Recensione
Akira
8.0/10
Akira è senza dubbio uno dei film animati giapponesi più famosi al di fuori del mondo degli appassionati di anime e manga, al punto che ne ho sentito parlare in maniera positiva anche da persone amanti di un certo cinema americano, che per il resto trovano gli anime "brutti e tutti uguali". Ora che l'ho finalmente visto non mi meraviglio troppo di questi giudizi.
Se da un lato abbiamo un Miyazaki apprezzato e sdoganato a livello internazionale come una sorta di Walt Disney nipponico dal cuore d'oro e legato ai temi della eco-sostenibilità, ma pur sempre molto "giapponese" nel suo fare animazione, dall'altro troviamo l'Akira di Katsuhiro Otomo, che molto ricorda del cinema americano (non di animazione) di fantascienza per contenuti e regia e, tecnicamente, del modo di fare animazione negli Stati Uniti. Il tutto, però, con molte e determinate caratteristiche di forma e contenuto che comunque denotano la sua origine nipponica, seppur con un decisivo stacco - che sia positivo o negativo è tutto da discutere - rispetto agli standard degli anime.
Di solito, dopo questo genere di premessa, nelle recensioni do spesso spazio a un accenno di trama. Non che mi risulti difficile farlo anche in questo caso, ma succedono tante e tante di quelle cose in questo film che pare quasi inutile iniziare a raccontarlo... Vale forse la pena dare un accenno al solo contesto generale: anno 1982, un'esplosione nucleare distrugge Tokyo e dà inizio alla Terza guerra mondiale. Nel 2019, in una Neo-Tokyo dominata dalla corruzione del governo e dal caos sociale, tra guerriglie, religioni millenaristiche e manifestazioni, alcune bande di motociclisti si sfidano a corse mozzafiato all'ultimo sangue. Due amici della stessa banda, Kaneda e Tetsuo (i nostri protagonisti), si troveranno ad essere coinvolti in un esperimento, denominato Akira, coperto dall'esercito e legato all'esplosione atomica di quarant'anni prima.
Questo è chiaramente solo un assaggio di una trama complessa e articolata che è, allo stesso tempo, pregio e difetto di questo film. Pregio per l'originalità in cui viene tratteggiato un futuro dannatamente sconvolgente, che per i tempi - non dimentichiamo che la Guerra Fredda non era ancora finita quando Otomo iniziò a concepire Akira - risultava a tratti inquietantemente possibile, difetto per l'evidente compressione di fatti e buchi di sceneggiatura lasciati qua e là. Complessivamente, però, devo dire di non aver comunque patito troppo l'assenza dei dati di contorno e della chiarezza che può derivare da una trama più distesa (come immagino sia nel manga - che non ho letto - ancora in corso all'epoca della realizzazione del film). Se all'inizio ho avuto un po' di difficoltà a cogliere i vari pezzetti della vicenda, nella seconda parte, quando il film ingrana, ho iniziato a seguirlo in maniera più rilassata (nonostante sia proprio la seconda parte quella più complessa e dinamica).
I personaggi risultano ben caratterizzati, in particolare (ovviamente) i due protagonisti Kaneda e Tetsuo. Ma anche agli altri è dato un certo spazio, cosicché mi sono rimaste ben chiare e impresse anche figure come il Colonnello oppure Nezu, eterno emblema del politico doppiogiochista tra governo e resistenza (figura ampiamente più disgustosa del politico corrotto nelle sole alte sfere). Il dato interessante è che si tratta di una vicenda senza eroi e senza "buoni buoni" e/o "cattivi cattivi". C'è un'ampia casistica di caratteri umani, tutti molto realistici, tra cui spicca sicuramente la figura triste, misera e negativa di Tetsuo.
Dal punto di vista tecnico il film è senz'altro lodevole, anche se non di mio gusto. Raccogliendo un budget spropositato e impiegando un numero di artisti mai visto prima, compresi animatori in CGI, Katsuhiro Otomo realizzò un film che segnava decisamente un decisivo stacco dal resto della produzione animata nipponica, avvicinandolo a standard di apprezzamento occidentali. Se devo essere sincero l'effetto complessivo, per quanto ammirevole, non è quello che di solito cerco in un film animato giapponese (né, per contro, in un film animato occidentale, che per tradizione è rivolto ad altro tipo di pubblico). Akira è tecnicamente uno strano ibrido.
Il suo cercare di avvicinarsi, all'altezza del 1988, a certi standard di fluidità occidentale attraverso tecniche come il pre-recording (cioè il registrare il doppiaggio prima e realizzare le animazioni su di esso), o ad una ricerca maniacale del "vero", lo rende a tratti straordinariamente e per assurdo poco al passo coi tempi. Per esempio alla Disney stessa si erano resi conto da lungo tempo che un character design troppo realistico poteva risultare freddo e accademico. Dopo Cenerentola (1950), dove troviamo la protagonista, la matrigna e il principe estremamente umani e realistici, il famoso studio di animazione decise di virare verso stili più ricercati e fumettistici, anche per i personaggi di bell'aspetto (basti pensare al successivo film con una principessa, La bella addormentata nel bosco (1959): se Aurora, a differenza di Cenerentola, uscisse dallo schermo sarebbe ovviamente un'umana piena di sproporzioni). E oltre ai personaggi, negli studios disneyani continuarono a sviluppare in chiave artistica e ogni volta differenziata anche tutto "il contorno", raggiungendo di volta in volta esiti diversi e interessanti.
Katsuhiro Otomo non sembra chiaramente ricercare un chara design che definisca personaggi belli, anzi, ma sicuramente va comunque incontro a una stilizzazione del reale che si avvicini a quest'ultimo dato il più possibile. Tuttavia, se questo può funzionare sulla carta statica, in animazione rende solo negli scenari ma trova dei limiti con i personaggi (come dicevo, c'è una sorta di fastidiosa freddezza accademica di fondo). Lo stesso uso del pre-recording a mio parere enfatizza in negativo questo aspetto: immagino che per i tempi la cosa sia molto piaciuta - considerato anche che i doppiatori giapponesi ancora fino a qualche decennio fa cadevano in dei fastidiosi fuori sync - tuttavia trovo che abbia spesso determinato delle scelte di animazione sgradevoli sulle espressioni dei personaggi. E anche senza ricorrere al rotoscopio, a tratti l'impressione è che si sia ottenuto un effetto del genere.
Passi anche che non ci debba essere una bellezza ideale, ma la completa presenza di personaggi del tutto bruttini e per di più, e questa è la cosa più grave, tutti troppo simili tra loro è un po' fastidiosa (al punto che non vedo veramente dove sia la differenza tra i ragazzi maschi e le due ragazze, Kei e Kaori, se non nei quattro tratti delle ciglia). Moltissimi mangaka soffrono di scarsa caratterizzazione dei personaggi, proprio a causa dei singolari, irreali e canonizzati stili di disegno manga, dovendo sopperire alla cosa soprattutto tramite la diversificazione dei principali caratteri estrinseci (tra tutti i capelli). Qui, paradossalmente, abbiamo un chara che vuole essere realistico (e che quindi potrebbe pescare nell'infinità varietà delle fisionomie), ma che per una poco riuscita stilizzazione della figura umana finisce quindi per rendere i personaggi graficamente banali e simili (al punto che ho pensato: «meno male che Tetsuo ha, per quanto brutto, quel frontone orrendo che lo diversifica un po'!»).
In conclusione, per quel che riguarda il comparto tecnico, al netto di un'animazione fluidissima, sfondi splendidi, una bella regia che mette in evidenza tutto quello che c'è da mettere in evidenza, effetti speciali ottimi ecc., c'è questo decisivo sperimentalismo "verso il reale" che a mio parere rappresenta un fallimento estetico e a tratti quasi un "tradimento" dell'animazione tradizionale giapponese.
Sulle musiche non c'è molto da dire, se non che svolgono bene il loro lavoro, anche se non le ho trovate particolarmente memorabili. La qualità del sonoro e degli effetti audio è singolarmente elevata. Il doppiaggio originale non l'ho ascoltato, quello italiano non mi ha particolarmente esaltato. Tra l'altro so che non è del tutto genuino a livello di adattamento. A un certo punto, quando i discorsi iniziavano a diventare un po' specifici (intorno al progetto Akira), per essere sicuro di non prendere fischi per fiaschi, ho attivato i sottotitoli del DVD Dynit, che non sono la mera trascrizione dei dialoghi ma sono ritradotti dall'originale. Complessivamente, però, non mi è parso che il doppiaggio italiano renda inintelligibile il senso del film o lo snaturi.
Ecco, quale sia il senso complessivo dell'opera, dal momento che c'è un finale un po' singolare, non lo so. E francamente non ci ho nemmeno pensato né mi pare che necessiti ad ogni costo di essere trovato. Forse, come in molti altri prodotti del genere, si è andati fin troppo oltre nel ricercare il senso della vita in un'opera di intrattenimento, per quanto permeata di contenuti filosofici (ma confesso di non essere attratto né dalla filosofia, esistenziale e tout court, né dalla fantascienza troppo involuta).
Ad essere sincero forse la cosa che più mi ha colpito di Akira è stato proprio immaginare l'impatto che possa aver avuto sul pubblico dell'epoca, visto che è senz'altro, per i suoi tempi, un film sperimentale e innovativo. Probabilmente non mi ha esaltato perché sono ad oggi e da sempre un passatista e non un innovatore, ma riconoscerne il valore e i pregi mi sembra il minimo. Non conosco troppo bene il genere fantascientifico per cogliere le, senz'altro forti, influenze che ha avuto sul successivo cinema d'animazione (e non), ma banalmente anche certi prodotti più commerciali e super-eroistici mi sembra che qualche debito con la visionarietà di Akira lo debbano avere.
Se da un lato abbiamo un Miyazaki apprezzato e sdoganato a livello internazionale come una sorta di Walt Disney nipponico dal cuore d'oro e legato ai temi della eco-sostenibilità, ma pur sempre molto "giapponese" nel suo fare animazione, dall'altro troviamo l'Akira di Katsuhiro Otomo, che molto ricorda del cinema americano (non di animazione) di fantascienza per contenuti e regia e, tecnicamente, del modo di fare animazione negli Stati Uniti. Il tutto, però, con molte e determinate caratteristiche di forma e contenuto che comunque denotano la sua origine nipponica, seppur con un decisivo stacco - che sia positivo o negativo è tutto da discutere - rispetto agli standard degli anime.
Di solito, dopo questo genere di premessa, nelle recensioni do spesso spazio a un accenno di trama. Non che mi risulti difficile farlo anche in questo caso, ma succedono tante e tante di quelle cose in questo film che pare quasi inutile iniziare a raccontarlo... Vale forse la pena dare un accenno al solo contesto generale: anno 1982, un'esplosione nucleare distrugge Tokyo e dà inizio alla Terza guerra mondiale. Nel 2019, in una Neo-Tokyo dominata dalla corruzione del governo e dal caos sociale, tra guerriglie, religioni millenaristiche e manifestazioni, alcune bande di motociclisti si sfidano a corse mozzafiato all'ultimo sangue. Due amici della stessa banda, Kaneda e Tetsuo (i nostri protagonisti), si troveranno ad essere coinvolti in un esperimento, denominato Akira, coperto dall'esercito e legato all'esplosione atomica di quarant'anni prima.
Questo è chiaramente solo un assaggio di una trama complessa e articolata che è, allo stesso tempo, pregio e difetto di questo film. Pregio per l'originalità in cui viene tratteggiato un futuro dannatamente sconvolgente, che per i tempi - non dimentichiamo che la Guerra Fredda non era ancora finita quando Otomo iniziò a concepire Akira - risultava a tratti inquietantemente possibile, difetto per l'evidente compressione di fatti e buchi di sceneggiatura lasciati qua e là. Complessivamente, però, devo dire di non aver comunque patito troppo l'assenza dei dati di contorno e della chiarezza che può derivare da una trama più distesa (come immagino sia nel manga - che non ho letto - ancora in corso all'epoca della realizzazione del film). Se all'inizio ho avuto un po' di difficoltà a cogliere i vari pezzetti della vicenda, nella seconda parte, quando il film ingrana, ho iniziato a seguirlo in maniera più rilassata (nonostante sia proprio la seconda parte quella più complessa e dinamica).
I personaggi risultano ben caratterizzati, in particolare (ovviamente) i due protagonisti Kaneda e Tetsuo. Ma anche agli altri è dato un certo spazio, cosicché mi sono rimaste ben chiare e impresse anche figure come il Colonnello oppure Nezu, eterno emblema del politico doppiogiochista tra governo e resistenza (figura ampiamente più disgustosa del politico corrotto nelle sole alte sfere). Il dato interessante è che si tratta di una vicenda senza eroi e senza "buoni buoni" e/o "cattivi cattivi". C'è un'ampia casistica di caratteri umani, tutti molto realistici, tra cui spicca sicuramente la figura triste, misera e negativa di Tetsuo.
Dal punto di vista tecnico il film è senz'altro lodevole, anche se non di mio gusto. Raccogliendo un budget spropositato e impiegando un numero di artisti mai visto prima, compresi animatori in CGI, Katsuhiro Otomo realizzò un film che segnava decisamente un decisivo stacco dal resto della produzione animata nipponica, avvicinandolo a standard di apprezzamento occidentali. Se devo essere sincero l'effetto complessivo, per quanto ammirevole, non è quello che di solito cerco in un film animato giapponese (né, per contro, in un film animato occidentale, che per tradizione è rivolto ad altro tipo di pubblico). Akira è tecnicamente uno strano ibrido.
Il suo cercare di avvicinarsi, all'altezza del 1988, a certi standard di fluidità occidentale attraverso tecniche come il pre-recording (cioè il registrare il doppiaggio prima e realizzare le animazioni su di esso), o ad una ricerca maniacale del "vero", lo rende a tratti straordinariamente e per assurdo poco al passo coi tempi. Per esempio alla Disney stessa si erano resi conto da lungo tempo che un character design troppo realistico poteva risultare freddo e accademico. Dopo Cenerentola (1950), dove troviamo la protagonista, la matrigna e il principe estremamente umani e realistici, il famoso studio di animazione decise di virare verso stili più ricercati e fumettistici, anche per i personaggi di bell'aspetto (basti pensare al successivo film con una principessa, La bella addormentata nel bosco (1959): se Aurora, a differenza di Cenerentola, uscisse dallo schermo sarebbe ovviamente un'umana piena di sproporzioni). E oltre ai personaggi, negli studios disneyani continuarono a sviluppare in chiave artistica e ogni volta differenziata anche tutto "il contorno", raggiungendo di volta in volta esiti diversi e interessanti.
Katsuhiro Otomo non sembra chiaramente ricercare un chara design che definisca personaggi belli, anzi, ma sicuramente va comunque incontro a una stilizzazione del reale che si avvicini a quest'ultimo dato il più possibile. Tuttavia, se questo può funzionare sulla carta statica, in animazione rende solo negli scenari ma trova dei limiti con i personaggi (come dicevo, c'è una sorta di fastidiosa freddezza accademica di fondo). Lo stesso uso del pre-recording a mio parere enfatizza in negativo questo aspetto: immagino che per i tempi la cosa sia molto piaciuta - considerato anche che i doppiatori giapponesi ancora fino a qualche decennio fa cadevano in dei fastidiosi fuori sync - tuttavia trovo che abbia spesso determinato delle scelte di animazione sgradevoli sulle espressioni dei personaggi. E anche senza ricorrere al rotoscopio, a tratti l'impressione è che si sia ottenuto un effetto del genere.
Passi anche che non ci debba essere una bellezza ideale, ma la completa presenza di personaggi del tutto bruttini e per di più, e questa è la cosa più grave, tutti troppo simili tra loro è un po' fastidiosa (al punto che non vedo veramente dove sia la differenza tra i ragazzi maschi e le due ragazze, Kei e Kaori, se non nei quattro tratti delle ciglia). Moltissimi mangaka soffrono di scarsa caratterizzazione dei personaggi, proprio a causa dei singolari, irreali e canonizzati stili di disegno manga, dovendo sopperire alla cosa soprattutto tramite la diversificazione dei principali caratteri estrinseci (tra tutti i capelli). Qui, paradossalmente, abbiamo un chara che vuole essere realistico (e che quindi potrebbe pescare nell'infinità varietà delle fisionomie), ma che per una poco riuscita stilizzazione della figura umana finisce quindi per rendere i personaggi graficamente banali e simili (al punto che ho pensato: «meno male che Tetsuo ha, per quanto brutto, quel frontone orrendo che lo diversifica un po'!»).
In conclusione, per quel che riguarda il comparto tecnico, al netto di un'animazione fluidissima, sfondi splendidi, una bella regia che mette in evidenza tutto quello che c'è da mettere in evidenza, effetti speciali ottimi ecc., c'è questo decisivo sperimentalismo "verso il reale" che a mio parere rappresenta un fallimento estetico e a tratti quasi un "tradimento" dell'animazione tradizionale giapponese.
Sulle musiche non c'è molto da dire, se non che svolgono bene il loro lavoro, anche se non le ho trovate particolarmente memorabili. La qualità del sonoro e degli effetti audio è singolarmente elevata. Il doppiaggio originale non l'ho ascoltato, quello italiano non mi ha particolarmente esaltato. Tra l'altro so che non è del tutto genuino a livello di adattamento. A un certo punto, quando i discorsi iniziavano a diventare un po' specifici (intorno al progetto Akira), per essere sicuro di non prendere fischi per fiaschi, ho attivato i sottotitoli del DVD Dynit, che non sono la mera trascrizione dei dialoghi ma sono ritradotti dall'originale. Complessivamente, però, non mi è parso che il doppiaggio italiano renda inintelligibile il senso del film o lo snaturi.
Ecco, quale sia il senso complessivo dell'opera, dal momento che c'è un finale un po' singolare, non lo so. E francamente non ci ho nemmeno pensato né mi pare che necessiti ad ogni costo di essere trovato. Forse, come in molti altri prodotti del genere, si è andati fin troppo oltre nel ricercare il senso della vita in un'opera di intrattenimento, per quanto permeata di contenuti filosofici (ma confesso di non essere attratto né dalla filosofia, esistenziale e tout court, né dalla fantascienza troppo involuta).
Ad essere sincero forse la cosa che più mi ha colpito di Akira è stato proprio immaginare l'impatto che possa aver avuto sul pubblico dell'epoca, visto che è senz'altro, per i suoi tempi, un film sperimentale e innovativo. Probabilmente non mi ha esaltato perché sono ad oggi e da sempre un passatista e non un innovatore, ma riconoscerne il valore e i pregi mi sembra il minimo. Non conosco troppo bene il genere fantascientifico per cogliere le, senz'altro forti, influenze che ha avuto sul successivo cinema d'animazione (e non), ma banalmente anche certi prodotti più commerciali e super-eroistici mi sembra che qualche debito con la visionarietà di Akira lo debbano avere.