L'immagine classica di un bento basico è riso in bianco con al centro una "cosa" tondeggiante e rossastra, per alcuni evidente richiamo alla bandiera nipponica. La stessa "cosa" si può ritrovare all'interno di un onigiri. Ma cos'è questa "cosa"? Se vi ricorda una prugna, sappiate che ci siete andati molto vicino: è l'umeboshi, popolare condimento della cucina giapponese a base di ume sotto sale.
Per ottenere l'umeboshi, si prendono i frutti dell'albero Prunus mume quando è ancora acerbo, di solito a giugno, e si mettono in salamoia, all'interno di barili in legno. Oltre al sale si aggiungono foglie di Shiso (laminacea perilla frutescens f. purpurea) che agiscono come antibatterico e che essendo molto ricche di antociani conferiscono il tipico colore rosso. L'umeboshi così ottenuto ha un gusto accentuato acido e salato e conterrà molto calcio, magnesio e ferro dato dall'acido citrico che si è sprigionato dai frutti.
Il procedimento è abbastanza semplice, tanto che spesso è fatto in casa tramandando la tradizione di generazione in generazione. Dopo aver lavato i frutti, si lasciano in infusione nell'acqua fredda per togliere l'amaro. In seguito sono accuratamente scolati ed asciugati con un panno e quindi disposti sul fondo di un recipiente adatto (preventivamente sterilizzato con acqua bollente) e spruzzati o vaporizzati con acquavite.
A questo punto si lavano le foglie di shiso e si mescolano al sale marino, in proporzione di circa 200 grammi per chilo di frutta; quindi si dispone in strati sulle prugne, per favorire la fermentazione. Il recipiente è coperto con un peso per pressare bene i frutti nella loro salamoia. Quando la fermentazione è avvenuta le prugne vengono fatte seccare. Possono essere consumate intere o ridotte in polvere a formare un condimento chiamato shiso momiji.
L'albero di ume è stato introdotto dalla Cina più o meno 1500 anni fa, adattandosi e trasformandosi nel corso degli anni: le umeboshi nipponiche infatti ora sono di forma tonda, carnose e dal gusto acidulo, mentre in Cina sono di forma ovale con la buccia spessa e un sapore amarognolo. La prefettura di Wakayama è il principale produttore di prugne dell'arcipelago.
Molti sono i modi in cui si possono gustare gli umeboshi: il più tipico, come già detto nell'introduzione, è all'interno degli onigiri o posti al centro del riso in scatole di bento.
Ma spesso si usano come condimenti perché annullano l'odore di carne e pesce e nelle insalate grazie al loro sapore acidulo.
Anche se in effetti non tutti gli umeboshi sono acidi: esiste un'ampia varietà di sapori che vanno da quelli salati, a quelli di umami e persino quelli al gusto di kimchi!
Se non avete mai assaggiato l'umeboshi, il consiglio è quello di iniziare con quello al miele, perché mantiene un buon equilibrio tra dolcezza e acidità.
Molte sono le proprietà benefiche di questo alimento principalmente dovute all'alto contenuto in acido citrico, che promuovendo il metabolismo energetico, aiuta a recuperare energie quando si è esauriti.
Questo era noto sin dai tempi antichi: era usatissimo dai samurai per contrastare gli stati di affaticamento e debolezza fisica. Inoltre ha un effetto antiage e aumenta l'appetito, utile soprattutto per combattere l'astenia da caldo in estate.
Essendo depurativo, migliora anche la funzionalità epatica e quindi è perfetto per smaltire i postumi di una sbornia contribuendo ad eliminare le tossine in eccesso ed è utile anche, grazie alle sue proprietà astringenti, in caso di problemi gastro intestinali come nausea (anche da gravidanza), mal d'auto, acidità di stomaco e dissenteria.
L'umeboshi è un prezioso alleato anche per ridurre i sintomi delle malattie stagionali: ha infatti virtù antisettiche in grado di ridurre la febbre e il raffreddore. L’unico caso in cui è sconsigliato è se si soffre di ulcera al duodeno.
Oltre che in salamoia, l'umeboshi si può trovare sotto molte altre forme: come caramelle, dolci, come umami-kombucha, che combina il sapore acidulo della prugna con quello umami del konbu, dando a questo tè un sapore più simile a quello di una zuppa. Per chi invece ama i liquori va assolutamente assaggiato l'ume-shochu, unione di umeboshi e shochu (alcol giapponese) mescolato con acqua calda o fredda o soda.
Fonte consultata:
WowJapan
Per ottenere l'umeboshi, si prendono i frutti dell'albero Prunus mume quando è ancora acerbo, di solito a giugno, e si mettono in salamoia, all'interno di barili in legno. Oltre al sale si aggiungono foglie di Shiso (laminacea perilla frutescens f. purpurea) che agiscono come antibatterico e che essendo molto ricche di antociani conferiscono il tipico colore rosso. L'umeboshi così ottenuto ha un gusto accentuato acido e salato e conterrà molto calcio, magnesio e ferro dato dall'acido citrico che si è sprigionato dai frutti.
Il procedimento è abbastanza semplice, tanto che spesso è fatto in casa tramandando la tradizione di generazione in generazione. Dopo aver lavato i frutti, si lasciano in infusione nell'acqua fredda per togliere l'amaro. In seguito sono accuratamente scolati ed asciugati con un panno e quindi disposti sul fondo di un recipiente adatto (preventivamente sterilizzato con acqua bollente) e spruzzati o vaporizzati con acquavite.
A questo punto si lavano le foglie di shiso e si mescolano al sale marino, in proporzione di circa 200 grammi per chilo di frutta; quindi si dispone in strati sulle prugne, per favorire la fermentazione. Il recipiente è coperto con un peso per pressare bene i frutti nella loro salamoia. Quando la fermentazione è avvenuta le prugne vengono fatte seccare. Possono essere consumate intere o ridotte in polvere a formare un condimento chiamato shiso momiji.
L'albero di ume è stato introdotto dalla Cina più o meno 1500 anni fa, adattandosi e trasformandosi nel corso degli anni: le umeboshi nipponiche infatti ora sono di forma tonda, carnose e dal gusto acidulo, mentre in Cina sono di forma ovale con la buccia spessa e un sapore amarognolo. La prefettura di Wakayama è il principale produttore di prugne dell'arcipelago.
Molti sono i modi in cui si possono gustare gli umeboshi: il più tipico, come già detto nell'introduzione, è all'interno degli onigiri o posti al centro del riso in scatole di bento.
Ma spesso si usano come condimenti perché annullano l'odore di carne e pesce e nelle insalate grazie al loro sapore acidulo.
Anche se in effetti non tutti gli umeboshi sono acidi: esiste un'ampia varietà di sapori che vanno da quelli salati, a quelli di umami e persino quelli al gusto di kimchi!
Se non avete mai assaggiato l'umeboshi, il consiglio è quello di iniziare con quello al miele, perché mantiene un buon equilibrio tra dolcezza e acidità.
Molte sono le proprietà benefiche di questo alimento principalmente dovute all'alto contenuto in acido citrico, che promuovendo il metabolismo energetico, aiuta a recuperare energie quando si è esauriti.
Questo era noto sin dai tempi antichi: era usatissimo dai samurai per contrastare gli stati di affaticamento e debolezza fisica. Inoltre ha un effetto antiage e aumenta l'appetito, utile soprattutto per combattere l'astenia da caldo in estate.
Essendo depurativo, migliora anche la funzionalità epatica e quindi è perfetto per smaltire i postumi di una sbornia contribuendo ad eliminare le tossine in eccesso ed è utile anche, grazie alle sue proprietà astringenti, in caso di problemi gastro intestinali come nausea (anche da gravidanza), mal d'auto, acidità di stomaco e dissenteria.
L'umeboshi è un prezioso alleato anche per ridurre i sintomi delle malattie stagionali: ha infatti virtù antisettiche in grado di ridurre la febbre e il raffreddore. L’unico caso in cui è sconsigliato è se si soffre di ulcera al duodeno.
Oltre che in salamoia, l'umeboshi si può trovare sotto molte altre forme: come caramelle, dolci, come umami-kombucha, che combina il sapore acidulo della prugna con quello umami del konbu, dando a questo tè un sapore più simile a quello di una zuppa. Per chi invece ama i liquori va assolutamente assaggiato l'ume-shochu, unione di umeboshi e shochu (alcol giapponese) mescolato con acqua calda o fredda o soda.
Fonte consultata:
WowJapan
Essendo depurativo, migliora anche la funzionalità epatica e quindi è perfetto per smaltire i postumi di una sbornia contribuendo ad eliminare le tossine in eccesso ed è utile anche, grazie alle sue proprietà astringenti, in caso di problemi gastro intestinali come nausea (anche da gravidanza), mal d'auto, acidità di stomaco e dissenteria.
L'umeboshi è un prezioso alleato anche per ridurre i sintomi delle malattie stagionali: ha infatti virtù antisettiche in grado di ridurre la febbre e il raffreddore"
e in combinazione con il bicarbonato cura il cancro e ti si allunga
Grazie per la segnalazione. Appena posso provvedo a correggere
Marugarita
A dirla tutta la perilla è una pianta della famiglia delle Lamiaceae (una volta chiamate Labiate), il nome della pianta è Perilla frutescens, poi su forme e varietà la questione è un po' più complessa, qualcuno la chiama Perilla frutescens var. crispa f. purpurea...
In ogni caso non avevo mai collegato il colore delle umeboshi all'uso della perilla: molto interessante!
Da questo punto di vista mi dispiace constatare l'arretratezza delle aziende europee e in special modo nostrane; perché non importare questi favolosi prodotti e cominciarne la produzione?
Il nostro paese è molto chiuso da questo punto di vista. Oggigiorno da noi bisogna gridare il miracolo se si riesce a trovare dell'avena prodotta in Italia senza andare a Milano e scomodare Eataly.
E pensare che in realtà siamo un paese che storicamente integra parti e cose di diverse culture per renderle proprie. Sul fatto del cibo, l'esempio tipico è il pomodoro. Mi domando perché non fare la stessa cosa con questi prodotti.
Infondo è dimostrato scientificamente come molti alimenti nipponici siano molto salubri e aumentino la qualità e durata della vita. Integrarli nella nostra dieta mediterranea sarebbe un valore aggiunto non indifferente.
Non dovremmo avere paura di sperimentare. Secoli fa i nostri antenati non avrebbero creduto che i loro discendenti avrebbero gridato "viva il pomodoro! viva il mais!", sbagliando. Magari anche noi non riusciamo a immaginarci i nostri discendenti tra un paio di secoli gridare "viva la prugna salata! viva le alghe marine!", e potremmo sbagliarci di grosso...
Comunque, a parte questo, articolo come sempre interessante. Molte delle proprietà riportate le sapevo già, ma è sempre bello leggerle.
Che aggiungere? io aspetto ancora di mangiarmi una bella ciotola di riso con in mezzo questa meraviglia rossa salata ad aspettarmi.
L'ho visto in un negozio di articoli Bio, devo provare a comprarli, sono curioso di vedere come sono!
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