Un po' di tempo fa vi avevo parlato delle condizioni spesso ai limiti del sopportabile di molti giovani animatori giapponesi. Ma se si è stranieri? C'è modo di entrare a far parte di uno studio di animazione e nel caso ci sono disparità di trattamento? Questa è la storia di Henry Thurlow e del suo collega Arthell Isom e della loro esperienza nel mondo degli anime nipponici.
Due anni fa, in un'intervista alla rivista Buzzfeed, Thurlow dichiarava: "Quando lavoravo come animatore a New York, potevo permettermi un appartamento, fare shopping e avevo sufficiente tempo libero per coltivare la mia vita privata, ma non ero soddisfatto come artista. Ora che sono in Giappone, tutto nella mia vita è assolutamente orribile, ma l'artista che è in me è completamente soddisfatto".
Due anni dopo Thurlow vive ancora nell'arcipelago ed è riuscito a fondare, insieme a Isom e al sostegno dalla California del fratello gemello di Isom, un suo studio di animazione, la D'Art Shtajio che ha compiuto un anno di vita alla fine del 2017.
I due hanno un curriculum di tutto rispetto. Thurlow, dopo essersi trasferito da New York a Tokyo sei anni fa, aver imparato la lingua e perfezionato la sua tecnica, ha lavorato per diverso tempo sia alla Nakamura Productions che allo Studio Pierrot. Ha disegnato per "Gundam" e "Pokemon", ma non ha mai avuto la fortuna di essere citato nei titoli di coda per il suo lavoro, pagato peraltro 4 dollari al giorno, né di veder accettati i suoi suggerimenti o le sue opinioni.
Isom invece, dopo aver studiato storia dell'arte in Italia e frequentato scuole d'arte a San Francisco e Osaka, ha lavorato al fianco del maestro Hiromasa Ogura (responsabile degli sfondi di Ghost in the Shell) specializzandosi appunto nella creazione degli sfondi, perché ossessionato dagli ambienti visivi degli anime (i colori, le illustrazioni meticolose e l'uso della luce) più che dai suoi personaggi o dalle trame.
I due si completano a vicenda e il loro essere tanto motivati li ha portati a diverse collaborazioni, pur essendo uno studio appena nato: hanno lavorato in alcuni episodi di "Gintama" (con tanto di menzione nei titoli di coda) e hanno creato due episodi pilota originali: "Indigo Ignited", basato su un manga americano, uscito in agosto, e "The Doll" ("Shojo no Piero"), uscito alla fine del 2017. Assieme a loro lavorano altre 12 persone, ma essere stranieri che producono anime originali in Giappone li rende comunque qualcosa di fuori dalla norma.
Secondo Tadashi Sudo, ex CEO di Anime! Anime!, il principale portale di informazione del settore, il numero di stranieri che lavorano a livello nazionale è circa il 5%, anche se non ci sono statistiche ufficiali. Ma Sudo crede che coloro che stanno entrando nel business oggi potranno affermarsi in ruoli più importanti.
"Il numero di non giapponesi (in Giappone) è in aumento" ha dichiarato Sudo "non solo nel lavoro di produzione, ma anche come produttori, nella pianificazione degli anime, nella gestione della vendita dei diritti e nelle pubbliche relazioni".
L'italiano Francesco Prandoni, direttore delle relazioni internazionali per Production I.G, ritiene che le giovani generazioni di appassionati di anime all'estero siano più propense a studiare il giapponese, aiutate in parte dalla tecnologia.
Ma i regolamenti per i visti di lavoro sono un ostacolo. "A molti di questi talenti manca un pedigree formativo e questo si traduce in un secco rifiuto al momento di ottenere un permesso di lavoro, dando così origine a molte opportunità mancate".
Michael Arias, regista di Tekkonkinkreet, lungometraggio del 2006, considerato un classico degli anime del 21° secolo da molti critici e fan, si è trasferito in Giappone dagli Stati Uniti 27 anni fa.
Secondo il regista, un settore dove gli stranieri sono in aumento è quello della CG (computer graphics): è richiesto un livello base meno alto, gli incentivi sono maggiori ed esistono molte opportunità, tutte cose che non ci sono per l'animazione classica, a causa anche delle poche sedi in cui poter imparare e affinare le proprie competenze.
Il governo ha recentemente annunciato un piano, attraverso il Cool Japan Fund, per diminuire le restrizioni sui visti a persone non giapponesi che lavorano in ambito creativo e che potrebbero non avere pedigree formativo. Nella stessa settimana, la business school IMD ha pubblicato il World Talent Ranking 2017 per le nazioni asiatiche, con la classifica dell'appeal dei vari paesi per i lavoratori stranieri: il Giappone si è classificato ultimo.
D'altronde i consigli di Thurlow per chi vuole entrare a lavorare nell'industria dell'animazione nipponica sono molto semplici: imparare la lingua, vivere con il proprio visto e prepararsi a lavorare perfino nei weekend senza aspettarsi di essere pagati.
Fonte consultata:
TheJapanTimes
Due anni fa, in un'intervista alla rivista Buzzfeed, Thurlow dichiarava: "Quando lavoravo come animatore a New York, potevo permettermi un appartamento, fare shopping e avevo sufficiente tempo libero per coltivare la mia vita privata, ma non ero soddisfatto come artista. Ora che sono in Giappone, tutto nella mia vita è assolutamente orribile, ma l'artista che è in me è completamente soddisfatto".
Due anni dopo Thurlow vive ancora nell'arcipelago ed è riuscito a fondare, insieme a Isom e al sostegno dalla California del fratello gemello di Isom, un suo studio di animazione, la D'Art Shtajio che ha compiuto un anno di vita alla fine del 2017.
I due hanno un curriculum di tutto rispetto. Thurlow, dopo essersi trasferito da New York a Tokyo sei anni fa, aver imparato la lingua e perfezionato la sua tecnica, ha lavorato per diverso tempo sia alla Nakamura Productions che allo Studio Pierrot. Ha disegnato per "Gundam" e "Pokemon", ma non ha mai avuto la fortuna di essere citato nei titoli di coda per il suo lavoro, pagato peraltro 4 dollari al giorno, né di veder accettati i suoi suggerimenti o le sue opinioni.
Isom invece, dopo aver studiato storia dell'arte in Italia e frequentato scuole d'arte a San Francisco e Osaka, ha lavorato al fianco del maestro Hiromasa Ogura (responsabile degli sfondi di Ghost in the Shell) specializzandosi appunto nella creazione degli sfondi, perché ossessionato dagli ambienti visivi degli anime (i colori, le illustrazioni meticolose e l'uso della luce) più che dai suoi personaggi o dalle trame.
I due si completano a vicenda e il loro essere tanto motivati li ha portati a diverse collaborazioni, pur essendo uno studio appena nato: hanno lavorato in alcuni episodi di "Gintama" (con tanto di menzione nei titoli di coda) e hanno creato due episodi pilota originali: "Indigo Ignited", basato su un manga americano, uscito in agosto, e "The Doll" ("Shojo no Piero"), uscito alla fine del 2017. Assieme a loro lavorano altre 12 persone, ma essere stranieri che producono anime originali in Giappone li rende comunque qualcosa di fuori dalla norma.
Secondo Tadashi Sudo, ex CEO di Anime! Anime!, il principale portale di informazione del settore, il numero di stranieri che lavorano a livello nazionale è circa il 5%, anche se non ci sono statistiche ufficiali. Ma Sudo crede che coloro che stanno entrando nel business oggi potranno affermarsi in ruoli più importanti.
"Il numero di non giapponesi (in Giappone) è in aumento" ha dichiarato Sudo "non solo nel lavoro di produzione, ma anche come produttori, nella pianificazione degli anime, nella gestione della vendita dei diritti e nelle pubbliche relazioni".
L'italiano Francesco Prandoni, direttore delle relazioni internazionali per Production I.G, ritiene che le giovani generazioni di appassionati di anime all'estero siano più propense a studiare il giapponese, aiutate in parte dalla tecnologia.
Ma i regolamenti per i visti di lavoro sono un ostacolo. "A molti di questi talenti manca un pedigree formativo e questo si traduce in un secco rifiuto al momento di ottenere un permesso di lavoro, dando così origine a molte opportunità mancate".
Michael Arias, regista di Tekkonkinkreet, lungometraggio del 2006, considerato un classico degli anime del 21° secolo da molti critici e fan, si è trasferito in Giappone dagli Stati Uniti 27 anni fa.
Secondo il regista, un settore dove gli stranieri sono in aumento è quello della CG (computer graphics): è richiesto un livello base meno alto, gli incentivi sono maggiori ed esistono molte opportunità, tutte cose che non ci sono per l'animazione classica, a causa anche delle poche sedi in cui poter imparare e affinare le proprie competenze.
Il governo ha recentemente annunciato un piano, attraverso il Cool Japan Fund, per diminuire le restrizioni sui visti a persone non giapponesi che lavorano in ambito creativo e che potrebbero non avere pedigree formativo. Nella stessa settimana, la business school IMD ha pubblicato il World Talent Ranking 2017 per le nazioni asiatiche, con la classifica dell'appeal dei vari paesi per i lavoratori stranieri: il Giappone si è classificato ultimo.
D'altronde i consigli di Thurlow per chi vuole entrare a lavorare nell'industria dell'animazione nipponica sono molto semplici: imparare la lingua, vivere con il proprio visto e prepararsi a lavorare perfino nei weekend senza aspettarsi di essere pagati.
Fonte consultata:
TheJapanTimes
Che bella prospettiva. XD
È poi ci si meraviglia che nelle nuove generazioni sono sempre meno quelli che vogliono lavorare nel mondo dell'animazione.
Queste cose allontanano i giovani dal settore dell'animazione, non gli avvicinano.
Questa considerazione mi ha impressionato molto, alla fine, nelle condizioni attuali, è grazie alla passione e alla sensibilità di queste persone che possiamo vedere tanti anime, è un vero peccato che, come tanti lavoratori purtroppo, debbano essere costretti a sacrificare la vita privata per la loro professione...
Qua invece che andare avanti si torna indietro, ai tempi in cui c'era chi vendeva un suo quadro per una minestra...
Gli anime sono un laudo guadagno per i capoccioni, per quelli che stanno in cima alla gerarchia nel settore.
Ma per tutti gl'altri che lavorano in questo settore(animatori, impiegati, disegnatori, ect) è solo un lavoro spesso poco retribuito e con orari faticosi. Ecco perché per esempio in Giappone sempre meno giovani lavorano in questo settore, perché sanno che le prospettive non sono buone.
Ho idea che ci sia una scarsa redistribuzione della ricchezza in questo settore...
Nel senso che sappiamo che non tutti gli anime e gli studi hanno successo, però anche chi c'è l'ha forse non paga stipendi "equi" a tutti quelli coinvolti nella produzione...
Non è vita quella degli animatori in Giappone.
Ti fregherò questa citazione
fai pure, il mio fidanzato apprezzerà
Quindi anche se lo scrive nel curriculum potrebbe succedere che nessuno gli creda! Oltre al danno anche la beffa...
Usti che culo!
Poi sono andati a ringraziare inginocchiandosi in lacrime per l'enorme onore?
No beh, anche se non sono citati nei crediti l'azienda ha i nominativi di chi ha lavorato per loro. Se chi ha ricevuto il curriculum vuole verificare le conferme lei trova.
Ovvio, se non altro potrebbe portare le buste paga, però dai, manco una citazione nei titoli di coda? Anche se non ha svolto un lavoro fondamentale credo che un minimo cenno se lo sarebbe meritato...
Penso che in parte lo siano grazie ai dipendenti sottopagati. In uno degli ultimi reportage hanno detto che i guadagni del settore degli anime era chiaramente in rialzo, ma secondo me è anche a causa del fatto che gli animatori e chi ci lavora veramente agli anime prendono pochissimo quindi ad arricchirsi alla fine sono solo le persone che stanno più in alto.
forse intendevano all'ora!
Penso che funzioni come i fumetti, il nome si mette tenendo conto della percentuale di lavoro fatto.
All'improvviso l'orto del nonno non sembra più un'alternativa così disdicevole, anzi...
Quindi uno che fa l'1% del lavoro non ha diritto ad essere nemmeno menzionato?
Pure io
Contrattualmente no.
Nei credits non compaiono quasi mai i nomi degli addetti che lavorano in subappalto, al massimo appare il nome dello studio.
Che beffa...
Pensare che ci sono gruppi indie di sviluppatori di videogiochi che nei ringraziamenti ci mettono anche la donna delle pulizie degli uffici dove hanno lavorato!
Basta pensare a quanto hanno rovinato digimon tri rendendolo più uno pseudo shojo antropologico sulla società giapponese piuttosto che uno shonen, ricordo ancora il 3 film letteralmente sprecato per quelle inutili feste liceali che fanno in giappone, che rabbia
Non si tratta di subappalto ma di quantità di lavoro svolto. Se non raggiungi almeno la metà di lavoro fatto sul prodotto finale il 90 % dei produttori non mette il nome.
Almeno la metà di lavoro svolto? E che se sono in 3 non mettono nessun nome?
lordi o netti?
Contento lui. Io, da italiano, non riuscirei nemmeno ad immaginare di lavorare a condizioni come quelle.
Ed è davvero triste, come sottolineava qualcuno qualche commento più sopra, che nel 2018 si debba sentire cose del genere (da qualcuno che non è giapponese, per di più!).
Dipende come è diviso il lavoro. Parlando di fumetti, ad esempio se su un albo di sessanta pagine lo dai a 3 artisti diversi da venti pagine ciascuno metti il nome di tutti e tre. Poi ci sono anche i casi di pagine appaltate appositamente ad un dato artista ( ad esempio due pagine su quindici di uno spillato di Harley Quinn date a Stjepan Sejic)) che nonostante non raggiunga un' ampia percentuale sul totale viene comunque data la menzione. In genere quelli che non vengono nominati sono sempre gli assistenti di chi ha ricevuto il lavoro perché difficilmente ricevono una quantità di pagine necessarie per la menzione.
Male, molti mangaka citano i loro assistenti alla fine di ogni volume!!
Nelle serie tv vengono creditati solo gli addetti dello studio principale a cui é stato commissionato l'episodio, non i nomi dei dipendenti dei vari service di supporto. È così dagli albori!
Beh quello è a loro discrezione.
B) Altrettanto certamente non è possibile andare avanti solo in questo modo. Certe "tesi" sul fatto che l'Intelligenza Artificiale possa Sostituire in toto gli animatori ( e non solo sostenerne il lavoro) provengono proprio dall'atteggiamento che ha l'industria verso i suoi "facitori", considerati null'altro che "macchine".
C) Decisamente od i Giapponesi cambiano modello in questo campo o si metterà male per loro. Molto.
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