questo OAV, conoscenze che io non posseggo minimamente, infatti, alcune cose le ho capite solo dopo accurate ricerche.
I disegni sono belli come sempre, le colonne sonore sempre emozionanti e precise.
I colpi di scena non mancano, il finale è superbo con delle novità davvero intriganti che, teoricamente, potrebbero dar luogo a un seguito, cosa che però ritengo improbabile considerando che sono passati molti anni dall’uscita di questo OAV.
Sicuramente un OAV da vedere perché rispecchia appieno l’anima dei nostri mitici samurai.
Buona visione.
CONTIENE SPOILER
Gli spalti sono gremiti, il retropalco freme, gli abiti sono pronti, gli attori sono preparati, il pubblico è caldo… si apra il sipario! Lo spettacolo abbia inizio!
Samurai troopers in… message.
Spalti, pubblico, sipario, sembrano elementi che niente hanno a che fare con un prodotto animato; questo è sicuramente vero. Ci sono però casi dove l’animazione tocca ambiti diversi e particolari, si cerca in qualche modo di innovare o quanto meno essere differenti, questa si chiama animazione sperimentale ed è sicuramente il caso qui in analisi.
L’esperimento è proprio quello di portare un’opera teatrale in ambito animato, o meglio trasformare un anime in una rappresentazione teatrale. Il risultato può piacere o meno, sta’ di fatto che comunque è necessario analizzare questo prodotto proprio secondo questa prospettiva. In prima approssimazione, per alcune caratteristiche dell’anime, il singolo appassionato si potrebbe chiedere ”ma che diamine sto guardano!” in realtà questo modo di pensare è sbagliato semplicemente perché porta a giudicare il prodotto con occhi tradizionali, ma l’animazione sperimentale deve essere analizzata da altri punti di vista.
I 5 OAV che compongono la serie Message non sono altro che atti in uno spettacolo che racconta le vicende dei Samurai Troopers nel loro passato, presente e futuro. In ogni atto ciascun personaggio sarà protagonista di un lungo monologo accompagnato da immagine della serie storica, mentre nella seconda parte dell’episodio assisteremo a nuove animazioni e vicende. Forse l’unica pecca del prodotto sono proprio le riproposizioni di scene vecchie, ma a mio avviso era l’unica alternativa per supportare il monologo dei personaggi senza distrarre il pubblico. Più che sulle immagini bisogna infatti concentrarsi su quello che dicono i samurai che è qualcosa di veramente toccante, profondo e molte volte poetico.
L’incipit della storia vede la comparsa di un figura misteriosa Susanagi, un essere che ha oltrepassato il tempo e lo spazio spinta dalla sua sete di vendetta per quello che è stato fatto alla sua famiglia. La quale è stata interamente trucidata, anche se gli assassini più che figure reali sono soprattutto figure metaforiche, cosi come è metaforica la vendetta di Susanagi (e torneremo dopo sui significati). La figura si staglia con l’obiettivo di intrappolare tutti i samurai uno per volta in nuove armature da lei create al fine di evocare ancora una volte “l’Imperatore Splendente” per porre fine al genere umano e alle sue sofferenze. Armatura Bianca che ricordo essere stata distrutta durante lo scontro con Mukala nella serie di OAV precedente(La leggenda dell’Imperatore Splendente) insieme alle altre armature.
Sarà proprio questo essere spirituale ad interagire di volta in volta con i singoli ragazzi per portarli a comprendere l’inutilità della loro lotta e la necessità di invocare di nuovo le loro armature. Gli scontri con Susanagi non saranno mai a livello fisico ma vi sarà soprattutto uno scontro intellettivo. La ragazza spingerà i giovani a cedere soprattutto da un punto di vista mentale ed arrendersi.
Dal canto loro i 5 samurai stanno vivendo un periodo di apparente serenità. Dopo la distruzione delle armature infatti la loro vita è in apparenza tornata alla normalità. Una normalità solo esteriore perché ciascuno di loro continuerà ed essere tormentato da dubbi: l’utilità della loro lotta contro l’impero del male, il significato delle loro sofferenze e dei loro sforzi, il potere delle armature e il loro legame ormai indissolubile con i giovani guerrieri. Insieme di dubbi ulteriormente rafforzati dal ritrovamento di un manoscritto che racconta uno spettacolo teatrale del periodo Edo che ripercorre alla perfezione le vicende dei Samurai Troopers.
Il manoscritto sembra una presa in giro per i ragazzi che vedono cosi snaturata la natura del loro impegno e delle loro sofferenze, tutto infatti sembra far parte di insieme di eventi già scritti dove i samurai hanno rappresentato solo delle marionette.
È proprio da questi dubbi che nascono i loro pensieri trasformati in monologhi. E saranno proprio i monologhi a farci comprendere a pieno la loro personalità. Per questo motivo trovo utile riportare fedelmente parte dei loro soliloqui consapevole che varranno più di mille parole di mero commento.
Toma Hashiba - Etere - Saggezza
“Perché tutto questo deve accadere? Cosa possono volere ancora da noi? Ormai non siamo più samurai troopers!
Tutto aveva avuto inizio mille anni addietro, l’odio e il rancore scaturiti dalle interminabili guerre nel mondo degli uomini avevano dato sostanza al mondo del male. Gli spiriti di questo mondo malvagio si erano manifestati sotto forma di armatura che prese il nome di Arago. Lui si manifesto nel mondo degli uomini per assoggettarlo al suo volere. Gli uomini poterono fare ben poca cosa per fermarlo perché in fin dei conti lui e il suo mondo erano la materializzazione della crudeltà scaturita dal cuore degli uomini stessi. Tutto sembrava perso quando comparve Kaosu che sconfisse il male.
Dopo mille anni Kaousu si mise alla ricerca di combattenti che potessero sconfiggere Arago il giorno in cui fosse risorto, donando ai ragazzi 5 armature. Le armature stupivano per la bellezza della propria fattura, il potere di cui erano dotate era semplicemente straordinario. La potenza sviluppata dalle armature era terrificante.
Giustizia! I 5 ragazzi credevano ciecamente in questa parola, ma presto si accorsero che con le armature avevano ricevuto un pesante fardello carico di dolore.
Kaosu come hai potuto essere cosi disumano! Pensavamo che le armature che avevamo ricevuto ci rendessero invincibili, ci davano un potere più grande di quello di qualsiasi essere umano e in noi nacque una sorta di senso di superiorità perché ci sentivamo i prescelti.
La nostra forza era però un’illusione, in noi nacque la consapevolezza di essere vulnerabili ma la forza era tutto quello che avevamo per combattere. Quella forza era tutto ciò su cui potevamo contare ed era per questo che cercavamo di ottenere una forza ancora più grande. Ma quella stessa forza rese più potente Arago.
Perché dobbiamo soffrire cosi tanto! I duri scontri consumarono le nostre forze, nessuno dovrebbe mai provare tanto dolore, ma abbiamo combattuto senza tregua schiacciati dal peso della responsabilità che il destino ci aveva imposto.
Poi incontrammo l’armatura dell’Imperatore Splendente. Un giorno però ci fece capire di possedere una sua distinta volontà, sembrava fosse stata creata all’unico scopo di combattere. Non aveva un cuore! Il suo scopo era uno solo: proseguire nei combattimenti!
Doveva essere tutto finito! Non dovevano più esserci samurai troopers!”
La saggezza è la sua virtù e il monologo è intriso di una saggia analisi degli avvenimenti che gli sono accaduti. Toma è capace di allontanarsi da se stesso e analizzare la situazione in maniera distaccata, comprendendo a pieno la pericolosità del potere delle armature ma anche la loro indispensabilità. Ed è proprio per questo che nasce una sorta di rabbia nei confronti di Kaosu reo di averli imprigionati in un destino troppo crudele. Un destino che se apparentemente gli faceva sentire superiore, in verità gli avrebbe distrutto la vita, e loro erano semplici ragazzi. Emerge una voglia estrema di cercare di chiudere presto questa parentesi ma anche una consapevolezza che ormai il suo destino è troppo intrecciato con il mondo delle armature.
“Bramando le armature si darà loro sostanza e se ne legittimerà l’esistenza, solo continuando fino in fondo a rifiutarle potremo trovare per la prima volta la pace” questa ultima frase è estremamente rappresentativa della consapevolezza di Toma di dover abbandonare la forza e cedere a Susanagi.
Shu lei fan – diamante - giustizia
“Come è possibile che più di un secolo fa qualcuno sapesse tutto su di noi!? Ryo ha parlato di un veggente ma che idiozia! Se fosse cosi il risultato delle nostre battaglia, quelle che abbiamo combattuto fino allo stremo delle forze sarebbe stato già scritto. Ma non scherziamo!
Le nostre battaglie sono state disperate, non ho abusato della mia forza, ho sempre combattuto nella certezza di essere nel giusto. Non ce nulla di poetico nella lotta devi uccidere per non essere ucciso a tua volta.
Nessuno ti aiuta, nessuno viene a salvarti, puoi contare solo su una cosa, te stesso!! Ognuno di noi doveva imparare a sopravvivere come un guerriero. Chi sbagliava diventava un ostacolo capace di far cadere i compagni.
Non mi venite a raccontare che tutto quello cha abbiamo passato era stato scritto! Maledizione non devo lasciare che un assurdità tale mi terrorizzi!”
In termini di quantità il discorso di Shu è molto più limitato, ma di certo questo non impedisce la comprensione del personaggio. Anzi sono proprio le poche parole a rafforzarne le caratteristiche. Shu è sempre stato un uomo di azione, un uomo troppo istintivo che non esitava a combattere, indubbiamente il più debole da questo punto di vista. Era forse l’elemento più facile da manovrare per il “mondo delle armature” che come si comprenderà nelle conclusioni ambisce solo al combattimento e alla creazione di sentimenti negativi, e Shu è una fonte continua di rabbia e violenza.
E’ proprio per questo che è il personaggio che esprime più risentimento sentendosi controllato, proprio perché è consapevole di essersi lasciato sempre trascinare dagli eventi. Si può comprendere che la sua virtù quella della giustizia, ha un significato molto relativo. E’ infatti un giustizia non assoluta ma assolutamente relativa. Lui rappresenta la giustizia degli uomini un sentimento che molte volte si avvicina più alla vendetta.
Sarà proprio la sua brama di combattere e di usare la forza che lo porterà senza esitazione a rincorre nello stesso errore anche con Susanagi, infatti è proprio la forza l’elemento a cui la ragazza ambisce.
Shin Mori - torrente - fiducia
“Noi cercavamo la forza, se non avessimo voluto acquisirne sempre di più l’armatura dell’Imperatore Splendente non sarebbe mai comparsa. Pensavo fosse una smania dei miei compagni e ne soffrivo, ma in realtà ero io che desideravo avere una forza maggiore.
L’Imperatore Splendente è la forza che evochiamo quando abbiamo abbandonato tutto il resto. Ma una volta evocata quella armatura c’erano in noi le forze per controllare quella armatura?
Ero davvero degno di appartenere ai samurai troopers?
Nessuno si era accorto dell’esistenza di un copione nel quale era raccontata la fine di questo mondo, noi cercavamo di acquisire sempre più forza per combattere e sopravvivere.
Io cercavo una forza che mi permettesse di sfuggire alla paura, alla sofferenza e al dolore.
Sentivo in me svanire la voglia di combattere, ero stanco di considerare tutto come parte ineluttabile del mio destino. Non era possibile opporre un secco rifiuto!?
Se avessimo saputo che tutto era già scritto avremmo potuto scegliere se combattere o no! Adesso ho capito che avrei adottato qualsiasi scusa per non combattere.
La mia vita era andata avanti seguendo il suo corso senza interventi da parte mia, tutto proseguiva per la propria strada, ma i mie sentimenti!!! Non contava ciò che provava il mio cuore!!?
Come posso essere sicuro che le mie azioni siano nel giusto?
Io non sono una persona cosi giusta e positiva! Io non sono una persona forte! Io sono colui che ha richiamato l’Imperatore Splendente.
Ci sentivamo con le spalle al muro, ognuno doveva cercare le risposte dentro di se, ma io sfortunatamente non sono riuscito a trovarle.”
Fiducia, o meglio fiducia nell’uomo, o meglio quella fiducia tipica dei bambini che molte volte è ingenuità. Sono questi i valori che caratterizzano Shin. E’ il più tormentato dei samurai, il più gentile, ma forse il più umano.
Shin è forse il primo ad accorgersi della pericolosità della forza, sa che si tratta di un sentimento negativo ma è molto insicuro e non ha il coraggio di reagire.
Ed è proprio questa sua insicurezza che lo porta a richiedere sempre più forza. Si dimostra psicologicamente molto debole, è un semplice ragazzo inserito in un mondo più grande di lui, non sa come comportarsi, non sa come reagire. Sente molto il peso del destino.
Ma ha un animo molto nobile, una nobiltà che lo rende consapevole del suo ruolo; nonostante soffra riesce a sforzarsi lo stesso di combattere. Sarà proprio questa sua bontà e gentilezza che lo porterà a cedere a Susanagi semplicemente per la volontà salvarla.
Ma in questo modo dimostra di non aver imparato niente sulla pericolosità della forza, è forse l’unico mezzo che sa usare per proteggere il prossimo.
Seiji Date - nimbo - cortesia
“Sapere che ci è stato rubato il passato ha fatto precipitare le mie certezze e ciò è imperdonabile. Ad essere sincero non mi sono mai sentito cosi stanco…ho forse inseguito un ideale troppo a lungo?
Armature basta a giocare con le fragili vite umane. Perché volete turbare la meravigliosa purezza del silenzio. Forse perché l’umanità vuole la guerra?
Ma l’uomo non è solo questo, Egli possiede anche un cuore che ricerca la pace. Perché allora è necessario impugnare la spada? Forse perché la vostra (alle armature) è la naturale vendetta nei confronti degli uomini da parte del cuore malvagio da cui foste generate. Non può meravigliare che esse generino guerre e disperazione; finché il cuore sarà offuscato dalla titubanza il mondo non potrà che conoscere un inferno dove il male regna incontrastato.
Nell’epoca delle lotte tra i signori feudali l’uomo iniziò a bramare le armature e il potere che promettevano, era un tempo in cui il mondo scosso dall’ambizione degli uomini si dibatteva tra continue lotte intestine. Le armature cambiavano spesso padrone diffondendo il rancore.
Nell’uomo alberga il desiderio, esso sostiene l’ambizione che spinge a perseguire la prosperità. Per non andare in contro ad una fine miserabile non restava altra strada che continuare a combattere, era una guerra del tutto solitaria, una guerra combattuta contro la propria coscienza e che sarebbe continuata fino quando l’uomo non avesse trovato il ricordo del suo cuore in un angolo remoto.
La storia ha visto un susseguirsi di periodi confusi e incerti. Numerosi furono coloro che rimasero sepolti nell’ombra del tempo ben consci di sottostare ad un destino a cui non era possibile sfuggire. Se in questo momento tornassero a diffondersi le battaglie sceglierei ancora di combattere? Cosa potrei dire a coloro che hanno coraggiosamente lottato nascosti nell’ombra della storia. Adesso che nel mio cuore c’è il dubbio non mi è possibile tenere la spada!
I Samurai Troopers hanno scelto la propria strada con convinzione, siamo stati noi a sceglierla. I cuori inseguivano un sogno, era folle e insensato, vinceva ogni paura, era un sogno infantile.
Avevamo oltrepassato il concetto di morte, continuavano a dilagare battaglie in cui la morte non era più temuta; che fosse questa la vera leggenda delle armature?
La tristezza, la debolezza, qualsiasi sentimento non è mai arrivato a mostrare la sua immagine al di fuori del cuore. La continua tensione non faceva che aumentare il congelamento dei sentimenti.
La triste lama andava sempre più affilandosi trafiggendo ogni clemenza, in questo mondo aveva seminato dietro di se il terrore. Ma allo stesso tempo estirpava dai nostri petti dubbi e smarrimenti.
Io non sono all’altezza di parlare del cuore, sono costretto dolorosamente a riconoscere questa mia incapacità!
Se no si uccide si viene uccisi, in battaglia si riconosce l’orrore puro!
Non ci è possibile parlare di ideali! Nella storia delle armature noi non abbiamo fatto altro che conservare la nostra volontà; credere nella giustizia e sconfiggere il male, tutto si esauriva in questo. Ma gli ideali si estendo verso uno spazio infinito, il sogno degli uomini che vi si addentrano in cerca di un appiglio supera ogni immaginazione.
Ho invidiato gli uomini prescelti dalla storia. Mi chiedo se non abbiano nutrito dubbi o provato mai rimpianti per il tempo ormai trascorso, hanno un cuore che si preoccupa per le sorti dell’umanità e da esso traggono la loro forza e determinazione.
Adesso che ho deposto il pesante fardello posso vedere la lunga strada lasciata alle spalle come un ricordo positivo. Non si può sfuggire al destino, penso sia meglio accettarlo e viverlo con rassegnazione. Tutto ciò che chiedo è una ragione alle mie convinzioni, desidero soltanto questo, non mi importa se tutto è inganno, per questo sono disposto a dare la mia vita.
Contrastare la forza con la forza è la massima della follia perciò immergiti o mio essere nel cuore!!”
Bisogna raccontare il cuore agli uomini, è questo il messaggio che Seiji ci vuole mandare, Questo è senza dubbio tra i monologhi il più complesso ma anche il più bello e profondo. Seiji fa un disamina straordinaria dei sentimenti dei guerrieri e dei suoi, riesce ad analizzare il tutto colpito dalla luce dell’illuminazione ovvero la luce del nimbo. Ed è proprio l’illuminazione che gli permetterà di comprendere il vero messaggio, ovvero l’impossibilità di rispondere alla violenza con altra violenza perché in questo modo si genera rancore all’infinito. In questo modo non cambierà mai nulla e nulla si genererà perché alla fine l’uomo si dimenticherà dei tempi e delle sofferenze.
Dall’inizio del suo monologo si può capire l’importanza degli ideali come motore delle azioni del samurai biondo. Ma lo stesso non è mai riuscito a trovare degli ideali realmente convincenti che adesso riescano a spiegare le proprie azioni. Si dimostra infatti stanco della ricerca e quasi affranto, non riesce quindi ad incamminarsi sul cammino dell’illuminazione
All’inizio i samurai combattevano con un obiettivo piuttosto infantile, ovvero proteggere la giustizia dal male usando la forza. Solo diventando più adulti si può comprendere che la forza usata dai “giusti” non è cosi lontana dalla crudeltà utilizzata dai “malvagi”. Tuttavia quel sentimento era necessario per convincerli a superare i propri limiti.
Ma per combattere ci vuole il “cuore”. In questo caso il concetto di cuore è abbastanza complesso è fa più che altro riferimento ad un contenitore complessivo di sentimenti, i quali sono necessari per comprendere razionalmente il mondo che ci circonda. Non si tratta di un mero abbandono alla emozionalità che porta ad agire impulsivamente ma si tratta di sentimenti più ragionati e profondi che sostengono le convinzioni.
Seiji si è accorto di non essere riuscito, nel periodo della lotta, a trovare un sistema di pensiero basato sul cuore che gli avrebbe concesso la lucidità per analizzare la situazione attentamente e comprendere le sue azioni. Non si reputa quindi un grande guerriero per questa sua mancanza che lo ha reso un semplice strumento nelle mani della violenza.
E’ quindi un Seiji molto maturo quello che parla, l’accresciuta consapevolezza gli illuminerà la strada per riuscire a rifiutare l’invito alla guerra di Susangai. Anche se non gli impedirà di finire intrappolato, questa volta però con la speranza di portare un po’ di luce nel cuore ormai smarrito della ragazza.
Proprio nel monologo di Seiji si fa riferimento ad un elemento portante della trama. Si parla infatti del mondo delle armature come un mondo a se stante, vengono infatti trasfigurate come essere consapevoli nella loro volontà di accrescere le guerre per accrescere l’odio e i combattimenti. Sono loro le maggiori responsabili perché assetate di violenza. La loro semplice presenza porta infatti l’uomo ad abbandonare il suo cuore intontito dal potere che promettono.
Ryo Sanada – Vampa – Altruismo
…..
Ebbene sì, Ryo non sarà soggetto a un vero e proprio monologo ma lo vedremo più maturo che mai. La Vampa inizialmente uno dei personaggi più impulsivi dell’anime è davvero cresciuto, questo processo di crescita è rappresentato da una scena che ricorda molto quella di Shinji in Evangelion; inquadratura fissa su di lui che ascolta i messaggi lasciati in segreteria da parte degli amici. Questo fa di Ryo una figura quasi ideale nel momento in cui si fa portatore della conoscenza e del risultato a cui sono giunti i compagni.
Nei messaggi ciascuno dei 4 altri ragazzi dirà a Ryo le conclusioni a cui è giunto durante le proprie riflessioni, che permetterà al samurai protagonista di apprenderle e integrarle per raggiungere una sintesi finale. Il processo è una allegoria dell’invocazione dell’Imperatore Splendente. In quel caso Ryo assorbiva la forza degli amici, in questo ne assorbe l’intelletto e le riflessioni, che permetteranno al ragazzo di indossare l’armatura bianca della conoscenza.
Tra le riflessioni degli amici troverete un Toma saggio del fatto che “quando si scontrano due forze uguali è logico che si distruggano a vicenda, qualcosa va cambiato per evitare che tutto torni di nuovo a ripetersi”. Uno Shin consapevole, che dice di aver messo ordine nei sui pensieri, e di non avere rimpianti, ma allo stesso tempo rinunciatario:”le armature nascondono un problema difficile da risolvere, non riuscirò mai a cambiare il mondo delle armature sarebbe una battaglia persa in partenza”. Shin mostra quindi anche nel finale quell’ingenuità di sempre affermando che darà priorità ai sui sentimenti, conscio di un comportamento egoista, ma orami stanco e speranzoso di una vita normale.
Shu come al solito si mostra battagliero “sembra che ci sia qualcuno deciso a ripulire questo mondo servendosi del potere delle armature, vorrei farli vedere quanto è terrificante il potere dell’Imperatore Splendente!”. Questa volta però ha paura, gli tremano le mani perché non sa cosa e contro chi deve combattere, non sa soprattutto come deve combattere non essendoci un vero e proprio nemico. Sa che il vero nemico da affrontare è se stesso e il suo passato.
Il cuore viene ribadito da Seiji, che mostra tanta pietà nei confronti degli uomini e sa che oramai le armature (leggi violenza) sono entrate a far parte del mondo degli uomini e hanno segnato la sua storia. Seiji è quasi poetico nell’affermare che “il cuore è davvero un mistero perché desidera la felicità ma vede la bellezza dell’inquietudine” consapevole che agli uomini non sarà mai concesso di liberarsi della violenza e della sofferenza poichè sono loro stessi a volerlo. Ma tra i sentimenti umani vi è anche la compassione e altri sentimenti positivi ed è su questo che loro devono concentrarsi. Bisogna infatti credere nel cuore umano e lasciare che gli uomini credano nel nostro cuore.
Ryo dal canto suo è più sicuro che mai, affronta Suasangi direttamente e risponde colpo su colpo sapendo che l’uomo è pieno di paure e sofferenza e per questo ricorre alla violenza. Ryo ha compreso l’uomo poiché ha compreso se stesso.
La fine è tremenda ma è inevitabile il sacrificio dei giovani eroi. Il contraccolpo al cuore per lo spettatore è fortissimo nel momento in cui i Samurai Troopers quasi in silenzio si sacrificano per portare definitivamente via dal mondo terreno le armature e quindi il risentimento. È una fine tremenda perché inaspettata, viene dopo una sofferenza protratta per quasi tutta la vita per i 5 ragazzi che porta poi ad una felicità mai raggiunta. È spaventosa perché è silenziosa, i ragazzi si sacrificano in silenzio, cosi come all’oscuro di tutti sono rimasti i veri eroi.
Questi sono i guerrieri che nel corso della storia hanno cercato di non usare le armature e di non farle usare agli altri, è un numero elevato di gente ma nascosta tra le pieghe della storia, proprio per la loro coraggiosa, dignitosa ma purtroppo silenziosa fine. Alla luce di questo, la figura di Kaosu viene completamente stravolta. Non più quindi persona positiva, ma uomo che persegue la violenza. Una delle prime scene nel primo OAV è proprio quella che vede Kaosu levare forzatamente una serie di sigilli posti al box dell’armatura dell’etere, messi senza dubbio da uno di quegli eroi speranzoso che l’armatura non venisse più usata.
La madre di Susanagi ha la sua tomba nel cimitero di questi eroi, lei di per se non ha protetto direttamente l’uomo dalle armature ma lo ha fatto scrivendo quello spettacolo teatrale. È infatti una veggente che ha cercato di insegnare agli uomini della sua epoca il rifiuto della forza, senza trovare però successo. La stessa finalmente spiega meglio il significato del cuore; è il cuore l’artefice di tutto, dallo stesso può sgorgare amore che è la vera forza per proteggere gli uomini. Ma molte volte è proprio quella forza che diventa violenza e rancore. È stata la madre di Susanagi ad aver influenzato il destino portando le armatura a raggiungere 5 cuori puri. Quei 5 cuori puri che hanno finalmente fatto capire alla ragazza il significato della compassione e dell’amore; sono riusciti a sconfiggere il suo odio senza combattere.
La scena finale è bellissima ma anche estremamente poetica nella sua drammaticità. Inspira un senso di tranquillità fuori dal comune. Si vedono infatti i 5 ragazzi ormai morti ma entrati a far parte del mondo delle armature con la speranza di riuscire a portare il cuore e l’amore ed offuscare la violenza.
Il significato di questa epopea è molto profondo ed è necessario fermarsi molto a riflettere prima di capirlo. L’obiettivo è dare un messaggio morale per far comprendere l’importanza dell’amore ed evitare la violenza.
Le armature quindi non sono altro che una metafora di tutte le armi, sono quindi un simbolo della lotta e della violenza che alberga nel cuore. In questo caso sono viste come una mano invisibile che manovra la storia e le azioni degli uomini
Oltre a questo c’è anche un significato più profondo strettamente correlato alla storia giapponese. Si vedono infatti chiaramente le navi nere dell’ammiraglio Perry che più di 150 anni fa portarono all’apertura forzosa del Giappone. Quelle navi metaforicamente hanno sterminato la famiglia di Susanagi.
Le navi infatti rappresentano la fine e dell’epoca del Giappone antico e dei samurai. Il paese del Sol Levante è obbligato ad aprirsi al mondo e costretto alla modernità. La storia millenaria rischia quindi di scomparire, cosi come gli insegnamenti ricevuti in un periodo, quello Tokugawa, di relativa pace dopo quasi 100 anni di violenti scontri civili nell’era Sengoku.
In quei 200 anni quando i Tokugawa riuscirono a mantenere la pace poiché era ancora forte il dolore per le migliaia di vittime delle guerre precedenti. Ma la rivoluzione storica della modernità rischia di azzerare qualsiasi insegnamento del passato, ed è proprio questa la paura espressa. Timori di certo non infondati alla luce delle guerre che hanno coinvolto il Giappone nell’epoca della modernità. Susanagi è quindi la personificazione dell’era Yamato quella del Giappone antico.
È quindi necessario imparare dalla storia, dagli insegnamenti del passato e dagli errori degli altri uomini, cosi come i giovani eroi hanno imparato dai propri errori arrivando alla fine dell’anime ad essere finalmente maturi.
In conclusione si può dire che ci troviamo di fronte ad un prodotto straordinario, eccezionale in sintesi per tre motivi. Il primo è collegato alla profondità degli insegnamenti che si vogliono veicolare e soprattutto al modo con cui vengono proposti al pubblico; quasi poetico. In secondo luogo c’è una crescita straordinaria rispetto le precedenti produzioni con un miglioramento stupefacente ed inaspettato. Il terzo motivo si ricollega al secondo e fa riferimento al coraggio che gli autori hanno avuto nel proporre un prodotto cosi innovativo trasformando un tradizionale shonen.
Il voto per questi motivi non può non essere il massimo, 10 infatti è il voto che si merita senza alcun dubbio.
Una menzione particolare va poi all’edizione italiana soprattutto al doppiaggio, l’anime infatti per la sua struttura teatrale richiedeva attori bravi che sapessero esprimere i sentimenti parlando, è questo è stato pienamente fatto da tutti i doppiatori dei protagonisti senza eccezione.
Straordinaria è anche la sigla finale quasi commuovente nel mostrare la crescita e la felicità di Susangai prima della tragedia.
Vorrei quindi lasciarvi con una domanda, voi avete trovato infine il vostro cuore?
LightLife
Gli spalti sono gremiti, il retropalco freme, gli abiti sono pronti, gli attori sono preparati, il pubblico è caldo… si apra il sipario! Lo spettacolo abbia inizio!
Samurai troopers in… message.
Spalti, pubblico, sipario, sembrano elementi che niente hanno a che fare con un prodotto animato; questo è sicuramente vero. Ci sono però casi dove l’animazione tocca ambiti diversi e particolari, si cerca in qualche modo di innovare o quanto meno essere differenti, questa si chiama animazione sperimentale ed è sicuramente il caso qui in analisi.
L’esperimento è proprio quello di portare un’opera teatrale in ambito animato, o meglio trasformare un anime in una rappresentazione teatrale. Il risultato può piacere o meno, sta’ di fatto che comunque è necessario analizzare questo prodotto proprio secondo questa prospettiva. In prima approssimazione, per alcune caratteristiche dell’anime, il singolo appassionato si potrebbe chiedere ”ma che diamine sto guardano!” in realtà questo modo di pensare è sbagliato semplicemente perché porta a giudicare il prodotto con occhi tradizionali, ma l’animazione sperimentale deve essere analizzata da altri punti di vista.
I 5 OAV che compongono la serie Message non sono altro che atti in uno spettacolo che racconta le vicende dei Samurai Troopers nel loro passato, presente e futuro. In ogni atto ciascun personaggio sarà protagonista di un lungo monologo accompagnato da immagine della serie storica, mentre nella seconda parte dell’episodio assisteremo a nuove animazioni e vicende. Forse l’unica pecca del prodotto sono proprio le riproposizioni di scene vecchie, ma a mio avviso era l’unica alternativa per supportare il monologo dei personaggi senza distrarre il pubblico. Più che sulle immagini bisogna infatti concentrarsi su quello che dicono i samurai che è qualcosa di veramente toccante, profondo e molte volte poetico.
L’incipit della storia vede la comparsa di un figura misteriosa Susanagi, un essere che ha oltrepassato il tempo e lo spazio spinta dalla sua sete di vendetta per quello che è stato fatto alla sua famiglia. La quale è stata interamente trucidata, anche se gli assassini più che figure reali sono soprattutto figure metaforiche, cosi come è metaforica la vendetta di Susanagi (e torneremo dopo sui significati). La figura si staglia con l’obiettivo di intrappolare tutti i samurai uno per volta in nuove armature da lei create al fine di evocare ancora una volte “l’Imperatore Splendente” per porre fine al genere umano e alle sue sofferenze. Armatura Bianca che ricordo essere stata distrutta durante lo scontro con Mukala nella serie di OAV precedente(La leggenda dell’Imperatore Splendente) insieme alle altre armature.
Sarà proprio questo essere spirituale ad interagire di volta in volta con i singoli ragazzi per portarli a comprendere l’inutilità della loro lotta e la necessità di invocare di nuovo le loro armature. Gli scontri con Susanagi non saranno mai a livello fisico ma vi sarà soprattutto uno scontro intellettivo. La ragazza spingerà i giovani a cedere soprattutto da un punto di vista mentale ed arrendersi.
Dal canto loro i 5 samurai stanno vivendo un periodo di apparente serenità. Dopo la distruzione delle armature infatti la loro vita è in apparenza tornata alla normalità. Una normalità solo esteriore perché ciascuno di loro continuerà ed essere tormentato da dubbi: l’utilità della loro lotta contro l’impero del male, il significato delle loro sofferenze e dei loro sforzi, il potere delle armature e il loro legame ormai indissolubile con i giovani guerrieri. Insieme di dubbi ulteriormente rafforzati dal ritrovamento di un manoscritto che racconta uno spettacolo teatrale del periodo Edo che ripercorre alla perfezione le vicende dei Samurai Troopers.
Il manoscritto sembra una presa in giro per i ragazzi che vedono cosi snaturata la natura del loro impegno e delle loro sofferenze, tutto infatti sembra far parte di insieme di eventi già scritti dove i samurai hanno rappresentato solo delle marionette.
È proprio da questi dubbi che nascono i loro pensieri trasformati in monologhi. E saranno proprio i monologhi a farci comprendere a pieno la loro personalità. Per questo motivo trovo utile riportare fedelmente parte dei loro soliloqui consapevole che varranno più di mille parole di mero commento.
Toma Hashiba - Etere - Saggezza
“Perché tutto questo deve accadere? Cosa possono volere ancora da noi? Ormai non siamo più samurai troopers!
Tutto aveva avuto inizio mille anni addietro, l’odio e il rancore scaturiti dalle interminabili guerre nel mondo degli uomini avevano dato sostanza al mondo del male. Gli spiriti di questo mondo malvagio si erano manifestati sotto forma di armatura che prese il nome di Arago. Lui si manifesto nel mondo degli uomini per assoggettarlo al suo volere. Gli uomini poterono fare ben poca cosa per fermarlo perché in fin dei conti lui e il suo mondo erano la materializzazione della crudeltà scaturita dal cuore degli uomini stessi. Tutto sembrava perso quando comparve Kaosu che sconfisse il male.
Dopo mille anni Kaousu si mise alla ricerca di combattenti che potessero sconfiggere Arago il giorno in cui fosse risorto, donando ai ragazzi 5 armature. Le armature stupivano per la bellezza della propria fattura, il potere di cui erano dotate era semplicemente straordinario. La potenza sviluppata dalle armature era terrificante.
Giustizia! I 5 ragazzi credevano ciecamente in questa parola, ma presto si accorsero che con le armature avevano ricevuto un pesante fardello carico di dolore.
Kaosu come hai potuto essere cosi disumano! Pensavamo che le armature che avevamo ricevuto ci rendessero invincibili, ci davano un potere più grande di quello di qualsiasi essere umano e in noi nacque una sorta di senso di superiorità perché ci sentivamo i prescelti.
La nostra forza era però un’illusione, in noi nacque la consapevolezza di essere vulnerabili ma la forza era tutto quello che avevamo per combattere. Quella forza era tutto ciò su cui potevamo contare ed era per questo che cercavamo di ottenere una forza ancora più grande. Ma quella stessa forza rese più potente Arago.
Perché dobbiamo soffrire cosi tanto! I duri scontri consumarono le nostre forze, nessuno dovrebbe mai provare tanto dolore, ma abbiamo combattuto senza tregua schiacciati dal peso della responsabilità che il destino ci aveva imposto.
Poi incontrammo l’armatura dell’Imperatore Splendente. Un giorno però ci fece capire di possedere una sua distinta volontà, sembrava fosse stata creata all’unico scopo di combattere. Non aveva un cuore! Il suo scopo era uno solo: proseguire nei combattimenti!
Doveva essere tutto finito! Non dovevano più esserci samurai troopers!”
La saggezza è la sua virtù e il monologo è intriso di una saggia analisi degli avvenimenti che gli sono accaduti. Toma è capace di allontanarsi da se stesso e analizzare la situazione in maniera distaccata, comprendendo a pieno la pericolosità del potere delle armature ma anche la loro indispensabilità. Ed è proprio per questo che nasce una sorta di rabbia nei confronti di Kaosu reo di averli imprigionati in un destino troppo crudele. Un destino che se apparentemente gli faceva sentire superiore, in verità gli avrebbe distrutto la vita, e loro erano semplici ragazzi. Emerge una voglia estrema di cercare di chiudere presto questa parentesi ma anche una consapevolezza che ormai il suo destino è troppo intrecciato con il mondo delle armature.
“Bramando le armature si darà loro sostanza e se ne legittimerà l’esistenza, solo continuando fino in fondo a rifiutarle potremo trovare per la prima volta la pace” questa ultima frase è estremamente rappresentativa della consapevolezza di Toma di dover abbandonare la forza e cedere a Susanagi.
Shu lei fan – diamante - giustizia
“Come è possibile che più di un secolo fa qualcuno sapesse tutto su di noi!? Ryo ha parlato di un veggente ma che idiozia! Se fosse cosi il risultato delle nostre battaglia, quelle che abbiamo combattuto fino allo stremo delle forze sarebbe stato già scritto. Ma non scherziamo!
Le nostre battaglie sono state disperate, non ho abusato della mia forza, ho sempre combattuto nella certezza di essere nel giusto. Non ce nulla di poetico nella lotta devi uccidere per non essere ucciso a tua volta.
Nessuno ti aiuta, nessuno viene a salvarti, puoi contare solo su una cosa, te stesso!! Ognuno di noi doveva imparare a sopravvivere come un guerriero. Chi sbagliava diventava un ostacolo capace di far cadere i compagni.
Non mi venite a raccontare che tutto quello cha abbiamo passato era stato scritto! Maledizione non devo lasciare che un assurdità tale mi terrorizzi!”
In termini di quantità il discorso di Shu è molto più limitato, ma di certo questo non impedisce la comprensione del personaggio. Anzi sono proprio le poche parole a rafforzarne le caratteristiche. Shu è sempre stato un uomo di azione, un uomo troppo istintivo che non esitava a combattere, indubbiamente il più debole da questo punto di vista. Era forse l’elemento più facile da manovrare per il “mondo delle armature” che come si comprenderà nelle conclusioni ambisce solo al combattimento e alla creazione di sentimenti negativi, e Shu è una fonte continua di rabbia e violenza.
E’ proprio per questo che è il personaggio che esprime più risentimento sentendosi controllato, proprio perché è consapevole di essersi lasciato sempre trascinare dagli eventi. Si può comprendere che la sua virtù quella della giustizia, ha un significato molto relativo. E’ infatti un giustizia non assoluta ma assolutamente relativa. Lui rappresenta la giustizia degli uomini un sentimento che molte volte si avvicina più alla vendetta.
Sarà proprio la sua brama di combattere e di usare la forza che lo porterà senza esitazione a rincorre nello stesso errore anche con Susanagi, infatti è proprio la forza l’elemento a cui la ragazza ambisce.
Shin Mori - torrente - fiducia
“Noi cercavamo la forza, se non avessimo voluto acquisirne sempre di più l’armatura dell’Imperatore Splendente non sarebbe mai comparsa. Pensavo fosse una smania dei miei compagni e ne soffrivo, ma in realtà ero io che desideravo avere una forza maggiore.
L’Imperatore Splendente è la forza che evochiamo quando abbiamo abbandonato tutto il resto. Ma una volta evocata quella armatura c’erano in noi le forze per controllare quella armatura?
Ero davvero degno di appartenere ai samurai troopers?
Nessuno si era accorto dell’esistenza di un copione nel quale era raccontata la fine di questo mondo, noi cercavamo di acquisire sempre più forza per combattere e sopravvivere.
Io cercavo una forza che mi permettesse di sfuggire alla paura, alla sofferenza e al dolore.
Sentivo in me svanire la voglia di combattere, ero stanco di considerare tutto come parte ineluttabile del mio destino. Non era possibile opporre un secco rifiuto!?
Se avessimo saputo che tutto era già scritto avremmo potuto scegliere se combattere o no! Adesso ho capito che avrei adottato qualsiasi scusa per non combattere.
La mia vita era andata avanti seguendo il suo corso senza interventi da parte mia, tutto proseguiva per la propria strada, ma i mie sentimenti!!! Non contava ciò che provava il mio cuore!!?
Come posso essere sicuro che le mie azioni siano nel giusto?
Io non sono una persona cosi giusta e positiva! Io non sono una persona forte! Io sono colui che ha richiamato l’Imperatore Splendente.
Ci sentivamo con le spalle al muro, ognuno doveva cercare le risposte dentro di se, ma io sfortunatamente non sono riuscito a trovarle.”
Fiducia, o meglio fiducia nell’uomo, o meglio quella fiducia tipica dei bambini che molte volte è ingenuità. Sono questi i valori che caratterizzano Shin. E’ il più tormentato dei samurai, il più gentile, ma forse il più umano.
Shin è forse il primo ad accorgersi della pericolosità della forza, sa che si tratta di un sentimento negativo ma è molto insicuro e non ha il coraggio di reagire.
Ed è proprio questa sua insicurezza che lo porta a richiedere sempre più forza. Si dimostra psicologicamente molto debole, è un semplice ragazzo inserito in un mondo più grande di lui, non sa come comportarsi, non sa come reagire. Sente molto il peso del destino.
Ma ha un animo molto nobile, una nobiltà che lo rende consapevole del suo ruolo; nonostante soffra riesce a sforzarsi lo stesso di combattere. Sarà proprio questa sua bontà e gentilezza che lo porterà a cedere a Susanagi semplicemente per la volontà salvarla.
Ma in questo modo dimostra di non aver imparato niente sulla pericolosità della forza, è forse l’unico mezzo che sa usare per proteggere il prossimo.
Seiji Date - nimbo - cortesia
“Sapere che ci è stato rubato il passato ha fatto precipitare le mie certezze e ciò è imperdonabile. Ad essere sincero non mi sono mai sentito cosi stanco…ho forse inseguito un ideale troppo a lungo?
Armature basta a giocare con le fragili vite umane. Perché volete turbare la meravigliosa purezza del silenzio. Forse perché l’umanità vuole la guerra?
Ma l’uomo non è solo questo, Egli possiede anche un cuore che ricerca la pace. Perché allora è necessario impugnare la spada? Forse perché la vostra (alle armature) è la naturale vendetta nei confronti degli uomini da parte del cuore malvagio da cui foste generate. Non può meravigliare che esse generino guerre e disperazione; finché il cuore sarà offuscato dalla titubanza il mondo non potrà che conoscere un inferno dove il male regna incontrastato.
Nell’epoca delle lotte tra i signori feudali l’uomo iniziò a bramare le armature e il potere che promettevano, era un tempo in cui il mondo scosso dall’ambizione degli uomini si dibatteva tra continue lotte intestine. Le armature cambiavano spesso padrone diffondendo il rancore.
Nell’uomo alberga il desiderio, esso sostiene l’ambizione che spinge a perseguire la prosperità. Per non andare in contro ad una fine miserabile non restava altra strada che continuare a combattere, era una guerra del tutto solitaria, una guerra combattuta contro la propria coscienza e che sarebbe continuata fino quando l’uomo non avesse trovato il ricordo del suo cuore in un angolo remoto.
La storia ha visto un susseguirsi di periodi confusi e incerti. Numerosi furono coloro che rimasero sepolti nell’ombra del tempo ben consci di sottostare ad un destino a cui non era possibile sfuggire. Se in questo momento tornassero a diffondersi le battaglie sceglierei ancora di combattere? Cosa potrei dire a coloro che hanno coraggiosamente lottato nascosti nell’ombra della storia. Adesso che nel mio cuore c’è il dubbio non mi è possibile tenere la spada!
I Samurai Troopers hanno scelto la propria strada con convinzione, siamo stati noi a sceglierla. I cuori inseguivano un sogno, era folle e insensato, vinceva ogni paura, era un sogno infantile.
Avevamo oltrepassato il concetto di morte, continuavano a dilagare battaglie in cui la morte non era più temuta; che fosse questa la vera leggenda delle armature?
La tristezza, la debolezza, qualsiasi sentimento non è mai arrivato a mostrare la sua immagine al di fuori del cuore. La continua tensione non faceva che aumentare il congelamento dei sentimenti.
La triste lama andava sempre più affilandosi trafiggendo ogni clemenza, in questo mondo aveva seminato dietro di se il terrore. Ma allo stesso tempo estirpava dai nostri petti dubbi e smarrimenti.
Io non sono all’altezza di parlare del cuore, sono costretto dolorosamente a riconoscere questa mia incapacità!
Se no si uccide si viene uccisi, in battaglia si riconosce l’orrore puro!
Non ci è possibile parlare di ideali! Nella storia delle armature noi non abbiamo fatto altro che conservare la nostra volontà; credere nella giustizia e sconfiggere il male, tutto si esauriva in questo. Ma gli ideali si estendo verso uno spazio infinito, il sogno degli uomini che vi si addentrano in cerca di un appiglio supera ogni immaginazione.
Ho invidiato gli uomini prescelti dalla storia. Mi chiedo se non abbiano nutrito dubbi o provato mai rimpianti per il tempo ormai trascorso, hanno un cuore che si preoccupa per le sorti dell’umanità e da esso traggono la loro forza e determinazione.
Adesso che ho deposto il pesante fardello posso vedere la lunga strada lasciata alle spalle come un ricordo positivo. Non si può sfuggire al destino, penso sia meglio accettarlo e viverlo con rassegnazione. Tutto ciò che chiedo è una ragione alle mie convinzioni, desidero soltanto questo, non mi importa se tutto è inganno, per questo sono disposto a dare la mia vita.
Contrastare la forza con la forza è la massima della follia perciò immergiti o mio essere nel cuore!!”
Bisogna raccontare il cuore agli uomini, è questo il messaggio che Seiji ci vuole mandare, Questo è senza dubbio tra i monologhi il più complesso ma anche il più bello e profondo. Seiji fa un disamina straordinaria dei sentimenti dei guerrieri e dei suoi, riesce ad analizzare il tutto colpito dalla luce dell’illuminazione ovvero la luce del nimbo. Ed è proprio l’illuminazione che gli permetterà di comprendere il vero messaggio, ovvero l’impossibilità di rispondere alla violenza con altra violenza perché in questo modo si genera rancore all’infinito. In questo modo non cambierà mai nulla e nulla si genererà perché alla fine l’uomo si dimenticherà dei tempi e delle sofferenze.
Dall’inizio del suo monologo si può capire l’importanza degli ideali come motore delle azioni del samurai biondo. Ma lo stesso non è mai riuscito a trovare degli ideali realmente convincenti che adesso riescano a spiegare le proprie azioni. Si dimostra infatti stanco della ricerca e quasi affranto, non riesce quindi ad incamminarsi sul cammino dell’illuminazione
All’inizio i samurai combattevano con un obiettivo piuttosto infantile, ovvero proteggere la giustizia dal male usando la forza. Solo diventando più adulti si può comprendere che la forza usata dai “giusti” non è cosi lontana dalla crudeltà utilizzata dai “malvagi”. Tuttavia quel sentimento era necessario per convincerli a superare i propri limiti.
Ma per combattere ci vuole il “cuore”. In questo caso il concetto di cuore è abbastanza complesso è fa più che altro riferimento ad un contenitore complessivo di sentimenti, i quali sono necessari per comprendere razionalmente il mondo che ci circonda. Non si tratta di un mero abbandono alla emozionalità che porta ad agire impulsivamente ma si tratta di sentimenti più ragionati e profondi che sostengono le convinzioni.
Seiji si è accorto di non essere riuscito, nel periodo della lotta, a trovare un sistema di pensiero basato sul cuore che gli avrebbe concesso la lucidità per analizzare la situazione attentamente e comprendere le sue azioni. Non si reputa quindi un grande guerriero per questa sua mancanza che lo ha reso un semplice strumento nelle mani della violenza.
E’ quindi un Seiji molto maturo quello che parla, l’accresciuta consapevolezza gli illuminerà la strada per riuscire a rifiutare l’invito alla guerra di Susangai. Anche se non gli impedirà di finire intrappolato, questa volta però con la speranza di portare un po’ di luce nel cuore ormai smarrito della ragazza.
Proprio nel monologo di Seiji si fa riferimento ad un elemento portante della trama. Si parla infatti del mondo delle armature come un mondo a se stante, vengono infatti trasfigurate come essere consapevoli nella loro volontà di accrescere le guerre per accrescere l’odio e i combattimenti. Sono loro le maggiori responsabili perché assetate di violenza. La loro semplice presenza porta infatti l’uomo ad abbandonare il suo cuore intontito dal potere che promettono.
Ryo Sanada – Vampa – Altruismo
…..
Ebbene sì, Ryo non sarà soggetto a un vero e proprio monologo ma lo vedremo più maturo che mai. La Vampa inizialmente uno dei personaggi più impulsivi dell’anime è davvero cresciuto, questo processo di crescita è rappresentato da una scena che ricorda molto quella di Shinji in Evangelion; inquadratura fissa su di lui che ascolta i messaggi lasciati in segreteria da parte degli amici. Questo fa di Ryo una figura quasi ideale nel momento in cui si fa portatore della conoscenza e del risultato a cui sono giunti i compagni.
Nei messaggi ciascuno dei 4 altri ragazzi dirà a Ryo le conclusioni a cui è giunto durante le proprie riflessioni, che permetterà al samurai protagonista di apprenderle e integrarle per raggiungere una sintesi finale. Il processo è una allegoria dell’invocazione dell’Imperatore Splendente. In quel caso Ryo assorbiva la forza degli amici, in questo ne assorbe l’intelletto e le riflessioni, che permetteranno al ragazzo di indossare l’armatura bianca della conoscenza.
Tra le riflessioni degli amici troverete un Toma saggio del fatto che “quando si scontrano due forze uguali è logico che si distruggano a vicenda, qualcosa va cambiato per evitare che tutto torni di nuovo a ripetersi”. Uno Shin consapevole, che dice di aver messo ordine nei sui pensieri, e di non avere rimpianti, ma allo stesso tempo rinunciatario:”le armature nascondono un problema difficile da risolvere, non riuscirò mai a cambiare il mondo delle armature sarebbe una battaglia persa in partenza”. Shin mostra quindi anche nel finale quell’ingenuità di sempre affermando che darà priorità ai sui sentimenti, conscio di un comportamento egoista, ma orami stanco e speranzoso di una vita normale.
Shu come al solito si mostra battagliero “sembra che ci sia qualcuno deciso a ripulire questo mondo servendosi del potere delle armature, vorrei farli vedere quanto è terrificante il potere dell’Imperatore Splendente!”. Questa volta però ha paura, gli tremano le mani perché non sa cosa e contro chi deve combattere, non sa soprattutto come deve combattere non essendoci un vero e proprio nemico. Sa che il vero nemico da affrontare è se stesso e il suo passato.
Il cuore viene ribadito da Seiji, che mostra tanta pietà nei confronti degli uomini e sa che oramai le armature (leggi violenza) sono entrate a far parte del mondo degli uomini e hanno segnato la sua storia. Seiji è quasi poetico nell’affermare che “il cuore è davvero un mistero perché desidera la felicità ma vede la bellezza dell’inquietudine” consapevole che agli uomini non sarà mai concesso di liberarsi della violenza e della sofferenza poichè sono loro stessi a volerlo. Ma tra i sentimenti umani vi è anche la compassione e altri sentimenti positivi ed è su questo che loro devono concentrarsi. Bisogna infatti credere nel cuore umano e lasciare che gli uomini credano nel nostro cuore.
Ryo dal canto suo è più sicuro che mai, affronta Suasangi direttamente e risponde colpo su colpo sapendo che l’uomo è pieno di paure e sofferenza e per questo ricorre alla violenza. Ryo ha compreso l’uomo poiché ha compreso se stesso.
La fine è tremenda ma è inevitabile il sacrificio dei giovani eroi. Il contraccolpo al cuore per lo spettatore è fortissimo nel momento in cui i Samurai Troopers quasi in silenzio si sacrificano per portare definitivamente via dal mondo terreno le armature e quindi il risentimento. È una fine tremenda perché inaspettata, viene dopo una sofferenza protratta per quasi tutta la vita per i 5 ragazzi che porta poi ad una felicità mai raggiunta. È spaventosa perché è silenziosa, i ragazzi si sacrificano in silenzio, cosi come all’oscuro di tutti sono rimasti i veri eroi.
Questi sono i guerrieri che nel corso della storia hanno cercato di non usare le armature e di non farle usare agli altri, è un numero elevato di gente ma nascosta tra le pieghe della storia, proprio per la loro coraggiosa, dignitosa ma purtroppo silenziosa fine. Alla luce di questo, la figura di Kaosu viene completamente stravolta. Non più quindi persona positiva, ma uomo che persegue la violenza. Una delle prime scene nel primo OAV è proprio quella che vede Kaosu levare forzatamente una serie di sigilli posti al box dell’armatura dell’etere, messi senza dubbio da uno di quegli eroi speranzoso che l’armatura non venisse più usata.
La madre di Susanagi ha la sua tomba nel cimitero di questi eroi, lei di per se non ha protetto direttamente l’uomo dalle armature ma lo ha fatto scrivendo quello spettacolo teatrale. È infatti una veggente che ha cercato di insegnare agli uomini della sua epoca il rifiuto della forza, senza trovare però successo. La stessa finalmente spiega meglio il significato del cuore; è il cuore l’artefice di tutto, dallo stesso può sgorgare amore che è la vera forza per proteggere gli uomini. Ma molte volte è proprio quella forza che diventa violenza e rancore. È stata la madre di Susanagi ad aver influenzato il destino portando le armatura a raggiungere 5 cuori puri. Quei 5 cuori puri che hanno finalmente fatto capire alla ragazza il significato della compassione e dell’amore; sono riusciti a sconfiggere il suo odio senza combattere.
La scena finale è bellissima ma anche estremamente poetica nella sua drammaticità. Inspira un senso di tranquillità fuori dal comune. Si vedono infatti i 5 ragazzi ormai morti ma entrati a far parte del mondo delle armature con la speranza di riuscire a portare il cuore e l’amore ed offuscare la violenza.
Il significato di questa epopea è molto profondo ed è necessario fermarsi molto a riflettere prima di capirlo. L’obiettivo è dare un messaggio morale per far comprendere l’importanza dell’amore ed evitare la violenza.
Le armature quindi non sono altro che una metafora di tutte le armi, sono quindi un simbolo della lotta e della violenza che alberga nel cuore. In questo caso sono viste come una mano invisibile che manovra la storia e le azioni degli uomini
Oltre a questo c’è anche un significato più profondo strettamente correlato alla storia giapponese. Si vedono infatti chiaramente le navi nere dell’ammiraglio Perry che più di 150 anni fa portarono all’apertura forzosa del Giappone. Quelle navi metaforicamente hanno sterminato la famiglia di Susanagi.
Le navi infatti rappresentano la fine e dell’epoca del Giappone antico e dei samurai. Il paese del Sol Levante è obbligato ad aprirsi al mondo e costretto alla modernità. La storia millenaria rischia quindi di scomparire, cosi come gli insegnamenti ricevuti in un periodo, quello Tokugawa, di relativa pace dopo quasi 100 anni di violenti scontri civili nell’era Sengoku.
In quei 200 anni quando i Tokugawa riuscirono a mantenere la pace poiché era ancora forte il dolore per le migliaia di vittime delle guerre precedenti. Ma la rivoluzione storica della modernità rischia di azzerare qualsiasi insegnamento del passato, ed è proprio questa la paura espressa. Timori di certo non infondati alla luce delle guerre che hanno coinvolto il Giappone nell’epoca della modernità. Susanagi è quindi la personificazione dell’era Yamato quella del Giappone antico.
È quindi necessario imparare dalla storia, dagli insegnamenti del passato e dagli errori degli altri uomini, cosi come i giovani eroi hanno imparato dai propri errori arrivando alla fine dell’anime ad essere finalmente maturi.
In conclusione si può dire che ci troviamo di fronte ad un prodotto straordinario, eccezionale in sintesi per tre motivi. Il primo è collegato alla profondità degli insegnamenti che si vogliono veicolare e soprattutto al modo con cui vengono proposti al pubblico; quasi poetico. In secondo luogo c’è una crescita straordinaria rispetto le precedenti produzioni con un miglioramento stupefacente ed inaspettato. Il terzo motivo si ricollega al secondo e fa riferimento al coraggio che gli autori hanno avuto nel proporre un prodotto cosi innovativo trasformando un tradizionale shonen.
Il voto per questi motivi non può non essere il massimo, 10 infatti è il voto che si merita senza alcun dubbio.
Una menzione particolare va poi all’edizione italiana soprattutto al doppiaggio, l’anime infatti per la sua struttura teatrale richiedeva attori bravi che sapessero esprimere i sentimenti parlando, è questo è stato pienamente fatto da tutti i doppiatori dei protagonisti senza eccezione.
Straordinaria è anche la sigla finale quasi commuovente nel mostrare la crescita e la felicità di Susangai prima della tragedia.
Vorrei quindi lasciarvi con una domanda, voi avete trovato infine il vostro cuore?
LightLife
Ne I 5 samurai OAV 3 sotto il profilo dell'azione devo dire che non c'è ne è proprio, a mio avviso il punto cruciale delle storia è la crescita dei personaggi e il loro destino e la conclusione è molto triste. Questi giovani ragazzi dopo aver affrontato il male non per volere loro, ma per un fato già scritto, cercano di avere una vita normale, ma ormai il loro destino è legato a quello dell'armatura. Infatti ripercorrendo il passato dell'armatura capiscono che la loro vita è legata in maniera indissolubile all'armatura e anche l'esasperato gesto di abbandonarle per poter lasciare indietro il mondo di conflitti e sangue che li ha "perseguitati" è vano. Infatti loro sono stati scelti per combattere, loro sono samurai e lo saranno per sempre.
Una fantomatica sacerdotessa, per vendetta, rinchiude uno ad uno i Samurai in nuove armature, dentro le quali ognuno cade in preda ad allucinazioni del passato... Pensate che gli OAV dei Cavalieri siano brutti? Quelli dei Samurai sono peggio, e questo è decisamente il più orrendo: trama inconcludente e una snervante ripetizione di scene d'archivio. Una vergognosa operazione commerciale.