Quanto si è disposti a perdonare per amore?
Domanda che sembra non c’entrare un po’ un fico con l’argomento di quest’articolo, e invece sotto sotto sì, come andrò a spiegare tra poco.
Questo perché, trent’anni fa, vedeva la luce sui teleschermi giapponesi Street Fighter II V, diretto dallo stesso Gisaburo Sugii che aveva diretto, l’anno prima, Street Fighter II: The Movie.
Nel 1995, la serie videoludica aveva abbandonato la “II era”, ed era entrata nella “prequel era” di Street Fighter Alpha, accompagnata poco dopo dalla “future era” di Street Fighter III, e Street Fighter II V sembra proprio adeguarsi alle atmosfere da antefatto della trilogia Alpha, essendo palesemente ambientato durante i primi passi di Ryu, Ken, Chun-Li e Guile.
Non sembra, però, solamente un prequel, sembra anche molto fantasioso nelle rappresentazioni dei personaggi…

La serie, come ampiamente prevedibile e già citato, segue le avventure dei personaggi principali di Street Fighter II quando erano ancora giovani e inesperti, in un’autentica atmosfera da origin story che porta i protagonisti a diventare pian piano (più o meno) i personaggi che saranno, poi, nei giochi.
Ryu e Ken non sanno ancora usare l’Hado, Chun-Li non è ancora una poliziotta in cerca di giustizia, Guile ha ancora il caro Charlie Nash (un po’ diverso da com’è nei giochi, va detto) al suo fianco, e così via, in un’operazione che vuole palesemente fare qualcosa di diverso dal film dell’anno precedente, che aveva già rappresentato bene l’opera.
La serie non si limita, tuttavia, a fare un passo indietro, ne fa pure due o tre di lato e una giravolta: la storia personale, la caratterizzazione e talvolta anche l’”allineamento” dei personaggi, infatti, vengono spesso stravolti…
Ryu perde il suo carattere stoico, la sua solitaria ricerca di avversari sempre più forti e la sua drammatica lotta interiore, diventando il classico combattente di arti marziali un po’ ingenuo; Chun-Li perde la sua tragedia personale e perde soprattutto la sua caratterizzazione di guerriera forte, indipendente e determinata, visto che il più delle volte finisce per essere una sorta di damigella in pericolo; Dhalsim diventa un mentore per Ryu e Ken, Zangief diventa uno scagnozzo dei cattivi (come nel famoso live action) e Honda, Deejay, T.Hawk e Blanka non appaiono nemmeno.
È vero che la caratterizzazione dei personaggi di Street Fighter (ma anche dei picchiaduro in generale) si può riassumere in due righe, è giusto così, fa parte della loro immediatezza ed è un requisito fondamentale perché un personaggio possa essere “visto”, “capito” e “scelto” con un solo sguardo in sala giochi.
Come pure è vero che, ai tempi, tutto ciò che sapevamo dei personaggi erano quelle due/tre schermate dei loro filmati di vittoria post-combattimento finale.
Eppure, anche quel poco che viene mostrato nei giochi qui è completamente ignorato.

Classico caso di adattamento animato disastroso d’epoca stile Darkstalkers versione US, quindi?
No, perché la situazione è molto più complessa di così, e, almeno per quel che riguarda il nostro paese, va ad incastrarsi in tutta una serie di contesti che fanno leva sull’immaginario collettivo, sulla cultura anime in generale e, perché no, sulla nostalgia.
Street Fighter II V va in onda, in Italia, nel 1997, due anni dopo le prime trasmissioni di Ranma 1/2, un anno dopo l’inizio della messa in onda di Dragon Ball col secondo (e definitivo) doppiaggio su Junior TV; era l’anno di Tekken 3 (arcade), del doppio album Wu-Tang Forever, di Mortal Kombat-Distruzione Totale; insomma, un periodo molto intenso per le arti marziali, ma anche, volendo, per l’immaginario giovanile legato all’animazione giapponese in TV, visto che era anche l’anno della nascita di MTV Italia, che tanto avrebbe fatto per diversi anni per gli anime sui nostri schermi.
In un momento storico del genere, e in un’epoca in cui gli adattamenti televisivi tratti da videogiochi tutto erano fuorché fedeli (ironia della sorte, il 1997 è anche l’anno in cui, in Giappone, inizia l’anime di Pokémon, che già dalla prima serie dei notevoli passi avanti li fa), un adattamento “fantasioso” ce lo si poteva anche permettere, anche perché, sì, per conoscere la storia dei personaggi bisogna assistere al loro finale, ma assistere al loro finale, soprattutto se non dotati di una console da casa, non era così facile.
C’è, poi, l’assolutamente non sottovalutabile fattore nostalgia, che fa ricordare positivamente Street Fighter II V non solo per quello che è, ma anche per il periodo in cui è andato in onda, per lo stile di disegno con cui è rappresentato e la sua epoca: Street Fighter II V è ricordato con affetto perché è ricordato con affetto il periodo storico che rappresenta, tempi più semplici e felici, almeno per chi li ha vissuti in gioventù senza tanti problemi della vita adulta (e soprattutto della vita adulta del nostro, attuale, presente).
E quindi Street Fighter II V non è solo Street Fighter II V, è anche un rappresentante della sua epoca, del suo modo di fare animazione, nel bene e nel male, vista la presenza di animazioni riciclate che gli spettatori giapponesi criticarono aspramente.
E in un certo senso il gusto del vintage calza appieno a Street Fighter II V perché calza appieno a Street Fighter II, essendo un grande portabandiera delle collection, dei remaster, dei port e, diciamolo, dell’emulazione, dal MAME a Fightcade.

Compie gli anni una serie che porta un nome importante e riesce a fargli onore nonostante la moltitudine di imprecisioni per via del suo cuore, della sua capacità di rappresentare efficacemente un immaginario molto preciso di un periodo molto preciso, tutte ragioni puramente affettive, ma bisogna ricordarsi che siamo pur sempre esseri umani di carne e sangue e non giudici di pietra dotati di oggettività marmorea.
Sembra essere stata un po’ dimenticata dal panorama internazionale e dagli “storici” della serie, visto che viene citata a malapena anche in opere di ricerca e documentazione storica come Undisputed: Street Fighter e How to make Capcom fighting characters, due libri che trattano molto bene Street Fighter e la sua storia.
Street Fighter II V non ci offre una rappresentazione azzeccata dell’immaginario di Street Fighter, ma ci offre una reinterpretazione che per mille motivi risulta piacevole, in un certo senso come il Batman di Adam West, anche se erano anni diversi e, in toto, media diversi.
E poi si sa che Street Fighter ha sempre preferito la Marvel.
Domanda che sembra non c’entrare un po’ un fico con l’argomento di quest’articolo, e invece sotto sotto sì, come andrò a spiegare tra poco.
Questo perché, trent’anni fa, vedeva la luce sui teleschermi giapponesi Street Fighter II V, diretto dallo stesso Gisaburo Sugii che aveva diretto, l’anno prima, Street Fighter II: The Movie.
Nel 1995, la serie videoludica aveva abbandonato la “II era”, ed era entrata nella “prequel era” di Street Fighter Alpha, accompagnata poco dopo dalla “future era” di Street Fighter III, e Street Fighter II V sembra proprio adeguarsi alle atmosfere da antefatto della trilogia Alpha, essendo palesemente ambientato durante i primi passi di Ryu, Ken, Chun-Li e Guile.
Non sembra, però, solamente un prequel, sembra anche molto fantasioso nelle rappresentazioni dei personaggi…

La serie, come ampiamente prevedibile e già citato, segue le avventure dei personaggi principali di Street Fighter II quando erano ancora giovani e inesperti, in un’autentica atmosfera da origin story che porta i protagonisti a diventare pian piano (più o meno) i personaggi che saranno, poi, nei giochi.
Ryu e Ken non sanno ancora usare l’Hado, Chun-Li non è ancora una poliziotta in cerca di giustizia, Guile ha ancora il caro Charlie Nash (un po’ diverso da com’è nei giochi, va detto) al suo fianco, e così via, in un’operazione che vuole palesemente fare qualcosa di diverso dal film dell’anno precedente, che aveva già rappresentato bene l’opera.
La serie non si limita, tuttavia, a fare un passo indietro, ne fa pure due o tre di lato e una giravolta: la storia personale, la caratterizzazione e talvolta anche l’”allineamento” dei personaggi, infatti, vengono spesso stravolti…
Ryu perde il suo carattere stoico, la sua solitaria ricerca di avversari sempre più forti e la sua drammatica lotta interiore, diventando il classico combattente di arti marziali un po’ ingenuo; Chun-Li perde la sua tragedia personale e perde soprattutto la sua caratterizzazione di guerriera forte, indipendente e determinata, visto che il più delle volte finisce per essere una sorta di damigella in pericolo; Dhalsim diventa un mentore per Ryu e Ken, Zangief diventa uno scagnozzo dei cattivi (come nel famoso live action) e Honda, Deejay, T.Hawk e Blanka non appaiono nemmeno.
È vero che la caratterizzazione dei personaggi di Street Fighter (ma anche dei picchiaduro in generale) si può riassumere in due righe, è giusto così, fa parte della loro immediatezza ed è un requisito fondamentale perché un personaggio possa essere “visto”, “capito” e “scelto” con un solo sguardo in sala giochi.
Come pure è vero che, ai tempi, tutto ciò che sapevamo dei personaggi erano quelle due/tre schermate dei loro filmati di vittoria post-combattimento finale.
Eppure, anche quel poco che viene mostrato nei giochi qui è completamente ignorato.

Classico caso di adattamento animato disastroso d’epoca stile Darkstalkers versione US, quindi?
No, perché la situazione è molto più complessa di così, e, almeno per quel che riguarda il nostro paese, va ad incastrarsi in tutta una serie di contesti che fanno leva sull’immaginario collettivo, sulla cultura anime in generale e, perché no, sulla nostalgia.
Street Fighter II V va in onda, in Italia, nel 1997, due anni dopo le prime trasmissioni di Ranma 1/2, un anno dopo l’inizio della messa in onda di Dragon Ball col secondo (e definitivo) doppiaggio su Junior TV; era l’anno di Tekken 3 (arcade), del doppio album Wu-Tang Forever, di Mortal Kombat-Distruzione Totale; insomma, un periodo molto intenso per le arti marziali, ma anche, volendo, per l’immaginario giovanile legato all’animazione giapponese in TV, visto che era anche l’anno della nascita di MTV Italia, che tanto avrebbe fatto per diversi anni per gli anime sui nostri schermi.
In un momento storico del genere, e in un’epoca in cui gli adattamenti televisivi tratti da videogiochi tutto erano fuorché fedeli (ironia della sorte, il 1997 è anche l’anno in cui, in Giappone, inizia l’anime di Pokémon, che già dalla prima serie dei notevoli passi avanti li fa), un adattamento “fantasioso” ce lo si poteva anche permettere, anche perché, sì, per conoscere la storia dei personaggi bisogna assistere al loro finale, ma assistere al loro finale, soprattutto se non dotati di una console da casa, non era così facile.
C’è, poi, l’assolutamente non sottovalutabile fattore nostalgia, che fa ricordare positivamente Street Fighter II V non solo per quello che è, ma anche per il periodo in cui è andato in onda, per lo stile di disegno con cui è rappresentato e la sua epoca: Street Fighter II V è ricordato con affetto perché è ricordato con affetto il periodo storico che rappresenta, tempi più semplici e felici, almeno per chi li ha vissuti in gioventù senza tanti problemi della vita adulta (e soprattutto della vita adulta del nostro, attuale, presente).
E quindi Street Fighter II V non è solo Street Fighter II V, è anche un rappresentante della sua epoca, del suo modo di fare animazione, nel bene e nel male, vista la presenza di animazioni riciclate che gli spettatori giapponesi criticarono aspramente.
E in un certo senso il gusto del vintage calza appieno a Street Fighter II V perché calza appieno a Street Fighter II, essendo un grande portabandiera delle collection, dei remaster, dei port e, diciamolo, dell’emulazione, dal MAME a Fightcade.

Compie gli anni una serie che porta un nome importante e riesce a fargli onore nonostante la moltitudine di imprecisioni per via del suo cuore, della sua capacità di rappresentare efficacemente un immaginario molto preciso di un periodo molto preciso, tutte ragioni puramente affettive, ma bisogna ricordarsi che siamo pur sempre esseri umani di carne e sangue e non giudici di pietra dotati di oggettività marmorea.
Sembra essere stata un po’ dimenticata dal panorama internazionale e dagli “storici” della serie, visto che viene citata a malapena anche in opere di ricerca e documentazione storica come Undisputed: Street Fighter e How to make Capcom fighting characters, due libri che trattano molto bene Street Fighter e la sua storia.
Street Fighter II V non ci offre una rappresentazione azzeccata dell’immaginario di Street Fighter, ma ci offre una reinterpretazione che per mille motivi risulta piacevole, in un certo senso come il Batman di Adam West, anche se erano anni diversi e, in toto, media diversi.
E poi si sa che Street Fighter ha sempre preferito la Marvel.
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Hadoooooken!!!
Comunque bell'articolo, la ritengo anche io una serie piacevole nonostante c'entri poco con la lore dei giochi.
Epicissima soprattutto la colonna sonora.
Di gran lunga meglio il film animato degli anni 90, quello spaccava!
Bei tempi🥰🥰
Il design dei personaggi è interessante ma la storia ha diversi problemi ed è molto lenta.
Soldi BEN spesi direi 😂
Tutto sommato però continuo ad apprezzare la serie per la premessa eccezionale: Ken e Ryu dei gradassi adolescenti che vengono gonfiati come zampogne da Guile, e questi decidono che per diventare più forti bisogna andare in giro a menare altra gente. Grazie alla potenza dei miliardi del papà di Ken, che a quanto pare ha trovato buona questa idea di dare totale libertà a dei minorenni di girare per il mondo e lasciarli pure spendere soldi senza un domani.
"hai preso troooppi calci ormai
il cuore è lividoooo"
mammamia che ricordiiiiii
Honda credo che compaia in un paio di scene sullo sfondo mescolato tra la folla, o almeno così ricordo. Sicuramente c'è Akuma/Gouki che si vede in diversi episodi, sempre tra la gente per pochi secondi.
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