La bandiera del nostro paese può benissimo rappresentare l'amore che questa nazione ha per il calcio: il verde dei prati, il bianco di righe, pali e palloni, il rosso delle venature degli occhi dei tifosi più passionali.
Altri stati sono noti per l'adorazione verso il calcio e la naturale propensione a farsi notare nelle manifestazioni internazionali, come la Francia, o il Brasile.
Al tempo della pubblicazione di Capitan Tsubasa, opera calcistica di Yoichi Takahashi in 37 volumi e recentemente ristampata in formato "bunko" da 21 volumi, il Giappone nel calcio non è che se la cavasse troppo bene, anzi, era decisamente marginale.
Ma il sogno del protagonista, Tsubasa Ozora, consiste nel diventare un calciatore di prima grandezza e vincere i campionati mondiali vestendo la maglia del suo paese, dopo essersi allenato in Brasile, e chissà se con la determinazione il nostro eroe non riuscirà a rendere la terra del sol levante di nuovo incisiva a livello globale...
Serie estremamente passionale, Capitan Tsubasa, dove i giocatori, anche se giovani ed impegnati in leghe minori, mettono anima e corpo nel tentativo di vincere una partita, portando nei campi da calcio lo spirito indomito che nel decennio precedente Joe Yabuki e Naoto Date avevano fatto bruciare fino alla fine all'interno di un ring.
La narrazione è, per forza di cose, corale, dato che il calcio è uno sport di squadra e quindi i protagonisti presto o tardi diventano almeno una decina in campo, più le riserve, e questo permette all'autore d'intrecciare storie di vita e vicende molto diverse, di redenzione e di malattia, di vittoria e di sconfitta, storie dunque non solo positive ma anche fallimentari, perché il mondo del calcio non perdona chi fa cilecca.
Ogni personaggio ha i suoi obiettivi, i suoi punti di forza e di debolezza, il suo background familiare e ci sono anche delle coppie che vanno a formarsi, tra una partita e l'altra (non tra i giocatori, precisiamo).
Tanto diversi sono i personaggi psicologicamente quanto simili sono molti di loro d'aspetto, e questo in alcuni casi può creare un po' di confusione durante le partite, e rendere più facilmente ricordabili quelli con i tratti più marcati. E tale "rischio di confusione" si intensifica considerando che, per forza di cose, i nomi dei personaggi sono tutti nomi e cognomi giapponesi (e più avanti internazionali) piuttosto generici e quindi in molti casi difficili da ricordare (e l'autore ad un certo punto si diverte ad anticipare Shakira di ventinove anni, chiamando tutti e due i portieri principali della storia con un cognome che inizia per "Waka-").
Nonostante questi piccoli punti oscuri, comunque, la storia è così passionale, e nel suo piccolo drammatica, che il coinvolgimento emotivo nel corso di ogni partita è decisamente forte, e il lettore prova le stesse sensazioni dei protagonisti una volta giunti al fischio finale dell'arbitro.
Progressivamente, gli incontri si fanno sempre più lunghi (anche di effettivo minutaggio, seguendo probabilmente le regole ufficiali) e faticosi, perché sempre più aumenta il livello dei tornei a cui i nostri partecipano, e allo stesso modo se ne percepisce quindi la potenza agonistica, la carica emotiva e la tensione che questi generano negli animi dei giocatori protagonisti.
È sorprendente come visivamente venga rappresentata alla perfezione la sensazione d'assistere ad un'azione di gioco di una partita di calcio reale, un intelligente utilizzo della regia delle vignette e delle tavole, infatti, ripropone su carta la tensione crescente che accompagna la corsa dei giocatori verso la porta avversaria, e i tiri più insidiosi sono rappresentati con campiture larghe, facendo "esplodere" il risultato davanti al lettore, portando la suspence ad un climax degno di un tiro in porta in una partita vera.
Parlando di tiri, è ben noto che Capitan Tsubasa compie qualche passo più in là oltre il verosimile nelle sue partite, andando a mettere in scena tiri ed azioni sempre più assurde man mano che il livello del gioco aumenta, fino a mostrare tiri che bucano la rete letteralmente e disintegrano berretti, o si piantano direttamente nei muri come cannonate vere.
Questo tipo di licenza poetica può piacere o non piacere, essere derisa o considerata un valore aggiunto, ma è indubbio che Capitan Tsubasa è quello che è anche per i tiri della tigre e le catapulte infernali, fa tutto parte del pacchetto di questa serie che ha fatto la storia, nel bene e nel male.
Peraltro se è vero come è vero che i personaggi sono molto spesso simili d'aspetto, questo non implica che il lato visivo della serie sia di poco valore, come già accennato per quel che riguarda la regia.
I campi, i paesaggi, le strutture e i vari elementi dello sfondo sono realizzati in maniera encomiabile, così come le varie azioni e colpi di scena delle partite sono resi in modo energico e vibrante, dando una sensazione di potenza e fisicità difficile da rendere su carta.
Recensire una serie del genere non è certo facile, perché Capitan Tsubasa (vogliamo dirlo? Diciamolo, Holly e Benji) è un nome ormai celebre in tutto il mondo da decadi, e di conseguenza parla da solo, la sua fama lo precede e sembra quasi inutile stare a discuterne e descriverlo, ma quando si giunge alla conclusione dell'ultimo volume, quasi stremati dalla forza emotiva delle numerosissime azioni che si sono susseguite dalla prima all'ultima pagina, ci si rende conto che quella grandezza, quella notorietà è effettivamente meritata, che un conto è sentir parlare della leggenda, ed un altro è viverla.
L'edizione bunko in 21 volumi, pubblicata in Italia da Star Comics, aiuta ancora di più a dare l'effetto "intensità", visto che ogni numero è lungo da leggere (anche per via del fatto che i capitoli sono suddivisi in maniera diversa e più libera rispetto al solito, e di conseguenza uno solo può durare anche più di cento pagine) e comporta una scarica di emozioni molto elevata.
L'adattamento italiano è tanto fedele all'originale nei nomi dei personaggi quanto coscenzioso per quel che riguarda i termini calcistici, utilizzati alacremente, peccato solo che spesso si possa incappare in scivoloni grammaticali o lessicali, frutto amaro di evidenti distrazioni in fase di controllo.
Altri stati sono noti per l'adorazione verso il calcio e la naturale propensione a farsi notare nelle manifestazioni internazionali, come la Francia, o il Brasile.
Al tempo della pubblicazione di Capitan Tsubasa, opera calcistica di Yoichi Takahashi in 37 volumi e recentemente ristampata in formato "bunko" da 21 volumi, il Giappone nel calcio non è che se la cavasse troppo bene, anzi, era decisamente marginale.
Ma il sogno del protagonista, Tsubasa Ozora, consiste nel diventare un calciatore di prima grandezza e vincere i campionati mondiali vestendo la maglia del suo paese, dopo essersi allenato in Brasile, e chissà se con la determinazione il nostro eroe non riuscirà a rendere la terra del sol levante di nuovo incisiva a livello globale...
Serie estremamente passionale, Capitan Tsubasa, dove i giocatori, anche se giovani ed impegnati in leghe minori, mettono anima e corpo nel tentativo di vincere una partita, portando nei campi da calcio lo spirito indomito che nel decennio precedente Joe Yabuki e Naoto Date avevano fatto bruciare fino alla fine all'interno di un ring.
La narrazione è, per forza di cose, corale, dato che il calcio è uno sport di squadra e quindi i protagonisti presto o tardi diventano almeno una decina in campo, più le riserve, e questo permette all'autore d'intrecciare storie di vita e vicende molto diverse, di redenzione e di malattia, di vittoria e di sconfitta, storie dunque non solo positive ma anche fallimentari, perché il mondo del calcio non perdona chi fa cilecca.
Ogni personaggio ha i suoi obiettivi, i suoi punti di forza e di debolezza, il suo background familiare e ci sono anche delle coppie che vanno a formarsi, tra una partita e l'altra (non tra i giocatori, precisiamo).
Tanto diversi sono i personaggi psicologicamente quanto simili sono molti di loro d'aspetto, e questo in alcuni casi può creare un po' di confusione durante le partite, e rendere più facilmente ricordabili quelli con i tratti più marcati. E tale "rischio di confusione" si intensifica considerando che, per forza di cose, i nomi dei personaggi sono tutti nomi e cognomi giapponesi (e più avanti internazionali) piuttosto generici e quindi in molti casi difficili da ricordare (e l'autore ad un certo punto si diverte ad anticipare Shakira di ventinove anni, chiamando tutti e due i portieri principali della storia con un cognome che inizia per "Waka-").
Nonostante questi piccoli punti oscuri, comunque, la storia è così passionale, e nel suo piccolo drammatica, che il coinvolgimento emotivo nel corso di ogni partita è decisamente forte, e il lettore prova le stesse sensazioni dei protagonisti una volta giunti al fischio finale dell'arbitro.
Progressivamente, gli incontri si fanno sempre più lunghi (anche di effettivo minutaggio, seguendo probabilmente le regole ufficiali) e faticosi, perché sempre più aumenta il livello dei tornei a cui i nostri partecipano, e allo stesso modo se ne percepisce quindi la potenza agonistica, la carica emotiva e la tensione che questi generano negli animi dei giocatori protagonisti.
È sorprendente come visivamente venga rappresentata alla perfezione la sensazione d'assistere ad un'azione di gioco di una partita di calcio reale, un intelligente utilizzo della regia delle vignette e delle tavole, infatti, ripropone su carta la tensione crescente che accompagna la corsa dei giocatori verso la porta avversaria, e i tiri più insidiosi sono rappresentati con campiture larghe, facendo "esplodere" il risultato davanti al lettore, portando la suspence ad un climax degno di un tiro in porta in una partita vera.
Parlando di tiri, è ben noto che Capitan Tsubasa compie qualche passo più in là oltre il verosimile nelle sue partite, andando a mettere in scena tiri ed azioni sempre più assurde man mano che il livello del gioco aumenta, fino a mostrare tiri che bucano la rete letteralmente e disintegrano berretti, o si piantano direttamente nei muri come cannonate vere.
Questo tipo di licenza poetica può piacere o non piacere, essere derisa o considerata un valore aggiunto, ma è indubbio che Capitan Tsubasa è quello che è anche per i tiri della tigre e le catapulte infernali, fa tutto parte del pacchetto di questa serie che ha fatto la storia, nel bene e nel male.
Peraltro se è vero come è vero che i personaggi sono molto spesso simili d'aspetto, questo non implica che il lato visivo della serie sia di poco valore, come già accennato per quel che riguarda la regia.
I campi, i paesaggi, le strutture e i vari elementi dello sfondo sono realizzati in maniera encomiabile, così come le varie azioni e colpi di scena delle partite sono resi in modo energico e vibrante, dando una sensazione di potenza e fisicità difficile da rendere su carta.
Recensire una serie del genere non è certo facile, perché Capitan Tsubasa (vogliamo dirlo? Diciamolo, Holly e Benji) è un nome ormai celebre in tutto il mondo da decadi, e di conseguenza parla da solo, la sua fama lo precede e sembra quasi inutile stare a discuterne e descriverlo, ma quando si giunge alla conclusione dell'ultimo volume, quasi stremati dalla forza emotiva delle numerosissime azioni che si sono susseguite dalla prima all'ultima pagina, ci si rende conto che quella grandezza, quella notorietà è effettivamente meritata, che un conto è sentir parlare della leggenda, ed un altro è viverla.
L'edizione bunko in 21 volumi, pubblicata in Italia da Star Comics, aiuta ancora di più a dare l'effetto "intensità", visto che ogni numero è lungo da leggere (anche per via del fatto che i capitoli sono suddivisi in maniera diversa e più libera rispetto al solito, e di conseguenza uno solo può durare anche più di cento pagine) e comporta una scarica di emozioni molto elevata.
L'adattamento italiano è tanto fedele all'originale nei nomi dei personaggi quanto coscenzioso per quel che riguarda i termini calcistici, utilizzati alacremente, peccato solo che spesso si possa incappare in scivoloni grammaticali o lessicali, frutto amaro di evidenti distrazioni in fase di controllo.
Merita, dunque, Capitan Tsubasa la lettura?
Il nome stesso è già di per sé una risposta, nonché il motivo per cui io, disinteressato al calcio e completamente ignorante per quanto riguarda la trasposizione animata, mi sono cimentato in quest'impresa, e la forza della fama di questa serie mi si è rivolta contro, travolgendomi con una lunga epopea di amore per lo sport, d'impegno e, a suo modo, di epicità.
Il nome stesso è già di per sé una risposta, nonché il motivo per cui io, disinteressato al calcio e completamente ignorante per quanto riguarda la trasposizione animata, mi sono cimentato in quest'impresa, e la forza della fama di questa serie mi si è rivolta contro, travolgendomi con una lunga epopea di amore per lo sport, d'impegno e, a suo modo, di epicità.
Pro
- Emozionante e coinvolgente
- Ha tutto lo spirito dei manga dell'epoca
Contro
- Un po' pesante in certi passaggi
- Il design di molti personaggi è sin troppo simile
Quando ho iniziato a seguire il manga temevo che certi elementi fossero più pacati invece ho ritrovato nelle pagine lo stesso spirito, per me la lettura è stato un piacevole tuffo nel passato.
Concordo col recensore su tutto, soprattutto con la riflessione di quanto i personaggi godano di una caratterizzazione psicologica molto diversa tra loro, ma dannazione esteticamente son tutti uguali!
L'unico punto su cui ho un pò sorriso
È sorprendente come visivamente venga rappresentata alla perfezione la sensazione d'assistere ad un'azione di gioco di una partita di calcio reale
No, il calcio reale non potrà mai essere così appassionante, lo definirei quasi uno sport per signorine se confrontato a Capitan Tsubasa.
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