Attack No.1 - Mimì e la nazionale di pallavolo
Sono appassionato di manga "vintage", un po' per nostalgia nei confronti delle storie che mi appassionavano quando, bambino delle elementari, le seguivo in tv nei primi anni '80, un po' perché capita che abbiano delle caratteristiche me li fanno preferire ai (pochi) manga più recenti che ho letto.
Ho apprezzato "Attack No.1" per la notevole evoluzione della qualità dei disegni, che inizialmente sono piuttosto crudi ma migliorano poi di volume in volume, insieme all'abile ed efficace scelta delle inquadrature delle vignette (probabilmente il successo del manga permise all'autrice di avvalersi di un numero crescente di assistenti). Il tratto dell'autrice evolve così da rudimentale a valido esempio di stile grafico vintage (che io spesso apprezzo), pur con alcune sue peculiarità, la più notevole è il modo totalmente irrealistico in cui sono disegnati gli occhi di tutti i personaggi principali femminili.
Altri due aspetti che ho apprezzato sono la presenza di eventi salienti non legati alla pallavolo, che conferiscono maggior profondità a personaggi e all'ambientazione o almeno spezzano la monotonia di una narrazione altrimenti monotematica, e la rapida ma comunque efficace caratterizzazione dei personaggi secondari, che rimangono tuttavia sovrastati dalla figura della protagonista - come del resto in ogni altro manga per ragazzini, shonen e shoujo.
Ho apprezzato "Attack No.1" per la notevole evoluzione della qualità dei disegni, che inizialmente sono piuttosto crudi ma migliorano poi di volume in volume, insieme all'abile ed efficace scelta delle inquadrature delle vignette (probabilmente il successo del manga permise all'autrice di avvalersi di un numero crescente di assistenti). Il tratto dell'autrice evolve così da rudimentale a valido esempio di stile grafico vintage (che io spesso apprezzo), pur con alcune sue peculiarità, la più notevole è il modo totalmente irrealistico in cui sono disegnati gli occhi di tutti i personaggi principali femminili.
Altri due aspetti che ho apprezzato sono la presenza di eventi salienti non legati alla pallavolo, che conferiscono maggior profondità a personaggi e all'ambientazione o almeno spezzano la monotonia di una narrazione altrimenti monotematica, e la rapida ma comunque efficace caratterizzazione dei personaggi secondari, che rimangono tuttavia sovrastati dalla figura della protagonista - come del resto in ogni altro manga per ragazzini, shonen e shoujo.
Indubbiamente uno dei più grandi classici della narrativa sportiva per ragazze, Attack No.1 è uno di quei titoli in cui l'alone, quasi mistico, d'importanza storica che la pervade risulta superiore all'effettiva qualità intrinseca dell'opera. Perché in fondo Attack No.1 risulta estremamente ripetitivo, focalizzandosi non poco sull'elemento sportivo a scapito della caratterizzazione dei suoi personaggi, tutti abbastanza superficiali e senza un'adeguata analisi psicologica che vada ad indagarne dubbi, sogni, incertezze, motivazioni e quant'altro. Siamo molto lontani dalla profondità di opere quali Ace wo nerae (Jenny la tennista), anche a causa di un'eccessiva fretta nel racconto che finisce per banalizzare diverse situazioni ed interazioni tra i personaggi, non dando ad esse il tempo di venire affrontate al meglio ed assimilate dal lettore. Ciononostante, Attack No.1 da il meglio di se nel trattare l'importanza educativa e sociale dello sport all'interno del mondo scolastico giapponese, ed in particolare l'importanza della coesione tra compagni e del sacrificio individuale a favore del bene collettivo.
Devo dire che non avevo aspettative altissime per questo manga e, in generale, quelli legati a tematiche sportive non attirano mai troppo la mia attenzione. In questo caso ho voluto rischiare per tre motivi: la fama dell'anime, la data di pubblicazione in Giappone e la mia "passione" per la pallavolo. E per fortuna che ho rischiato.
L'edizione J-Pop è buona, mi è piaciuto molto il formato piccolo. I disegni li ho trovati semplici ma dal gusto deliziosamente retrò. Tutto richiama, ovviamente, gli anni in cui il manga è stato pubblicato: le acconciature, gli abiti, l'arredamento, il linguaggio, la condotta. Proprio quest'ultima mi ha particolarmente colpito, il manga descrive in modo eccellente un modello comportamentale giapponese non troppo dissimile da quello attuale (vedi il rispetto per le senpai primo fra tutti) aggiungendone il senso di ribellione che spesso Ayuhara mostra nei suoi confronti, richiamando molto gli ideali di quel periodo storico: ci si ribella non per un mero desiderio di scontrarsi con il sistema, lo si fa per seguire degli ideali (In questo caso solitamente legati alla passione smodata per la pallavolo). Per apprezzare quindi al meglio quest'opera occorre immergerla, ed immergersi, negli anni in qui è stata scritta, uscendo da certi canoni attuali che noi riteniamo ovvi.
La narrazione è molto fluida e i continui stravolgimenti e problemi che si vengono a creare all'interno della cerchia di amicizie di Ayuhara, e delle stesse squadre in cui lei milita, fanno in modo che la lettura sia sempre avvincente e divertente. Non so se questo sia stato il primo manga sportivo mai scritto, senz'altro però posso dire che molti autori, successivamente, si sono ispirati ad "Attack No.1" per scrivere le loro opere. Al tempo stesso però è un manga sportivo che si differenzia da altri per il fatto che i tornei e le partite, a cui Ayuhara partecipa, non durano mai poco più di una ventina di pagine. Infatti, ciò che viene rappresentato da questa autrice non è tanto lo sport in sé, piuttosto una metafora di vita, realizzata mostrandoci la crescita di un'adolescente attraverso il mondo della pallavolo. Saranno sempre avvenimenti legati alla vita sportiva che permetteranno ad Ayuhara di capire i comportamenti umani che la circondano, di fare introspezioni e di maturare di conseguenza. Si può quindi quasi dire che la pallavolo sia una sorta di personaggio a sé stante che tesse meticolosamente una tela che lega tutti i personaggi e le vicende di questo manga. Il finale è molto sbrigativo ma comunque in linea con il resto dell'opera, un finale agrodolce. La maturità di Ayuhara è solo all'inizio, così come la sua carriera sportiva. Potrebbe sembrare quasi un finale aperto ma non è così, abbiamo seguito la sua adolescenza e l'abbiamo accompagnata fino alla sua piena consapevolezza di essere diventata una donna. E' giunto quindi il momento di lasciarla andare, come una madre che lascia volar via il suo piccolo troppo cresciuto. L'unica pecca che ho riscontrato in questo manga è la ripetitività che comunque alla fine non pesa minimamente visto il basso numero totale di volumi. Ne sono un esempio i continui casi in cui Ayuhara entra in una nuova squadra e, per motivi sempre differenti, c'è una nemica interna al gruppo che puntualmente diverrà un'alleata.
Per quanto riguarda i personaggi li ho trovati tutti realistici e ben caratterizzati. Il percorso di crescita di Ayuhara è ben sviluppato, così come il suo rapporto con le compagne, la pallavolo e la vita sentimentale.
Insomma, mi sento di consigliare questo manga a chiunque abbia voglia di affrontare una lettura non impegnativa, per tematiche trattate, e a tratti drammatico e commovente. Vi assicuro che non si riesce a rimanere indifferenti alla crescita della piccola Ayuhara e verrete coinvolti in un turbine di emozioni.
L'edizione J-Pop è buona, mi è piaciuto molto il formato piccolo. I disegni li ho trovati semplici ma dal gusto deliziosamente retrò. Tutto richiama, ovviamente, gli anni in cui il manga è stato pubblicato: le acconciature, gli abiti, l'arredamento, il linguaggio, la condotta. Proprio quest'ultima mi ha particolarmente colpito, il manga descrive in modo eccellente un modello comportamentale giapponese non troppo dissimile da quello attuale (vedi il rispetto per le senpai primo fra tutti) aggiungendone il senso di ribellione che spesso Ayuhara mostra nei suoi confronti, richiamando molto gli ideali di quel periodo storico: ci si ribella non per un mero desiderio di scontrarsi con il sistema, lo si fa per seguire degli ideali (In questo caso solitamente legati alla passione smodata per la pallavolo). Per apprezzare quindi al meglio quest'opera occorre immergerla, ed immergersi, negli anni in qui è stata scritta, uscendo da certi canoni attuali che noi riteniamo ovvi.
La narrazione è molto fluida e i continui stravolgimenti e problemi che si vengono a creare all'interno della cerchia di amicizie di Ayuhara, e delle stesse squadre in cui lei milita, fanno in modo che la lettura sia sempre avvincente e divertente. Non so se questo sia stato il primo manga sportivo mai scritto, senz'altro però posso dire che molti autori, successivamente, si sono ispirati ad "Attack No.1" per scrivere le loro opere. Al tempo stesso però è un manga sportivo che si differenzia da altri per il fatto che i tornei e le partite, a cui Ayuhara partecipa, non durano mai poco più di una ventina di pagine. Infatti, ciò che viene rappresentato da questa autrice non è tanto lo sport in sé, piuttosto una metafora di vita, realizzata mostrandoci la crescita di un'adolescente attraverso il mondo della pallavolo. Saranno sempre avvenimenti legati alla vita sportiva che permetteranno ad Ayuhara di capire i comportamenti umani che la circondano, di fare introspezioni e di maturare di conseguenza. Si può quindi quasi dire che la pallavolo sia una sorta di personaggio a sé stante che tesse meticolosamente una tela che lega tutti i personaggi e le vicende di questo manga. Il finale è molto sbrigativo ma comunque in linea con il resto dell'opera, un finale agrodolce. La maturità di Ayuhara è solo all'inizio, così come la sua carriera sportiva. Potrebbe sembrare quasi un finale aperto ma non è così, abbiamo seguito la sua adolescenza e l'abbiamo accompagnata fino alla sua piena consapevolezza di essere diventata una donna. E' giunto quindi il momento di lasciarla andare, come una madre che lascia volar via il suo piccolo troppo cresciuto. L'unica pecca che ho riscontrato in questo manga è la ripetitività che comunque alla fine non pesa minimamente visto il basso numero totale di volumi. Ne sono un esempio i continui casi in cui Ayuhara entra in una nuova squadra e, per motivi sempre differenti, c'è una nemica interna al gruppo che puntualmente diverrà un'alleata.
Per quanto riguarda i personaggi li ho trovati tutti realistici e ben caratterizzati. Il percorso di crescita di Ayuhara è ben sviluppato, così come il suo rapporto con le compagne, la pallavolo e la vita sentimentale.
Insomma, mi sento di consigliare questo manga a chiunque abbia voglia di affrontare una lettura non impegnativa, per tematiche trattate, e a tratti drammatico e commovente. Vi assicuro che non si riesce a rimanere indifferenti alla crescita della piccola Ayuhara e verrete coinvolti in un turbine di emozioni.
Quando si prende in mano un volume storico, e per storico intendo scritto e disegnato in epoca pre 1980, subito di primo impatto si viene investiti forse anche infastiditi da dei disegni quanto meno rudimentali. Le tecniche di disegno hanno ovviamente fatto passi da gigante nei decenni e per giunta queste opere, come Attack No.1, risultano sicuramente retrograde e non possono ovviamente piacere a tutti. Se però si oltrepassa questo preconcetto si entra in un vasto mondo di grandissime opere che hanno fatto da apripista per le opere blasonate del giorno d'oggi e Attack No.1, datato 1968, non può non essere considerato tra i precursori degli spokon moderni. Scritto e disegnato da Chikako Urano, di cui forse si ricorda solamente questa opera, è un manga molto vivo e forte. La storia è molto semplice e tutti la conosceranno, specialmente i più adulti grazie all'anime circolato per anni nelle TV nazionali. Una classica storia di vita quotidiana mescolata a sport dove una giovane campionessa si fa strada nel Mondo della pallavolo tra avversarie, nemiche, incidenti e appunto casa/scuola. Tutto sommato una trama che può essere considerata anche banale se non fosse appunto che la data di pubblicazione del manga lo fa risultare invece molto interessante. Il concetto di pallavolo nel 2012 e così come sport in generale è piuttosto semplice ma non lo era affatto nel 1968, specialmente in Giappone. Le donne nel dopo guerra non erano considerate granché nella vita sociale del Paese, figurarsi a livello sportivo. Non si poteva certamente parlare di parità di sessi. Pertanto per la protagonista emergere in questo mondo fatto di allenatori che picchiavano ed insultavano le giocatrici come se fosse del tutto normale non era affatto facile. Grazie all'autore scopriamo quindi tanti elementi che oggi potrebbero sembrare "strani" ma che per l'epoca non lo erano, come una giocatrice che deve lasciare la squadra perché il padre deve allontanarsi dalla città per lavoro o casi simili oppure definire una giocatrice di colore utilizzando termini razzisti pesanti ecc …. Pertanto questo manga non solo insegna dal punto di vista fumettistico in se ma anche dal punto di vista storico e culturale del Giappone e perché no del Mondo in generale degli anni '60. Do come nota dolente del manga proprio la protagonista che ho trovato piena di se, antipatica e piuttosto banale. Mi piacciono tanti personaggi di contorno ma purtroppo non sono riuscito a farmi piacere la protagonista.
Dei disegni ho già detto ma tengo a precisare che non sono poi così male come mi è capitato di vedere in altri manga simili. Non sono ben definiti e non hanno grandi fondali ma anche se è un manga "di movimento" si intuiscono perfettamente le azioni e gesticolazioni dei protagonisti.
L'edizione JPOP seppur abbia sicuramente dovuto far fronte a richieste degli editori giapponesi la ritengo appena sufficiente. Ha un ottimo prezzo visto il quantitativo di pagine, 6,5€ x 7 numeri però l'edizione in formato 10,5x15cm visto appunto il numero di pagine è inguardabile e illeggibile. Vignette microscopiche. Un peccato.
Do voto 8 a quest'opera perché comunque qualche sbavatura ce l'ha e l'edizione mignon le fa perdere un altro voto. Tutto sommato un buon manga.
Dei disegni ho già detto ma tengo a precisare che non sono poi così male come mi è capitato di vedere in altri manga simili. Non sono ben definiti e non hanno grandi fondali ma anche se è un manga "di movimento" si intuiscono perfettamente le azioni e gesticolazioni dei protagonisti.
L'edizione JPOP seppur abbia sicuramente dovuto far fronte a richieste degli editori giapponesi la ritengo appena sufficiente. Ha un ottimo prezzo visto il quantitativo di pagine, 6,5€ x 7 numeri però l'edizione in formato 10,5x15cm visto appunto il numero di pagine è inguardabile e illeggibile. Vignette microscopiche. Un peccato.
Do voto 8 a quest'opera perché comunque qualche sbavatura ce l'ha e l'edizione mignon le fa perdere un altro voto. Tutto sommato un buon manga.
Se dovessi citare i due manga principali che hanno fatto la storia del genere spokon, in ambito shonen citerei "Ashita no Joe" e in ambito shojo "Attack No 1". Entrambi usciti nello stesso anno 1968 hanno pesantemente influenzato l'evoluzione del genere. Dei due "Ashita no Joe" è sicuramente il più adulto e il più completo, ma anche il meno copiato in quanto capolavoro compiuto e inimitabile; "Attack No 1" invece, più semplice, è stato imitato innumerevoli volte: primo vero spokon al femminile (salvo qualche antenato del tutto sconosciuto al giorno d'oggi) il manga di Chikako Urano ebbe un enorme impatto non solo tra le ragazze giapponesi, ma anche tra i ragazzi, successo che divenne universale grazie all'anime del 1969, da noi conosciuto come "Mimì e la nazionale di pallavolo". Generazioni di pallavolisti si sono formati su Mimì e una quantità di serie sulla pallavolo sono uscite come conseguenza diretta della popolarità di Mimì: si ricordano in particolare "Mimì e le ragazze della pallavolo" (clone della serie del 1977 anche nel titolo originale, "Ashita e Attack!") e "Mila e Shiro", ovvero "Attacker You!", del 1984. Per non parlare dei seguiti del manga, dei film e dei dorama collegati, di cui potete leggere altrove.
L'influenza di "Attack No 1" non si restringe all'ambito della pallavolo e i suoi temi verranno riproposti negli spokon (e non solo) per decenni a venire. La tradizione delle tecniche segrete inverosimili, mutuate direttamente dai manga di arti marziali, è già presente in "Attack No 1": tutti ricordano la famosa Goccia di Ciclone, che nel finale diventa una Goccia di Ciclone multipla, con la palla che si sdoppia in molte copie (quale sarà quella vera? sembra di assistera ad una puntata di Sasuke il piccolo Ninja!). È anche tipico di "Attack No 1" introdurre dei personaggi che iniziano come antagonisti di Mimì (Kozue in originale) e farli poi diventare suoi amici, e questo oltre dieci anni prima di Dragonball e del Jumpismo: i cambi di personalità tipici degli shonen di oggi, per cui un personaggio che è un mostro di cattiveria pochissimo tempo dopo diventa un grandissimo amico sono già presenti in "Attack No 1"; anche la migliore amica di Kozue, Midori Hayakawa inizia come odiosa rivale. Ma oltre a caratteristiche che ormai sono diventate standard, "Attack No 1" presenta molti aspetti che adesso appaiono datati e arcaici. Tra questi c'è ovviamente il chara design e i disegni, che risentono della tradizione dello shojo anni sessanta, influenzato dallo stile di Tezuka. Come tutti gli shojo dell'epoca "Attack No 1" è popolato da ragazze con occhi grandissimi e luminosi. Chikako Urano non si fa problemi a disegnare le tipologie di occhi più disparate, compresi degli inverosimili occhi a croce (Nia di Gurren Lagann, tié!). Ma l'età di "Attack No 1" si vede soprattutto nelle tematiche e nella brutalità del manga, frutto di tempi molto più duri di quelli odierni. "Attack No 1" è ambientato in un sistema scolastico basato sul nonnismo e sulle punizioni corporali, in cui è normale venire puniti dagli studenti più anziani e in cui è normale che gli insegnanti prendano a sberle i loro studenti. Anzi, non solo è normale, ma è ben visto, è considerata cosa positiva e molto educativa. La stessa Kozue con il proseguire della serie si mette attivamente a maltrattare delle sue compagne più giovani, naturalmente a fin di bene. Questi aspetti reazionari di "Attack No 1" al giorno d'oggi sono completamente inconcepibili, ma a mio parere costituiscono l'aspetto più vero e più interessante del manga, il suo cuore, quello che lo distingue dalle produzioni odierne. Già nel 1981, anno in cui l'anime arrivò in Italia, quello che rimaneva impresso nella mente dei bambini dell'epoca, erano la violenza e la spietatezza degli allenamenti di Mimì: la durezza dell'allenatore-demone, le ricezioni con le catene ai polsi, il sangue e il sudore versati a profusione sul campo da gioco, che sarebbe più corretto chiamare campo da battaglia. "Attack No 1" è infatti intriso della cultura militarista che ha dominato il Giappone per secoli.
Si distingue dagli shonen dell'epoca, che erano generalmente ispirati a un'ideologia di contestazione verso il sistema (penso in primis ad "Ashita no Joe", ma anche ai manga scolastici di Go Nagai), per la totale e sentita adesione al sistema. Kozue non si ribella al bullismo scolastico per sé, si ribella solo ad una sua attuazione miope e inutile. Esemplare è la situazione della squadra del Fujimi quando Kozue arriva alle scuole medie: qui Kozue si ribella perché la cieca applicazione del nonnismo porta la squadra alla sconfitta: tuttavia, se i trattamenti violenti e autoritari vanno a beneficio della squadra, è lei la prima ad applicarli, tanto che quando diventa capitano della sua squadra viene odiata da tutte le sue compagne per i suoi metodi troppo duri. Ma naturalmente le ragazze si ravvedono quando si accorgono che grazie a quei metodi la squadra si è rafforzata ed è riuscita a vincere il campionato. Per questo motivo anche gli allenatori più sadici e criminali, che usano metodi che oggi verrebbero considerati inumani e che manderebbero in carcere chi li applica, vengono sempre giustificati. Questo è il punto principale di "Attack No 1", quello che lo rende più interessante proprio perché lontano dalla nostra mentalità. Oltre alla violenza, naturalmente non mancano le disgrazie, le malattie, gli incidenti e le morti, che affliggono sia Kozue che tutti coloro che la circondano: morti alle quali si reagisce con la più totale dedizione alla pallavolo, motivo per cui le tre sorelle Yagisawa preferiscono giocare a pallavolo contro il Fujimi piuttosto che correre al capezzale della madre morente, un'azione impensabile per la mentalità moderna.
Insieme alla crudezza delle azioni e degli avvenimenti, "Attack No 1" si distingue anche per la crudezza delle parole. È indicativo il discorso dell'allenatore Hongo alle sue ragazze all'inizio del secondo volume: Arrivati a questo punto, esiste soltanto la vittoria! Poco importa se la lasciate sfuggire solo per un soffio. Il secondo o l'ultimo posto sono la stessa cosa! Spesso si dice che nello sport l'importante è partecipare, ma partecipare e basta non ha senso! Lo sport ha senso quando si vince! A nessuno interessa uno sport dove non ci sono vincitori e perdenti! Queste frasi crude, pronunciate da colui che dovrebbe essere l'allenatore "buono", marcano la differenza con uno spokon edulcorato di oggi. Non mancano però le contraddizioni, perché le stesse parole vengono immediatamente messe in questione poche pagine dopo, quando Kozue e le altre ragazze della squadra di pallavolo si montano la testa e si aspettano la costruzione di una palestra tutta per loro, come riconoscimento per la vittoria ai campionati nazionali. A questo punto Hongo cambia completamente versione "Ma quello valeva solo per la partita" e il manga spende pagine e pagine descrivendo l'auto-esame di coscienza di Kozue per capire perché gioca a pallavolo: la risposta, ovviamente, non è per la vittoria e la gloria, ma per l'amore per il "sacro" gioco della pallavolo. È evidentissimo che si è semplicemente sostituito il concetto di Patria o Nazione con Pallavolo, ma le dinamiche, la retorica e la forma mentis della serie sono prettamente militari.
La contraddizione di fondo tra l'aspetto morale dello sport e l'aspetto agonistico, ben evidenziata in "Attack No 1", affligge il genere spokon più o meno nella sua interezza. Quasi tutti gli spokon hanno infatti un intento morale, educativo, in cui lo sport viene visto principalmente come veicolo di crescita morale dell'individuo: secondo quest'ottica l'importante non è vincere, ma il cammino che si fa per crescere come persona. D'altra parte gli spokon hanno sempre avuto anche un aspetto agonistico, e il protagonista soffre e si impegna per vincere, non certo per perdere. Se lo scopo finale è vincere, lo sport diventa anche uno sfogo per i più bassi istinti, la voglia di primeggiare sugli altri, l'amore per la gloria, confliggendo pesantemente con l'intento morale. "Attack No 1" esce dall'impasse morale con una soluzione tipica dei suoi anni: nel finale la squadra di Kozue perde. Questo rende il finale del manga superiore a quello dell'anime, che tra l'altro presenta varie censure: per esempio nel manga Kozue subisce un serio intervento chirurgico, con conseguenze drammatiche. Non dico di più per evitare spoiler; noto comunque che il manga introduce due storie d'amore aggiuntive per Kozue, assenti nell'anime, e che la storia di Tsutomu è leggermente diversa. Tuttavia l'anime vince nel comparto effetti speciali e chiaramente le partite sono molto più avvincenti in versione animata. L'edizione italiana del manga è ottima, l'unico difetto essendo nelle dimensioni ridotte, ma questo è dovuto all'essersi adeguati alle dimensioni dell'ultima ristampa giapponese.
L'influenza di "Attack No 1" non si restringe all'ambito della pallavolo e i suoi temi verranno riproposti negli spokon (e non solo) per decenni a venire. La tradizione delle tecniche segrete inverosimili, mutuate direttamente dai manga di arti marziali, è già presente in "Attack No 1": tutti ricordano la famosa Goccia di Ciclone, che nel finale diventa una Goccia di Ciclone multipla, con la palla che si sdoppia in molte copie (quale sarà quella vera? sembra di assistera ad una puntata di Sasuke il piccolo Ninja!). È anche tipico di "Attack No 1" introdurre dei personaggi che iniziano come antagonisti di Mimì (Kozue in originale) e farli poi diventare suoi amici, e questo oltre dieci anni prima di Dragonball e del Jumpismo: i cambi di personalità tipici degli shonen di oggi, per cui un personaggio che è un mostro di cattiveria pochissimo tempo dopo diventa un grandissimo amico sono già presenti in "Attack No 1"; anche la migliore amica di Kozue, Midori Hayakawa inizia come odiosa rivale. Ma oltre a caratteristiche che ormai sono diventate standard, "Attack No 1" presenta molti aspetti che adesso appaiono datati e arcaici. Tra questi c'è ovviamente il chara design e i disegni, che risentono della tradizione dello shojo anni sessanta, influenzato dallo stile di Tezuka. Come tutti gli shojo dell'epoca "Attack No 1" è popolato da ragazze con occhi grandissimi e luminosi. Chikako Urano non si fa problemi a disegnare le tipologie di occhi più disparate, compresi degli inverosimili occhi a croce (Nia di Gurren Lagann, tié!). Ma l'età di "Attack No 1" si vede soprattutto nelle tematiche e nella brutalità del manga, frutto di tempi molto più duri di quelli odierni. "Attack No 1" è ambientato in un sistema scolastico basato sul nonnismo e sulle punizioni corporali, in cui è normale venire puniti dagli studenti più anziani e in cui è normale che gli insegnanti prendano a sberle i loro studenti. Anzi, non solo è normale, ma è ben visto, è considerata cosa positiva e molto educativa. La stessa Kozue con il proseguire della serie si mette attivamente a maltrattare delle sue compagne più giovani, naturalmente a fin di bene. Questi aspetti reazionari di "Attack No 1" al giorno d'oggi sono completamente inconcepibili, ma a mio parere costituiscono l'aspetto più vero e più interessante del manga, il suo cuore, quello che lo distingue dalle produzioni odierne. Già nel 1981, anno in cui l'anime arrivò in Italia, quello che rimaneva impresso nella mente dei bambini dell'epoca, erano la violenza e la spietatezza degli allenamenti di Mimì: la durezza dell'allenatore-demone, le ricezioni con le catene ai polsi, il sangue e il sudore versati a profusione sul campo da gioco, che sarebbe più corretto chiamare campo da battaglia. "Attack No 1" è infatti intriso della cultura militarista che ha dominato il Giappone per secoli.
Si distingue dagli shonen dell'epoca, che erano generalmente ispirati a un'ideologia di contestazione verso il sistema (penso in primis ad "Ashita no Joe", ma anche ai manga scolastici di Go Nagai), per la totale e sentita adesione al sistema. Kozue non si ribella al bullismo scolastico per sé, si ribella solo ad una sua attuazione miope e inutile. Esemplare è la situazione della squadra del Fujimi quando Kozue arriva alle scuole medie: qui Kozue si ribella perché la cieca applicazione del nonnismo porta la squadra alla sconfitta: tuttavia, se i trattamenti violenti e autoritari vanno a beneficio della squadra, è lei la prima ad applicarli, tanto che quando diventa capitano della sua squadra viene odiata da tutte le sue compagne per i suoi metodi troppo duri. Ma naturalmente le ragazze si ravvedono quando si accorgono che grazie a quei metodi la squadra si è rafforzata ed è riuscita a vincere il campionato. Per questo motivo anche gli allenatori più sadici e criminali, che usano metodi che oggi verrebbero considerati inumani e che manderebbero in carcere chi li applica, vengono sempre giustificati. Questo è il punto principale di "Attack No 1", quello che lo rende più interessante proprio perché lontano dalla nostra mentalità. Oltre alla violenza, naturalmente non mancano le disgrazie, le malattie, gli incidenti e le morti, che affliggono sia Kozue che tutti coloro che la circondano: morti alle quali si reagisce con la più totale dedizione alla pallavolo, motivo per cui le tre sorelle Yagisawa preferiscono giocare a pallavolo contro il Fujimi piuttosto che correre al capezzale della madre morente, un'azione impensabile per la mentalità moderna.
Insieme alla crudezza delle azioni e degli avvenimenti, "Attack No 1" si distingue anche per la crudezza delle parole. È indicativo il discorso dell'allenatore Hongo alle sue ragazze all'inizio del secondo volume: Arrivati a questo punto, esiste soltanto la vittoria! Poco importa se la lasciate sfuggire solo per un soffio. Il secondo o l'ultimo posto sono la stessa cosa! Spesso si dice che nello sport l'importante è partecipare, ma partecipare e basta non ha senso! Lo sport ha senso quando si vince! A nessuno interessa uno sport dove non ci sono vincitori e perdenti! Queste frasi crude, pronunciate da colui che dovrebbe essere l'allenatore "buono", marcano la differenza con uno spokon edulcorato di oggi. Non mancano però le contraddizioni, perché le stesse parole vengono immediatamente messe in questione poche pagine dopo, quando Kozue e le altre ragazze della squadra di pallavolo si montano la testa e si aspettano la costruzione di una palestra tutta per loro, come riconoscimento per la vittoria ai campionati nazionali. A questo punto Hongo cambia completamente versione "Ma quello valeva solo per la partita" e il manga spende pagine e pagine descrivendo l'auto-esame di coscienza di Kozue per capire perché gioca a pallavolo: la risposta, ovviamente, non è per la vittoria e la gloria, ma per l'amore per il "sacro" gioco della pallavolo. È evidentissimo che si è semplicemente sostituito il concetto di Patria o Nazione con Pallavolo, ma le dinamiche, la retorica e la forma mentis della serie sono prettamente militari.
La contraddizione di fondo tra l'aspetto morale dello sport e l'aspetto agonistico, ben evidenziata in "Attack No 1", affligge il genere spokon più o meno nella sua interezza. Quasi tutti gli spokon hanno infatti un intento morale, educativo, in cui lo sport viene visto principalmente come veicolo di crescita morale dell'individuo: secondo quest'ottica l'importante non è vincere, ma il cammino che si fa per crescere come persona. D'altra parte gli spokon hanno sempre avuto anche un aspetto agonistico, e il protagonista soffre e si impegna per vincere, non certo per perdere. Se lo scopo finale è vincere, lo sport diventa anche uno sfogo per i più bassi istinti, la voglia di primeggiare sugli altri, l'amore per la gloria, confliggendo pesantemente con l'intento morale. "Attack No 1" esce dall'impasse morale con una soluzione tipica dei suoi anni: nel finale la squadra di Kozue perde. Questo rende il finale del manga superiore a quello dell'anime, che tra l'altro presenta varie censure: per esempio nel manga Kozue subisce un serio intervento chirurgico, con conseguenze drammatiche. Non dico di più per evitare spoiler; noto comunque che il manga introduce due storie d'amore aggiuntive per Kozue, assenti nell'anime, e che la storia di Tsutomu è leggermente diversa. Tuttavia l'anime vince nel comparto effetti speciali e chiaramente le partite sono molto più avvincenti in versione animata. L'edizione italiana del manga è ottima, l'unico difetto essendo nelle dimensioni ridotte, ma questo è dovuto all'essersi adeguati alle dimensioni dell'ultima ristampa giapponese.
Appena ho scoperto che la J-POP avrebbe pubblicato "Attack No.1" mi si è stretto il cuore! Sono cresciuta con le repliche dell'anime di You (Mila, di "Mila e Shiro due cuori nella pallavolo") e grazie a lei ho potuto scoprire le meraviglie di questo sport! Solo che m'incuriosiva anche vedere quell'anime un po' più vecchio "Mimì e la nazionale di pallavolo", quell'anime a cui si faceva sempre riferimento in "Mila e Shiro", quell'anime in cui c'era la cugina di You: Kozue Ayuhara.
Premettendo che non c'è alcuna vera parentela fra le due, "Attack No.1" narra la storia di Kozue, e del suo mondo: la pallavolo. Questa semplice frase riassume in pieno tutto il manga! Kozue vive per essa, e per essa combatte difficili sfide, non solo sul campo, ma anche battaglie psicologiche. Deve affrontare angherie, prepotenze da parte delle sue compagne più grandi, oppure deve sopportare l'invidia di persone superficiali. Anche queste esperienze rafforzano lo spirito di Kozue, anzi da queste spesso nasceranno grandi amicizie che dureranno nel tempo, come quella con Midori Hayakawa.
Essendo classificato come shoujo, ovviamente c'è questo elemento, ma è fuori dalla norma. Kozue stringerà con suo cugino Tsutomo una forte amicizia che mai sboccerà in amore, per motivi che non mi soffermerò a raccontarvi. Quest'aspetto del manga è davvero delicato e tragico. A mio avviso, Chikako Urano è stata davvero perfetta a livello narrativo. Il lettore che si è piano piano affezionato ai vari personaggi e ad un ritmo serrato (fatto di allenamenti durissimi, partite giocate al massimo delle proprie capacità, costruito sulla base del superamento dei propri limiti) ne rimarrà travolto in pieno. Altre parti, invece, potevano essere trattate in maniera diversa, ma complessivamente è stato fatto un ottimo lavoro.
L'autrice secondo me ha saputo descrivere l'anima della pallavolo in questi semplici 7 volumi (edizione J-POP). Chi è amante di questo sport, deve leggere "Attack No.1"! Troverà tutti quei principi e valori che andrebbero seguiti per qualunque attività nella vita. Kozue è davvero un esempio di vita.
Per quanto riguarda i disegni, che dire? Sono spinosi, affilati, pungenti. Essendo un manga che ha i suoi anni, l'effetto visivo che si ha ad una prima lettura è strana, dato che siamo abituati a grandi occhioni, corpi ben conformati e tante altre cose. Se leggerete "Attack No.1" vi tufferete in mondo in bianco e nero, con tutti i difetti che esso comporta. Alcune parti d'azione sono legnose, ma non potrebbe essere altrimenti.
In base a tutti questi elementi, ritengo che il voto perfetto per quest'opera è 9! Sono pienamente soddisfatta! Ogni pagina mi ha emozionato in maniera diversa. Merita tutta la mia stima.
Premettendo che non c'è alcuna vera parentela fra le due, "Attack No.1" narra la storia di Kozue, e del suo mondo: la pallavolo. Questa semplice frase riassume in pieno tutto il manga! Kozue vive per essa, e per essa combatte difficili sfide, non solo sul campo, ma anche battaglie psicologiche. Deve affrontare angherie, prepotenze da parte delle sue compagne più grandi, oppure deve sopportare l'invidia di persone superficiali. Anche queste esperienze rafforzano lo spirito di Kozue, anzi da queste spesso nasceranno grandi amicizie che dureranno nel tempo, come quella con Midori Hayakawa.
Essendo classificato come shoujo, ovviamente c'è questo elemento, ma è fuori dalla norma. Kozue stringerà con suo cugino Tsutomo una forte amicizia che mai sboccerà in amore, per motivi che non mi soffermerò a raccontarvi. Quest'aspetto del manga è davvero delicato e tragico. A mio avviso, Chikako Urano è stata davvero perfetta a livello narrativo. Il lettore che si è piano piano affezionato ai vari personaggi e ad un ritmo serrato (fatto di allenamenti durissimi, partite giocate al massimo delle proprie capacità, costruito sulla base del superamento dei propri limiti) ne rimarrà travolto in pieno. Altre parti, invece, potevano essere trattate in maniera diversa, ma complessivamente è stato fatto un ottimo lavoro.
L'autrice secondo me ha saputo descrivere l'anima della pallavolo in questi semplici 7 volumi (edizione J-POP). Chi è amante di questo sport, deve leggere "Attack No.1"! Troverà tutti quei principi e valori che andrebbero seguiti per qualunque attività nella vita. Kozue è davvero un esempio di vita.
Per quanto riguarda i disegni, che dire? Sono spinosi, affilati, pungenti. Essendo un manga che ha i suoi anni, l'effetto visivo che si ha ad una prima lettura è strana, dato che siamo abituati a grandi occhioni, corpi ben conformati e tante altre cose. Se leggerete "Attack No.1" vi tufferete in mondo in bianco e nero, con tutti i difetti che esso comporta. Alcune parti d'azione sono legnose, ma non potrebbe essere altrimenti.
In base a tutti questi elementi, ritengo che il voto perfetto per quest'opera è 9! Sono pienamente soddisfatta! Ogni pagina mi ha emozionato in maniera diversa. Merita tutta la mia stima.
Quando ero piccola "Mimì e la nazionale di pallavolo" (da non confondere con "Mimì e le ragazze della pallavolo", tutt'altra cosa!) era la mia serie animata sportiva preferita, perciò appena ho visto il manga in fumetteria l'ho comprato senza pensarci due volte e non me ne sono pentita affatto!
La storia, ridotta all'essenziale, potrebbe essere riassunta come quella tipica di ogni manga sportivo, ovvero quella dell'ascesa sportiva di una ragazza, in questo caso dal periodo delle medie al liceo: Kozue si divide fra la sua passione per la pallavolo, che l'ha sostenuta fin dalla sua annunciata guarigione dalla TBC, e la scuola...
Ma in realtà non è solo questo, ed a questo proposito voglio subito chiarire che non sono affatto d'accordo col paragone (fatto da altri) con Mila e Shiro: dove sarebbe in "Attacker You" tutto questo romanticismo carente in "Attack n°1"? Semmai io direi il contrario: i problemi amorosi di Mila rivestono un ruolo assai marginale in una storia che è soprattutto un susseguirsi di partite, dalle medie, al liceo, alla nazionale eccetera, un espediente sfruttato soprattutto nell'anime per attirare anche quel pubblico che non si accontenta e pretende anche il risvolto romantico; invece in "Attack n°1" viene dato assai più spazio anche alle vicende personali della protagonista, che non ha solo la pallavolo nella vita, è una comune normalissima ragazza che come tale ha soprattutto una famiglia con dei problemi, amicizie e complicate vicissitudini sentimentali, che vanno ben al di là del semplice fare gli occhi languidi al bel senpai perfetto in tutto e per tutto! Almeno come la vedo io, "Attacker You!" narra di una carriera sportiva di una liceale, "Attack n° 1" la storia di una ragazza che ha, fra le sue caratteristiche, l'amore per uno sport! E' un manga sportivo, ma soprattutto uno shoujo nel senso più comune (e magari errato) della parola, in tutto e per tutto!
Nei vari volumetti appare una sorta di avviso, ovvero che per via del periodo in cui è stato scritto, il manga potrebbe turbare la sensibilità di qualcuno, in quanto contestualizzato nella mentalità giapponese di allora... sì, ogni tanto l'anacronismo un po' si sente (ed effettivamente mi risulta un po' incomprensibile, a volte, comprendere certi metodi esagerati di allenamento e soprattutto la reazione delle ragazze, che a volte mi paiono inutilmente masochiste!) ed anche qualche ingenuità, ma sono ben tollerabili, soprattutto perché la storia, per niente banale, prende, ed allora quei dettagli diventano poco significativi: nel complesso non è tutto rose e fiori per nessuno, anzi, ma sicuramente non ci si annoia, ed il finale è coerente, non forzato, il che per me è fondamentale.
I disegni risentono del tempo,non sono eccezionali, la protagonista è fra quelle con gli occhi più grandi degli shoujo (battuta forse dai personaggi Clamp, in cui spesso gli occhi sporgono persino dalla faccia, tanto sono grandi!), ma in fondo li trovo gradevoli, dato che amo il vecchio stile!
Ottima l'edizione J-Pop, peccato solo che proprio in una scena altamente drammatica ci sia stato il grossolano errore di uno scambio di battute nei vari baloons, col risultato che ognuno dice quello che dovrebbe dire un altro... di per sé una cosa buffa, ma non tollerabile nella reale atmosfera di quella situazione... soltanto per questo non posso dare un 10 pieno.
In ogni caso la J-POP ci ha proposto un'ottima opera, che consiglio a tutti.
La storia, ridotta all'essenziale, potrebbe essere riassunta come quella tipica di ogni manga sportivo, ovvero quella dell'ascesa sportiva di una ragazza, in questo caso dal periodo delle medie al liceo: Kozue si divide fra la sua passione per la pallavolo, che l'ha sostenuta fin dalla sua annunciata guarigione dalla TBC, e la scuola...
Ma in realtà non è solo questo, ed a questo proposito voglio subito chiarire che non sono affatto d'accordo col paragone (fatto da altri) con Mila e Shiro: dove sarebbe in "Attacker You" tutto questo romanticismo carente in "Attack n°1"? Semmai io direi il contrario: i problemi amorosi di Mila rivestono un ruolo assai marginale in una storia che è soprattutto un susseguirsi di partite, dalle medie, al liceo, alla nazionale eccetera, un espediente sfruttato soprattutto nell'anime per attirare anche quel pubblico che non si accontenta e pretende anche il risvolto romantico; invece in "Attack n°1" viene dato assai più spazio anche alle vicende personali della protagonista, che non ha solo la pallavolo nella vita, è una comune normalissima ragazza che come tale ha soprattutto una famiglia con dei problemi, amicizie e complicate vicissitudini sentimentali, che vanno ben al di là del semplice fare gli occhi languidi al bel senpai perfetto in tutto e per tutto! Almeno come la vedo io, "Attacker You!" narra di una carriera sportiva di una liceale, "Attack n° 1" la storia di una ragazza che ha, fra le sue caratteristiche, l'amore per uno sport! E' un manga sportivo, ma soprattutto uno shoujo nel senso più comune (e magari errato) della parola, in tutto e per tutto!
Nei vari volumetti appare una sorta di avviso, ovvero che per via del periodo in cui è stato scritto, il manga potrebbe turbare la sensibilità di qualcuno, in quanto contestualizzato nella mentalità giapponese di allora... sì, ogni tanto l'anacronismo un po' si sente (ed effettivamente mi risulta un po' incomprensibile, a volte, comprendere certi metodi esagerati di allenamento e soprattutto la reazione delle ragazze, che a volte mi paiono inutilmente masochiste!) ed anche qualche ingenuità, ma sono ben tollerabili, soprattutto perché la storia, per niente banale, prende, ed allora quei dettagli diventano poco significativi: nel complesso non è tutto rose e fiori per nessuno, anzi, ma sicuramente non ci si annoia, ed il finale è coerente, non forzato, il che per me è fondamentale.
I disegni risentono del tempo,non sono eccezionali, la protagonista è fra quelle con gli occhi più grandi degli shoujo (battuta forse dai personaggi Clamp, in cui spesso gli occhi sporgono persino dalla faccia, tanto sono grandi!), ma in fondo li trovo gradevoli, dato che amo il vecchio stile!
Ottima l'edizione J-Pop, peccato solo che proprio in una scena altamente drammatica ci sia stato il grossolano errore di uno scambio di battute nei vari baloons, col risultato che ognuno dice quello che dovrebbe dire un altro... di per sé una cosa buffa, ma non tollerabile nella reale atmosfera di quella situazione... soltanto per questo non posso dare un 10 pieno.
In ogni caso la J-POP ci ha proposto un'ottima opera, che consiglio a tutti.
L'opera più rappresentativa e famosa di Chikako Urano è senza dubbio "Attack No.1", il manga che ha ispirato la famosa serie animata meglio conosciuta nel bel paese con il nome di "Mimì e la nazionale di pallavolo" l'anime, definito allora come "cartone animato", che ha segnato l'infanzia e la gioventù di diverse generazioni piegandoli alle meraviglie della pallavolo e passando nell'immaginario collettivo per l'ormai immancabile allenamento con le catene ai polsi, un must che è diventato il simbolo dell'opera negli anni a venire, fino all'arrivo del suo erede spirituale che ha continuato a trasmettere la passione per questo sport al giovane pubblico ovvero "Mila e Shiro/Attacker You".
La giovane Kozue Ayuhara è appena arrivata nella nuova scuola ma subito si contraddistingue per il suo carattere ribelle ed estroverso. Ben presto mostrerà una delle sue caratteristiche che la porteranno a diventare una grande campionessa di pallavolo: il grande agonismo, un innato talento e la capacità di unire le persone attorno a lei formando un gruppo forte e determinato.
Le prime semplici avventure di Ayuhara sono necessarie al lettore per conoscere al meglio la protagonista il cui carattere è in netto contrasto con le classiche protagoniste degli shojo che dopo qualche anno invaderanno il mercato, la sua sfrontatezza è in netto contrasto con l'immagine ipotetica delle ragazze negli anni '60, inoltre si scoprono le motivazioni che nella sua infanzia l'hanno portata ad affezionarsi alla pallavolo.
Subito dopo la fase iniziale l'opera inizia a mostrare evidenti difetti e limitazioni. A grosso modo gli avvenimenti seguono un banale schema che vede l'entrata in scena di una ragazza problematica, anche all'esterno del club di pallavolo, che finirà con il diventare amica di Ayuhara e diventa un nuovo membro del team, affrontando così il duro allenamento che precede una partita o un torneo. Ovviamente questo è un riassunto grossolano degli avvenimenti che avranno diverse sfumature più o meno gradevoli in diversi ambiti, ma complessivamente la formula inizia a diventare ripetitiva e noiosa ben presto.
Non indifferente è l'influenza subita dagli anni nei quali l'opera è stata concepita: frasi e luoghi comuni (soprattutto legati alla figura femminile) che al giorno d'oggi sarebbero duramente condannati, ma negli anni '60 del Giappone appena svezzato dall'occupazione statunitense erano situazioni comuni e accettate. Sempre per questo motivo l'opera arriva poco dopo la metà del suo corso con la protagonista ormai sedicenne, ovvero con "l'età giusta per pensare ai ragazzi", e pronta a frequentare il liceo. Qui oltre a situazioni più dure la storia inizia a complicarsi maggiormente, inserendo drammi sempre più pesanti che intaccheranno la salute della stessa protagonista, mentre ovviamente il tutto si intreccia con la carriera sportiva che non sempre sarà costellata di vittorie, anzi, si nota come sconfitte dure ed importanti abbandoni, un elemento importante per la crescita della ragazza. Ovviamente anche in questa seconda parte più matura e sofferta non mancano alcuni difetti, in primis l'eccessiva velocità con il quale molti problemi vengono superati e dimenticati, e il lato sportivo risulterà meno curato se non nelle sfide più importanti, inoltre i colpi "speciali" delle migliori giocatrici cominceranno ad avere effetti sempre più assurdi e inconcepibili abbandonando quel pizzico di realismo che rivitalizzava la parte iniziale.
Il finale è incredibilmente ambiguo, può soddisfare come deludere perché sottolinea fin troppo la natura dell'opera: l'addio all'opera si da in pochissime pagine, proprio un paio, dove viene esaltato l'amore per lo sport e vengono lasciati in sospeso alcuni interessanti punti sulla vita della protagonista, confermando l'ipotesi di come l'autrice punti più al lato sportivo che ai fronzoli narrativi.
I personaggi seguono una gradevole evoluzione sotto il profilo della caratterizzazione. Oltre alla protagonista e alla prima nemica/amica Hayakawa le ragazze che si presenteranno saranno piatte o apparenti copie l'una dell'altra, come i duri allenatori che sembrano pallide copie poco ispirate, ma anche qui si nota un notevole miglioramento che amplia enormemente la quantità di personaggi riusciti e maggiormente ispirati, anche se spesso relegati in bui ed ombrosi angoli i membri del Fujimi hanno un notevole carisma.
L'autrice nel corso dell'opera inserisce anche citazioni relative agli ambiti sportivi dell'epoca, inizialmente solo con nomi, successivamente anche con delle vere foto e riportando i veri risultati dei mondiali, oltre che ad un vero e proprio cameo di Hirofumi "Oni-Coach" Daimatsu l'ex pallavolista e importante allenatore della nazionale passato alla storia per i risultati e i metodi di allenamento, questi ultimi sembrano ispirare la maggior parte degli allenatori presenti nel manga.
Il tratto della Urano risulta fin troppo regolare e inflessibile. Nonostante i disegni puliti e curati si nota qualche imprecisione, sopratutto movimenti e nelle pose plastiche sia per la poca morbidezza del tratto che per le pose talvolta innaturali. Complessivamente si nota come l'autrice abbia uno stile fin troppo statico e schematico anche nell'impostazione delle tavole, anche se nelle azioni più concitate degli incontri sembra di sentire veramente il rimbombo sordo dello schianto del pallone sul pavimento. Viene però perdonata per l'incredibilmente varia caratterizzazione estetica delle ragazze e per l'abilità di far crescere con costanza la protagonista anche nel volto e nel corpo, non solo nella mente, confrontare l'Ayuhara della conclusione e quella dei primi capitoli fa notare quale differenza abissale ci sia tra le due ma portata avanti con leggeri accorgimenti facendola diventare naturale.
L'autrice giocherà molto con le iridi delle ragazze, ci saranno occhi ricchi di riflessi e altri semplicemente rotondi, ma indubbiamente quelli a croce avranno un che di inquietante.
In Italia l'opera arriva dopo più di 40 anni dalla pubblicazione originale grazie alla Jpop, in un edizione Bunko. Questa particolare versione offre un formato leggermente più piccolo rispetto allo standard, però ogni volume comprende quasi due degli originali tagliando frontespizi e riferimenti ai capitoli, raggruppando i dodici volumi originali in 7 più corposi. La rilegatura non soffre questa abbondanza e la carta ha un'ottima grammatura senza trasparenze, perfetta per mostrare la stampa precisa e pulita. Unico svantaggio è il ridimensionamento dei testi spesso stipati a forza degli spazi e richiedendo un leggero sforzo oculare per essere letti, non la miglior soluzione per chi soffre già problemi di vista.
Guardando oltre i banali difetti narrativi, quali una notevole ripetitività iniziale e qualche forzatura poi, "Attack No.1" risulta un'opera grezza e lineare - perlomeno prima dei drammi presenti verso la conclusione - senza inutili fronzoli e ridondanze che appesantirebbero la lettura, proprio per questo aspetto spoglio e diretto riesce a comunicare perfettamente la passione della protagonista che anima l'agonismo del lettore diventando così una lettura appassionante e soprattutto una delle più riuscite sotto l'aspetto sportivo e della crescita personale che la passione ha indotto nella protagonista.
Non solo gli amanti della pallavolo ameranno questo lavoro, ma chiunque sia appassionato di spokon (manga sportivi) o semplicemente dello sport in genere potrà farsi ammaliare dalla foga agonistica ricca di sogni e speranze che permea l'intera lettura, proprio per questo "Attack No.1" - o "Mimi e la nazionale di pallavolo", come preferite chiamarlo - risulta uno dei pilastri portanti dei fumetti sportivi che, come tale, ha fatto la storia del genere.
La giovane Kozue Ayuhara è appena arrivata nella nuova scuola ma subito si contraddistingue per il suo carattere ribelle ed estroverso. Ben presto mostrerà una delle sue caratteristiche che la porteranno a diventare una grande campionessa di pallavolo: il grande agonismo, un innato talento e la capacità di unire le persone attorno a lei formando un gruppo forte e determinato.
Le prime semplici avventure di Ayuhara sono necessarie al lettore per conoscere al meglio la protagonista il cui carattere è in netto contrasto con le classiche protagoniste degli shojo che dopo qualche anno invaderanno il mercato, la sua sfrontatezza è in netto contrasto con l'immagine ipotetica delle ragazze negli anni '60, inoltre si scoprono le motivazioni che nella sua infanzia l'hanno portata ad affezionarsi alla pallavolo.
Subito dopo la fase iniziale l'opera inizia a mostrare evidenti difetti e limitazioni. A grosso modo gli avvenimenti seguono un banale schema che vede l'entrata in scena di una ragazza problematica, anche all'esterno del club di pallavolo, che finirà con il diventare amica di Ayuhara e diventa un nuovo membro del team, affrontando così il duro allenamento che precede una partita o un torneo. Ovviamente questo è un riassunto grossolano degli avvenimenti che avranno diverse sfumature più o meno gradevoli in diversi ambiti, ma complessivamente la formula inizia a diventare ripetitiva e noiosa ben presto.
Non indifferente è l'influenza subita dagli anni nei quali l'opera è stata concepita: frasi e luoghi comuni (soprattutto legati alla figura femminile) che al giorno d'oggi sarebbero duramente condannati, ma negli anni '60 del Giappone appena svezzato dall'occupazione statunitense erano situazioni comuni e accettate. Sempre per questo motivo l'opera arriva poco dopo la metà del suo corso con la protagonista ormai sedicenne, ovvero con "l'età giusta per pensare ai ragazzi", e pronta a frequentare il liceo. Qui oltre a situazioni più dure la storia inizia a complicarsi maggiormente, inserendo drammi sempre più pesanti che intaccheranno la salute della stessa protagonista, mentre ovviamente il tutto si intreccia con la carriera sportiva che non sempre sarà costellata di vittorie, anzi, si nota come sconfitte dure ed importanti abbandoni, un elemento importante per la crescita della ragazza. Ovviamente anche in questa seconda parte più matura e sofferta non mancano alcuni difetti, in primis l'eccessiva velocità con il quale molti problemi vengono superati e dimenticati, e il lato sportivo risulterà meno curato se non nelle sfide più importanti, inoltre i colpi "speciali" delle migliori giocatrici cominceranno ad avere effetti sempre più assurdi e inconcepibili abbandonando quel pizzico di realismo che rivitalizzava la parte iniziale.
Il finale è incredibilmente ambiguo, può soddisfare come deludere perché sottolinea fin troppo la natura dell'opera: l'addio all'opera si da in pochissime pagine, proprio un paio, dove viene esaltato l'amore per lo sport e vengono lasciati in sospeso alcuni interessanti punti sulla vita della protagonista, confermando l'ipotesi di come l'autrice punti più al lato sportivo che ai fronzoli narrativi.
I personaggi seguono una gradevole evoluzione sotto il profilo della caratterizzazione. Oltre alla protagonista e alla prima nemica/amica Hayakawa le ragazze che si presenteranno saranno piatte o apparenti copie l'una dell'altra, come i duri allenatori che sembrano pallide copie poco ispirate, ma anche qui si nota un notevole miglioramento che amplia enormemente la quantità di personaggi riusciti e maggiormente ispirati, anche se spesso relegati in bui ed ombrosi angoli i membri del Fujimi hanno un notevole carisma.
L'autrice nel corso dell'opera inserisce anche citazioni relative agli ambiti sportivi dell'epoca, inizialmente solo con nomi, successivamente anche con delle vere foto e riportando i veri risultati dei mondiali, oltre che ad un vero e proprio cameo di Hirofumi "Oni-Coach" Daimatsu l'ex pallavolista e importante allenatore della nazionale passato alla storia per i risultati e i metodi di allenamento, questi ultimi sembrano ispirare la maggior parte degli allenatori presenti nel manga.
Il tratto della Urano risulta fin troppo regolare e inflessibile. Nonostante i disegni puliti e curati si nota qualche imprecisione, sopratutto movimenti e nelle pose plastiche sia per la poca morbidezza del tratto che per le pose talvolta innaturali. Complessivamente si nota come l'autrice abbia uno stile fin troppo statico e schematico anche nell'impostazione delle tavole, anche se nelle azioni più concitate degli incontri sembra di sentire veramente il rimbombo sordo dello schianto del pallone sul pavimento. Viene però perdonata per l'incredibilmente varia caratterizzazione estetica delle ragazze e per l'abilità di far crescere con costanza la protagonista anche nel volto e nel corpo, non solo nella mente, confrontare l'Ayuhara della conclusione e quella dei primi capitoli fa notare quale differenza abissale ci sia tra le due ma portata avanti con leggeri accorgimenti facendola diventare naturale.
L'autrice giocherà molto con le iridi delle ragazze, ci saranno occhi ricchi di riflessi e altri semplicemente rotondi, ma indubbiamente quelli a croce avranno un che di inquietante.
In Italia l'opera arriva dopo più di 40 anni dalla pubblicazione originale grazie alla Jpop, in un edizione Bunko. Questa particolare versione offre un formato leggermente più piccolo rispetto allo standard, però ogni volume comprende quasi due degli originali tagliando frontespizi e riferimenti ai capitoli, raggruppando i dodici volumi originali in 7 più corposi. La rilegatura non soffre questa abbondanza e la carta ha un'ottima grammatura senza trasparenze, perfetta per mostrare la stampa precisa e pulita. Unico svantaggio è il ridimensionamento dei testi spesso stipati a forza degli spazi e richiedendo un leggero sforzo oculare per essere letti, non la miglior soluzione per chi soffre già problemi di vista.
Guardando oltre i banali difetti narrativi, quali una notevole ripetitività iniziale e qualche forzatura poi, "Attack No.1" risulta un'opera grezza e lineare - perlomeno prima dei drammi presenti verso la conclusione - senza inutili fronzoli e ridondanze che appesantirebbero la lettura, proprio per questo aspetto spoglio e diretto riesce a comunicare perfettamente la passione della protagonista che anima l'agonismo del lettore diventando così una lettura appassionante e soprattutto una delle più riuscite sotto l'aspetto sportivo e della crescita personale che la passione ha indotto nella protagonista.
Non solo gli amanti della pallavolo ameranno questo lavoro, ma chiunque sia appassionato di spokon (manga sportivi) o semplicemente dello sport in genere potrà farsi ammaliare dalla foga agonistica ricca di sogni e speranze che permea l'intera lettura, proprio per questo "Attack No.1" - o "Mimi e la nazionale di pallavolo", come preferite chiamarlo - risulta uno dei pilastri portanti dei fumetti sportivi che, come tale, ha fatto la storia del genere.
Finalmente dopo anni di attesa, arriva in Italia grazie all'editore J-Pop un manga bellissimo e anche toccante: lo strepitoso Attack No 1 di Chikako Urano.
Se parlassimo con qualche amico di questo manga, probabilmente di primo acchito esclamerebbe "Attack No.1? Che manga è?". Nella nostra terra è infatti conosciuto soprattutto come anime con il titolo di "Mimì e la nazionale di pallavolo", che spopolava sui nostri teleschermi oltre un decennio fa, ispirando seriamente le ragazzine dell'epoca a intraprendere il percorso da pallavoliste anche e soprattutto grazie a un altro anime direi storico nato dalla stessa mangaka, Attacker You! cioè "Mila e Shiro due cuori nella pallavolo". E chi non lo conosce?! Come appena scritto, entrambi sono della Urano e nella versione italiana vengono legati anche dal punto di vista della parentela: le due protagoniste infatti sono cugine e in Attacker You! più volte viene nominato questo legame. Ma veniamo alla trama.
La storia di per sé è abbastanza semplice. La protagonista assoluta è Kozue Ayuhara, giovane adolescente appassionata di pallavolo dal grande talento alle prese con diversi ostacoli nella nuova scuola superiore. Alcune compagne infatti sono piuttosto smorfiosette ed invidiose dinnanzi alla sua bravura e cercheranno con ogni mezzo di metterle i bastoni tra le ruote per farla sfigurare pubblicamente, ma Kozue non è ragazza dalla debole volontà e riuscirà col tempo a farsi accettare e a simpatizzare con le ragazze, tra le quali spicca Midori Hayakawa, una giovane benestante e viziata che diventerà compagna e migliore amica della nostra eroina.
Inizia così una serie di avventure a base di attacchi potentissimi e sacrifici incredibili, pur di arrivare un giorno a indossare la maglia della nazionale giapponese per vincere mondiali e olimpiadi. E la cara Kozue dopo anni di sforzi e di impegno riuscirà a diventare la giocatrice più forte al mondo, ovvero l'Attack No.1 e a portare il nome del Giappone negli annali della storia della pallavolo mondiale.
La parte prettamente "shoujo" e indi romantica è presente, ma con moderazione. Rispetto ad Attacker You! dove la componente sentimentale ricopre un buon 65%, qui le emozioni di Kozue sono soprattutto legate alla sua prima passione, la pallavolo, che domina incontrastata in tutto il manga. Ci sarà un po' di amore e anche dei toni un po' drammatici, ma li lascio scoprire a voi.
Nel complesso Attack No.1 è un'opera molto interessante e ben sviluppata con disegni molto curati e puliti. Purtroppo, secondo me, è stato valorizzato un po' troppo "Mila e Shiro" che probabilmente ha ottenuto più successo proprio perché più romantico; ma se avete amato quello, non potete non apprezzare questo capolavoro sportivo che con bravura e delicatezza ci porta nel mondo duro e rigido dei campi da pallavolo.
Voto: un bel nove pieno.
Se parlassimo con qualche amico di questo manga, probabilmente di primo acchito esclamerebbe "Attack No.1? Che manga è?". Nella nostra terra è infatti conosciuto soprattutto come anime con il titolo di "Mimì e la nazionale di pallavolo", che spopolava sui nostri teleschermi oltre un decennio fa, ispirando seriamente le ragazzine dell'epoca a intraprendere il percorso da pallavoliste anche e soprattutto grazie a un altro anime direi storico nato dalla stessa mangaka, Attacker You! cioè "Mila e Shiro due cuori nella pallavolo". E chi non lo conosce?! Come appena scritto, entrambi sono della Urano e nella versione italiana vengono legati anche dal punto di vista della parentela: le due protagoniste infatti sono cugine e in Attacker You! più volte viene nominato questo legame. Ma veniamo alla trama.
La storia di per sé è abbastanza semplice. La protagonista assoluta è Kozue Ayuhara, giovane adolescente appassionata di pallavolo dal grande talento alle prese con diversi ostacoli nella nuova scuola superiore. Alcune compagne infatti sono piuttosto smorfiosette ed invidiose dinnanzi alla sua bravura e cercheranno con ogni mezzo di metterle i bastoni tra le ruote per farla sfigurare pubblicamente, ma Kozue non è ragazza dalla debole volontà e riuscirà col tempo a farsi accettare e a simpatizzare con le ragazze, tra le quali spicca Midori Hayakawa, una giovane benestante e viziata che diventerà compagna e migliore amica della nostra eroina.
Inizia così una serie di avventure a base di attacchi potentissimi e sacrifici incredibili, pur di arrivare un giorno a indossare la maglia della nazionale giapponese per vincere mondiali e olimpiadi. E la cara Kozue dopo anni di sforzi e di impegno riuscirà a diventare la giocatrice più forte al mondo, ovvero l'Attack No.1 e a portare il nome del Giappone negli annali della storia della pallavolo mondiale.
La parte prettamente "shoujo" e indi romantica è presente, ma con moderazione. Rispetto ad Attacker You! dove la componente sentimentale ricopre un buon 65%, qui le emozioni di Kozue sono soprattutto legate alla sua prima passione, la pallavolo, che domina incontrastata in tutto il manga. Ci sarà un po' di amore e anche dei toni un po' drammatici, ma li lascio scoprire a voi.
Nel complesso Attack No.1 è un'opera molto interessante e ben sviluppata con disegni molto curati e puliti. Purtroppo, secondo me, è stato valorizzato un po' troppo "Mila e Shiro" che probabilmente ha ottenuto più successo proprio perché più romantico; ma se avete amato quello, non potete non apprezzare questo capolavoro sportivo che con bravura e delicatezza ci porta nel mondo duro e rigido dei campi da pallavolo.
Voto: un bel nove pieno.