Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

10.0/10
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Da procrastinatore seriale quale sono, erano almeno due anni che mi dicevo di voler recuperare "Perfect Blue", ma motivazioni più o meno legittime mi hanno portato, appunto, a procrastinare.
Alla fine, è "Perfect Blue" ad essere venuto da me, apparendo per tre giorni nelle sale della mia zona - e sarò anche pigro, ma non così tanto da non supportare iniziative del genere.

Cosa dire di questo film che probabilmente non sia già stato detto da altri?
Io lo ritengo semplicemente il miglior risultato possibile per raccontare e rappresentare i messaggi e le sensazioni che voleva veicolare: l'opera prima di Satoshi Kon è un thriller psicologico che parla della società giapponese e della figura delle idol in quella società, ma va anche oltre, parlando del rapporto tra l'io di una celebrità e la maschera pubblica che il mondo dello spettacolo, e la percezione dei suoi fan, le ha creato. Questo dialogo artistico si sviluppa non tanto per le strade più comuni in questo tipo di opere, ovvero quelle riguardanti l'ossessione di un individuo per una celebrità e l'immagine idealizzata che ha di essa, o la falsità di tale immagine artificiale; segue invece un percorso più intimo, più interno al mondo psicologo di Mima, la protagonista, e alla progressiva dissociazione causata dal non sapersi più riconoscere tra l'immagine del suo passato, quella idealizzata di idol amata dai suoi fan, e quella reale, di persona che ha scelto una nuova carriera e un nuovo percorso di vita, diverso e pieno di asperità e cambiamenti. Una dissociazione alimentata dal fatto che i suoi fan, tramite un blog online, sembrano conoscere ogni singolo aspetto della sua vita e, pur interpretandoli in una maniera diversa e idealizzata, la portano a chiedere quale delle due sia la Mima "vera".

Tale dissociazione è rappresentata con una pulizia e una linearità tale, pur nelle sue convolute diramazioni di sogni, suggestioni e allucinazioni, che non sorprende abbia fatto scuola per molti registi ben noti in tutto il mondo. Non è mai facile il racconto della realtà che si confonde con l'immaginazione, poiché deve disorientare senza far perdere, e deve illudere senza prendere in giro lo spettatore: non è un caso se trovate narrative come "era tutto un sogno del protagonista" sono spesso ritenute infami, perché è fin troppo facile essere pretenziosi per poi crollare nella bieca meschinità, vuoi involontariamente per impreparazione, vuoi volontariamente per occultare le proprie mancanze.
"Perfect Blue" non è questo, ma è esattamente quello che ho detto in precedenza: il miglior risultato possibile. Quando si ha la sensazione di aver capito il film come evolverà, si viene prontamente sorpresi e indirizzati verso un'altra direzione, che non sappiamo a quel punto se essere quella corretta o meno, sino alla fine; eppure, a visione finita, tutto riesce a quadrare, e ci si sorprende di un'opera che ha mantenuto questa coerenza senza perdersi neanche per un istante.

Come posso concludere questa recensione se non invitandovi a guardarlo?
Perché sì, in tanti hanno parlato di "Perfect Blue", e in tanti altri ne parleranno sicuramente, ma tali parole sarebbero vuote, se non disorientanti, se voi per primi non vi gettate in questa esperienza. Solo coloro che hanno l'ardire di comprendere la materia della realtà possono contemplare quale opera magnificente sia l'universo, e questa cosa vale anche per l'arte e per la conoscenza tutta.

Auf wiedersehen!

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Opera prima di Tatsuiko Takimoto, la light novel "Welcome to the NHK" è il primo capitolo della trilogia dedicata a Sato e ai suoi stravaganti compagni di viaggio. I temi trattati sono di quelli tosti, che colpiscono con la stessa violenza di un pugno allo stomaco: la solitudine e la sottile disperazione che porta alcuni ragazzi ad avere una visione estremamente pessimista della vita, che li spinge ad avvicinarsi pericolosamente al mondo delle droghe e ad accarezzare l'idea del suicidio.

Il protagonista è un hikikomori, termine a noi sconosciuto che indica le persone che si isolano completamente dal mondo e hanno grosse difficoltà a mettersi in relazione con gli altri. Il tutto è accentuato da un comportamento estremamente paranoico, che gli deriva dal credere di essere al centro di una cospirazione che lo obbliga ad isolarsi dal mondo. La realtà è ben diversa, e l'autore - anche lui con un passato da hikikomori - ha il coraggio di indicarcelo nelle prime righe del romanzo. Se le cose non vanno come vogliamo è più facile credere a un destino avverso o a una manovra contro di noi piuttosto che rendersi conto del fatto che tutto dipende dalle nostre debolezze: affrontare la situazione vuol dire prendere atto dei propri difetti e per fare questo è necessaria una notevole dose di coraggio, dote che spesso manca alle persone che tendono a subire gli eventi.
I personaggi del romanzo sembrano fare a gara tra loro "a chi sia messo peggio" con le vicissitudini della vita. L'ambientazione è piuttosto pessimista, e non poteva essere diversamente, ma Takimoto crede che con la volontà le cose possano cambiare: le situazioni evolvono in un finale che rimane incompiuto ma comunque pieno di speranza per il futuro di tutti i personaggi.

Passaggi crudi, scene estremamente brutali nella loro narrazione ma funzionali allo sviluppo del racconto. Takimoto usa uno stile piuttosto particolare per il suo romanzo: gli eventi sono raccontati in prima persona da Sato, ma durante i vari passaggi ci sono delle frasi (scritte in corsivo per evidenziarle anche dal punto di vista grafico) che rappresentano i pensieri del protagonista. Un altro elemento caratteristico sono le frasi brevi e secche, con pagine che si leggono molto rapidamente ma riescono a trasmettere l'intensità delle emozioni proprio grazie alla rapidità dell'espressione.

Un romanzo che si legge in poco tempo ma che riesce a coinvolgere il lettore e ad appassionarlo: veramente un ottimo lavoro per Takimoto, che si ripeterà in futuro con il manga e con la trasposizione in anime dell'opera.

6.5/10
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"Bubble"
"Bubble" non poteva avere un titolo migliore di questo. Tutti noi da piccoli abbiamo amato le bolle di sapone - alcuni pure da grandicelli grazie a dio - attratti dal connubio caleidoscopico di colori che la composizione della bolla mostrava ai nostri occhi. Così preziosa, la bolla, che non si poteva toccarla, tanto era delicata.

"Bubble" ci offre uno spettacolo a cui difficilmente si riesce a restare indifferenti. In una Tokyo alternativa, contenuta in un campo magnetico che ne altera le caratteristiche gravitazionali, invasa dall'acqua e da delle misteriose bolle, alcuni ragazzi, tra cui l'introverso Hibiki, si dilettano e si "guadagnano da vivere", sfidandosi a gruppi in gare di parkour, sfruttando l'alterazione gravitazione per offrire incredibili spettacoli acrobatici al loro pubblico. Lo status quo continua da cinque anni. Alla comparsa di una misteriosa ragazza, tale Uta, le cose iniziano a cambiare.

Diretti e concisi. Proprio come una bolla di sapone, "Bubble" si mostra come qualcosa di leggero e bellissimo, e sempre come una bolla, "Bubble" non contiene nulla al suo interno, se non un po' d'aria.
"Bubble" ha il pregio di mettere in mostra un mastodontico capolavoro di carattere tecnico, fatto di evoluzioni tridimensionali e dettagli artistici che superano la perfezione, generando pura attrazione magnetica nei confronti dei nostri spalancati occhi.

Ancor più difficile, quindi, da mandare giù l'amara pillola. "Bubble" non ha altro da offrire, o quasi.
"Bubble" propone la storia di una moderna e rivisitata "Sirenetta", fatta di richiami al panteismo e alla dura legge della delicatezza, tramandati attraverso l'immagine metafisica della bolla tra amori adolescenziali e rapporti superficiali. Sì, la propone...

Parlo proprio in prima persona e dico "bellissimo", davvero bellissimo. Perché la storia che "Bubble" aveva intenzione di raccontare, la si intuisce, e sì, sarebbe stata bellissima. Tuttavia, la sensazione è che durante la scrittura di questa meravigliosa storia, fosse inaspettatamente giunto il momento di scendere sul palco e alzare il sipario, senza però che la scrittura fosse terminata.

Il risultato è disastroso, perché davvero dà proprio la percezione di un guscio da cui sarebbe dovuta nascere una bellissima farfalla, una gioia per occhi, orecchie, mente, cuore e quant'altro, ma che si è schiuso troppo presto, lasciandoci pieni di rammarico e rimpianto per qualcosa che davvero, come "Children of the Sea" - perché hai copiato da Igarashi, non ti azzardare a negarlo! - poteva essere tanto bello da togliere il fiato.

"Bubble", nome perfetto. Una bolla di colori per una pallina d'aria, una copertina graziosa per delle pagine completamente bianche. Un'occasione persa, un rimpianto e un rammarico. Non è il "Bubble" di cui avevamo bisogno, né il "Bubble" che ci meritavamo.