Patlabor: The Movie
Tre mesi prima dell'inizio della serie tv di Patlabor, Headgear decide che il pubblico già conosce abbastanza i personaggi introdotti dalla prima serie OVA e concepisce, con Studio DEEN, un primo lungometraggio celebrativo. "Patlabor: The Movie", lungi dal definirsi emblema delle divertenti atmosfere del franchise, verrà fuori invece come un avvincente thriller, assurgendo a primo, vero successone del regista Oshii, in attesa della riscoperta e della fama che otterrà qualche anno dopo con "Ghost in the Shell".
La prima cosa che colpisce del film è innanzitutto l'avveniristico aspetto visivo e tecnico, frutto dell'alto budget riversato all'epoca. La sinuosità delle animazioni, sopratutto nei combattimenti tra i robot (e conseguenti effetti di distruzione nel paesaggio circostante), è proporzionale solo all'ottima cura nel design di location, mecha e personaggi, questi ultimi ammodernati a look più adulti e orientaleggianti. Un restyling grafico, però, tanto più realistico quanto di difficile assimilazione, sopratutto se rapportato con il tratto più semplice, caratteristico e "default" della Takada che s'era imparato a conoscere.
Narrativamente invece, pur senza brillare o rappresentare una storia indimenticabile, il soggetto di Kazunori Ito funziona ed è solido. Impossibile dire chi abbia avuto prima l'idea, tra lui o Masamune Shirow, sui sistemi operativi/virus che infettano una moltitudine di cyborg/robot facendoli impazzire - il manga di Ghost in the Shell deve qualcosa a questo film? Può darsi -, ma indubbiamente la lunga inchiesta sui piani criminosi di Hoba tiene avvinghiati per l'intelligenza con cui sono snocciolati e scoperti indizi per la sua risoluzione, e il rispettato disegno psicologico dei protagonisti, anche se molti di loro, per ovvie ragioni di spazio, sono sacrificati. Questo pur con poca azione, pochissima, giusto uno scontro a inizio film tra i due Ingram protagonisti e uno dei tanti robot "impazziti" e nello spettacolare finale, teatro di un adrenalinico assalto dove il Secondo Plotone entra nella fortezza dove risiede l'ultima "arma" del villain. Particolarmente piacevoli, nel mentre, sono gli elementi, mantenuti, di slice of life: protagonista quasi assoluto è Asuma Shinohara, e la sua personale indagine lo porterà a uscire a cena con Noa, a farsi sospendere dal servizio per infrazioni al protocollo, a stare a cuocere sotto al sole, in camera, a riflettere su cosa inneschi la pazzia delle macchine... Si continua a respirare, insomma, aria di quotidianità, e sempre rispettando il background fantascientifico, quel Progetto Babilonia, causa dei problemi, che è trait d'union dell'intera saga. Ci si ritrova, insomma, nell'anima propria di Patlabor, anche se è corollario a una trama portante trattata con inconsueta serietà.
Ottimo è lo score teso e ritmato di Kenji Kawai, mentre invece, come già accennato, forse un po' troppo estremizzati in realismo sono i disegni della Takada, che perdono la carica di freschezza della serie OVA e contribuiscono, purtroppo, a creare una falsa impressione, per i profani, di quello che è Patlabor: ci sono robot e il cast è lo stesso, sì, ma le atmosfere e i disegni coincidono ben poco con quelle classiche. Esso rimane comunque un ottimo lungometraggio celebrativo, sopratutto se rapportato al sequel, il meraviglioso e assolutamente serissimo "Patlabor 2: The Movie".
Il film attualmente non è più disponibile in Italia, pubblicato nel 2006 in DVD da DeAgostini nella collana Japan Animation e mai più riproposto da nessun'altra casa distributiva. Il doppiaggio è a tratti ottimo, ma come al solito, per molti, i sottotitoli per godere delle voci in originale non sono indispensabili. Se riuscite ad accontentarvi...
La prima cosa che colpisce del film è innanzitutto l'avveniristico aspetto visivo e tecnico, frutto dell'alto budget riversato all'epoca. La sinuosità delle animazioni, sopratutto nei combattimenti tra i robot (e conseguenti effetti di distruzione nel paesaggio circostante), è proporzionale solo all'ottima cura nel design di location, mecha e personaggi, questi ultimi ammodernati a look più adulti e orientaleggianti. Un restyling grafico, però, tanto più realistico quanto di difficile assimilazione, sopratutto se rapportato con il tratto più semplice, caratteristico e "default" della Takada che s'era imparato a conoscere.
Narrativamente invece, pur senza brillare o rappresentare una storia indimenticabile, il soggetto di Kazunori Ito funziona ed è solido. Impossibile dire chi abbia avuto prima l'idea, tra lui o Masamune Shirow, sui sistemi operativi/virus che infettano una moltitudine di cyborg/robot facendoli impazzire - il manga di Ghost in the Shell deve qualcosa a questo film? Può darsi -, ma indubbiamente la lunga inchiesta sui piani criminosi di Hoba tiene avvinghiati per l'intelligenza con cui sono snocciolati e scoperti indizi per la sua risoluzione, e il rispettato disegno psicologico dei protagonisti, anche se molti di loro, per ovvie ragioni di spazio, sono sacrificati. Questo pur con poca azione, pochissima, giusto uno scontro a inizio film tra i due Ingram protagonisti e uno dei tanti robot "impazziti" e nello spettacolare finale, teatro di un adrenalinico assalto dove il Secondo Plotone entra nella fortezza dove risiede l'ultima "arma" del villain. Particolarmente piacevoli, nel mentre, sono gli elementi, mantenuti, di slice of life: protagonista quasi assoluto è Asuma Shinohara, e la sua personale indagine lo porterà a uscire a cena con Noa, a farsi sospendere dal servizio per infrazioni al protocollo, a stare a cuocere sotto al sole, in camera, a riflettere su cosa inneschi la pazzia delle macchine... Si continua a respirare, insomma, aria di quotidianità, e sempre rispettando il background fantascientifico, quel Progetto Babilonia, causa dei problemi, che è trait d'union dell'intera saga. Ci si ritrova, insomma, nell'anima propria di Patlabor, anche se è corollario a una trama portante trattata con inconsueta serietà.
Ottimo è lo score teso e ritmato di Kenji Kawai, mentre invece, come già accennato, forse un po' troppo estremizzati in realismo sono i disegni della Takada, che perdono la carica di freschezza della serie OVA e contribuiscono, purtroppo, a creare una falsa impressione, per i profani, di quello che è Patlabor: ci sono robot e il cast è lo stesso, sì, ma le atmosfere e i disegni coincidono ben poco con quelle classiche. Esso rimane comunque un ottimo lungometraggio celebrativo, sopratutto se rapportato al sequel, il meraviglioso e assolutamente serissimo "Patlabor 2: The Movie".
Il film attualmente non è più disponibile in Italia, pubblicato nel 2006 in DVD da DeAgostini nella collana Japan Animation e mai più riproposto da nessun'altra casa distributiva. Il doppiaggio è a tratti ottimo, ma come al solito, per molti, i sottotitoli per godere delle voci in originale non sono indispensabili. Se riuscite ad accontentarvi...
Dopo lo strepitoso successo in patria della prima serie di OAV e del manga di Patlabor, nel 1989 fu realizzato il primo lungometraggio ispirato alla celeberrima squadra di polizia armata di labor, robot che nel futuro immaginario descritto dalla serie aiutano gli uomini in qualsiasi tipo di mansione, crimini compresi.
Realizzato da Mamoru Oshii, il primo film di Patlabor è ambientato in un ipotetico 1999. Una serie di incidenti sta coinvolgendo i nuovi labor che montano nel loro disco fisso il sistema operativo HSO. Il capitano Goto e la sua squadra di poliziotti scopriranno che dietro questi incidenti c'è il misterioso virus Babel che rischia di fare impazzire tutti i labor, compreso il nuovo prototipo in dotazione alla polizia, il Type Zero.
Rispetto agli OAV e al manga (ma anche alla successiva serie televisiva), il film di Patlabor appare molto più maturo e meno incline a certe soluzione cartoonesche: ci sono meno intermezzi comici e anche il character design è più improntato al realismo. Anche dal punto di vista dei contenuti Patlabor: The Movie segna una piccola svolta rispetto alle opere che lo hanno preceduto. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio thriller dai molteplici colpi di scena, dove un frequente utilizzo di campi lunghi e piani americani danno un taglio maggiormente realistico al film; l'ottimo impianto narrativo è inoltre supportato da eccellenti animazioni, che mostrano tutta la loro qualità soprattutto nelle scene d'azione finali, e da musiche molto calzanti e coinvolgenti, in particolare il tema principale, composte dal maestro Kenji Kawai.
Ma se la storia è scritta bene, le animazioni sono ottime, le musiche sono orecchiabili perché mettere "solo" otto? Perché, ahimè per questo film, c'è un problema di fondo che non dipende tuttavia dall'opera in sé: è inevitabile il confronto con Patlabor 2. Confronto da cui Patlabor: The Movie ne esce non dico a pezzi, ma fortemente ridimensionato, sì. Diciamo che se Patlabor 2 è una pietra miliare, Patlabor: The Movie è bello... e basta. Manca infatti dello spessore narrativo, dell'introspezione, dell'atmosfera rarefatta e dell'originalità tematica del suo successore. Personalmente, ho trovato quindi molto carino il film di Patlabor, ma dopo avere visto il seguito... bé, non sono riuscita più a vedere questo lungometraggio, perché mi mancavano tutte quelle caratteristiche che mi avevano fatto innamorare del suo sequel. Mi sentivo un po' come quando si è costretti a utilizzare di nuovo un computer con un sistema operativo vecchio: senza tutti i nuovi optional a disposizione, ci si chiede come diamine si facesse prima a lavorare soddisfatti su quel pc che una volta appariva modernissimo.
Tuttavia non si possono non vedere le qualità oggettive di questo film, da me prima elencate, qualità che lo rendono estremamente godibile. Ne raccomando quindi caldamente la visione, perché ne vale veramente la pena.
Realizzato da Mamoru Oshii, il primo film di Patlabor è ambientato in un ipotetico 1999. Una serie di incidenti sta coinvolgendo i nuovi labor che montano nel loro disco fisso il sistema operativo HSO. Il capitano Goto e la sua squadra di poliziotti scopriranno che dietro questi incidenti c'è il misterioso virus Babel che rischia di fare impazzire tutti i labor, compreso il nuovo prototipo in dotazione alla polizia, il Type Zero.
Rispetto agli OAV e al manga (ma anche alla successiva serie televisiva), il film di Patlabor appare molto più maturo e meno incline a certe soluzione cartoonesche: ci sono meno intermezzi comici e anche il character design è più improntato al realismo. Anche dal punto di vista dei contenuti Patlabor: The Movie segna una piccola svolta rispetto alle opere che lo hanno preceduto. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio thriller dai molteplici colpi di scena, dove un frequente utilizzo di campi lunghi e piani americani danno un taglio maggiormente realistico al film; l'ottimo impianto narrativo è inoltre supportato da eccellenti animazioni, che mostrano tutta la loro qualità soprattutto nelle scene d'azione finali, e da musiche molto calzanti e coinvolgenti, in particolare il tema principale, composte dal maestro Kenji Kawai.
Ma se la storia è scritta bene, le animazioni sono ottime, le musiche sono orecchiabili perché mettere "solo" otto? Perché, ahimè per questo film, c'è un problema di fondo che non dipende tuttavia dall'opera in sé: è inevitabile il confronto con Patlabor 2. Confronto da cui Patlabor: The Movie ne esce non dico a pezzi, ma fortemente ridimensionato, sì. Diciamo che se Patlabor 2 è una pietra miliare, Patlabor: The Movie è bello... e basta. Manca infatti dello spessore narrativo, dell'introspezione, dell'atmosfera rarefatta e dell'originalità tematica del suo successore. Personalmente, ho trovato quindi molto carino il film di Patlabor, ma dopo avere visto il seguito... bé, non sono riuscita più a vedere questo lungometraggio, perché mi mancavano tutte quelle caratteristiche che mi avevano fatto innamorare del suo sequel. Mi sentivo un po' come quando si è costretti a utilizzare di nuovo un computer con un sistema operativo vecchio: senza tutti i nuovi optional a disposizione, ci si chiede come diamine si facesse prima a lavorare soddisfatti su quel pc che una volta appariva modernissimo.
Tuttavia non si possono non vedere le qualità oggettive di questo film, da me prima elencate, qualità che lo rendono estremamente godibile. Ne raccomando quindi caldamente la visione, perché ne vale veramente la pena.