Nell'ambito della rassegna gratuita del Japanese Film Festival Online 2024 è stata proposta anche l'affascinante pellicola The Lines that Define Me (Sen wa boku wo egaku) del 2022.
Ricordiamo che il festival svoltosi dal 5 giugno al 3 luglio ha inteso proporre 23 film in streaming, è stato ideato e organizzato da The Japan Foundation con il coordinamento in Italia dell’Istituto Giapponese di Cultura di Roma.
 
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The Lines that Define Me è una pellicola ispirata al romanzo omonimo di Hiromasa Togami pubblicato in patria da Kodansha nel 2019, da cui è stato tratto anche un adattamento in versione manga; entrambi risultano inediti nel nostro Paese.
La regia e sceneggiatura sono a cura di Norihiro Koizumi, che ha lavorato, tra le altre cose, anche alla trilogia di film dedicati a Chihayafuru.
 
Sosuke Aoyama, studente universitario, ha perso l'intera famiglia, e da allora non riesce ancora a superare il dolore per la morte dei suoi cari.
Mentre svolge il suo lavoro part-time in una galleria espositiva, vede dei dipinti in stile Sumi-e, stile di pittura monocromatica a inchiostro e acqua che prevede l'utilizzo del solo inchiostro nero, e rimane affascinato da tali opere. Nelle vicinanze, il maestro di Sumi-e, Kozan Shinoda nota il fascino che tali opere hanno suscitato in Sosuke. Parlando col ragazzo il maestro suggerisce a quest'ultimo di diventare suo allievo per imparare a disegnare proprio i dipinti che tanto lo hanno affascinato.

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Aristotele, nella Poetica, parlando della tragedia dà un’importante definizione di catarsi: la catarsi è la purificazione, che lo spettatore sperimenta immedesimandosi nella vicenda narrata nella tragedia. Tale purificazione avviene perché lo spettatore attraversa delle fasi di pietà e terrore, attraverso la rappresentazione tragica, per poi superarle ed elevarsi.
In sostanza, si partecipa emotivamente al racconto di fatti negativi, che però conducono i protagonisti della storia ad una crescita personale che li porta alla risoluzione del problema attraverso la purificazione.

Questa premessa è necessaria se si vuole comprendere pienamente il significato di The lines that define me. Infatti, nel film si racconta la crescita personale del protagonista, Sōsuke, vista proprio come una sorta di catarsi. L’evento negativo scatenante è la perdita dell’intera famiglia. Sōsuke da allora si è chiuso in se stesso e ha rinunciato a essere felice, anche a causa dei sensi di colpa sia per essere sopravvissuto, sia perché prima della tragedia aveva litigato con i genitori per futili motivi, andando via di casa senza salutare né loro né la sorella minore.
Il fulcro della catarsi si presenta sin dalla prima scena del film. Sōsuke guarda un dipinto in stile sumi-e di una camelia (Tsubaki, proprio come il nome della sorellina) e davanti a quest’opera d’arte, che riesce a rappresentare in maniera elegante ed immediata la delicatezza di tale fiore e la sua effimera vita, inizia a piangere, perché qualcosa dentro di lui si è risvegliato.

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Da questo incontro con la sumi-e la vita di Sōsuke, che sino a quel momento era statica e priva di motivazione, prende una piega del tutto diversa. Viene notato dal maestro Kozan Shinoda che, riconosciuta in lui la scintilla del talento, gli propone di diventare suo apprendista. Ma Sōsuke non se ne sente all’altezza e chiede di essere solo un semplice studente. Da questo momento comincia la sua purificazione.
La pittura ad inchiostro diventa per lui quasi un’ossessione: trascorre ore ed ore ad imparare, immerso in tale mondo e quasi dimentico di tutto il resto. Stringe un rapporto di amicizia con Chiaki Shinoda, nipote di Kozan e pittrice a sua volta, che attraversa un grande momento di crisi artistica, ma allo stesso tempo aiuta il ragazzo nella sua crescita. È lei l’autrice del dipinto che Sōsuke tanto ama. L’arte quindi unisce gli animi, aiuta a superare le avversità e, cosa ancora più importante, diventa un forte mezzo espressivo per espiare, purificare, ricordare, dare un significato ai propri sentimenti.
Grazie all’arte, Sōsuke trova un modo per ricordare il passato, per chiedere a suo modo scusa per non esserci stato, e per dimostrare quanto amore e dolore ancora il suo cuore contenga.

La delicatezza dei segni di inchiostro sulla carta, la fluidità dello scorrere del pennello, l’intensità della concentrazione mentre si realizza un dipinto, sono tutti elementi che attraverso lo schermo arrivano dritti sino al cuore dello spettatore. E si capisce allora perché Sōsuke piange nel vedere la camelia, perché le stesse lacrime possono ritrovarsi sul viso di chi guarda il film.
In più di una scena le lacrime sono sgorgate e non per tristezza o compatimento, ma per l’emozione che la delicatezza di un’arte effimera può comunque far arrivare nel profondo dell’animo, toccando le giuste note della commozione.

Ho amato questo film sin dalla prima scena. Non si può non provare un tuffo al cuore nel vedere la delicatezza di un dipinto in stile sumi-e. E la sumi-e è in realtà la vera protagonista della storia: senza di essa, il giovane Sōsuke resterebbe chiuso nel suo mondo di tristezza e depressione. Invece, proprio grazie a quel dipinto raffigurante la camelia, le emozioni che aveva soppresso dentro di sé riaffiorano e lo travolgono.
Finalmente Sōsuke trova la sua strada, il modo per rinascere e persino una nuova famiglia, superando così il dolore per la perdita di quella di origine.

Voto complessivo: 90


Autore: Godaime Hokage


 

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“L’idea di far cadere qualcosa in un mare di nulla… mi attira”

Sosuke è un ragazzo come tanti, iscritto all’università di legge, ma non ha un vero obiettivo.
Scoraggiato e sfiduciato, tira avanti come può, si tiene a galla in un mare di nulla: un grave lutto ha segnato la sua vita e da allora Sosuke non trova più una ragione per fare, per andare avanti.
L’incontro fortuito con un maestro di Sumi-e darà quella scossa necessaria perché il giovane inizii a tratteggiare quelle linee che gli daranno uno scopo, una ragion d’essere ancora in vita nonostante tutto.
Il messaggio del film è gridato forte e chiaro, non c’è nulla che non si può fare, la barriera che è apposta innanzi a noi è solo un limite mentale… basta volerlo, provare a uscire dai propri limiti ci dà l’occasione di scoprire cose che non si pensava potessero rientrare nelle proprie capacità, l’occasione di aprirsi a un mondo sconosciuto pieno di sorprese e opportunità: una vita da poter delineare come si vuole, diventare cioè che si vuole. L’importante non è quello che si è, ma ciò che si diventa.
Il film è chiaro portatore di questo messaggio, tant’è che i personaggi più saggi, ripetono il concetto chiaramente e più volte, non c’è spazio all’interpretazione.

Tramite e per mezzo della pittura Sumi-e, Sosuke ritrova sé stesso e riesce ad elaborare quel lutto che si porta ormai dietro da diversi anni. Un’elaborazione non semplice, ma che ha bloccato il suo tempo in quell’istante in cui ha perso ogni affetto. La paura dunque di creare una nuova famiglia viene dissipata piano piano grazie al maestro Kozan Shinoda, che legge in lui del potenziale e lo accoglie come suo apprendista, e Sosuke torna a fiorire come una pianta di camelia.
 
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Ryusei Yokohama fa un lavoro magistrale nei panni del giovane apprendista donandogli profondità e naturalezza, soprattutto quando riversa le emozioni nell’eseguire l’arte del pennello su carta. Insieme a lui ci sono diversi altri personaggi: il maestro Kozan, interpretato da Tomokazu Miura, che non solo è maestro d’arte, ma si dimostra guida anche per la vita; sua nipote nonché prima apprendista, Chiaki Shinoda, interpretata da una bravissima Kaya Kiyohara, anche lei giovane donna alla ricerca di sé stessa, impaurita e affascinata dalla potenza espressiva dell’arte di suo nonno. Menzione d’onore per Yosuke Eguchi, che restando un po’ in disparte, regala con il personaggio tuttofare di Nishihama perle di saggezza e la freschezza di apprezzare le cose belle che ogni giorno ci vengono concesse dalla natura.
La regia di Norihiro Koizumi mantiene un altissimo livello e non annoia mai, accompagna la visione che, mano mano, si fa più incalzante fino al climax finale.

La sceneggiatura è calzante e tutto scorre senza intoppi, nonostante il lento proseguire all’inizio della pellicola. La musica accompagna in modo impeccabile questo registro che si fa sempre più denso e la insert song di yama, Lost, riesce a rinforzare quel contatto emotivo che piano piano si era creato nei minuti precedenti... davvero emozionante!
La pellicola si dimostra poetica, delicata e profonda, mai banale o scontata nel raccontare i sentimenti che si avvicendano dentro il protagonista. Parte con lenta naturalezza, così come scorre lentamente e quasi immobile la vita di Sosuke, per poi incalzare quando il giovane inizia a sbrigliarsi dal dolore che lo attanaglia.
Tutto si muove in concerto con l’evoluzione del protagonista, rendendo la visione suggestiva e calamitante.

Voto complessivo: 98
Autore: Arwen1990
 
 
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