Non è un segreto: dietro alle pagine di un manga o alle scene di un anime si nascondono grande fatica, dedizione e qualche notte insonne. E' la dura realtà dell'animazione giapponese: troppo spesso, infatti, gli animatori giapponesi attraversano fasi di forte stress emotivo che, in alcuni casi, può avere pesanti conseguenze sulla carriera del soggetto in questione. Per far fronte al problema, il 20 febbraio scorso, il Ministry of Economy, Trade and Industry (METI) si è riunito con 100 rappresentanti dell'industria dell'animazione. La conferenza si proponeva di discutere di come e in quali ambiti la tecnologia venga utilizzata dalle varie case di produzione.
Il METI si augura che l'adozione di standard unificati per dati e software di animazione contribuisca alla creazione di animazioni condivise all'interno di uno studio. Tradizionalmente, ad ogni squadra di animatori vengono consegnati alcuni file cartacei su cui sono disegnati i fotogrammi chiave, sarà poi compito della squadra disegnare le immagini "intermedie" ai fotogrammi (quelle che vengono un po' prima e quelle che vengono un po' dopo, insomma), così da ottenere un'animazione più fluida possibile.
Un video animato della durata di 30 minuti contiene circa 8000 disegni intermedi. Per renderci conto della quantità di lavoro che c'è dietro, vediamo un esempio pratico:
Poniamo che uno studio di animazione assuma 10 animatori per eseguire i disegni intermedi dell'anime X che va in onda settimanalmente. Se ciascun animatore è in grado di disegnare un frame in dieci minuti, in un'ora ognuno può realizzare 6 frame. Quindi una squadra di 10 animatori, in un'ora, può completare 60 fotogrammi intermedi. L'intero team impiegherebbe 133 ore per animare gli 8000 fotogrammi intermedi di un episodio: ogni animatore dovrebbe lavorare 19 ore al giorno per 7 giorni a settimana!
Chiaramente, la velocità di produzione, la vastità dello staff e la complessità delle varie animazioni intermedie varia da studio a studio. L'esempio sopracitato fa però capire che un qualsiasi miglioramento di questa situazione sarebbe gradito.
Durante l'incontro il METI ha inoltre riconosciuto che non sempre gli animatori ricevono uno stipendio adeguato al carico di lavoro; ecco perché è necessaria una svolta in ambito di retribuzione, ancor prima che in ambito tecnologico. L'adozione di software standardizzati potrebbe potenzialmente semplificare il processo di animazione e, auspicabilmente, ridurre le ore lavorative.
Nonostante molti studi di animazione non vogliano abbandonare la tradizione del disegno a mano, utilizzando la tecnologia solo per ritocchi o effetti vari, molte altre case di produzione, come Polygon Pictures (Blame!) e Orange (Land of the Lustrous), hanno avuto successo abbracciando la tecnologia in grande stile, per quanto chiacchierato.
Le condizioni di lavoro attuali all'interno degli studi di animazione, con bassi salari e lunghe ore di lavoro, hanno fatto sì che l'80% dei dipendenti lasciasse il proprio lavoro a tre anni dall'assunzione. Inoltre, molti giovani giapponesi ambiziosi sono demoralizzati e sconfortati, e la conseguente carenza di richieste di lavoro ha portato ad un aumento della esternalizzazione all'estero della produzione, senza la quale i processi di animazione non potrebbero terminare in tempo. Nonostante il METI abbia fatto proposte significative, non è chiaro quanti studi effettivamente le implementeranno.
Fonte consultata:
Goboiano
Il METI si augura che l'adozione di standard unificati per dati e software di animazione contribuisca alla creazione di animazioni condivise all'interno di uno studio. Tradizionalmente, ad ogni squadra di animatori vengono consegnati alcuni file cartacei su cui sono disegnati i fotogrammi chiave, sarà poi compito della squadra disegnare le immagini "intermedie" ai fotogrammi (quelle che vengono un po' prima e quelle che vengono un po' dopo, insomma), così da ottenere un'animazione più fluida possibile.
Un video animato della durata di 30 minuti contiene circa 8000 disegni intermedi. Per renderci conto della quantità di lavoro che c'è dietro, vediamo un esempio pratico:
Poniamo che uno studio di animazione assuma 10 animatori per eseguire i disegni intermedi dell'anime X che va in onda settimanalmente. Se ciascun animatore è in grado di disegnare un frame in dieci minuti, in un'ora ognuno può realizzare 6 frame. Quindi una squadra di 10 animatori, in un'ora, può completare 60 fotogrammi intermedi. L'intero team impiegherebbe 133 ore per animare gli 8000 fotogrammi intermedi di un episodio: ogni animatore dovrebbe lavorare 19 ore al giorno per 7 giorni a settimana!
Chiaramente, la velocità di produzione, la vastità dello staff e la complessità delle varie animazioni intermedie varia da studio a studio. L'esempio sopracitato fa però capire che un qualsiasi miglioramento di questa situazione sarebbe gradito.
Durante l'incontro il METI ha inoltre riconosciuto che non sempre gli animatori ricevono uno stipendio adeguato al carico di lavoro; ecco perché è necessaria una svolta in ambito di retribuzione, ancor prima che in ambito tecnologico. L'adozione di software standardizzati potrebbe potenzialmente semplificare il processo di animazione e, auspicabilmente, ridurre le ore lavorative.
Nonostante molti studi di animazione non vogliano abbandonare la tradizione del disegno a mano, utilizzando la tecnologia solo per ritocchi o effetti vari, molte altre case di produzione, come Polygon Pictures (Blame!) e Orange (Land of the Lustrous), hanno avuto successo abbracciando la tecnologia in grande stile, per quanto chiacchierato.
Le condizioni di lavoro attuali all'interno degli studi di animazione, con bassi salari e lunghe ore di lavoro, hanno fatto sì che l'80% dei dipendenti lasciasse il proprio lavoro a tre anni dall'assunzione. Inoltre, molti giovani giapponesi ambiziosi sono demoralizzati e sconfortati, e la conseguente carenza di richieste di lavoro ha portato ad un aumento della esternalizzazione all'estero della produzione, senza la quale i processi di animazione non potrebbero terminare in tempo. Nonostante il METI abbia fatto proposte significative, non è chiaro quanti studi effettivamente le implementeranno.
Fonte consultata:
Goboiano
proponendo un sistema lavorativo che sgravi il peso eccessivo delle ore di lavoro.
ma non parla di animazione ne di sistemi informatici di animazione. ma genericamente di condizioni di lavoro.
d' altra parte goboiano non mette le fonti, quindi me le son cercate. per fortuna il METI mette il suo calendario anche in inglese
http://www.meti.go.jp/english/press/2018/0220_003.html
Comunque questo rimedio è come una toppa su un'abito pieno di strappi.
l'italia di certo va pari passo
Ma anche no XD
infatti è peggio... in una settimana due incidenti mortali sul lavoro... e siamo a 151 dall' inizio dell' anno.
per non parlare di quello che succede col lavoro nero, che spesso rimane nascosto.
comunque credo futile e inutile fare paragoni con altri stati. le cose utili dovrebbero essere prima di tutto trovare il lavoro, poi dare delle condizioni di lavoro decenti compresa la sicurezza sul lavoro e la dignità sul posto di lavoro ecc... ecc...
i litigi su chi è più figo servono a poco. ognuno ha le sue problematiche, loro le loro noi le nostre.
i contraddittori fatti solo per fare trovano il tempo che trovano.
Purtroppo l'ipersfruttamento dei lavoratori - NON solo stranieri - è una piaga sociale e non riguarda affatto solo il Sud Italia. E neppure il solo Giappone nè ovviamente l'ambito dell'animazione. Affattto.
Mentre leggevo ricordavo alcune coe che ho letto su Tomino, il regista. Anche lui si ritrovò nella prima fase della sua carriera in questa situazione. Troppo lavoro, troppo poco pagato, orari assolutamente impossibili. Parliamo degli anni settanta del secolo scorso però.
Siamo nel 2018 e siamo allo stesso punto. Tomino se la cavò investendo su se stesso, sulla propria esperienza, rischiando..Mi chiedo però quanti dei giovani animatori possano oggi permettersi di "rischiare"....La conferenza dà anche buoni spunti ma la vera soluzione verrà solo atraverso una rivoluzione culturale dell'approccio al la dei singoli ed anche della socialità. Oltre che allaezione di vere opportunità.
In altri articoli scritti da Hachi si sottolineava come molto spesso nelle società giapponesi i lavoratori più anziani contestino la scarsa "professionalità" dei colleghi più giovani, troppo poco atenti alle esigenze del lavoro. Troppo bamboccioni. Ma questa situazione dei giovani mi pare figlia, diretta, della fortissima pressione sociale che c'è sui lavoratori giapponesi, decenni. Giustificata in modo para culturale. Stanno distruggendo le proprie famiglie in nome del "lavoro" ma il avoro non serviva a costruire le persone?
Credo che solo "Desidero la pace nel mondo" possa avere meno senso della tua frase.
ah giusto vogliamo la rivoluzione noi, domani in piazza
Ah davvero. come mai noialtri l'abbiam capito? .
Recuperati questo articolo di Repubblica.
Il macello emiliano: caporalato e false coop
06 Marzo 2018
L’iper-sfruttamento dei lavoratori (soprattutto stranieri) si è esteso ad allevamenti e serre del Nord. Con l’ultima trovata delle agromafie per limitare i danni in caso di denunce
https://rep.repubblica.it/pwa/venerdi/2018/03/06/news/il_macello_emiliano_caporalato_e_false_coop-190583254/
Così ci capiremo tutti meglio.
Scusate OT moderazione.
sopratutto quando non c'è stata... infatti il 20 febbraio la conferenza non era una discussione sulle tecnologie utilizzate dagli studi di produzione anime, ma una conferenza sulle condizioni di lavoro e sulle malattie innerenti al lavoro. come goboiano abbia interpretato tutto come "conferenza sul maltrattamento dei disegnotori nell' industria degli anime" è un mistero che rimane ignoto, visto che non mettono link di fonti se non un rapporto in giapponese che mostra delle statistiche che con l' animazione non centrano niente, contando poi che il sito del ministero mette anche documenti in inglese, quindi non comprendo perchè a riprova di quello che dicono abbiano messo un link in giapponese quando ci dovrebbe essere pure quello in inglese. bho....
ciò non toglie che le condizioni degli animatori siano invero pessime, il più delle volte.
Ma noialtri chi? Ma fa un po' meno il comunista idealista e torna nella realtà.
Lo sfruttamento del lavoro si è sempre fatto, non serve l'articolo di repubblichella per confermarlo. I paesi più ricchi hanno sfruttato manodopera italiana e l'Italia ha sfruttato manodopera meno costosa (Fiat che produce auto in Polonia e Brasile... tipo?). Si è scelta la globalizzazione con annessi e connessi, i suoi pro e i suoi contro perciò si prende e si porta a casa tutto quel che ne consegue... questo in generale.
Nello specifico si parlava delle condizioni di lavoro in Giappone, un popolo che, per mentalità, ragiona per la "collettività", non lavora per vivere ma vive per lavorare. Affermare che l'Italia va "di pari passo" con questa mentalità lavorativa è una boiata colossale, soprattutto quando hai in casa gente che pensa solo al proprio tornaconto e cerca l'assistenzialismo in ogni modo (l'esatto contrario di "collettività"). Suggerisco a ddef e anche a EDbris di andare a vivere in Giappone un paio d'anni, lavorando proprio là (perché se ci vai a fare la gita non te ne rendi conto), poi scommetto che ve ne tornereste qui tutti mesti con la codina tra le gambe che l'Italia in confronto vi sembrerà un paradiso lavorativamente parlando.
Oh, finalmente uno che ci arriva che nonostante i nostri problemi qua è un paradiso al confronto. Ma avete idea di cosa voglia dire che in Giappone scaduti i ( brevissimi) congedi di malattia per avere più giorni te li devi scalare dalle vacanze? Ed una volta finiti? O torni a lavorare o sei fuori. E questo è solo uno dei tanti casi.
No guarda. Non hai capito un bel nulla di quel che è stato scritto - dagli altri, non da me che sono un nessuno - Sullo sfruttamento del lavoro vai a leggerti gli articoli di Hachi poi ne riparliamo. Poi... Questa idea del "lavorare felici per la collettività" andiamo, come dire, a raccontarla ad altri - magari sul serio a Pyong Yang - è un dogma fasullo. Una bugia che ha oramai poco senso.
Si lavora per se stessi, per la propria famiglia, per realizzare un percorso di via. Non si può e non si deve "vivere per lavorare". E questo non lo dice Carlo Marx ( che come Adam Smith,tutti citano e nessuno ha mai letto) ma un pò di autori cristiani quà e là lungo la storia.
L'Italia è un paradiso in confronto al Giappone ( per quanto riguarda il lavoro) forse si ma sarebbe meglio informarsi di come funziona in alcuni paesi a noi più vicini....Proprio ieri mi hanno raccontato le disavventure di un amico con certe agenzie lavorative italiche. Non che problemi manchino all'estero - ovunque ci sono dei personaggi equivoci, come qualunque seria indagine ci fà vedere, anzi - ma c'è una cultura del lavoro più serio. Non si percula il prossimo.
P.S. Edbris, non sentivo questo modo di chiamarmi da parecchio tempo. Parecchio.
80% è davvero tanto, questo significa che i posti di lavoro che riguardano gli studi di animazione Giapponese sono davvero una schifezza in termini di paga e ore lavorative.
8 su 10 abbandonano.
veramente io mi riferivo alla frase "popolo restio al cambiamento" non tanto alla situazione lavorativa ben diversa
È una società che non è mai cambiata "mentalmente". Anche i giovani che "fanno i trasgressivi e vogliono cambiare le regole" si riuniscono nei loro club e locali a fare "i diversi", salvo poi diventare uguali a tutti gli altri non appena escono dal club/locale.
Ma parlando per esagerazione: hanno rischiato di far saltare per aria una centrale nucleare prima perché volevano nascondere il problema, poi anche quando erano disperati non hanno accettato alcun aiuto esterno (perché per loro i panni sporchi si lavano solo in casa propria).
Se non sono restii al cambiamento loro, non so chi altri...
Temo Rukia che nessuno abbia voglia di prendere il toro per le corna. Oggi ho trovato, finalmente, il volume di Limes sul Giappone uscito ad inizio Marzo ( nei soliti posti che frequento non c'era traccia), c'erano diversi articoli, uno perfino su Miyazaki, ma l'elemento comune era questo: il Giappone è realtà totalmente diversa da quella che si vuole descrivere. Realtà complessa - basta solo considerare come sotto l'apparente compostezza nipponica giaccia un nazionalismo sfrenato che in alcuni ambiti, insospettabili, è razzismo - ma davvero molto lontana dal Mytos che si è autocostruita di una società passabilmente felice per quanto frenetica e troppo centrata su se stessa.
C'era un articolo sugli immigati dal titolo significativo: "Il Giappone vuole braccia, non persone".
E temo non valga solo per gli immigrati.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.