20th Century Boys
“Alla fine del secolo scorso, l’umanità rischiò di non entrare nella nuova era a causa di una crisi che minacciava di spazzarla via… se non fossero intervenuti “loro”. Nel 1969, quando stavano ancora vivendo la propria fanciullezza, “loro” crearono un simbolo. Nel 1997, mentre cominciavano a manifestarsi i primi segni di un disastro incombente, quel simbolo tornava a vivere. Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che hanno salvato il mondo.”
Ideato dalla mente geniale del celebre Naoki Urasawa, “20th Century Boys” è un manga di 22 volumi pubblicato sulla rivista Big Comic Spirits della casa editrice Shogakukan a partire dal 1999 e conclusosi nel 2006, la cui storia trova degna conclusione nel successivo “21st Century Boys”, manga sequel dell’opera originale, che conta appena due volumi. L'opera si è aggiudicata il Kodansha Manga Award nella categoria generale nel 2001, il Premio eccellenza al Japan Media Arts Festival Award del 2002, il Shogakukan Manga Award nella categoria generale nel 2003 e il Seiun Award come miglior manga nel 2008.
Un robot, un'organizzazione malvagia, degli eroi che la combattono, gli alieni, un terribile virus... un nuovo manga di azione? No… semplicemente il gioco di un gruppo di bambini che dalla loro base segreta sognavano un futuro in cui salvavano il mondo da una terribile minaccia. Chi l'avrebbe detto che il quaderno in cui scrivevano e disegnavano le loro idee sarebbe diventato la nuova Bibbia? Sono passati parecchi anni, ormai tutti sono cresciuti, quando alcuni eventi mettono in moto il lento meccanismo della memoria che li costringerà a ricordare i giorni della loro infanzia, la chiave per capire la minaccia che a breve avrebbe colpito l'intera umanità. Qualcuno sta cercando di realizzare il loro gioco, e ci riuscirà, a meno che loro non riescano a fermarlo. Questo qualcuno è l'Amico, che utilizza come stemma proprio il logo che da bambini avevano inventato. Ma chi è l'Amico? Come fa a conoscere il contenuto del loro quaderno? E cosa potranno fare loro, un gruppetto di persone comunissime, contro una simile minaccia?
“20th Century Boys” di Naoki Urasawa è uno di quei thriller politici che ti entra dentro e ti spinge a cercare da solo le risposte che, per forza di cose, è costretto a darti l’autore entro la fine dell’opera, anche se non è sempre detto. La storia di Urasawa è di quelle enigmatiche, in grado di catturare e appassionare completamente il lettore, che, come nel mio caso, si trova spesso ad avanzare delle supposizioni circa i fatti che si susseguono ininterrotti, chiaro sintomo di grande partecipazione. Mai come nel caso di “20th Century Boys”, è necessaria una lettura attiva, unica soluzione se si vuole seguire passo dopo passo l’autore sulla strada da esso tracciata. Urasawa costruisce la sua opera muovendosi su più linee temporali, con un continuo alternarsi di scene del presente e flashbacks. Passato e presente vivono di una corrispondenza perfetta, tant’è che i continui “salti temporali” sono tutt’altro che fastidiosi, nonché essenziali ai fini della trama, che si presenta come un grandissimo puzzle di cui, a poco a poco, vengono forniti tutti, o quasi, i pezzi. Al centro di questo enorme puzzle c’è un simbolo, quello di un vecchio gruppo di amici d’infanzia nel passato, utilizzato nel presente da una strana setta religiosa, la Setta dell’Amico. La proliferazione di sette nel Giappone di fine millennio, paese dalla grande libertà di culto, nonché la religione stessa diventano oggetto di critiche da parte di Urasawa. Le sette, in particolar modo quella dell’Amico, sono esperte nel traviare con le parole, e non solo, i più deboli, coloro che si sentono abbandonati dalla società e cercano disperatamente qualcosa in cui credere. In questo modo, la Setta dell’Amico fa sempre più proseliti, fino a trasformarsi in una sorta di esercito. La guerra, nei termini in cui la intendiamo noi, non compare mai in “20th Century Boys”, ma nel corso della storia si vive costantemente con questo spettro a fare da indesiderato accompagnatore. Grandi sono le fortune della Setta dell’Amico, che, nel giro di qualche anno, finisce col diventare un partito politico. Proprio la politica è il secondo bersaglio polemico di Urasawa e, per quest’ultima, vale lo stesso discorso della religione. La politica, soprattutto se declinata nelle sue forme peggiori, ovvero quelle assolutisco-totalitariste, è in grado di smuovere le masse contro o a favore di qualcuno, di rendere popolare un simbolo e, soprattutto, di convincere le persone che il nero sia bianco e il bianco sia nero. La Setta dell’Amico, futuro partito politico, con la cui nascita coincidono tutta una serie di strani avvenimenti aventi luogo a Tokyo e non solo, vuole e riesce a convincere il popolo che un gruppo di eroi sia, in realtà, un gruppo di terroristi. E chi sono questi fantomatici eroi-terroristi? Ovviamente, i 20th Century Boys.
I ragazzi del ventesimo secolo formano un gruppo eterogeno di bambini che alle elementari passavano intere giornate insieme nella loro base segreta a fantasticare sul mondo e, cosa più importante, a come fare per salvarlo nel caso in cui la sua sicurezza fosse stata minacciata. Crescendo, i ragazzi si sono inevitabilmente persi di vista, ma quando il simbolo che hanno creato da giovani torna a vivere, affibbiato però ad un’oscura setta, ecco che la comitiva è chiamata a riunirsi sotto un’unica egida. La guida del gruppo è Kenji, un vero paladino della giustizia, fermamente convinto che la musica, in particolar modo quella rock, possa cambiare il mondo e, in fondo, tutti i torti non ce li ha. Con la sua musica, Kenji riesce a smuovere gli animi delle persone, così come oggi riescono a farlo i fumetti. Al suo fianco, c’è la spalla destra di cui tutti avrebbero bisogno, Occio, il classico tipo ‘poche parole e tanti fatti’ che non conviene in alcun modo far incazzare. La vita non è stata clemente con lui, portandogli via il figlio piccolo; inutile dire che da quel giorno egli non è stato più lo stesso. Poi, ci sono Mauro e Yoshitsune. Il primo è un bonaccione, uno a cui è difficile non volere bene, infatti, nonostante la sua stazza, non incuterebbe il minimo timore neanche ad una farfalla. Il secondo, il mio preferito, è un tipo timido e occhialuto, a cui la vita ha rifilato troppe delusioni, eppure lui ha sempre saputo rialzarsi. Nei momenti difficili, anche se controvoglia, è sempre pronto a prendere le redini della situazione, come solo un vero leader sa fare. Con la cazzuta ed irreprensibile Yukiji, il nucleo del gruppo, quello sempre presente nel corso dei 22+2 volumi del manga, è al completo. In ogni gruppo che si rispetti c’è bisogno del tocco femminile, per quanto poi, Yukiji, abbia molto spesso degli atteggiamenti da vero maschiaccio. Nonostante siano meno presenti nel corso della storia, meritano di essere nominati anche gli altri comprimari: Mon-chan, Croakki, Donkey, Konchi e Sadakiyo, uno dei personaggi con la crescita migliore di tutta l’opera. Estranea alla comitiva di amici, ma co-protagonista della storia è Kana Endo, la nipote di Kenji. Una ragazza carina, carismatica e decisa, che sa decisamente il fatto suo. Ad un certo punto della storia, è lei a prendere in mano situazione e a lottare strenuamente contro l’Amico. A proposito di quest’ultimo, mi viene da dire che “20th Century Boys” non sarebbe lo stesso senza un villain di tale spessore e carisma. Nonostante non lo si veda quasi mai in faccia e la sua identità sia a dir poco fumosa, tale da renderlo quasi una figura evanescente, l’Amico è un villain con la ‘v’ maiuscola. Membro del gruppo di amici d’infanzia, l’Amico dimostrerà grande ingegno nel mettere in atto quanto scritto dai ragazzi sul “Libro delle Profezie” e, ancor di più, nel riuscire a far prostrare l’intero mondo ai suoi piedi. L’Amico è leader politico e religioso carismatico, manipolatore di prima categoria, mente geniale in grado di portare scompiglio nel mondo e astuto figlio di buona donna sempre un passo avanti ai suoi “inseguitori”. Insomma, un villain che merita di essere chiamato con questo appellativo, di cui i ragazzi del ventesimo secolo cercheranno di scoprire continuamente l’identità, grande leitmotiv dell’intero manga.
Ad una storia avvincente e ad un ventaglio di personaggi così ben assortito, nemici compresi, basta aggiungere i disegni ai limiti della perfezione di Naoki Urasawa per creare un manga incredibile, che, però, perfetto non è. Sono del parere che il mangaka potesse tralasciare alcuni capitoli e sottotrame, riducendo così il computo totale dei volumi, “21st Century Boys” compreso, a 20 invece di 24. Allo stesso modo, ritengo che non tutte le questioni siano state risolte adeguatamente e che alcune domande restino prive di una risposta veramente convincente, almeno per me. Infine, non ho particolarmente apprezzato il finale, il che non significa che non mi sia piaciuto, ma se tutta l’opera è stata un capolavoro, lo stesso non mi sento di dire a proposito del finale, che ho trovato molto, forse troppo equilibrato.
Come sempre, però, ciò che conta di più non è la meta bensì il viaggio, e vedere i ragazzi del ventesimo secolo, persone comuni chiamate a salvare il mondo dalla distruzione, diventare ragazzi del ventunesimo secolo, mi ha emozionato parecchio, molto più di quanto non sarebbe riuscito a fare il finale perfetto di un’opera mediocre.
Ideato dalla mente geniale del celebre Naoki Urasawa, “20th Century Boys” è un manga di 22 volumi pubblicato sulla rivista Big Comic Spirits della casa editrice Shogakukan a partire dal 1999 e conclusosi nel 2006, la cui storia trova degna conclusione nel successivo “21st Century Boys”, manga sequel dell’opera originale, che conta appena due volumi. L'opera si è aggiudicata il Kodansha Manga Award nella categoria generale nel 2001, il Premio eccellenza al Japan Media Arts Festival Award del 2002, il Shogakukan Manga Award nella categoria generale nel 2003 e il Seiun Award come miglior manga nel 2008.
Un robot, un'organizzazione malvagia, degli eroi che la combattono, gli alieni, un terribile virus... un nuovo manga di azione? No… semplicemente il gioco di un gruppo di bambini che dalla loro base segreta sognavano un futuro in cui salvavano il mondo da una terribile minaccia. Chi l'avrebbe detto che il quaderno in cui scrivevano e disegnavano le loro idee sarebbe diventato la nuova Bibbia? Sono passati parecchi anni, ormai tutti sono cresciuti, quando alcuni eventi mettono in moto il lento meccanismo della memoria che li costringerà a ricordare i giorni della loro infanzia, la chiave per capire la minaccia che a breve avrebbe colpito l'intera umanità. Qualcuno sta cercando di realizzare il loro gioco, e ci riuscirà, a meno che loro non riescano a fermarlo. Questo qualcuno è l'Amico, che utilizza come stemma proprio il logo che da bambini avevano inventato. Ma chi è l'Amico? Come fa a conoscere il contenuto del loro quaderno? E cosa potranno fare loro, un gruppetto di persone comunissime, contro una simile minaccia?
“20th Century Boys” di Naoki Urasawa è uno di quei thriller politici che ti entra dentro e ti spinge a cercare da solo le risposte che, per forza di cose, è costretto a darti l’autore entro la fine dell’opera, anche se non è sempre detto. La storia di Urasawa è di quelle enigmatiche, in grado di catturare e appassionare completamente il lettore, che, come nel mio caso, si trova spesso ad avanzare delle supposizioni circa i fatti che si susseguono ininterrotti, chiaro sintomo di grande partecipazione. Mai come nel caso di “20th Century Boys”, è necessaria una lettura attiva, unica soluzione se si vuole seguire passo dopo passo l’autore sulla strada da esso tracciata. Urasawa costruisce la sua opera muovendosi su più linee temporali, con un continuo alternarsi di scene del presente e flashbacks. Passato e presente vivono di una corrispondenza perfetta, tant’è che i continui “salti temporali” sono tutt’altro che fastidiosi, nonché essenziali ai fini della trama, che si presenta come un grandissimo puzzle di cui, a poco a poco, vengono forniti tutti, o quasi, i pezzi. Al centro di questo enorme puzzle c’è un simbolo, quello di un vecchio gruppo di amici d’infanzia nel passato, utilizzato nel presente da una strana setta religiosa, la Setta dell’Amico. La proliferazione di sette nel Giappone di fine millennio, paese dalla grande libertà di culto, nonché la religione stessa diventano oggetto di critiche da parte di Urasawa. Le sette, in particolar modo quella dell’Amico, sono esperte nel traviare con le parole, e non solo, i più deboli, coloro che si sentono abbandonati dalla società e cercano disperatamente qualcosa in cui credere. In questo modo, la Setta dell’Amico fa sempre più proseliti, fino a trasformarsi in una sorta di esercito. La guerra, nei termini in cui la intendiamo noi, non compare mai in “20th Century Boys”, ma nel corso della storia si vive costantemente con questo spettro a fare da indesiderato accompagnatore. Grandi sono le fortune della Setta dell’Amico, che, nel giro di qualche anno, finisce col diventare un partito politico. Proprio la politica è il secondo bersaglio polemico di Urasawa e, per quest’ultima, vale lo stesso discorso della religione. La politica, soprattutto se declinata nelle sue forme peggiori, ovvero quelle assolutisco-totalitariste, è in grado di smuovere le masse contro o a favore di qualcuno, di rendere popolare un simbolo e, soprattutto, di convincere le persone che il nero sia bianco e il bianco sia nero. La Setta dell’Amico, futuro partito politico, con la cui nascita coincidono tutta una serie di strani avvenimenti aventi luogo a Tokyo e non solo, vuole e riesce a convincere il popolo che un gruppo di eroi sia, in realtà, un gruppo di terroristi. E chi sono questi fantomatici eroi-terroristi? Ovviamente, i 20th Century Boys.
I ragazzi del ventesimo secolo formano un gruppo eterogeno di bambini che alle elementari passavano intere giornate insieme nella loro base segreta a fantasticare sul mondo e, cosa più importante, a come fare per salvarlo nel caso in cui la sua sicurezza fosse stata minacciata. Crescendo, i ragazzi si sono inevitabilmente persi di vista, ma quando il simbolo che hanno creato da giovani torna a vivere, affibbiato però ad un’oscura setta, ecco che la comitiva è chiamata a riunirsi sotto un’unica egida. La guida del gruppo è Kenji, un vero paladino della giustizia, fermamente convinto che la musica, in particolar modo quella rock, possa cambiare il mondo e, in fondo, tutti i torti non ce li ha. Con la sua musica, Kenji riesce a smuovere gli animi delle persone, così come oggi riescono a farlo i fumetti. Al suo fianco, c’è la spalla destra di cui tutti avrebbero bisogno, Occio, il classico tipo ‘poche parole e tanti fatti’ che non conviene in alcun modo far incazzare. La vita non è stata clemente con lui, portandogli via il figlio piccolo; inutile dire che da quel giorno egli non è stato più lo stesso. Poi, ci sono Mauro e Yoshitsune. Il primo è un bonaccione, uno a cui è difficile non volere bene, infatti, nonostante la sua stazza, non incuterebbe il minimo timore neanche ad una farfalla. Il secondo, il mio preferito, è un tipo timido e occhialuto, a cui la vita ha rifilato troppe delusioni, eppure lui ha sempre saputo rialzarsi. Nei momenti difficili, anche se controvoglia, è sempre pronto a prendere le redini della situazione, come solo un vero leader sa fare. Con la cazzuta ed irreprensibile Yukiji, il nucleo del gruppo, quello sempre presente nel corso dei 22+2 volumi del manga, è al completo. In ogni gruppo che si rispetti c’è bisogno del tocco femminile, per quanto poi, Yukiji, abbia molto spesso degli atteggiamenti da vero maschiaccio. Nonostante siano meno presenti nel corso della storia, meritano di essere nominati anche gli altri comprimari: Mon-chan, Croakki, Donkey, Konchi e Sadakiyo, uno dei personaggi con la crescita migliore di tutta l’opera. Estranea alla comitiva di amici, ma co-protagonista della storia è Kana Endo, la nipote di Kenji. Una ragazza carina, carismatica e decisa, che sa decisamente il fatto suo. Ad un certo punto della storia, è lei a prendere in mano situazione e a lottare strenuamente contro l’Amico. A proposito di quest’ultimo, mi viene da dire che “20th Century Boys” non sarebbe lo stesso senza un villain di tale spessore e carisma. Nonostante non lo si veda quasi mai in faccia e la sua identità sia a dir poco fumosa, tale da renderlo quasi una figura evanescente, l’Amico è un villain con la ‘v’ maiuscola. Membro del gruppo di amici d’infanzia, l’Amico dimostrerà grande ingegno nel mettere in atto quanto scritto dai ragazzi sul “Libro delle Profezie” e, ancor di più, nel riuscire a far prostrare l’intero mondo ai suoi piedi. L’Amico è leader politico e religioso carismatico, manipolatore di prima categoria, mente geniale in grado di portare scompiglio nel mondo e astuto figlio di buona donna sempre un passo avanti ai suoi “inseguitori”. Insomma, un villain che merita di essere chiamato con questo appellativo, di cui i ragazzi del ventesimo secolo cercheranno di scoprire continuamente l’identità, grande leitmotiv dell’intero manga.
Ad una storia avvincente e ad un ventaglio di personaggi così ben assortito, nemici compresi, basta aggiungere i disegni ai limiti della perfezione di Naoki Urasawa per creare un manga incredibile, che, però, perfetto non è. Sono del parere che il mangaka potesse tralasciare alcuni capitoli e sottotrame, riducendo così il computo totale dei volumi, “21st Century Boys” compreso, a 20 invece di 24. Allo stesso modo, ritengo che non tutte le questioni siano state risolte adeguatamente e che alcune domande restino prive di una risposta veramente convincente, almeno per me. Infine, non ho particolarmente apprezzato il finale, il che non significa che non mi sia piaciuto, ma se tutta l’opera è stata un capolavoro, lo stesso non mi sento di dire a proposito del finale, che ho trovato molto, forse troppo equilibrato.
Come sempre, però, ciò che conta di più non è la meta bensì il viaggio, e vedere i ragazzi del ventesimo secolo, persone comuni chiamate a salvare il mondo dalla distruzione, diventare ragazzi del ventunesimo secolo, mi ha emozionato parecchio, molto più di quanto non sarebbe riuscito a fare il finale perfetto di un’opera mediocre.
“Siamo gli adulti che speravamo di diventare… oppure i bambini che eravamo riderebbero di noi vedendoci adesso?”
Giappone, 1969.
Un gruppo di bambini costruisce un nascondiglio di rami e cespugli dove leggere manga e ascoltare la radio, una base segreta per fantasticare sull’avvento futuro del nuovo millennio. I bambini immaginano un virus letale decimare la popolazione, diversi attacchi terroristici e un gigantesco robot invadere le strade di Tokyo. Decidono di mettere tutto per iscritto nel “Libro delle profezie”. Il gruppo inventa un simbolo raffigurante una mano con l’indice che indica verso l’alto e un grande occhio sul dorso. 30 anni dopo, con il duemila ormai alle porte, qualcuno di loro sta utilizzando quel simbolo per conquistare il mondo seminando il terrore sotto le vesti di messia, mettendo in atto per filo e per segno quanto scritto nel “Libro delle profezie”. L’uomo porta sempre una maschera e si fa chiamare “L’amico”.
La storia è carica di mistero e mostra il suo immenso potenziale fin da subito, grazie ad una narrativa non sequenziale che immerge magneticamente il lettore in un’atmosfera nostalgica e al contempo avveniristica incredibilmente evocativa.
I personaggi, seppur numerosissimi, sono tutti magistralmente caratterizzati, e si rivelano il nerbo di una sceneggiatura magnificamente intessuta che si dipana su più piani temporali, tra continui flashback e flash-forward che aggiungono segreti agli enigmi irrisolti.
La villa dell’impiccato, la dissezione del pesce nell’aula di scienze, il distintivo galattico del negozio dei “nonni”, quel giorno in cui a mensa qualcuno del gruppo piegò tutti i cucchiai con la sola forza del pensiero.
Eventi apparentemente sconnessi, ma in realtà legati da un invisibile e pericoloso fil rouge. Chi è il burattinaio che muove i fili? Chi si cela dietro la maschera dell’Amico?
Il protagonista della storia è Kenji, il ragazzino che capitanava il gruppo della base segreta, ormai un quasi quarantenne dallo spirito eternamente bambino appassionato di musica rock, che gestisce un minimarket insieme a sua madre accudendo la sua adorata nipotina Kanna, la figlia di sua sorella lasciatagli in affidamento prima che quest’ultima scomparisse nel nulla.
Per scoprire l’identità dell’Amico e cercare di sventare i suoi diabolici piani verso la conquista del mondo, Kenji decide di radunare il gruppo di amici d’infanzia alla ricerca della verità nascosta dentro i loro ricordi.
Ecco che Occio, il carismatico creatore del simbolo, il sorprendentemente impavido Yoshitsune (visto il passato non proprio da cuor di leone), il corpulento Maruo e la judoka Yukiji, “la bambina più forte di tutti i tempi” (ispirata a Yawara), si ricongiungono a Kenji insieme agli altri membri della banda per riappropriarsi del proprio simbolo.
Stavolta non è un gioco per bambini ma una vera e propria battaglia con in ballo le sorti dell’umanità.
“20th Century Boys” copre circa cinquant’anni di storia ed è lo zeitgeist di due generazioni: quella che il duemila lo sognava con gli occhi dei bambini e quella che il duemila lo subisce con la disillusione degli adulti.
Da un lato la generazione sognante che vedeva in quell’expo di Osaka del 1970 (punto focale dell’opera) un miraggio da inseguire, dall’altro la generazione sconfitta i cui sogni si sono rivolti contro, che ha perso il disincanto fanciullesco e si ritrova tra terrorismo e manipolazione di massa immersa in un caustico voyeurismo orwelliano.
Attraverso cospirazioni e varie teorie del complotto, tra cui quella dell’allunaggio (magnificamente ripresa in “Billy Bat”), ci viene mostrato un mondo ingannevole e menzognero, un Matrix di uomini mesmerizzati da un individuo in maschera divenuto un vero e proprio Dio in terra.
Un mondo che mai come prima ha bisogno di eroi.
Il contrasto tra Kenji e L’Amico avviene spesso a distanza, un duello psicologico tra reminiscenze e rivelazioni che vede due facce della stessa medaglia originare un’affascinante dicotomia tra eroe ed antieroe.
Naoki Urasawa è il mangaka che meglio di tutti ha saputo far convergere il fumetto d’autore nel mainstream senza snaturarsi.
Le sue innumerevoli citazioni alla cultura pop e la narrativa cinematografica al fulmicotone farcita di cliff hanger e red herring, lo hanno reso uno dei principali riferimenti della fumettistica nipponica.
“20th Century Boys” è dopo “Monster” la consacrazione di una cifra stilistica unica e virtuosa, e segna, passato il periodo spokon (“Yawara!”, “Happy”), la virata definitiva dell’autore verso i mistery/thriller con connotati specifici e perfettamente riconoscibili, oggi definibili “manga alla Urasawa”.
“20th Century Boys” è il lavoro che accorpa le citazioni più trasversali di tutto il corpus opere urasawiano, godendone a pieno in termini di poliedricità.
La musica gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo delle vicende, saranno proprio le canzoni di Kenji, inizialmente comprese ed apprezzate soltanto dalla piccola Kanna, a risvegliare “la coscienza dormiente del mondo”. Il mangaka origina un abbacinante caleidoscopio referenziale fondendo le infinite reference alla musica rock (il titolo “20th Century Boys” è ripreso dal brano dei T. Rex) alle citazioni manga anni ‘60 e ‘70, tra cui spiccano quelle a: “Doraemon” con il duo di mangaka Ujiko Ujio che omaggia il leggendario duo Fujiko Fujio creatore della mascotte dei manga, ad “Hattori Kun” (noto in Italia come “Nino, il mio amico ninja”) la maschera di Sadakiyo è la stessa di Nino ed il vero nome di Fukubei è Hattori, e poi quelle a “La stella dei Giants” e “Rocky Joe”, che celebrano il re degli spokon Ikki Kajiwara.
L’autore si concede anche diverse escursioni nel cinema, tutto il paragrafo carcerario risulta un omaggio a “La grande fuga”, con tanto di ripetute citazioni al film stesso e a Steve Mcqueen.
Emerge inoltre il grande amore di Urasawa verso Stephen King, il gruppo di bambini e gli switch temporali richiamano i grandi classici “It” e “Stand by Me - Ricordo di un’estate”, con quelle magiche atmosfere nostalgiche alla “Goonies” che anni dopo renderanno celebre “Stranger Things”.
Per questo e molto altro potremmo definire “20th Century Boys” il magnum opus di Naoki Urasawa, o quantomeno la summa della sua semantica autoriale, con tutto ciò che ne concerne.
Nonostante la sua inconfutabile bellezza se non apprezzate l’autore non sarà questo fumetto a farvi ricredere, Urasawa è un mangaka polarizzante e questa è la sua più fulgida espressione artistica con tutti i pro e i contro del caso.
Tra i pochissimi malus da segnalare c’è il calo di pathos una volta svelata l’identità dell’Amico, e la mancata chiarificazione di alcuni punti lasciati in sospeso, come il figlio del “Nuovo Amico” e il rapporto tra Kenji e Yukiji, purtroppo non approfondito quanto avrebbe meritato, soprattutto se si pensa allo spazio lasciato ad alcune sottotrame riempitive fine a se stesse. Inoltre il finale, se non si considera “21st Century Boys” appare poco esplicativo e piuttosto inconsistente.
Nonostante queste siano indubbiamente note dolenti su cui i detrattori possono far leva, risultano minuzie di fronte all’imponente caratura dell’opera.
La regia delle tavole è estremamente incalzante e cinematica, e grazie anche al plot, talmente appassionante da far venire al lettore un’indomabile fame di pagine, incentiva al binge-reading spinto.
“Ti scrivo una lettera perché se ti inviassi una mail potrebbero censurarla…distruggila subito dopo averla letta”
Il sensei evidenzia l’importanza del disegno a mano a discapito del digitale, sfoggiando il suo solito meraviglioso tratto pittorico realistico ed espressivo.
Tra la moltitudine di personaggi memorabili, le cui personalità sono tratteggiate con una maestria più unica che rara, cito: Sadakyo, il bambino mascherato continuamente vessato e bullizzato dai compagni, il cui epilogo struggente rappresenta uno dei pinnacoli emotivi del manga;
E “Dio”, un barbone invasato con il bowling le cui doti di chiaroveggenza lo porteranno ad arricchirsi a dismisura, rendendolo un infallibile giocatore di borsa.
È proprio quest’ultimo, le cui predizioni incarnano perfettamente l’anima di “20th Century Boys”, a risultare uno dei personaggi allegoricamente più rappresentativi dell’intera opera.
“L’arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità”
Ma se la bugia fosse l’universo stesso?
Un Naoki Urasawa incredibilmente profetico e divinatorio, le cui previsioni per “l’evento che cambierà il mondo all’inizio del XXI secolo” trovano un’agghiacciante corrispondenza nel tragico attentato alle torri gemelle dell’11 Settembre 2001, ci regala, attraverso una magniloquenza narrativa a tratti sofista, una storia al cardiopalma che si impone capolavoro assoluto del fumetto.
Un viaggio nella romantica spensieratezza dell’infanzia, che evidenzia l’importanza dei ricordi perduti facendoci vivere un variopinto arcobaleno di emozioni tra lirismo e nonsense.
Un’opera geniale, corale, bagnata da quel lieve tocco di paranormale che la pone in costante bilico tra realtà e finzione, tra verità e bugia, tra cronaca e messinscena letteraria.
Un inno all’amicizia, l’esaltazione del collettivo a discapito di ogni singolarità, capace di regalare una lunga serie di momenti indimenticabili: Dal climax del “Capodanno di sangue” alla straziante e disperata difesa della base segreta contro “I gemelli più cattivi di tutti i tempi” Yanbo e Marbo, quando un gruppo di ragazzini dagli occhi gonfi e dardeggianti combatteva strenuamente per difendere i propri sogni, gettando il cuore ben oltre l’ostacolo all’orizzonte di un futuro nebuloso e incantato.
Giappone, 1969.
Un gruppo di bambini costruisce un nascondiglio di rami e cespugli dove leggere manga e ascoltare la radio, una base segreta per fantasticare sull’avvento futuro del nuovo millennio. I bambini immaginano un virus letale decimare la popolazione, diversi attacchi terroristici e un gigantesco robot invadere le strade di Tokyo. Decidono di mettere tutto per iscritto nel “Libro delle profezie”. Il gruppo inventa un simbolo raffigurante una mano con l’indice che indica verso l’alto e un grande occhio sul dorso. 30 anni dopo, con il duemila ormai alle porte, qualcuno di loro sta utilizzando quel simbolo per conquistare il mondo seminando il terrore sotto le vesti di messia, mettendo in atto per filo e per segno quanto scritto nel “Libro delle profezie”. L’uomo porta sempre una maschera e si fa chiamare “L’amico”.
La storia è carica di mistero e mostra il suo immenso potenziale fin da subito, grazie ad una narrativa non sequenziale che immerge magneticamente il lettore in un’atmosfera nostalgica e al contempo avveniristica incredibilmente evocativa.
I personaggi, seppur numerosissimi, sono tutti magistralmente caratterizzati, e si rivelano il nerbo di una sceneggiatura magnificamente intessuta che si dipana su più piani temporali, tra continui flashback e flash-forward che aggiungono segreti agli enigmi irrisolti.
La villa dell’impiccato, la dissezione del pesce nell’aula di scienze, il distintivo galattico del negozio dei “nonni”, quel giorno in cui a mensa qualcuno del gruppo piegò tutti i cucchiai con la sola forza del pensiero.
Eventi apparentemente sconnessi, ma in realtà legati da un invisibile e pericoloso fil rouge. Chi è il burattinaio che muove i fili? Chi si cela dietro la maschera dell’Amico?
Il protagonista della storia è Kenji, il ragazzino che capitanava il gruppo della base segreta, ormai un quasi quarantenne dallo spirito eternamente bambino appassionato di musica rock, che gestisce un minimarket insieme a sua madre accudendo la sua adorata nipotina Kanna, la figlia di sua sorella lasciatagli in affidamento prima che quest’ultima scomparisse nel nulla.
Per scoprire l’identità dell’Amico e cercare di sventare i suoi diabolici piani verso la conquista del mondo, Kenji decide di radunare il gruppo di amici d’infanzia alla ricerca della verità nascosta dentro i loro ricordi.
Ecco che Occio, il carismatico creatore del simbolo, il sorprendentemente impavido Yoshitsune (visto il passato non proprio da cuor di leone), il corpulento Maruo e la judoka Yukiji, “la bambina più forte di tutti i tempi” (ispirata a Yawara), si ricongiungono a Kenji insieme agli altri membri della banda per riappropriarsi del proprio simbolo.
Stavolta non è un gioco per bambini ma una vera e propria battaglia con in ballo le sorti dell’umanità.
“20th Century Boys” copre circa cinquant’anni di storia ed è lo zeitgeist di due generazioni: quella che il duemila lo sognava con gli occhi dei bambini e quella che il duemila lo subisce con la disillusione degli adulti.
Da un lato la generazione sognante che vedeva in quell’expo di Osaka del 1970 (punto focale dell’opera) un miraggio da inseguire, dall’altro la generazione sconfitta i cui sogni si sono rivolti contro, che ha perso il disincanto fanciullesco e si ritrova tra terrorismo e manipolazione di massa immersa in un caustico voyeurismo orwelliano.
Attraverso cospirazioni e varie teorie del complotto, tra cui quella dell’allunaggio (magnificamente ripresa in “Billy Bat”), ci viene mostrato un mondo ingannevole e menzognero, un Matrix di uomini mesmerizzati da un individuo in maschera divenuto un vero e proprio Dio in terra.
Un mondo che mai come prima ha bisogno di eroi.
Il contrasto tra Kenji e L’Amico avviene spesso a distanza, un duello psicologico tra reminiscenze e rivelazioni che vede due facce della stessa medaglia originare un’affascinante dicotomia tra eroe ed antieroe.
Naoki Urasawa è il mangaka che meglio di tutti ha saputo far convergere il fumetto d’autore nel mainstream senza snaturarsi.
Le sue innumerevoli citazioni alla cultura pop e la narrativa cinematografica al fulmicotone farcita di cliff hanger e red herring, lo hanno reso uno dei principali riferimenti della fumettistica nipponica.
“20th Century Boys” è dopo “Monster” la consacrazione di una cifra stilistica unica e virtuosa, e segna, passato il periodo spokon (“Yawara!”, “Happy”), la virata definitiva dell’autore verso i mistery/thriller con connotati specifici e perfettamente riconoscibili, oggi definibili “manga alla Urasawa”.
“20th Century Boys” è il lavoro che accorpa le citazioni più trasversali di tutto il corpus opere urasawiano, godendone a pieno in termini di poliedricità.
La musica gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo delle vicende, saranno proprio le canzoni di Kenji, inizialmente comprese ed apprezzate soltanto dalla piccola Kanna, a risvegliare “la coscienza dormiente del mondo”. Il mangaka origina un abbacinante caleidoscopio referenziale fondendo le infinite reference alla musica rock (il titolo “20th Century Boys” è ripreso dal brano dei T. Rex) alle citazioni manga anni ‘60 e ‘70, tra cui spiccano quelle a: “Doraemon” con il duo di mangaka Ujiko Ujio che omaggia il leggendario duo Fujiko Fujio creatore della mascotte dei manga, ad “Hattori Kun” (noto in Italia come “Nino, il mio amico ninja”) la maschera di Sadakiyo è la stessa di Nino ed il vero nome di Fukubei è Hattori, e poi quelle a “La stella dei Giants” e “Rocky Joe”, che celebrano il re degli spokon Ikki Kajiwara.
L’autore si concede anche diverse escursioni nel cinema, tutto il paragrafo carcerario risulta un omaggio a “La grande fuga”, con tanto di ripetute citazioni al film stesso e a Steve Mcqueen.
Emerge inoltre il grande amore di Urasawa verso Stephen King, il gruppo di bambini e gli switch temporali richiamano i grandi classici “It” e “Stand by Me - Ricordo di un’estate”, con quelle magiche atmosfere nostalgiche alla “Goonies” che anni dopo renderanno celebre “Stranger Things”.
Per questo e molto altro potremmo definire “20th Century Boys” il magnum opus di Naoki Urasawa, o quantomeno la summa della sua semantica autoriale, con tutto ciò che ne concerne.
Nonostante la sua inconfutabile bellezza se non apprezzate l’autore non sarà questo fumetto a farvi ricredere, Urasawa è un mangaka polarizzante e questa è la sua più fulgida espressione artistica con tutti i pro e i contro del caso.
Tra i pochissimi malus da segnalare c’è il calo di pathos una volta svelata l’identità dell’Amico, e la mancata chiarificazione di alcuni punti lasciati in sospeso, come il figlio del “Nuovo Amico” e il rapporto tra Kenji e Yukiji, purtroppo non approfondito quanto avrebbe meritato, soprattutto se si pensa allo spazio lasciato ad alcune sottotrame riempitive fine a se stesse. Inoltre il finale, se non si considera “21st Century Boys” appare poco esplicativo e piuttosto inconsistente.
Nonostante queste siano indubbiamente note dolenti su cui i detrattori possono far leva, risultano minuzie di fronte all’imponente caratura dell’opera.
La regia delle tavole è estremamente incalzante e cinematica, e grazie anche al plot, talmente appassionante da far venire al lettore un’indomabile fame di pagine, incentiva al binge-reading spinto.
“Ti scrivo una lettera perché se ti inviassi una mail potrebbero censurarla…distruggila subito dopo averla letta”
Il sensei evidenzia l’importanza del disegno a mano a discapito del digitale, sfoggiando il suo solito meraviglioso tratto pittorico realistico ed espressivo.
Tra la moltitudine di personaggi memorabili, le cui personalità sono tratteggiate con una maestria più unica che rara, cito: Sadakyo, il bambino mascherato continuamente vessato e bullizzato dai compagni, il cui epilogo struggente rappresenta uno dei pinnacoli emotivi del manga;
E “Dio”, un barbone invasato con il bowling le cui doti di chiaroveggenza lo porteranno ad arricchirsi a dismisura, rendendolo un infallibile giocatore di borsa.
È proprio quest’ultimo, le cui predizioni incarnano perfettamente l’anima di “20th Century Boys”, a risultare uno dei personaggi allegoricamente più rappresentativi dell’intera opera.
“L’arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità”
Ma se la bugia fosse l’universo stesso?
Un Naoki Urasawa incredibilmente profetico e divinatorio, le cui previsioni per “l’evento che cambierà il mondo all’inizio del XXI secolo” trovano un’agghiacciante corrispondenza nel tragico attentato alle torri gemelle dell’11 Settembre 2001, ci regala, attraverso una magniloquenza narrativa a tratti sofista, una storia al cardiopalma che si impone capolavoro assoluto del fumetto.
Un viaggio nella romantica spensieratezza dell’infanzia, che evidenzia l’importanza dei ricordi perduti facendoci vivere un variopinto arcobaleno di emozioni tra lirismo e nonsense.
Un’opera geniale, corale, bagnata da quel lieve tocco di paranormale che la pone in costante bilico tra realtà e finzione, tra verità e bugia, tra cronaca e messinscena letteraria.
Un inno all’amicizia, l’esaltazione del collettivo a discapito di ogni singolarità, capace di regalare una lunga serie di momenti indimenticabili: Dal climax del “Capodanno di sangue” alla straziante e disperata difesa della base segreta contro “I gemelli più cattivi di tutti i tempi” Yanbo e Marbo, quando un gruppo di ragazzini dagli occhi gonfi e dardeggianti combatteva strenuamente per difendere i propri sogni, gettando il cuore ben oltre l’ostacolo all’orizzonte di un futuro nebuloso e incantato.
Scrivo questa recensione successivamente alla lettura di “Disegnare, disegnare a più non posso”, una lunga intervista a Naoki Urasawa che ripercorre tutte le sue opere. Dopo aver letto l’approfondimento riguardante quest’opera, ho deciso di rileggerla con un occhio nuovo e una nuova consapevolezza.
In quest’intervista l’autore spiega come quest’opera sia un modo per chiedere scusa alle nuove generazioni, rovinate dalle vecchie che hanno vissuto la loro infanzia piene di sogni e speranze durante il Boom economico della fine degli anni 60’, degli eterni bambini influenzati dalla cultura pop, gli anime e i kaiju. Mentre negli 90’ (il momento in cui inizia il racconto) quello che rimane è una recessione economica, la paura degli attacchi terroristici e la nascita di nuove sette religiose.
Kenji uno dei personaggi principali su cui ruotano la maggior parte delle vicende è la rappresentazione di tutto questo, un bambino nato nell’epoca d’oro con grandi sogni e speranze, si ritrova a proseguire l’attività di famiglia, un piccolo negozietto che fatica ad andare avanti, i suoi vecchi sogni di diventare un grande chitarrista sono andati in frantumi da quando il suo gruppo si è sciolto e sua sorella è scappata di casa lasciando sua figlia alle sue cure. Ormai non frequenta più i suoi vecchi amici e la maggior parte dei suoi ricordi d’infanzia sono andati persi.
Un giorno viene a sapere del presunto suicidio di uno dei suoi vecchi amici d’infanzia e incredulo comincia ad indagare per conto proprio, portando a galla molti dei suoi perduti ricordi d’infanzia che incredibilmente potrebbero portare alla distruzione dell’umanità.
20th century boys è l’opera che più di tutte elogia la nostalgia, si vede che Naoki Urasawa ci ha riversato tutto il suo amore per la musica e gli anni d’oro della sua infanzia, ma allo stesso tempo è anche un’ammonizione per tutte quelle persone che vivono nel passato e non riescono ad accettare il presente, vivendo di ricordi che potrebbero non corrispondere più alla realtà, ma ad una visione idilliaca e distorta degli anni che non potranno mai più rivivere.
E’ senza dubbio anche quella più coinvolgente, dopo “Monster” quest’autore si riconferma il numero uno nella costruzione di thriller e gialli, sembra sempre di guardare un film, costruisce la scena perfettamente e le scene d’azione sono realizzate in maniera magistrale, tanto da far rimanere col il fiato sospeso. Tutto questo ha portato l’opera ha raggiungere un punto di suspence altissimo, forse troppo alto, era inevitabile che la conclusione non sarebbe mai stata degna, anche per un abile autore come Naoki Urasawa.
Come in molti manga di quest’autore, il protagonista non è uno solo ma si sposta di personaggio in personaggio, raccontando tutto un mondo di avvenimenti. Penso che sia uno dei pochissimi che riesce a gestire una tale moltitudine di personaggi ed è incredibile come riesce a renderli tutti ben riconoscibili, non ci si scorda di nessuno di loro. Questo è anche uno dei suoi pochi difetti, il voler approfondire dettagliatamente tutti questi personaggi rende le sue opere interminabili, tanto che alla fine ci vorranno parecchi numeri per chiudere tutte le sottotrame. Altro punto dolente di quest’opera, per quanto mi riguarda, è l’ultimo salto temporale (dal 2015 si passa al terzo anno dell’era dell’amico), dopo 16/17 volumi in cui sembrava che la storia stesse per concludersi, ecco l’ennesimo colpo di scena e l’ennesimo salto temporale che in quel punto mi ha un po’ demoralizzato. E’ vero che nell’ultima parte del manga c’è il grande ritorno dell’eroe, però dover capire di nuovo da zero cosa è successo al mondo e che fine hanno fatto tutti i personaggi, è stato frustante.
Quando avevo letto per la prima volta quest’opera, ero rimasta totalmente rapita dalla narrazione di Urasawa ma ero rimasta interdetta dal finale, diciamo che non è per tutti e non è di facile comprensione. L’autore stesso ammette di aver costruito quel finale nel modo sbagliato, facendo sì che il lettore desse troppa importanza all’identità dell’amico. Rileggendola anni dopo ho rivissuto sia il turbinio di emozioni che ti dà quest’opera, divorando i volumi uno dietro l’altro, sia tutti i miei dubbi su quell'ultimo arco narrativo, anche se adesso con un maggior approfondimento sull’opera e una maggiore maturità da lettrice, credo di averlo compreso più a fondo, per questo merita un 8,5. In conclusione mi sento di consigliare quest’opera agli amanti dei seinen, thriller e gialli. Non la consiglio a chi vuole approcciarsi ai manga o all’autore, a chi non ama le trame troppo complesse, con troppe sottotrame e troppi flashback.
In quest’intervista l’autore spiega come quest’opera sia un modo per chiedere scusa alle nuove generazioni, rovinate dalle vecchie che hanno vissuto la loro infanzia piene di sogni e speranze durante il Boom economico della fine degli anni 60’, degli eterni bambini influenzati dalla cultura pop, gli anime e i kaiju. Mentre negli 90’ (il momento in cui inizia il racconto) quello che rimane è una recessione economica, la paura degli attacchi terroristici e la nascita di nuove sette religiose.
Kenji uno dei personaggi principali su cui ruotano la maggior parte delle vicende è la rappresentazione di tutto questo, un bambino nato nell’epoca d’oro con grandi sogni e speranze, si ritrova a proseguire l’attività di famiglia, un piccolo negozietto che fatica ad andare avanti, i suoi vecchi sogni di diventare un grande chitarrista sono andati in frantumi da quando il suo gruppo si è sciolto e sua sorella è scappata di casa lasciando sua figlia alle sue cure. Ormai non frequenta più i suoi vecchi amici e la maggior parte dei suoi ricordi d’infanzia sono andati persi.
Un giorno viene a sapere del presunto suicidio di uno dei suoi vecchi amici d’infanzia e incredulo comincia ad indagare per conto proprio, portando a galla molti dei suoi perduti ricordi d’infanzia che incredibilmente potrebbero portare alla distruzione dell’umanità.
20th century boys è l’opera che più di tutte elogia la nostalgia, si vede che Naoki Urasawa ci ha riversato tutto il suo amore per la musica e gli anni d’oro della sua infanzia, ma allo stesso tempo è anche un’ammonizione per tutte quelle persone che vivono nel passato e non riescono ad accettare il presente, vivendo di ricordi che potrebbero non corrispondere più alla realtà, ma ad una visione idilliaca e distorta degli anni che non potranno mai più rivivere.
E’ senza dubbio anche quella più coinvolgente, dopo “Monster” quest’autore si riconferma il numero uno nella costruzione di thriller e gialli, sembra sempre di guardare un film, costruisce la scena perfettamente e le scene d’azione sono realizzate in maniera magistrale, tanto da far rimanere col il fiato sospeso. Tutto questo ha portato l’opera ha raggiungere un punto di suspence altissimo, forse troppo alto, era inevitabile che la conclusione non sarebbe mai stata degna, anche per un abile autore come Naoki Urasawa.
Come in molti manga di quest’autore, il protagonista non è uno solo ma si sposta di personaggio in personaggio, raccontando tutto un mondo di avvenimenti. Penso che sia uno dei pochissimi che riesce a gestire una tale moltitudine di personaggi ed è incredibile come riesce a renderli tutti ben riconoscibili, non ci si scorda di nessuno di loro. Questo è anche uno dei suoi pochi difetti, il voler approfondire dettagliatamente tutti questi personaggi rende le sue opere interminabili, tanto che alla fine ci vorranno parecchi numeri per chiudere tutte le sottotrame. Altro punto dolente di quest’opera, per quanto mi riguarda, è l’ultimo salto temporale (dal 2015 si passa al terzo anno dell’era dell’amico), dopo 16/17 volumi in cui sembrava che la storia stesse per concludersi, ecco l’ennesimo colpo di scena e l’ennesimo salto temporale che in quel punto mi ha un po’ demoralizzato. E’ vero che nell’ultima parte del manga c’è il grande ritorno dell’eroe, però dover capire di nuovo da zero cosa è successo al mondo e che fine hanno fatto tutti i personaggi, è stato frustante.
Quando avevo letto per la prima volta quest’opera, ero rimasta totalmente rapita dalla narrazione di Urasawa ma ero rimasta interdetta dal finale, diciamo che non è per tutti e non è di facile comprensione. L’autore stesso ammette di aver costruito quel finale nel modo sbagliato, facendo sì che il lettore desse troppa importanza all’identità dell’amico. Rileggendola anni dopo ho rivissuto sia il turbinio di emozioni che ti dà quest’opera, divorando i volumi uno dietro l’altro, sia tutti i miei dubbi su quell'ultimo arco narrativo, anche se adesso con un maggior approfondimento sull’opera e una maggiore maturità da lettrice, credo di averlo compreso più a fondo, per questo merita un 8,5. In conclusione mi sento di consigliare quest’opera agli amanti dei seinen, thriller e gialli. Non la consiglio a chi vuole approcciarsi ai manga o all’autore, a chi non ama le trame troppo complesse, con troppe sottotrame e troppi flashback.
Come inizio?Questa è la domanda che mi sono posto inizialmente pensando non solo a questa recensione , ma bensi all'intero mondo manga e la risposta è NON con 20th Century Boys, ma parliamone approfonditamente.Tralasciando la trama di cui penso siate informati se ne state leggendo una recensione, questo manga rappresenta una perla della cultura nipponica ideata dal maestro Urasawa ,ma non per questo essa risulta priva di difetti.Il manga si basa principalmente su avvenimenti del presente collegati al passato attraverso flashback gestiti in modo semplicemente egregio,una delle numerose note positive del fumetto.20th Century Boys ti immerge in un passato ambientato negli anni 60,epoca in cui i bambini privi di qualsiasi tecnologia potevano dilettarsi in giochi di gruppo o dar sfogo alla propria fantasia.È proprio quella fantasia a far da protagonista nella storia,causa anche delle disavventure del gruppo di bambini arrivati in età adulta.La bravura dell'autore si denota nella gestione della psicologia dei personaggi in età infantile,nel come li renda fragili e nel come questo abbia influito sulla loro crescita all interno della storia.Una volta iniziato a leggere sono rimasto a dir poco folgorato dal coraggio di Urasawa nel trattare un piccolo avvenimento locale ed espanderlo a livello mondiale grazie all utilizzo di un numero elevatissimo di personaggi approfonditi in un modo maniacale che di conseguenza li rende indimenticabili.Ovviamente questa scelta è costata molte forzature alla storia ,soprattutto nel finale(21st Century Boys)ma su cui si può chiudere un occhio vista la portata dell'opera.Soffermandoci sull'antagonista,non ho potuto far altro che riflettere sul parallelismo tra il suo nome, "L'Amico" , e le sue azioni che di amichevole non avevano nulla,nonostante ciò ,il vero interesse suscitato da questo personaggio riguardava la sua identità.Chi si cela dietro l'amico?Questa è la domanda che vi ritroverete a porvi numerose volte durante la lettura , dubbio che servirà a colmare la totale mancanza di carisma del personaggio.In conclusione allora vi starete chiedendo perché ho consigliato di non affacciarsi al mondo manga leggendo 20th Century boys nonostante fosse ricco di numerosi pregi.La risposta è semplice, la densità di informazioni e il gran numero di personaggi richiede da parte del lettore un elevata attenzione, che per dei novizi non risulta semplice, mentre per persone presenti in questo mondo da svariato tempo e che già si sono dilettate in diverse letture , questo manga risulterà piacevole e contemporaneamente complesso al punto giusto.
Ho letto i 24 volumi di quest’opera (22 + i 2 chiamati dall’autore 21st century boys che non si possono considerare opera a parte) con molto piacere e devo dire che il mio giudizio è cambiato varie volte prima di scendere a 8.
La partenza è stata lenta ma in seguito l’autore, il famoso maestro Naoki Urasawa, è riuscito ad intrigarmi con questo thriller a tinte dark, è riuscito ad interessarmi con la storia di questi bambini con continui riferimenti alla storia di fine anni ‘60 e inizio anni ‘70, a creare situazioni fantapolitiche credibili pur nell’assurdità di un racconto manga che unisce la realtà ad una fantasia galoppante… ma non gli posso dare un dieci (e neanche un 9) perché i redattori di Big Comic Spirits (magazine della Shogokukan) hanno spremuto troppo la gallina dalle uova d’oro.
Premetto conosco Urasawa per aver letto Pluto e 18 volumi su 22 di Billy Bat e dunque so che ha delle idee geniali che diventa poi difficile gestirle sempre al meglio. Il suo tratto non è “bello” come come quello di altri autori, ma semplice e realistico, non si compra Urasawa per la qualità del disegno, ma per la storia sempre intrigante anche se, quando si sviluppa la trama, si trova purtroppo sempre qualche neo… tipo <spoiler>che i buoni non muoiono mai!<fine spoiler> ma poco male per un opera che riunisce in se continui salti temporali fra passato, presente e futuro e dove i protagonisti sono gente comune senza super poteri, che si trova li quasi per caso e che si prende la briga di salvare il mondo in nome dell’amicizia e dell’umanità: mi ricorda cosa mi diceva una professoressa che la storia non la fanno gli Alessandro Magno o i Napoleone ma la carne da cannone che combatte sotto di loro.
Quindi alla fine il cattivo di turno (<spoiler>i cattivi perché sono in realtà due<fine spoiler>) l’Amico, riesce a piegare a se gli eventi e il mondo ma troverà gente semplice pronta a ribellarsi ai suoi pieni, scopriremo che loro sono coinvolti in tutto ciò perché da piccoli hanno fatto degli errori ma… erano bambini e da adulti si sono presi il loro fardello di responsabilità.
La partenza è stata lenta ma in seguito l’autore, il famoso maestro Naoki Urasawa, è riuscito ad intrigarmi con questo thriller a tinte dark, è riuscito ad interessarmi con la storia di questi bambini con continui riferimenti alla storia di fine anni ‘60 e inizio anni ‘70, a creare situazioni fantapolitiche credibili pur nell’assurdità di un racconto manga che unisce la realtà ad una fantasia galoppante… ma non gli posso dare un dieci (e neanche un 9) perché i redattori di Big Comic Spirits (magazine della Shogokukan) hanno spremuto troppo la gallina dalle uova d’oro.
Premetto conosco Urasawa per aver letto Pluto e 18 volumi su 22 di Billy Bat e dunque so che ha delle idee geniali che diventa poi difficile gestirle sempre al meglio. Il suo tratto non è “bello” come come quello di altri autori, ma semplice e realistico, non si compra Urasawa per la qualità del disegno, ma per la storia sempre intrigante anche se, quando si sviluppa la trama, si trova purtroppo sempre qualche neo… tipo <spoiler>che i buoni non muoiono mai!<fine spoiler> ma poco male per un opera che riunisce in se continui salti temporali fra passato, presente e futuro e dove i protagonisti sono gente comune senza super poteri, che si trova li quasi per caso e che si prende la briga di salvare il mondo in nome dell’amicizia e dell’umanità: mi ricorda cosa mi diceva una professoressa che la storia non la fanno gli Alessandro Magno o i Napoleone ma la carne da cannone che combatte sotto di loro.
Quindi alla fine il cattivo di turno (<spoiler>i cattivi perché sono in realtà due<fine spoiler>) l’Amico, riesce a piegare a se gli eventi e il mondo ma troverà gente semplice pronta a ribellarsi ai suoi pieni, scopriremo che loro sono coinvolti in tutto ciò perché da piccoli hanno fatto degli errori ma… erano bambini e da adulti si sono presi il loro fardello di responsabilità.
Avessi avuto ancora dieci anni, questo fumetto lo avrei visto di certo come un capolavoro.
Per quanto comunemente venga considerato una lettura adulta, di nicchia, e per questo spesso frainteso e mal valutato ingiustamente, io sono del parere diametralmente opposto. Questo manga è una lettura estremamente infantile e adatta solo a questa fascia d'età.
“20 Century Boys” vuole essere un thriller psicologico profondo, ma Urasawa fallisce in entrambi gli aspetti, sia come thriller, con misteri non più articolati di un giallo di “Topolino”, sia sotto l'aspetto psicologico, in modo ancora peggiore, facendo sprofondare definitivamente l'opera in un abisso senza uscita.
Come di consueto, l'autore parte in modo eccellente, questo è indiscutibile, mostrando una potenza narrativa unica nel mondo dei manga. Dopo i primi dieci volumi però il tutto inizia a precipitare in modo irreversibile. Molte critiche negative sono motivate sia dal finale, a detta di tanti inconcludente, sia per via di alcuni misteri che vengono trascurati dall'autore lasciandoli nell'ombra. Secondo me, invece, i misteri vengono tutti risolti durante il corso della storia, e il finale è perfettamente consono all'essenza di tutta quanta la storia: il nulla. La grave pecca non riguarda i misteri irrisolti, ma il come vengano risolti!
Non sono personalmente rimasto deluso o incredulo per il finale, piuttosto mi sembra strano che tanti ne siano rimasti perplessi, quando questa storia è andata alla deriva già ben dieci volumi prima. Il manga contiene forzature narrative spaventose, ed è superato in questo solo da “Monster” dello stesso autore. Ma cosa c'è di così di così forzato da portarmi a dare un voto così baso?
Tutto! Dalle motivazioni dell'Amico, alla sua identità (e qui non posso fare spoiler), alla realizzazione stessa del suo piano, a dir poco assurda, a tutti gli incontri e reincontri dei protagonisti, cosa che ha un fatalismo più esasperato di quello presente in manga come “Naruto”, al gioco di 'amicoland', alla demenzialità dei sudditi della setta, e all'ancora più assurda circostanza di redenzione di alcuni di questi. In altre parole un disastro. La grande potenza di questo manga risiede nell'atmosfera creata dal mangaka. Il suo tratto magnifico è la sua più grande capacità, quella che ha permesso a “20 Century Boys” di essere considerato un capolavoro, unita all'abilità di mascherare le banalità e le tremende forzature onnipresenti attraverso una macchinosa sceneggiatura.
Gli ultimi volumi, infine, sono ridondanti a non finire, pieni di banali piagnistei e sentimentalismi così irreali da far perdere di significato quel suo bel tratto così realistico. Di grande monotonia e pesantezza le ultime vicende, sempre le stese cose ripetute all'infinito cambiando di poco la formula narrativa solo per farle sembrare innovative. Con me questo mangaka ha chiuso definitivamente.
Per quanto comunemente venga considerato una lettura adulta, di nicchia, e per questo spesso frainteso e mal valutato ingiustamente, io sono del parere diametralmente opposto. Questo manga è una lettura estremamente infantile e adatta solo a questa fascia d'età.
“20 Century Boys” vuole essere un thriller psicologico profondo, ma Urasawa fallisce in entrambi gli aspetti, sia come thriller, con misteri non più articolati di un giallo di “Topolino”, sia sotto l'aspetto psicologico, in modo ancora peggiore, facendo sprofondare definitivamente l'opera in un abisso senza uscita.
Come di consueto, l'autore parte in modo eccellente, questo è indiscutibile, mostrando una potenza narrativa unica nel mondo dei manga. Dopo i primi dieci volumi però il tutto inizia a precipitare in modo irreversibile. Molte critiche negative sono motivate sia dal finale, a detta di tanti inconcludente, sia per via di alcuni misteri che vengono trascurati dall'autore lasciandoli nell'ombra. Secondo me, invece, i misteri vengono tutti risolti durante il corso della storia, e il finale è perfettamente consono all'essenza di tutta quanta la storia: il nulla. La grave pecca non riguarda i misteri irrisolti, ma il come vengano risolti!
Non sono personalmente rimasto deluso o incredulo per il finale, piuttosto mi sembra strano che tanti ne siano rimasti perplessi, quando questa storia è andata alla deriva già ben dieci volumi prima. Il manga contiene forzature narrative spaventose, ed è superato in questo solo da “Monster” dello stesso autore. Ma cosa c'è di così di così forzato da portarmi a dare un voto così baso?
Tutto! Dalle motivazioni dell'Amico, alla sua identità (e qui non posso fare spoiler), alla realizzazione stessa del suo piano, a dir poco assurda, a tutti gli incontri e reincontri dei protagonisti, cosa che ha un fatalismo più esasperato di quello presente in manga come “Naruto”, al gioco di 'amicoland', alla demenzialità dei sudditi della setta, e all'ancora più assurda circostanza di redenzione di alcuni di questi. In altre parole un disastro. La grande potenza di questo manga risiede nell'atmosfera creata dal mangaka. Il suo tratto magnifico è la sua più grande capacità, quella che ha permesso a “20 Century Boys” di essere considerato un capolavoro, unita all'abilità di mascherare le banalità e le tremende forzature onnipresenti attraverso una macchinosa sceneggiatura.
Gli ultimi volumi, infine, sono ridondanti a non finire, pieni di banali piagnistei e sentimentalismi così irreali da far perdere di significato quel suo bel tratto così realistico. Di grande monotonia e pesantezza le ultime vicende, sempre le stese cose ripetute all'infinito cambiando di poco la formula narrativa solo per farle sembrare innovative. Con me questo mangaka ha chiuso definitivamente.
Quando siamo bambini pensiamo poco, pensiamo solo a divertirci, in modo completamente spensierato, senza realmente pensare ai problemi degli altri. Litighiamo, talvolta siamo vittime del bullismo e quelli veramente sfigati sono destinati a sorti ben peggiori, quali l'isolamento o la solitudine. Ma, alla fin fine, andiamo avanti, nel bene o nel male. Ciò che spesso ci dimentichiamo è che spesso e volentieri le nostre azioni apparentemente insignificanti sono in realtà la chiave di volta per costruire il futuro.
Attraverso questo espediente si dirama la storia di 20th Century Boys. Già il titolo in sé non è stato scelto così a caso, dato che altro non è che un richiamo a un brano famoso dei T-Rex, una delle band preferite del nostro Urasawa. I riferimenti ai grandi personaggi della musica popolare spaziano da Jimi Hendrix, Doors, Creedence Clearwater Revival, Janis Joplin. Vi sono inoltre numerosi riferimenti agli eventi popolari della fine degli anni '70. Attraverso un precisissimo quadro storico, Urasawa narra quella che probabilmente è una delle storie più avvincenti mai stese su un fumetto/manga: nel 1969, dei ragazzi, Kenji, il capo del branco, Occio, Yoshitsune, Maruo, Saburo, Croakki, Mon-Chan e la "lottatrice" (oddio, mi viene da ridere) Yukiji, fondano una "setta" segreta, caratterizzata da uno stemma molto particolare, un occhio con all'interno l'indice alzato. Il protagonista, Kenji, in giovane età, era una personalità molto attiva ed esuberante, ribelle e allo stesso tempo cocciuto come un mulo, e aveva giurato che avrebbero in ogni modo trovato un modo di resistere a delle interperie immaginarie, quali armi batteriologiche, robot giganti e armi termo-nucleari. Normale direte voi, sono solo frutto dell'immaginazione di un bambino.
Nel 1997, i protagonisti sono cresciuti, e Kenji, dopo aver fallito la realizzazione del suo sogno di diventare una celebre rock star (come egli stesso disse: "Già quando ho compiuto 28 anni, ho compreso di non essere mai diventato famoso"... non è così realmente la frase, ma è comunque molto d'effetto e toccante), si ritrova a gestire un negozio di liquori con sua madre e ad accudire Kanna, sua nipote, lasciatale in affidamento dalla sorella per motivi inizialmente sconosciuti (non vi svelo niente). Un giorno, scopre della morte di un suo amico della "setta", che secondo le versioni ufficiali sarebbe morto per suicidio. Ma Kenji conosce benissimo il suo amico (dal carattere temerario), e sa che non si spingerebbe mai verso il suicidio.
Nota immediatamente un simbolo, ammonisce subito i suoi amici d'infanzia (ormai cresciuti) che molto probabilmente il povero "suicida" non si è realmente suicidato, ma che in realtà è caduto vittima di una setta. Si ricorda inoltre che quello fosse il simbolo un tempo usato nella loro setta quando ancora erano bambini spensierati. Qualcuno si è appropriato del simbolo, e lo sta utilizzando per scopi egoistici, organizzando eventi catastrofici (presenti nelle "profezie" enunciate dai pargoli), spacciandoli per eventi da lui stesso profetizzati, mostrandosi a tutto il mondo come un profeta, come un mago, ma soprattutto come un "Amico", un salvatore dell'umanità... Ma chi è l'Amico? Sembra essere questo il mistero principale...
Attraverso degli abilissimi intrecci narrativi, la trama di 20th Century Boys si sviscera, tentando di svelare ogni singolo particolare che possa essere determinante per la trama, e determinati eventi che noi credevamo indifferenti e insignificanti saranno decisivi e allo stesso tempo necessari per lo sviluppo della stessa. 20th Century Boys è la dimostrazione di come i piccoli particolari a volte siano fondamentali per cambiare il proseguimento della nostra esistenza, un'esistenza decorata di delusioni, sofferenze, ma anche di successi e di grandi gioie. 20th Century Boys riesce anche a dimostrare come sia facilmente influenzabile l'uomo, se si è un buon oratore e se si promette a quest'ultimo la salvezza. L'Amico farà dei numeri "da circo" quasi inspiegabili, ma dopo un po' capirete subito cosa ci sta sotto a tutti questi trucchi di magia. 20th Century Boys è cupo, spietato, crudele, ma presenta anche connotati drammatici e spesso commoventi. Io stesso ammetto di essermi commosso dinnanzi alle storie dei protagonisti, talmente ben delineati da essere reali, ma soprattutto umani.
L'unica nota dolente, ma che non mi impedisce affatto di votare 7.5/10 è il proseguimento della trama, che sarebbe dovuta finire in sedici volumi circa, e non diramarsi ulteriormente. Inoltre, il finale non riesce a svelare realmente quell'unico mistero rimasto in sospeso nella seconda parte. E' senz'altro una delle opere più ambiziose e prestigiose di Naoki Urasawa, una ulteriore conferma dopo quell'immensa epopea di nome "Monster", ma a differenza del precedente lavoro, questo si concentra di più sui ricordi più vivi e talvolta dimenticati della nostra infanzia, dimostrando che spesso e volentieri fa bene ricordare i bellissimi momenti dell'infanzia, cercando di ricordarsi dei propri errori e di ripararli.
Attraverso questo espediente si dirama la storia di 20th Century Boys. Già il titolo in sé non è stato scelto così a caso, dato che altro non è che un richiamo a un brano famoso dei T-Rex, una delle band preferite del nostro Urasawa. I riferimenti ai grandi personaggi della musica popolare spaziano da Jimi Hendrix, Doors, Creedence Clearwater Revival, Janis Joplin. Vi sono inoltre numerosi riferimenti agli eventi popolari della fine degli anni '70. Attraverso un precisissimo quadro storico, Urasawa narra quella che probabilmente è una delle storie più avvincenti mai stese su un fumetto/manga: nel 1969, dei ragazzi, Kenji, il capo del branco, Occio, Yoshitsune, Maruo, Saburo, Croakki, Mon-Chan e la "lottatrice" (oddio, mi viene da ridere) Yukiji, fondano una "setta" segreta, caratterizzata da uno stemma molto particolare, un occhio con all'interno l'indice alzato. Il protagonista, Kenji, in giovane età, era una personalità molto attiva ed esuberante, ribelle e allo stesso tempo cocciuto come un mulo, e aveva giurato che avrebbero in ogni modo trovato un modo di resistere a delle interperie immaginarie, quali armi batteriologiche, robot giganti e armi termo-nucleari. Normale direte voi, sono solo frutto dell'immaginazione di un bambino.
Nel 1997, i protagonisti sono cresciuti, e Kenji, dopo aver fallito la realizzazione del suo sogno di diventare una celebre rock star (come egli stesso disse: "Già quando ho compiuto 28 anni, ho compreso di non essere mai diventato famoso"... non è così realmente la frase, ma è comunque molto d'effetto e toccante), si ritrova a gestire un negozio di liquori con sua madre e ad accudire Kanna, sua nipote, lasciatale in affidamento dalla sorella per motivi inizialmente sconosciuti (non vi svelo niente). Un giorno, scopre della morte di un suo amico della "setta", che secondo le versioni ufficiali sarebbe morto per suicidio. Ma Kenji conosce benissimo il suo amico (dal carattere temerario), e sa che non si spingerebbe mai verso il suicidio.
Nota immediatamente un simbolo, ammonisce subito i suoi amici d'infanzia (ormai cresciuti) che molto probabilmente il povero "suicida" non si è realmente suicidato, ma che in realtà è caduto vittima di una setta. Si ricorda inoltre che quello fosse il simbolo un tempo usato nella loro setta quando ancora erano bambini spensierati. Qualcuno si è appropriato del simbolo, e lo sta utilizzando per scopi egoistici, organizzando eventi catastrofici (presenti nelle "profezie" enunciate dai pargoli), spacciandoli per eventi da lui stesso profetizzati, mostrandosi a tutto il mondo come un profeta, come un mago, ma soprattutto come un "Amico", un salvatore dell'umanità... Ma chi è l'Amico? Sembra essere questo il mistero principale...
Attraverso degli abilissimi intrecci narrativi, la trama di 20th Century Boys si sviscera, tentando di svelare ogni singolo particolare che possa essere determinante per la trama, e determinati eventi che noi credevamo indifferenti e insignificanti saranno decisivi e allo stesso tempo necessari per lo sviluppo della stessa. 20th Century Boys è la dimostrazione di come i piccoli particolari a volte siano fondamentali per cambiare il proseguimento della nostra esistenza, un'esistenza decorata di delusioni, sofferenze, ma anche di successi e di grandi gioie. 20th Century Boys riesce anche a dimostrare come sia facilmente influenzabile l'uomo, se si è un buon oratore e se si promette a quest'ultimo la salvezza. L'Amico farà dei numeri "da circo" quasi inspiegabili, ma dopo un po' capirete subito cosa ci sta sotto a tutti questi trucchi di magia. 20th Century Boys è cupo, spietato, crudele, ma presenta anche connotati drammatici e spesso commoventi. Io stesso ammetto di essermi commosso dinnanzi alle storie dei protagonisti, talmente ben delineati da essere reali, ma soprattutto umani.
L'unica nota dolente, ma che non mi impedisce affatto di votare 7.5/10 è il proseguimento della trama, che sarebbe dovuta finire in sedici volumi circa, e non diramarsi ulteriormente. Inoltre, il finale non riesce a svelare realmente quell'unico mistero rimasto in sospeso nella seconda parte. E' senz'altro una delle opere più ambiziose e prestigiose di Naoki Urasawa, una ulteriore conferma dopo quell'immensa epopea di nome "Monster", ma a differenza del precedente lavoro, questo si concentra di più sui ricordi più vivi e talvolta dimenticati della nostra infanzia, dimostrando che spesso e volentieri fa bene ricordare i bellissimi momenti dell'infanzia, cercando di ricordarsi dei propri errori e di ripararli.
Chi, tra gli appassionati di manga ed affini, non ha sentito parlare almeno una volta di "20th Century Boys", probabilmente l'opera più conosciuta di Urasawa? Penso molti di noi lo conoscano quanto meno di fama anche senza mai essersi avventurati nella sua lettura. Di questo manga abbiamo sentito un po di tutto. Chi dice capolavoro, chi qualcosa di più di un bel manga, chi lo ritiene un lavoro inconcludente e di livello medio basso.
Personalmente mi sono apprestato a leggere i ventidue volumi che compongono 20th Century Boys soltanto di recente, spinto da una curiosità che mi ha fatto sconfiggere le incertezze verso un manga verso cui avevo alte aspettative che temevo ml riposte. Ma cosa mi sono trovato davanti? Io penso di non sbagliarmi troppo quando uso, per rispondere a questa domanda, l'aggettivo "attuale". Si, perché il manga del nostro caro Urasawa si rivela portatore di tematiche riscontrabile nella vita di tutti i giorni, se vista nell'ottica dei grandi giochi di potere e sull'impatto che su di essi possono avere le persone "normali".
E' molto difficile parlare della trama di questo manga senza fare spoiler che possono rovinare le cose. Dico solo che l'antagonista è questo fantomatico "Amico" capace di muovere i fili di eventi che sconvolgono l'umanità e che i protagonisti si prodigheranno per cercare di impedirglielo. Sicuramente la trama, che potremmo dividere in tre grossi blocchi, è molto interessante. Sopratutto se pensiamo ai primi due "blocchi" che ci presentano i personaggi e iniziano a sbrogliare la matassa della trama tramite un uso molto ben fatto del flashback che aggiunge al momento giusto particolari di certe scene o personaggi. Il tutto anche tornando più volte su una stessa scena, ma senza che le aggiunte siano un peso per il lettore.
Uno dei punti di forza del manga è dato dai personaggi. Carismatici, simpatici, odiosi, cattivi, calcolatori. Ce n'è di tutti i gusti e sono costruiti in modo da appassionare il lettore facendolo parteggiare fortemente per questo o quel personaggio. Basti pensare al personaggio di Shogun, a mio avviso uno dei meglio riusciti, costruito come vero essere umano nel suo modo di agire e di soffrire gli eventi che, comunque affronta a muso duro. Pochissimi i personaggi non riusciti. Alcuni, purtroppo, verso la fine hanno un lieve calo, ma niente di rovinoso.
Il disegno è quello a cui Urasawa ci ha abituato. Molto semplice ma realistico. Un tratto, il suo, che ci porta in città e situazioni che riesce a rendere alla perfezione lasciando pochissimo al caso e donandoci una buonissima dose di realismo e presa bene.
Lascio per ultimo il punto dolente, che mi impedisce di dare a questo manga un dieci ed il nominativo di capolavoro, il finale. Un finale davvero deludente e che, considerato tutto quello che il manga ci ha proposto di buono, lascia davvero l'amaro in bocca. Ora, Urasawa conclude il manga nei due volumi che seguono a questa saga, "21th Century Boys", è vero, ma questa non è la scusa per un finale che potrebbe tranquillamente essere il finale di un volume di mezzo. Una delusione aumentata ancora dal fatto che certi personaggi avevano fatto un gradito ritorno rialzando, di fatto, l'asticella dell'andamento della storia.
Insomma posso dire che "20th Century Boys" è un capolavoro di poco mancato, ma nonostante ciò è un fumetto che può piacere a chi cerca trame intricate, ottime personaggi e un tratto di ottimo livello. Lo ripeto, un manga attuale, che ci porta a riflettere sulle dinamiche del mondo, su chi le manovra e su quale può essere il ruolo di persone comuni come noi. E noi? Saremo gli eroi che salveranno la terra?
Personalmente mi sono apprestato a leggere i ventidue volumi che compongono 20th Century Boys soltanto di recente, spinto da una curiosità che mi ha fatto sconfiggere le incertezze verso un manga verso cui avevo alte aspettative che temevo ml riposte. Ma cosa mi sono trovato davanti? Io penso di non sbagliarmi troppo quando uso, per rispondere a questa domanda, l'aggettivo "attuale". Si, perché il manga del nostro caro Urasawa si rivela portatore di tematiche riscontrabile nella vita di tutti i giorni, se vista nell'ottica dei grandi giochi di potere e sull'impatto che su di essi possono avere le persone "normali".
E' molto difficile parlare della trama di questo manga senza fare spoiler che possono rovinare le cose. Dico solo che l'antagonista è questo fantomatico "Amico" capace di muovere i fili di eventi che sconvolgono l'umanità e che i protagonisti si prodigheranno per cercare di impedirglielo. Sicuramente la trama, che potremmo dividere in tre grossi blocchi, è molto interessante. Sopratutto se pensiamo ai primi due "blocchi" che ci presentano i personaggi e iniziano a sbrogliare la matassa della trama tramite un uso molto ben fatto del flashback che aggiunge al momento giusto particolari di certe scene o personaggi. Il tutto anche tornando più volte su una stessa scena, ma senza che le aggiunte siano un peso per il lettore.
Uno dei punti di forza del manga è dato dai personaggi. Carismatici, simpatici, odiosi, cattivi, calcolatori. Ce n'è di tutti i gusti e sono costruiti in modo da appassionare il lettore facendolo parteggiare fortemente per questo o quel personaggio. Basti pensare al personaggio di Shogun, a mio avviso uno dei meglio riusciti, costruito come vero essere umano nel suo modo di agire e di soffrire gli eventi che, comunque affronta a muso duro. Pochissimi i personaggi non riusciti. Alcuni, purtroppo, verso la fine hanno un lieve calo, ma niente di rovinoso.
Il disegno è quello a cui Urasawa ci ha abituato. Molto semplice ma realistico. Un tratto, il suo, che ci porta in città e situazioni che riesce a rendere alla perfezione lasciando pochissimo al caso e donandoci una buonissima dose di realismo e presa bene.
Lascio per ultimo il punto dolente, che mi impedisce di dare a questo manga un dieci ed il nominativo di capolavoro, il finale. Un finale davvero deludente e che, considerato tutto quello che il manga ci ha proposto di buono, lascia davvero l'amaro in bocca. Ora, Urasawa conclude il manga nei due volumi che seguono a questa saga, "21th Century Boys", è vero, ma questa non è la scusa per un finale che potrebbe tranquillamente essere il finale di un volume di mezzo. Una delusione aumentata ancora dal fatto che certi personaggi avevano fatto un gradito ritorno rialzando, di fatto, l'asticella dell'andamento della storia.
Insomma posso dire che "20th Century Boys" è un capolavoro di poco mancato, ma nonostante ciò è un fumetto che può piacere a chi cerca trame intricate, ottime personaggi e un tratto di ottimo livello. Lo ripeto, un manga attuale, che ci porta a riflettere sulle dinamiche del mondo, su chi le manovra e su quale può essere il ruolo di persone comuni come noi. E noi? Saremo gli eroi che salveranno la terra?
"20th Century Boys" è sicuramente sul podio dei manga più belli che io abbia mai letto. Naoki Urasawa si riconferma il mangaka più talentuoso del Sol Levante in quest'opera che riesce a tenere il lettore letteralmente incollato alle pagine dal primo all'ultimo suo volume.
La narrazione è abilmente gestita su tre diversi piani temporali che convergono in quello che è il "presente" narrativo solo verso la fine dell'opera.
Un gruppo di amici che giocavano insieme da bambini, rincontratisi poi per una cena di classe in ricordo dei tempi passati, scoprono che tra loro vi è un efferato assassino che vuole distruggere il mondo utilizzando i fantasiosi metodi inventati dai protagonisti nella loro infanzia e riassunti nel loro "libro delle profezie".
Inizia qui un percorso di ricostruzione di un epoca oramai lontana per tutti, fatta di frammentari flashback che lentamente portano i nostri protagonisti ad individuare chi tra loro sia il pazzo criminale.
Scontato dire quanto tutto ciò sia perfettamente reso dall'autore che non lascia minimamente presagire nulla sino alle ultime pagine dove tutti gli enigmi sono abilmente risolti.
I personaggi sono abilmente gestiti dall'autore e pian piano iniziamo a conoscerli in tutte le loro sfaccettature, vedendo addirittura come si comportavano da bambini.
Eventi reali come l'Expo in Giappone ad Osaka del 1970
si mescolano con la fantasia pura di ragazzini delle elementari in un connubio perfetto, andando a riplasmare le sorti dell'umanità.
Il tratto distintivo del maesto Urasawa, pulito e leggero, si sposa perfettamente con una narrazione fluida senza mai cali di suspance.
Consiglio la lettura di questo manga a tutti, mistero fantasia e amicizia gli ingredienti dell'immortale successo.
La narrazione è abilmente gestita su tre diversi piani temporali che convergono in quello che è il "presente" narrativo solo verso la fine dell'opera.
Un gruppo di amici che giocavano insieme da bambini, rincontratisi poi per una cena di classe in ricordo dei tempi passati, scoprono che tra loro vi è un efferato assassino che vuole distruggere il mondo utilizzando i fantasiosi metodi inventati dai protagonisti nella loro infanzia e riassunti nel loro "libro delle profezie".
Inizia qui un percorso di ricostruzione di un epoca oramai lontana per tutti, fatta di frammentari flashback che lentamente portano i nostri protagonisti ad individuare chi tra loro sia il pazzo criminale.
Scontato dire quanto tutto ciò sia perfettamente reso dall'autore che non lascia minimamente presagire nulla sino alle ultime pagine dove tutti gli enigmi sono abilmente risolti.
I personaggi sono abilmente gestiti dall'autore e pian piano iniziamo a conoscerli in tutte le loro sfaccettature, vedendo addirittura come si comportavano da bambini.
Eventi reali come l'Expo in Giappone ad Osaka del 1970
si mescolano con la fantasia pura di ragazzini delle elementari in un connubio perfetto, andando a riplasmare le sorti dell'umanità.
Il tratto distintivo del maesto Urasawa, pulito e leggero, si sposa perfettamente con una narrazione fluida senza mai cali di suspance.
Consiglio la lettura di questo manga a tutti, mistero fantasia e amicizia gli ingredienti dell'immortale successo.
Mi è dispiaciuto molto leggere alcune (poche, fortunatamente) recensioni negative ad uno dei manga migliori che mi sia mai capitato di leggere. Ma vedendo le motivazioni di voti così bassi, è chiaro che molti utenti che hanno recensito quest'opera non abbiano compreso a fondo il finale che Urasawa ha voluto dare ad ogni suo personaggio e, per questo, ne è rimasto deluso (per questo inviterei chiunque a una seconda lettura, proprio per capire che il finale è la parte più geniale dell'intera opera).
Dopo questa breve premessa, passo direttamente alla recensione. Prima di questo manga, di Urasawa avevo letto soltanto "Monster" e, francamente, avevo pensato che mai e poi mai avrei trovato qualcosa che andasse persino oltre quel limite di "perfezione" che avevo trovato in quell'opera. Eppure, mi son dovuta ricredere completamente: 20 century boys è un manga che rasenta la perfezione.
Partiamo dalla trama. Leggendola su internet mi aveva subito incuriosito, benchè temessi che la scelta di usare "il ponte tra passato e presente" (con conseguente uso di flashback continui) come principale tema della storia l'avrebbe fatta risultare un po' troppo banale, visti gli innumerevoli film, romanzi, manga, ecc… che hanno abusato di questa scelta.
Mi son ricreduta quasi subito. A parte i pochissimi capitoli iniziali che non erano riusciti a catturarmi, la storia parte subito con degli ottimi spunti. Vediamo Keiji, un bambino della campagna degli anni '60, insieme a un gruppetto di coetanei; la sua vita quotidiana, i suoi giochi. Vediamo la nascita di quello che è un gioco piuttosto diffuso tra i bambini di qualsiasi parte del mondo: la creazione di una base segreta, un posto in cui dei bambini possano sentirti al sicuro e, allo stesso tempo, potenti. Perché si sa, i bambini vogliono comandare tutto e tutti, e nella loro immaginazione qualsiasi loro parola appare fin troppo reale.
La storia, dicevo, inizia ad avere spunti interessanti già da queste piccole scenette di vita quotidiana, perché veniamo subito a conoscenza del fatto che, nel gruppetto di bambini, ce ne sono diversi abbastanza "fuori dalla norma". Dei bambini soliti portare delle maschere e di cui vedremo i volti solo a poco alla volta, più avanti nella storia.
La trama diventa via via più articolata mano a mano che ci addentriamo. Si passa al presente, i bambini di allora sono cresciuti, hanno un lavoro, quasi tutti hanno una famiglia, eccetto Keiji, ancora celibe, costretto a prendersi cura della propria nipotina, visto che la sorella sembra scomparsa nel nulla.
E da qui iniziano i primi misteri. Uno dei bambini di allora è morto, apparentemente si è suicidato. Keiji non crede fin da subito alla storia del suicidio e, per di più, si ritrova tra le mani delle notizie sconcertanti: esiste una setta di fanatici che seguono il credo de "l'amico", una figura dal volto coperto capace di fare misteriosi giochi di magia e intenzionato a salvare il mondo. Inoltre, questo misterioso "amico" utilizza lo stesso simbolo che Keiji e i suoi amici crearono, per gioco, quando erano bambini.
Radunati gli amici di un tempo, Keiji capisce che il fanatico dal volto coperto non solo ha rubato loro un simbolo, ma è intenzionato a far avverare tutte le catastrofi che Keiji e i suoi amici avevano inventato per gioco, per poi risolverle e salvare l'umanità, guadagnandosi il titolo di divinità del mondo.
Da qui in poi, la storia ha un crescendo di suspense. Si passa dalle scene in cui Keiji e i suoi amici cercheranno disperatamente di fermare i gesti disumani di questa figura, a quelli in cui, attraverso la psicologia e i ricordi, tenteranno di capire chi si nasconde dietro quella maschera. Ed è proprio questa parte, secondo me, a dare più fascino alla storia. Il fatto che, sempre poco alla volta, sempre con un pathos in crescita, si scopre l'esistenza di personaggi che, pur essendo stati mostrati fin dal primissimo volume, risultavano comunque personaggi di "sfondo" (e, quindi, nella mente del lettore… "personaggi non utili ai fini della trama").
Ma non è soltanto la trama a stupirci tanto, dal momento che la caratterizzazione che Urasawa dà a tutti i suoi personaggi è fenomenale. Come ci si aspetta, dopo aver letto Monster, Pluto e altri suoi capolavori, questo mangaka non fa mai uso di eroi, di personaggi forti emotivamente e fisicamente. Ma di persone comuni. Chi sono i personaggi? Un uomo povero, con un passato difficile, con un sogno da cantante infranto, che ha paura di tutto e di tutti; degli amici che temono di essere capi, di prendere delle decisioni. Per il resto, i veri eroi, oltre a questi, non sono che ragazzine liceali e vecchi. O almeno così ci appare a una lettura distratta. La verità è che i veri eroi della storia sono i sentimenti che personaggi così banali fanno nascere. E' grazie all'amicizia che Keiji trasmetteva da bambino, che tutti gli altri personaggi decidono di abbandonare le loro agiate e nuove vite, in favore di un passato che non possono dimenticare.
Ma il personaggio più affascinante, è la figura de "l'amico". Interessante il contrasto che deriva dalla scelta di una parola così dolce legata a un personaggio che nessuno desidererebbe avere mai come amico. Ma forse già questo è un indizio. Il fatto che questa figura altro non è che l'insieme dei sentimenti di rancore che un bambino di tanti anni prima aveva accumulato perché privato di veri amici.
Molti sono rimasti delusi dal finale, credo, perché Urasawa ha deciso di dare all'amico due volti. Se il primo nome poteva risultare interessante, perché nessuno si sarebbe mai aspettato niente del genere, sull'altro ci sono stati dubbi e delusioni. Ho visto molte persone chiedersi come mai un mangaka tanto talentuoso avesse deciso di mettere come secondo antagonista un personaggio tutt'altro che carismatico. La genialità, secondo me, sta proprio in questo. Il fatto che, come l'eroe della situazione (Keiji) non è che un ragazzo povero, che ha rinunciato a combattere, che ha rinunciato a suonare e a cantare, che non ha mai cercato la sua sorella scomparsa… così anche la nemesi non è niente più che un ragazzo comune, addirittura più banale e inutile di tutti gli altri personaggi della serie, tanto è vero che risulta un "senza volto" e del suo nome non si ricorda nessuno.
Ammetto che, quanto al "nemico" da combattere, non ho ancora trovato un personaggio degno di Johan Liebert, protagonista di "Monster" che, col suo carisma, potrebbe gettare ai suoi piedi qualsiasi "amico" del mondo… Tuttavia, penso che nelle opere di Urasawa non ci si debba aspettare di trovare troppe similitudini tra i personaggi. Se infatti Johan risulta un buon personaggio perché carismatico, perché risulta "un angelo delle tenebre", allo stesso tempo l'"amico" risulta un buon personaggio per motivazioni diametralmente opposte.
Spendo due parole, in ultimo, per lo stile di disegno. Molti, abituati ai disegni moderni, con occhi giganti e bocca e nasi quasi inesistenti, troveranno sconcertanti le tavole di questo mangaka. Tuttavia, il fatto di trovare ogni tanto personaggi con nasi grossi o incurvati, occhi piccoli e vicini, rughe e capelli radi, rende la storia (e i personaggi, quindi) molto più realistici.
Un manga che consiglio vivamente a chi ha voglia di leggerlo davvero.
Dopo questa breve premessa, passo direttamente alla recensione. Prima di questo manga, di Urasawa avevo letto soltanto "Monster" e, francamente, avevo pensato che mai e poi mai avrei trovato qualcosa che andasse persino oltre quel limite di "perfezione" che avevo trovato in quell'opera. Eppure, mi son dovuta ricredere completamente: 20 century boys è un manga che rasenta la perfezione.
Partiamo dalla trama. Leggendola su internet mi aveva subito incuriosito, benchè temessi che la scelta di usare "il ponte tra passato e presente" (con conseguente uso di flashback continui) come principale tema della storia l'avrebbe fatta risultare un po' troppo banale, visti gli innumerevoli film, romanzi, manga, ecc… che hanno abusato di questa scelta.
Mi son ricreduta quasi subito. A parte i pochissimi capitoli iniziali che non erano riusciti a catturarmi, la storia parte subito con degli ottimi spunti. Vediamo Keiji, un bambino della campagna degli anni '60, insieme a un gruppetto di coetanei; la sua vita quotidiana, i suoi giochi. Vediamo la nascita di quello che è un gioco piuttosto diffuso tra i bambini di qualsiasi parte del mondo: la creazione di una base segreta, un posto in cui dei bambini possano sentirti al sicuro e, allo stesso tempo, potenti. Perché si sa, i bambini vogliono comandare tutto e tutti, e nella loro immaginazione qualsiasi loro parola appare fin troppo reale.
La storia, dicevo, inizia ad avere spunti interessanti già da queste piccole scenette di vita quotidiana, perché veniamo subito a conoscenza del fatto che, nel gruppetto di bambini, ce ne sono diversi abbastanza "fuori dalla norma". Dei bambini soliti portare delle maschere e di cui vedremo i volti solo a poco alla volta, più avanti nella storia.
La trama diventa via via più articolata mano a mano che ci addentriamo. Si passa al presente, i bambini di allora sono cresciuti, hanno un lavoro, quasi tutti hanno una famiglia, eccetto Keiji, ancora celibe, costretto a prendersi cura della propria nipotina, visto che la sorella sembra scomparsa nel nulla.
E da qui iniziano i primi misteri. Uno dei bambini di allora è morto, apparentemente si è suicidato. Keiji non crede fin da subito alla storia del suicidio e, per di più, si ritrova tra le mani delle notizie sconcertanti: esiste una setta di fanatici che seguono il credo de "l'amico", una figura dal volto coperto capace di fare misteriosi giochi di magia e intenzionato a salvare il mondo. Inoltre, questo misterioso "amico" utilizza lo stesso simbolo che Keiji e i suoi amici crearono, per gioco, quando erano bambini.
Radunati gli amici di un tempo, Keiji capisce che il fanatico dal volto coperto non solo ha rubato loro un simbolo, ma è intenzionato a far avverare tutte le catastrofi che Keiji e i suoi amici avevano inventato per gioco, per poi risolverle e salvare l'umanità, guadagnandosi il titolo di divinità del mondo.
Da qui in poi, la storia ha un crescendo di suspense. Si passa dalle scene in cui Keiji e i suoi amici cercheranno disperatamente di fermare i gesti disumani di questa figura, a quelli in cui, attraverso la psicologia e i ricordi, tenteranno di capire chi si nasconde dietro quella maschera. Ed è proprio questa parte, secondo me, a dare più fascino alla storia. Il fatto che, sempre poco alla volta, sempre con un pathos in crescita, si scopre l'esistenza di personaggi che, pur essendo stati mostrati fin dal primissimo volume, risultavano comunque personaggi di "sfondo" (e, quindi, nella mente del lettore… "personaggi non utili ai fini della trama").
Ma non è soltanto la trama a stupirci tanto, dal momento che la caratterizzazione che Urasawa dà a tutti i suoi personaggi è fenomenale. Come ci si aspetta, dopo aver letto Monster, Pluto e altri suoi capolavori, questo mangaka non fa mai uso di eroi, di personaggi forti emotivamente e fisicamente. Ma di persone comuni. Chi sono i personaggi? Un uomo povero, con un passato difficile, con un sogno da cantante infranto, che ha paura di tutto e di tutti; degli amici che temono di essere capi, di prendere delle decisioni. Per il resto, i veri eroi, oltre a questi, non sono che ragazzine liceali e vecchi. O almeno così ci appare a una lettura distratta. La verità è che i veri eroi della storia sono i sentimenti che personaggi così banali fanno nascere. E' grazie all'amicizia che Keiji trasmetteva da bambino, che tutti gli altri personaggi decidono di abbandonare le loro agiate e nuove vite, in favore di un passato che non possono dimenticare.
Ma il personaggio più affascinante, è la figura de "l'amico". Interessante il contrasto che deriva dalla scelta di una parola così dolce legata a un personaggio che nessuno desidererebbe avere mai come amico. Ma forse già questo è un indizio. Il fatto che questa figura altro non è che l'insieme dei sentimenti di rancore che un bambino di tanti anni prima aveva accumulato perché privato di veri amici.
Molti sono rimasti delusi dal finale, credo, perché Urasawa ha deciso di dare all'amico due volti. Se il primo nome poteva risultare interessante, perché nessuno si sarebbe mai aspettato niente del genere, sull'altro ci sono stati dubbi e delusioni. Ho visto molte persone chiedersi come mai un mangaka tanto talentuoso avesse deciso di mettere come secondo antagonista un personaggio tutt'altro che carismatico. La genialità, secondo me, sta proprio in questo. Il fatto che, come l'eroe della situazione (Keiji) non è che un ragazzo povero, che ha rinunciato a combattere, che ha rinunciato a suonare e a cantare, che non ha mai cercato la sua sorella scomparsa… così anche la nemesi non è niente più che un ragazzo comune, addirittura più banale e inutile di tutti gli altri personaggi della serie, tanto è vero che risulta un "senza volto" e del suo nome non si ricorda nessuno.
Ammetto che, quanto al "nemico" da combattere, non ho ancora trovato un personaggio degno di Johan Liebert, protagonista di "Monster" che, col suo carisma, potrebbe gettare ai suoi piedi qualsiasi "amico" del mondo… Tuttavia, penso che nelle opere di Urasawa non ci si debba aspettare di trovare troppe similitudini tra i personaggi. Se infatti Johan risulta un buon personaggio perché carismatico, perché risulta "un angelo delle tenebre", allo stesso tempo l'"amico" risulta un buon personaggio per motivazioni diametralmente opposte.
Spendo due parole, in ultimo, per lo stile di disegno. Molti, abituati ai disegni moderni, con occhi giganti e bocca e nasi quasi inesistenti, troveranno sconcertanti le tavole di questo mangaka. Tuttavia, il fatto di trovare ogni tanto personaggi con nasi grossi o incurvati, occhi piccoli e vicini, rughe e capelli radi, rende la storia (e i personaggi, quindi) molto più realistici.
Un manga che consiglio vivamente a chi ha voglia di leggerlo davvero.
Naoki Urasawa è uno degli autori che più stimo e di cui apprezzo praticamente ogni opera che ha scritto e disegnato. Tra tutte quante la mia preferita è 20th Century Boys, che è anche la prima ad essere arrivata in Italia e che ho avuto il piacere di leggere.
1969, un gruppo di bambini, costruitasi una propria "base segreta", giocano a salvare il mondo minacciato da una misteriosa organizzazione. A causa sua il mondo è colpito da immani catastrofi, ma saranno loro, "le forze del bene", a salvarlo. Questi ragazzini hanno anche descritto dettagliatamente il susseguirsi degli eventi in quello che han definito il "Libro delle profezie".
1997, Kenji, un ragazzo normale proprio come tanti di noi, nonché uno di quei ragazzini di allora, a causa della morte di uno dei suoi amici d'infanzia, viene a conoscenza di una misteriosa setta religiosa comandata da un uomo altrettanto misterioso e dal carisma eccezionale, che nasconde il suo volto e che si fa chiamare "l'Amico".
L'immagine che identifica la setta è lo stesso simbolo che avevano creato Kenji i suoi amici da piccoli per identificare il loro gruppo di eroi. Il protagonista inizia quindi a farsi delle domande su chi potrebbe essere questo "Amico". E se poi iniziano a verificarsi diversi episodi catastrofici proprio come descritti e disegnati nel libro delle profezie quasi trenta anni prima, allora Kenji non può che convincersi che l'uomo sia uno di loro, uno di quei bambini con cui ha riso e giocato da piccolo.
E' così che comincia il manga, un thriller fantascientifico con una sceneggiatura perfetta, dove nulla viene lasciato al caso e che costringe il lettore a divorarsi un numero dopo l'altro per scoprire cosa accade. La storia è complessa e articolata, piena di misteri e colpi di scena ed è chiaro come sia stata studiata nei minimi particolari fin dall'inizio. La narrazione non è lineare, si svolge su livelli temporali diversi e c'è un sapiente e continuo uso dei flashback che pian piano permettono di dipanare l'intricata matassa che l'autore ha tessuto. Urasawa è un maestro nel creare e distruggere, nel farci credere tutto e il contrario di tutto, nel convincere il lettore di una cosa per poi spiazzarlo rimescolando completamente le carte in gioco, eppure alla fine tutto tornerà perfettamente avendo tutte le risposte, a patto, ovviamente, di leggersi il vero finale della storia che è contenuto nei due volumi di cui è composto 21th Century Boys.
1969, un gruppo di bambini, costruitasi una propria "base segreta", giocano a salvare il mondo minacciato da una misteriosa organizzazione. A causa sua il mondo è colpito da immani catastrofi, ma saranno loro, "le forze del bene", a salvarlo. Questi ragazzini hanno anche descritto dettagliatamente il susseguirsi degli eventi in quello che han definito il "Libro delle profezie".
1997, Kenji, un ragazzo normale proprio come tanti di noi, nonché uno di quei ragazzini di allora, a causa della morte di uno dei suoi amici d'infanzia, viene a conoscenza di una misteriosa setta religiosa comandata da un uomo altrettanto misterioso e dal carisma eccezionale, che nasconde il suo volto e che si fa chiamare "l'Amico".
L'immagine che identifica la setta è lo stesso simbolo che avevano creato Kenji i suoi amici da piccoli per identificare il loro gruppo di eroi. Il protagonista inizia quindi a farsi delle domande su chi potrebbe essere questo "Amico". E se poi iniziano a verificarsi diversi episodi catastrofici proprio come descritti e disegnati nel libro delle profezie quasi trenta anni prima, allora Kenji non può che convincersi che l'uomo sia uno di loro, uno di quei bambini con cui ha riso e giocato da piccolo.
E' così che comincia il manga, un thriller fantascientifico con una sceneggiatura perfetta, dove nulla viene lasciato al caso e che costringe il lettore a divorarsi un numero dopo l'altro per scoprire cosa accade. La storia è complessa e articolata, piena di misteri e colpi di scena ed è chiaro come sia stata studiata nei minimi particolari fin dall'inizio. La narrazione non è lineare, si svolge su livelli temporali diversi e c'è un sapiente e continuo uso dei flashback che pian piano permettono di dipanare l'intricata matassa che l'autore ha tessuto. Urasawa è un maestro nel creare e distruggere, nel farci credere tutto e il contrario di tutto, nel convincere il lettore di una cosa per poi spiazzarlo rimescolando completamente le carte in gioco, eppure alla fine tutto tornerà perfettamente avendo tutte le risposte, a patto, ovviamente, di leggersi il vero finale della storia che è contenuto nei due volumi di cui è composto 21th Century Boys.
Commentare "20th Century Boys" è davvero difficile per me. Quando ho terminato la lettura, mi sono chiesta se, forse, il problema non fossi io. Se semplicemente questo tipo di manga non fosse nelle mie corde, abituata come sono a manga di decisamente minor spessore emotivo. La realtà è che, semplicemente, mi ha deluso, su un livello così alto che non potevo inizialmente credere che fosse colpa di una storia che mi aveva invece coinvolto ed interessato come non mi capitava da parecchio tempo con un manga.
Non ho letto la trama prima di iniziare a leggerlo, quindi ero totalmente ignara di dove la storia volesse andare, e mi sono ritrovata immediatamente presa dal racconto. E più si andava avanti più le cose si facevano interessanti. La cosa migliore non era solamente quello che succedeva o come succedeva, ma anche l'atmosfera che si creava attorno alle vicende. L'idea che una parola positiva come "Amico" fosse qui utilizzata da una persona che difficilmente si vorrebbe avere come amico, o questo personaggio dai discorsi sempre ambigui che si presentava con questa default maschera da scimmia che rendeva la situazione surreale ed inquietante, sono tutti elementi che contribuivano a dare spessore alle vicende e ai misteri che man mano si svolgevano attorno, dando toni sempre più dark ma non per questo meno affascinanti.
Nota assoluta di merito all'idea di questi adulti, che ormai hanno scordato gli anni della loro infanzia, e quando questi tornano prepotentemente a tormentarli, non sanno darsi delle risposte precise perché ormai la memoria non è chiara com'era una volta. Ho trovato davvero bella l'idea che questi misteri fossero tali perché, in molti casi, semplicemente loro non si ricordavano, rispetto a casi in cui semplicemente il personaggio non sa. Ed era allo stesso tempo bello rivedere i flashback da diverse prospettive e diversi momenti, con la storia che si allarga sempre di più fino a comprendere il quadro completo.
Non è nemmeno un manga semplice da leggere, visti tutti i flashback, tutti i momenti in cui fa salti temporali ed il fatto che certi personaggi vengono dimenticati per qualche tempo per poi risaltare fuori in momenti inaspettati. Non è concesso distrarsi o spegnere il cervello durante la lettura, e questo è assolutamente positivo perché permette di interessarsi maggiormente alle vicende, perché si è svegli e attivi. Ammetto di aver fatto fatica inizialmente, ma quando ho preso il ritmo è stato davvero interessante cogliere questo tipo di narrazione, che in certi punti approfittava di questi cambi per ingannare il lettore a credere qualcos'altro ed era piacevole essere stupiti.
Tuttavia, ma mano che continuavo la lettura, ha iniziato a nascere in me anche un senso di insoddisfazione. Non è che non fossi più interessata a ciò che succedeva, ma avevo l'impressione che la storia non sapesse bene dove andare a parare e che stesse girando semplicemente intorno al punto aspettando di trovare un modo per raggiungerlo. Leggendo l'ultimo volume, c'è un chiaro riferimento a quello che è stato l'inizio della storia, quindi in realtà può darsi che l'autore davvero avesse in mente ogni cosa fin dal principio, ma la sensazione che è arrivata a me è stata davvero di un temporeggiamento senza alcuno scopo.
E la frustrazione mi faceva anche iniziare a notare piccole o grandi cose che inizialmente non avevo notato, forzature che non avevo considerato perché troppo presa nella lettura, ma che diventavano sempre più evidenti con il proseguo della lettura. Persino la scelta narrativa di saltare anni iniziava a diventare non un buon modo di raccontare, ma un modo per "voglio andare da A a B ma non so come sia possibile, quindi salto l'intero percorso e do B per scontato", per lo meno perché davvero avevo voglia di capire come si fosse arrivati a B, dato che molte domande venivano alla luce man mano che la situazione si complicava.
E questa sensazione di frustrazione si è trasformata in nervosismo quando arriviamo al finale, finale che praticamente non esiste. Ora, io sono quel tipo di persona che, se inserisci determinati punti nella trama e poi non li risolvi, lasciando un finale aperto, mi irrito il sistema nervoso. E' un mio "problema", lo riconosco, ma è così, quindi il fatto che la storia volesse volontariamente soprassedere su certe cose, e abbia volontariamente ignorato altri punti che la trama stessa aveva inserito, mi ha dato particolarmente fastidio, perché mi sembra di aver fatto un percorso per nulla. Per molti invece potrebbe contare di più il percorso della trama ed ignorare certe parti non spiegate perché per loro non contano abbastanza, e non avere problemi.
So che esiste un seguito a questo manga, chiamato 21th Century Boys. Non sono riuscita a capire se sia stata una scelta editoriale, un problema dell'autore durante la redazione della storia oppure una scelta consapevole, per cui non valuterò a questo riguardo, ma comunque quei due volumi in più non migliorano affatto la situazione, anzi, forse la peggiorano aggiungendo cose che non si sentiva il bisogno di avere nel momento in cui volevo fossero risolte le precedenti, perciò preferisco ignorarlo onde evitare di abbassare ancora la mia considerazione di questo manga.
Fortunatamente, il manga ha una conclusione invece per quello che riguarda i personaggi: quasi tutti, infatti (a parte quelli per cui la conclusione è tenuta nei due volumi esterni, che devo ignorare altrimenti dovrei considerare anche altro) hanno una loro esperienza di vita, una maturazione e un'epifania che porta effettivamente a pensare che non ci sia più bisogno di vederli ancora, perché quello che dovevano compiere l'hanno compiuto, il futuro è nelle loro mani ma non interessa più, abbiamo visto la loro crescita psicologica e ciò è sufficiente per quello che si voleva narrare.
Tra l'altro, una delle cose che ho preferito all'interno della storia sono proprio i piccoli momenti di "realizzazione" dei personaggi, in cui riflettono sulla loro vita (assieme o separati), prendono decisioni, arrivano a perdonarsi, considerarsi differenti da come si credevano prima. In altri casi si hanno altri piccoli momenti estremamente inutili per la trama (quasi filler) ma estremamente significativi per lo sviluppo dei personaggi o anche solo per mostrare qualche particolare punto nel comportamento umano. Sono tutte parti estremamente profonde e alcune mi hanno anche commosso. Il manga ha in effetti una scena conclusiva del genere fra due personaggi, che è splendida come vignetta finale, ma a quel punto la mia irritazione era a livelli troppo alti perché potessi apprezzarla in toto. Resta comunque un momento splendido, e sarebbe stata una fine perfetta, se si fosse concluso anche il resto.
In alcuni di questi momenti il manga assume davvero uno spessore particolare, ed è positivo che l'intera storia offra comunque notevoli spunti di riflessioni senza che questi siano invasivi; spesso capitano storie dove si devono fare pagine e pagine di dialoghi filosofici per dare profondità, con il risultato che il tutto sembra artificiale, mentre qui basta una vicenda ben piazzata per rendere la riflessione in maniera decisamente migliore.
Un'altra nota particolare che mi sento di dire è l'incredibile varietà fisionomica dei personaggi maschili (e, a parte un paio di eccezioni, anche femminili). Nonostante la storia sia veramente oltre il limite dell'irrealtà, è incredibile vedere invece quanto realistici, con pregi e difetti, siano disegnati i personaggi, soprattutto considerando il loro crescere e invecchiare durante la storia. Considerando poi che i personaggi principali ci vengono mostrati nelle due differenti versioni adulti/bambini ho apprezzato quanto si possa riconoscere la loro fisionomia nel passaggio, ma con naturalezza, mostrando quindi anche la differenza che si assume nella crescita, quindi non intendendoli come uguali, solo più alti, ma anche con una modifica fisionomica visibile.
In definitiva, è un manga che ha molti lati positivi, e che ho apprezzato molto fino ad un certo punto, ma che personalmente non me la sento di consigliarlo, perché per me la questione della conclusione e della risoluzione delle varie situazioni introdotte è troppo grave perché possa inserire 20th Century Boys nella lista di storie da non perdere. Tuttavia, come ho detto sopra, se sapete di essere persone che mirano più ai personaggi che non alla trama e siete tranquilli con un finale che lascia diversi dubbi, probabilmente potrebbe comunque piacervi.
Non ho letto la trama prima di iniziare a leggerlo, quindi ero totalmente ignara di dove la storia volesse andare, e mi sono ritrovata immediatamente presa dal racconto. E più si andava avanti più le cose si facevano interessanti. La cosa migliore non era solamente quello che succedeva o come succedeva, ma anche l'atmosfera che si creava attorno alle vicende. L'idea che una parola positiva come "Amico" fosse qui utilizzata da una persona che difficilmente si vorrebbe avere come amico, o questo personaggio dai discorsi sempre ambigui che si presentava con questa default maschera da scimmia che rendeva la situazione surreale ed inquietante, sono tutti elementi che contribuivano a dare spessore alle vicende e ai misteri che man mano si svolgevano attorno, dando toni sempre più dark ma non per questo meno affascinanti.
Nota assoluta di merito all'idea di questi adulti, che ormai hanno scordato gli anni della loro infanzia, e quando questi tornano prepotentemente a tormentarli, non sanno darsi delle risposte precise perché ormai la memoria non è chiara com'era una volta. Ho trovato davvero bella l'idea che questi misteri fossero tali perché, in molti casi, semplicemente loro non si ricordavano, rispetto a casi in cui semplicemente il personaggio non sa. Ed era allo stesso tempo bello rivedere i flashback da diverse prospettive e diversi momenti, con la storia che si allarga sempre di più fino a comprendere il quadro completo.
Non è nemmeno un manga semplice da leggere, visti tutti i flashback, tutti i momenti in cui fa salti temporali ed il fatto che certi personaggi vengono dimenticati per qualche tempo per poi risaltare fuori in momenti inaspettati. Non è concesso distrarsi o spegnere il cervello durante la lettura, e questo è assolutamente positivo perché permette di interessarsi maggiormente alle vicende, perché si è svegli e attivi. Ammetto di aver fatto fatica inizialmente, ma quando ho preso il ritmo è stato davvero interessante cogliere questo tipo di narrazione, che in certi punti approfittava di questi cambi per ingannare il lettore a credere qualcos'altro ed era piacevole essere stupiti.
Tuttavia, ma mano che continuavo la lettura, ha iniziato a nascere in me anche un senso di insoddisfazione. Non è che non fossi più interessata a ciò che succedeva, ma avevo l'impressione che la storia non sapesse bene dove andare a parare e che stesse girando semplicemente intorno al punto aspettando di trovare un modo per raggiungerlo. Leggendo l'ultimo volume, c'è un chiaro riferimento a quello che è stato l'inizio della storia, quindi in realtà può darsi che l'autore davvero avesse in mente ogni cosa fin dal principio, ma la sensazione che è arrivata a me è stata davvero di un temporeggiamento senza alcuno scopo.
E la frustrazione mi faceva anche iniziare a notare piccole o grandi cose che inizialmente non avevo notato, forzature che non avevo considerato perché troppo presa nella lettura, ma che diventavano sempre più evidenti con il proseguo della lettura. Persino la scelta narrativa di saltare anni iniziava a diventare non un buon modo di raccontare, ma un modo per "voglio andare da A a B ma non so come sia possibile, quindi salto l'intero percorso e do B per scontato", per lo meno perché davvero avevo voglia di capire come si fosse arrivati a B, dato che molte domande venivano alla luce man mano che la situazione si complicava.
E questa sensazione di frustrazione si è trasformata in nervosismo quando arriviamo al finale, finale che praticamente non esiste. Ora, io sono quel tipo di persona che, se inserisci determinati punti nella trama e poi non li risolvi, lasciando un finale aperto, mi irrito il sistema nervoso. E' un mio "problema", lo riconosco, ma è così, quindi il fatto che la storia volesse volontariamente soprassedere su certe cose, e abbia volontariamente ignorato altri punti che la trama stessa aveva inserito, mi ha dato particolarmente fastidio, perché mi sembra di aver fatto un percorso per nulla. Per molti invece potrebbe contare di più il percorso della trama ed ignorare certe parti non spiegate perché per loro non contano abbastanza, e non avere problemi.
So che esiste un seguito a questo manga, chiamato 21th Century Boys. Non sono riuscita a capire se sia stata una scelta editoriale, un problema dell'autore durante la redazione della storia oppure una scelta consapevole, per cui non valuterò a questo riguardo, ma comunque quei due volumi in più non migliorano affatto la situazione, anzi, forse la peggiorano aggiungendo cose che non si sentiva il bisogno di avere nel momento in cui volevo fossero risolte le precedenti, perciò preferisco ignorarlo onde evitare di abbassare ancora la mia considerazione di questo manga.
Fortunatamente, il manga ha una conclusione invece per quello che riguarda i personaggi: quasi tutti, infatti (a parte quelli per cui la conclusione è tenuta nei due volumi esterni, che devo ignorare altrimenti dovrei considerare anche altro) hanno una loro esperienza di vita, una maturazione e un'epifania che porta effettivamente a pensare che non ci sia più bisogno di vederli ancora, perché quello che dovevano compiere l'hanno compiuto, il futuro è nelle loro mani ma non interessa più, abbiamo visto la loro crescita psicologica e ciò è sufficiente per quello che si voleva narrare.
Tra l'altro, una delle cose che ho preferito all'interno della storia sono proprio i piccoli momenti di "realizzazione" dei personaggi, in cui riflettono sulla loro vita (assieme o separati), prendono decisioni, arrivano a perdonarsi, considerarsi differenti da come si credevano prima. In altri casi si hanno altri piccoli momenti estremamente inutili per la trama (quasi filler) ma estremamente significativi per lo sviluppo dei personaggi o anche solo per mostrare qualche particolare punto nel comportamento umano. Sono tutte parti estremamente profonde e alcune mi hanno anche commosso. Il manga ha in effetti una scena conclusiva del genere fra due personaggi, che è splendida come vignetta finale, ma a quel punto la mia irritazione era a livelli troppo alti perché potessi apprezzarla in toto. Resta comunque un momento splendido, e sarebbe stata una fine perfetta, se si fosse concluso anche il resto.
In alcuni di questi momenti il manga assume davvero uno spessore particolare, ed è positivo che l'intera storia offra comunque notevoli spunti di riflessioni senza che questi siano invasivi; spesso capitano storie dove si devono fare pagine e pagine di dialoghi filosofici per dare profondità, con il risultato che il tutto sembra artificiale, mentre qui basta una vicenda ben piazzata per rendere la riflessione in maniera decisamente migliore.
Un'altra nota particolare che mi sento di dire è l'incredibile varietà fisionomica dei personaggi maschili (e, a parte un paio di eccezioni, anche femminili). Nonostante la storia sia veramente oltre il limite dell'irrealtà, è incredibile vedere invece quanto realistici, con pregi e difetti, siano disegnati i personaggi, soprattutto considerando il loro crescere e invecchiare durante la storia. Considerando poi che i personaggi principali ci vengono mostrati nelle due differenti versioni adulti/bambini ho apprezzato quanto si possa riconoscere la loro fisionomia nel passaggio, ma con naturalezza, mostrando quindi anche la differenza che si assume nella crescita, quindi non intendendoli come uguali, solo più alti, ma anche con una modifica fisionomica visibile.
In definitiva, è un manga che ha molti lati positivi, e che ho apprezzato molto fino ad un certo punto, ma che personalmente non me la sento di consigliarlo, perché per me la questione della conclusione e della risoluzione delle varie situazioni introdotte è troppo grave perché possa inserire 20th Century Boys nella lista di storie da non perdere. Tuttavia, come ho detto sopra, se sapete di essere persone che mirano più ai personaggi che non alla trama e siete tranquilli con un finale che lascia diversi dubbi, probabilmente potrebbe comunque piacervi.
Ho appena finito di leggere 20th century boys per la seconda volta, la prima è stata più di due anni fa, ma è come se fosse stata la prima, perchè questo manga è così carico di significati che ogni rilettura porta a degli spunti sempre nuovi ed interessanti, ogni volta c'è qualche nuovo aspetto della storia che mi colpisce e mi lascia a bocca aperta.
Per me 20th century boys è un Manga con la M maiuscola, il manga per eccellenza, non ha pecche perchè c'è tutto quello che ci deve essere, non credo che abbia punti deboli, ed ha una storia curata nei minimi particolari.
Oltre che sviluppare una trama particolarmente avventurosa e che cattura il lettore fin dal primo volumetto, è quanto mai attuale nel momento storico in cui ci troviamo, perchè estremizza fino al paradosso tutte le istituzioni consolidate della società moderna, che se controllate dalle persone sbagliate, possono portare anche alla distruzione dell'uomo stesso. Ed Urasawa è bravo a formulare questa storia con ironia e colpi di scena, priva di velleità autoreferenziali e di narcisismo. I fronzoli che troviamo in tanti altri manga che servono a nascondere le carenze di una storia come si deve qui non servono a niente, perché la storia anche da sola potrebbe reggere l'intero manga.
Ma veniamo all'incipit ed agli eventi che danno avvio alla storia <b>(di qui in poi diversi spoiler)</b>:
Nel 1997, a Tokyo, Kenji Endo è un ordinario ragazzo sulla trentina che ha preso le redini del negozio di famiglia - ex negozio di liquori ora affiliato ad una catena di supermercati per evitare il fallimento- che vive con la madre e accudisce la figlia di sua sorella Kiriko; quest'ultima, allontanatasi dalla famiglia da diverso tempo, piomba al cospetto del fratello e della madre ,e gli lascia improvvisamente in affidamento sua figlia Kana, senza fornire informazioni sull'identità del padre. Kenji conduce una vita tranquilla, ma ha già visto passare parecchi treni davanti a sé, i suoi amici d'infanzia sono già sposati e sistemati, mentre lui da sempre si lascia trasportare dal corso degli eventi. Ed infatti parteciperà assieme a Yoshitsune e Maruo al matrimonio di Croakki, l'ultimo tra i suoi amici d'infanzia a sposarsi.
Tramite una serie di flashback il filone narrativo si sposta dal presente alla fine degli anni sessanta, quando Kenji e i suoi amici, Yoshitsune, Maruo e Occio, in quinta elementare, costruivano una loro personale "base segreta", luogo di ritrovo e quartiere generale delle "forze del bene", che aveva il compito di proteggere la terra da eventuali catastrofi. Perché Kenji, assieme ai suoi amici, inventò una storia in cui il mondo era minacciato da un organizzazione criminale, scritta nei mini particolari nel "Libro delle profezie", corredata dai disegni del bambino : solo Kenji e i suoi amici, con la loro determinazione, potranno salvare il mondo se sarà un giorno in pericolo.
Quanti di noi nella nostra infanzia abbiamo giocato a fare gli eroi del bene, imitando i nostri paladini della giustizia dei cartoni animati! L'idealismo e la bontà dei bambini è una cosa senza fine, purtroppo però poi col passare del tempo e venendo a contatto con il mondo adulto si corrompe ed è costretto a venire a compromessi…
Nel frattempo, nel 1997, la polizia inizia ad investigare sulla scomparsa di alcune persone, e su dei casi di decesso in cui le vittime sembrano perdere per emorragia tutto il sangue che hanno in corpo. Tali eventi si riveleranno poi concatenati secondo una relazione più intima di quanto si potesse credere. Infatti, nei luoghi dei rapimenti verrà ritrovato disegnato un particolare simbolo, la combinazione di un occhio e una mano con il dito indice alzato. Kenji viene fortuitamente a conoscenza di tale simbolo e la sua memoria visiva lo riporta ancora una volta ai giochi d'infanzia con i suoi amici, perché è convinto di aver già visto quel simbolo da qualche parte…
Dopo una serie di vicende che colpiranno più o meno direttamente Kenji e i suoi amici, il nostro protagonista è venuto a conoscenza di una persona la cui identità è sconosciuta, che si fa chiamare "l'Amico": questi è diventato il fondatore di una setta religiosa che è riuscita a raccogliere un gran numero di seguaci in Giappone, grazie al suo carisma "religioso", a delle profezie sul futuro del mondo e a dei miracoli di levitazione. Il simbolo della setta è l'occhio con la mano con l'indice verso l'alto: quello stesso simbolo era usato da Kenji e i suoi amici da bambini, era lo stemma di cui si fregiavano in nome della pace e della libertà della terra; qualcuno se ne era impossessato indebitamente, qualcuno che necessariamente doveva far parte dell'infanzia di Kenji, e quindi fin da allora poteva essere a conoscenza del simbolo. Durante le sue indagini Kenji rincontra anche Yukiji, l'unica ragazza che faceva parte del suo gruppo di amici da bambini, "la ragazza più forte del mondo", che lavora alla dogana dell'aeroporto di Narita come agente anti droga. Yukiji da bambina era sempre stata innamorata di Kenji, perché nonostante il suo carattere da fannullone e passivo era un grande idealista, sempre mosso da buoni intenti, e perciò il più carismatico tra i suoi coetanei, capace di avere su tutti gli altri una grande influenza senza poi avere chissà che di speciale. Al fianco di Kenji poi c'era sempre Occio, che era la sua spalla destra, l'altra mente del gruppo che assieme a Kenji aveva formulato il "libro delle profezie" con le catastrofi che si sarebbero abbattute sulla terra un giorno. Occio, nel presente degli eventi, è scomparso e se ne sono perse le tracce …
Perciò Kenji, nel 1997, viene a scoprire che l'Amico si è impossessato di quel libro delle profezie, e sta percorrendo le tappe una per una della storia che lui inventò da bambino, con tanto di armi batteriologiche, quelle che causeranno appunto la morte di parecchie persone con grandi emorragie di sangue in diverse città della terra; la situazione sembra essere disperata, perché l'Amico sta attuando questo piano subdolamente, e può contare dalla sua parte dell'appoggio della società giapponese su tutti i livelli, inconsapevole dei crimini di cui si sta macchiando: i suoi adepti infatti, plagiati dalle sue promesse, si sono infiltrati a tutti i livelli della società, anche la politica è stata contagiata dal fenomeno dell'amico, tanto che viene fondato un partito politico che si chiamerà proprio "partito dell'amico"; tutto si fonderà sulla menzogna di questo "Amico", figura carismatica e senza volto, poiché al cospetto dei suoi seguaci, durante le adunate, non mostra mai il suo vero volto, e si nasconde pavidamente dietro una maschera, narra di catastrofi future, che potranno essere sventate solo se si avrà fede nelle sue capacità… Kenji e i suoi amici dunque si preparano ad un'ardua battaglia, poiché sentono una grave responsabilità sulle proprie spalle… La battaglia non mancherà di continui colpi di scena…. sta ai lettori continuare a leggere questa storia spettacolare!
Come già detto sopra, la forza di questo manga è l'intrecciarsi del filone dei rapporti interpersonali di comuni persone con eventi su scala mondiale che possono cambiare le sorti dell'intera umanità: Kenji e i suoi amici sono delle persone comuni che non hanno alcuna autorità, però sono a conoscenza di una verità terribile, e sono gli unici capaci di sventare un piano al limite della follia, portato avanti per gioco da chissà chi, solo per una rivalsa dai tempi dell'infanzia .
Kenji tutto sommato è un "inetto a vivere", un Mattia Pascal giapponese se vogliamo, che nella sua vita non ha fatto che abbandonare tutto ciò di buono che coltivava: però dentro di se ha il potere e il carisma per poter cambiare il mondo, è generoso e mosso da alti ideali, e assieme ai suoi compagni tenterà un impresa impossibile.
Per passare ai giudizi:
Trama: 10
La tecnica narrativa usata da Naoki Urasawa è ricca di flashback, perciò il filo degli eventi si sposta continuamente dal presente al passato, per chiarire volta per volta dei pezzi di puzzle mancanti, che si ricompone magistralmente alla fine dell'opera: all'inizio, quando vediamo tutti quanti questi pezzi del puzzle scomposti non è che ci capiamo gran che, però siamo parecchio curiosi e cerchiamo di metterli insieme, e alla fine non si può che rimanere soddisfatti a parer mio!
La trama non è mai debole, perché alla fine tutte le domande che vengono lanciate trovano volta per volta risposta nei minimi dettagli. Tutta l'opera è poi imperniata di riferimenti culturali e musicali, rispettivamente ai grandi fumettisti che hanno costituito la formazione di Urasawa, come Tezuka ad esempio, e alla grande musica degli anni settanta, da cui prende le mosse il titolo stesso dell'opera: 20th century boys infatti è il titolo della celeberrima ed omonima canzone di Marc Bolan dei T-Rex,, del 1973.
I temi trattati sono originali e attuali, perché trattano della politica senza queste grandi pretese velleitarie, e delle conseguenze malvagie che essa può portare se non viene amministrata secondo un modello democratico: la censura, la tecnica del terrore dominano le persone, che si rendono mansuete e sottomesse ad un capo politico che diventa una sorta di divinità; perché in fondo è insito nella natura umana la ricerca di qualcuno che ci domini, paradossalmente l'uomo si sente al sicuro se c'è qualcuno da cui può essere controllato rigidamente, perché è come se si liberasse di una preoccupazione individuale; ma allora ci interessa davvero il libero arbitrio?
Il finale stavolta, a differenza ad esempio di un opera come "Monster", mi sembra tracciato meglio, forse perché i volumetti di 21st century boys hanno dato la possibilità ad Urasawa di spiegare meglio parecchi retroscena che ancora rimanevano in sospeso. La metafora del "boom del bowling", che deve ancora arrivare, è una chiara indicazione dell'umanità libera e che può tornare a sperare, finalmente, in un futuro di pace.
Personaggi: 10
I personaggi sono tutti delineati nei minimi dettagli, non è che ci siano i buoni che valgono più dei cattivi, tutti hanno un loro personale bagaglio e una loro personale coscienza dettate da esperienze personali. I flashback, vengono spesso realizzati immedesimandosi nei pensieri di ciascuno dei personaggi, quindi questo ci consente di leggere nelle loro menti e capire intimamente da cosa sono mossi: con questo espediente Urasawa riesce a caratterizzarli alla perfezione, nelle loro paure, nei loro intenti, nelle loro convinzioni.
Kenji è l'eroe/ anti-eroe, perché non è fisicamente dotato, e in quanto uomo comune è debole e non può un gran che contro un sistema precostituito e radicato in tutte le istituzioni della società: ma la forza degli ideali può superare tutte le barriere, il suo carisma è contagioso, perché la rivoluzione pacifica è molto più semplice di quella armata, basta solo che gli uomini lo capiscano ed il gioco è fatto. Kenji più volte quando deve affrontare le difficoltà ha paura, ma non si ferma davanti a nulla, perché è determinato a salvare l'umanità
Occio vive un percorso di formazione interiore e fisico molto travagliato, anche lui è in un certo qual senso un anti eroe, perché non si fregia dei classici clichè dell'eroe, agisce nell'ombra ma è l'artefice di tante azioni positive.
In generale il ruolo di eroi fuori dal comune è assunto anche dagli altri personaggi di Maruo e Yoshitsune, la loro forza non è mai fisica, ma intellettuale e spirituale.
Kana e Yukiji potrebbero forse essere definite personaggi "tsundere", secondo quel filone di personaggi femminili un po arroganti e burberi ma dotati di grande personalità e carisma, capaci di smuovere le coscienze.
Stare ad elencare tutti i personaggi ora sarebbe inutile ,ma la loro bellezza sta proprio nel fatto che la loro caratterizzazione non finisce mai, e non si sa mai cosa ci possono riservare.
Grafica: 10
Se la storia scorre in maniera fluida e senza intoppi è anche perché i disegni sono lineari ma ben caratterizzati. Lo stile di Urasawa, che per grandi linee potremmo anche paragonare a quello di Miyazaki se vogliamo, delinea dei volti puliti ma con grande caratterizzazione psicologica e drammatica. L'espressione che assume il volto del personaggio combacia perfettamente con l'idea che il magaka vuole dare, i gesti o le azione che compie sono perfettamente coordinati alla storia; magari può sembrare stupido quanto detto ma non è così scontato in un manga, quanti ce ne sono di statici e piatti; il manga è veramente fluido, quasi fosse animato! E che bello se davvero ne facessero anche un animazione!
Che dire, non posso che dare il massimo dei voti ad un opera così completa, che lascia così tanto da riflettere ed è quanto di più attuale al giorno d'oggi, in cui ognuno di noi è chiuso nel suo guscio, guidato dall'arrivismo personale e dall'egoismo. Se solo si unissero le forze e si collaborasse pacificamente per il bene comune il mondo sarebbe diverso; il bene è insito nell'uomo , il male invece è una conseguenza del materialismo dilagante. I mezzi per fare le cose bene ce le abbiamo, il tutto sta nella volontà e nella forza degli ideali. E nella fiducia e nella fede tra le persone.
Per me 20th century boys è un Manga con la M maiuscola, il manga per eccellenza, non ha pecche perchè c'è tutto quello che ci deve essere, non credo che abbia punti deboli, ed ha una storia curata nei minimi particolari.
Oltre che sviluppare una trama particolarmente avventurosa e che cattura il lettore fin dal primo volumetto, è quanto mai attuale nel momento storico in cui ci troviamo, perchè estremizza fino al paradosso tutte le istituzioni consolidate della società moderna, che se controllate dalle persone sbagliate, possono portare anche alla distruzione dell'uomo stesso. Ed Urasawa è bravo a formulare questa storia con ironia e colpi di scena, priva di velleità autoreferenziali e di narcisismo. I fronzoli che troviamo in tanti altri manga che servono a nascondere le carenze di una storia come si deve qui non servono a niente, perché la storia anche da sola potrebbe reggere l'intero manga.
Ma veniamo all'incipit ed agli eventi che danno avvio alla storia <b>(di qui in poi diversi spoiler)</b>:
Nel 1997, a Tokyo, Kenji Endo è un ordinario ragazzo sulla trentina che ha preso le redini del negozio di famiglia - ex negozio di liquori ora affiliato ad una catena di supermercati per evitare il fallimento- che vive con la madre e accudisce la figlia di sua sorella Kiriko; quest'ultima, allontanatasi dalla famiglia da diverso tempo, piomba al cospetto del fratello e della madre ,e gli lascia improvvisamente in affidamento sua figlia Kana, senza fornire informazioni sull'identità del padre. Kenji conduce una vita tranquilla, ma ha già visto passare parecchi treni davanti a sé, i suoi amici d'infanzia sono già sposati e sistemati, mentre lui da sempre si lascia trasportare dal corso degli eventi. Ed infatti parteciperà assieme a Yoshitsune e Maruo al matrimonio di Croakki, l'ultimo tra i suoi amici d'infanzia a sposarsi.
Tramite una serie di flashback il filone narrativo si sposta dal presente alla fine degli anni sessanta, quando Kenji e i suoi amici, Yoshitsune, Maruo e Occio, in quinta elementare, costruivano una loro personale "base segreta", luogo di ritrovo e quartiere generale delle "forze del bene", che aveva il compito di proteggere la terra da eventuali catastrofi. Perché Kenji, assieme ai suoi amici, inventò una storia in cui il mondo era minacciato da un organizzazione criminale, scritta nei mini particolari nel "Libro delle profezie", corredata dai disegni del bambino : solo Kenji e i suoi amici, con la loro determinazione, potranno salvare il mondo se sarà un giorno in pericolo.
Quanti di noi nella nostra infanzia abbiamo giocato a fare gli eroi del bene, imitando i nostri paladini della giustizia dei cartoni animati! L'idealismo e la bontà dei bambini è una cosa senza fine, purtroppo però poi col passare del tempo e venendo a contatto con il mondo adulto si corrompe ed è costretto a venire a compromessi…
Nel frattempo, nel 1997, la polizia inizia ad investigare sulla scomparsa di alcune persone, e su dei casi di decesso in cui le vittime sembrano perdere per emorragia tutto il sangue che hanno in corpo. Tali eventi si riveleranno poi concatenati secondo una relazione più intima di quanto si potesse credere. Infatti, nei luoghi dei rapimenti verrà ritrovato disegnato un particolare simbolo, la combinazione di un occhio e una mano con il dito indice alzato. Kenji viene fortuitamente a conoscenza di tale simbolo e la sua memoria visiva lo riporta ancora una volta ai giochi d'infanzia con i suoi amici, perché è convinto di aver già visto quel simbolo da qualche parte…
Dopo una serie di vicende che colpiranno più o meno direttamente Kenji e i suoi amici, il nostro protagonista è venuto a conoscenza di una persona la cui identità è sconosciuta, che si fa chiamare "l'Amico": questi è diventato il fondatore di una setta religiosa che è riuscita a raccogliere un gran numero di seguaci in Giappone, grazie al suo carisma "religioso", a delle profezie sul futuro del mondo e a dei miracoli di levitazione. Il simbolo della setta è l'occhio con la mano con l'indice verso l'alto: quello stesso simbolo era usato da Kenji e i suoi amici da bambini, era lo stemma di cui si fregiavano in nome della pace e della libertà della terra; qualcuno se ne era impossessato indebitamente, qualcuno che necessariamente doveva far parte dell'infanzia di Kenji, e quindi fin da allora poteva essere a conoscenza del simbolo. Durante le sue indagini Kenji rincontra anche Yukiji, l'unica ragazza che faceva parte del suo gruppo di amici da bambini, "la ragazza più forte del mondo", che lavora alla dogana dell'aeroporto di Narita come agente anti droga. Yukiji da bambina era sempre stata innamorata di Kenji, perché nonostante il suo carattere da fannullone e passivo era un grande idealista, sempre mosso da buoni intenti, e perciò il più carismatico tra i suoi coetanei, capace di avere su tutti gli altri una grande influenza senza poi avere chissà che di speciale. Al fianco di Kenji poi c'era sempre Occio, che era la sua spalla destra, l'altra mente del gruppo che assieme a Kenji aveva formulato il "libro delle profezie" con le catastrofi che si sarebbero abbattute sulla terra un giorno. Occio, nel presente degli eventi, è scomparso e se ne sono perse le tracce …
Perciò Kenji, nel 1997, viene a scoprire che l'Amico si è impossessato di quel libro delle profezie, e sta percorrendo le tappe una per una della storia che lui inventò da bambino, con tanto di armi batteriologiche, quelle che causeranno appunto la morte di parecchie persone con grandi emorragie di sangue in diverse città della terra; la situazione sembra essere disperata, perché l'Amico sta attuando questo piano subdolamente, e può contare dalla sua parte dell'appoggio della società giapponese su tutti i livelli, inconsapevole dei crimini di cui si sta macchiando: i suoi adepti infatti, plagiati dalle sue promesse, si sono infiltrati a tutti i livelli della società, anche la politica è stata contagiata dal fenomeno dell'amico, tanto che viene fondato un partito politico che si chiamerà proprio "partito dell'amico"; tutto si fonderà sulla menzogna di questo "Amico", figura carismatica e senza volto, poiché al cospetto dei suoi seguaci, durante le adunate, non mostra mai il suo vero volto, e si nasconde pavidamente dietro una maschera, narra di catastrofi future, che potranno essere sventate solo se si avrà fede nelle sue capacità… Kenji e i suoi amici dunque si preparano ad un'ardua battaglia, poiché sentono una grave responsabilità sulle proprie spalle… La battaglia non mancherà di continui colpi di scena…. sta ai lettori continuare a leggere questa storia spettacolare!
Come già detto sopra, la forza di questo manga è l'intrecciarsi del filone dei rapporti interpersonali di comuni persone con eventi su scala mondiale che possono cambiare le sorti dell'intera umanità: Kenji e i suoi amici sono delle persone comuni che non hanno alcuna autorità, però sono a conoscenza di una verità terribile, e sono gli unici capaci di sventare un piano al limite della follia, portato avanti per gioco da chissà chi, solo per una rivalsa dai tempi dell'infanzia .
Kenji tutto sommato è un "inetto a vivere", un Mattia Pascal giapponese se vogliamo, che nella sua vita non ha fatto che abbandonare tutto ciò di buono che coltivava: però dentro di se ha il potere e il carisma per poter cambiare il mondo, è generoso e mosso da alti ideali, e assieme ai suoi compagni tenterà un impresa impossibile.
Per passare ai giudizi:
Trama: 10
La tecnica narrativa usata da Naoki Urasawa è ricca di flashback, perciò il filo degli eventi si sposta continuamente dal presente al passato, per chiarire volta per volta dei pezzi di puzzle mancanti, che si ricompone magistralmente alla fine dell'opera: all'inizio, quando vediamo tutti quanti questi pezzi del puzzle scomposti non è che ci capiamo gran che, però siamo parecchio curiosi e cerchiamo di metterli insieme, e alla fine non si può che rimanere soddisfatti a parer mio!
La trama non è mai debole, perché alla fine tutte le domande che vengono lanciate trovano volta per volta risposta nei minimi dettagli. Tutta l'opera è poi imperniata di riferimenti culturali e musicali, rispettivamente ai grandi fumettisti che hanno costituito la formazione di Urasawa, come Tezuka ad esempio, e alla grande musica degli anni settanta, da cui prende le mosse il titolo stesso dell'opera: 20th century boys infatti è il titolo della celeberrima ed omonima canzone di Marc Bolan dei T-Rex,, del 1973.
I temi trattati sono originali e attuali, perché trattano della politica senza queste grandi pretese velleitarie, e delle conseguenze malvagie che essa può portare se non viene amministrata secondo un modello democratico: la censura, la tecnica del terrore dominano le persone, che si rendono mansuete e sottomesse ad un capo politico che diventa una sorta di divinità; perché in fondo è insito nella natura umana la ricerca di qualcuno che ci domini, paradossalmente l'uomo si sente al sicuro se c'è qualcuno da cui può essere controllato rigidamente, perché è come se si liberasse di una preoccupazione individuale; ma allora ci interessa davvero il libero arbitrio?
Il finale stavolta, a differenza ad esempio di un opera come "Monster", mi sembra tracciato meglio, forse perché i volumetti di 21st century boys hanno dato la possibilità ad Urasawa di spiegare meglio parecchi retroscena che ancora rimanevano in sospeso. La metafora del "boom del bowling", che deve ancora arrivare, è una chiara indicazione dell'umanità libera e che può tornare a sperare, finalmente, in un futuro di pace.
Personaggi: 10
I personaggi sono tutti delineati nei minimi dettagli, non è che ci siano i buoni che valgono più dei cattivi, tutti hanno un loro personale bagaglio e una loro personale coscienza dettate da esperienze personali. I flashback, vengono spesso realizzati immedesimandosi nei pensieri di ciascuno dei personaggi, quindi questo ci consente di leggere nelle loro menti e capire intimamente da cosa sono mossi: con questo espediente Urasawa riesce a caratterizzarli alla perfezione, nelle loro paure, nei loro intenti, nelle loro convinzioni.
Kenji è l'eroe/ anti-eroe, perché non è fisicamente dotato, e in quanto uomo comune è debole e non può un gran che contro un sistema precostituito e radicato in tutte le istituzioni della società: ma la forza degli ideali può superare tutte le barriere, il suo carisma è contagioso, perché la rivoluzione pacifica è molto più semplice di quella armata, basta solo che gli uomini lo capiscano ed il gioco è fatto. Kenji più volte quando deve affrontare le difficoltà ha paura, ma non si ferma davanti a nulla, perché è determinato a salvare l'umanità
Occio vive un percorso di formazione interiore e fisico molto travagliato, anche lui è in un certo qual senso un anti eroe, perché non si fregia dei classici clichè dell'eroe, agisce nell'ombra ma è l'artefice di tante azioni positive.
In generale il ruolo di eroi fuori dal comune è assunto anche dagli altri personaggi di Maruo e Yoshitsune, la loro forza non è mai fisica, ma intellettuale e spirituale.
Kana e Yukiji potrebbero forse essere definite personaggi "tsundere", secondo quel filone di personaggi femminili un po arroganti e burberi ma dotati di grande personalità e carisma, capaci di smuovere le coscienze.
Stare ad elencare tutti i personaggi ora sarebbe inutile ,ma la loro bellezza sta proprio nel fatto che la loro caratterizzazione non finisce mai, e non si sa mai cosa ci possono riservare.
Grafica: 10
Se la storia scorre in maniera fluida e senza intoppi è anche perché i disegni sono lineari ma ben caratterizzati. Lo stile di Urasawa, che per grandi linee potremmo anche paragonare a quello di Miyazaki se vogliamo, delinea dei volti puliti ma con grande caratterizzazione psicologica e drammatica. L'espressione che assume il volto del personaggio combacia perfettamente con l'idea che il magaka vuole dare, i gesti o le azione che compie sono perfettamente coordinati alla storia; magari può sembrare stupido quanto detto ma non è così scontato in un manga, quanti ce ne sono di statici e piatti; il manga è veramente fluido, quasi fosse animato! E che bello se davvero ne facessero anche un animazione!
Che dire, non posso che dare il massimo dei voti ad un opera così completa, che lascia così tanto da riflettere ed è quanto di più attuale al giorno d'oggi, in cui ognuno di noi è chiuso nel suo guscio, guidato dall'arrivismo personale e dall'egoismo. Se solo si unissero le forze e si collaborasse pacificamente per il bene comune il mondo sarebbe diverso; il bene è insito nell'uomo , il male invece è una conseguenza del materialismo dilagante. I mezzi per fare le cose bene ce le abbiamo, il tutto sta nella volontà e nella forza degli ideali. E nella fiducia e nella fede tra le persone.
Un capolavoro mancato. Così si può riassumere, in poche parole, 20th Century Boys, di Naoki Urasawa. Già, perché dopo un inizio davvero ottimo, questo manga si è perso per strada, allontanandosi volume per volume dalla via che porta a creare un vero capolavoro. Ma andiamo con ordine.
La vicenda ha inizio, cronologicamente parlando, nel 1969, dove un gruppo di bambini gioca in una base segreta, immaginando la distruzione dell'umanità da parte di un'organizzazione malvagia. Così quando, nel 1997, quel loro disegno apocalittico diverrà realtà, toccherà proprio a quei ragazzini, ormai diventati adulti, salvare la Terra, e portare la razza umana nel ventunesimo secolo.
Partendo dai punti di forza di 20th Century Boys, non si possono non citare i personaggi. E questo è il minimo che ci si possa aspettare da Urasawa, che ci ha sempre viziati con caratterizzazioni eccelse. E sarà una gioia per il lettore vedere quei bambini crescere, prendere la propria strada e le proprie scelte. E' davvero impossibile non affezionarsi a Kenji, Occio, Yoshitsune, Maruo, Mon-chan e Croakki, i ragazzi del ventesimo secolo, ognuno definito e approfondito in maniera fantastica. Ed è questo uno dei migliori motivi per cui, nonostante tutto, non si può non prendere in mano questo manga.
Il disegno dell'autore migliora rispetto alla sua precedente opera, Monster. E personalmente, questa cosa mi ha stupito, trattandosi di un mangaka esperto e navigato, con decine di opere alla spalle. Certo, non è un miglioramento significativo, ma è comunque bello vedere che Urasawa è ancora in grado di perfezionare il proprio tratto, di renderlo più pulito e realistico, dopo così tanti anni di lavoro.
Dopo tutti questi commenti positivi, mi sembra doveroso spiegare perché non ritengo 20th Cenrury Boys un successo completo. Semplice: Urasawa ha voluto rischiare, tentando di allungare questo manga (che, secondo me, si sarebbe tranquillamente potuto chiudere in 10-15 volumi) con un'aggiunta di misteri e minacce contro l'umanità. Un tentativo riuscito a metà, per come la vedo io. Perché se, da una parte, chiudere il manga nell'aula di gastronomia (chi l'ha già letto capirà a cosa mi riferisco), dall'altra, il percorso che Urasawa segue da quel punto in poi lo ha portato a calare continuamente. La seconda parte del manga, infatti, procede in maniera estremamente lenta, forzata, quasi come se seguisse uno scenario predefinito allo scopo di portare alla risoluzione dell'intreccio che, forse, era diventato troppo complicato anche per un genio della sceneggiatura come Urasawa.
Infine, ho trovato non poco confusionaria e sconclusionata la parte conclusiva dell'opera, composta da due volumi denominati "21st Century Boys". Un finale che di azzeccato, purtroppo, ha solo il nome. E sebbene mi sia piaciuta la risoluzione del mistero "finale", non mi è andata troppo giù il modo con cui viene svelato. E, soprattutto, ho trovata assolutamente superfluo (oltre che poco realistico) l'inserimento dell'ultima, grande minaccia da sventare per portare l'umanità nel ventunesimo secolo.
Nel complesso, da me prende un buon 7. Perché non è un capolavoro, ma è comunque un'opera ben al di sopra della media. Un manga che sicuramente può far innamorare gran parte dei lettori, grazie al fantastico cast di personaggi, all'intreccio tessuto da Urasawa, e alla nostalgia che a molti susciterà rituffarsi nell'epoca della fanciullezza attraverso un gruppo di bambini.
La vicenda ha inizio, cronologicamente parlando, nel 1969, dove un gruppo di bambini gioca in una base segreta, immaginando la distruzione dell'umanità da parte di un'organizzazione malvagia. Così quando, nel 1997, quel loro disegno apocalittico diverrà realtà, toccherà proprio a quei ragazzini, ormai diventati adulti, salvare la Terra, e portare la razza umana nel ventunesimo secolo.
Partendo dai punti di forza di 20th Century Boys, non si possono non citare i personaggi. E questo è il minimo che ci si possa aspettare da Urasawa, che ci ha sempre viziati con caratterizzazioni eccelse. E sarà una gioia per il lettore vedere quei bambini crescere, prendere la propria strada e le proprie scelte. E' davvero impossibile non affezionarsi a Kenji, Occio, Yoshitsune, Maruo, Mon-chan e Croakki, i ragazzi del ventesimo secolo, ognuno definito e approfondito in maniera fantastica. Ed è questo uno dei migliori motivi per cui, nonostante tutto, non si può non prendere in mano questo manga.
Il disegno dell'autore migliora rispetto alla sua precedente opera, Monster. E personalmente, questa cosa mi ha stupito, trattandosi di un mangaka esperto e navigato, con decine di opere alla spalle. Certo, non è un miglioramento significativo, ma è comunque bello vedere che Urasawa è ancora in grado di perfezionare il proprio tratto, di renderlo più pulito e realistico, dopo così tanti anni di lavoro.
Dopo tutti questi commenti positivi, mi sembra doveroso spiegare perché non ritengo 20th Cenrury Boys un successo completo. Semplice: Urasawa ha voluto rischiare, tentando di allungare questo manga (che, secondo me, si sarebbe tranquillamente potuto chiudere in 10-15 volumi) con un'aggiunta di misteri e minacce contro l'umanità. Un tentativo riuscito a metà, per come la vedo io. Perché se, da una parte, chiudere il manga nell'aula di gastronomia (chi l'ha già letto capirà a cosa mi riferisco), dall'altra, il percorso che Urasawa segue da quel punto in poi lo ha portato a calare continuamente. La seconda parte del manga, infatti, procede in maniera estremamente lenta, forzata, quasi come se seguisse uno scenario predefinito allo scopo di portare alla risoluzione dell'intreccio che, forse, era diventato troppo complicato anche per un genio della sceneggiatura come Urasawa.
Infine, ho trovato non poco confusionaria e sconclusionata la parte conclusiva dell'opera, composta da due volumi denominati "21st Century Boys". Un finale che di azzeccato, purtroppo, ha solo il nome. E sebbene mi sia piaciuta la risoluzione del mistero "finale", non mi è andata troppo giù il modo con cui viene svelato. E, soprattutto, ho trovata assolutamente superfluo (oltre che poco realistico) l'inserimento dell'ultima, grande minaccia da sventare per portare l'umanità nel ventunesimo secolo.
Nel complesso, da me prende un buon 7. Perché non è un capolavoro, ma è comunque un'opera ben al di sopra della media. Un manga che sicuramente può far innamorare gran parte dei lettori, grazie al fantastico cast di personaggi, all'intreccio tessuto da Urasawa, e alla nostalgia che a molti susciterà rituffarsi nell'epoca della fanciullezza attraverso un gruppo di bambini.
il manga...più bello...di sempre. Davvero, io dovrei come minimo fustigarmi per aver vissuto diciasette anni della mia vita senza averlo mai letto, ripigliandomi poi solo dopo al mio diciottesimo compleanno. Questa è un'opera grandiosa! La storia, i personaggi...semplicemente indimenticabili! E il vero significato della parola "amicizia"...se conoscete qualcuno che ancora non sa cosa vuol dire essere amici regalategli questo manga perché gli aprirà gli occhi! Proprio come il dice il titolo (fantastica canzone dei T-rex) questo manga è la vera essenza di tutto ciò che è stato il ventesimo secolo. Anche se i personaggi e la trama sono tutti di fantasia, i valori, gli insegnamenti e il cuore sono tutte quelle vicende che hanno fatto "la storia" di tutta la seconda metà del novecento. E vi posso rassicurare che il tutto è reso in modo sublime! Dalla denuncia al potere totalitario, dall'importanza data a quel peridodo di infanzia che, crescendo, tendiamo a dimenticare, alla forza dei sogni e delle speranza. A quanto tutto può cambiare in pochissimo tempo e che se non stiamo attenti l'inferno può avverarsi persino sulla terra. Questa grande, grandissima, opera d'arte ci insegna quanto sia potente l'animo umano, anche se si cela nel più misero e sottopagato impiegato del giappone e che, chi è disposto a creare l'inferno sulla terra, non è sempre un nemico lontano e sconosciuto, ma addirittura un vecchio amico d'infanzia - che ormai non riusciamo nemmeno più a ricordare.
P.S.
Come direbbero Kenji e i suoi amici in un ricordo da bambini "lotteremo per la salvezza della pace terrestre!"
P.S.
Come direbbero Kenji e i suoi amici in un ricordo da bambini "lotteremo per la salvezza della pace terrestre!"
La presente recensione sarà incentrata sia su 20th Century Boys che su 21st Century Boys, dal momento che costituiscono il medesimo manga diviso in due parti (ventidue volumi il primo, due il secondo) per probabili ragioni editoriali a me ignote. È la prima opera dell'acclamato Naoki Urasawa che abbia letto, e per questo occupa un posto speciale tra i miei manga preferiti.
Il titolo prende spunto dalla famosa canzone 20th Century Boy ("ragazzo del ventunesimo secolo") del gruppo rock anni Settanta dei T-Rex, ed è proprio così che comincia il manga: suddetta canzone viene diffusa attraverso gli altoparlanti della scuola da Kenji, un adolescente aspirante rockettaro. Un inizio atipico che in brevissimo tempo getta il lettore in una spirale continua di sbalzi temporali che si intersecano tra loro e che richiedono una notevole concentrazione. La complessità di questo thriller a metà tra il genere fantascientifico e il complottistico viene però orchestrata magistralmente dall'autore di Monster, il quale ci presenta una pletora di personaggi principali e secondari davvero ampia. Il gruppo di ragazzini, poi uomini, protagonisti della storia è ben delineato e ognuno di loro, che si tratti di Kenji, di Occio o Yoshitsune, ha le sue peculiarità. Tutto ruota attorno alla figura inquietante e misteriosa dell'Amico, un individuo mascherato che ha dato vita a una setta di fedeli, attirati dai suoi strani "miracoli": l'Amico infatti sa piegare i cucchiai col pensiero e addirittura levitare dal suolo. A simboleggiare la setta dell'Amico è una mano col dito indice puntato verso l'alto e circondato da un occhio stilizzato dal sapore vagamente massonico. È proprio questo simbolo, disegnato su un muro, a destare in Kenji, ora cresciuto, una serie di ricordi frammentari inerenti la sua infanzia alla fine degli Anni Sessanta e che poco a poco, lungo tutta la durata del manga, si sovrapporranno ai ricordi dei suoi amici e si dipaneranno fino alla scioccante rivelazione finale. A coincidere con il lento recupero della sua memoria infantile, alcuni fatti drammatici (l'esplosione di un aeroporto e la diffusione di un virus letale, giusto per fare un paio di esempi) costringeranno Kenji e gli altri a fare i conti con il loro passato e con se stessi. Che siano stati loro a "creare" l'Amico? Chi è dunque l'Amico? Perché ha questi poteri sovrannaturali? Per quale motivo la sorella di Kenji è sparita dalla circolazione lasciandogli in affidamento la figlia Kana? Perché anche Kana sembra avere dei poteri particolari? Cosa è successo in quella calda estate dell'infanzia di Kenji?
Il bello di 20th Century Boys, che può essere diviso in due parti piuttosto distinte ma comprimarie, risiede proprio nel trovare risposte a tali domande e gli sbalzi temporali, i flashback e i colpi di scena condiscono il tutto, senza mai annoiare il lettore. La seconda parte del manga potrebbe comunque destare qualche perplessità a livello di intreccio narrativo, ma è evidente che Urasawa avesse progettato tutto dall'inizio e che ogni risvolto di trama sia stato pensato per scopo ben preciso. Il finale di 20th è in realtà un non-finale, poiché la conclusione vera e propria viene raggiunta nei due volumi di 21st: un epilogo che ha destato molte polemiche, ma che secondo me è coerente con quanto narrato dall'autore lungo tutto il manga. Da un punto di vista puramente tecnico, lo stile di Urasawa merita ogni complimento possibile: i personaggi sono ben delineati e raffigurati con volti oltremodo espressivi; le tavole sono impostate ad hoc al fine di creare suspense al momento giusto; e i fondali sono a dir poco dettagliati e ragguardevoli. L'edizione italiana a cura della Planet Manga si attesta su buoni livelli, con tanto di sovraccoperta opaca e a colori. Tuttavia, "vanta" una storia editoriale piuttosto travagliata: allo stato attuale, nonostante siano state effettuate alcune ristampe, i volumi sono difficili da reperire e le nuove ristampe sono troppo discontinue ed esageratamente dilazionate nel tempo. Personalmente ho avuto la fortuna di recuperare l'intera serie in ottime condizioni nel mercato dell'usato, ma è un vero peccato che la Planet non abbia ancora previsto una nuova edizione Deluxe alla stregua di quanto fatto con Monster. Per concludere, consiglio 20th Century Boys agli amanti della fantascienza, dei complotti e di storie ricche di sorprese.
Il titolo prende spunto dalla famosa canzone 20th Century Boy ("ragazzo del ventunesimo secolo") del gruppo rock anni Settanta dei T-Rex, ed è proprio così che comincia il manga: suddetta canzone viene diffusa attraverso gli altoparlanti della scuola da Kenji, un adolescente aspirante rockettaro. Un inizio atipico che in brevissimo tempo getta il lettore in una spirale continua di sbalzi temporali che si intersecano tra loro e che richiedono una notevole concentrazione. La complessità di questo thriller a metà tra il genere fantascientifico e il complottistico viene però orchestrata magistralmente dall'autore di Monster, il quale ci presenta una pletora di personaggi principali e secondari davvero ampia. Il gruppo di ragazzini, poi uomini, protagonisti della storia è ben delineato e ognuno di loro, che si tratti di Kenji, di Occio o Yoshitsune, ha le sue peculiarità. Tutto ruota attorno alla figura inquietante e misteriosa dell'Amico, un individuo mascherato che ha dato vita a una setta di fedeli, attirati dai suoi strani "miracoli": l'Amico infatti sa piegare i cucchiai col pensiero e addirittura levitare dal suolo. A simboleggiare la setta dell'Amico è una mano col dito indice puntato verso l'alto e circondato da un occhio stilizzato dal sapore vagamente massonico. È proprio questo simbolo, disegnato su un muro, a destare in Kenji, ora cresciuto, una serie di ricordi frammentari inerenti la sua infanzia alla fine degli Anni Sessanta e che poco a poco, lungo tutta la durata del manga, si sovrapporranno ai ricordi dei suoi amici e si dipaneranno fino alla scioccante rivelazione finale. A coincidere con il lento recupero della sua memoria infantile, alcuni fatti drammatici (l'esplosione di un aeroporto e la diffusione di un virus letale, giusto per fare un paio di esempi) costringeranno Kenji e gli altri a fare i conti con il loro passato e con se stessi. Che siano stati loro a "creare" l'Amico? Chi è dunque l'Amico? Perché ha questi poteri sovrannaturali? Per quale motivo la sorella di Kenji è sparita dalla circolazione lasciandogli in affidamento la figlia Kana? Perché anche Kana sembra avere dei poteri particolari? Cosa è successo in quella calda estate dell'infanzia di Kenji?
Il bello di 20th Century Boys, che può essere diviso in due parti piuttosto distinte ma comprimarie, risiede proprio nel trovare risposte a tali domande e gli sbalzi temporali, i flashback e i colpi di scena condiscono il tutto, senza mai annoiare il lettore. La seconda parte del manga potrebbe comunque destare qualche perplessità a livello di intreccio narrativo, ma è evidente che Urasawa avesse progettato tutto dall'inizio e che ogni risvolto di trama sia stato pensato per scopo ben preciso. Il finale di 20th è in realtà un non-finale, poiché la conclusione vera e propria viene raggiunta nei due volumi di 21st: un epilogo che ha destato molte polemiche, ma che secondo me è coerente con quanto narrato dall'autore lungo tutto il manga. Da un punto di vista puramente tecnico, lo stile di Urasawa merita ogni complimento possibile: i personaggi sono ben delineati e raffigurati con volti oltremodo espressivi; le tavole sono impostate ad hoc al fine di creare suspense al momento giusto; e i fondali sono a dir poco dettagliati e ragguardevoli. L'edizione italiana a cura della Planet Manga si attesta su buoni livelli, con tanto di sovraccoperta opaca e a colori. Tuttavia, "vanta" una storia editoriale piuttosto travagliata: allo stato attuale, nonostante siano state effettuate alcune ristampe, i volumi sono difficili da reperire e le nuove ristampe sono troppo discontinue ed esageratamente dilazionate nel tempo. Personalmente ho avuto la fortuna di recuperare l'intera serie in ottime condizioni nel mercato dell'usato, ma è un vero peccato che la Planet non abbia ancora previsto una nuova edizione Deluxe alla stregua di quanto fatto con Monster. Per concludere, consiglio 20th Century Boys agli amanti della fantascienza, dei complotti e di storie ricche di sorprese.
Uno dei migliori seinen che abbia mai letto!
Urasawa è davvero bravo... mi ha tenuto inchiodato con Monster ed è nuovamente riuscito nel suo intento con questa serie che si dipana nel corso degli anni con delle idea a tratti avveniristiche ma quasi sempre realistiche.
I protagonisti sono tutti molto ben caratterizzati. L'unico neo è l'assenza della componente audio, visto che la musica ha una certa importanza ad un certo punto e (almeno prima che uscisse il live action) dovevi immaginartela e basta.
Un capolavoro consigliato a tutti!
Urasawa è davvero bravo... mi ha tenuto inchiodato con Monster ed è nuovamente riuscito nel suo intento con questa serie che si dipana nel corso degli anni con delle idea a tratti avveniristiche ma quasi sempre realistiche.
I protagonisti sono tutti molto ben caratterizzati. L'unico neo è l'assenza della componente audio, visto che la musica ha una certa importanza ad un certo punto e (almeno prima che uscisse il live action) dovevi immaginartela e basta.
Un capolavoro consigliato a tutti!
Premessa: sto scrivendo la recensione del mio Seinen preferito, 20Th century boys. Basti pensare che finita la lettura mi sono tatuato il simbolo dell'amico sulla schiena.
Siamo alla fine degli anni '60, un gruppetto di ragazzini gioca costruendosi una base segreta con lo scopo di salvare il Mondo. La storia si sposta in età contemporanea dove Kenji, che era uno di quei ragazzini, gestisce un negozio di alimentari facendo da balia alla sua nipotina visto che sua sorella è scomparsa. Un giorno muore uno dei suoi amici di infanzia e Keiji si ritrova a indagare sulle attività di una setta misteriosa e agghiacciante con a capo un leader chiamato "Amico". Questa setta e questo Amico hanno come simbolo un'immagine che Keiji conosce bene, è infatti l'immagine che usavano loro da piccoli all'interno della loro base segreta.
Questo diciamo è l'inizio di un manga che diventa complesso e articolato dove si mischieranno flashback e cambi temporali a volontà. Il tutto in un alone di mistero geniale e comunque sempre ben comprensibile al lettore. Cioè non è complicato, è semplicemente articolato. I personaggi in sé mi sono piaciuti senza gridare al clamoroso, ognuno ha le proprie caratteristiche e il suo ruolo, questo basta. Ma in questo manga forse a farla più da padrone è proprio la figura dell'antagonista, che io ritengo fredda e paurosa pur essendo visivamente semplice. Questo attrae il lettore. Il lettore vorrebbe togliere quella benedetta maschera e scoprire chi c'è sotto.
20th Century Boys è una costruzione, non c'è nulla di inventato per "portare avanti" la storia, ma tutto è palesemente scritturato già dall'inizio. Si torna indietro nel tempo per scoprire man mano qualcosa di più, si torna avanti per vederne le conseguenze, quando si pensa di aver trovato la soluzione le carte vengono rimescolate e si ricomincia daccapo, praticamente un intreccio perfetto da parte da quello che ormai può considerarsi uno dei migliori mangaka della storia ossia Naoki Urasawa.
Occorre però fare una precisazione. Il manga non finisce con il numero 22 come molti pensano e giudicano. Cambia nome, si chiamerà 21st Century Boys (due volumi) e allora lì si che gli verrà dato un finale. Non sono due storie "separate" è lo stesso manga con due titoli diversi. Questo appunto lo faccio in quanto essendo un manga misterioso/thriller è ovviamente diritto del lettore ottenere delle risposte. Queste risposte non ci sono del tutto al termine di questi 22 volumi ma ci saranno leggendo appunto anche la seconda parte come dicevo sopra.
Il disegno l'ho trovato in linea con quello che ci si poteva aspettare da un manga simile, deve narrare una trama fantasiosa e misteriosa. E' poco più di semplice. Ci sono situazioni cupe dove forse un disegno più audace mi sarebbe piaciuto di più ma credo sia una storia che avrei gradito anche se disegnata da Kurumada per intenderci.
L'edizione pur essendo Planet Manga a me piace, questo era il deluxe del vecchio decennio, le prime sovra coperte, i primi manga "da collezione" come lo erano L'Immortale e Ikigami della stessa casa editrice. Per cui l'ho trovata buona anche visivamente. Nota dolente è il prezzo, 7€, pensando a 22 volumi non è proprio a buon mercato considerato che è un prezzo datato 2002.
Tiro le somme in poche parole. Questo è un capolavoro, imperdibile e che mi sento di consigliare a tutti. Dal primo all'ultimo. Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che ha salvato il Mondo. VOTO 10.
Siamo alla fine degli anni '60, un gruppetto di ragazzini gioca costruendosi una base segreta con lo scopo di salvare il Mondo. La storia si sposta in età contemporanea dove Kenji, che era uno di quei ragazzini, gestisce un negozio di alimentari facendo da balia alla sua nipotina visto che sua sorella è scomparsa. Un giorno muore uno dei suoi amici di infanzia e Keiji si ritrova a indagare sulle attività di una setta misteriosa e agghiacciante con a capo un leader chiamato "Amico". Questa setta e questo Amico hanno come simbolo un'immagine che Keiji conosce bene, è infatti l'immagine che usavano loro da piccoli all'interno della loro base segreta.
Questo diciamo è l'inizio di un manga che diventa complesso e articolato dove si mischieranno flashback e cambi temporali a volontà. Il tutto in un alone di mistero geniale e comunque sempre ben comprensibile al lettore. Cioè non è complicato, è semplicemente articolato. I personaggi in sé mi sono piaciuti senza gridare al clamoroso, ognuno ha le proprie caratteristiche e il suo ruolo, questo basta. Ma in questo manga forse a farla più da padrone è proprio la figura dell'antagonista, che io ritengo fredda e paurosa pur essendo visivamente semplice. Questo attrae il lettore. Il lettore vorrebbe togliere quella benedetta maschera e scoprire chi c'è sotto.
20th Century Boys è una costruzione, non c'è nulla di inventato per "portare avanti" la storia, ma tutto è palesemente scritturato già dall'inizio. Si torna indietro nel tempo per scoprire man mano qualcosa di più, si torna avanti per vederne le conseguenze, quando si pensa di aver trovato la soluzione le carte vengono rimescolate e si ricomincia daccapo, praticamente un intreccio perfetto da parte da quello che ormai può considerarsi uno dei migliori mangaka della storia ossia Naoki Urasawa.
Occorre però fare una precisazione. Il manga non finisce con il numero 22 come molti pensano e giudicano. Cambia nome, si chiamerà 21st Century Boys (due volumi) e allora lì si che gli verrà dato un finale. Non sono due storie "separate" è lo stesso manga con due titoli diversi. Questo appunto lo faccio in quanto essendo un manga misterioso/thriller è ovviamente diritto del lettore ottenere delle risposte. Queste risposte non ci sono del tutto al termine di questi 22 volumi ma ci saranno leggendo appunto anche la seconda parte come dicevo sopra.
Il disegno l'ho trovato in linea con quello che ci si poteva aspettare da un manga simile, deve narrare una trama fantasiosa e misteriosa. E' poco più di semplice. Ci sono situazioni cupe dove forse un disegno più audace mi sarebbe piaciuto di più ma credo sia una storia che avrei gradito anche se disegnata da Kurumada per intenderci.
L'edizione pur essendo Planet Manga a me piace, questo era il deluxe del vecchio decennio, le prime sovra coperte, i primi manga "da collezione" come lo erano L'Immortale e Ikigami della stessa casa editrice. Per cui l'ho trovata buona anche visivamente. Nota dolente è il prezzo, 7€, pensando a 22 volumi non è proprio a buon mercato considerato che è un prezzo datato 2002.
Tiro le somme in poche parole. Questo è un capolavoro, imperdibile e che mi sento di consigliare a tutti. Dal primo all'ultimo. Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che ha salvato il Mondo. VOTO 10.
"Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volte a perseguire il medesimo obbiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie per la sicurezza dell'avvenire"
Queste bellissime parole, estratte dalla Dichiarazione d'indipendenza americana, racchiudono alla perfezione le motivazioni dietro l'agire di personaggi, tematiche e spirito, che Naoki Urasawa ha voluto infondere in "20th Century Boys". Il manga è un denso e complesso thriller fantascientifico, che si dipana nel corso dei 22 numeri, pubblicati da Planet Manga al prezzo di 7 euro l'uno.
Credo sia abbastanza complicato, cercare di riassumere la trama di "20th Century Boys", perché ci si ritrova davanti ad una narrazione mai lineare, che si dipana su ben quattro archi temporali, con continui flashback e accelerazioni temporali. Comunque un accenno alla trama è giusto darla: essa riguarda un gruppo di bambini, capitanati da Kenji, che nel 1969 per gioco mettono per iscritto nel Libro delle profezie una storia dove fantasticano di salvare il mondo da una terribile minaccia. Questo semplice gioco per bambini, si trasformerà in un incubo per i nostri protagonisti, visto che nel 1997 ciò che avevano scritto in quel libro sta diventando realtà, per opera di un tizio a capo di una setta, chiamato l' Amico, il quale sta cercando di realizzare quel gioco, per perseguire i propri fini. Kenji e compagni dovranno riunirsi dopo molti anni, per far luce sui misteri e ricordi, di un passato ormai dimenticato, scoprire la verità che si cela dietro questi nefasti eventi, e salvare il mondo.
Si, raccontata così la storia sembra stupida, e per tal motivo dovreste leggere il manga per farvi un'idea più precisa. Nonostante l'apparente semplicità della trama, Urasawa riuscirà a creare una struttura narrativa tra le più complicate che si possano vedere nel panorama dei manga, poiché la storia oscilla tra i ricordi di un oscuro quanto misterioso passato, che tormenta continuamente il presente. Però non aspettatevi un manga pesante, anzi l'opera vi risulterà facile e scorrevole da seguire, visto che più o meno tutto è incastrato perfettamente.
Anche i personaggi sono gestiti in maniera ottima dal primo all'ultimo, e tutti più o meno saranno dei protagonisti (anche per poche pagine), nel bene o nel male. A molti di loro la vita ha riservato grosse delusioni, con il risultato che i sogni e le aspirazioni infantili, si sono infranti al contatto con la realtà. Però, non hanno mai smesso di lottare, anzi facendosi forza tra loro, tentano di uscire dalla negatività in cui sono confinati, per spiccare il volo verso i loro obbiettivi originari.
Questi elementi si ritrovano un po' in tutti i personaggi, ma quello che li incarna meglio è Kenji, musicista fallito che non vuole crescere e proprio per questo, non si è mai arreso di fronte alla realtà dei fatti, tentando di trovare sempre una via d'uscita. Sceglie di affrontare l'Amico, non solo perché si sente responsabile, ma anche per tentare di riscattare la sua misera vita, insomma un personaggio dai molti lati e sfaccettature. Contrapposto a Kenji c'è l'antagonista, ovvero l'Amico, che a detta di molti è il miglior cattivo nel panorama dei manga. La sua presenza basta per reggere l'opera, il suo fascino, è dato dall'alone di mistero che circonda la sua figura, non si conosce la sua identità e forse a molti suoi seguaci non importa neppure, però è considerato dai suoi adepti come un simbolo a cui aggrapparsi, per avere una speranza. L'Amico non vuole che le persone pensino, perché è lui che vuole pensare per loro, egli offre una salvezza a chiunque si rivolga a lui e in cambio egli le aliena, sfrutta e manipola, facendo a loro un completo lavaggio del cervello, appiattendone la personalità, trasformandole in vuote marionette al suo servizio.
Insomma "20th Century Boys" è un manga monumentale e orchestrato a livello narrativo in modo magistrale dal suo autore, anche se Urasawa avrebbe potuto fare a meno di un paio di volumi che purtroppo fanno calare il ritmo del manga dal volume 16, poi un paio di scelte che non convincono del tutto e un po' di misteri secondari vengono lasciati irrisolti, anche se nonostante questi difetti, è un'opera da leggere a tutti i costi, perché al suo interno troverete molte citazioni e riferimenti sia alla storia mondiale, che agli usi e costumi giapponesi. I disegni di Urasawa sono molto realistici, con sfondi dettagliati e ben realizzati, cosa apprezzabile sono i personaggi, che hanno chiare fattezze nipponiche. Con poche linee l'autore riesce a delineare le espressioni dei personaggi con estrema chiarezza, anche grazie a un accurato uso dell'impostazione della regia delle tavole. Se siete fan dei thriller fantascientifici o di storie come "1984" di Orwell, recuperate immediatamente "20th Century Boys" ed, insieme a quest'ultimo, anche i due volumi di "21th Century Boys", che vi servono perché lì c'è il finale di questa grandiosa opera.
Queste bellissime parole, estratte dalla Dichiarazione d'indipendenza americana, racchiudono alla perfezione le motivazioni dietro l'agire di personaggi, tematiche e spirito, che Naoki Urasawa ha voluto infondere in "20th Century Boys". Il manga è un denso e complesso thriller fantascientifico, che si dipana nel corso dei 22 numeri, pubblicati da Planet Manga al prezzo di 7 euro l'uno.
Credo sia abbastanza complicato, cercare di riassumere la trama di "20th Century Boys", perché ci si ritrova davanti ad una narrazione mai lineare, che si dipana su ben quattro archi temporali, con continui flashback e accelerazioni temporali. Comunque un accenno alla trama è giusto darla: essa riguarda un gruppo di bambini, capitanati da Kenji, che nel 1969 per gioco mettono per iscritto nel Libro delle profezie una storia dove fantasticano di salvare il mondo da una terribile minaccia. Questo semplice gioco per bambini, si trasformerà in un incubo per i nostri protagonisti, visto che nel 1997 ciò che avevano scritto in quel libro sta diventando realtà, per opera di un tizio a capo di una setta, chiamato l' Amico, il quale sta cercando di realizzare quel gioco, per perseguire i propri fini. Kenji e compagni dovranno riunirsi dopo molti anni, per far luce sui misteri e ricordi, di un passato ormai dimenticato, scoprire la verità che si cela dietro questi nefasti eventi, e salvare il mondo.
Si, raccontata così la storia sembra stupida, e per tal motivo dovreste leggere il manga per farvi un'idea più precisa. Nonostante l'apparente semplicità della trama, Urasawa riuscirà a creare una struttura narrativa tra le più complicate che si possano vedere nel panorama dei manga, poiché la storia oscilla tra i ricordi di un oscuro quanto misterioso passato, che tormenta continuamente il presente. Però non aspettatevi un manga pesante, anzi l'opera vi risulterà facile e scorrevole da seguire, visto che più o meno tutto è incastrato perfettamente.
Anche i personaggi sono gestiti in maniera ottima dal primo all'ultimo, e tutti più o meno saranno dei protagonisti (anche per poche pagine), nel bene o nel male. A molti di loro la vita ha riservato grosse delusioni, con il risultato che i sogni e le aspirazioni infantili, si sono infranti al contatto con la realtà. Però, non hanno mai smesso di lottare, anzi facendosi forza tra loro, tentano di uscire dalla negatività in cui sono confinati, per spiccare il volo verso i loro obbiettivi originari.
Questi elementi si ritrovano un po' in tutti i personaggi, ma quello che li incarna meglio è Kenji, musicista fallito che non vuole crescere e proprio per questo, non si è mai arreso di fronte alla realtà dei fatti, tentando di trovare sempre una via d'uscita. Sceglie di affrontare l'Amico, non solo perché si sente responsabile, ma anche per tentare di riscattare la sua misera vita, insomma un personaggio dai molti lati e sfaccettature. Contrapposto a Kenji c'è l'antagonista, ovvero l'Amico, che a detta di molti è il miglior cattivo nel panorama dei manga. La sua presenza basta per reggere l'opera, il suo fascino, è dato dall'alone di mistero che circonda la sua figura, non si conosce la sua identità e forse a molti suoi seguaci non importa neppure, però è considerato dai suoi adepti come un simbolo a cui aggrapparsi, per avere una speranza. L'Amico non vuole che le persone pensino, perché è lui che vuole pensare per loro, egli offre una salvezza a chiunque si rivolga a lui e in cambio egli le aliena, sfrutta e manipola, facendo a loro un completo lavaggio del cervello, appiattendone la personalità, trasformandole in vuote marionette al suo servizio.
Insomma "20th Century Boys" è un manga monumentale e orchestrato a livello narrativo in modo magistrale dal suo autore, anche se Urasawa avrebbe potuto fare a meno di un paio di volumi che purtroppo fanno calare il ritmo del manga dal volume 16, poi un paio di scelte che non convincono del tutto e un po' di misteri secondari vengono lasciati irrisolti, anche se nonostante questi difetti, è un'opera da leggere a tutti i costi, perché al suo interno troverete molte citazioni e riferimenti sia alla storia mondiale, che agli usi e costumi giapponesi. I disegni di Urasawa sono molto realistici, con sfondi dettagliati e ben realizzati, cosa apprezzabile sono i personaggi, che hanno chiare fattezze nipponiche. Con poche linee l'autore riesce a delineare le espressioni dei personaggi con estrema chiarezza, anche grazie a un accurato uso dell'impostazione della regia delle tavole. Se siete fan dei thriller fantascientifici o di storie come "1984" di Orwell, recuperate immediatamente "20th Century Boys" ed, insieme a quest'ultimo, anche i due volumi di "21th Century Boys", che vi servono perché lì c'è il finale di questa grandiosa opera.
Dopo la lettura di "Monster", "Pluto", dell'artbook "Manbeen" e della raccolta "Urasawa: gli esordi" è stata per me la volta di "20th Century Boys" universalmente definito come una delle opere di maggior spessore di Naoki Urasawa.
Esordisco col dire che si tratta di un'opera molto impegnativa: sebbene a tratti persino più leggera di "Monster" il peso dei corposi 22 volumi si fa sentire poiché l'arco narrativo copre gli anni 1969-2016 non necessariamente in ordine cronologico, dunque non proprio una sciocchezza. Consiglio la solita lettura continua dell'opera, pena la perdita di "pezzi" di storia a discapito della piena comprensione della trama già di per se complicata.
Numerosissimi sono i precisi riferimenti (a volte persino ossessivi) sul wrestling e sulla tradizione fumettistica e dell'animazione giapponese che rendono l'ambientazione al massimo della verosimiglianza: viene infatti utilizzato da Urasawa questo efficace metodo di reindirizzamento temporale/culturale come collante della trama. Diviene così meno difficile perdersi nel mezzo secolo di storia descritto nell'opera.
La trama prende curiosamente le mosse proprio dal finale dell'opera, di cui ovviamente non tratterò. Ben più importante è comprendere la base, il sostrato da cui parte Urasawa per dipanare la trama, ovvero le tragicomiche elucubrazioni fantastiche che qualunque bambino ha sognato nella sua infanzia. Centro nevralgico e perno della narrazione sono proprio gli anni d'infanzia di una combriccola di mocciosi tra cui Kenji, Maruo, Occio, Yoshitsune, Donkey, Mon-chan; una masnada di ragazzini che sognava di difendere il mondo dall'attacco dei terroristi e degli alieni ergendosi a paladini del genere umano. Questo eroico imperativo diviene talmente intenso nelle loro menti al punto che il gruppetto di ragazzini mette nero su bianco la loro dorata epopea nel cosiddetto "Libro delle profezie" causando invidia e risentimento nei confronti di chi era tagliato fuori da questo infantile sogno di giustizia.
Quello su cui non avrebbe scommesso nessuno è che in un futuro non troppo lontano la banda di Kenji avrebbe vissuto sulla propria pelle la realizzazione, ad opera di altri, degli eroici e tragici avvenimenti descritti nel libro profetico... Qual'è il peso della irrealizzabile realizzazione dei fantasiosi sogni di gloria di un manipolo di bambini? La possibile distruzione del genere umano, risponderebbe la voce nella mente di Naoki Urasawa.
Ad aver trafugato e conseguentemente ad aver messo in opera le profezie di Kenji, Occio e Yoshitsune è stato l'Amico, colui che ha vissuto l'infanzia a stretto contatto col gruppo di bambini sopraccitati. Figura tanto enigmatica quanto incredibilmente carismatica, l'Amico ha rubato il simbolo di cui si fregiava il gruppo di Kenji per piegarlo ai propri oscuri piani su scala mondiale e persino rivoltarlo contro i suoi stessi ideatori..
Parte così una caccia al colpevole di tale indebita appropriazione che prosegue nella realtà presente allo stesso modo con cui arriva a snodarsi nella comune sfera dei ricordi dei bambini divenuti ormai disillusi (oppure no?) adulti.
Perché l'Amico agisce per come agisce? E quale figura si nasconde dietro la sua bizzarra maschera? E (per quanto possa sembrare retorico ma mai così calzante in questa situazione..) ce la faranno i nostri "veri" eroi a sventare il tremendo e rancoroso piano dell'Amico?
L'abilità di Urasawa è all'apice, magistrale la sua arte nel dipanare molteplici piani di realtà temporale per fornire al lettore, poco alla volta, più di un indizio per arrivare alla stupefacente conclusione del complicato rompicapo. Il piano di ricerca della realtà diviene prospettico, assistiamo a numerosissime immagini ed eventi nelle cui minuzie e bazzecole giace la verità dell'intrigo.
Unica riserva è il gioco perverso di cui Urasawa stesso si invischia. L'opera è infatti così poderosa da scricchiolare in più di un caso a causa delle poche (per fortuna) forzature a cui va incontro la trama. Come ho letto non ricordo dove, è "Urasawa vittima di sé stesso", della sua ossessiva presunzione estetica che lo porta ad elevarsi troppo "oltre", tanto che la fase di discesa della trama (specialmente a due terzi dell'opera) risulta a volte marcatamente forzata. Ma glielo si perdona questo eccessivo esercizio estetico...dopotutto come sempre è quello che c'è in mezzo che è importante, né inizio né fine.
La caratterizzazione dei personaggi è maestosa, come sempre il punto forte di Urasawa: personalità come Kenji, Kana, Occio, Yoshitsune e ovviamente l'Amico sono rifinite alla perfezione, e riescono come sempre a far breccia con le loro parole, le loro azioni, i loro silenzi a far breccia nel cuore e nella mente del lettore che a loro s'affeziona come entità reali. E il perfetto gioco di Urasawa sta proprio nel rendere perfettamente reale ciò che reale non è (ripensate alla trama...)
Ultima nota per i disegni, come sempre puliti, certo non eccezionali ma chiari e precisi; siamo ormai abituati allo stile standard del maestro.
L'opera completa, unita al "21th Century Boys" consta di 24 volumi a 7 euro l'uno, un bell'esborso per una serie praticamente introvabile anche se si vocifera una edizione deluxe a 12.90 che restituirebbe a furor di popolo un capolavoro della tradizione fumettistica giapponese alla pubblica fruizione.
Fossi in voi spererei per una riedizione in doppio tankobon, ve lo consiglia un Amico...
Esordisco col dire che si tratta di un'opera molto impegnativa: sebbene a tratti persino più leggera di "Monster" il peso dei corposi 22 volumi si fa sentire poiché l'arco narrativo copre gli anni 1969-2016 non necessariamente in ordine cronologico, dunque non proprio una sciocchezza. Consiglio la solita lettura continua dell'opera, pena la perdita di "pezzi" di storia a discapito della piena comprensione della trama già di per se complicata.
Numerosissimi sono i precisi riferimenti (a volte persino ossessivi) sul wrestling e sulla tradizione fumettistica e dell'animazione giapponese che rendono l'ambientazione al massimo della verosimiglianza: viene infatti utilizzato da Urasawa questo efficace metodo di reindirizzamento temporale/culturale come collante della trama. Diviene così meno difficile perdersi nel mezzo secolo di storia descritto nell'opera.
La trama prende curiosamente le mosse proprio dal finale dell'opera, di cui ovviamente non tratterò. Ben più importante è comprendere la base, il sostrato da cui parte Urasawa per dipanare la trama, ovvero le tragicomiche elucubrazioni fantastiche che qualunque bambino ha sognato nella sua infanzia. Centro nevralgico e perno della narrazione sono proprio gli anni d'infanzia di una combriccola di mocciosi tra cui Kenji, Maruo, Occio, Yoshitsune, Donkey, Mon-chan; una masnada di ragazzini che sognava di difendere il mondo dall'attacco dei terroristi e degli alieni ergendosi a paladini del genere umano. Questo eroico imperativo diviene talmente intenso nelle loro menti al punto che il gruppetto di ragazzini mette nero su bianco la loro dorata epopea nel cosiddetto "Libro delle profezie" causando invidia e risentimento nei confronti di chi era tagliato fuori da questo infantile sogno di giustizia.
Quello su cui non avrebbe scommesso nessuno è che in un futuro non troppo lontano la banda di Kenji avrebbe vissuto sulla propria pelle la realizzazione, ad opera di altri, degli eroici e tragici avvenimenti descritti nel libro profetico... Qual'è il peso della irrealizzabile realizzazione dei fantasiosi sogni di gloria di un manipolo di bambini? La possibile distruzione del genere umano, risponderebbe la voce nella mente di Naoki Urasawa.
Ad aver trafugato e conseguentemente ad aver messo in opera le profezie di Kenji, Occio e Yoshitsune è stato l'Amico, colui che ha vissuto l'infanzia a stretto contatto col gruppo di bambini sopraccitati. Figura tanto enigmatica quanto incredibilmente carismatica, l'Amico ha rubato il simbolo di cui si fregiava il gruppo di Kenji per piegarlo ai propri oscuri piani su scala mondiale e persino rivoltarlo contro i suoi stessi ideatori..
Parte così una caccia al colpevole di tale indebita appropriazione che prosegue nella realtà presente allo stesso modo con cui arriva a snodarsi nella comune sfera dei ricordi dei bambini divenuti ormai disillusi (oppure no?) adulti.
Perché l'Amico agisce per come agisce? E quale figura si nasconde dietro la sua bizzarra maschera? E (per quanto possa sembrare retorico ma mai così calzante in questa situazione..) ce la faranno i nostri "veri" eroi a sventare il tremendo e rancoroso piano dell'Amico?
L'abilità di Urasawa è all'apice, magistrale la sua arte nel dipanare molteplici piani di realtà temporale per fornire al lettore, poco alla volta, più di un indizio per arrivare alla stupefacente conclusione del complicato rompicapo. Il piano di ricerca della realtà diviene prospettico, assistiamo a numerosissime immagini ed eventi nelle cui minuzie e bazzecole giace la verità dell'intrigo.
Unica riserva è il gioco perverso di cui Urasawa stesso si invischia. L'opera è infatti così poderosa da scricchiolare in più di un caso a causa delle poche (per fortuna) forzature a cui va incontro la trama. Come ho letto non ricordo dove, è "Urasawa vittima di sé stesso", della sua ossessiva presunzione estetica che lo porta ad elevarsi troppo "oltre", tanto che la fase di discesa della trama (specialmente a due terzi dell'opera) risulta a volte marcatamente forzata. Ma glielo si perdona questo eccessivo esercizio estetico...dopotutto come sempre è quello che c'è in mezzo che è importante, né inizio né fine.
La caratterizzazione dei personaggi è maestosa, come sempre il punto forte di Urasawa: personalità come Kenji, Kana, Occio, Yoshitsune e ovviamente l'Amico sono rifinite alla perfezione, e riescono come sempre a far breccia con le loro parole, le loro azioni, i loro silenzi a far breccia nel cuore e nella mente del lettore che a loro s'affeziona come entità reali. E il perfetto gioco di Urasawa sta proprio nel rendere perfettamente reale ciò che reale non è (ripensate alla trama...)
Ultima nota per i disegni, come sempre puliti, certo non eccezionali ma chiari e precisi; siamo ormai abituati allo stile standard del maestro.
L'opera completa, unita al "21th Century Boys" consta di 24 volumi a 7 euro l'uno, un bell'esborso per una serie praticamente introvabile anche se si vocifera una edizione deluxe a 12.90 che restituirebbe a furor di popolo un capolavoro della tradizione fumettistica giapponese alla pubblica fruizione.
Fossi in voi spererei per una riedizione in doppio tankobon, ve lo consiglia un Amico...
Che dire... Dopo aver letto "Monster" pensavo di non poter più recensire un manga di quel livello. Mi sbagliavo!
Lo confesso: quella di intraprendere il lungo viaggio nella lettura di 20th Century Boys (si tratta di 24 albi - inclusi i due di 21st Century Boys che non li si può considerare a parte -) non è stata tanto una decisione dettata dal mero interesse o dalla semplice curiosità per la trama dell'opera, quanto una vera e propria necessità, dettata - totalmente ed inconsciamente - dal fascino e dall'ammirazione che Urasawa non può non suscitare in chi legge i suoi capolavori. Tuttavia, nonostante questa premessa, il presentimento e la paura che il sensei non riuscisse a replicare le vette toccate con superba maestria in Monster c'era. Ma, ovviamente, noi siamo semplici lettori, ed è per questo che non riusciamo neppure con l'immaginazione a concepire l'idea che si possano partorire opere di una tale bellezza e perfezione. Ma lui è Urasawa. E ce l'ha fatta.
Non sto qui ad elogiare (nuovamente) il valore e lo splendore dei disegni né la profondità di tutti - e dico tutti - i personaggi, perché gli estimatori del maestro le conoscono già. Vorrei spendere, invece, qualche parola per l'intreccio della storia. La trama non si svolge su un unico piano temporale, ma viene sviscerata attraverso continui salti temporali e con il sapiente uso dei flashback, che servono di volta in volta a spiegare i misteri rimasti in precedenza irrisolti. E' una trama complessa, in cui ogni personaggio, positivo o negativo, gioca un ruolo fondamentale e mai banale. Quello che, personalmente, mi ha coinvolto più di tutto è la grande umanità di questo gruppo di amici che, uniti sin dall'infanzia, si ritrovano da grandi a dover fronteggiare le loro fantasie fanciullesche divenute realtà. Alla crescita anagrafica dei protagonisti (la storia inizia quando loro sono ancora dei ragazzini spensierati), si accompagna la loro crescita interiore da adulti. Sono persone in continua evoluzione che, grazie a valori quali l'amicizia, il coraggio, l'amore e la speranza, riescono a superare i propri limiti e le proprie paure, per un obiettivo superiore, ovvero salvare il mondo, ma in fondo anche loro stessi.
Attraverso personaggi di pura fantasia, il maestro Urasawa ci ricorda come, senza quei valori, anche nel mondo reale regnerebbero il caos e la malvagità.
Un ultimo cenno ai disegni di Kana da bambina. Una meraviglia!
Infine consiglio di ascoltare la canzone di Kenji: "Bob Lennon".
Un manga da leggere e rileggere più volte, e che personalmente ritengo superiore a Monster per la complessità dei temi trattati (quindi non solo gli abissi della mente umana) e per la geniale ricomposizione del puzzle che viene via via formandosi col proseguire della storia. Superbo!
Lo confesso: quella di intraprendere il lungo viaggio nella lettura di 20th Century Boys (si tratta di 24 albi - inclusi i due di 21st Century Boys che non li si può considerare a parte -) non è stata tanto una decisione dettata dal mero interesse o dalla semplice curiosità per la trama dell'opera, quanto una vera e propria necessità, dettata - totalmente ed inconsciamente - dal fascino e dall'ammirazione che Urasawa non può non suscitare in chi legge i suoi capolavori. Tuttavia, nonostante questa premessa, il presentimento e la paura che il sensei non riuscisse a replicare le vette toccate con superba maestria in Monster c'era. Ma, ovviamente, noi siamo semplici lettori, ed è per questo che non riusciamo neppure con l'immaginazione a concepire l'idea che si possano partorire opere di una tale bellezza e perfezione. Ma lui è Urasawa. E ce l'ha fatta.
Non sto qui ad elogiare (nuovamente) il valore e lo splendore dei disegni né la profondità di tutti - e dico tutti - i personaggi, perché gli estimatori del maestro le conoscono già. Vorrei spendere, invece, qualche parola per l'intreccio della storia. La trama non si svolge su un unico piano temporale, ma viene sviscerata attraverso continui salti temporali e con il sapiente uso dei flashback, che servono di volta in volta a spiegare i misteri rimasti in precedenza irrisolti. E' una trama complessa, in cui ogni personaggio, positivo o negativo, gioca un ruolo fondamentale e mai banale. Quello che, personalmente, mi ha coinvolto più di tutto è la grande umanità di questo gruppo di amici che, uniti sin dall'infanzia, si ritrovano da grandi a dover fronteggiare le loro fantasie fanciullesche divenute realtà. Alla crescita anagrafica dei protagonisti (la storia inizia quando loro sono ancora dei ragazzini spensierati), si accompagna la loro crescita interiore da adulti. Sono persone in continua evoluzione che, grazie a valori quali l'amicizia, il coraggio, l'amore e la speranza, riescono a superare i propri limiti e le proprie paure, per un obiettivo superiore, ovvero salvare il mondo, ma in fondo anche loro stessi.
Attraverso personaggi di pura fantasia, il maestro Urasawa ci ricorda come, senza quei valori, anche nel mondo reale regnerebbero il caos e la malvagità.
Un ultimo cenno ai disegni di Kana da bambina. Una meraviglia!
Infine consiglio di ascoltare la canzone di Kenji: "Bob Lennon".
Un manga da leggere e rileggere più volte, e che personalmente ritengo superiore a Monster per la complessità dei temi trattati (quindi non solo gli abissi della mente umana) e per la geniale ricomposizione del puzzle che viene via via formandosi col proseguire della storia. Superbo!
Un gruppo di ragazzini cresciuti nella disillusione, una setta misteriosa capitanata da un carismatico leader, un'incombente minaccia apocalittica. Con questi pochi elementi Naoki Urasawa imbastisce una delle epopee più avvincenti della storia del manga moderno: fin dalle prime battute è infatti impossibile non rimanere totalmente incollati alle pagine, grazie all'impostazione quasi cinematografica della narrazione (tutta giocata sui flashback relativi al passato dei protagonisti e agli indizi che questi raccolgono sui fatti che li vedono coinvolti in qualche modo nel presente) e alla caratterizzazione dei personaggi, pressoché sublime: ogni comprimario viene tratteggiato con rara profondità e sensibilità, grazie anche ai flashback di cui sopra.
Ma nonostante l'assetto fantascientifico quello di Urasawa è anche, in fondo, un sincero e malinconico inno all'infanzia, ai sogni e alle speranze di ognuno, un lucidissimo affresco corale nel quale - per mille ragioni diverse - tutti quanti i lettori possono in qualche modo rivedere sé stessi e i vari aspetti della propria crescita personale. Purtroppo il ritmo cala vertiginosamente nella seconda parte (dal 15esimo volume, a spanne), forse un po' stiracchiata e decisamente non intensa come la prima, e l'accumulo di domande che l'autore pone in principio non sempre trova concreta risposta nel proseguo della vicenda. Ma non si può davvero pretendere di più da quello che risulta come un vero e proprio saggio sul racconto per immagini. Probabilmente uno dei manga più completi mai realizzati.
Ma nonostante l'assetto fantascientifico quello di Urasawa è anche, in fondo, un sincero e malinconico inno all'infanzia, ai sogni e alle speranze di ognuno, un lucidissimo affresco corale nel quale - per mille ragioni diverse - tutti quanti i lettori possono in qualche modo rivedere sé stessi e i vari aspetti della propria crescita personale. Purtroppo il ritmo cala vertiginosamente nella seconda parte (dal 15esimo volume, a spanne), forse un po' stiracchiata e decisamente non intensa come la prima, e l'accumulo di domande che l'autore pone in principio non sempre trova concreta risposta nel proseguo della vicenda. Ma non si può davvero pretendere di più da quello che risulta come un vero e proprio saggio sul racconto per immagini. Probabilmente uno dei manga più completi mai realizzati.
20th Century Boys è uno di quei manga che quando te lo trovi davanti non puoi far altro che alzarti in piedi e applaudire finché hai forza nelle braccia.
La storia più bella che ho mai letto in un manga, un livello di pianificazione semplicemente perfetto ed inarrivabile rispetto alle altre opere in circolazione.
La storia è talmente bella e complessa che neanche spreco ulteriori parole per descriverla perché sicuramente non riuscirei ad esprimere a pieno le qualità di questo manga, praticamente perfetto sotto tutti i punti di vista a mio parere.
L'unica pecca di questo manga, se proprio ne vogliamo trovare una, è lo stile di disegno: buono ma non eccellente, all'inizio non mi piaceva ma piano piano ci si fa l'occhio.
Questo manga non è consigliato, è obbligatorio!
La storia più bella che ho mai letto in un manga, un livello di pianificazione semplicemente perfetto ed inarrivabile rispetto alle altre opere in circolazione.
La storia è talmente bella e complessa che neanche spreco ulteriori parole per descriverla perché sicuramente non riuscirei ad esprimere a pieno le qualità di questo manga, praticamente perfetto sotto tutti i punti di vista a mio parere.
L'unica pecca di questo manga, se proprio ne vogliamo trovare una, è lo stile di disegno: buono ma non eccellente, all'inizio non mi piaceva ma piano piano ci si fa l'occhio.
Questo manga non è consigliato, è obbligatorio!
Un manga rilassante pieno di emozioni, ti fa amare i protagonisti e temere per quello che potrebbe loro succedere. Complessivamente bello, però Naoki (l'autore) dopo 24 volumi si stufa e non riesce a disegnare e scrivere con la grinta che aveva prima, e questo all'occhio del lettore è ben visibile. La cosa che più mi ha incuriosito è stato il cambiamento del nome in 21 Century Boys per i due volumi finali, perché non c'è stato un cambiamento radicale come pensavo, ma sono stati soltanto 20th Century Boys 23 e 24. Probabilmente l'autore avrebbe voluto continuare un po di più ma allo stesso tempo finirlo per la lunghezza dell'opera, cosi ha scelto la seconda opzione rovinando (per me) l'intera opera.
Io gli do un otto, e se non fosse stata per la svogliatezza dell'autore (che secondo me si vede in molti punti del manga) gli avrei dato un dieci pieno; si merita un otto e non un sette solamente perché ho davvero "amato" il personaggio di Kenji per come costruito psicologicamente e caratterialmente. Consiglio comunque a tutti di comprare quest'opera, o almeno a tutti i fan del maestro Urasawa, ma avverto che a qualcuno non potrebbe piacere, cogliere il significato di quest'opera è davvero difficile.
Io gli do un otto, e se non fosse stata per la svogliatezza dell'autore (che secondo me si vede in molti punti del manga) gli avrei dato un dieci pieno; si merita un otto e non un sette solamente perché ho davvero "amato" il personaggio di Kenji per come costruito psicologicamente e caratterialmente. Consiglio comunque a tutti di comprare quest'opera, o almeno a tutti i fan del maestro Urasawa, ma avverto che a qualcuno non potrebbe piacere, cogliere il significato di quest'opera è davvero difficile.
Possono le fantasie di un gruppo di bambini determinare gli eventi catastrofici del 21esimo secolo? Può un gruppo di amici riunirsi sotto un vecchio simbolo per salvare il mondo da una dittatura? Può un musicista fallito ridare speranza alle persone? Ovviamente non posso rispondervi, ma leggendo questa bellissima opera di Urasawa conoscerete la risposta a tutte queste domande. Un manga avvincente che, attraverso 40 anni di avvenimenti e flashback, racconta la disutopia di un Giappone che come tante altre nazioni cullava sogni di grandezza e prosperità negli anni '60-'70, ma che deve poi fare i conti con la crisi sociale degli anni '90 e la falsa speranza rappresentata dall'Amico. La storia non sarà chiara fin da subito, anzi, mano a mano che la leggerete diventerà sempre più intricata e verso i numeri finali vedrete ricomporsi davanti ai vostri occhi la storia in maniera più nitida; proprio come i vostri ricordi di bambini che una volta adulti sono un po' confusi e hanno bisogno di essere risvegliati pian piano per ritornare alla loro completa integrità. Oltre alla bellezza della storia, quest'opera è caratterizzata anche da un tratto grafico pulito e realistico e la psicologia dei personaggi diventerà qualcosa di imprescindibile dall'evoluzione dell'opera. Consigliato a tutte quelle persone che vogliono immergersi in una storia avventurosa ma reale e divenire parte della stessa. Suspance garantita dal primo all'ultimo numero (che in realtà sarebbe il numero 2 di 21st Century Boys).
Un genio del manga! Urasawa con le sue opere è uno dei più grandi mangaka in circolazione, le sue opere vanno comprate ad occhi chiusi perchè ognuna è un capolavoro!
20th Century Boys è un manga straordinario, per sceneggiatura, disegno, suspense, mistero; una volta letto il primo volume poi non si può vivere senza conoscere il finale di questa magnifica opera!
Racconta la storia di alcuni ragazzi che s'incontrano dopo tanti anni per una rimpatriata, alcuni non ricordano quasi più niente della loro infanzia, poi piano piano si ritroveranno a ricostruire la loro infanzia insieme per salvare il mondo. Consigliatissimo, deve essere letto e riletto tante volte, merita veramente di far parte dei capolavori di sempre!
20th Century Boys è un manga straordinario, per sceneggiatura, disegno, suspense, mistero; una volta letto il primo volume poi non si può vivere senza conoscere il finale di questa magnifica opera!
Racconta la storia di alcuni ragazzi che s'incontrano dopo tanti anni per una rimpatriata, alcuni non ricordano quasi più niente della loro infanzia, poi piano piano si ritroveranno a ricostruire la loro infanzia insieme per salvare il mondo. Consigliatissimo, deve essere letto e riletto tante volte, merita veramente di far parte dei capolavori di sempre!
Un capolavoro manga.
Questo fumetto spicca in tutta la produzione giapponese sul piano della sceneggiatura, e se la può tranquillamente giocare con i grandi fumetti dell'occidente.
Un manga complesso, difficile da seguire, e il cui finale è uno dei più controversi.
E' ricco di colpi di scena, in soli 24 volumi riesce a tirare fuori delle svolte in cui nessun altro manga è mai riuscito prima, e direi che Urasawa è il maestro dei colpi di scena, nessuno riesce a spiazzare così terribilmente il lettore, non è mai prevedibile o banale.
Lo sotryboard di Urasawa è quello che preferisco di più al mondo, lo reputo il mio sensei perchè nessun altro fumetto riesce a valorizzare così tanto il volto umano, e per questo mi trovo molto abbagliato da quest'autore.
I tempi sono paurosi: riesce ad amalgamare la solidità e la narrativa dei fumetti alle tempistiche dello story-board del manga senza mai rendere pesanti i testi.
Questa non è che la punta di diamante tra le varie opere di Urasawa: in Italia è conosciuto solo per 20th Century Boys, Monster e Pluto, ma egli ha fatto altri fumetti, anche se nessuno degli altri è all'altezza di questi 3, e 20th Century Boys è indubbiamente il suo migliore.
I tempi della trama non sono affatto lineari, si evolve su tempi differenti, usa sapientemente i flash-back e riesce a svelare così, poco a poco, i tasselli del suo mosaico.
Appena lo si inizia a leggere si viene rapiti immediatamente dalla travolgente mole di misteri che Urasawa pone... un simbolo, un gruppo di ragazzini... il lettore non può fare a meno di divorare un volume dopo l'altro per scoprire cosa succede poi.
Seppur ci sia grandissimo spazio per il mistero e la sceneggiatura, non manca l'azione, con scene da apocalisse. La trama non è molto realistica, vero, e molti fili narrativi non arrivano alla conclusione ma rimangono in sospeso, ma la mole che riesce a smuovere in soli 24 volumi giustifica tutto.
Il finale poi non è piaciuto molto ad alcune persone che magari si aspettavano la pappa pronta con rivelazioni semplici da shonen (tipo i "misteri" di Naruto o One Piece tanto per citare i più famosi) forse ci si aspettava un:<i> "l' amico è ... "</i>. Be' io dico che è il migliore che poteva esserci, perchè è così complesso che il lettore deve rifletterci, e quando giunge da solo alla conclusione, è spinto a rileggerlo per capire che in realtà la soluzione era sempre stata a porta del lettore, Urasawa ha lasciato vari indizi che solo alla fine, con un attenta riflessione, si colgono.
Un manga tra l' altro che racchiude la storia della seconda metà del secolo scorso: l'allunaggio, Uri Geller e così via. Tantissime citazioni e tantissime ambientazioni differenti: Germania, Giappone, Roma, USA ecc...
Un manga che va letto, dove si tocca narrativamente parlando il punto più alto delle produzioni nipponiche.
I disegni poi sono fantastici, lo stile è originale e pulito, gli sfondi sembrano fotografie ritoccate con photoshop per farle diventare retinate, invece sono tutto opera degli assistenti di Urasawa che fanno tutto manualmente.
Questo fumetto spicca in tutta la produzione giapponese sul piano della sceneggiatura, e se la può tranquillamente giocare con i grandi fumetti dell'occidente.
Un manga complesso, difficile da seguire, e il cui finale è uno dei più controversi.
E' ricco di colpi di scena, in soli 24 volumi riesce a tirare fuori delle svolte in cui nessun altro manga è mai riuscito prima, e direi che Urasawa è il maestro dei colpi di scena, nessuno riesce a spiazzare così terribilmente il lettore, non è mai prevedibile o banale.
Lo sotryboard di Urasawa è quello che preferisco di più al mondo, lo reputo il mio sensei perchè nessun altro fumetto riesce a valorizzare così tanto il volto umano, e per questo mi trovo molto abbagliato da quest'autore.
I tempi sono paurosi: riesce ad amalgamare la solidità e la narrativa dei fumetti alle tempistiche dello story-board del manga senza mai rendere pesanti i testi.
Questa non è che la punta di diamante tra le varie opere di Urasawa: in Italia è conosciuto solo per 20th Century Boys, Monster e Pluto, ma egli ha fatto altri fumetti, anche se nessuno degli altri è all'altezza di questi 3, e 20th Century Boys è indubbiamente il suo migliore.
I tempi della trama non sono affatto lineari, si evolve su tempi differenti, usa sapientemente i flash-back e riesce a svelare così, poco a poco, i tasselli del suo mosaico.
Appena lo si inizia a leggere si viene rapiti immediatamente dalla travolgente mole di misteri che Urasawa pone... un simbolo, un gruppo di ragazzini... il lettore non può fare a meno di divorare un volume dopo l'altro per scoprire cosa succede poi.
Seppur ci sia grandissimo spazio per il mistero e la sceneggiatura, non manca l'azione, con scene da apocalisse. La trama non è molto realistica, vero, e molti fili narrativi non arrivano alla conclusione ma rimangono in sospeso, ma la mole che riesce a smuovere in soli 24 volumi giustifica tutto.
Il finale poi non è piaciuto molto ad alcune persone che magari si aspettavano la pappa pronta con rivelazioni semplici da shonen (tipo i "misteri" di Naruto o One Piece tanto per citare i più famosi) forse ci si aspettava un:<i> "l' amico è ... "</i>. Be' io dico che è il migliore che poteva esserci, perchè è così complesso che il lettore deve rifletterci, e quando giunge da solo alla conclusione, è spinto a rileggerlo per capire che in realtà la soluzione era sempre stata a porta del lettore, Urasawa ha lasciato vari indizi che solo alla fine, con un attenta riflessione, si colgono.
Un manga tra l' altro che racchiude la storia della seconda metà del secolo scorso: l'allunaggio, Uri Geller e così via. Tantissime citazioni e tantissime ambientazioni differenti: Germania, Giappone, Roma, USA ecc...
Un manga che va letto, dove si tocca narrativamente parlando il punto più alto delle produzioni nipponiche.
I disegni poi sono fantastici, lo stile è originale e pulito, gli sfondi sembrano fotografie ritoccate con photoshop per farle diventare retinate, invece sono tutto opera degli assistenti di Urasawa che fanno tutto manualmente.
Siamo difronte all'ennesimo capolavoro firmato Naoki Urasawa, dopo il meraviglioso Monster ecco che si erge dall'arte dei manga "20th Century Boys". Stravolgente, dinamico, appassionante e chi ne ha più ne metta... Credo che la migliore recensione su questo sito sia quella dell'utente Chibi che è "riuscito/a" ad illustrare in maniera perfetta l'arte che si cela dietro l'opera di Urasawa descrivendone il monumentale valore. Io vengo qui più che altro per fare una sorta di commento e per complimentarmi con Naoki, il quale dopo avermi fatto rimanere a bocca aperta con "Moster" si è ripetuto con "20th Century Boys". Il mio voto è 10 senza troppi fronzoli!
Naoki Urasawa stupisce ancora una volta dopo la sua precedente opera, Monster. In 20th Century Boys si possono individuare quelle che in ambito shonen vengono definite saghe. Se la prima saga risulta essere appassionante con una delle trame migliori di tutto il fumetto internazionale, stessa cosa non si può invece dire della seconda e conclusiva saga. Essa infatti, sebbene gradevole, risulta essere una forzatura che poteva benissimo essere evitata considerando anche la ridicola appendice al finale con il nome di 21st Century Boys.
Disegni di Urasawa come al solito ottimi ed espressivi. Peccato per l'occasione sfumata per far entrare 20th Century Boys nell'olimpo dei manga.
Disegni di Urasawa come al solito ottimi ed espressivi. Peccato per l'occasione sfumata per far entrare 20th Century Boys nell'olimpo dei manga.
<i>"Friends say it's fine, friends say it's good
Evrybody says it's just like rock'n'roll
I move like a cat, charge like a ram
Sting like a bee, babe I wanna be your man
Well it's plain to see you were meant for me, yeah
I'm your boy, your 20th century toy.
20th century toy, I wanna be your boy
20th century toy, I wanna be your boy
20th century toy, I wanna be your boy
20th century toy, I wanna be your boy"</i>
Leggete bene queste parole perché è così che nasce il capolavoro: con una canzone dei “T.Rex”, gruppo glam rock degli anni settanta; è così che nasce un manga di cui difficilmente scorderò; è con questa forza che si apriranno a voi le prime pagine di 20th Century Boys, uno dei più bei manga esistenti.
Di solito nelle recensioni si tende a scrivere un rapido e sintetico riassunto della trama, vorrete perdonarmi se trascurerò tale azione, visto che in questo caso sarebbe un’inutile e feroce perdita di tempo: se vi è qualcosa di malvagio e disumano al mondo è proprio rovinare una storia tanto delicata e perfetta con una grossolana e malfatta sintesi. Passiamo direttamente al seguito:
Oggettivamente, 20th Century Boys, è un’opera complessa e densa, che si snoda su più livelli narrativi; un’opera che commuove e affascina, che bilancia momenti di forte tensione con momenti di tranquillità, che riesce a catturare l’attenzione del lettore e accompagnarlo in un tornado di fortissime emozioni, senza sfiorare mai l’eccessivo e il violento.
Urasawa, scegliendo l’uso d’una narrazione circolare, dà prova di superbia bravura: ad animare ogni singola pagina non vi sono carismatici eroi o mostruosi antieroi ma solamente gente “normale”; gente di tutti i giorni, dai bambini ai vecchietti, che si ritrova, senza preavviso, partecipe e protagonista della vignetta.
E questo prendendo anche linee temporali diverse: l’ombra del passato oscura continuamente il presente, se in altri manga il percorso di maturazione interiore dei personaggi si sviluppa nel corso della lettura, qui sono già belli che adulti, pronti ad affrontare il mondo con le loro paure e le loro incertezze, sarà l’autore ad illuminarci sulle cause di queste ricorrendo a nostalgici e meravigliosi flashback.
Il tratto è realistico, pulito, dettagliato, leggero ma nello stesso tempo di fortissimo impatto. Gli occhi, disegnati con poche, semplici, linee sono come reali: ad un primo sguardo esprimono molto del carattere della figura a cui sono collegati (Yoshitsune un esempio su tutti, o anche Occio) e funzionano da guida emotiva: ciò che le parole non potrebbero descrivere viene raccontato mediante il disegno.
Le suddivisioni delle pagine in vignette sono sempre ordinate e chiare: le figure non escono mai dai confini, permettendo al lettore una lettura facile da seguire e rilassante.
L’edizione della Panini non giustifica il prezzo elevato (7€): carta giallognola e trasparente (con la seconda ristampa dei primi numeri migliora esiguamente). é però presente una sovracopertina e la rilegatura è buona (permette un’ampia apertura del volume).
Sicuramente la lettura anche solo dei primi numeri, con i T.Rex alle orecchie, va consigliata; tenendo conto che la qualità della trama non cede gradualmente ma, anzi, tende a migliorare e a interessare sempre più il lettore, sarà difficile stancarsi e fermarlo a metà.
Se non sarete soddisfatti del finale della saga (col 22° numero), siate pronti a ricredervi: 21st Century Boys sarà pronto a lasciarvi a bocca aperta e con quel senso di nostalgia e amarezza che sempre accompagna la fine di un’opera tanto grande.
Evrybody says it's just like rock'n'roll
I move like a cat, charge like a ram
Sting like a bee, babe I wanna be your man
Well it's plain to see you were meant for me, yeah
I'm your boy, your 20th century toy.
20th century toy, I wanna be your boy
20th century toy, I wanna be your boy
20th century toy, I wanna be your boy
20th century toy, I wanna be your boy"</i>
Leggete bene queste parole perché è così che nasce il capolavoro: con una canzone dei “T.Rex”, gruppo glam rock degli anni settanta; è così che nasce un manga di cui difficilmente scorderò; è con questa forza che si apriranno a voi le prime pagine di 20th Century Boys, uno dei più bei manga esistenti.
Di solito nelle recensioni si tende a scrivere un rapido e sintetico riassunto della trama, vorrete perdonarmi se trascurerò tale azione, visto che in questo caso sarebbe un’inutile e feroce perdita di tempo: se vi è qualcosa di malvagio e disumano al mondo è proprio rovinare una storia tanto delicata e perfetta con una grossolana e malfatta sintesi. Passiamo direttamente al seguito:
Oggettivamente, 20th Century Boys, è un’opera complessa e densa, che si snoda su più livelli narrativi; un’opera che commuove e affascina, che bilancia momenti di forte tensione con momenti di tranquillità, che riesce a catturare l’attenzione del lettore e accompagnarlo in un tornado di fortissime emozioni, senza sfiorare mai l’eccessivo e il violento.
Urasawa, scegliendo l’uso d’una narrazione circolare, dà prova di superbia bravura: ad animare ogni singola pagina non vi sono carismatici eroi o mostruosi antieroi ma solamente gente “normale”; gente di tutti i giorni, dai bambini ai vecchietti, che si ritrova, senza preavviso, partecipe e protagonista della vignetta.
E questo prendendo anche linee temporali diverse: l’ombra del passato oscura continuamente il presente, se in altri manga il percorso di maturazione interiore dei personaggi si sviluppa nel corso della lettura, qui sono già belli che adulti, pronti ad affrontare il mondo con le loro paure e le loro incertezze, sarà l’autore ad illuminarci sulle cause di queste ricorrendo a nostalgici e meravigliosi flashback.
Il tratto è realistico, pulito, dettagliato, leggero ma nello stesso tempo di fortissimo impatto. Gli occhi, disegnati con poche, semplici, linee sono come reali: ad un primo sguardo esprimono molto del carattere della figura a cui sono collegati (Yoshitsune un esempio su tutti, o anche Occio) e funzionano da guida emotiva: ciò che le parole non potrebbero descrivere viene raccontato mediante il disegno.
Le suddivisioni delle pagine in vignette sono sempre ordinate e chiare: le figure non escono mai dai confini, permettendo al lettore una lettura facile da seguire e rilassante.
L’edizione della Panini non giustifica il prezzo elevato (7€): carta giallognola e trasparente (con la seconda ristampa dei primi numeri migliora esiguamente). é però presente una sovracopertina e la rilegatura è buona (permette un’ampia apertura del volume).
Sicuramente la lettura anche solo dei primi numeri, con i T.Rex alle orecchie, va consigliata; tenendo conto che la qualità della trama non cede gradualmente ma, anzi, tende a migliorare e a interessare sempre più il lettore, sarà difficile stancarsi e fermarlo a metà.
Se non sarete soddisfatti del finale della saga (col 22° numero), siate pronti a ricredervi: 21st Century Boys sarà pronto a lasciarvi a bocca aperta e con quel senso di nostalgia e amarezza che sempre accompagna la fine di un’opera tanto grande.
Cronaca di un capolavoro mancato: 20th Century Boys poteva diventare un pilastro del fumetto del Sol Levante, invece finisce per essere un manga nella media.
Il principale difetto di questo manga è che non mantiene le promesse degli esordi.
Infatti, almeno fino al decimo volume la trama dall'atmosfera misteriosa è ben strutturata, i colpi di scena si susseguono, il lettore è letteralmente incatenato alla vicenda e la narrazione ha un ritmo sostenuto: tuttavia la seconda parte del fumetto appare più sconclusionata, disorganica, i molti intrighi dei primi volumi vengono risolti in modo insoddisfacente, lasciando il lettore con l'amaro in bocca.
Anche lo stile narrativo, pieno di flashback, se da un lato permette al lettore di approfondire l'anailsi dei personaggi e delle situazioni, dall'altro finisce per appesantire il ritmo della narrazione.
Interessante la resa grafica, con disegni puliti dai contorni netti, che rendono gradevole la lettura, impostando nello stesso tempo, uno stile personale.
Il principale difetto di questo manga è che non mantiene le promesse degli esordi.
Infatti, almeno fino al decimo volume la trama dall'atmosfera misteriosa è ben strutturata, i colpi di scena si susseguono, il lettore è letteralmente incatenato alla vicenda e la narrazione ha un ritmo sostenuto: tuttavia la seconda parte del fumetto appare più sconclusionata, disorganica, i molti intrighi dei primi volumi vengono risolti in modo insoddisfacente, lasciando il lettore con l'amaro in bocca.
Anche lo stile narrativo, pieno di flashback, se da un lato permette al lettore di approfondire l'anailsi dei personaggi e delle situazioni, dall'altro finisce per appesantire il ritmo della narrazione.
Interessante la resa grafica, con disegni puliti dai contorni netti, che rendono gradevole la lettura, impostando nello stesso tempo, uno stile personale.
<b>Attenzione contiene possibili Spoiler</b>
"Signora, suo figlio e' bravo... ma non si applica abbastanza".
Credo sia la più esatta delle frasi riconducibili a questo manga, ma andiamo con ordine.
Da piccoli tutti noi ci siamo immaginati come valorosi cavalieri, mirabolanti astronauti, felici principesse, ma in pochi si sono immaginati dei profeti.
In realtà i piccoli Kanji, Occi ed il resto di questa combriccola dal sapore "piccole canaglie", parte con un progetto molto ardito: costruire una base segreta, inventarsi un temibile nemico e proteggere la terra dal male.
Passano parecchi anni ed ormai quelle pesti, che negli anni '70 vivevano ogni giorno stupende avventure immaginarie da narrare nel loro libro, sono diventati tutti adulti, e di quella allegria e spavalderia verso il futuro è rimasto ben poco.
Il coraggioso Kanji, che sognava di diventare una star del rock, lavora in un negozietto, con sulle spalle la nipotina che la sorella scomparsa gli ha affidato.
Una vita piatta, scandita solo dalle parole dei clienti e le lamentele della madre.
Ma a turbare questa tavola incolore arriva la notizia del suicidio di uno dei suoi cari amici di infanzia, Donkey.
Perché Donkey si sarebbe suicidato? E' stato ucciso? Perché uccidere un povero insegnante?
Se ne vedono tante ai nostri giorni così, ma non se ne vedono tante di lettere lasciate prima di morire, lettere che aperte contengono laconici messaggi ed un disegno, un simbolo.
Due palpebre aperte, una mano a pugno con l'indice alzato ed all'interno un grande occhio... ma Kanji dove ha già visto quel simbolo? Era proprio la bandiera dei salvatori della pace sulla terra, era il simbolo che quei piccoli eroi avevano inventato per gioco.
Ma allora, perchè ora quel simbolo è sulle maglie di alcuni ragazzi? Perché è il simbolo di una strana setta guidata da un tale "Amico"?
Coincidenze? Sicuramente penserà Kanji.
Ma poco dopo un terribile contagio colpisce San Francisco, e subito dopo Londra, proprio come avevano pensato da piccoli, proprio come nelle loro avventure, quando una sconosciuta malattia attacca proprio quelle stesse città.
Kanji si accorgerà che non sono più semplici coincidenze, che c'è qualcuno che sta trasformando in realtà tutte le loro vecchie fantasie, ma stavolta non è un gioco, stavolta il sangue scorre davvero... e ci sono ancora tante pagine nel loro "libro delle profezie".
Questa è una iniziale trama di quello che a prima vista parrebbe un capolavoro come pochi altri. Effettivamente la prima decina di volumi circa sono praticamente perfetti.
I misteri, i colpi di scena, le rivelazioni, i segreti, tutto narrato in una sequenza tamburellante, senza sosta. Una sequenza di scene che toglie il fiato al lettore e lo costringe a prendere in mano il volume successivo senza guardare l'orario, facendo passare fame, sete, caldo o freddo.
Il disegno abbastanza pulito e dal tratto sicuro rende piacevolissima la fruizione dell'opera.
Poi però qualcosa si rompe... forse Urasawa ha fatto cadere troppa acqua nel fiume, e alla fine non riesce a farla arrivare tutta alla foce.
Purtroppo, pur rimanendo un prodotto al di sopra della media, finita la lettura si rimane delusi.
L'inizio scoppiettante, una trama sapiente, non trovano un corrispettivo finale. Negli ultimi volumi la storia non è all'altezza, troppi misteri archiviati facilmente e che non soddisfano assolutamente lo spettatore. E' una "Gioconda" senza sorriso, peccato solo che sia proprio il sorriso quello che tutti ricordano.
"Signora, suo figlio e' bravo... ma non si applica abbastanza".
Credo sia la più esatta delle frasi riconducibili a questo manga, ma andiamo con ordine.
Da piccoli tutti noi ci siamo immaginati come valorosi cavalieri, mirabolanti astronauti, felici principesse, ma in pochi si sono immaginati dei profeti.
In realtà i piccoli Kanji, Occi ed il resto di questa combriccola dal sapore "piccole canaglie", parte con un progetto molto ardito: costruire una base segreta, inventarsi un temibile nemico e proteggere la terra dal male.
Passano parecchi anni ed ormai quelle pesti, che negli anni '70 vivevano ogni giorno stupende avventure immaginarie da narrare nel loro libro, sono diventati tutti adulti, e di quella allegria e spavalderia verso il futuro è rimasto ben poco.
Il coraggioso Kanji, che sognava di diventare una star del rock, lavora in un negozietto, con sulle spalle la nipotina che la sorella scomparsa gli ha affidato.
Una vita piatta, scandita solo dalle parole dei clienti e le lamentele della madre.
Ma a turbare questa tavola incolore arriva la notizia del suicidio di uno dei suoi cari amici di infanzia, Donkey.
Perché Donkey si sarebbe suicidato? E' stato ucciso? Perché uccidere un povero insegnante?
Se ne vedono tante ai nostri giorni così, ma non se ne vedono tante di lettere lasciate prima di morire, lettere che aperte contengono laconici messaggi ed un disegno, un simbolo.
Due palpebre aperte, una mano a pugno con l'indice alzato ed all'interno un grande occhio... ma Kanji dove ha già visto quel simbolo? Era proprio la bandiera dei salvatori della pace sulla terra, era il simbolo che quei piccoli eroi avevano inventato per gioco.
Ma allora, perchè ora quel simbolo è sulle maglie di alcuni ragazzi? Perché è il simbolo di una strana setta guidata da un tale "Amico"?
Coincidenze? Sicuramente penserà Kanji.
Ma poco dopo un terribile contagio colpisce San Francisco, e subito dopo Londra, proprio come avevano pensato da piccoli, proprio come nelle loro avventure, quando una sconosciuta malattia attacca proprio quelle stesse città.
Kanji si accorgerà che non sono più semplici coincidenze, che c'è qualcuno che sta trasformando in realtà tutte le loro vecchie fantasie, ma stavolta non è un gioco, stavolta il sangue scorre davvero... e ci sono ancora tante pagine nel loro "libro delle profezie".
Questa è una iniziale trama di quello che a prima vista parrebbe un capolavoro come pochi altri. Effettivamente la prima decina di volumi circa sono praticamente perfetti.
I misteri, i colpi di scena, le rivelazioni, i segreti, tutto narrato in una sequenza tamburellante, senza sosta. Una sequenza di scene che toglie il fiato al lettore e lo costringe a prendere in mano il volume successivo senza guardare l'orario, facendo passare fame, sete, caldo o freddo.
Il disegno abbastanza pulito e dal tratto sicuro rende piacevolissima la fruizione dell'opera.
Poi però qualcosa si rompe... forse Urasawa ha fatto cadere troppa acqua nel fiume, e alla fine non riesce a farla arrivare tutta alla foce.
Purtroppo, pur rimanendo un prodotto al di sopra della media, finita la lettura si rimane delusi.
L'inizio scoppiettante, una trama sapiente, non trovano un corrispettivo finale. Negli ultimi volumi la storia non è all'altezza, troppi misteri archiviati facilmente e che non soddisfano assolutamente lo spettatore. E' una "Gioconda" senza sorriso, peccato solo che sia proprio il sorriso quello che tutti ricordano.
Inconcludente. Tanto promettente quanto alla fine irritante nel suo palese non riuscire a gestire la massa immensa e intricatissima di misteri messi in piedi o semplicemente suggeriti. Problema già evidenziato in Monster. Tanto rumore per (quasi) nulla. Poi c'è da dire che il maestro sa fare discretamente il suo mestiere, ma la cosa non fa che aggiungere incomprensibilità al fenomeno. I temi sono struggenti: l'infanzia come il luogo delle possibilità più affascinanti e terribili, la nostalgia e i particolari più infimi che diventano chiavi di lettura da incubo.... Dopo aver letto i primi quattro volumi ho pensato di trovarmi di fronte al fumetto più bello che avessi mai letto. Ora sono terribilmente deluso. Era quasi tutto manierismo. Morale: chi non sa mantenere, non prometta.
E' incredibile come qualcuno insista a dire che tutti i tasselli vanno a posto. Forse tutti i misteri avranno pure una risposta, ma la storia è diventata una accozzaglia di stupidaggini a partire dal numero 20 o forse anche prima. Vero che la storia all'inizio è stupenda geniale tutto quello che volete, ma una storia senza finale o con un finale stupido come questo qui è un insulto ai lettori. L'autore secondo me visto il successo ha voluto allungare la storia (bellissima) fino all'inverosimile facendo un grande troiaio.
Purtroppo solo 6/10. All'inizio mi ha veramente entusiasmato. Bellissimo, appassionante. Pieno di misteri, un filo che si dipana via via... Poi più vai avanti più la storia si avvolge su se stessa. Fino a diventare assurda e inconsistente. Peccato, poteva essere un capolavoro assoluto, ma rimane un successo a metà. Se si fosse conclusa in 10 o 15 volumetti, ma con un bel finale sarebbe stato uno dei manga più belli mai comprati.
Che dire, il migliore manga mai letto insieme a Monster. Al contrario di come dice molta gente i tasselli vanno tutti al loro posto e ogni domanda avrà una risposta.
Nel 1968 un gruppo di bambini come gli altri, mentre a poco a poco scopriva la vita, giocava a costruirsi una base segreta ed a salvare il mondo.
Nel 1997 Kenji, quello che tra quei bambini sembrava il più energico, sognatore e determinato, a 35 anni si ritrova disilluso e rassegnato a gestire con la madre un piccolo emporio e ad accudire la figlia che sua sorella, ora scomparsa, ha avuto con un uomo sconosciuto.
Proprio lui però, alla strana morte di uno dei suoi amici di infanzia ed alla scomparsa di un famoso scienziato suo cliente, si ritrova ad indagare sull’attività di una strana setta che, guidata da un fantomatico “amico”, sta usando come simbolo di riconoscimento proprio quel simbolo che i ragazzi usavano da piccoli. Ma il peggio, e Kenji non lo sa, deve ancora venire.
Agli inizi del 21esimo secolo un gruppo di persone viene acclamata dall’ONU come “coloro che hanno salvato il mondo”. In un tempo indeterminato qualcosa di mostruoso ritorna per sconvolgere ancora la vita dei giapponesi.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che ha salvato il mondo!
Nel 1968 un gruppo di bambini come gli altri, mentre a poco a poco scopriva la vita, giocava a costruirsi una base segreta ed a salvare il mondo.
Nel 1997 Kenji, quello che tra quei bambini sembrava il più energico, sognatore e determinato, a 35 anni si ritrova disilluso e rassegnato a gestire con la madre un piccolo emporio e ad accudire la figlia che sua sorella, ora scomparsa, ha avuto con un uomo sconosciuto.
Proprio lui però, alla strana morte di uno dei suoi amici di infanzia ed alla scomparsa di un famoso scienziato suo cliente, si ritrova ad indagare sull’attività di una strana setta che, guidata da un fantomatico “amico”, sta usando come simbolo di riconoscimento proprio quel simbolo che i ragazzi usavano da piccoli. Ma il peggio, e Kenji non lo sa, deve ancora venire.
Agli inizi del 21esimo secolo un gruppo di persone viene acclamata dall’ONU come “coloro che hanno salvato il mondo”. In un tempo indeterminato qualcosa di mostruoso ritorna per sconvolgere ancora la vita dei giapponesi.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che ha salvato il mondo!
Manga molto particolare, caratterizzato da una trama solida, densa di spunti (i giochi dei bambini che diventano giochi da grandi) studiata quasi perfettamente fin dall'inizio (quasi perchè l'autore ha deciso di non risolvere tutto nel 22esimo ma si è dato altri 2 volumetti di tempo), numerosi piani temporali affastellati, numerosissimi personaggi ben caratterizzati. Il lettore viene facilmente immerso nello sforzo dei personaggi per comprendere e combattere il fenomeno dell'Amico, in un vortice di tensione che l'autore fa crescere da zero nei primi 3 numeri e con notevole abilità, devo dire, lo mantiene costante.
Disegni molto belli, realistici, dettagliati.
Colonna sonora, ovviamente facoltativa, d'eccezione: T-Rex, CCR.
Uno dei migliori fumetti in circolazione (sia d'oriente che d'occidente), un'avventura degna di Hugo Pratt, che fa i conti con i deliri della società di massa del 20th secolo.
Disegni molto belli, realistici, dettagliati.
Colonna sonora, ovviamente facoltativa, d'eccezione: T-Rex, CCR.
Uno dei migliori fumetti in circolazione (sia d'oriente che d'occidente), un'avventura degna di Hugo Pratt, che fa i conti con i deliri della società di massa del 20th secolo.
Sinceramente ho trovato inammissibile, su un sito visitato come questo,che un capolavoro assoluto come 20th Century Boys languisca tanto in basso in classifica con un voto medio ridicolo rispetto al valore reale dell'opera, e tutto per dubbio merito di un unico utente completamente discordante dal coro di assensi che quest'opera si è giustamente meritata in ogni angolo del mondo.
Innanzitutto vedere quest'opera come conclusa senza 21st Century Boys è uno sbaglio enorme. Infatti l'autore ha chiaramente dichiarato che la conclusione di questa collana avrebbe cambiato titolo per il semplice fatto che,mentre ad iniziare il tutto sono stati dei ragazzi del ventesimo secolo, a concludere il tutto saranno le nuove leve, cresciute sotto l'amico e quindi nel secolo nuovo.
Fatte queste doverose premesse, passo alla recensione dell'opera.
Fa schifo. Esatto, fa schifo per quanto la regia sia perfetta per svolgere e riavvolgere armoniosamente la complessità della sceneggiatura in un ottovolante a spirale verso il mistero finale.
Un ottovolante appunto. Perchè tra misteri, rivelazioni scottanti e tante, infinite emozioni ricostruite con minuzia di particolari del viso e dello stesso linguaggio del corpo dei personaggi ad arte dall'autore, al lettore viene un capogiro emozionale.
Dal punto di vista grafico si mantiene sul livello di Monster, per quanto il tratto si scurisca quel tanto che basta per favorire ancor di più l'immedesimazione nell'atmosfera cupa del manga, e quindi risulta un punto di forza.
Obiettivamente è un manga da avere e leggere e rileggere più volte per apprenzzarne appieno ogni singolo passaggio orchestrato splendidamente dalla regia sempre brillante e mai banale dell'autore.
In definitiva se cercate una lettura matura, smaliziata e complessa,impegnativa ma appagante, emozionante e genuina, allora è quello che far per voi.
Devo ancora finire di leggere la conclusione,cioè 21st Century Boys, ma già ora il complesso merita tranquillamente un 9.6-9.7, sempre a seconda dei gusti, ma la dimensione giusta è quella della pietra miliare.
Innanzitutto vedere quest'opera come conclusa senza 21st Century Boys è uno sbaglio enorme. Infatti l'autore ha chiaramente dichiarato che la conclusione di questa collana avrebbe cambiato titolo per il semplice fatto che,mentre ad iniziare il tutto sono stati dei ragazzi del ventesimo secolo, a concludere il tutto saranno le nuove leve, cresciute sotto l'amico e quindi nel secolo nuovo.
Fatte queste doverose premesse, passo alla recensione dell'opera.
Fa schifo. Esatto, fa schifo per quanto la regia sia perfetta per svolgere e riavvolgere armoniosamente la complessità della sceneggiatura in un ottovolante a spirale verso il mistero finale.
Un ottovolante appunto. Perchè tra misteri, rivelazioni scottanti e tante, infinite emozioni ricostruite con minuzia di particolari del viso e dello stesso linguaggio del corpo dei personaggi ad arte dall'autore, al lettore viene un capogiro emozionale.
Dal punto di vista grafico si mantiene sul livello di Monster, per quanto il tratto si scurisca quel tanto che basta per favorire ancor di più l'immedesimazione nell'atmosfera cupa del manga, e quindi risulta un punto di forza.
Obiettivamente è un manga da avere e leggere e rileggere più volte per apprenzzarne appieno ogni singolo passaggio orchestrato splendidamente dalla regia sempre brillante e mai banale dell'autore.
In definitiva se cercate una lettura matura, smaliziata e complessa,impegnativa ma appagante, emozionante e genuina, allora è quello che far per voi.
Devo ancora finire di leggere la conclusione,cioè 21st Century Boys, ma già ora il complesso merita tranquillamente un 9.6-9.7, sempre a seconda dei gusti, ma la dimensione giusta è quella della pietra miliare.
Una scritta con grande maestria da Urasawa, un intreccio complesso e raffinato che usa lo strumento del flashback in modo davvero ingegnoso e affascinante accompagnandoci a scoprire dei personaggi reali nel loro modo di porsi al mondo. Ci addentreremo nel mondo delle sette, fenomeno che colpisce in modo particolare il Giappone attuale. Vedremo il delirio di onnipotenza di un uomo fino a credersi Dio, colpi di scena a non finire. Il tutto in una ricerca del passato rimosso, degli errori di un gruppo di ragazzi del 20esimo secolo.
Il disegno è molto espressivo e tutti i personaggi sono riconoscibili, molto più del semplice cambio di pettinattura tanto per intenderci, e la cosa è abbastanza anomala se si guarda il tratto molto scarno di Urasawa: questo per quanto riguarda le persone, mentre per le scenografie il tratto è ineccepibile, anzi è veramente di altissimo livello. Ho rischiato come molti di perdermi quest'opera a causa del disegno, non ripetete il mio stesso errore.
Opera consigliatissima, anche se di difficile reperibilità.
Il disegno è molto espressivo e tutti i personaggi sono riconoscibili, molto più del semplice cambio di pettinattura tanto per intenderci, e la cosa è abbastanza anomala se si guarda il tratto molto scarno di Urasawa: questo per quanto riguarda le persone, mentre per le scenografie il tratto è ineccepibile, anzi è veramente di altissimo livello. Ho rischiato come molti di perdermi quest'opera a causa del disegno, non ripetete il mio stesso errore.
Opera consigliatissima, anche se di difficile reperibilità.
Uno dei Manga più belli che mi sono mai capitati fra le mani! Una trama di uno spessore incredibile, una serie di colpi di scena uno dietro l'altro che ti lasciano a bocca aperta. E l'abilità di Urasawa sta proprio in questo, non perdere mail il filo della storia nonostannte i frequenti ribaltamenti, oltre che curare perfettamente i particolari psicofisici di ogno personaggio. rnUn'altra peculiarità è che la storia si svolge tra il 1969 e il 2018, e i flashback sono frequentissimi (oltre che essenziali). rnUn Manga capace di emozionare senza dubbio!rnrn
Sempre piú sorpreso dal fatto che in questo sito la gente distribuisca i 10 come fosse niente, eccomi qui a scrivere il mio parere. Avete presente il detto tutto fumo e niente arrosto Bene, 20 Century Boys e piú o meno cosí, la storia si allunga e allarga all'inverosimile, poi si arriva al finale (ma sarebbe meglio chiamarla troncazione) e si capisce tutto d'un tratto (a dire il vero si capiva gia da un po') che sotto la trama bena rticolata non c'é nulla. Il 99% dei misteri del fumetto non vengono risolti, chiaramente perché l'autore non sa come risolverli, conscio di aver reso la storia incongruente e insistenibile dopo aver aggiunto suspence e misteri uno in fila all'altro. Inoltre il progetto é gestito male, la portata dell'opera é troppo grande per l'autore che finisce per commettere una serie di errori ed incongruenze sparsi nell'arco dei 60 anni che intercorrono dall'inizio alla fine. Il seguito é gia in cantiere (anche se chiamarlo seguito implicherebbe che questo fumetto é completo, cosa che non é affatto vera) con lo scopo di chiudere finalmente la faccenda. Aspettiamoci quindi almeno altri 7 anni di angoscia prima di sapere chi sia l'amico.
Manga assolutamente bellissimo! Per gli amanti delle storie complicate e piene di colpi di scena-)) I personaggi sono ben caratterizzati, probabilmente si fatica un pò ad accettare il disegno, in più costa tantissimo (7 euro!), ma la trama intricatissima compensa tutto. Un capolavoro assoluto per palati raffinati, da leggere e rileggere! ^__^
Questo fumetto merita 10/10
Dopo aver letto i primi 6 volumi ho verificato che l'autore è riuscito a:
- scrivere la storia con la più alta densità di avvenimenti sulla faccia della terra, renderla perfettamente coerente nei fatti e scorrevolenello svilupparsi della(delle?) trama
- Riuscire all'interno di questa pletora di fatti a rendere una caratterizzazione PERFETTA di ogni personaggio nei risvolti emotivi/psicologici
- Introdurre uno svilupparsi della trama grandioso, quando per grandioso intendo un partecipare ai fatti per la loro capacità di rivoluzionare il mondo circostante (colpi di scena a non finire)
- Dare un rapido e indolore scolgimento alla trama, senza tempi morti, introduzione a personaggi inutili, allungabrodo prima di eventi importanti
- Creare uno stile grafico inimitabile, con uno stile fotoraealistico per gli oggetti e le ambientazioni ma semplice e mirato con i personaggi,disgnati con poche sapienti linee che li rendono incofondibili senza dover ricorrere a tratti del viso o elementi tipo capigliatura troppo particolari (cosa che invece si vede troppo spesso)
In poche parole questa è la mia nuova droga (è riuscita anche a farmi cambiare avatar lol)
Andatelo a comprare, l'edizione è curatissima!
Dopo aver letto i primi 6 volumi ho verificato che l'autore è riuscito a:
- scrivere la storia con la più alta densità di avvenimenti sulla faccia della terra, renderla perfettamente coerente nei fatti e scorrevolenello svilupparsi della(delle?) trama
- Riuscire all'interno di questa pletora di fatti a rendere una caratterizzazione PERFETTA di ogni personaggio nei risvolti emotivi/psicologici
- Introdurre uno svilupparsi della trama grandioso, quando per grandioso intendo un partecipare ai fatti per la loro capacità di rivoluzionare il mondo circostante (colpi di scena a non finire)
- Dare un rapido e indolore scolgimento alla trama, senza tempi morti, introduzione a personaggi inutili, allungabrodo prima di eventi importanti
- Creare uno stile grafico inimitabile, con uno stile fotoraealistico per gli oggetti e le ambientazioni ma semplice e mirato con i personaggi,disgnati con poche sapienti linee che li rendono incofondibili senza dover ricorrere a tratti del viso o elementi tipo capigliatura troppo particolari (cosa che invece si vede troppo spesso)
In poche parole questa è la mia nuova droga (è riuscita anche a farmi cambiare avatar lol)
Andatelo a comprare, l'edizione è curatissima!
Ero indeciso sul voto da dare a 20th Century Boys, perchè, non essendo ancora concluso in Giappone, non posso ancora dare un giudizio completa sull'intere opera.
Alla fine ho deciso di dargli un bel 10 tondo, perchè questi primi 18 volumi sono assolutamente strepitosi.
La trama interessantissima e molto intricata deve essere seguita con attenzione perchè ogni personaggio,ogni avvenimento, ogni particolare, ha una sua precisa collocazione ed una sua importanza nella storia.
E' questa la grandezza di Urasawa: non si ha mai l'impressione che stia perdendo il filo della storia. Anzi, proseguendo con la lettura,si ha la certezza che la complessa trama di 20th, con i suoi continui flashback, i suoi numerosi personaggi e i suoi incredibili colpi di scena(rimarrete a bocca aperte molte, ma molte, volte), sia già integralmente nella testa dell'autore.
I personaggi sono caratterizzati benissimo sia dal punto di vista caratteriale, sia da quello psicologico.
Ci si affeziona ad alcuni di loro, quasi si odiano altri.
Il disegno è pulito e sobrio, adatto al contesto.
Io lo adoro e non ho ancora trovato qualcuno a cui non piaccia.
Alla fine ho deciso di dargli un bel 10 tondo, perchè questi primi 18 volumi sono assolutamente strepitosi.
La trama interessantissima e molto intricata deve essere seguita con attenzione perchè ogni personaggio,ogni avvenimento, ogni particolare, ha una sua precisa collocazione ed una sua importanza nella storia.
E' questa la grandezza di Urasawa: non si ha mai l'impressione che stia perdendo il filo della storia. Anzi, proseguendo con la lettura,si ha la certezza che la complessa trama di 20th, con i suoi continui flashback, i suoi numerosi personaggi e i suoi incredibili colpi di scena(rimarrete a bocca aperte molte, ma molte, volte), sia già integralmente nella testa dell'autore.
I personaggi sono caratterizzati benissimo sia dal punto di vista caratteriale, sia da quello psicologico.
Ci si affeziona ad alcuni di loro, quasi si odiano altri.
Il disegno è pulito e sobrio, adatto al contesto.
Io lo adoro e non ho ancora trovato qualcuno a cui non piaccia.
Beh... che dire... questo manga è fantastico!! Consigliatissimo a tutti, prende tantissimo e ogni fine volume non vedi l'ora di leggere quello successivo!! La trama è molto ingarbugliata piena di flashback, quindi da leggere con un po' di attenzione, ma proprio la trama complessa rende bello e avvincente il manga!
Il prezzo (7 euro) è un po' alto per l'edizione (è che all'inizio pensavano di venderlo poco -.-''), però consiglio almeno di farselo prestare... e vi assicuro che non ve ne pentirete!!!
Purtroppo è ancora in corso in Giappone e quindi non è possibile dare una votazione sull'intero manga, ma mi stupirei molto se mi deludesse sul finale!
Il prezzo (7 euro) è un po' alto per l'edizione (è che all'inizio pensavano di venderlo poco -.-''), però consiglio almeno di farselo prestare... e vi assicuro che non ve ne pentirete!!!
Purtroppo è ancora in corso in Giappone e quindi non è possibile dare una votazione sull'intero manga, ma mi stupirei molto se mi deludesse sul finale!
Sarà questo il capolavoro di Naoki Urasawa? Come si fa a dire una simile cosa quando l'autore è ancora giovane, e soprattutto l'opera in questione non è ancora terminata?
Sembra esagerato, ma tutto fa pensare al momento che si vada in questa direzione: trama ingarbugliatissima ma perfettamente incastrata (grazie anche ai tantissimi flashback), nulla lasciato al caso, coerenza massima tra i molteplici avvenimenti.
Trae qualche spunto dall'opera precedente, "Monster", presenta moltissimi personaggi, tutti con il loro scopo, il loro carisma e le loro imperfezioni.
È anche un po' una sfida per il lettore, spesso (parlo almeno per me ;)) incollato alle pagine in attesa di qualche rivelazione, alla ricerca di qualcosa che possa far comprendere meglio il susseguirsi degli avvenimenti e il dimenarsi tra le indicazioni volutamente fallaci inserite da Urasawa (lo fa sin dal primo numero).
Riusciranno "I ragazzi del 20º secolo" a salvare il mondo?
Sembra esagerato, ma tutto fa pensare al momento che si vada in questa direzione: trama ingarbugliatissima ma perfettamente incastrata (grazie anche ai tantissimi flashback), nulla lasciato al caso, coerenza massima tra i molteplici avvenimenti.
Trae qualche spunto dall'opera precedente, "Monster", presenta moltissimi personaggi, tutti con il loro scopo, il loro carisma e le loro imperfezioni.
È anche un po' una sfida per il lettore, spesso (parlo almeno per me ;)) incollato alle pagine in attesa di qualche rivelazione, alla ricerca di qualcosa che possa far comprendere meglio il susseguirsi degli avvenimenti e il dimenarsi tra le indicazioni volutamente fallaci inserite da Urasawa (lo fa sin dal primo numero).
Riusciranno "I ragazzi del 20º secolo" a salvare il mondo?