Blade of the Immortal
Seguo Miike da più di 15 anni e ogni volta sono sempre curioso di vedere un suo film, anche quando mi appresto a vedere suoi film meno aprezzati. E' un regista che riserva sempre delle sorprese e, normalmente lo apprezzo là dove riesce a misurare il suo genio. In questo caso non avevo letto nessun parere, nemmeno di striscio, non avevo nemmeno aperto la pagina su imdb, ma il solo titolo del film, il fatto che era la prima produzione di Miike per Netflix, e il manga dal quale era ispirato bastavano a farmi presagire qualcosa di grande.
Ho atteso un po' dall'uscita, prima di vederlo. Ma sono stato ripagato. Avevo timore che mi deludesse, e al contrario mi sono trovato davanti ad una storia che avrei voluto non finisse, nonostante per la natura stessa della vicenda, tutto era già scritto nell'incipit. Ma non poteva e non può essere altrimenti.
La sequenza introduttiva in bianco e nero è una dichiarazione del regista. Questa è una storia che parla di vendetta, e parlerà di vendetta (e di redenzione?).
Ho trovato il passaggio dal bianco e nero al colore eccezionale per il pathos che esprime e perchè nel bianco e nero ho visto anche una fase di transizione da manga a film.
Solo a pensare a questo portentoso inizio mi viene voglia di rivedere già il film.
Poco dopo aver visto l'introduzione è difficile, per chi conosce abbastanza la filmografia di Miiike, non esclamare dentro di sè: "Beh, ma questa trama poteva girarla solo lui!"
Purtroppo non ho letto il manga di Hiroaki Samura, cosa che non mi dispiacerebbe fare, ma è chiaro solo leggendo il riassunto del manga qui su animeclick che la trama è stata senz'altro semplificata, sebbene nelle due ore e venti di svolgimento ne accadano di fatti. Non era possibile narrare quel che riesce Samura in 30 volumi, ma, mi azzardo a dire, pur non avendo ancora letto il manga, che Miike riesce ad esprimere l'anima di quest'opera, o comunque se il film differisce dal manga, ha dato un'espressione personale, ha dato la sua anima ha un'opera che, si intuisce, ha grande potere espressivo e drammatico.
Il sangue che scorre è tanto e non ci vengono risparmiate scene abbastanza forti, il divieto ai minori di 14 anni ha senso. Sappiamo che il film sarà un continuo scorrimento di sangue e guarigioni prodigiose. Questa sequenza di ferite e guarigioni, ferite e guarigioni diventa l'emblema di quello che è la vita stessa. E il modo in cui nelle due ore e venti tutta questa sequela di ammazzamenti raggiunge il finale in un climax perfetto, ha qualcosa di prodigioso che non vedevo da tempo in un film del genere.
Il merito della riuscita di quest'impresa registica è molto nella fotografia superba e nelle musiche che sebbene non spicchino come qualcosa da riascoltare al di fuori, sono legate alle immagini in modo indissolubile tanto che musica e immagini diventano un tutt'uno così da trovarsi avvolti in una scena senza accorgersi della presenza della musica anche quando c'è, perchè ci si ritrova rapiti come quando ci si perde fra i pensieri e non si sentono rumori intorno a noi. So che potrebbe sembrare una cosa priva di senso apprezzare delle musiche che pare non ci siano mentre osservi le immagini eppure è uscito fuori un connubio eccezionale che dona una coerenza e una grazia alla storia di Manji e Rin.
Comunque vi sfido, dopo aver visto il film, a mettere a caso una scenza diversa del film, in pausa. Io l'ho appena fatto e non c'è un fotogramma che mi è apparso per cui non mi sia detto: "Che meraviglia!". I costumi, il verde delle ambientazioni, il sangue, gli alberi, la luce.
Riuscire a girare in questo modo un film dalla storia già scritta; di fatto nel manga, ma anche per il contenuto stesso della vicenda, perchè sappiamo bene dopo i primissimi minuti, cosa andremo ad assistere, è un'impresa da maestro. Non sono propenso a ritenere Miike un genio del cinema, anche se di estro e di genio ne ha da vendere, eppure in questo film ha dato prova di una capacità registica unica, che attraverso un parossistico, incessante, esagerato riversare di sangue ha cucito una tela, paradossalmente, davvero pregiata e sontuosa. Quel che aveva fatto con Graveyard of Honour nel genere Yakuza, è stato qui eseguito per il genere Jidai Geki o Chambara. Miike ha sublimato il suo stile in un'opera di genere visionaria che sono sicuro sarà apprezzata anche col passare degli anni.
Ho atteso un po' dall'uscita, prima di vederlo. Ma sono stato ripagato. Avevo timore che mi deludesse, e al contrario mi sono trovato davanti ad una storia che avrei voluto non finisse, nonostante per la natura stessa della vicenda, tutto era già scritto nell'incipit. Ma non poteva e non può essere altrimenti.
La sequenza introduttiva in bianco e nero è una dichiarazione del regista. Questa è una storia che parla di vendetta, e parlerà di vendetta (e di redenzione?).
Ho trovato il passaggio dal bianco e nero al colore eccezionale per il pathos che esprime e perchè nel bianco e nero ho visto anche una fase di transizione da manga a film.
Solo a pensare a questo portentoso inizio mi viene voglia di rivedere già il film.
Poco dopo aver visto l'introduzione è difficile, per chi conosce abbastanza la filmografia di Miiike, non esclamare dentro di sè: "Beh, ma questa trama poteva girarla solo lui!"
Purtroppo non ho letto il manga di Hiroaki Samura, cosa che non mi dispiacerebbe fare, ma è chiaro solo leggendo il riassunto del manga qui su animeclick che la trama è stata senz'altro semplificata, sebbene nelle due ore e venti di svolgimento ne accadano di fatti. Non era possibile narrare quel che riesce Samura in 30 volumi, ma, mi azzardo a dire, pur non avendo ancora letto il manga, che Miike riesce ad esprimere l'anima di quest'opera, o comunque se il film differisce dal manga, ha dato un'espressione personale, ha dato la sua anima ha un'opera che, si intuisce, ha grande potere espressivo e drammatico.
Il sangue che scorre è tanto e non ci vengono risparmiate scene abbastanza forti, il divieto ai minori di 14 anni ha senso. Sappiamo che il film sarà un continuo scorrimento di sangue e guarigioni prodigiose. Questa sequenza di ferite e guarigioni, ferite e guarigioni diventa l'emblema di quello che è la vita stessa. E il modo in cui nelle due ore e venti tutta questa sequela di ammazzamenti raggiunge il finale in un climax perfetto, ha qualcosa di prodigioso che non vedevo da tempo in un film del genere.
Il merito della riuscita di quest'impresa registica è molto nella fotografia superba e nelle musiche che sebbene non spicchino come qualcosa da riascoltare al di fuori, sono legate alle immagini in modo indissolubile tanto che musica e immagini diventano un tutt'uno così da trovarsi avvolti in una scena senza accorgersi della presenza della musica anche quando c'è, perchè ci si ritrova rapiti come quando ci si perde fra i pensieri e non si sentono rumori intorno a noi. So che potrebbe sembrare una cosa priva di senso apprezzare delle musiche che pare non ci siano mentre osservi le immagini eppure è uscito fuori un connubio eccezionale che dona una coerenza e una grazia alla storia di Manji e Rin.
Comunque vi sfido, dopo aver visto il film, a mettere a caso una scenza diversa del film, in pausa. Io l'ho appena fatto e non c'è un fotogramma che mi è apparso per cui non mi sia detto: "Che meraviglia!". I costumi, il verde delle ambientazioni, il sangue, gli alberi, la luce.
Riuscire a girare in questo modo un film dalla storia già scritta; di fatto nel manga, ma anche per il contenuto stesso della vicenda, perchè sappiamo bene dopo i primissimi minuti, cosa andremo ad assistere, è un'impresa da maestro. Non sono propenso a ritenere Miike un genio del cinema, anche se di estro e di genio ne ha da vendere, eppure in questo film ha dato prova di una capacità registica unica, che attraverso un parossistico, incessante, esagerato riversare di sangue ha cucito una tela, paradossalmente, davvero pregiata e sontuosa. Quel che aveva fatto con Graveyard of Honour nel genere Yakuza, è stato qui eseguito per il genere Jidai Geki o Chambara. Miike ha sublimato il suo stile in un'opera di genere visionaria che sono sicuro sarà apprezzata anche col passare degli anni.