Aura Battler Dunbine
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Yoshiyuki Tomino, seppur in modi non molto piacevoli, portò molte innovazioni nel genere mecha, e una di queste risale al 1983 con la serie "Seisenshi (o "Aura Battler") Dunbine", titolo mecha che mostrò la rischiosa unione del genere mecha militare con il genere fantasy, cosa che diede ispirazione a molti autori e registi in futuro. Ma, se pensate che un mondo fantasy, che all'epoca in Giappone era molto sconosciuto, sia lo scenario di una storia allegra e avventurosa con creature incredibili e scenari maestosi, non è qui ciò che troverete, dal momento che la mano di Tomino ha trasformato un mondo fantasy in un crudele scenario di guerra.
La vita del giovane appassionato di moto-cross Sho Zama subisce una tremenda virata quando una sera, durante un viaggio in moto, viene catapultato in un modo identico al medioevo chiamato Byston Well. Scopre di essere stato chiamato, insieme a molti altri giovani della Terra, dal sovrano Drake Luft, perché dotato di un forte potere dell'aura, il quale permette di pilotare i mecha della serie: gli Aura Battler. I piloti capaci di farlo sono chiamati "sacri guerrieri", per poter fronteggiare un gruppo di resistenza che sembra stia minacciando la pace del Paese.
Assegnato all'unità prototipo Dunbine, Sho si scontra col gruppo in questione e, dal membro femminile Marvel Frozen, anche lei venuta dalla Terra, scopre che in realtà Drake mira alla conquista di Byston Well, per poterla governare col pugno di ferro, così decide di unirsi al gruppo della resistenza, guidato dall'unico membro rimasto di una famiglia imperiale, Nie Givun, venendo coinvolto in un drammatico conflitto.
Trattandosi di una serie di guerra, e con Tomino alla regia, l'anime prende tutti i crismi del contesto, nonostante l'ambientazione, ovvero: battaglie ad ogni episodio, tensioni e tradimenti in entrambe le file, storie d'amore messe in difficoltà dagli scontri e morte di molti personaggi.
Inoltre viene dato un maggiore spazio ai personaggi femminili, donne combattive che soffrono d'amore, ma, purtroppo, anche donne pronte a tradire la propria famiglia e compagni, e addirittura a uccidere i propri figli pur di portare avanti i loro loschi piani, elemento che ancora oggi mi fa raggelare.
In ambito di personaggi andiamo tutto sommato bene, seppur ogni personaggio rimane ancorato per tutto il tempo al suo ruolo, passando da crudeli antagonisti come Drake Luft e sua moglie (megere come quella se ne vedono poche in giro, per fortuna) all'ingegnere Shott Weapon, dal doppiogiochista Bishop allo spietato e ossessivo Burne Bannings, ai veri paladini come Sho, Marvel, Nie, Ciela, Keen e in particolare la piccola fata Cham (non sarà un caso che il titolo dell'ultima, sanguinaria, puntata porterà il suo nome).
In ambito di design andiamo bene per i personaggi, mentre le ambientazioni di Byston Well godono di una buona varietà, passando da foreste, montagne, paludi, mare aperto, fino a finire niente meno che sulla Terra. Il mecha design dà il meglio per via del singolare aspetto insettiforme sfoggiato dagli Aura Battler presenti nella serie, mentre in ambito sonoro abbiamo buoni doppiaggi e OST piuttosto modeste, nonostante una opening avvincente.
Se le serie belliche non vi spaventano, a voi a scelta della visione di questo primo risultato d'incrocio fra mecha e fantasy.
Yoshiyuki Tomino, seppur in modi non molto piacevoli, portò molte innovazioni nel genere mecha, e una di queste risale al 1983 con la serie "Seisenshi (o "Aura Battler") Dunbine", titolo mecha che mostrò la rischiosa unione del genere mecha militare con il genere fantasy, cosa che diede ispirazione a molti autori e registi in futuro. Ma, se pensate che un mondo fantasy, che all'epoca in Giappone era molto sconosciuto, sia lo scenario di una storia allegra e avventurosa con creature incredibili e scenari maestosi, non è qui ciò che troverete, dal momento che la mano di Tomino ha trasformato un mondo fantasy in un crudele scenario di guerra.
La vita del giovane appassionato di moto-cross Sho Zama subisce una tremenda virata quando una sera, durante un viaggio in moto, viene catapultato in un modo identico al medioevo chiamato Byston Well. Scopre di essere stato chiamato, insieme a molti altri giovani della Terra, dal sovrano Drake Luft, perché dotato di un forte potere dell'aura, il quale permette di pilotare i mecha della serie: gli Aura Battler. I piloti capaci di farlo sono chiamati "sacri guerrieri", per poter fronteggiare un gruppo di resistenza che sembra stia minacciando la pace del Paese.
Assegnato all'unità prototipo Dunbine, Sho si scontra col gruppo in questione e, dal membro femminile Marvel Frozen, anche lei venuta dalla Terra, scopre che in realtà Drake mira alla conquista di Byston Well, per poterla governare col pugno di ferro, così decide di unirsi al gruppo della resistenza, guidato dall'unico membro rimasto di una famiglia imperiale, Nie Givun, venendo coinvolto in un drammatico conflitto.
Trattandosi di una serie di guerra, e con Tomino alla regia, l'anime prende tutti i crismi del contesto, nonostante l'ambientazione, ovvero: battaglie ad ogni episodio, tensioni e tradimenti in entrambe le file, storie d'amore messe in difficoltà dagli scontri e morte di molti personaggi.
Inoltre viene dato un maggiore spazio ai personaggi femminili, donne combattive che soffrono d'amore, ma, purtroppo, anche donne pronte a tradire la propria famiglia e compagni, e addirittura a uccidere i propri figli pur di portare avanti i loro loschi piani, elemento che ancora oggi mi fa raggelare.
In ambito di personaggi andiamo tutto sommato bene, seppur ogni personaggio rimane ancorato per tutto il tempo al suo ruolo, passando da crudeli antagonisti come Drake Luft e sua moglie (megere come quella se ne vedono poche in giro, per fortuna) all'ingegnere Shott Weapon, dal doppiogiochista Bishop allo spietato e ossessivo Burne Bannings, ai veri paladini come Sho, Marvel, Nie, Ciela, Keen e in particolare la piccola fata Cham (non sarà un caso che il titolo dell'ultima, sanguinaria, puntata porterà il suo nome).
In ambito di design andiamo bene per i personaggi, mentre le ambientazioni di Byston Well godono di una buona varietà, passando da foreste, montagne, paludi, mare aperto, fino a finire niente meno che sulla Terra. Il mecha design dà il meglio per via del singolare aspetto insettiforme sfoggiato dagli Aura Battler presenti nella serie, mentre in ambito sonoro abbiamo buoni doppiaggi e OST piuttosto modeste, nonostante una opening avvincente.
Se le serie belliche non vi spaventano, a voi a scelta della visione di questo primo risultato d'incrocio fra mecha e fantasy.
Ormai sappiamo tutti che ai giapponesi piace mettere i robot ovunque. Non a caso la prima incursione del fantasy nella terra del sol levante avviene con questo titolo, che con molta disinvoltura mescola il genere robotico con draghi, cavalieri, fate e affini. Questa idea verrà poi ripresa successivamente nel più conosciuto "I cieli di Escawlone" e in "Galient", anime diretto dal grande Takahashi Ryosuke, il regista dello studio Sunrise più influente insieme a Tomino e creatore di pioneristiche serie robotiche anni '80 del calibro di "Votoms", "Dougram" e "Layzner".
"Aura Battler Dunbine" viene considerato da molti appassionati come il miglior lavoro di Yoshiuki Tomino (noto più che altro per aver creato "Gundam") insieme all'influentissimo, misterico e angosciante "Ideon". Queste due opere hanno molte cose in comune, come il nichilismo, la critica feroce alla guerra e il finale truculento e apocalittico. Tuttavia, mentre "Ideon" è un super-robot a tinte esoteriche che anticipa le tematiche di moda negli anni '90, "Dunbine" è un miscuglio tra real e super-robot, con mecha insettiformi, antropomorfi e prevalentemente organici. Il design è di alta qualità in quanto curato dallo stesso mecha designer di "Macross", Kazutaka Miyatake.
Sho Zama è uno studente giapponese che durante una corsa in moto viene scaraventato, con un cliché molto comune negli anime e manga a venire, a Bryston Well, una dimensione parallela medievaleggiante e fantasy in cui il cielo è il mare. Molte persone come lui vengono trasportate in questo mondo a causa della loro elevata affinità con gli Aura Battler, robot che si muovono grazie all'aura, l'energia vitale/psichica. L'artefice di tali reclutamenti è Drake Luft, malvagio conquistatore tout court che ha introdotto l'uso della tecnologia nel suo mondo grazie al suo braccio destro Lord Shot, una volta abitante dell' "upper world" come Sho.
Il nostro protagonista presto abbandonerà la fazione di Luft e si unirà ai ribelli, dove conoscerà Marvel Frozen, una seducente ma insicura eroina americana, Nie Given, il cui temperamento ricorda molto lo Jordan Bes di "Ideon", e Cham, una fatina chiaccherona e simpaticissima che rivelerà di non essere semplicemente una mascotte. Tutti i personaggi sono caratterizzati molto bene e corrispondono perfettamente agli stereotipi tominiani a cui sono abituati i fans.
Inutile dire che scoppierà una guerra che crescerà in proporzioni e violenza all'aumentare della produzione di aura machines da parte di tutte le fazioni, che assumerà toni molto cupi e drammatici con l'avvicinarsi del finale. Non c'è tempo per relazioni sentimentali durature o per cedere ai rimpianti: i protagonisti di "Dunbine" devono correre a combattere, altrimenti sono morti. "Be quick or be dead" degli Iron Maiden molto probabilmente è stata ispirata da questo anime!
Per quanto sia un titolo che ha fatto la storia dell'animazione, "Dunbine" soffre di alcuni difetti che purtroppo inficiano la valutazione finale. Dopo una partenza a bomba e 20 puntate serrate, coinvolgenti e splendidamente sceneggiate, la serie si inalbera in un riciclo estenuante di situazioni e combattimenti, che dura almeno 23 puntate. Questo è un peccato, in quanto l'ambientazione di Bryston Well offre moltissimi spunti, in cui potenzialmente gli eroi potrebbero compiere avventure molto varie ed entusiasmanti. E invece no. Lo spettatore dovrà sorbirsi, per almeno una ventina di volte, il classico combattimento in cui il cattivo alla fine inspiegabilmente se ne scappa, e torna a rompere le scatole la puntata dopo. Questo fatto potrebbe scoraggiare chi è abituato agli anime più moderni. Comunque le ultime 6 puntate, tra le quali spicca il finale decisamente tominiano, ritornano alla gloria e allo splendore di quelle iniziali, e lo spettatore che ha avuto pazienza alla fine verrà ben ripagato.
Altri difetti sono la colorazione dei frames, troppo eterogenea e poco brillante, e l'utilizzo di sequenze riciclate (difetto presente anche in "Ideon"). Il character design è quello tipico di Tomino, che verrà poi reso più spigoloso negli anni '90 e che quindi ha fatto scuola.
Il messaggio che vuole trasmettere questo anime è palese: l'uomo è un essere guerrafondaio di natura, quindi l'industrializzazione e la corsa agli armamenti avranno sicuramente ripercussioni devastanti sul suo futuro. Inoltre c'è molta storia giapponese in "Dunbine", in quanto Drake Luft sembra un alter-ego dell'imperatore Meiji, responsabile della modernizzazione e dell'occidentalizzazione dell'antico giappone feudale.
Guardando "Dunbine" ci si rende conto di quanto l'olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki sia rimasto una ferita ancora aperta nell'anima dei giapponesi. La guerra nucleare in questo anime viene descritta in modo angosciante, senza inutili veli di buonismo o retorica.
In conclusione, la visione è obbligata a tutti gli appassionati, che dovranno sorvolare di buon cuore sui numerosi difetti del titolo e, giunti al finale, porsi dei sinceri interrogativi sulla natura e sul futuro della folle razza umana.
"Aura Battler Dunbine" viene considerato da molti appassionati come il miglior lavoro di Yoshiuki Tomino (noto più che altro per aver creato "Gundam") insieme all'influentissimo, misterico e angosciante "Ideon". Queste due opere hanno molte cose in comune, come il nichilismo, la critica feroce alla guerra e il finale truculento e apocalittico. Tuttavia, mentre "Ideon" è un super-robot a tinte esoteriche che anticipa le tematiche di moda negli anni '90, "Dunbine" è un miscuglio tra real e super-robot, con mecha insettiformi, antropomorfi e prevalentemente organici. Il design è di alta qualità in quanto curato dallo stesso mecha designer di "Macross", Kazutaka Miyatake.
Sho Zama è uno studente giapponese che durante una corsa in moto viene scaraventato, con un cliché molto comune negli anime e manga a venire, a Bryston Well, una dimensione parallela medievaleggiante e fantasy in cui il cielo è il mare. Molte persone come lui vengono trasportate in questo mondo a causa della loro elevata affinità con gli Aura Battler, robot che si muovono grazie all'aura, l'energia vitale/psichica. L'artefice di tali reclutamenti è Drake Luft, malvagio conquistatore tout court che ha introdotto l'uso della tecnologia nel suo mondo grazie al suo braccio destro Lord Shot, una volta abitante dell' "upper world" come Sho.
Il nostro protagonista presto abbandonerà la fazione di Luft e si unirà ai ribelli, dove conoscerà Marvel Frozen, una seducente ma insicura eroina americana, Nie Given, il cui temperamento ricorda molto lo Jordan Bes di "Ideon", e Cham, una fatina chiaccherona e simpaticissima che rivelerà di non essere semplicemente una mascotte. Tutti i personaggi sono caratterizzati molto bene e corrispondono perfettamente agli stereotipi tominiani a cui sono abituati i fans.
Inutile dire che scoppierà una guerra che crescerà in proporzioni e violenza all'aumentare della produzione di aura machines da parte di tutte le fazioni, che assumerà toni molto cupi e drammatici con l'avvicinarsi del finale. Non c'è tempo per relazioni sentimentali durature o per cedere ai rimpianti: i protagonisti di "Dunbine" devono correre a combattere, altrimenti sono morti. "Be quick or be dead" degli Iron Maiden molto probabilmente è stata ispirata da questo anime!
Per quanto sia un titolo che ha fatto la storia dell'animazione, "Dunbine" soffre di alcuni difetti che purtroppo inficiano la valutazione finale. Dopo una partenza a bomba e 20 puntate serrate, coinvolgenti e splendidamente sceneggiate, la serie si inalbera in un riciclo estenuante di situazioni e combattimenti, che dura almeno 23 puntate. Questo è un peccato, in quanto l'ambientazione di Bryston Well offre moltissimi spunti, in cui potenzialmente gli eroi potrebbero compiere avventure molto varie ed entusiasmanti. E invece no. Lo spettatore dovrà sorbirsi, per almeno una ventina di volte, il classico combattimento in cui il cattivo alla fine inspiegabilmente se ne scappa, e torna a rompere le scatole la puntata dopo. Questo fatto potrebbe scoraggiare chi è abituato agli anime più moderni. Comunque le ultime 6 puntate, tra le quali spicca il finale decisamente tominiano, ritornano alla gloria e allo splendore di quelle iniziali, e lo spettatore che ha avuto pazienza alla fine verrà ben ripagato.
Altri difetti sono la colorazione dei frames, troppo eterogenea e poco brillante, e l'utilizzo di sequenze riciclate (difetto presente anche in "Ideon"). Il character design è quello tipico di Tomino, che verrà poi reso più spigoloso negli anni '90 e che quindi ha fatto scuola.
Il messaggio che vuole trasmettere questo anime è palese: l'uomo è un essere guerrafondaio di natura, quindi l'industrializzazione e la corsa agli armamenti avranno sicuramente ripercussioni devastanti sul suo futuro. Inoltre c'è molta storia giapponese in "Dunbine", in quanto Drake Luft sembra un alter-ego dell'imperatore Meiji, responsabile della modernizzazione e dell'occidentalizzazione dell'antico giappone feudale.
Guardando "Dunbine" ci si rende conto di quanto l'olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki sia rimasto una ferita ancora aperta nell'anima dei giapponesi. La guerra nucleare in questo anime viene descritta in modo angosciante, senza inutili veli di buonismo o retorica.
In conclusione, la visione è obbligata a tutti gli appassionati, che dovranno sorvolare di buon cuore sui numerosi difetti del titolo e, giunti al finale, porsi dei sinceri interrogativi sulla natura e sul futuro della folle razza umana.
Una semplice corsa notturna in moto diventa, per Sho Zama, prologo a un'incredibile avventura: risucchiato da una strana luce, il ragazzo è teletrasportato nelle magiche terre di Byston Well. È stato evocato dal sovrano Drake Luft, che gli spiega come in questo pianeta le guerre si combattono con gli aura battler, enormi insetti rinforzati meccanicamente, che reagiscono e dimostrano la loro vera potenza quanto più è forte l'aura di chi li guida al loro interno. Dotato di una grande forza psichica in quanto proveniente dal "mondo di sopra", Sho sale presto a bordo dell'aura battler Dunbine per aiutare il sovrano a conquistare militarmente le terre magiche, salvo poi sposare la causa dei ribelli capitanati da Nie Givun.
"Dunbine" è un anime che incanta e delude, e viceversa.
Sembra assurdo iniziare la recensione di un'opera di Tomino con una constatazione simile, sopratutto se riferita a un lavoro di così grande popolarità come "Aura Battler Dunbine", considerato da molti uno dei suoi picchi massimi. Eppure, se penso alla caratura del regista, all'alto budget stanziato e a molte idee assolutamente splendide rintracciabili nel soggetto di quest'opera, non posso non sentirmi spaesato e parzialmente deluso da come tanta originalità trovi nella sceneggiatura un risultato a mio parere non esaltante.
"Dunbine" nasce nel 1983 come rilettura, con l'aggiunga di robot (imposti come di consueto da Sunrise), della prima parte di "The Wings of Rean", romanzo fantasy scritto dallo stesso Tomino quello stesso anno, e che nel corso del ventennio si rivelerà essere il primo atto di un lungo ciclo letterario (addirittura 24 tomi) ambientato nelle magiche terre di Byston Well, da cui sono successivamente tratti, sempre per la sua regia, "Garzey's Wing" e "The Wings of Rean". La portata si rivela particolarmente appetitosa: "Dunbine" significa non solo, per il Giappone, la prima produzione animata squisitamente fantasy, ma anche la prima, avveniristica commistione tra questo genere e il robotico, divenendo così l'antenato dei vari "Galient" ed "Escaflowne". Tomino è qui interessato a raccontare una storia estremamente drammatica, rispetto al precedente "Xabungle", di critica al progresso tecnologico/militare, reo di distruggere l'identità delle civiltà.
Quello che qualcuno potrebbe recriminare, infatti, è che il contesto fantastico dell'opera, con la sua fauna di mostri, fate e paesaggi ancestrali, ideale background per ogni genere di avventura, è sfruttato minimamente, fornendo solo lo sfondo per le battaglie tra aura battler. Critica condivisibile, a mio parere non giustificata, visto che non tiene conto del messaggio che il regista sembra interessato a dare: quello di accusare l'uomo moderno e la rivoluzione industriale, inquadrati nella figura di Shott - l'abitante del "mondo di sopra" che porta la conoscenza tecnologica nel fabbricare armamenti bellici in questo regredito ma incontaminato mondo medievale -, di distruggere l'identità di luoghi e paesi. Interesse di "Dunbine", quindi, non è raccontare le avventure cavalleresche di un nugolo di eroi all'interno di un mondo di fiaba, ma mostrare come quest'ultimo perda tutta la sua identità e bellezza per colpa dei ritmi asfissianti di vita sotto il grigiore di guerra e armamenti. Solo tornando alle sue origini, rigettando la modernità, può, ancora, sperare di salvarsi. Messaggio reso in modo forte, chiaro e sentito, ma che non basta da solo a rendere "Dunbine" la produzione memorabile che spesso è dipinta. A prescindere dal talentuoso soggetto, la sceneggiatura è svogliata.
L'inizio è sfavillante, con la sua quindicina di episodi superbi che presentano i numerosi e ben approfonditi personaggi. Tutti 100% tominiani nelle caratterizzazioni: l'eroe introverso e disgustato dal mondo degli adulti, Sho; l'agguerrito rivale dal carisma incompreso, Bern Bunnings; l'eroina forte e risoluta ma emotivamente instabile, Marvel Frozen; il leader del gruppo che soffre per un amore tormentato, Nie Given. Tutti già visti in "Ideon" e che ritroviamo in opere successive dell'autore, ma sempre molto realistici e caratterizzati in una storia che avanza spedita e con personalità, ben narrata, che cattura l'attenzione con la sua forte enfasi drammatica, con le storie d'amore realistiche e gli spettacolari combattimenti tra i suoi insettiformi mecha - decisamente un lavoro sontuoso, sotto questo punto di vista, il mecha design di Kazutaka Miyatake, aiutato da un debuttante di gran prestigio: il futuro, celebratissimo Yutaka Izubuchi.
Una partenza che sembra addirittura mirare all'eccellenza pura, ma poi il tutto è diluito, annacquato, ridimensionato dalla mancanza di ispirazione dello staff Sunrise nello sceneggiare "Dunbine". I classici episodi riempitivi assurgono a protagonisti assoluti dell'impalcatura: ogni episodio inizia con un combattimento tra aura battler, prosegue con un mini-canovaccio già visto e usato almeno quattro volte (le fughe di Elmelie, le battaglie di Drake con i regni di Byston Well, Sho che viene additato come invasore dai terrestri) e termina con un altro combattimento tra aura battler dove non muore mai nessuno, semplici schermaglie inutili ai fini di trama. Sicuramente la gran quantità di battaglie rimane una costante delle produzioni robotiche di quegli anni, ma di solito avvengono sempre, o quasi, per mandare avanti la storia o creare momenti di impatto emozionale, non certo come furbizia per allungare il brodo o raggiungere i consueti 24 minuti a episodio. Fate i conti con la vostra soglia di sopportazione perché questi riempitivi rappresentano il 50% abbondante dell'intera serie, con l'aggravante di essere particolarmente accumulati nella parte conclusiva: una sequela interminabile di oltre dieci puntate sempre identiche. Senza contare che i personaggi, prima sprizzanti interesse e in perenne evoluzione, travolti da queste puntate inutili finiscono schiavi del loro ruolo, impossibilitati a crescere: le loro potenzialità rimangono per buona parte inespresse o, peggio, disattese, colpa di quest'appiattimento caratteriale che li colpisce anche le poche volte in cui assurgono a deus ex, sopratutto nell'evoluzione delle relazioni sentimentali, che subiscono svolte, puntualmente, di punto in bianco.
I pochi coraggiosi che vorranno arrivare in fondo alla serie lo faranno perché convinti della bontà del soggetto, grazie a quel tot di puntate veramente buone, diluite con il contagocce, che ogni tanto forniscono respiro. Oppure ci riusciranno perché, conoscendo il regista, si aspettano da lui un'altra graffiata d'autore. Sono entrambe ottime ragioni, e in questo senso almeno il finale è pienamente all'altezza delle aspettative. Una conclusione estremamente truce e drammatica, impossibile da anticipare, coerente con il messaggio ultimo dell'opera: non c'è speranza di risolvere i conflitti sociali se si scelgono le armi di guerra e tecnologia. Sono strumenti freddi, impersonali e amorali che possono solo accrescere incomprensioni accrescendo le tragedie.
Nei suoi significati e nella sua morale "Dunbine" continua tuttora a essere valido e intelligente. Nel resto, purtroppo, è un continuo susseguirsi di gioie e dolori. Un grande soggetto, ottime animazioni, un buonissimo chara design e un bestiale (in tutti i sensi) mecha sono meriti che bastano e avanzano per regalare all'opera un discreto voto; il fatto di essere composto per metà da puntate molto valide e interessanti, anche strepitose, ben di più. Purtroppo l'altra metà è da dimenticare, martoriata da un numero eccessivo di filler senza la benché minima fantasia che raramente mandano avanti una storia tutt'altro che complessa. Voto finale, quindi, approssimato all'eccesso, ma che comunque non rovina la media di un regista che, in soli cinque anni, tra "Gundam" e il suo seguito, ha realizzato opere di alto livello come "Ideon", "Xabungle" e, appunto, questo "Dunbine". Censurabile e da rimuovere dalla memoria il seguito, realizzato cinque anni dopo da Sunrise senza l'apporto del creatore originale.
"Dunbine" è un anime che incanta e delude, e viceversa.
Sembra assurdo iniziare la recensione di un'opera di Tomino con una constatazione simile, sopratutto se riferita a un lavoro di così grande popolarità come "Aura Battler Dunbine", considerato da molti uno dei suoi picchi massimi. Eppure, se penso alla caratura del regista, all'alto budget stanziato e a molte idee assolutamente splendide rintracciabili nel soggetto di quest'opera, non posso non sentirmi spaesato e parzialmente deluso da come tanta originalità trovi nella sceneggiatura un risultato a mio parere non esaltante.
"Dunbine" nasce nel 1983 come rilettura, con l'aggiunga di robot (imposti come di consueto da Sunrise), della prima parte di "The Wings of Rean", romanzo fantasy scritto dallo stesso Tomino quello stesso anno, e che nel corso del ventennio si rivelerà essere il primo atto di un lungo ciclo letterario (addirittura 24 tomi) ambientato nelle magiche terre di Byston Well, da cui sono successivamente tratti, sempre per la sua regia, "Garzey's Wing" e "The Wings of Rean". La portata si rivela particolarmente appetitosa: "Dunbine" significa non solo, per il Giappone, la prima produzione animata squisitamente fantasy, ma anche la prima, avveniristica commistione tra questo genere e il robotico, divenendo così l'antenato dei vari "Galient" ed "Escaflowne". Tomino è qui interessato a raccontare una storia estremamente drammatica, rispetto al precedente "Xabungle", di critica al progresso tecnologico/militare, reo di distruggere l'identità delle civiltà.
Quello che qualcuno potrebbe recriminare, infatti, è che il contesto fantastico dell'opera, con la sua fauna di mostri, fate e paesaggi ancestrali, ideale background per ogni genere di avventura, è sfruttato minimamente, fornendo solo lo sfondo per le battaglie tra aura battler. Critica condivisibile, a mio parere non giustificata, visto che non tiene conto del messaggio che il regista sembra interessato a dare: quello di accusare l'uomo moderno e la rivoluzione industriale, inquadrati nella figura di Shott - l'abitante del "mondo di sopra" che porta la conoscenza tecnologica nel fabbricare armamenti bellici in questo regredito ma incontaminato mondo medievale -, di distruggere l'identità di luoghi e paesi. Interesse di "Dunbine", quindi, non è raccontare le avventure cavalleresche di un nugolo di eroi all'interno di un mondo di fiaba, ma mostrare come quest'ultimo perda tutta la sua identità e bellezza per colpa dei ritmi asfissianti di vita sotto il grigiore di guerra e armamenti. Solo tornando alle sue origini, rigettando la modernità, può, ancora, sperare di salvarsi. Messaggio reso in modo forte, chiaro e sentito, ma che non basta da solo a rendere "Dunbine" la produzione memorabile che spesso è dipinta. A prescindere dal talentuoso soggetto, la sceneggiatura è svogliata.
L'inizio è sfavillante, con la sua quindicina di episodi superbi che presentano i numerosi e ben approfonditi personaggi. Tutti 100% tominiani nelle caratterizzazioni: l'eroe introverso e disgustato dal mondo degli adulti, Sho; l'agguerrito rivale dal carisma incompreso, Bern Bunnings; l'eroina forte e risoluta ma emotivamente instabile, Marvel Frozen; il leader del gruppo che soffre per un amore tormentato, Nie Given. Tutti già visti in "Ideon" e che ritroviamo in opere successive dell'autore, ma sempre molto realistici e caratterizzati in una storia che avanza spedita e con personalità, ben narrata, che cattura l'attenzione con la sua forte enfasi drammatica, con le storie d'amore realistiche e gli spettacolari combattimenti tra i suoi insettiformi mecha - decisamente un lavoro sontuoso, sotto questo punto di vista, il mecha design di Kazutaka Miyatake, aiutato da un debuttante di gran prestigio: il futuro, celebratissimo Yutaka Izubuchi.
Una partenza che sembra addirittura mirare all'eccellenza pura, ma poi il tutto è diluito, annacquato, ridimensionato dalla mancanza di ispirazione dello staff Sunrise nello sceneggiare "Dunbine". I classici episodi riempitivi assurgono a protagonisti assoluti dell'impalcatura: ogni episodio inizia con un combattimento tra aura battler, prosegue con un mini-canovaccio già visto e usato almeno quattro volte (le fughe di Elmelie, le battaglie di Drake con i regni di Byston Well, Sho che viene additato come invasore dai terrestri) e termina con un altro combattimento tra aura battler dove non muore mai nessuno, semplici schermaglie inutili ai fini di trama. Sicuramente la gran quantità di battaglie rimane una costante delle produzioni robotiche di quegli anni, ma di solito avvengono sempre, o quasi, per mandare avanti la storia o creare momenti di impatto emozionale, non certo come furbizia per allungare il brodo o raggiungere i consueti 24 minuti a episodio. Fate i conti con la vostra soglia di sopportazione perché questi riempitivi rappresentano il 50% abbondante dell'intera serie, con l'aggravante di essere particolarmente accumulati nella parte conclusiva: una sequela interminabile di oltre dieci puntate sempre identiche. Senza contare che i personaggi, prima sprizzanti interesse e in perenne evoluzione, travolti da queste puntate inutili finiscono schiavi del loro ruolo, impossibilitati a crescere: le loro potenzialità rimangono per buona parte inespresse o, peggio, disattese, colpa di quest'appiattimento caratteriale che li colpisce anche le poche volte in cui assurgono a deus ex, sopratutto nell'evoluzione delle relazioni sentimentali, che subiscono svolte, puntualmente, di punto in bianco.
I pochi coraggiosi che vorranno arrivare in fondo alla serie lo faranno perché convinti della bontà del soggetto, grazie a quel tot di puntate veramente buone, diluite con il contagocce, che ogni tanto forniscono respiro. Oppure ci riusciranno perché, conoscendo il regista, si aspettano da lui un'altra graffiata d'autore. Sono entrambe ottime ragioni, e in questo senso almeno il finale è pienamente all'altezza delle aspettative. Una conclusione estremamente truce e drammatica, impossibile da anticipare, coerente con il messaggio ultimo dell'opera: non c'è speranza di risolvere i conflitti sociali se si scelgono le armi di guerra e tecnologia. Sono strumenti freddi, impersonali e amorali che possono solo accrescere incomprensioni accrescendo le tragedie.
Nei suoi significati e nella sua morale "Dunbine" continua tuttora a essere valido e intelligente. Nel resto, purtroppo, è un continuo susseguirsi di gioie e dolori. Un grande soggetto, ottime animazioni, un buonissimo chara design e un bestiale (in tutti i sensi) mecha sono meriti che bastano e avanzano per regalare all'opera un discreto voto; il fatto di essere composto per metà da puntate molto valide e interessanti, anche strepitose, ben di più. Purtroppo l'altra metà è da dimenticare, martoriata da un numero eccessivo di filler senza la benché minima fantasia che raramente mandano avanti una storia tutt'altro che complessa. Voto finale, quindi, approssimato all'eccesso, ma che comunque non rovina la media di un regista che, in soli cinque anni, tra "Gundam" e il suo seguito, ha realizzato opere di alto livello come "Ideon", "Xabungle" e, appunto, questo "Dunbine". Censurabile e da rimuovere dalla memoria il seguito, realizzato cinque anni dopo da Sunrise senza l'apporto del creatore originale.
1983, Tomino dona al mondo dell'animazione giapponese "Aura Battler Dunbine", una delle prime (se non la prima) opere fantasy provenienti dal "paese del sol levante". A ben guardare si può tuttavia scorgere un aspetto ulteriore, "Dunbine" non è un mero fantasy ma un esperimento particolarmente bizzarro e insolito, che vede l'armonizzarsi della componente "fiabesca" e "medievaleggiante" con un ingrediente tipicamente tominano: il mecha.
A questo punto devo chiedere gentilmente al lettore dubbioso e diffidente di non smettere di leggere, scettico o nauseato che sia all'idea di un simile accostamento. Invero, Tomino riesce a fondere e a coordinare questi due mondi e generi, apparentemente impenetrabili ed estranei tra loro, con grande semplicità, rendendoli anzi la base per impostare l'intero e più intimo significato dell'opera. Questa serie inoltre rientra a pieno diritto (assieme a "Ideon" e "Z Gundam") in quel gruppo di lavori, accomunati da un elevato tono di pessimismo e drammaticità, che cagionarono al loro ideatore il nomignolo di "Kill 'Em All Tomino".
Persino un profano potrebbe presagire, a questo punto, il tema fondamentale della serie. Tale non è altro che la guerra, una guerra tragicamente necessaria, seguita attraverso il suo evolversi ed espandersi mediante una frenetica corsa agli armamenti (la militarizzazione) e il progresso. Una trattazione che viene condotta fino al suo estremo e annichilente approdo. Questi due fattori, attorno ai quali ruota l'intera opera, sono i cardini dell'interpretazione tominiana della guerra e si può assaporare una non certo velata critica nei loro confronti. Impossibile negare, pertanto, che "Dunbine" non sia esente da un idealismo dal retrogusto quasi imbarazzante, tuttavia si può notare come questo cerchi di bilanciarsi con un evidente "pessimismo" ontologico. Viene spiegato, infatti, che in Byston Well le piaghe della guerra e della corruzione erano già presenti ben prima dell'avvento di Shott Weapon, araldo del progresso; tale accadimento ha comportato solo un'esasperazione della situazione precedente, un'alterazione dell'equilibrio tra poteri. Il progresso infatti determina un estendersi della guerra in scale gradatamente sempre più grandi. Si tratta di una differenza più quantitativa che qualitativa. Questo discorso è importante, se non fondamentale, poiché lascia a intendere che il mondo naturale e incontaminato di Byston Well non è in realtà l'ideale perfetto che molti credono, bensì un universo in cui il conflitto è presenza radicalmente necessaria, se non preponderante. Finanche la "Natura" stessa appare affatto egoista, non a caso la regina delle Ferario agisce in guisa tale da imitare il mirabile esempio di Pilato, lavandosi letteralmente le mani degli affanni che "non la riguardano". Queste distinzioni e precisazioni pongono la riflessione proposta dalla serie in un'ottica meno semplicistica, sebbene non si possa superare una certa rigidità soprattutto per quanto riguarda il cast.
Con riferimento a questo punto si può agevolmente notare, contrariamente a "Ideon", una linea di demarcazione piuttosto netta tra i "Buoni" e i "Cattivi". In "Dunbine" i personaggi principali sono chiaramente e aprioristicamente Buoni (la loro è solo una reazione idealistica ai piani di conquista dei cattivi), Drake e i suoi alleati invece appaiono inderogabilmente come malvagi e corrotti, nella tecnologia trovano uno strumento in più per attuare i loro piani. Non vengono poste, se non raramente, questioni di relativismo morale. Questo accade perché le motivazioni di base delle fazioni, ovvero il motore di tutto, sono piuttosto idealizzate, sebbene si assista a dei tentativi di equilibrare le due parti ciò non è sufficiente a ribaltare la situazione. Siffatto modo di fondare l'intreccio ha, a mio parere, reso rigida la trattazione, che poteva giungere a considerazioni di uno spessore più elevato.
A favore si può però sostenere che "Dunbine", per certi versi, non predilige nessuna delle due fazioni, estromettendo così il fastidioso paradigma del "buono" che vince sempre e che non muore mai. Spesso i "nostri" falliscono miserabilmente nei loro intenti, mentre i nemici si rivelano maggiormente abili e scaltri. Pertanto, sebbene i protagonisti non escano molto dai ruoli loro imposti, non godono di una posizione privilegiata. Coloro che potremmo definire i "buoni" non esitano a usare la violenza per rimediare alla violenza medesima, e di questo pagheranno il fio, a discapito dei loro nobili ideali. La conclusione quindi sancisce come morale il fatto che la guerra sconfigge tutti, senza che vi sia vincitore alcuno.
Con "Ideon" vi sono altresì pregnanti affinità: ad esempio il ricorrere del tema circa il rapporto genitore-figlio, molto importante soprattutto per ciò che concerne la figura di Elmelie. Si può parlare anche dello scontro tra civiltà, della lotta tra culture, senza dimenticare le vicende sentimentali che, in entrambi i lavori, svolgono un ruolo d'insostituibile sottofondo, donando ulteriori sfumature caratteriali ai personaggi.
"Dunbine", imprevedibilmente, si rivela anche spensierato: vi sono diversi momenti di distensione e allegria che si alternano a quelli di disperazione e conflitto. Questi siparietti permettono di attenuare la pesantezza narrativa, marchio di fabbrica di Tomino, e di fornire colore e maggiori sfumature all'ambientazione.
L'epilogo, infine, esplode in un mattatoio di emozioni, non si trattengono i colpi e "Kill 'Em All Tomino" non tradisce la sua fama, concludendo le vicende in modo tragico e annichilente.
Il lato tecnico e la sceneggiatura a mio avviso non sono dei migliori. "Dunbine" presenta diversi difetti "tipici" e ricorrenti: abbondano le sequenze riciclate, le coincidenze, le ingenuità. Spesso si assiste a sezioni eccessivamente lunghe e ridondanti, concentrate su un unico combattimento o situazione, senza contare la grande lentezza espositiva del tutto. Ciò potrebbe causare non pochi problemi a uno spettatore abituato ai ritmi più moderni, portandolo velocemente alla noia.
Non commettete l'errore di abbandonare la visione di "Dunbine" per un motivo così futile, il finale saprà ampiamente ripagare, emotivamente, le parti più statiche e lente immediatamente precedenti, offrendo un momento molto intenso e denso di emozioni.
A questo punto devo chiedere gentilmente al lettore dubbioso e diffidente di non smettere di leggere, scettico o nauseato che sia all'idea di un simile accostamento. Invero, Tomino riesce a fondere e a coordinare questi due mondi e generi, apparentemente impenetrabili ed estranei tra loro, con grande semplicità, rendendoli anzi la base per impostare l'intero e più intimo significato dell'opera. Questa serie inoltre rientra a pieno diritto (assieme a "Ideon" e "Z Gundam") in quel gruppo di lavori, accomunati da un elevato tono di pessimismo e drammaticità, che cagionarono al loro ideatore il nomignolo di "Kill 'Em All Tomino".
Persino un profano potrebbe presagire, a questo punto, il tema fondamentale della serie. Tale non è altro che la guerra, una guerra tragicamente necessaria, seguita attraverso il suo evolversi ed espandersi mediante una frenetica corsa agli armamenti (la militarizzazione) e il progresso. Una trattazione che viene condotta fino al suo estremo e annichilente approdo. Questi due fattori, attorno ai quali ruota l'intera opera, sono i cardini dell'interpretazione tominiana della guerra e si può assaporare una non certo velata critica nei loro confronti. Impossibile negare, pertanto, che "Dunbine" non sia esente da un idealismo dal retrogusto quasi imbarazzante, tuttavia si può notare come questo cerchi di bilanciarsi con un evidente "pessimismo" ontologico. Viene spiegato, infatti, che in Byston Well le piaghe della guerra e della corruzione erano già presenti ben prima dell'avvento di Shott Weapon, araldo del progresso; tale accadimento ha comportato solo un'esasperazione della situazione precedente, un'alterazione dell'equilibrio tra poteri. Il progresso infatti determina un estendersi della guerra in scale gradatamente sempre più grandi. Si tratta di una differenza più quantitativa che qualitativa. Questo discorso è importante, se non fondamentale, poiché lascia a intendere che il mondo naturale e incontaminato di Byston Well non è in realtà l'ideale perfetto che molti credono, bensì un universo in cui il conflitto è presenza radicalmente necessaria, se non preponderante. Finanche la "Natura" stessa appare affatto egoista, non a caso la regina delle Ferario agisce in guisa tale da imitare il mirabile esempio di Pilato, lavandosi letteralmente le mani degli affanni che "non la riguardano". Queste distinzioni e precisazioni pongono la riflessione proposta dalla serie in un'ottica meno semplicistica, sebbene non si possa superare una certa rigidità soprattutto per quanto riguarda il cast.
Con riferimento a questo punto si può agevolmente notare, contrariamente a "Ideon", una linea di demarcazione piuttosto netta tra i "Buoni" e i "Cattivi". In "Dunbine" i personaggi principali sono chiaramente e aprioristicamente Buoni (la loro è solo una reazione idealistica ai piani di conquista dei cattivi), Drake e i suoi alleati invece appaiono inderogabilmente come malvagi e corrotti, nella tecnologia trovano uno strumento in più per attuare i loro piani. Non vengono poste, se non raramente, questioni di relativismo morale. Questo accade perché le motivazioni di base delle fazioni, ovvero il motore di tutto, sono piuttosto idealizzate, sebbene si assista a dei tentativi di equilibrare le due parti ciò non è sufficiente a ribaltare la situazione. Siffatto modo di fondare l'intreccio ha, a mio parere, reso rigida la trattazione, che poteva giungere a considerazioni di uno spessore più elevato.
A favore si può però sostenere che "Dunbine", per certi versi, non predilige nessuna delle due fazioni, estromettendo così il fastidioso paradigma del "buono" che vince sempre e che non muore mai. Spesso i "nostri" falliscono miserabilmente nei loro intenti, mentre i nemici si rivelano maggiormente abili e scaltri. Pertanto, sebbene i protagonisti non escano molto dai ruoli loro imposti, non godono di una posizione privilegiata. Coloro che potremmo definire i "buoni" non esitano a usare la violenza per rimediare alla violenza medesima, e di questo pagheranno il fio, a discapito dei loro nobili ideali. La conclusione quindi sancisce come morale il fatto che la guerra sconfigge tutti, senza che vi sia vincitore alcuno.
Con "Ideon" vi sono altresì pregnanti affinità: ad esempio il ricorrere del tema circa il rapporto genitore-figlio, molto importante soprattutto per ciò che concerne la figura di Elmelie. Si può parlare anche dello scontro tra civiltà, della lotta tra culture, senza dimenticare le vicende sentimentali che, in entrambi i lavori, svolgono un ruolo d'insostituibile sottofondo, donando ulteriori sfumature caratteriali ai personaggi.
"Dunbine", imprevedibilmente, si rivela anche spensierato: vi sono diversi momenti di distensione e allegria che si alternano a quelli di disperazione e conflitto. Questi siparietti permettono di attenuare la pesantezza narrativa, marchio di fabbrica di Tomino, e di fornire colore e maggiori sfumature all'ambientazione.
L'epilogo, infine, esplode in un mattatoio di emozioni, non si trattengono i colpi e "Kill 'Em All Tomino" non tradisce la sua fama, concludendo le vicende in modo tragico e annichilente.
Il lato tecnico e la sceneggiatura a mio avviso non sono dei migliori. "Dunbine" presenta diversi difetti "tipici" e ricorrenti: abbondano le sequenze riciclate, le coincidenze, le ingenuità. Spesso si assiste a sezioni eccessivamente lunghe e ridondanti, concentrate su un unico combattimento o situazione, senza contare la grande lentezza espositiva del tutto. Ciò potrebbe causare non pochi problemi a uno spettatore abituato ai ritmi più moderni, portandolo velocemente alla noia.
Non commettete l'errore di abbandonare la visione di "Dunbine" per un motivo così futile, il finale saprà ampiamente ripagare, emotivamente, le parti più statiche e lente immediatamente precedenti, offrendo un momento molto intenso e denso di emozioni.
"Aura Battler Dunbine" comincia come una semplice storia d'avventura. Un ragazzo giapponese viene trasportato in un mondo fatato popolato da cavalieri, principesse, fatine, unicorni e animali fantastici e reclutato a forza come pilota di un robot gigante, il Dunbine del titolo. A prima vista niente di che. Tuttavia l'opening, l'ending, il mecha design e i combattimenti sono buoni, e uno decide di dare una chance a quest'opera pressoché sconosciuta (almeno in Italia) di Yoshiyuki Tomino, regista che qualcosa di interessante l'ha pure realizzato nella sua carriera. Andando avanti con la visione l'opera sembra un po' lenta nello sviluppo, con dei personaggi non troppo caratterizzati, ma ciò nonostante non è priva di idee e ha un ambientazione interessante, quindi si continua. Dopo la quindicesima puntata la storia comincia a intrigare; a quel punto si inizia a sospettare forse la prima impressione era sbagliata, che forse ci si trova di fronte a un lavoro più profondo di quanto non sembrasse all'inizio.
Arrivati a metà serie il sospetto diventa una certezza: andando avanti la sensazione di crescita diventa incontrovertibile e ci si rende conto che si sta assistendo a uno dei migliori lavori di Tomino, per quanto inferiore ai suoi capolavori 'Gundam' e 'Ideon'. Arrivati alla fine anche quest'ultimo pregiudizio cade: si è costretti ad ammettere che Dunbine è superiore a 'Gundam' e alla pari con 'Ideon', a mio avviso il massimo lavoro di Tomino. È veramente un peccato che in Italia nessuno dei due sia mai stato trasmesso, si tratta di lavori di altissimo livello che consiglio a tutti.
Val la pena di avvisare lo spettatore abituato agli anime moderni, il quale si troverà spaesato, e non soltanto per il chara design totalmente differente dalla moda contemporanea - provate a confrontare una qualunque ragazza degli anime anni duemila con Marvel Frozen e capirete cosa intendo), ma anche per il ritmo e le atmosfere della serie, del tutto diverse da quelli odierni. D'altra parte il cultore degli anime anni settanta/ottanta si troverà a casa. "Dunbine" è una serie estremamente impegnata: il tema principale è quello della corsa agli armamenti, tema sentitissimo nei primi anni ottanta: non è un caso che l'anno di messa in onda (1983) sia l'anno del piano di difesa spaziale di Ronald Regan - le famose Guerre Stellari. Ma "Dunbine" non è solo questo: certo il tema principale è quello della guerra, come in 'Gundam' e in 'Ideon', ma nello sviluppo della storia si toccano molte altre tematiche. Il particolare viene affrontato anche il tema dello scontro di culture, del passaggio da una società feudale a una tecnologica, chiaramente molto rilevante per una paese come il Giappone.
Sia natura sia tecnologia sono molto presenti: sono spettacolari le creature del mondo di Byston Well (anche più di quelle incontrate in 'Ideon') e sono molto curati gli innumerevoli modelli diversi di Aura Battlers che incontriamo nel corso della serie. L'anime presenta anche un sincretismo perfettamente riuscito tra magia e tecnologia, cosa che mi ha sorpreso non poco. Per esempio gli Aura Battlers sono macchine tecnologiche, ma la loro fonte di energia è di origina magica, è l'aura del pilota, che varia da persona a persona e può crescere o diminuire in maniera abbastanza incontrollabile. Qualche somiglianza con l'Ide di 'Ideon' c'è, ma l'aura non è un'entità senziente.
Altro tema forte è che la guerra non è un gioco, e lutti e tragedie si susseguono. Tuttavia, nonostante la serietà dell'opera, ci sono parti che sdrammatizzano la situazione e questo ruolo è riservato alle Ferario, fatine identiche alla Campanellino di Peter Pan, rumorose, pigre, golose, infantili, dalla lingua lunga e molto molto simpatiche. La fatina Cham in particolare è un personaggio a elevato livello di "pucciosità", specialmente quando comincia ad indossare la sua uniforme da battler, a partire dalla seconda metà della serie. Grazie a questi intermezzi e all'ambientazione fiabesca "Dunbine" risulta mediamente molto meno pesante di 'Ideon'. Questo non toglie che ci siano scene estremamente drammatiche, e che il finale abbia un impatto emotivo superiore a quello di 'Ideon' (incredibile ma vero). Al cuore di "Dunbine" sta il rapporto conflittuale tra genitori e figli, tema particolarmente caro a Tomino, che qui si sviluppa in maniera altamente drammatica: se in 'Ideon' vediamo padri che cercano di uccidere le figlie, qui incontriamo madri pronte a uccidere i loro stessi figli. Anche qui appaiono dei personaggi femminili notevoli, anche se inferiori a quelli di 'Ideon'; d'altra parte il protagonista maschile Show Zama è il mio preferito tra gli eroi di Tomino (Amuro, Cosmo e Camille) e nelle ultime puntate realizza una crescita significativa. Ma il personaggio migliore di tutta la serie è sicuramente la Mi Ferario Cham Huau il cui nome dà significativamente il titolo all'ultima puntata
Gli aspetti romantico-sentimentali prendono poco spazio ma sono trattati eccezionalmente bene: è molto più importante quello che viene suggerito, quello che <i>non</i> succede piuttosto che quello che succede. Specialmente il rapporto tra Marvel e Show è trattato con una delicatezza esemplare; si noti che Marvel che è più grande di Show, sia di statura sia di età, e che è anche americana. Show ne rimane intimidito fino alle ultimissime puntate. Similmente, più suggerito che esplicitato, procede il rapporto tra Keen Kiss e Neal Given. Comunque più o meno tutti i personaggi lasciano il segno, anche se ci mettono almeno quaranta puntate a ingranare: ma questo è voluto, la lunghezza e la lentezza della serie per me sono un plus. "Dunbine" è una serie che si rivela a chi ha la pazienza di seguirla. Si tratta di un'opera corale, una storia unica che si dipana in 49 puntate, con personaggi che evolvono e una situazione che cambia nel corso della serie: va quindi paragonata a serie come 'Starblazers', 'Gundam' e 'Ideon', tanto per citare opere a cui Tomino ha lavorato, e non alle tipiche serie robotiche degli anni settanta, genere in cui pure Tomino è espertissimo - in 'Dunbine' c'è anche un'evidente citazione a 'Raideen'.
Dal punto di vista tecnico l'unica cosa che non mi ha soddisfatto sono stati i colori smorti e la qualità altalenante dei disegni nella prima parte della serie: c'è da dire che entrambe le cose migliorano molto nella seconda parte e specialmente nelle ultime puntate. In conclusione, si tratta di una serie eccellente con uno dei finali di maggiore impatto della storia dell'animazione giapponese. L'assegnazione del massimo dei voti è inevitabile.
Arrivati a metà serie il sospetto diventa una certezza: andando avanti la sensazione di crescita diventa incontrovertibile e ci si rende conto che si sta assistendo a uno dei migliori lavori di Tomino, per quanto inferiore ai suoi capolavori 'Gundam' e 'Ideon'. Arrivati alla fine anche quest'ultimo pregiudizio cade: si è costretti ad ammettere che Dunbine è superiore a 'Gundam' e alla pari con 'Ideon', a mio avviso il massimo lavoro di Tomino. È veramente un peccato che in Italia nessuno dei due sia mai stato trasmesso, si tratta di lavori di altissimo livello che consiglio a tutti.
Val la pena di avvisare lo spettatore abituato agli anime moderni, il quale si troverà spaesato, e non soltanto per il chara design totalmente differente dalla moda contemporanea - provate a confrontare una qualunque ragazza degli anime anni duemila con Marvel Frozen e capirete cosa intendo), ma anche per il ritmo e le atmosfere della serie, del tutto diverse da quelli odierni. D'altra parte il cultore degli anime anni settanta/ottanta si troverà a casa. "Dunbine" è una serie estremamente impegnata: il tema principale è quello della corsa agli armamenti, tema sentitissimo nei primi anni ottanta: non è un caso che l'anno di messa in onda (1983) sia l'anno del piano di difesa spaziale di Ronald Regan - le famose Guerre Stellari. Ma "Dunbine" non è solo questo: certo il tema principale è quello della guerra, come in 'Gundam' e in 'Ideon', ma nello sviluppo della storia si toccano molte altre tematiche. Il particolare viene affrontato anche il tema dello scontro di culture, del passaggio da una società feudale a una tecnologica, chiaramente molto rilevante per una paese come il Giappone.
Sia natura sia tecnologia sono molto presenti: sono spettacolari le creature del mondo di Byston Well (anche più di quelle incontrate in 'Ideon') e sono molto curati gli innumerevoli modelli diversi di Aura Battlers che incontriamo nel corso della serie. L'anime presenta anche un sincretismo perfettamente riuscito tra magia e tecnologia, cosa che mi ha sorpreso non poco. Per esempio gli Aura Battlers sono macchine tecnologiche, ma la loro fonte di energia è di origina magica, è l'aura del pilota, che varia da persona a persona e può crescere o diminuire in maniera abbastanza incontrollabile. Qualche somiglianza con l'Ide di 'Ideon' c'è, ma l'aura non è un'entità senziente.
Altro tema forte è che la guerra non è un gioco, e lutti e tragedie si susseguono. Tuttavia, nonostante la serietà dell'opera, ci sono parti che sdrammatizzano la situazione e questo ruolo è riservato alle Ferario, fatine identiche alla Campanellino di Peter Pan, rumorose, pigre, golose, infantili, dalla lingua lunga e molto molto simpatiche. La fatina Cham in particolare è un personaggio a elevato livello di "pucciosità", specialmente quando comincia ad indossare la sua uniforme da battler, a partire dalla seconda metà della serie. Grazie a questi intermezzi e all'ambientazione fiabesca "Dunbine" risulta mediamente molto meno pesante di 'Ideon'. Questo non toglie che ci siano scene estremamente drammatiche, e che il finale abbia un impatto emotivo superiore a quello di 'Ideon' (incredibile ma vero). Al cuore di "Dunbine" sta il rapporto conflittuale tra genitori e figli, tema particolarmente caro a Tomino, che qui si sviluppa in maniera altamente drammatica: se in 'Ideon' vediamo padri che cercano di uccidere le figlie, qui incontriamo madri pronte a uccidere i loro stessi figli. Anche qui appaiono dei personaggi femminili notevoli, anche se inferiori a quelli di 'Ideon'; d'altra parte il protagonista maschile Show Zama è il mio preferito tra gli eroi di Tomino (Amuro, Cosmo e Camille) e nelle ultime puntate realizza una crescita significativa. Ma il personaggio migliore di tutta la serie è sicuramente la Mi Ferario Cham Huau il cui nome dà significativamente il titolo all'ultima puntata
Gli aspetti romantico-sentimentali prendono poco spazio ma sono trattati eccezionalmente bene: è molto più importante quello che viene suggerito, quello che <i>non</i> succede piuttosto che quello che succede. Specialmente il rapporto tra Marvel e Show è trattato con una delicatezza esemplare; si noti che Marvel che è più grande di Show, sia di statura sia di età, e che è anche americana. Show ne rimane intimidito fino alle ultimissime puntate. Similmente, più suggerito che esplicitato, procede il rapporto tra Keen Kiss e Neal Given. Comunque più o meno tutti i personaggi lasciano il segno, anche se ci mettono almeno quaranta puntate a ingranare: ma questo è voluto, la lunghezza e la lentezza della serie per me sono un plus. "Dunbine" è una serie che si rivela a chi ha la pazienza di seguirla. Si tratta di un'opera corale, una storia unica che si dipana in 49 puntate, con personaggi che evolvono e una situazione che cambia nel corso della serie: va quindi paragonata a serie come 'Starblazers', 'Gundam' e 'Ideon', tanto per citare opere a cui Tomino ha lavorato, e non alle tipiche serie robotiche degli anni settanta, genere in cui pure Tomino è espertissimo - in 'Dunbine' c'è anche un'evidente citazione a 'Raideen'.
Dal punto di vista tecnico l'unica cosa che non mi ha soddisfatto sono stati i colori smorti e la qualità altalenante dei disegni nella prima parte della serie: c'è da dire che entrambe le cose migliorano molto nella seconda parte e specialmente nelle ultime puntate. In conclusione, si tratta di una serie eccellente con uno dei finali di maggiore impatto della storia dell'animazione giapponese. L'assegnazione del massimo dei voti è inevitabile.
Questo anime ricorda moltissimo atmosfere che già ho visto in anime come Spider Raider, Borgman, I 5 samurai, e la saga di Nettuno dei Cavalieri dello zodiaco, laddove questa serie specie per alcuni dei titoli citati rappresenterà un' opera di riferimento sotto l'aspetto artistico.
Ci sono molte situazioni controverse che accompagnano la serie, a cominciare dal protagonista, che si ritrova a capeggiare il male per poi rendersi conto dei suoi errori e combattere per la giustizia, in un mondo completamente immerso dall'acqua dove il cielo è il mare (mi ricorda VAGAMENTE qualcosa...) e così come il desiderio di restituire alla gente oppressa dall'antagonista un mondo migliore in cui vivere.
Così come il modo di passare da un vivere comunemente moderno ad un modo medievale fatto di cavalieri e armature, fatto di riti e di combattimenti questa serie fa vivere allo spettatore emozioni sempre diverse e mai uguali, un vero peccato che non sia presente l'edizione italiana di questa serie.
Una serie, a mio parere, che, se doppiata in italiano, sicuramente poteva primeggiare con anime mecha importanti e con alcuni fantasy non proprio ben riusciti negli ultimi anni cui sicuramente avrebbe dato del filo da torcere.
Purtroppo di questa serie dobbiamo accontentarci di un doppiaggio anglofono che comunque ne rappresenta una valida alternativa, almeno per chi conosce la lingua.
Intento dell'autore è concentrarsi sulle barbarie generate dalla guerra, un argomento molto frequente quando ci si addentra a recensire un mecha di questo tipo, la guerra che è cieca e non conosce pietà, che fa male senza distinzioni e da cui il più delle volte è impossibile uscire.
La salvezza viene rappresentata da spiriti giusti come i protagonisti di quest'opera che si impegneranno con tutte le loro forze per sventare i piani di dominio dei mondi paralleli del protagonista, in modo tale che tutti possano conoscere senza più alcuna violenza o sacrificio, quali grandi benefici possa portare l'esistenza pacifica in nome della pace, un sentimento, che preso dal punto di vista dell'autore, a mio avviso, viene visto in questo anime in una chiave leggermente pessimista.
Ci sono molte situazioni controverse che accompagnano la serie, a cominciare dal protagonista, che si ritrova a capeggiare il male per poi rendersi conto dei suoi errori e combattere per la giustizia, in un mondo completamente immerso dall'acqua dove il cielo è il mare (mi ricorda VAGAMENTE qualcosa...) e così come il desiderio di restituire alla gente oppressa dall'antagonista un mondo migliore in cui vivere.
Così come il modo di passare da un vivere comunemente moderno ad un modo medievale fatto di cavalieri e armature, fatto di riti e di combattimenti questa serie fa vivere allo spettatore emozioni sempre diverse e mai uguali, un vero peccato che non sia presente l'edizione italiana di questa serie.
Una serie, a mio parere, che, se doppiata in italiano, sicuramente poteva primeggiare con anime mecha importanti e con alcuni fantasy non proprio ben riusciti negli ultimi anni cui sicuramente avrebbe dato del filo da torcere.
Purtroppo di questa serie dobbiamo accontentarci di un doppiaggio anglofono che comunque ne rappresenta una valida alternativa, almeno per chi conosce la lingua.
Intento dell'autore è concentrarsi sulle barbarie generate dalla guerra, un argomento molto frequente quando ci si addentra a recensire un mecha di questo tipo, la guerra che è cieca e non conosce pietà, che fa male senza distinzioni e da cui il più delle volte è impossibile uscire.
La salvezza viene rappresentata da spiriti giusti come i protagonisti di quest'opera che si impegneranno con tutte le loro forze per sventare i piani di dominio dei mondi paralleli del protagonista, in modo tale che tutti possano conoscere senza più alcuna violenza o sacrificio, quali grandi benefici possa portare l'esistenza pacifica in nome della pace, un sentimento, che preso dal punto di vista dell'autore, a mio avviso, viene visto in questo anime in una chiave leggermente pessimista.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Appartenente in generale al filone dei cosiddetti 'real robots' (ma con qualche spruzzatina che in realtà lo colloca a metà strada fra i super ed i real, IMHO) inaugurato da Kidoo Senshi Gundam, Aura Battler Dunbine è datato 1983 e presenta alcune innovazioni davvero interessanti i cui echi si faranno sentire in serie molto più recenti tipo Escaflowne. Tanto per cominciare, l'ambientazione è piuttosto insolita per un anime robotico: anziché ritrovarci nello spazio e/o nel futuro, la storia è ambientata in un mondo parallelo ricolmo di fatine, unicorni usati come cavalcature e selvagge foreste piene di inquietanti e mostruose creature uscite da un bestiario di D&D. Altro aspetto interessante della vicenda è il mecha design: i robot (chiamati Aura Battler) che compaiono in Dunbine hanno il curioso aspetto di insettoidi antropomorfi, che li rende unici nel loro genere (corre però voce che nello script originale di Tomino, i mecha non ci fossero, e furono inseriti su precisa direttiva della Sunrise che voleva un'altra serie di robot).
La storia racconta del giapponese Sho Zama che sta correndo in moto sull'autostrada, quando all'improvviso viene risucchiato da un varco dimensionale, chiamato Aura Road. Si ritrova così a Byston Well, un mondo medioevaleggiante con elementi magici, dove scopre di essere stato evocato da una "fata" (nella serie vengono chiamate semplicemente "ferario", e sono delle donne con poteri magici, che abitano nel mare che fa da cielo a questo mondo).
Questa ferario in particolare è però prigioniera di Lord Drake Luft, nobile signore di uno dei regni di Byston Well, che la sfrutta facendole evocare dei terrestri da usare poi come piloti degli Aura Battler. Gli Aura Battler sono dei robot dalla vaga forma di insetto (ideati e progettati dall'ambiguo ingegnere terrestre Shot Weapon combinando la tecnologia terrestre con la biologia delle creature di Byston Well) che attingono potenza dall'aura del pilota. Dato che i terrestri paiono sintonizzarsi meglio di altri con questi mecha, Lord Drake li fa evocare a pie' sospinto. Assieme a Sho vengono evocati altri terrestri, fra cui Todd Guinness che seguirà un destino opposto a quello del protagonista. Drake vuole sottomettere tutto Byston Well con gli aura battler. Sho in un primo tempo combatte con riluttanza per lui, principalmente perchè non ha ben chiara la situazione del mondo in cui si trova, ma poi diserta unendosi ad un gruppo di ribelli che a bordo della nave Zelana (la versione Dunbine della White Base, in sostanza), cerca di riunire gli altri regni di Byston Well contro le mire di conquista di Drake. Sulla Zelana farà la conoscenza di Marvel Frozen, terrestre come lui, e come lui ovviamente evocata da una ferario, oltre che della simpatica Keen Kiss, di Neal Given, comandante della Zelana, e della piccola fatina Chum.
Dunbine è stato realizzato nel cosiddetto periodo "Kill'em all" di Tomino, e si vede: la storia è enormemente drammatica, piena non solo di furenti combattimenti fra mecha, ma anche di intrighi di potere, spietate uccisioni, storie d'amore che tutto possono vantare tranne un lieto fine, e così via, con un finale più crepuscolare di quello di Z Gundam ed un messaggio antimilitarista ben più amaro di quello che si può rinvenire nelle storie dell'U. C.
A me è piaciuto davvero molto; chi ama i robot un pensierino potrebbe farcelo.
Appartenente in generale al filone dei cosiddetti 'real robots' (ma con qualche spruzzatina che in realtà lo colloca a metà strada fra i super ed i real, IMHO) inaugurato da Kidoo Senshi Gundam, Aura Battler Dunbine è datato 1983 e presenta alcune innovazioni davvero interessanti i cui echi si faranno sentire in serie molto più recenti tipo Escaflowne. Tanto per cominciare, l'ambientazione è piuttosto insolita per un anime robotico: anziché ritrovarci nello spazio e/o nel futuro, la storia è ambientata in un mondo parallelo ricolmo di fatine, unicorni usati come cavalcature e selvagge foreste piene di inquietanti e mostruose creature uscite da un bestiario di D&D. Altro aspetto interessante della vicenda è il mecha design: i robot (chiamati Aura Battler) che compaiono in Dunbine hanno il curioso aspetto di insettoidi antropomorfi, che li rende unici nel loro genere (corre però voce che nello script originale di Tomino, i mecha non ci fossero, e furono inseriti su precisa direttiva della Sunrise che voleva un'altra serie di robot).
La storia racconta del giapponese Sho Zama che sta correndo in moto sull'autostrada, quando all'improvviso viene risucchiato da un varco dimensionale, chiamato Aura Road. Si ritrova così a Byston Well, un mondo medioevaleggiante con elementi magici, dove scopre di essere stato evocato da una "fata" (nella serie vengono chiamate semplicemente "ferario", e sono delle donne con poteri magici, che abitano nel mare che fa da cielo a questo mondo).
Questa ferario in particolare è però prigioniera di Lord Drake Luft, nobile signore di uno dei regni di Byston Well, che la sfrutta facendole evocare dei terrestri da usare poi come piloti degli Aura Battler. Gli Aura Battler sono dei robot dalla vaga forma di insetto (ideati e progettati dall'ambiguo ingegnere terrestre Shot Weapon combinando la tecnologia terrestre con la biologia delle creature di Byston Well) che attingono potenza dall'aura del pilota. Dato che i terrestri paiono sintonizzarsi meglio di altri con questi mecha, Lord Drake li fa evocare a pie' sospinto. Assieme a Sho vengono evocati altri terrestri, fra cui Todd Guinness che seguirà un destino opposto a quello del protagonista. Drake vuole sottomettere tutto Byston Well con gli aura battler. Sho in un primo tempo combatte con riluttanza per lui, principalmente perchè non ha ben chiara la situazione del mondo in cui si trova, ma poi diserta unendosi ad un gruppo di ribelli che a bordo della nave Zelana (la versione Dunbine della White Base, in sostanza), cerca di riunire gli altri regni di Byston Well contro le mire di conquista di Drake. Sulla Zelana farà la conoscenza di Marvel Frozen, terrestre come lui, e come lui ovviamente evocata da una ferario, oltre che della simpatica Keen Kiss, di Neal Given, comandante della Zelana, e della piccola fatina Chum.
Dunbine è stato realizzato nel cosiddetto periodo "Kill'em all" di Tomino, e si vede: la storia è enormemente drammatica, piena non solo di furenti combattimenti fra mecha, ma anche di intrighi di potere, spietate uccisioni, storie d'amore che tutto possono vantare tranne un lieto fine, e così via, con un finale più crepuscolare di quello di Z Gundam ed un messaggio antimilitarista ben più amaro di quello che si può rinvenire nelle storie dell'U. C.
A me è piaciuto davvero molto; chi ama i robot un pensierino potrebbe farcelo.