Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su drama e live action, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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«A Man Who Defies the World of BL», commedia del 2021 tratta da un omonimo manga, racconta -in soli quattro episodi- le vicende di uno studente universitario che si rende conto che il mondo attorno a lui è diventato un “mondo dei BL”: ovunque rivolga il suo sguardo vede sbocciare amori fra ragazzi, a lezione, per strada o anche in casa sua, visto che anche suo fratello minore è ben presto coinvolto in queste dinamiche. Ogni occasione è buona per far scoppiare amori fra bei ragazzi: ogni incontro per strada o nei corridoi dell’università, a casa di amici o nei locali e, prevedibilmente diversi ragazzi inciamperanno giusto in tempo per essere aiutati da un altro bel giovane, sopraggiunto al momento giusto. Il nostro protagonista desidera rimanere fuori dai giochi, significativamente il suo nome è “Mob”, e le quattro puntate mostrano come cercherà di non diventare protagonista.

La trama è una scusa per una disamina, arguta e fatta con leggerezza, di svariati clichè tipici dei boy’s love: infatti, per evitare di diventare “protagonista” e riuscire a rimanere sullo sfondo il simpatico Mob deve saper interpretare ciò che avviene intorno a lui e non finire in uno di quei meccanismi che fanno “scattare le scintille” fra i protagonisti e per rendere la sua azione efficace studierà alacremente la letteratura relativa.

La serie riesce nell’intento di realizzare una presa in giro degli stereotipi presenti nei BL mantenendosi sempre distante da ogni atteggiamento omofobo: se Mob non vuol essere coinvolto nel turbinio di fiori e cuoricini attorno a lui è, però, decisamente felice per tutte le coppie di ragazzi che si formano attorno a lui. Si tratta di un equilibrio delicato, e la brevità della serie in questo caso aiuta, non sono sicura che la seconda stagione, già annunciata, saprà mantenersi così bene su questo tono.

Le interpretazioni sono buone, in generale e in particolare ho apprezzato sia Mob, impersonato da Atsuhiro Inukai, sia -anche se il ruolo è abbastanza marginale- il fratello minore del protagonista, cui presta il volto Yutaro Goto, recentemente impegnato anche in «Cherry Magic».

La regia è di Koichiro Miki, di cui non avevo apprezzato diverse scelte operate alla regia della trasposizione del manga «Given»: avevo trovato il risultato quasi alquanto stucchevole; in «A Man Who Defies the World of BL,» invece, gli stessi elementi che apparivano eccessivi nelle atmosfere serie di «Given» qui ben si accompagnano al tono da commedia al limite del demenziale e le luci soffuse, il bokè, ma anche le assurdità come i fiori sullo sfondo dei personaggi hanno una ragione d’essere e non infastidiscono.

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I drama tailandesi sono diversi.

Bisogna partire da questa premessa: la recitazione è differente da quella a cui siamo abituati se non abbiamo mai visto un drama thailandese, o ne abbiamo visto pochi.
Anche gli attori sono molto diversi da quelli a cui possiamo esserci abituati guardando serie cinesi o coreane. In realtà le persone sembrano molto più vere, perché questi attori hanno un aspetto più umano, meno plastificato e, soprattutto, sembrano essere dotati di un po' di carne sulle ossa, cosa che molto spesso manca nelle loro controparti di altri paesi.
Alla fine si tratta di una questione di gusti, a me personalmente il cambio è garbato abbastanza.

Ho mentalmente assegnato un voto abbastanza alto alla recitazione non tanto in linea generale, ma in riferimento soprattutto alle scene amorose. Qui ci portiamo decisamente nel territorio del porno soft e bisogna ammettere che questi giovanissimi ragazzi sanno essere molto convincenti. Onore al merito non solo perché riescono a farci percepire sia la lussuria che il sottostante sentimento amoroso, ma soprattutto perché i quattro attori principali sono dei novellini, praticamente alle prime armi. Guardandone le biografie non credevo ai miei occhi.

Purtroppo, usciti dalla camera da letto, le vicende in sé lasciano a volte un po' a desiderare: c'è una lunga serie di scene, spesso terribilmente cliché, che fanno pensare a situazioni viste e riviste forse fin da prima degli anni settanta, ovviamente traslate in un contesto etero, perché all'epoca il BL praticamente non esisteva.

La prima coppia, Phayu e Rain, si muove nella duplice ambientazione di una università di architettura e di un sottobosco di corse clandestine con la moto, tratteggiato in maniera veramente inverosimile e a tratti pedestre. Mi ha irritato particolarmente che dicessero che era un luogo dove si potesse scommettere di tutto, perfino il proprio compagno, per poi lasciare cadere la cosa senza sfruttarla. Non che volessi vedere una situazione del genere, ma se fai un'affermazione così forte uno si aspetta che abbia un seguito, altrimenti si può evitare di farla.

Come spesso accade, e non solo in tema BL, ci sono situazioni di dubbio consenso, all'inizio, ma mai eccessive. Il rapporto si evolve poi in un leggerissimo dom/sub, molto, molto vaniglia, dove Phayu, più adulto e navigato, si prende un po' l'onere di aiutare Rain a crescere e ad assumersi le sue responsabilità.

Passata la boa della metà del drama, l'azione si sposta sulla seconda coppia, Prapai e Sky, la cui vicenda è forse dipanata un po' meglio, prendendo le mosse dal doloroso vissuto di Sky che, all'insaputa degli altri, ne ha passate veramente di brutte e ne patisce le conseguenze psicologiche. Anche qui si passa dalla facoltà di architettura all'ambiente delle corse clandestine, ma Prapai è anche un dirigente della società di famiglia, quindi un tipo piuttosto ricco, con un passato da playboy che decide di abbandonare quando si invaghisce di Sky. Conquistarlo, superandone le comprensibili resistenze, sarà dura ma, ovviamente, tutti i santi finiranno in gloria. Anche qui, l'inizio della relazione ha un vago olezzo di dub-con, con contorno di comportamento da stalker da parte di Prapai, poco avvezzo a sentirsi rifiutare e veramente intrigato da questo ragazzo così particolare. Piace che, ben presto, il suo comportamento cambierà da predatore a protettore non appena conoscerà Sky un po' meglio.

Nel frattempo, l'interazione fra Rain e Sky, i due passivi amici e studenti di architettura, regala scenette divertenti: Rain è un imbranato incapace di "leggere" le situazioni, Sky è un timido sfacciato, provetto nel botta e risposta, anche col suo ragazzo. E le sue magliette sono una più gustosa dell'altra.

E, a proposito di cliché, la parte "attiva" delle due coppie è formata da due amici (Phayu e Prapai) più adulti e smaliziati delle loro controparti, già laureati e sistemati, in carriera e di presenza fisica più importante. Tutto come da copione.

Ciò che non si afferra immediatamente è il significato dei nomi dei quattro protagonisti: Rain sta con Phayu (Storm) e Sky sta con Prapai (che viene tradotto, non so con quanta precisione, Wind). Questo fatto genererà più di un gioco di parole all'interno della serie.

Diciamoci la verità schietta: il drama non è particolarmente meritevole dal punto di vista dell'ambientazione, i luoghi e le situazioni sono appena tratteggiati, molte cose vengono lasciate in sospeso, dichiarate senza essere spiegate, e probabilmente ho aggiunto un mezzo punto alla mia valutazione solo perché è uno dei primi BL thailandesi che guardo e sono ancora titillata dalla novità. O forse si tratta semplicemente di una ambientazione troppo lontana dalla mia età anagrafica, probabilmente un pubblico molto più giovane di me troverà meno "fiabesco" il tutto. Una fiaba, a tratti un po' cattivella, che mi ha comunque divertito. Bisogna però rimarcare come la gestione del suono spesso sia carente, non so se anche in originale o solo nella copia che ho visionato io su Viki. Spesso si sente troppo la presenza dei microfoni e a volte parte improvvisamente della musica a palla, non si capisce bene per quale motivo.

Eppure, a voler ben guardare, pur nella solo apparente superficialità della storia, si possono trovare riferimenti validi. La scuola, anche se poco delineata, è un luogo dove, se manchi una scadenza, anche di poco, patisci delle conseguenze. Ci sono azioni o inazioni a cui non puoi rimediare solo chiedendo scusa: devi assumertene la responsabilità. Passato l'inizio delle interazioni fra i ragazzi, in odor di burrasca, le relazioni si sviluppano in maniera reciprocamente molto rispettosa e comunicativa. E così via. E' proprio il caso di dire che, sotto la commedia, c'è un substrato di moralità non indifferente. Certo, volendo affrontare la visione senza preconcetti bigotti.

Esiste un successivo episodio speciale, intitolato appunto "Love in the Air: Special Episode", che può così riassumersi:

Fanservice, ma non solo.

Prendendo le mosse da malintesi e malumori, Rain e Sky "scappano" in gita al mare, nascondendosi alle loro controparti.
Ci vorrà poco perché ne sentano l'acuta mancanza e perché i compagni arrivino di corsa a riprendersi i due fuggiaschi, con conseguenti bollenti scene di riappacificazione.
Sarebbe tutto dolcissimo, semplice e lineare, se non ci fosse una scena in cui si rimarca che, in Thailandia, non è ammesso il matrimonio fra persone dello stesso sesso, auspicando che la situazione possa cambiare.
E questo fa pensare, perché per tutto il drama principale, salvo un'unica frase subito corretta, le relazioni omosessuali non vengono mai osteggiate o sminuite. Ma il mondo, anche là, è evidentemente ancora un luogo imperfetto, dove una persona deve ancora lottare per reclamare il suo diritto ad occuparsi legalmente di chi gli è caro. Sì, fa pensare.

Ed è per questo che, alla serie nel suo complesso, ho assegnato un 8, bello pieno.

9.0/10
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Tratto dalla novel cinese di Priest intitolata “Da Ge”, o “Big Brother” in inglese, “Unknown” è un drama taiwanese che conta dodici episodi da circa trenta minuti ciascuno, che possiamo vedere con i sottotitoli in italiano su Viki.

Wei Qian è rimasto orfano all’età di quattordici anni, deve prendersi cura della sua sorellina più piccola e, oltre a lei, decide di portare a casa un bambino che vagabonda nel suo quartiere a cui darà il nome di Wei Zhi Yuan (Xiao Yuan). Lo iscriverà nel suo stato di famiglia, senza il quale per lo Stato non esiste e senza il quale non potrebbe nemmeno frequentare la scuola. Pur di mantenere i suoi fratellini, Qian fa di tutto, mettendo in secondo piano la sua vita e la sua salute. Nel frattempo, Xiao Yuan comincia a provare dei sentimenti particolari per il suo fratellone: se all’inizio possono essere scambiati per riconoscenza, avendolo salvato dalla strada, ben presto si accorgerà che è molto più di questo…

A quanto pare questa non è stata l’unica trasposizione "ad uscire" dalla Cina; infatti, sempre più autori si stanno rivolgendo a produzioni taiwanesi o thailandesi, o comunque stanno cercando di vendere i diritti al di fuori della Cina per adattare le proprie opere senza censure.

Altro esempio riguarda l’autrice Shui Qian Cheng: è in corso l’adattamento live-action “My Stand-In” in Thailandia, tratto dalla sua novel “Professional Body Double”, e deve uscire “Meet You at the Blossom”, tratto da “Hua Kai You Shi, Tui Mi Wu Scena”, con cast e crew cinese, ma produzione taiwanese.

Penso che questo sia un segnale molto forte che fa riflettere sui paletti che la Cina sta tentando di mettere riguardo ai drama boys love e al fatto che gli autori non vogliono vedersi storpiare le proprie opere.

Ho sempre guardato con molto piacere gli adattamenti drama delle opere di Priest, preferendoli spesso all’originale: “Guardian”, tratto dall’omonimo cartaceo, e “Word of Honor”, tratto da “Faraway Wanderers”. A questa autrice, infatti, mi lega un amore-odio, e l’indecisione di vedere o meno “Unknown” non era poca. Ma riflettendoci bene, io amo ogni sua storia e la mia antipatia riguarda più che altro le sue digressioni immense nelle novel, trovando invece i drama piacevoli, soprattutto se trattati da un buon regista e un buon sceneggiatore. E qui andavo sul sicuro: il regista è Ray Jiang e la sceneggiatrice è Cai Fei Qiao che hanno già lavorato insieme per un progetto che mi è rimasto nel cuore, ovvero “We best love”.

E di “We best love” ritroviamo anche qualche attore. Ho riconosciuto subito il bellissimo Sammy con i capelli un po’ più lunghi e l’aspetto un po’ più trasandato nella parte del dottor Lin.

Oltre a lui sono presenti anche i due piccoli attori che interpretavano i due protagonisti da ragazzini in “We best love”, Juan Po Hao e Max Kuo, che interpretano Xiao Yuan, rispettivamente, da bambino e da adolescente.

Loro sono stati favolosi, come del resto tutto il cast. I due attori principali, Chris Chiu e Kurt Huang, per me sono stati una meravigliosa scoperta. La loro chimica è ben palpabile, tanto che trascinano lo spettatore in un turbinio di emozioni. Forse il fatto di conoscersi da più di dieci anni ha aiutato.
Chris, in un’intervista, ha dichiarato che si è sentito più a suo agio a girare le scene d’amore con Kurt rispetto con delle ragazze perché aveva meno nervosismo e timore di dove stava mettendo le mani!
E Kurt ha confermato tutto questo, sottolineando per di più di come si sia calato talmente tanto nel ruolo da vergognarsene quasi a posteriori, riguardando le scene girate!

Chris Chiu è l’attore che mi ha colpito per primo: appare maggiormente nella scena e, grazie a tagli di capelli diversi, percorre varie età del personaggio.
Per lui non è stato semplice, avendo un carattere molto diverso da quello di Qian: lui che è così solare e allegro, spesso e volentieri si è dovuto trattenere per non sorridere, in quanto il suo personaggio è molto serio, maturo, posato e cerca in tutti i modi di nascondere le proprie emozioni.

È la splendida voce di Chris, insieme a quella di Kim Jae- hoon (che nel drama interpreta il fedele amico d’infanzia di Qian), che canta l'opening della serie, dal titolo “Unknown”, come la serie.

È via via che scorrono le puntate, invece, che si scopre la bravura di Kurt Huang. Il tema della famiglia, trattato in questo drama, non è per niente semplice e bastava pochissimo per rendere l'amore dolce e disperato che provava per il fratellone non biologico, in un amore contorto. Il modo bilanciato con cui ha reso il personaggio è stato perfetto, sommato a una scenografia non da meno.

Tantissime, difatti, sono le scene e le frasi d’impatto che restano nel cuore. La mia preferita è quando la sorellina Lili non vuole andare a scuola e Qian afferma che ci andrebbe anche se il mondo crollasse perché lui lo sosterrebbe. Questa frase detta tanto per far tacere le lamentele di una bambina che vuole marinare le lezioni, diventa una scena dolcissima visto che il piccolo Yuan risponde che, se il mondo crollasse, lo sosterrebbe insieme al fratellone.

"Unknown", in conclusione, è una serie straziante e dolce allo stesso tempo, che vi farà piangere ed emozionare e che al termine vi lascerà quel vuoto che noi conosciamo molto bene, e l’unica cosa che vi chiederete sarà: “E adesso che cosa posso guardare?”