I Want to Eat Your Pancreas
E finalmente, grazie alla gentilezza di un'amica, sono riuscito a visionare anche il Live Action di "Voglio mangiare il tuo pancreas" (titolo originale "Kimi no suizo wo tabetai"), completando la tetralogia del "pancreas" (novel, manga, anime e live action...).
Il titolo attirò la mia attenzione qualche tempo fa per la sua originalità e iniziai a vedere l'anime. Ne rimasi quasi folgorato dalla trama e pertanto sono poi passato alla novel e al manga.
Anche il live action è tratto dall’omonimo romanzo di Yoru Sumino, pubblicato nel 2015, e rappresenta una delle opere che più mi ha toccato per la sua semplice profondità.
Per riassumere anche il drama, che differisce dalla novel, manga e anime, utilizzerei un titolo: narra "le cose della vita", quelle per le quali non servono "parole difficili e poetiche che stuzzicano il cuore" (cit. A. Venditti) ma solo la delicata descrizione di una situazione tanto tristemente drammatica quanto realistica.
"Voglio mangiare il tuo pancreas" racconta il rapporto che nasce e si consolida in breve tempo tra un ragazzo molto introverso e insicuro ed una ragazza che è malata ormai terminale.
Ne esce anche nel live action un'opera che diventa un'elegia della voglia di vivere anche e contro il destino avverso.
Colpisce soprattutto il contrasto tra:
- l'atteggiamento del ragazzo che, sano, rinuncia a vivere appieno la sua vita e la sua giovinezza perché insicuro e timido al punto da non aver amici/amiche e di isolarsi completamente dalla vita sociale rifugiandosi nei suoi amati libri;
- quello della ragazza che, ormai consapevole del suo prossimo e ineluttabile destino, non solo dimostra un attaccamento realistico e realista alla sua vita senza abbattersi, con una dignità senza eguali, ma si preoccupa di lasciare in eredità il suo amore per la vita tanto da cercare di cambiare, riuscendoci, la weltanschaaung del ragazzo in modo da costringerlo ad uscire dal suo isolamento... Ma il prezzo del cambiamento sarà piuttosto alto... e doloroso.
Un po' di spoiler non guasta...
Haruki Shiga è un ragazzo poco incline all'intrattenere rapporti con le persone, tanto da sembrare una sorta di Macchiavelli nipponico in quanto non fa nulla per niente.
Si crogiola e si autoconvince nel suo cinismo trascorrendo in isolamento il suo tempo libero concentrato alla lettura di libri. Ma non appare un personaggio del tutto negativo: sicuramente non fa nulla per accattivarsi le simpatie e la benevolenza dello spettatore, ma dimostra a più riprese di avere una maturità e una sensibilità fuori del comune, tanto da esprimere delle considerazioni argute, profonde ed equilibrate.
Il destino vuole che durante una visita di controllo in ospedale, Haruki trova per caso un diario chiamato “Diario della convivenza con la malattia”; sfogliandolo per pura curiosità Haruki scopre che chi lo ha scritto è una ragazza malata terminale e che tale ragazza è una sua compagna di classe delle scuole superiori: Sakura Yamaguchi.
La ragazza ritorna a cercare il suo diario e trovandolo in mano a Haruki gli chiede la cortesia di non divulgare il suo segreto.
Sakura, che a differenza di Haruki è il suo esatto opposto ossia solare, vivace, carina e anche un po' infantile (solo in apparenza) fin dal primo incontro in ospedale dimostra un certo interesse per Haruki.
Lui invece non si scompone neppure una volta venuto a conoscenza della sua malattia e cerca di restare alla larga da lei e dalla sua insistenza nel frequentarsi.
Ma Sakura pian piano e con una determinazione senza eguali, nonostante la malattia, apre una breccia nel muro di isolamento di Haruki, rivelandone man mano la sua personalità dolce e profonda, ossia quello che Sakura aveva intuito fin dall'inizio...
Il bello della trama sta nel modo in cui interagiscono i due: tanto peperina e provocatrice (senza eccessi) lei, quanto compassato e dissacrante lui.
Le loro gag sono anche spassose e si ride nonostante la consapevolezza che Sakura in poco tempo avrebbe cessato la propria esistenza.
Il rapporto tra i due evolve di giorno in giorno: si instaura una relazione che non è solo di amicizia e di stima profonda ma non ancora di amore a tutto tondo.
E' una sorta di reciproca dipendenza: Sakura ha bisogno di lui per vivere i suoi ultimi giorni con una persona che la faceva sentire a suo agio perché non la compativa lasciandole assaporare in modo spensierato i suoi ultimi momenti e Haruki ha bisogno di lei perché ha intuito che era l'unica persona paziente e dolce che gli avrebbe permesso di uscire dall'assurdo isolamento in cui si era posto.
E man mano che si conoscono è evidente che iniziano anche a piacersi nonostante la consapevolezza del futuro ormai segnato di Sakura.
Credo che nella storia del cinema e forse anche dell'animazione, il tema dell'amore in cui una delle persone sia affetta da malattia terminale sia stato già affrontato numerose volte ma in "Voglio mangiare il tuo pancreas" la trama a mio avviso non scade in un eccesso di pathos e melodramma strappalacrime.
Il film, come tutte le altre opere tratte dalla novel, tenta di affrontare anche altre tematiche quali la morte e la elaborazione del lutto, l'amicizia disinteressata, l’amore nel senso più nobile e alto del termine e più in generale per la vita con un approccio molto "zen" o orientale, con una profondità e semplicità inusitate.
La delicatezza e la leggerezza (apparente...) con cui Sakura dimostra di saper affrontare il suo destino, senza nascondere i momenti "umani" di disperazione tipici di una adolescente che deve fare i conti con il conto alla rovescia della sua esistenza prossimo alla scadenza, è un messaggio potentissimo di lode e attaccamento alla vita intesa come volontà di vivere il presente in ogni suo istante per quello che è in grado di offrire senza che possa essere oscurata da sentimenti negativi che avrebbero rovinato quel poco che le restava da vivere.
Un approccio puro, realistico e oggettivo, senza rabbia o odio per un destino che le stava togliendo la gioia di poter vivere la sua esistenza fino alla vecchiaia. Un approccio che rende tutte le difficoltà che la vita possa riservarci un mero accadimento da affrontare e superare se resta integra la possibilità di continuare a vivere...
E così Haruki si rende conto di quanto "le cose della vita" diventino "piccole" se confrontate con la consapevolezza della perdita del bene più prezioso che possediamo... E, in fondo, la lezione è un po' rivolta a tutti gli spettatori.
Il film, come anticipato, presenta delle differenze sostanziali con la novel e le altre opere derivate.
Infatti il film utilizza il flashback per raccontare la storia dei due protagonisti, partendo dalla narrazione dell'Haruki adulto che insegnante nella stessa scuola superiore dove ha studiato con Sakura rievoca i ricordi delle vicende vissute con lei fino a risolvere ad anni di distanza la sua questione irrisolta con Kyoko (l'amica del cuore di Sakura).
Tale aspetto rappresenta un quid novi rispetto alla novel, ma riconosco che tutto sommato non stravolge il senso dell'opera da cui deriva rendendo comunque la trama credibile e godibile, accentuandone forse la struggente atmosfera dei ricordi del passato che costringono l'Haruki adulto a fare i conti con la sua personalità "bloccata" alla sua adolescenza e a tentare di superare definitivamente le barriere della sua profonda introversione...
Fino alla fine sembra che Sakura, la biblioteca, i libri, i ricordi abbiano rappresentato un limite doloroso che lo legano e lo bloccano piuttosto che degli elemento che consentano a Haruki di accogliere nel modo più ampio possibile la "Sakura's legacy" sulla vita.
Lato regia e fotografia, il film riesce a rendere con semplicità e immediatezza i dialoghi e le scene più significative anche grazie alla buona abilità recitativa dimostrata dai due attori che impersonano Sakura e Haruki da ragazzi. In particolare, l'attrice Minami Hamabe (all'epoca delle riprese sedicenne) riesce in modo mirabile a impersonare Sakura nei suoi alti e bassi nelle interazioni con Haruki. Mentre lui inizialmente sembra un monaco zen (un po' inusuale per essere un ragazzo), lei riesce a nell'arco del film a sembrare una ragazza della sua età, capace di slanci altruistici e considerazioni profonde come di capricci tipici dell'adolescenza, ma sempre rendendosi conto di essere prossima al traguardo, trasmettendo quel senso di dolce tristezza che rendono questa opera un unicum tra tutte quello che ho visto fino ad oggi.
Pertanto anche il film, sebbene in modo diverso dall'opera da cui deriva, riesce a cogliere nel segno e ne consiglio la visione soprattutto a coloro che ,oltre ad una storia (solo potenzialmente) romantica, ambiscono alla visione di una storia "vera".
Il titolo attirò la mia attenzione qualche tempo fa per la sua originalità e iniziai a vedere l'anime. Ne rimasi quasi folgorato dalla trama e pertanto sono poi passato alla novel e al manga.
Anche il live action è tratto dall’omonimo romanzo di Yoru Sumino, pubblicato nel 2015, e rappresenta una delle opere che più mi ha toccato per la sua semplice profondità.
Per riassumere anche il drama, che differisce dalla novel, manga e anime, utilizzerei un titolo: narra "le cose della vita", quelle per le quali non servono "parole difficili e poetiche che stuzzicano il cuore" (cit. A. Venditti) ma solo la delicata descrizione di una situazione tanto tristemente drammatica quanto realistica.
"Voglio mangiare il tuo pancreas" racconta il rapporto che nasce e si consolida in breve tempo tra un ragazzo molto introverso e insicuro ed una ragazza che è malata ormai terminale.
Ne esce anche nel live action un'opera che diventa un'elegia della voglia di vivere anche e contro il destino avverso.
Colpisce soprattutto il contrasto tra:
- l'atteggiamento del ragazzo che, sano, rinuncia a vivere appieno la sua vita e la sua giovinezza perché insicuro e timido al punto da non aver amici/amiche e di isolarsi completamente dalla vita sociale rifugiandosi nei suoi amati libri;
- quello della ragazza che, ormai consapevole del suo prossimo e ineluttabile destino, non solo dimostra un attaccamento realistico e realista alla sua vita senza abbattersi, con una dignità senza eguali, ma si preoccupa di lasciare in eredità il suo amore per la vita tanto da cercare di cambiare, riuscendoci, la weltanschaaung del ragazzo in modo da costringerlo ad uscire dal suo isolamento... Ma il prezzo del cambiamento sarà piuttosto alto... e doloroso.
Un po' di spoiler non guasta...
Haruki Shiga è un ragazzo poco incline all'intrattenere rapporti con le persone, tanto da sembrare una sorta di Macchiavelli nipponico in quanto non fa nulla per niente.
Si crogiola e si autoconvince nel suo cinismo trascorrendo in isolamento il suo tempo libero concentrato alla lettura di libri. Ma non appare un personaggio del tutto negativo: sicuramente non fa nulla per accattivarsi le simpatie e la benevolenza dello spettatore, ma dimostra a più riprese di avere una maturità e una sensibilità fuori del comune, tanto da esprimere delle considerazioni argute, profonde ed equilibrate.
Il destino vuole che durante una visita di controllo in ospedale, Haruki trova per caso un diario chiamato “Diario della convivenza con la malattia”; sfogliandolo per pura curiosità Haruki scopre che chi lo ha scritto è una ragazza malata terminale e che tale ragazza è una sua compagna di classe delle scuole superiori: Sakura Yamaguchi.
La ragazza ritorna a cercare il suo diario e trovandolo in mano a Haruki gli chiede la cortesia di non divulgare il suo segreto.
Sakura, che a differenza di Haruki è il suo esatto opposto ossia solare, vivace, carina e anche un po' infantile (solo in apparenza) fin dal primo incontro in ospedale dimostra un certo interesse per Haruki.
Lui invece non si scompone neppure una volta venuto a conoscenza della sua malattia e cerca di restare alla larga da lei e dalla sua insistenza nel frequentarsi.
Ma Sakura pian piano e con una determinazione senza eguali, nonostante la malattia, apre una breccia nel muro di isolamento di Haruki, rivelandone man mano la sua personalità dolce e profonda, ossia quello che Sakura aveva intuito fin dall'inizio...
Il bello della trama sta nel modo in cui interagiscono i due: tanto peperina e provocatrice (senza eccessi) lei, quanto compassato e dissacrante lui.
Le loro gag sono anche spassose e si ride nonostante la consapevolezza che Sakura in poco tempo avrebbe cessato la propria esistenza.
Il rapporto tra i due evolve di giorno in giorno: si instaura una relazione che non è solo di amicizia e di stima profonda ma non ancora di amore a tutto tondo.
E' una sorta di reciproca dipendenza: Sakura ha bisogno di lui per vivere i suoi ultimi giorni con una persona che la faceva sentire a suo agio perché non la compativa lasciandole assaporare in modo spensierato i suoi ultimi momenti e Haruki ha bisogno di lei perché ha intuito che era l'unica persona paziente e dolce che gli avrebbe permesso di uscire dall'assurdo isolamento in cui si era posto.
E man mano che si conoscono è evidente che iniziano anche a piacersi nonostante la consapevolezza del futuro ormai segnato di Sakura.
Credo che nella storia del cinema e forse anche dell'animazione, il tema dell'amore in cui una delle persone sia affetta da malattia terminale sia stato già affrontato numerose volte ma in "Voglio mangiare il tuo pancreas" la trama a mio avviso non scade in un eccesso di pathos e melodramma strappalacrime.
Il film, come tutte le altre opere tratte dalla novel, tenta di affrontare anche altre tematiche quali la morte e la elaborazione del lutto, l'amicizia disinteressata, l’amore nel senso più nobile e alto del termine e più in generale per la vita con un approccio molto "zen" o orientale, con una profondità e semplicità inusitate.
La delicatezza e la leggerezza (apparente...) con cui Sakura dimostra di saper affrontare il suo destino, senza nascondere i momenti "umani" di disperazione tipici di una adolescente che deve fare i conti con il conto alla rovescia della sua esistenza prossimo alla scadenza, è un messaggio potentissimo di lode e attaccamento alla vita intesa come volontà di vivere il presente in ogni suo istante per quello che è in grado di offrire senza che possa essere oscurata da sentimenti negativi che avrebbero rovinato quel poco che le restava da vivere.
Un approccio puro, realistico e oggettivo, senza rabbia o odio per un destino che le stava togliendo la gioia di poter vivere la sua esistenza fino alla vecchiaia. Un approccio che rende tutte le difficoltà che la vita possa riservarci un mero accadimento da affrontare e superare se resta integra la possibilità di continuare a vivere...
E così Haruki si rende conto di quanto "le cose della vita" diventino "piccole" se confrontate con la consapevolezza della perdita del bene più prezioso che possediamo... E, in fondo, la lezione è un po' rivolta a tutti gli spettatori.
Il film, come anticipato, presenta delle differenze sostanziali con la novel e le altre opere derivate.
Infatti il film utilizza il flashback per raccontare la storia dei due protagonisti, partendo dalla narrazione dell'Haruki adulto che insegnante nella stessa scuola superiore dove ha studiato con Sakura rievoca i ricordi delle vicende vissute con lei fino a risolvere ad anni di distanza la sua questione irrisolta con Kyoko (l'amica del cuore di Sakura).
Tale aspetto rappresenta un quid novi rispetto alla novel, ma riconosco che tutto sommato non stravolge il senso dell'opera da cui deriva rendendo comunque la trama credibile e godibile, accentuandone forse la struggente atmosfera dei ricordi del passato che costringono l'Haruki adulto a fare i conti con la sua personalità "bloccata" alla sua adolescenza e a tentare di superare definitivamente le barriere della sua profonda introversione...
Fino alla fine sembra che Sakura, la biblioteca, i libri, i ricordi abbiano rappresentato un limite doloroso che lo legano e lo bloccano piuttosto che degli elemento che consentano a Haruki di accogliere nel modo più ampio possibile la "Sakura's legacy" sulla vita.
Lato regia e fotografia, il film riesce a rendere con semplicità e immediatezza i dialoghi e le scene più significative anche grazie alla buona abilità recitativa dimostrata dai due attori che impersonano Sakura e Haruki da ragazzi. In particolare, l'attrice Minami Hamabe (all'epoca delle riprese sedicenne) riesce in modo mirabile a impersonare Sakura nei suoi alti e bassi nelle interazioni con Haruki. Mentre lui inizialmente sembra un monaco zen (un po' inusuale per essere un ragazzo), lei riesce a nell'arco del film a sembrare una ragazza della sua età, capace di slanci altruistici e considerazioni profonde come di capricci tipici dell'adolescenza, ma sempre rendendosi conto di essere prossima al traguardo, trasmettendo quel senso di dolce tristezza che rendono questa opera un unicum tra tutte quello che ho visto fino ad oggi.
Pertanto anche il film, sebbene in modo diverso dall'opera da cui deriva, riesce a cogliere nel segno e ne consiglio la visione soprattutto a coloro che ,oltre ad una storia (solo potenzialmente) romantica, ambiscono alla visione di una storia "vera".
"Cos'è la vita per te?". Domanda a cui non tutti sono in grado di dare una risposta. In questo film ne viene data una, con diverse dimostrazioni che possono solo insegnarci a vivere e a non buttare via nemmeno un istante della nostra esistenza.
In "Kimi no Suizo wo Tabetai" il protagonista racconta una storia, la storia di una ragazza di nome Sakura, affetta da una malattia terminale al pancreas e per la quale le è rimasto poco da vivere; e del suo compagno, come amava definirlo, Haruki, ovvero il protagonista stesso, con il quale scelse di condividere i suoi ultimi giorni di vita. Ai tempi era un liceale solitario, sempre sulle sue, che non amava interagire con gli altri. Proprio per questo motivo, egli attirò l'attenzione di Sakura, una ragazza incredibilmente solare, che nascondeva a tutti il segreto della sua malattia. Affrontava con naturalezza e apparente tranquillità il suo destino, senza lasciar trasparire le sue preoccupazioni e le sue paure. Haruki ne rimase sorpreso, e accettò di passare con lei l'ultimo tempo rimasto. Viaggiarono, si divertirono, si raccontarono ogni cosa e c'erano sempre l'uno per l'altro. Haruki non nascose mai le sue perplessità e la sua paura di perdere l'unica persona con la quale si era creato un forte legame. Ma Sakura era forte, coraggiosa e determinata, visse ciò che le restava come aveva sempre fatto, sorrise alla vita fino all'ultimo. Il pensiero di quella morte tormentava lei come Haruki, nonostante ciò lei andava oltre, godeva di ogni piccolo momento passato nei luoghi che adorava e soprattutto con la gente che amava. Era serena e colma di valori, che trasmetteva al suo compagno, insegnandogli ogni giorno, una specifica lezione di vita. Nel suo sorriso così luminoso, brillavano l'ottimismo e il coraggio, ma anche le difficoltà di una vita ingiusta, che stava per abbandonarla. In quei suoi occhi traspariva la giovinezza e la genuinità di una ragazza colma di sogni, la forza di una combattente che poteva solo insegnare agli altri cos'è realmente la vita... Se è solo un insieme di giorni che fuggono via inesorabili, o è qualcosa di più; qualcosa che va oltre le nostre conoscenze, anime in connessione, che amano, odiano, riparano e distruggono, e che costituiscono l'essenza stessa dell'universo. Non siamo capaci di definire realmente cosa sia, ma a quanto pare Sakura l'aveva capito.
Se n'è andata via presto e inaspettatamente. Subito dopo la sua morte, come lei gli aveva detto, Haruki prende il suo diario, nel quale aveva scritto tutti i suoi pensieri e i suoi momenti di vita. Qualcosa di prezioso, insomma, che dodici anni anni dopo egli ancora possiede, ed ogni tanto rilegge con nostalgia e tristezza. È diventato un insegnante, come Sakura avrebbe voluto, il suo ricordo vive ancora in lui, nei suoi occhi, e da lì non se ne andrà mai.
Poco prima del matrimonio di Kyoko, la migliore amica di Sakura, Haruki rivive i giorni in cui la sua vita splendeva, consegnandole una lettera scritta per lei. Un ricordo pieno di vita, che commuove e rattrista, provocando emozioni che sicuramente le parole non riescono ad esprimere. Ed è questo per cui vale la pena vivere, per emozioni così forti. Possiamo dire di aver vissuto solo dopo averle provate.
Questo non è solo un film con una trama apparentemente triste, è qualcosa di più, la dimostrazione di quanto la vita possa essere crudele, ma allo stesso tempo meravigliosamente ricca di eventi e sensazioni, di conoscenze e perdite. Lasciarsi vivere di fronte ad una difficoltà non è mai la soluzione, e questo credo che Sakura sia riuscito a spiegarlo molto bene. Lei è la voce di altre milioni di persone nella sua stessa situazione, con la stessa voglia di vivere e lo stesso coraggio. La voce attraverso la quale riesce ad esprimere ogni sfumatura dell'esistenza, anche per chi la voce l'ha persa per manifestare tutto il dolore, e per gridare aiuto. E perché no, per difendersi da qualcosa di invincibile, per sfogarsi e urlare al cielo il motivo per cui ha deciso di prendersela con me e non con qualcun altro. È il primo pensiero che viene in mente a tutti, ma che a Sakura sembra non esser mai venuto. Ha accettato, ma no, non si è arresa, accettare non vuol dire arrendersi. Significa semplicemente arrivare ad un punto in cui non è possibile fare qualcosa e prendere tutto come viene, nel miglior modo possibile. Ha avuto bisogno di qualcuno al suo fianco, perché da soli fa male anche l'aria. Avere una persona con cui condividere tutto, specie avvenimenti del genere, aiuta ad affrontare in maniera serena qualunque cosa la vita ti presenti. Da soli non siamo nulla, anche dopo la morte, si desidera vivere nelle persone amate, proprio come Sakura voleva, e ci è riuscita.
"Kimi no Suizo wo Tabetai" è un film che racconta verità. Ha colpito proprio per questo. Attraverso una trama che rappresenta e potrebbe rappresentare tutti noi. Insegna. Il ricordo di una persona supera la durata del nostro tempo. Siamo destinati ad andare, qui siamo solo di passaggio, non c'è dubbio. Ma ciò che realmente resta di noi non è il nostro oggetto preferito, i nostri vestiti o i nostri resti, è la memoria delle gesta compiute in vita, dei nostri rapporti e di ciò che abbiamo lasciato nell'anima delle persone. Il resto è solo superficialità. E qui, ne abbiamo l'ennesima prova.
Dando un veloce sguardo al resto, secondo me giusta è la scelta della colonna sonora. Un pianoforte che suona e scandisce con i suoi accordi le scene più profonde di quest'intenso film. Davvero un'ottima prestazione da parte degli attori, in grado di interpretare due personaggi così forti e di raccontare una storia complessa e magica. Mi sarebbe piaciuta una maggiore descrizione dei personaggi secondari, anche se, il tutto si basa principalmente sui due protagonisti. Ottima la scelta di narrare il tutto attraverso i ricordi del protagonista ormai cresciuto, con l'aiuto di continui flashback, che conferiscono al film una particolare atmosfera, tutt'altro che deprimente.
È un film che tutti dovrebbero guardare, perché lascia davvero degli insegnamenti. Una piccola lezione, un piccolo aiuto, una piccola perla che sicuramente arricchisce.
In "Kimi no Suizo wo Tabetai" il protagonista racconta una storia, la storia di una ragazza di nome Sakura, affetta da una malattia terminale al pancreas e per la quale le è rimasto poco da vivere; e del suo compagno, come amava definirlo, Haruki, ovvero il protagonista stesso, con il quale scelse di condividere i suoi ultimi giorni di vita. Ai tempi era un liceale solitario, sempre sulle sue, che non amava interagire con gli altri. Proprio per questo motivo, egli attirò l'attenzione di Sakura, una ragazza incredibilmente solare, che nascondeva a tutti il segreto della sua malattia. Affrontava con naturalezza e apparente tranquillità il suo destino, senza lasciar trasparire le sue preoccupazioni e le sue paure. Haruki ne rimase sorpreso, e accettò di passare con lei l'ultimo tempo rimasto. Viaggiarono, si divertirono, si raccontarono ogni cosa e c'erano sempre l'uno per l'altro. Haruki non nascose mai le sue perplessità e la sua paura di perdere l'unica persona con la quale si era creato un forte legame. Ma Sakura era forte, coraggiosa e determinata, visse ciò che le restava come aveva sempre fatto, sorrise alla vita fino all'ultimo. Il pensiero di quella morte tormentava lei come Haruki, nonostante ciò lei andava oltre, godeva di ogni piccolo momento passato nei luoghi che adorava e soprattutto con la gente che amava. Era serena e colma di valori, che trasmetteva al suo compagno, insegnandogli ogni giorno, una specifica lezione di vita. Nel suo sorriso così luminoso, brillavano l'ottimismo e il coraggio, ma anche le difficoltà di una vita ingiusta, che stava per abbandonarla. In quei suoi occhi traspariva la giovinezza e la genuinità di una ragazza colma di sogni, la forza di una combattente che poteva solo insegnare agli altri cos'è realmente la vita... Se è solo un insieme di giorni che fuggono via inesorabili, o è qualcosa di più; qualcosa che va oltre le nostre conoscenze, anime in connessione, che amano, odiano, riparano e distruggono, e che costituiscono l'essenza stessa dell'universo. Non siamo capaci di definire realmente cosa sia, ma a quanto pare Sakura l'aveva capito.
Se n'è andata via presto e inaspettatamente. Subito dopo la sua morte, come lei gli aveva detto, Haruki prende il suo diario, nel quale aveva scritto tutti i suoi pensieri e i suoi momenti di vita. Qualcosa di prezioso, insomma, che dodici anni anni dopo egli ancora possiede, ed ogni tanto rilegge con nostalgia e tristezza. È diventato un insegnante, come Sakura avrebbe voluto, il suo ricordo vive ancora in lui, nei suoi occhi, e da lì non se ne andrà mai.
Poco prima del matrimonio di Kyoko, la migliore amica di Sakura, Haruki rivive i giorni in cui la sua vita splendeva, consegnandole una lettera scritta per lei. Un ricordo pieno di vita, che commuove e rattrista, provocando emozioni che sicuramente le parole non riescono ad esprimere. Ed è questo per cui vale la pena vivere, per emozioni così forti. Possiamo dire di aver vissuto solo dopo averle provate.
Questo non è solo un film con una trama apparentemente triste, è qualcosa di più, la dimostrazione di quanto la vita possa essere crudele, ma allo stesso tempo meravigliosamente ricca di eventi e sensazioni, di conoscenze e perdite. Lasciarsi vivere di fronte ad una difficoltà non è mai la soluzione, e questo credo che Sakura sia riuscito a spiegarlo molto bene. Lei è la voce di altre milioni di persone nella sua stessa situazione, con la stessa voglia di vivere e lo stesso coraggio. La voce attraverso la quale riesce ad esprimere ogni sfumatura dell'esistenza, anche per chi la voce l'ha persa per manifestare tutto il dolore, e per gridare aiuto. E perché no, per difendersi da qualcosa di invincibile, per sfogarsi e urlare al cielo il motivo per cui ha deciso di prendersela con me e non con qualcun altro. È il primo pensiero che viene in mente a tutti, ma che a Sakura sembra non esser mai venuto. Ha accettato, ma no, non si è arresa, accettare non vuol dire arrendersi. Significa semplicemente arrivare ad un punto in cui non è possibile fare qualcosa e prendere tutto come viene, nel miglior modo possibile. Ha avuto bisogno di qualcuno al suo fianco, perché da soli fa male anche l'aria. Avere una persona con cui condividere tutto, specie avvenimenti del genere, aiuta ad affrontare in maniera serena qualunque cosa la vita ti presenti. Da soli non siamo nulla, anche dopo la morte, si desidera vivere nelle persone amate, proprio come Sakura voleva, e ci è riuscita.
"Kimi no Suizo wo Tabetai" è un film che racconta verità. Ha colpito proprio per questo. Attraverso una trama che rappresenta e potrebbe rappresentare tutti noi. Insegna. Il ricordo di una persona supera la durata del nostro tempo. Siamo destinati ad andare, qui siamo solo di passaggio, non c'è dubbio. Ma ciò che realmente resta di noi non è il nostro oggetto preferito, i nostri vestiti o i nostri resti, è la memoria delle gesta compiute in vita, dei nostri rapporti e di ciò che abbiamo lasciato nell'anima delle persone. Il resto è solo superficialità. E qui, ne abbiamo l'ennesima prova.
Dando un veloce sguardo al resto, secondo me giusta è la scelta della colonna sonora. Un pianoforte che suona e scandisce con i suoi accordi le scene più profonde di quest'intenso film. Davvero un'ottima prestazione da parte degli attori, in grado di interpretare due personaggi così forti e di raccontare una storia complessa e magica. Mi sarebbe piaciuta una maggiore descrizione dei personaggi secondari, anche se, il tutto si basa principalmente sui due protagonisti. Ottima la scelta di narrare il tutto attraverso i ricordi del protagonista ormai cresciuto, con l'aiuto di continui flashback, che conferiscono al film una particolare atmosfera, tutt'altro che deprimente.
È un film che tutti dovrebbero guardare, perché lascia davvero degli insegnamenti. Una piccola lezione, un piccolo aiuto, una piccola perla che sicuramente arricchisce.