Mobile Fighter G Gundam
Nella seconda metà degli anni '90, la casa editrice Star Comics pubblicò una rivista mensile dedicata al mondo dei videogiochi, dove uscirono a puntate diversi manga dedicati ai successi videoludici del tempo, come Street Fighter, Fatal Fury, Samurai Spirits e... G Gundam!
Scelta un po' strana, visto che il manga di G Gundam non era tratto da un videogioco, bensì da una serie televisiva.
Eppure, basta un semplice sguardo alla serie per capire che, in realtà, il manga di G Gundam, su una rivista di videogiochi a fumetti, ci stava benissimo, anche se non era direttamente tratto da un gioco.
Eccezione più unica che rara nel mondo di Gundam, infatti, questa serie ha ben poco a che spartire con il drammatico universo della Guerra di un anno di Amuro Ray e Char Aznable, da cui si distacca completamente per narrare una storia completamente diversa, che col Gundam originale ha in comune soltanto il design del robot principale, la presenza di colonie spaziali e di un esercito di robot minori di colore verde (che comunque non dura più di tre episodi). Essendo atipica all'interno del franchise di Gundam, quindi, questa serie può tranquillamente essere vista a sé, senza necessitare per forza una conoscenza di tutto il brand Gundam dal 1979 al 1994.
Assai più numerosi sono, invece, i punti di contatto proprio col mondo dei videogiochi e, nel particolare, dei picchiaduro a incontri, che negli anni '90 facevano furore nelle sale giochi di tutto il mondo.
Lo si capisce sin dal primo episodio, quando G Gundam si mostra incentrato su un torneo internazionale di lotta e facciamo la conoscenza del nostro protagonista, un combattente giapponese che gira di paese in paese scontrandosi con i guerrieri di tutto il mondo. Vi ricorda qualche videogioco anni '90 piuttosto famoso? Ha anche la fascia rossa sulla fronte, non è un caso!
La struttura di G Gundam è esattamente quella che ci si aspetterebbe dall'adattamento in animazione di un videogioco di combattimento (che tra l'altro uscì davvero per Super Nintendo, anche se è lui ad essere tratto dall'anime e non viceversa): il protagonista Domon viaggerà di paese in paese, vivendo rocambolesche avventure ed emozionanti combattimenti che lo contrapporranno a diversi lottatori. Alcuni di questi saranno dei terribili rivali, altri si trasformeranno in inseparabili amici, che si uniranno a lui, nonostante un'iniziale rivalità, per affrontare un comune e malvagio "boss finale".
Particolarità della serie, che lo differenzia dai normali picchiaduro, è, però, la presenza dei Gundam: ogni combattente svolge i suoi scontri non a mani nude, ma pilotando un gigantesco robot e facendo compiere a lui le mosse di arti marziali o le tecniche da usare durante la lotta.
L'incipit della serie si concentra sui viaggi di Domon e sui primi combattimenti da lui affrontati. Come da tradizione di questo tipo di opere, ogni paese toccato dal nostro eroe è ritratto in maniera diversa ed incantevole, anche se non ci si risparmia qualche stereotipo ed assurdità di troppo (l'Italia del primo episodio è uno scenario post-apocalittico dove teppisti punkettoni dai nomi assurdi e certamente non italiani girano nella piazza della Fontana di Trevi, per dirne una). Se, però, le locations che ci mostrano i vari episodi sono molto affascinanti, altrettanto non si potrà dire dei personaggi. La serie mostra il viaggio di Domon già cominciato, quindi, nelle prime puntate, il nostro protagonista è solo un tamarro girovago di cui si sa poco e a cui si fa fatica ad affezionarsi. I primi flashback che ci raccontano la sua backstory sono, come se non bastasse, abbastanza confusi.
Proseguendo nella visione, fortunatamente, la lentezza e l'anonimato che affliggono le prime avventure di Domon scompaiono e la storia si fa più complessa, articolata e affascinante.
Si vanno delineando maggiormente il carattere e i trascorsi di Domon e i legami che lo uniscono ai molti personaggi della sua storia passata e presente. Così facendo, Domon cresce e lo spettatore lo sente più vicino a sé e vede che anche lui ha dei dubbi, prova dei sentimenti, commette degli errori e impara da essi.
Ci rendiamo conto, man mano che proseguiamo nella visione, che buona parte della forza di G Gundam sta proprio nei suoi personaggi. Quella che prima sembrava solo la storia di un tamarro con la fascia che gira per il mondo e combatte si trasforma in una storia che parla di tante persone.
In fondo, uno degli elementi di maggior fascino dei picchiaduro a incontri cui G Gundam si ispira è proprio la presenza di numerosi personaggi diversi, ognuno con una propria storia e un proprio background ben definiti.
Anche questo bizzarro picchiaduro coi robot non sfugge alla regola e dunque, piacevolmente, possiamo seguire anche le vicende personali di altri personaggi insieme a quella di Domon.
Largo spazio è infatti dedicato ai quattro compagni di battaglie del nostro eroe: ognuno di loro viene da una nazione diversa, ha un interessante passato da raccontare, uno scopo da raggiungere, problemi e battaglie da affrontare, uno stile di lotta tutto suo e un entourage di personaggi secondari splendidamente caratterizzati che non mancheranno di donargli un po' di calore strappando spesso e volentieri qualche risata allo spettatore.
La serie pone una grande attenzione a tutti i suoi personaggi, presentando dei comprimari che sapranno farsi ricordare per un motivo o per un altro anche quando il loro ruolo nella storia sarà abbastanza ristretto e dei cattivi dal carattere tutto sommato interessante.
Pian piano, a rotazione, gli episodi cominceranno a incentrarsi non solo su Domon e la sua sottotrama personale, ma anche su ognuno dei suoi compagni, analizzandone i caratteri, i problemi e i rapporti con gli altri personaggi che incontreranno nelle loro battaglie.
Si verrà a creare uno splendido affresco ricco di colori, personalità e sentimenti diversi, che renderà impossibile per gli spettatori non trovare almeno un personaggio preferito di cui seguire con passione le vicende.
Un affresco che, sin dalla meravigliosa ambientazione tutta cinese della seconda metà della serie, rispecchia alla perfezione le migliori caratteristiche dei videogiochi di combattimento da sala: tanti personaggi diversi, provenienti da varie parti del mondo, che si scontrano in un torneo di arti marziali in cui il ring diventa il palcoscenico più adatto per mettere in scena sogni, vendette, lealtà, sacrifici, intrighi, amicizie, virtù, passioni, amori.
Fra i tanti attori che calcano il palcoscenico del Gundam Fight fra le baie, i tramonti, i mercati e i grattacieli di Hong Kong ci sono: un pugile smargiasso che insegue il sogno americano, un detenuto russo che ha una pena da scontare, un ragazzino cinese ultimo erede di una casta di marzialisti di lunga tradizione, un nobile francese che persegue la bellezza e la virtù, un boscaiolo canadese in cerca di vendetta, un bellicoso gigante greco, un santone indiano, un vichingo, un misterioso ninja tedesco che indossa un pacchianissimo costume coi colori della bandiera della Germania, una graziosa e agguerrita ragazza svedese per cui i combattimenti sono come uno splendido gioco che la fanno sentire viva e libera (e che guida un robottone con le fattezze di Sailor Moon!).
E poi c'è lui, il meraviglioso Master Asia, l'ex maestro di arti marziali di Domon che sembra la parodia di Lau Chan di "Virtua Fighter", tanto forte e figo quanto pieno di ombre, contraddizioni, misteri e fascino. Un personaggio straordinario, che sovrasta con facilità la quasi totalità del cast e irrompe sul palcoscenico del torneo mettendo in scena, al grido di "Guarda! L'Oriente sta ardendo di un color rosso!", una storia epica, tragica, romantica e sofferente che lo spettatore difficilmente dimenticherà.
"Quando ti sentirai triste, prova a stendere la mano.
Sicuramente, i tuoi amici ti sosterranno.
Per quanto le epoche cambino, io non ti dimenticherò mai.
I'll trust you forever."
Così canta la seconda sigla d'apertura della serie, parole perfette per simboleggiare l'essenza di tutta la storia e per accompagnare una splendida parte finale in cui si avrà risposta a tutte le domande del giovane Domon, inizialmente tamarro girovago e poi, man mano che avanzano gli episodi, guerriero alle prese con scelte sofferte, i cui continui incontri e scontri coi suoi avversari lo aiutano a comprendere qualcosa di sé e degli altri.
Forse che i rivali che oggi calcano quel ring, un domani potranno diventare suoi amici?
Forse che ognuno di loro, esattamente come lui, ha un sogno da realizzare che merita rispetto?
Forse che, di fronte ad una malvagia minaccia che può mettere in pericolo l'intera umanità, non esistono più vendette, rivalità, barriere territoriali e linguistiche, ma solo esseri umani, che lottano insieme in nome di ideali e sogni?
Forse che, impegnato a combattere e con gli occhi e il cuore accecati dalla vendetta, non aveva mai fatto caso a quanto bello fosse il sorriso della splendida Rain, la sua assistente e amica d'infanzia, a quanto quel sorriso lo rendesse felice e a quanto desideri proteggerlo, affinché entrambi possano vivere insieme un futuro radioso?
Mai, nei videogiochi di combattimento e dunque anche in G Gundam che ad essi si ispira, la lotta è stata un mero scambio di pugni, ma è sempre stata vista come un mezzo per esprimere se stessi, le proprie convinzioni, i propri sentimenti. Non sorprende, quindi, che Domon si trovi a conquistare a pugni anche il proprio amore, in una delle scene romantiche più emozionanti mai narrate in un anime, dove il nostro strambo principe-guerriero col mantello rosso sale in groppa al suo bianco (ed elettronico) destriero per salvare l'amata principessa in difficoltà e coprirne il corpo nudo con quel mantello rosso che si tramuta nel simbolo del loro amore e nella forza che muove il loro sogno.
Una grafica accesa e colorata, ricca di riflessi di luce, accompagna il viaggio di Domon e compagni in giro per il mondo. Un viaggio raccontato con uno stile di disegno assai piacevole, a volte un po' retrò e caricaturale, ma tendenzialmente molto sullo stile degli anni '90, capace di ritrarre con efficacia diverse tipologie di personaggi e di dare gran fascino a quelli femminili senza mai esagerare, oltre, ovviamente, a sbizzarrirsi nell'aspetto dei vari robot.
Il doppiaggio è sapiente e ben orchestrato, con un esaltato Tomokazu Seki (Domon) e un istrionico Yousuke Akimoto (Master Asia e narratore) a fare da mattatori incontrastati e a comandare una schiera di colleghi divertiti ed estremamente professionali.
Splendide anche le musiche, dalle due, energiche, sigle d'apertura, agli efficaci motivi strumentali della colonna sonora. Non rare sono le canzoni d'accompagnamento alle scene più emozionanti o significative, pescate a piene mani dai tanti album musicali dedicati alla serie, fra cui uno interamente cantato in lingua cinese, accompagnamento splendidamente d'atmosfera per la seconda parte ambientata ad Hong Kong. Unico, tutto sommato trascurabile, neo sono le due sigle di chiusura, che sfigurano rispetto alla bellezza di quelle d'apertura.
Un'inaspettata e bellissima sorpresa, questo G Gundam, che affascina e intrattiene, dopo un inizio un po' traballante, con mille e più robot dalle fattezze strambe e altrettanti personaggi bizzarri a cui, però, pian piano, non si fa fatica ad affezionarsi, fino a giungere ad un finale talmente esaltante, romantico e coinvolgente che trattenere la lacrimuccia in certi punti sarà difficile se non impossibile. Una serie che parla più di persone, di lotte, d'amicizia e d'amore, più che di robot, e che, perciò, potrebbe riuscire a conquistare anche chi di robot e fantascienza non se ne intende. Chi, invece, è appassionato di storie e videogiochi d'arti marziali, non faticherà a sentirsi a suo agio.
Ci vuole un po' affinché la storia ingrani, i primi episodi sono un po' noiosetti e alcune nazioni più sfortunate (fra cui, ahinoi, l'Italia) sfuggono dallo splendido messaggio di pace e fratellanza che il finale della serie insegna ai suoi spettatori.
Tutto sommato, però, son piccolezze, di fronte ad una serie d'atmosfera, sorprendentemente ricca di emozioni e divertimento, che ripesca il mito dei super robot e, mescolandolo con i picchiaduro da sala giochi e tanto carisma, gli dona nuova linfa e riesce a creare una storia dal sapore magico, squisitamente anni '90, da gustare tutta d'un fiato fra un'emozione e l'altra.
Scelta un po' strana, visto che il manga di G Gundam non era tratto da un videogioco, bensì da una serie televisiva.
Eppure, basta un semplice sguardo alla serie per capire che, in realtà, il manga di G Gundam, su una rivista di videogiochi a fumetti, ci stava benissimo, anche se non era direttamente tratto da un gioco.
Eccezione più unica che rara nel mondo di Gundam, infatti, questa serie ha ben poco a che spartire con il drammatico universo della Guerra di un anno di Amuro Ray e Char Aznable, da cui si distacca completamente per narrare una storia completamente diversa, che col Gundam originale ha in comune soltanto il design del robot principale, la presenza di colonie spaziali e di un esercito di robot minori di colore verde (che comunque non dura più di tre episodi). Essendo atipica all'interno del franchise di Gundam, quindi, questa serie può tranquillamente essere vista a sé, senza necessitare per forza una conoscenza di tutto il brand Gundam dal 1979 al 1994.
Assai più numerosi sono, invece, i punti di contatto proprio col mondo dei videogiochi e, nel particolare, dei picchiaduro a incontri, che negli anni '90 facevano furore nelle sale giochi di tutto il mondo.
Lo si capisce sin dal primo episodio, quando G Gundam si mostra incentrato su un torneo internazionale di lotta e facciamo la conoscenza del nostro protagonista, un combattente giapponese che gira di paese in paese scontrandosi con i guerrieri di tutto il mondo. Vi ricorda qualche videogioco anni '90 piuttosto famoso? Ha anche la fascia rossa sulla fronte, non è un caso!
La struttura di G Gundam è esattamente quella che ci si aspetterebbe dall'adattamento in animazione di un videogioco di combattimento (che tra l'altro uscì davvero per Super Nintendo, anche se è lui ad essere tratto dall'anime e non viceversa): il protagonista Domon viaggerà di paese in paese, vivendo rocambolesche avventure ed emozionanti combattimenti che lo contrapporranno a diversi lottatori. Alcuni di questi saranno dei terribili rivali, altri si trasformeranno in inseparabili amici, che si uniranno a lui, nonostante un'iniziale rivalità, per affrontare un comune e malvagio "boss finale".
Particolarità della serie, che lo differenzia dai normali picchiaduro, è, però, la presenza dei Gundam: ogni combattente svolge i suoi scontri non a mani nude, ma pilotando un gigantesco robot e facendo compiere a lui le mosse di arti marziali o le tecniche da usare durante la lotta.
L'incipit della serie si concentra sui viaggi di Domon e sui primi combattimenti da lui affrontati. Come da tradizione di questo tipo di opere, ogni paese toccato dal nostro eroe è ritratto in maniera diversa ed incantevole, anche se non ci si risparmia qualche stereotipo ed assurdità di troppo (l'Italia del primo episodio è uno scenario post-apocalittico dove teppisti punkettoni dai nomi assurdi e certamente non italiani girano nella piazza della Fontana di Trevi, per dirne una). Se, però, le locations che ci mostrano i vari episodi sono molto affascinanti, altrettanto non si potrà dire dei personaggi. La serie mostra il viaggio di Domon già cominciato, quindi, nelle prime puntate, il nostro protagonista è solo un tamarro girovago di cui si sa poco e a cui si fa fatica ad affezionarsi. I primi flashback che ci raccontano la sua backstory sono, come se non bastasse, abbastanza confusi.
Proseguendo nella visione, fortunatamente, la lentezza e l'anonimato che affliggono le prime avventure di Domon scompaiono e la storia si fa più complessa, articolata e affascinante.
Si vanno delineando maggiormente il carattere e i trascorsi di Domon e i legami che lo uniscono ai molti personaggi della sua storia passata e presente. Così facendo, Domon cresce e lo spettatore lo sente più vicino a sé e vede che anche lui ha dei dubbi, prova dei sentimenti, commette degli errori e impara da essi.
Ci rendiamo conto, man mano che proseguiamo nella visione, che buona parte della forza di G Gundam sta proprio nei suoi personaggi. Quella che prima sembrava solo la storia di un tamarro con la fascia che gira per il mondo e combatte si trasforma in una storia che parla di tante persone.
In fondo, uno degli elementi di maggior fascino dei picchiaduro a incontri cui G Gundam si ispira è proprio la presenza di numerosi personaggi diversi, ognuno con una propria storia e un proprio background ben definiti.
Anche questo bizzarro picchiaduro coi robot non sfugge alla regola e dunque, piacevolmente, possiamo seguire anche le vicende personali di altri personaggi insieme a quella di Domon.
Largo spazio è infatti dedicato ai quattro compagni di battaglie del nostro eroe: ognuno di loro viene da una nazione diversa, ha un interessante passato da raccontare, uno scopo da raggiungere, problemi e battaglie da affrontare, uno stile di lotta tutto suo e un entourage di personaggi secondari splendidamente caratterizzati che non mancheranno di donargli un po' di calore strappando spesso e volentieri qualche risata allo spettatore.
La serie pone una grande attenzione a tutti i suoi personaggi, presentando dei comprimari che sapranno farsi ricordare per un motivo o per un altro anche quando il loro ruolo nella storia sarà abbastanza ristretto e dei cattivi dal carattere tutto sommato interessante.
Pian piano, a rotazione, gli episodi cominceranno a incentrarsi non solo su Domon e la sua sottotrama personale, ma anche su ognuno dei suoi compagni, analizzandone i caratteri, i problemi e i rapporti con gli altri personaggi che incontreranno nelle loro battaglie.
Si verrà a creare uno splendido affresco ricco di colori, personalità e sentimenti diversi, che renderà impossibile per gli spettatori non trovare almeno un personaggio preferito di cui seguire con passione le vicende.
Un affresco che, sin dalla meravigliosa ambientazione tutta cinese della seconda metà della serie, rispecchia alla perfezione le migliori caratteristiche dei videogiochi di combattimento da sala: tanti personaggi diversi, provenienti da varie parti del mondo, che si scontrano in un torneo di arti marziali in cui il ring diventa il palcoscenico più adatto per mettere in scena sogni, vendette, lealtà, sacrifici, intrighi, amicizie, virtù, passioni, amori.
Fra i tanti attori che calcano il palcoscenico del Gundam Fight fra le baie, i tramonti, i mercati e i grattacieli di Hong Kong ci sono: un pugile smargiasso che insegue il sogno americano, un detenuto russo che ha una pena da scontare, un ragazzino cinese ultimo erede di una casta di marzialisti di lunga tradizione, un nobile francese che persegue la bellezza e la virtù, un boscaiolo canadese in cerca di vendetta, un bellicoso gigante greco, un santone indiano, un vichingo, un misterioso ninja tedesco che indossa un pacchianissimo costume coi colori della bandiera della Germania, una graziosa e agguerrita ragazza svedese per cui i combattimenti sono come uno splendido gioco che la fanno sentire viva e libera (e che guida un robottone con le fattezze di Sailor Moon!).
E poi c'è lui, il meraviglioso Master Asia, l'ex maestro di arti marziali di Domon che sembra la parodia di Lau Chan di "Virtua Fighter", tanto forte e figo quanto pieno di ombre, contraddizioni, misteri e fascino. Un personaggio straordinario, che sovrasta con facilità la quasi totalità del cast e irrompe sul palcoscenico del torneo mettendo in scena, al grido di "Guarda! L'Oriente sta ardendo di un color rosso!", una storia epica, tragica, romantica e sofferente che lo spettatore difficilmente dimenticherà.
"Quando ti sentirai triste, prova a stendere la mano.
Sicuramente, i tuoi amici ti sosterranno.
Per quanto le epoche cambino, io non ti dimenticherò mai.
I'll trust you forever."
Così canta la seconda sigla d'apertura della serie, parole perfette per simboleggiare l'essenza di tutta la storia e per accompagnare una splendida parte finale in cui si avrà risposta a tutte le domande del giovane Domon, inizialmente tamarro girovago e poi, man mano che avanzano gli episodi, guerriero alle prese con scelte sofferte, i cui continui incontri e scontri coi suoi avversari lo aiutano a comprendere qualcosa di sé e degli altri.
Forse che i rivali che oggi calcano quel ring, un domani potranno diventare suoi amici?
Forse che ognuno di loro, esattamente come lui, ha un sogno da realizzare che merita rispetto?
Forse che, di fronte ad una malvagia minaccia che può mettere in pericolo l'intera umanità, non esistono più vendette, rivalità, barriere territoriali e linguistiche, ma solo esseri umani, che lottano insieme in nome di ideali e sogni?
Forse che, impegnato a combattere e con gli occhi e il cuore accecati dalla vendetta, non aveva mai fatto caso a quanto bello fosse il sorriso della splendida Rain, la sua assistente e amica d'infanzia, a quanto quel sorriso lo rendesse felice e a quanto desideri proteggerlo, affinché entrambi possano vivere insieme un futuro radioso?
Mai, nei videogiochi di combattimento e dunque anche in G Gundam che ad essi si ispira, la lotta è stata un mero scambio di pugni, ma è sempre stata vista come un mezzo per esprimere se stessi, le proprie convinzioni, i propri sentimenti. Non sorprende, quindi, che Domon si trovi a conquistare a pugni anche il proprio amore, in una delle scene romantiche più emozionanti mai narrate in un anime, dove il nostro strambo principe-guerriero col mantello rosso sale in groppa al suo bianco (ed elettronico) destriero per salvare l'amata principessa in difficoltà e coprirne il corpo nudo con quel mantello rosso che si tramuta nel simbolo del loro amore e nella forza che muove il loro sogno.
Una grafica accesa e colorata, ricca di riflessi di luce, accompagna il viaggio di Domon e compagni in giro per il mondo. Un viaggio raccontato con uno stile di disegno assai piacevole, a volte un po' retrò e caricaturale, ma tendenzialmente molto sullo stile degli anni '90, capace di ritrarre con efficacia diverse tipologie di personaggi e di dare gran fascino a quelli femminili senza mai esagerare, oltre, ovviamente, a sbizzarrirsi nell'aspetto dei vari robot.
Il doppiaggio è sapiente e ben orchestrato, con un esaltato Tomokazu Seki (Domon) e un istrionico Yousuke Akimoto (Master Asia e narratore) a fare da mattatori incontrastati e a comandare una schiera di colleghi divertiti ed estremamente professionali.
Splendide anche le musiche, dalle due, energiche, sigle d'apertura, agli efficaci motivi strumentali della colonna sonora. Non rare sono le canzoni d'accompagnamento alle scene più emozionanti o significative, pescate a piene mani dai tanti album musicali dedicati alla serie, fra cui uno interamente cantato in lingua cinese, accompagnamento splendidamente d'atmosfera per la seconda parte ambientata ad Hong Kong. Unico, tutto sommato trascurabile, neo sono le due sigle di chiusura, che sfigurano rispetto alla bellezza di quelle d'apertura.
Un'inaspettata e bellissima sorpresa, questo G Gundam, che affascina e intrattiene, dopo un inizio un po' traballante, con mille e più robot dalle fattezze strambe e altrettanti personaggi bizzarri a cui, però, pian piano, non si fa fatica ad affezionarsi, fino a giungere ad un finale talmente esaltante, romantico e coinvolgente che trattenere la lacrimuccia in certi punti sarà difficile se non impossibile. Una serie che parla più di persone, di lotte, d'amicizia e d'amore, più che di robot, e che, perciò, potrebbe riuscire a conquistare anche chi di robot e fantascienza non se ne intende. Chi, invece, è appassionato di storie e videogiochi d'arti marziali, non faticherà a sentirsi a suo agio.
Ci vuole un po' affinché la storia ingrani, i primi episodi sono un po' noiosetti e alcune nazioni più sfortunate (fra cui, ahinoi, l'Italia) sfuggono dallo splendido messaggio di pace e fratellanza che il finale della serie insegna ai suoi spettatori.
Tutto sommato, però, son piccolezze, di fronte ad una serie d'atmosfera, sorprendentemente ricca di emozioni e divertimento, che ripesca il mito dei super robot e, mescolandolo con i picchiaduro da sala giochi e tanto carisma, gli dona nuova linfa e riesce a creare una storia dal sapore magico, squisitamente anni '90, da gustare tutta d'un fiato fra un'emozione e l'altra.
Anno 60 del Future Century: come ogni quattro anni, è ora che si svolga il Gundam Fight, il torneo di arti marziali fra Gundam che designerà quale colonia spaziale ha il diritto di governare su tutte le altre fino alla prossima manifestazione. Prima che l'evento abbia inizio, Domon Kasshu, rappresentante di Neo Japan e pilota dello Shining Gundam, insieme al suo meccanico di fiducia, la bella Rain, viaggia da un luogo all'altro della Terra affrontando tutti Gundam Fighter in via preliminare, chiedendo a ciascuno di loro se hanno visto da qualche parte suo fratello Kyoji, verso cui nutre un odio smisurato...
Non è difficile immaginare le difficoltà incontrate da Sunrise e Bandai nell'impostare una nuova incarnazione televisiva di Gundam dopo Victory, serie televisiva tanto autoriale nella direzione quanto debolissima narrativamente, sfiancante nella sua svogliata riproposizione di tutti gli stereotipi della saga. Il creatore del franchise, Yoshiyuki Tomino, a metà anni '90 prova per lui solo odio, costretto a dirigere seguiti su seguiti, per clausole contrattuali, che fosse per lui non sarebbero mai esistiti, e non ha remore a farlo notare ribadendo all'infinito sempre le stesse cose, guerre d'indipendenza spazionoidi, Newtype, colonie che si abbattono sulla Terra, cloni di Amuro Ray, Char Aznable e Haman Karn... Giunge finalmente il tempo di svecchiare dal logorìo la saga prima di un periodo di eccessiva stagnazione. Con molto coraggio, lo studio mette la parola Fine alle serie tv ambientate nell'Era Spaziale inaugurando il periodo degli Alternate Universe, gli universi alternativi in cui ambientare storie autonome, meno tradizionaliste e aperte a target maggiori o addirittura diversi da quelli storici. Il primo titolo della nuova "gestione" si concretizza nel 1994, in contemporanea col 35esimo anniversario della nascita del marchio, in G Gundam: primo Gundam televisivo non diretto da Tomino, primo Gundam totalmente e orgogliosamente Super Robot, e primo Gundam a spaccare a metà il pubblico, amato per la freschezza e originalità (tanto da assurgere a una delle serie più popolari del decennio), odiato visceralmente dai fan ortodossi per le sue "eresie".
Dalla sinossi è ben chiara l'influenza principale di Yasuhiro Imagawa nel creare G Gundam: lo Street Fighter II videoludico, da cui riprende l'idea dell'eroe giapponese, esperto di arti marziali, che viaggia da un Paese all'altro per affrontare i più forti lottatori, plasmati sui più noti stereotipi internazionali (l'italiano mafioso, il francese tombeur de femmes, il russo "orso" etc). Dal capolavoro CAPCOM l'idea generale, dal Dragon Ball di Akira Toriyama il torneo di arti marziali: dall'unione dei due G Gundam unisce il meglio, presentandosi come un titolo sicuramente spiazzante nella saga, "eretico" per davvero nel rinnegare come mai prima d'ora lo spirito Real Robot che l'ha sempre contraddistinta, ma indubbiamente riuscito in tutte le sue componenti e ambizioni, ignominiosamente sepolto dalle tonnellate di fango spalategli contro dagli appassionati "talebani" del franchise, incapaci di farsi una ragione di una storia priva di guerre e Newtype.
Grande appassionato di cinema e del genere wuxia, già ben dimostrati nella fantasmagorica serie OVA di Giant Robot che lo ha reso famoso in quegli anni, Imagawa ripete il bis in G Gundam sbizzarrendosi in combattimenti estremamente creativi: uomo contro uomo, macchina contro macchina, addirittura uomo contro macchina... Dando libero sfogo alla fantasia, il regista inventa stili di combattimento e arti marziali tanto assurde quanto geniali: raffiche di pugni infuocati, fasci di seta serpentiformi, salti lunghi km, acrobazie impossibili e calci in grado di spaccare montagne sono punti di forza di una serie che non si vuole minimamente prendere sul serio, estremamente compiaciuta nel suo parodiare Gundam nell'ottica di una storia action grondante stile e ingegno, un inno alla sboronia, allo sfogo dell'aggressività e al cameratismo virile che lega i lottatori (indimenticabile il potentissimo Master Asia, maestro di Domon, destinato a diventare uno dei personaggi gundamici più popolari di sempre). Nonostante un'indubbia ripetitività delle situazioni, date da moltissimi episodi autoconclusivi che dicono sempre le stesse cose (mini-avventura di Domon in un Paese del mondo che culmina nel combattimento col Gundam Fighter, e la sua amicizia con un gruppo di combattenti destinato a riaffrontare più e più volte secondo schema prefissato), la serie gronda un carisma pressoché assoluto che fa digerire tutto, colmo di elementi di esaltazione.
La storia portante, semplicistica e indubbiamente ridicola, si compone di svariate sottotrame importanti capaci di diversificare l'azione, compresa quella principale (il fratello di Kyoji, il Devil Gundam etc) destinata, a un certo punto, addirittura a rimpiazzarla nell'ottica di qualcosa di più grande. La serie si fa poi portavoce di un nugolo di idee e sviluppi capaci di compiacere ogni target: oltre alle mazzate non mancano sensibili storie d'amore, melodramma da romanzo d'appendice o lottatori dai look assurdi o che celano la propria identità dietro una maschera, come da tipica tradizione gundamica... E che dire poi delle unità robotiche? Ognuno dei numerosi Gundam presenta tratti distintivi del proprio Paese, sono quindi di regola Gundam-tori da Neo Spain, Gundam-sirene da Neo Denmark o Gundam-mulino a vento di Neo Holland! Questa fantasiosa varietà, tanto causa di mal di stomaco per i puristi dell'Era Spaziale, è anche il punto forte della produzione, capaci sia di esprimere i fenomeni da baraccone sopra citati, ma anche Gundam tra i più spettacolari, potenti e irresistibili (il Master Gundam che cavalca un mecha-cavallo!). Liberi dai rigidi paletti in materia di verosimiglianza, i mecha designer Sunrise si divertono un mondo a sperimentare, col risultato di un piccolo e ben diversificato esercito di ben 48 unità gundamiche, pronte a fare la felicità di chi adora il caratteristico look del più famoso e incazzato robot bianco. Varietà, fantasia, divertimento: queste le parole chiave che determinano il "percorrere nuove strade" ordinato dai vertici Sunrise, e non si può negare che non manchino in una serie fracassona come G Gundam. E come se già non bastasse tutto questo, si può citare come il carisma di esprima anche in irresistibili motivetti musicali durante gli scontri, da una grande prova vocale da parte dei seiyuu, dall'idea che i Gundam replichino le mosse di arti marziali dei piloti (sullo stile di General Daimos) posti dentro un atrio al loro interno, o da spettacolari rituali ripetuti a ogni episodio (quando Domon entra in "sincronia" col suo Shining Gundam, o l'uso di certe mosse spettacolari per chiudere ogni match). Attraenti gli spigolosi disegni di Hiroshi Osaka (che più Nineties di così si muore), nonostante palesemente modaioli e fighettosi rispetto ai classici stili sobri delle serie televisive gundamiche.
G Gundam sembra fare proprio di tutto per rivendicare la sua indipendenza dalla serie madre e in questo risiede la sua bontà, rivelandosi un divertente, fracassone e ignorante "shounen" che, oltre agli stereotipi, comprimari fatti con lo stampino e leggerezze a non finire, sa rivelarsi appassionante e autoriale. L'eroe Domon è tamarro quanto basta per attirare subito simpatia, e le sue avventure, per quanto scontate, sanno ben intrattenere grazie alla cura negli elementi di contorno. È merito anche della buona sceneggiatura del veterano Fuyunori Gobu, che, seppur eccessivamente infarcita di riempitivi, costruisce con notevole cura, episodio dopo episodio, una grande curiosità verso i misteri della storia. Nodi che vengono puntualmente al pettine nell'ultimo arco narrativo della serie, un susseguirsi di puntate di ottimo livello che, nelle fasi finali, confluiscono in diversi climax magistrali. Un ispirato Imagawa dirige con la sua classe registica di alto livello, sopperendo ai vistosi limiti di un budget insolitamente medio-basso e arrivando a regalare, nel finale, diverse sequenze di forte impatto emotivo.
Indubbiamente una buona decina (ma anche ventina) di riempitivi si potevano evitare senza ripercussioni sulla storia e questo è un dato di fatto, ma nel complesso G Gundam va bene così com'è: la sua natura spiccatamente "ignorante" palesa subito le ambizioni del prodotto, che va inteso unicamente come divertissement di classe, nato con l'unico scopo dichiarato, e riuscito, di commemorare il marchio. Nel suo genere è un'opera riuscita, spesso avvincente e talvolta favolosa, che rimane alla memoria per le sue musiche, il protagonista e i piccoli, grandi momenti registici di cui vive. L'idea di un torneo Tenkaichi tra robot, poi, sicuramente originale, farà una certa scuola, ispirando due remake nell'arco di vent'anni, entrambi high budget: Apo Mekhanes Theos Gigantic Formula (2007, Brain's Base) e specialmente, in tempi recentissimi (2013), Gundam Build Fighters sempre di Sunrise, paradossalmente amatissimo dagli stessi fan che hanno osteggiato G Gundam.
Tirando le somme, G è un buonissimo AU che merita la visione, sia dai fan storici che dalle nuove leve, esattamente come quelle del 1994 a cui era originariamente rivolto. Il primo tentativo di rilanciare la saga riesce bene, peccato che molti dei successivi tentativi culmineranno in colossali e, ahimè, indimenticabili fallimenti.
Voto 7,5 approssimato per eccesso a 8.
Non è difficile immaginare le difficoltà incontrate da Sunrise e Bandai nell'impostare una nuova incarnazione televisiva di Gundam dopo Victory, serie televisiva tanto autoriale nella direzione quanto debolissima narrativamente, sfiancante nella sua svogliata riproposizione di tutti gli stereotipi della saga. Il creatore del franchise, Yoshiyuki Tomino, a metà anni '90 prova per lui solo odio, costretto a dirigere seguiti su seguiti, per clausole contrattuali, che fosse per lui non sarebbero mai esistiti, e non ha remore a farlo notare ribadendo all'infinito sempre le stesse cose, guerre d'indipendenza spazionoidi, Newtype, colonie che si abbattono sulla Terra, cloni di Amuro Ray, Char Aznable e Haman Karn... Giunge finalmente il tempo di svecchiare dal logorìo la saga prima di un periodo di eccessiva stagnazione. Con molto coraggio, lo studio mette la parola Fine alle serie tv ambientate nell'Era Spaziale inaugurando il periodo degli Alternate Universe, gli universi alternativi in cui ambientare storie autonome, meno tradizionaliste e aperte a target maggiori o addirittura diversi da quelli storici. Il primo titolo della nuova "gestione" si concretizza nel 1994, in contemporanea col 35esimo anniversario della nascita del marchio, in G Gundam: primo Gundam televisivo non diretto da Tomino, primo Gundam totalmente e orgogliosamente Super Robot, e primo Gundam a spaccare a metà il pubblico, amato per la freschezza e originalità (tanto da assurgere a una delle serie più popolari del decennio), odiato visceralmente dai fan ortodossi per le sue "eresie".
Dalla sinossi è ben chiara l'influenza principale di Yasuhiro Imagawa nel creare G Gundam: lo Street Fighter II videoludico, da cui riprende l'idea dell'eroe giapponese, esperto di arti marziali, che viaggia da un Paese all'altro per affrontare i più forti lottatori, plasmati sui più noti stereotipi internazionali (l'italiano mafioso, il francese tombeur de femmes, il russo "orso" etc). Dal capolavoro CAPCOM l'idea generale, dal Dragon Ball di Akira Toriyama il torneo di arti marziali: dall'unione dei due G Gundam unisce il meglio, presentandosi come un titolo sicuramente spiazzante nella saga, "eretico" per davvero nel rinnegare come mai prima d'ora lo spirito Real Robot che l'ha sempre contraddistinta, ma indubbiamente riuscito in tutte le sue componenti e ambizioni, ignominiosamente sepolto dalle tonnellate di fango spalategli contro dagli appassionati "talebani" del franchise, incapaci di farsi una ragione di una storia priva di guerre e Newtype.
Grande appassionato di cinema e del genere wuxia, già ben dimostrati nella fantasmagorica serie OVA di Giant Robot che lo ha reso famoso in quegli anni, Imagawa ripete il bis in G Gundam sbizzarrendosi in combattimenti estremamente creativi: uomo contro uomo, macchina contro macchina, addirittura uomo contro macchina... Dando libero sfogo alla fantasia, il regista inventa stili di combattimento e arti marziali tanto assurde quanto geniali: raffiche di pugni infuocati, fasci di seta serpentiformi, salti lunghi km, acrobazie impossibili e calci in grado di spaccare montagne sono punti di forza di una serie che non si vuole minimamente prendere sul serio, estremamente compiaciuta nel suo parodiare Gundam nell'ottica di una storia action grondante stile e ingegno, un inno alla sboronia, allo sfogo dell'aggressività e al cameratismo virile che lega i lottatori (indimenticabile il potentissimo Master Asia, maestro di Domon, destinato a diventare uno dei personaggi gundamici più popolari di sempre). Nonostante un'indubbia ripetitività delle situazioni, date da moltissimi episodi autoconclusivi che dicono sempre le stesse cose (mini-avventura di Domon in un Paese del mondo che culmina nel combattimento col Gundam Fighter, e la sua amicizia con un gruppo di combattenti destinato a riaffrontare più e più volte secondo schema prefissato), la serie gronda un carisma pressoché assoluto che fa digerire tutto, colmo di elementi di esaltazione.
La storia portante, semplicistica e indubbiamente ridicola, si compone di svariate sottotrame importanti capaci di diversificare l'azione, compresa quella principale (il fratello di Kyoji, il Devil Gundam etc) destinata, a un certo punto, addirittura a rimpiazzarla nell'ottica di qualcosa di più grande. La serie si fa poi portavoce di un nugolo di idee e sviluppi capaci di compiacere ogni target: oltre alle mazzate non mancano sensibili storie d'amore, melodramma da romanzo d'appendice o lottatori dai look assurdi o che celano la propria identità dietro una maschera, come da tipica tradizione gundamica... E che dire poi delle unità robotiche? Ognuno dei numerosi Gundam presenta tratti distintivi del proprio Paese, sono quindi di regola Gundam-tori da Neo Spain, Gundam-sirene da Neo Denmark o Gundam-mulino a vento di Neo Holland! Questa fantasiosa varietà, tanto causa di mal di stomaco per i puristi dell'Era Spaziale, è anche il punto forte della produzione, capaci sia di esprimere i fenomeni da baraccone sopra citati, ma anche Gundam tra i più spettacolari, potenti e irresistibili (il Master Gundam che cavalca un mecha-cavallo!). Liberi dai rigidi paletti in materia di verosimiglianza, i mecha designer Sunrise si divertono un mondo a sperimentare, col risultato di un piccolo e ben diversificato esercito di ben 48 unità gundamiche, pronte a fare la felicità di chi adora il caratteristico look del più famoso e incazzato robot bianco. Varietà, fantasia, divertimento: queste le parole chiave che determinano il "percorrere nuove strade" ordinato dai vertici Sunrise, e non si può negare che non manchino in una serie fracassona come G Gundam. E come se già non bastasse tutto questo, si può citare come il carisma di esprima anche in irresistibili motivetti musicali durante gli scontri, da una grande prova vocale da parte dei seiyuu, dall'idea che i Gundam replichino le mosse di arti marziali dei piloti (sullo stile di General Daimos) posti dentro un atrio al loro interno, o da spettacolari rituali ripetuti a ogni episodio (quando Domon entra in "sincronia" col suo Shining Gundam, o l'uso di certe mosse spettacolari per chiudere ogni match). Attraenti gli spigolosi disegni di Hiroshi Osaka (che più Nineties di così si muore), nonostante palesemente modaioli e fighettosi rispetto ai classici stili sobri delle serie televisive gundamiche.
G Gundam sembra fare proprio di tutto per rivendicare la sua indipendenza dalla serie madre e in questo risiede la sua bontà, rivelandosi un divertente, fracassone e ignorante "shounen" che, oltre agli stereotipi, comprimari fatti con lo stampino e leggerezze a non finire, sa rivelarsi appassionante e autoriale. L'eroe Domon è tamarro quanto basta per attirare subito simpatia, e le sue avventure, per quanto scontate, sanno ben intrattenere grazie alla cura negli elementi di contorno. È merito anche della buona sceneggiatura del veterano Fuyunori Gobu, che, seppur eccessivamente infarcita di riempitivi, costruisce con notevole cura, episodio dopo episodio, una grande curiosità verso i misteri della storia. Nodi che vengono puntualmente al pettine nell'ultimo arco narrativo della serie, un susseguirsi di puntate di ottimo livello che, nelle fasi finali, confluiscono in diversi climax magistrali. Un ispirato Imagawa dirige con la sua classe registica di alto livello, sopperendo ai vistosi limiti di un budget insolitamente medio-basso e arrivando a regalare, nel finale, diverse sequenze di forte impatto emotivo.
Indubbiamente una buona decina (ma anche ventina) di riempitivi si potevano evitare senza ripercussioni sulla storia e questo è un dato di fatto, ma nel complesso G Gundam va bene così com'è: la sua natura spiccatamente "ignorante" palesa subito le ambizioni del prodotto, che va inteso unicamente come divertissement di classe, nato con l'unico scopo dichiarato, e riuscito, di commemorare il marchio. Nel suo genere è un'opera riuscita, spesso avvincente e talvolta favolosa, che rimane alla memoria per le sue musiche, il protagonista e i piccoli, grandi momenti registici di cui vive. L'idea di un torneo Tenkaichi tra robot, poi, sicuramente originale, farà una certa scuola, ispirando due remake nell'arco di vent'anni, entrambi high budget: Apo Mekhanes Theos Gigantic Formula (2007, Brain's Base) e specialmente, in tempi recentissimi (2013), Gundam Build Fighters sempre di Sunrise, paradossalmente amatissimo dagli stessi fan che hanno osteggiato G Gundam.
Tirando le somme, G è un buonissimo AU che merita la visione, sia dai fan storici che dalle nuove leve, esattamente come quelle del 1994 a cui era originariamente rivolto. Il primo tentativo di rilanciare la saga riesce bene, peccato che molti dei successivi tentativi culmineranno in colossali e, ahimè, indimenticabili fallimenti.
Voto 7,5 approssimato per eccesso a 8.
“This Hand of mine is burning Red! Lets loud roar tells me to graps victory! Erupting Shining Finger!”
Un po’ come faceva Akira Yuki di Virtua Fighter prima di combattere, anche Domon, prima di sconfiggere un nemico, proclama sempre più o meno la stessa frase. Una frase, che, se sentita per 49 episodi di fila, impari necessariamente a memoria. Ti fomenta, ti fa venire voglia di urlarlo insieme a lui. La tua mano è quella che sta facendo lo “Shining Finger” e tu ti senti lì, insieme a Domon, contento di aver sconfitto l’ennesimo avversario.
La serie certo non si confà alle altre serie di Gundam, insomma non c’è tutto il realismo che contraddistingueva le prime serie, come ad esempio lo 0079. Riprende piuttosto le serie di arti marziali, molto famose e amate in questi anni: basti pensare a Dragon Ball, a Street Fighter o al già citato Virtua Fighter. E se l’idea di fare arti marziali con dei robot giganti vi sembrerà improbabile o inverosimile, sappiate che l’idea era già stata usata in un vecchio anime di Mecha negli anni ’70: “General Daimos”. Ma se invece siete ancora del parere che sia una trovata ridicola o triste, guardando G Gundam cambierete idea.
La storia si svolge nel cosiddetto “Future Century”, ovvero in un futuro molto lontano rispetto a noi e alle altre serie di Gundam. Le guerre come le conosciamo noi sono finite, ora l’umanità ha sviluppato un nuovo modo per decidere chi dominerà lo spazio e la terra per i prossimi quattro anni: la “Gundam Fight”. Ogni nazione della terra manda in propria rappresentanza un Gundam, dotato delle migliori tecnologie che la nazione stessa gli può donare. Quindi, tutti questi Gundam, comandati da altrettanti piloti, si sfidano in una specie di torneo alla “Street Fighter” e combattono, combattono e combattono finché non ne resterà solo uno. La nazione il cui Gundam vincerà, dominerà per i prossimi quattro anni, finché una nuova Gundam Fight verrà fatta. Quindi in questo modo non ci sono più assurdi sprechi di vite come era stato in passato… e la cosa si basa un po’ sulla leggenda degli Orazi e dei Curiazi se ci pensate un attimo.
Il protagonista di questa serie è Domon Kasshu, rappresentante, ovviamente, del Neo Japan con il suo Shining Gundam. Lui, insieme alla sua assistente, la bella Rain, gira di nazione di nazione con una foto strappata e uno scopo: trovare l’uomo su quella foto. Lo chiede ad ogni pilota di Gundam che incontra ma non riesci a trovarne traccia. Chi è quell’uomo? E perché Domon sta cercando?
Domon, oltre ad essere un artista Marziale provetto, è il King of Hearth, il Re di Cuori, titolo conferitogli dal suo maestro, il precedente Re di Cuori, Master Asia. È Master Asia ad aver insegnato a Domon quasi tutto quello sa sulle arti marziali.
Domon girando di nazione in nazione incontrerà personaggi dallo spiccato carisma: alcuni diverranno sua amici, altri suoi acerrimi nemici. Tra quelli con cui diventerà amico, è di dovere ricordare i piloti che insieme a lui combatteranno il mostruoso nemico che minaccia di distruggere la terra: il Devil Gundam.
Partendo da Chibodee Crocket, pilota del Maxter Gundam e rappresentante di Neo America, passando per il rappresentante di Neo France, George de Sand, pilota del Gundam Rose e continuando con il piccolo Sai Saici, rappresentate di Neo China e pilota del Dragon Gundam e finendo con il russo Argo Gulskii, pilota del Bolt Gundam. Tutti questi hanno un sogno nel loro cuore, sogno che si realizzerà solo se vinceranno la Gundam Fight.
Il mecha desing, come ogni serie di Gundam, è superbamente curato. In particolare, in questa serie ogni gundam ha qualcosa di rappresentativo della propria nazione.
Le animazioni sono stupende e ben realizzate. Il doppiaggio giapponese è fatto splendidamente e un menzione speciale vanno al doppiatore di Domon, Tomokazu Seki, che riesce a dare una voce perfetta a questo personaggio dal sangue caliente, e quello di Master Asia, Yōsuke Akimoto, che gli dà una voce davvero inconfondibile.
G Gundam venne fatta per il 15 anniversario di Gundam, ma, comunque, non c’è niente di più lontano da quella serie. Ma nonostante ciò la serie non è affatto brutta, anzi. Puntata per puntata, vicenda dopo vicenda, impari necessariamente ad amare i personaggi di questa fantastica serie.
È una serie che rispecchia proprio quegli anni '90 che ormai sono passati: combattimenti, buoni sentimenti e un forte messaggio finale.
La trama è dapprima semplice ma va infittendosi e diventando più, con vari colpi di scena, complessa, sfociando in un finale in cui verrà spiegato tutto. I combattimenti sono appassionanti e coinvolgenti, commoventi in alcuni casi, e fomentanti in altri. La serie inoltre lancia un forte messaggio ecologista.
A chi consiglio questa serie? A tutti direi. Agli amanti del genere robotico, perché vedranno un sacco di mecha ben disegnati. Agli amanti delle serie della arti marziali, a quelli del trash (perché mi tocca dirlo: G Gundam un po’ trash lo è! XD) e anche a chi so voglia avvicinare a quel meraviglioso mondo quale è Gundam.
Un po’ come faceva Akira Yuki di Virtua Fighter prima di combattere, anche Domon, prima di sconfiggere un nemico, proclama sempre più o meno la stessa frase. Una frase, che, se sentita per 49 episodi di fila, impari necessariamente a memoria. Ti fomenta, ti fa venire voglia di urlarlo insieme a lui. La tua mano è quella che sta facendo lo “Shining Finger” e tu ti senti lì, insieme a Domon, contento di aver sconfitto l’ennesimo avversario.
La serie certo non si confà alle altre serie di Gundam, insomma non c’è tutto il realismo che contraddistingueva le prime serie, come ad esempio lo 0079. Riprende piuttosto le serie di arti marziali, molto famose e amate in questi anni: basti pensare a Dragon Ball, a Street Fighter o al già citato Virtua Fighter. E se l’idea di fare arti marziali con dei robot giganti vi sembrerà improbabile o inverosimile, sappiate che l’idea era già stata usata in un vecchio anime di Mecha negli anni ’70: “General Daimos”. Ma se invece siete ancora del parere che sia una trovata ridicola o triste, guardando G Gundam cambierete idea.
La storia si svolge nel cosiddetto “Future Century”, ovvero in un futuro molto lontano rispetto a noi e alle altre serie di Gundam. Le guerre come le conosciamo noi sono finite, ora l’umanità ha sviluppato un nuovo modo per decidere chi dominerà lo spazio e la terra per i prossimi quattro anni: la “Gundam Fight”. Ogni nazione della terra manda in propria rappresentanza un Gundam, dotato delle migliori tecnologie che la nazione stessa gli può donare. Quindi, tutti questi Gundam, comandati da altrettanti piloti, si sfidano in una specie di torneo alla “Street Fighter” e combattono, combattono e combattono finché non ne resterà solo uno. La nazione il cui Gundam vincerà, dominerà per i prossimi quattro anni, finché una nuova Gundam Fight verrà fatta. Quindi in questo modo non ci sono più assurdi sprechi di vite come era stato in passato… e la cosa si basa un po’ sulla leggenda degli Orazi e dei Curiazi se ci pensate un attimo.
Il protagonista di questa serie è Domon Kasshu, rappresentante, ovviamente, del Neo Japan con il suo Shining Gundam. Lui, insieme alla sua assistente, la bella Rain, gira di nazione di nazione con una foto strappata e uno scopo: trovare l’uomo su quella foto. Lo chiede ad ogni pilota di Gundam che incontra ma non riesci a trovarne traccia. Chi è quell’uomo? E perché Domon sta cercando?
Domon, oltre ad essere un artista Marziale provetto, è il King of Hearth, il Re di Cuori, titolo conferitogli dal suo maestro, il precedente Re di Cuori, Master Asia. È Master Asia ad aver insegnato a Domon quasi tutto quello sa sulle arti marziali.
Domon girando di nazione in nazione incontrerà personaggi dallo spiccato carisma: alcuni diverranno sua amici, altri suoi acerrimi nemici. Tra quelli con cui diventerà amico, è di dovere ricordare i piloti che insieme a lui combatteranno il mostruoso nemico che minaccia di distruggere la terra: il Devil Gundam.
Partendo da Chibodee Crocket, pilota del Maxter Gundam e rappresentante di Neo America, passando per il rappresentante di Neo France, George de Sand, pilota del Gundam Rose e continuando con il piccolo Sai Saici, rappresentate di Neo China e pilota del Dragon Gundam e finendo con il russo Argo Gulskii, pilota del Bolt Gundam. Tutti questi hanno un sogno nel loro cuore, sogno che si realizzerà solo se vinceranno la Gundam Fight.
Il mecha desing, come ogni serie di Gundam, è superbamente curato. In particolare, in questa serie ogni gundam ha qualcosa di rappresentativo della propria nazione.
Le animazioni sono stupende e ben realizzate. Il doppiaggio giapponese è fatto splendidamente e un menzione speciale vanno al doppiatore di Domon, Tomokazu Seki, che riesce a dare una voce perfetta a questo personaggio dal sangue caliente, e quello di Master Asia, Yōsuke Akimoto, che gli dà una voce davvero inconfondibile.
G Gundam venne fatta per il 15 anniversario di Gundam, ma, comunque, non c’è niente di più lontano da quella serie. Ma nonostante ciò la serie non è affatto brutta, anzi. Puntata per puntata, vicenda dopo vicenda, impari necessariamente ad amare i personaggi di questa fantastica serie.
È una serie che rispecchia proprio quegli anni '90 che ormai sono passati: combattimenti, buoni sentimenti e un forte messaggio finale.
La trama è dapprima semplice ma va infittendosi e diventando più, con vari colpi di scena, complessa, sfociando in un finale in cui verrà spiegato tutto. I combattimenti sono appassionanti e coinvolgenti, commoventi in alcuni casi, e fomentanti in altri. La serie inoltre lancia un forte messaggio ecologista.
A chi consiglio questa serie? A tutti direi. Agli amanti del genere robotico, perché vedranno un sacco di mecha ben disegnati. Agli amanti delle serie della arti marziali, a quelli del trash (perché mi tocca dirlo: G Gundam un po’ trash lo è! XD) e anche a chi so voglia avvicinare a quel meraviglioso mondo quale è Gundam.
Parlare di Gundam è sempre difficile e accingersi a dire qualcosa di G Gundam può essere addirittura arduo per via dell'alone di sacralità che aleggia intorno all'opera.
Questa è la prima serie ambientata in un universo alternativo e ha la bellezza di sedici anni; è stato il primo esperimento a portare il nome "Gundam" nel titolo anche se più di un lustri prima c'era stato "Dragonar".
La trama della serie è semplicissima: il protagonista, Domon Kasshu, è il rappresentante di Neo Giappone e si scontra nel torneo internazionale per portare il suo Paese alla vittoria e, quindi, governare le restanti nazioni per quattro anni. Si tratta di un torneo creato per eliminare le guerre dal mondo... o meglio, dallo spazio, dove si è trasferita la maggior parte della popolazione terrestre. Allo stesso tempo, però, Domon cerca suo fratello. Queste due direttrici si innesteranno con l'incontro del suo vecchio maestro, Master Asia, e le finali del torneo.
La serie non ha la pretesa di essere né una riscrittura della prima serie di Gundam come "Gundam Seed" né qualcosa di nuovo come "Gundam 00". E' semplice e ben riuscita ricordando i robotici anni '70 con due dovute differenze: la trama e i personaggi.
Anche se la prima procede lentamente episodio per episodio, è costante ed inesorabile. I personaggi, poi, hanno ognuno un loro posto ed anche i secondari hanno un sufficiente approfondimento.
Per concludere voglio citare una cosa che non viene mai detta a proposito della serie, forse perché ci si ferma ai Mobile Suit spesso dall'aspetto improbabile. Questa serie ha un forte messaggio ecologista.
Questa è la prima serie ambientata in un universo alternativo e ha la bellezza di sedici anni; è stato il primo esperimento a portare il nome "Gundam" nel titolo anche se più di un lustri prima c'era stato "Dragonar".
La trama della serie è semplicissima: il protagonista, Domon Kasshu, è il rappresentante di Neo Giappone e si scontra nel torneo internazionale per portare il suo Paese alla vittoria e, quindi, governare le restanti nazioni per quattro anni. Si tratta di un torneo creato per eliminare le guerre dal mondo... o meglio, dallo spazio, dove si è trasferita la maggior parte della popolazione terrestre. Allo stesso tempo, però, Domon cerca suo fratello. Queste due direttrici si innesteranno con l'incontro del suo vecchio maestro, Master Asia, e le finali del torneo.
La serie non ha la pretesa di essere né una riscrittura della prima serie di Gundam come "Gundam Seed" né qualcosa di nuovo come "Gundam 00". E' semplice e ben riuscita ricordando i robotici anni '70 con due dovute differenze: la trama e i personaggi.
Anche se la prima procede lentamente episodio per episodio, è costante ed inesorabile. I personaggi, poi, hanno ognuno un loro posto ed anche i secondari hanno un sufficiente approfondimento.
Per concludere voglio citare una cosa che non viene mai detta a proposito della serie, forse perché ci si ferma ai Mobile Suit spesso dall'aspetto improbabile. Questa serie ha un forte messaggio ecologista.
La serie Gundam che i fan hanno cancellato dalla loro memoria! L'unico difetto che gli imputo è quel Gundam nel titolo! Se si chiamava in un altro modo avrebbe avuto un successo maggiore!
La serie è classica: molto anni 70/80, molta ingenuità, leggerezza. Eppure è frizzante e ha personaggi caratterizzati discretamente, ma EONI dai personaggi Gundamiani!
La trama ricorda più serie alla "Cavalieri dello Zodiaco" che quelle di Gundam... forse è per quello che non è piaciuto ai fan della saga. I Mecha sanno di operazione commerciale (tanti, folkloristici, ecc..), ma, parere personale, affascinanti.
La considero una serie discreta e a tutti i suoi detrattori ricordo che è il primo esperimento di "universo parallelo" che poi sfocerà in opere meglio riuscite come SeedD e l' attuale 00.
SE NON SI CHIAMAVA GUNDAM...
La serie è classica: molto anni 70/80, molta ingenuità, leggerezza. Eppure è frizzante e ha personaggi caratterizzati discretamente, ma EONI dai personaggi Gundamiani!
La trama ricorda più serie alla "Cavalieri dello Zodiaco" che quelle di Gundam... forse è per quello che non è piaciuto ai fan della saga. I Mecha sanno di operazione commerciale (tanti, folkloristici, ecc..), ma, parere personale, affascinanti.
La considero una serie discreta e a tutti i suoi detrattori ricordo che è il primo esperimento di "universo parallelo" che poi sfocerà in opere meglio riuscite come SeedD e l' attuale 00.
SE NON SI CHIAMAVA GUNDAM...