Legend of the Galactic Heroes
"Legend of the Galactic Heroes" è, senza mezzi termini, la mia serie anime preferita in assoluto. Parliamo di 110 episodi, prodotti dal 1988 al 1997, che nonostante il passare del tempo, restano più attuali che mai. Tratto dai romanzi di Yoshiki Tanaka, questo capolavoro non è solo un classico della fantascienza, ma è anche uno dei punti più alti mai raggiunti dall'animazione giapponese.
Non è facile descrivere quanto "Legend of the Galactic Heroes" riesca a coinvolgerti. Ogni episodio è un tuffo in un universo vasto e complesso, con due fazioni che si scontrano per il dominio: l'Impero Galattico, una macchina di potere autoritaria, e l'Alleanza dei Pianeti Liberi, simbolo della democrazia. Al centro di tutto ci sono due menti brillanti ma ideologicamente opposte: Reinhard von Lohengramm, l'ambizioso generale dell'Impero, e Yang Wen-li, il geniale stratega democratico. Entrambi combattono per un diverso ideale, ma sono così affascinanti che finisci per tifare per entrambi, perché la serie non prende mai veramente posizione su chi sia il "buono" o il "cattivo" se escludiamo gli svitati appartenenti al movimento religioso "Il Culto della Terra".
Ogni battaglia è un mix di strategia, politica e filosofia. Non ci sono semplici scontri tra astronavi, ma confronti tra visioni del mondo che si scontrano e si riflettono in ogni dialogo, ogni scelta. E non posso che rimanere affascinato dalla crescita di Reinhard e Yang: il primo, desideroso di distruggere il vecchio sistema e costruire un impero sotto il suo comando; il secondo, che vuole difendere una democrazia che sembra sempre più marcia dall'interno. Sono personaggi che, pur partendo da posizioni contrapposte, finiscono per diventare specchi l'uno dell'altro.
Lo so, le animazioni risentono degli anni, ma chi se ne importa quando la storia è così ben costruita? Ogni scena di battaglia è fatta con un'attenzione ai dettagli che ti fa perdonare qualsiasi piccola imprecisione tecnica. E la colonna sonora? Epica. Quel mix di musica classica e orchestrale accompagna ogni momento cruciale, amplificando l'emozione e dando un senso di grandezza che poche altre serie riescono a trasmettere. Ascoltare quei temi mentre si guarda una flotta stellare avanzare... ti fa venire i brividi.
E poi, i temi trattati. La guerra, la politica, il sacrificio personale... tutto viene esplorato con una profondità che raramente ho visto altrove. Ogni personaggio, anche il più secondario, ha una sua storia, un suo arco narrativo, e non sono mai piatti o banali. Mi sono affezionato a tutti loro, al punto che, quando la serie è finita, mi sono sentito vuoto. È come se una parte di me fosse scomparsa insieme a quei personaggi.
Non mentirò, quando "Legend of the Galactic Heroes" è finito, ho avuto una sorta di vuoto esistenziale. Non perché la storia non sia stata conclusa in maniera impeccabile, ma perché mi sono affezionato così tanto a questo universo e ai suoi protagonisti che avrei voluto non finisse mai. È raro trovare una serie che riesca a mantenere una coerenza così perfetta per tutti i suoi 110 episodi. E seppur le animazioni siano datate, tutto il resto è talmente coinvolgente che non ci fai neanche caso.
Insomma, per me, "Legend of the Galactic Heroes" è la serie perfetta, darei 100 su 10 senza esitazioni. Non è solo un anime, ma un viaggio che ti spinge a riflettere su temi come la libertà, la giustizia e la natura del potere. Una vera leggenda, senza tempo.
Non è facile descrivere quanto "Legend of the Galactic Heroes" riesca a coinvolgerti. Ogni episodio è un tuffo in un universo vasto e complesso, con due fazioni che si scontrano per il dominio: l'Impero Galattico, una macchina di potere autoritaria, e l'Alleanza dei Pianeti Liberi, simbolo della democrazia. Al centro di tutto ci sono due menti brillanti ma ideologicamente opposte: Reinhard von Lohengramm, l'ambizioso generale dell'Impero, e Yang Wen-li, il geniale stratega democratico. Entrambi combattono per un diverso ideale, ma sono così affascinanti che finisci per tifare per entrambi, perché la serie non prende mai veramente posizione su chi sia il "buono" o il "cattivo" se escludiamo gli svitati appartenenti al movimento religioso "Il Culto della Terra".
Ogni battaglia è un mix di strategia, politica e filosofia. Non ci sono semplici scontri tra astronavi, ma confronti tra visioni del mondo che si scontrano e si riflettono in ogni dialogo, ogni scelta. E non posso che rimanere affascinato dalla crescita di Reinhard e Yang: il primo, desideroso di distruggere il vecchio sistema e costruire un impero sotto il suo comando; il secondo, che vuole difendere una democrazia che sembra sempre più marcia dall'interno. Sono personaggi che, pur partendo da posizioni contrapposte, finiscono per diventare specchi l'uno dell'altro.
Lo so, le animazioni risentono degli anni, ma chi se ne importa quando la storia è così ben costruita? Ogni scena di battaglia è fatta con un'attenzione ai dettagli che ti fa perdonare qualsiasi piccola imprecisione tecnica. E la colonna sonora? Epica. Quel mix di musica classica e orchestrale accompagna ogni momento cruciale, amplificando l'emozione e dando un senso di grandezza che poche altre serie riescono a trasmettere. Ascoltare quei temi mentre si guarda una flotta stellare avanzare... ti fa venire i brividi.
E poi, i temi trattati. La guerra, la politica, il sacrificio personale... tutto viene esplorato con una profondità che raramente ho visto altrove. Ogni personaggio, anche il più secondario, ha una sua storia, un suo arco narrativo, e non sono mai piatti o banali. Mi sono affezionato a tutti loro, al punto che, quando la serie è finita, mi sono sentito vuoto. È come se una parte di me fosse scomparsa insieme a quei personaggi.
Non mentirò, quando "Legend of the Galactic Heroes" è finito, ho avuto una sorta di vuoto esistenziale. Non perché la storia non sia stata conclusa in maniera impeccabile, ma perché mi sono affezionato così tanto a questo universo e ai suoi protagonisti che avrei voluto non finisse mai. È raro trovare una serie che riesca a mantenere una coerenza così perfetta per tutti i suoi 110 episodi. E seppur le animazioni siano datate, tutto il resto è talmente coinvolgente che non ci fai neanche caso.
Insomma, per me, "Legend of the Galactic Heroes" è la serie perfetta, darei 100 su 10 senza esitazioni. Non è solo un anime, ma un viaggio che ti spinge a riflettere su temi come la libertà, la giustizia e la natura del potere. Una vera leggenda, senza tempo.
Finora non ho mai scritto una recensione in questo sito, nonostante ormai sia passato qualche anno dalla mia registrazione, semplicemente perché non ne avevo mai sentito il bisogno e non ne avevo neanche voglia, mi limitavo a commentare gli episodi e poi finita lì. Questa serie però credo si meriti almeno un po' del mio tempo, per ciò che mi ha dato si merita di essere la mia prima serie recensita, scrivo la recensione nel giorno stesso in cui ho concluso la serie, sto ovviamente parlando di "Legend of the Galactic Heroes".
"Legend of the Galactic Heroes", in italiano La leggenda degli Eroi Galattici, abbreviata spesso in LoGH, non è una serie che abbia bisogno di presentazioni da parte di un giovincello che l'ha vista nel 2022: è la più lunga serie OVA mai prodotta, ben 110 episodi, usciti nel corso di circa un decennio, dal 1988 al 1997. La serie ha la fama, meritata a mio parere, di essere la migliore space opera mai trasposta in animazione e in generale, evento mai verificatosi dall'inizio della storia umana credo, è opinione comune che questa serie sia una delle poche, se non l'unica, serie anime a meritarsi davvero di essere chiamata capolavoro, sono infatti pochissimi coloro che dopo aver visto la serie non hanno gridato al capolavoro. Io sicuramente, come si vede dal voto, sono tra coloro che ritengono LoGH un gioiello, sì, un capolavoro. Vorrei però, nella mia limitata intelligenza, esprimere i motivi del mio giudizio, sia per invogliare uno spettatore che vorrebbe approcciarsi a guardare la serie, sia per scatenare ciò che ribolle nel mio piccolo cranio da quando, poche ore fa, ho terminato la serie.
Come metodo per organizzare le informazioni (troppe!) che riempiono la mia mente dividerò la recensione in punti, sei per la precisione, che saranno:
1) Descrizione generale, dove parlerò delle caratteristiche generali della serie.
2) Trama, dove parlerò dell'intreccio, i tempi della narrazione e della sua solidità, oltre che a parlare della divisione in stagione, parlando brevemente di ognuna di esse.
3) Personaggi, sarà la parte più lunga della recensione, dove andrò a parlare dei vari personaggi, i più importanti, sennò le mie mani si scioglieranno pur giovani, descrivendoli e dicendo cosa penso di loro tramite argomentazioni.
4) Tematiche, dove andrò a parlare in generale degli spunti di riflessione che la serie genera.
5) Comparto tecnico, dove andrò a descrivere brevemente le animazioni e poi facendo un dovuto appunto riguardo le colonne sonore.
6) Considerazioni personali sulla serie e sul finale, dove concluderò la recensione scrivendo ciò che penso senza schemi, concentrandomi poi sui miei pensieri riguardo il finale, lì farò diversi spoiler.
1) Descrizione generale. Parlare di LoGH è difficile, ma cercherò di descriverlo nel modo migliore possibile: LoGH è un'opera unica nel suo genere, che senza vedere la serie sembra non voler dire nulla, ma LoGH è questo, un'opera inarrivabile da qualunque altra, perché frutto di un lavoro certosino di 10 anni e passa, dove in 110 episodi della durata di mezz'ora ognuno viene raccontata una vicenda che non riguarda dei semplici personaggi, ma personaggi che superano la loro condizione e trascendono diventando persone, che provano emozioni, ridono, piangono, che hanno le loro convinzioni e si comportano come un essere umano. Esatto, perché il centro di questa serie non sono gli scontri, non sono gli intrighi, non è la religione, ma è l'uomo, l'uomo stesso che poi dà origine alle cose dette sopra, ma che sono delle derivazioni dell'uomo, ciò che la serie vuole descrivere è l'uomo e per fare ciò ci mostra, quasi fosse uno specchio, le vicende di diversi uomini, delle loro virtù e dei loro vizi, di tutto che ciò che è umano insomma. Ogni personaggio ha la propria personalità, le proprie convinzioni, esperienze passate, che lo rendono il personaggio che noi osserviamo, ma la serie non prova mai, in nessun caso a fare distinzioni fra personaggi "buoni" e personaggi "cattivi", non ci prova nemmeno, perché, oltre che inutile, sarebbe un ostacolo, i personaggi sono neutri, ci sono alcuni che stanno più simpatici, altri meno, altri ancora che solo a vederli ti verrebbe di prenderli a legnate in faccia, ma la serie non osa mai, nemmeno una volta dare giudizi oggettivi. Questo è LoGH, un racconto di uomini che compiono azioni e che ne pagano le conseguenze ma che continuano, come ogni uomo, a combattere per ciò che credono, potranno essere uomini virtuosi, dei codardi, degli infami schifosi, ma questa è l'umanità, la serie ci mostra l'umanità senza filtri, perché la più grande forma d'arte esistente alla fin fine è proprio l'uomo. Questo è il primo punto, fondamentale, per capire cosa sia LOGH e credo che quello che ho scritto fosse il massimo di ciò che potessi scrivere per descrivere LoGH in modo generale, insomma centrando il punto focale su cui baserò i restanti punti.
2) Trama. La trama di LoGH non ha senso scriverla, è già scritta nero su pixel nella schermata iniziale della scheda della serie, comunque, brevemente, la serie narra le vicende di potenze in conflitto tra loro, l'Alleanza dei Pianeti Liberi e l'Impero Galattico, e in particolare di due comandanti Yang Wen-Li dell'Alleanza e Reinhard von Lohengramm dell'Impero, due uomini tanto diversi quanto simili nel genio, che provano un profondo rispetto l'uno per l'altro ma che devono lottare ognuno con le proprie motivazioni. A loro poi si aggiungono i vari personaggi che ruotano attorno ad entrambi, che compongono l'enorme cast. Questa era la trama in breve ma ora andiamo a parlarne: LoGH è diviso in quattro stagioni, ognuna svolge diverse funzioni, partendo dalla prima, l'introduzione all'universo della serie e che presenta i personaggi principali, forse la più debole ma necessaria, continuando con la seconda e la terza, che hanno funzioni simili, rappresentando il centro della storia e che contengono alcuni tra i punti più alti della serie, andando a terminare con la quarta e ultima stagione, che conclude la serie in modo più che degno. La grandezza nella trama di LoGH è la meticolosità con cui essa è scritta, non ci sono buchi di trama, cose buttate a caso o qualunque altro difetto evidente che può esserci in una scrittura, in 110 episodi, sfruttati benissimo, viene a formarsi un intreccio solido che va pian piano in crescendo sfociando nella terza e quarta stagione, dove la maestosità della narrazione non può che causare una gioia immensa per ciò a cui si sta assistendo e allo stesso tempo una tristezza immane sapendo che non si vedranno mai più cose simili. Altro elemento pregevole è l'aver riservato interi episodi alla descrizione storica del passato dell'universo di LoGH, da appassionato di storia mi sono dovuto levare il cappello, perché non avevo mai una serie animata che si basasse su fondamenta storiche così accurate e ben descritte. Ultima cosa da notare è sempre la somiglianza tra l'Alleanza e i nostri USA e tra l'Impero e il secondo Reich tedesco finito nel secolo scorso, davvero delle belle chicche per gli appassionati di storia.
3) Personaggi. Ed eccoci arrivati al punto dove scriverò di più, ovviamente tratterò solo dei principali, su alcuni non mi potrò soffermare, ma parto con il dire che anche quelli di cui non parlerò sono personaggi pregevoli, umani anche loro e che non si meritano di essere disdegnati ma sfortunatamente non posso parlare di tutti. Allora, si parte dal fronte imperiale, ovviamente con il nostro caro "moccioso biondo", il giovane e ambizioso Reinhard von Lohengramm. Reinhard è un personaggio difficile da giudicare, inizialmente egli sembra freddo e maturo, ma accompagnato da una grande gentilezza, questi elementi che sembrano contrastare sono spiegati dalla sua infanzia, segnata dalla vendita della sorella Annerose da parte del padre come concubina del Kaiser Friedrich IV, Reinhard, molto legato alla sorella, dedicherà la sua giovinezza a liberarla, scalando i gradi nell'esercito per poter distruggere il corrotto impero della dinastia Goldenbaum. Reinhard può essere definito una grande fiamma, che brucia intensamente ma che propria per via della troppa intensità consuma la cera troppo velocemente, consumandolo dall'interno, l'ambizione di conquista di Reinhard, elemento che più lo caratterizza, non è che un modo per colmare il vuoto creatosi dopo la perdita delle persone a lui care, cosa che lo rende più che umano. Insomma, un degno protagonista, su cui ci sarebbe molto altro da dire ma credo di aver detto il necessario. Spostiamoci poi sull'angelo custode di Reinhard, il suo migliore amico Siegfried Kircheis. Sieg, così chiamato da Annerose, rappresenta la coscienza di Reinhard, fungendo da amico e consigliere del biondo, a cui è totalmente devoto ma che non esita a criticare quando sbaglia. Nonostante egli appaia poco, qui è difficile dirlo senza fare spoiler, rimane una presenza costante nella serie, vegliando su Reinhard durante tutta la sua vita, un ottimo personaggio, cavalleresco al punto giusto ma che riesce a sfondare lo schermo nella sua bontà, il finale della prima stagione rimane impresso. Se Sieg era la luce di Reinhard, allora Paul von Oberstein ne è l'ombra. Oberstein è un personaggio controverso, probabilmente il più misterioso dell'intera serie, e, lo dico fin da ora, è il mio personaggio preferito della serie. Oberstein, detto anche l'uomo dagli occhi artificiali, funge da consigliere di Reinhard, ma, al contrario di Sieg, non si trattiene nel consigliare piani spregiudicati, Oberstein è un uomo per cui il fine giustifica i mezzi e per lui la ragione di stato viene prima di ogni cosa, per questo è l'uomo più odiato dell'impero, dato che, tranne il suo fidato segretario Fellner, tutti gli altri ammiragli hanno come sogno segreto quello di ballare sulla sua tomba. Uomo freddissimo e apparentemente privo di qualunque umanità, Oberstein è però un personaggio molto più complesso di così, risultando uno dei personaggi migliori della serie, di lui poi parlerò anche nel punto sei dove farò qualche doveroso spoiler. Andando avanti troviamo le stelle gemelle, l'affabile Wolfgang Mittermeyer e l'ambiguo Oskar von Reuenthal. Mittermeyer, soprannominato Lupo della Tempesta, rappresenta il classico uomo medio, sposato, molto serio sul lavoro, profondamente devoto al suo Kaiser Reinhard, Mittermeyer è un personaggio apprezzabile sia nella sua lealtà verso i suoi amici sia nel rispetto verso i suoi nemici, insomma, un uomo onorevole d'altri tempi, la sua amicizia con Reuenthal poi è tra gli elementi migliori della serie. Reuenthal, detto anche Occhi ammalianti per via della loro eterocromia, è invece tutt'altro che un uomo medio, frutto di una relazione extraconiugale della madre, Reuenthal durante la serie compie un grande percorso, ponendosi varie domande sulla sua esistenza e maturando una grande ambizione, nonostante sia stato lui il primo ufficiale, escluso Sieg, a unirsi a Reinhard, che lo porta infine a ribellarsi al suo Kaiser. E' uno dei personaggi più complessi della serie, nonché uno dei miei preferiti, penso che la puntata 98 "Requiem senza fine" porti Reuenthal nell'Olimpo dei personaggi, davvero eccelso. Sugli altri ammiragli, come Muller, Bittenfeld, Mecklinger,ecc non posso dilungarmi, ma sono tutti nomi difficilmente dimenticabili, perché pur con un ruolo minore riescono a lasciare anche loro il segno. Passiamo quindi dalla parte dell'Alleanza, dove il primo è ovviamente il protagonista, il sempre pigro Yang Wen-Li. Yang è, senza tanti giri di parole, la rappresentazione della grandezza della serie, il personaggio più umano della serie, apparentemente pigro ma in realtà sveglissimo, Yang voleva fare altro nella vita, voleva diventare uno storico, ma le circostanze lo portarono a diventare un soldato per guadagnarsi da vivere, cosa di cui si pente fin dall'inizio, poiché, nonostante sembri un pigrone sfaccendato, egli è probabilmente la mente più brillante della sua epoca, l'unico che capisce la stupidità della guerra ma che, ironia della sorte, diventa ben presto uno dei più grandi strateghi dell'Alleanza, venendo attanagliato per tutta la vita dal rimorso delle persone morte sia per lui che contro di lui. Yang è come un vecchio amico che incontri ogni tanto, che ti comincia a parlare e tu vorresti non smettesse più, lodando il cielo solo per averti permesso codesto privilegio, mentre lui, sentendo ciò, si imbarazzerebbe, perché troppo umile. Questo solo per farvi capire la grandezza di Yang Wen-Li, senza di lui LoGH non sarebbe stato LoGH. Superando il grande Yang troviamo il suo allievo e figlio adottivo, il buon Julian Mintz, giovane che assiste in prima linea alla grandezza di Yang e che ne diventa poi il successore spirituale, cercando di fare il possibile per cercare di non sfigurare di fronte all'immensità del suo predecessore ma allo stesso tempo facendo ciò che solo lui sa fare, ottimo personaggio. Dopo di lui c'è il trio della risata, ovvero i tre personaggi più simpatici della serie, il mitico Walter von Schönkopf, il rivoluzionario Dusty Attemborough e il leggendario Oliver Poplin. Il primo è un uomo tutto d'un pezzo, comandante della Rosen Ritter e braccio destro di Yang prima e di Julian poi, amante delle belle donne, ha un passato travagliato, che accetta con serenità. È uno dei personaggi a cui ci si affeziona di più. Il secondo è invece un giovane scanzonato, sempre autoironico, grande condottiero, anche se non si direbbe, anche a lui è facile affezionarsi. Il terzo infine è la simpatia per eccellenza, Poplin è semplicemente fantastico, porta allegria ovunque e senza di lui la serie non sarebbe la stessa. Passiamo poi all'uomo più odiato da tutti gli spettatori, Job Trunicht, il presidente dell'Alleanza, caratterizzato da opportunismo e faccia tosta. Trunicht è, semplicemente, un uomo che desidera potere, paragonato da Reuenthal a una sanguisuga, sfrutta al massimo qualunque situazione o stato per il proprio interesse, è uno che solo vederlo fa venire voglia di prenderlo a sberle per ore, ma la rivelazione nel finale della serie lascia diverse enigmi sulla sua figura, anche se io credo che facesse tutto sempre per interesse personale. Si arriva infine ai due vecchi pilastri, il fiero Alexander Bucock e lo stoico Willibald Joachim von Merkatz. Il primo è la rappresentazione dei valori democratici, un vecchietto pieno di saggezza che funge da mentore spirituale a Yang, il suo commiato con il brindisi alla democrazia mi rimarrà sempre impresso. Merkatz invece è un'altra figura poco appariscente, più defilata, ma è anche il più devoto alla dinastia Goldenbaum, fuggendo nell'Alleanza per non sottomettersi a Reinhard, è uno dei più grandi ammiragli sotto Yang, rappresenta il militare vecchio stile di poche parole, molto bello il suo rapporto con il suo braccio destro Schneider. Arrivati alla fine devo fare menzione di Adrian Rubinsky, il capo di Phezzan, uomo che passa tutta la serie a complottare insieme alla bella Dominique e che mette la sua longa manus in quasi tutti gli avvenimenti della serie. Lo scopo di Rubinsky è il potere, per ottenerlo sfida il Kaiser in una guerra di sotterfugi, ma la fine di questo scontro sarà molto deludente, dimostrando nuovamente l'imprevedibilità della vita. Ho scritto fin troppo, ma era necessario, ora si va più spediti.
4) Tematiche. LoGH apre tante riflessioni, soprattutto politiche, una delle principali è sicuramente lo scontro tra democrazia e autocrazia, andando quasi a riprendere la frase del nostro ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini “È meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature”, ma senza dare una risposta definitiva, entrambe le forme di governo hanno i loro pregi e difetti, ma nell'esempio di Rudolph von Goldenbaum la peggiore delle democrazie spinge il popolo a desiderare la dittatura per sconfiggere la corruzione, argomento usato da Reinhard. Yang stesso, democratico convinto, non sarà mai così chiuso di mente da dire "la democrazia è bella, l'autocrazia è brutta" come Trunicht, riflettendo sempre sulle contraddizioni di queste forme di governo. L'estremismo causa sempre mali, da una parte abbiamo la guerra "sacra" di Trunicht contro l'autocrazia dove i cittadini vengono mandati a sacrificare la vita, dall'altra il regime dei Goldenbaum che usa i sudditi come fossero oggetti da usare a loro piacimento, il messaggio della serie è fin troppo attuale. Altra tematica è la religione, qui presente con il Culto della Terra, setta di squilibrati che vorrebbe rivitalizzare il dimenticato pianeta Terra, ma che non fa altro che sfruttare i propri adepti per ottenere il potere, in modo similare al cristianesimo nel tardo Impero romano, insomma, Marx direbbe "la religione è l'oppio dei popoli". Già solo questa breve parentesi fa capire quanto il livello di LoGH sia alto.
5) Comparto tecnico. Ho poco da dire, il comparto tecnico è davvero pregevole, animazioni in media buone, disegni anch'essi ottimi, insomma un comparto tecnico di tutto rispetto. Una nota va alle musiche, le opening e le ending sono tutte ottime, la terza opening soprattutto, ma ciò che mi ha stupito da appassionato di musica classica è che tutta la colonna sonora è presa dalle sinfonie dei più grandi autori, Wagner, Beethoven e Mahler, per esempio alla fine dell'ultimo episodio, l'ultima colonna sonora è la splendida decima sinfonia di Mahler, ho apprezzato moltissimo questo particolare che dà ancora più lustro alla serie.
Attenzione questa parte contiene spoiler
6)Considerazioni personali sulla serie e sul finale. Ed eccomi arrivato alla fine, ho le mani a pezzi, ma ne è valsa la pena, ora dirò un po' cosa ne penso, soprattutto del finale. Allora, la serie l'ho apprezzato moltissimo, mi ha emozionato, non avevo mai visto nulla del genere e penso, sfortunatamente, che mai ne vedrò, potrò solo rimpiangere ma allo stesso tempo ricordare con gioia i due mesi circa in cui ho visto la serie. Parlando del finale, partono gli spoiler, mi è piaciuto, chi è sopravvissuto ha avuto il finale che meritava, come Julian e Karin, mentre chi è morto lo ha fatto degnamente, come Reinhard e Oberstein. Penso che non scorderò mai le parole di Hilda agli ammiragli dopo la morte di Reinhard, brividi. Su Oberstein, ha fatto che la fine che voleva, con la morte ormai imminente del Kaiser probabilmente ha capito che il suo compito era terminato e ha mantenuto la parola data a Reinhard, quella che se necessario si sarebbe sacrificato per lui. La sua morte però mi ha colpito per le sue parole finali, mi è piaciuto che alla fine Oberstein abbia mostrato un minimo di umanità, la stessa che lui aveva sempre evitato e quasi temuto, probabilmente per via della sua condizione e delle ingiustizie subite fin dall'infanzia, mi è piaciuto davvero che abbia dedicato le sue ultime parole al proprio cane, forse il simbolo dell'umanità rimastagli. Rimarrà comunque il mio personaggio preferito della serie. Sulla scena finale, ho avuto i brividi quando Mittermeyer ha detto a Felix "Ma come, anche tu?", la serie chiude il cerchio con la mano verso la galassia, ricollegandosi all'ambizione di Reinhard e a quelle delle future generazioni, poetico. Chiudo la recensione ringraziando i lettori per il tempo speso a leggerla e li invito a guardare la serie non ve ne pentirete.
"La Leggenda è finita, la Storia ha inizio." Addio, Eroi Galattici.
"Legend of the Galactic Heroes", in italiano La leggenda degli Eroi Galattici, abbreviata spesso in LoGH, non è una serie che abbia bisogno di presentazioni da parte di un giovincello che l'ha vista nel 2022: è la più lunga serie OVA mai prodotta, ben 110 episodi, usciti nel corso di circa un decennio, dal 1988 al 1997. La serie ha la fama, meritata a mio parere, di essere la migliore space opera mai trasposta in animazione e in generale, evento mai verificatosi dall'inizio della storia umana credo, è opinione comune che questa serie sia una delle poche, se non l'unica, serie anime a meritarsi davvero di essere chiamata capolavoro, sono infatti pochissimi coloro che dopo aver visto la serie non hanno gridato al capolavoro. Io sicuramente, come si vede dal voto, sono tra coloro che ritengono LoGH un gioiello, sì, un capolavoro. Vorrei però, nella mia limitata intelligenza, esprimere i motivi del mio giudizio, sia per invogliare uno spettatore che vorrebbe approcciarsi a guardare la serie, sia per scatenare ciò che ribolle nel mio piccolo cranio da quando, poche ore fa, ho terminato la serie.
Come metodo per organizzare le informazioni (troppe!) che riempiono la mia mente dividerò la recensione in punti, sei per la precisione, che saranno:
1) Descrizione generale, dove parlerò delle caratteristiche generali della serie.
2) Trama, dove parlerò dell'intreccio, i tempi della narrazione e della sua solidità, oltre che a parlare della divisione in stagione, parlando brevemente di ognuna di esse.
3) Personaggi, sarà la parte più lunga della recensione, dove andrò a parlare dei vari personaggi, i più importanti, sennò le mie mani si scioglieranno pur giovani, descrivendoli e dicendo cosa penso di loro tramite argomentazioni.
4) Tematiche, dove andrò a parlare in generale degli spunti di riflessione che la serie genera.
5) Comparto tecnico, dove andrò a descrivere brevemente le animazioni e poi facendo un dovuto appunto riguardo le colonne sonore.
6) Considerazioni personali sulla serie e sul finale, dove concluderò la recensione scrivendo ciò che penso senza schemi, concentrandomi poi sui miei pensieri riguardo il finale, lì farò diversi spoiler.
1) Descrizione generale. Parlare di LoGH è difficile, ma cercherò di descriverlo nel modo migliore possibile: LoGH è un'opera unica nel suo genere, che senza vedere la serie sembra non voler dire nulla, ma LoGH è questo, un'opera inarrivabile da qualunque altra, perché frutto di un lavoro certosino di 10 anni e passa, dove in 110 episodi della durata di mezz'ora ognuno viene raccontata una vicenda che non riguarda dei semplici personaggi, ma personaggi che superano la loro condizione e trascendono diventando persone, che provano emozioni, ridono, piangono, che hanno le loro convinzioni e si comportano come un essere umano. Esatto, perché il centro di questa serie non sono gli scontri, non sono gli intrighi, non è la religione, ma è l'uomo, l'uomo stesso che poi dà origine alle cose dette sopra, ma che sono delle derivazioni dell'uomo, ciò che la serie vuole descrivere è l'uomo e per fare ciò ci mostra, quasi fosse uno specchio, le vicende di diversi uomini, delle loro virtù e dei loro vizi, di tutto che ciò che è umano insomma. Ogni personaggio ha la propria personalità, le proprie convinzioni, esperienze passate, che lo rendono il personaggio che noi osserviamo, ma la serie non prova mai, in nessun caso a fare distinzioni fra personaggi "buoni" e personaggi "cattivi", non ci prova nemmeno, perché, oltre che inutile, sarebbe un ostacolo, i personaggi sono neutri, ci sono alcuni che stanno più simpatici, altri meno, altri ancora che solo a vederli ti verrebbe di prenderli a legnate in faccia, ma la serie non osa mai, nemmeno una volta dare giudizi oggettivi. Questo è LoGH, un racconto di uomini che compiono azioni e che ne pagano le conseguenze ma che continuano, come ogni uomo, a combattere per ciò che credono, potranno essere uomini virtuosi, dei codardi, degli infami schifosi, ma questa è l'umanità, la serie ci mostra l'umanità senza filtri, perché la più grande forma d'arte esistente alla fin fine è proprio l'uomo. Questo è il primo punto, fondamentale, per capire cosa sia LOGH e credo che quello che ho scritto fosse il massimo di ciò che potessi scrivere per descrivere LoGH in modo generale, insomma centrando il punto focale su cui baserò i restanti punti.
2) Trama. La trama di LoGH non ha senso scriverla, è già scritta nero su pixel nella schermata iniziale della scheda della serie, comunque, brevemente, la serie narra le vicende di potenze in conflitto tra loro, l'Alleanza dei Pianeti Liberi e l'Impero Galattico, e in particolare di due comandanti Yang Wen-Li dell'Alleanza e Reinhard von Lohengramm dell'Impero, due uomini tanto diversi quanto simili nel genio, che provano un profondo rispetto l'uno per l'altro ma che devono lottare ognuno con le proprie motivazioni. A loro poi si aggiungono i vari personaggi che ruotano attorno ad entrambi, che compongono l'enorme cast. Questa era la trama in breve ma ora andiamo a parlarne: LoGH è diviso in quattro stagioni, ognuna svolge diverse funzioni, partendo dalla prima, l'introduzione all'universo della serie e che presenta i personaggi principali, forse la più debole ma necessaria, continuando con la seconda e la terza, che hanno funzioni simili, rappresentando il centro della storia e che contengono alcuni tra i punti più alti della serie, andando a terminare con la quarta e ultima stagione, che conclude la serie in modo più che degno. La grandezza nella trama di LoGH è la meticolosità con cui essa è scritta, non ci sono buchi di trama, cose buttate a caso o qualunque altro difetto evidente che può esserci in una scrittura, in 110 episodi, sfruttati benissimo, viene a formarsi un intreccio solido che va pian piano in crescendo sfociando nella terza e quarta stagione, dove la maestosità della narrazione non può che causare una gioia immensa per ciò a cui si sta assistendo e allo stesso tempo una tristezza immane sapendo che non si vedranno mai più cose simili. Altro elemento pregevole è l'aver riservato interi episodi alla descrizione storica del passato dell'universo di LoGH, da appassionato di storia mi sono dovuto levare il cappello, perché non avevo mai una serie animata che si basasse su fondamenta storiche così accurate e ben descritte. Ultima cosa da notare è sempre la somiglianza tra l'Alleanza e i nostri USA e tra l'Impero e il secondo Reich tedesco finito nel secolo scorso, davvero delle belle chicche per gli appassionati di storia.
3) Personaggi. Ed eccoci arrivati al punto dove scriverò di più, ovviamente tratterò solo dei principali, su alcuni non mi potrò soffermare, ma parto con il dire che anche quelli di cui non parlerò sono personaggi pregevoli, umani anche loro e che non si meritano di essere disdegnati ma sfortunatamente non posso parlare di tutti. Allora, si parte dal fronte imperiale, ovviamente con il nostro caro "moccioso biondo", il giovane e ambizioso Reinhard von Lohengramm. Reinhard è un personaggio difficile da giudicare, inizialmente egli sembra freddo e maturo, ma accompagnato da una grande gentilezza, questi elementi che sembrano contrastare sono spiegati dalla sua infanzia, segnata dalla vendita della sorella Annerose da parte del padre come concubina del Kaiser Friedrich IV, Reinhard, molto legato alla sorella, dedicherà la sua giovinezza a liberarla, scalando i gradi nell'esercito per poter distruggere il corrotto impero della dinastia Goldenbaum. Reinhard può essere definito una grande fiamma, che brucia intensamente ma che propria per via della troppa intensità consuma la cera troppo velocemente, consumandolo dall'interno, l'ambizione di conquista di Reinhard, elemento che più lo caratterizza, non è che un modo per colmare il vuoto creatosi dopo la perdita delle persone a lui care, cosa che lo rende più che umano. Insomma, un degno protagonista, su cui ci sarebbe molto altro da dire ma credo di aver detto il necessario. Spostiamoci poi sull'angelo custode di Reinhard, il suo migliore amico Siegfried Kircheis. Sieg, così chiamato da Annerose, rappresenta la coscienza di Reinhard, fungendo da amico e consigliere del biondo, a cui è totalmente devoto ma che non esita a criticare quando sbaglia. Nonostante egli appaia poco, qui è difficile dirlo senza fare spoiler, rimane una presenza costante nella serie, vegliando su Reinhard durante tutta la sua vita, un ottimo personaggio, cavalleresco al punto giusto ma che riesce a sfondare lo schermo nella sua bontà, il finale della prima stagione rimane impresso. Se Sieg era la luce di Reinhard, allora Paul von Oberstein ne è l'ombra. Oberstein è un personaggio controverso, probabilmente il più misterioso dell'intera serie, e, lo dico fin da ora, è il mio personaggio preferito della serie. Oberstein, detto anche l'uomo dagli occhi artificiali, funge da consigliere di Reinhard, ma, al contrario di Sieg, non si trattiene nel consigliare piani spregiudicati, Oberstein è un uomo per cui il fine giustifica i mezzi e per lui la ragione di stato viene prima di ogni cosa, per questo è l'uomo più odiato dell'impero, dato che, tranne il suo fidato segretario Fellner, tutti gli altri ammiragli hanno come sogno segreto quello di ballare sulla sua tomba. Uomo freddissimo e apparentemente privo di qualunque umanità, Oberstein è però un personaggio molto più complesso di così, risultando uno dei personaggi migliori della serie, di lui poi parlerò anche nel punto sei dove farò qualche doveroso spoiler. Andando avanti troviamo le stelle gemelle, l'affabile Wolfgang Mittermeyer e l'ambiguo Oskar von Reuenthal. Mittermeyer, soprannominato Lupo della Tempesta, rappresenta il classico uomo medio, sposato, molto serio sul lavoro, profondamente devoto al suo Kaiser Reinhard, Mittermeyer è un personaggio apprezzabile sia nella sua lealtà verso i suoi amici sia nel rispetto verso i suoi nemici, insomma, un uomo onorevole d'altri tempi, la sua amicizia con Reuenthal poi è tra gli elementi migliori della serie. Reuenthal, detto anche Occhi ammalianti per via della loro eterocromia, è invece tutt'altro che un uomo medio, frutto di una relazione extraconiugale della madre, Reuenthal durante la serie compie un grande percorso, ponendosi varie domande sulla sua esistenza e maturando una grande ambizione, nonostante sia stato lui il primo ufficiale, escluso Sieg, a unirsi a Reinhard, che lo porta infine a ribellarsi al suo Kaiser. E' uno dei personaggi più complessi della serie, nonché uno dei miei preferiti, penso che la puntata 98 "Requiem senza fine" porti Reuenthal nell'Olimpo dei personaggi, davvero eccelso. Sugli altri ammiragli, come Muller, Bittenfeld, Mecklinger,ecc non posso dilungarmi, ma sono tutti nomi difficilmente dimenticabili, perché pur con un ruolo minore riescono a lasciare anche loro il segno. Passiamo quindi dalla parte dell'Alleanza, dove il primo è ovviamente il protagonista, il sempre pigro Yang Wen-Li. Yang è, senza tanti giri di parole, la rappresentazione della grandezza della serie, il personaggio più umano della serie, apparentemente pigro ma in realtà sveglissimo, Yang voleva fare altro nella vita, voleva diventare uno storico, ma le circostanze lo portarono a diventare un soldato per guadagnarsi da vivere, cosa di cui si pente fin dall'inizio, poiché, nonostante sembri un pigrone sfaccendato, egli è probabilmente la mente più brillante della sua epoca, l'unico che capisce la stupidità della guerra ma che, ironia della sorte, diventa ben presto uno dei più grandi strateghi dell'Alleanza, venendo attanagliato per tutta la vita dal rimorso delle persone morte sia per lui che contro di lui. Yang è come un vecchio amico che incontri ogni tanto, che ti comincia a parlare e tu vorresti non smettesse più, lodando il cielo solo per averti permesso codesto privilegio, mentre lui, sentendo ciò, si imbarazzerebbe, perché troppo umile. Questo solo per farvi capire la grandezza di Yang Wen-Li, senza di lui LoGH non sarebbe stato LoGH. Superando il grande Yang troviamo il suo allievo e figlio adottivo, il buon Julian Mintz, giovane che assiste in prima linea alla grandezza di Yang e che ne diventa poi il successore spirituale, cercando di fare il possibile per cercare di non sfigurare di fronte all'immensità del suo predecessore ma allo stesso tempo facendo ciò che solo lui sa fare, ottimo personaggio. Dopo di lui c'è il trio della risata, ovvero i tre personaggi più simpatici della serie, il mitico Walter von Schönkopf, il rivoluzionario Dusty Attemborough e il leggendario Oliver Poplin. Il primo è un uomo tutto d'un pezzo, comandante della Rosen Ritter e braccio destro di Yang prima e di Julian poi, amante delle belle donne, ha un passato travagliato, che accetta con serenità. È uno dei personaggi a cui ci si affeziona di più. Il secondo è invece un giovane scanzonato, sempre autoironico, grande condottiero, anche se non si direbbe, anche a lui è facile affezionarsi. Il terzo infine è la simpatia per eccellenza, Poplin è semplicemente fantastico, porta allegria ovunque e senza di lui la serie non sarebbe la stessa. Passiamo poi all'uomo più odiato da tutti gli spettatori, Job Trunicht, il presidente dell'Alleanza, caratterizzato da opportunismo e faccia tosta. Trunicht è, semplicemente, un uomo che desidera potere, paragonato da Reuenthal a una sanguisuga, sfrutta al massimo qualunque situazione o stato per il proprio interesse, è uno che solo vederlo fa venire voglia di prenderlo a sberle per ore, ma la rivelazione nel finale della serie lascia diverse enigmi sulla sua figura, anche se io credo che facesse tutto sempre per interesse personale. Si arriva infine ai due vecchi pilastri, il fiero Alexander Bucock e lo stoico Willibald Joachim von Merkatz. Il primo è la rappresentazione dei valori democratici, un vecchietto pieno di saggezza che funge da mentore spirituale a Yang, il suo commiato con il brindisi alla democrazia mi rimarrà sempre impresso. Merkatz invece è un'altra figura poco appariscente, più defilata, ma è anche il più devoto alla dinastia Goldenbaum, fuggendo nell'Alleanza per non sottomettersi a Reinhard, è uno dei più grandi ammiragli sotto Yang, rappresenta il militare vecchio stile di poche parole, molto bello il suo rapporto con il suo braccio destro Schneider. Arrivati alla fine devo fare menzione di Adrian Rubinsky, il capo di Phezzan, uomo che passa tutta la serie a complottare insieme alla bella Dominique e che mette la sua longa manus in quasi tutti gli avvenimenti della serie. Lo scopo di Rubinsky è il potere, per ottenerlo sfida il Kaiser in una guerra di sotterfugi, ma la fine di questo scontro sarà molto deludente, dimostrando nuovamente l'imprevedibilità della vita. Ho scritto fin troppo, ma era necessario, ora si va più spediti.
4) Tematiche. LoGH apre tante riflessioni, soprattutto politiche, una delle principali è sicuramente lo scontro tra democrazia e autocrazia, andando quasi a riprendere la frase del nostro ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini “È meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature”, ma senza dare una risposta definitiva, entrambe le forme di governo hanno i loro pregi e difetti, ma nell'esempio di Rudolph von Goldenbaum la peggiore delle democrazie spinge il popolo a desiderare la dittatura per sconfiggere la corruzione, argomento usato da Reinhard. Yang stesso, democratico convinto, non sarà mai così chiuso di mente da dire "la democrazia è bella, l'autocrazia è brutta" come Trunicht, riflettendo sempre sulle contraddizioni di queste forme di governo. L'estremismo causa sempre mali, da una parte abbiamo la guerra "sacra" di Trunicht contro l'autocrazia dove i cittadini vengono mandati a sacrificare la vita, dall'altra il regime dei Goldenbaum che usa i sudditi come fossero oggetti da usare a loro piacimento, il messaggio della serie è fin troppo attuale. Altra tematica è la religione, qui presente con il Culto della Terra, setta di squilibrati che vorrebbe rivitalizzare il dimenticato pianeta Terra, ma che non fa altro che sfruttare i propri adepti per ottenere il potere, in modo similare al cristianesimo nel tardo Impero romano, insomma, Marx direbbe "la religione è l'oppio dei popoli". Già solo questa breve parentesi fa capire quanto il livello di LoGH sia alto.
5) Comparto tecnico. Ho poco da dire, il comparto tecnico è davvero pregevole, animazioni in media buone, disegni anch'essi ottimi, insomma un comparto tecnico di tutto rispetto. Una nota va alle musiche, le opening e le ending sono tutte ottime, la terza opening soprattutto, ma ciò che mi ha stupito da appassionato di musica classica è che tutta la colonna sonora è presa dalle sinfonie dei più grandi autori, Wagner, Beethoven e Mahler, per esempio alla fine dell'ultimo episodio, l'ultima colonna sonora è la splendida decima sinfonia di Mahler, ho apprezzato moltissimo questo particolare che dà ancora più lustro alla serie.
Attenzione questa parte contiene spoiler
6)Considerazioni personali sulla serie e sul finale. Ed eccomi arrivato alla fine, ho le mani a pezzi, ma ne è valsa la pena, ora dirò un po' cosa ne penso, soprattutto del finale. Allora, la serie l'ho apprezzato moltissimo, mi ha emozionato, non avevo mai visto nulla del genere e penso, sfortunatamente, che mai ne vedrò, potrò solo rimpiangere ma allo stesso tempo ricordare con gioia i due mesi circa in cui ho visto la serie. Parlando del finale, partono gli spoiler, mi è piaciuto, chi è sopravvissuto ha avuto il finale che meritava, come Julian e Karin, mentre chi è morto lo ha fatto degnamente, come Reinhard e Oberstein. Penso che non scorderò mai le parole di Hilda agli ammiragli dopo la morte di Reinhard, brividi. Su Oberstein, ha fatto che la fine che voleva, con la morte ormai imminente del Kaiser probabilmente ha capito che il suo compito era terminato e ha mantenuto la parola data a Reinhard, quella che se necessario si sarebbe sacrificato per lui. La sua morte però mi ha colpito per le sue parole finali, mi è piaciuto che alla fine Oberstein abbia mostrato un minimo di umanità, la stessa che lui aveva sempre evitato e quasi temuto, probabilmente per via della sua condizione e delle ingiustizie subite fin dall'infanzia, mi è piaciuto davvero che abbia dedicato le sue ultime parole al proprio cane, forse il simbolo dell'umanità rimastagli. Rimarrà comunque il mio personaggio preferito della serie. Sulla scena finale, ho avuto i brividi quando Mittermeyer ha detto a Felix "Ma come, anche tu?", la serie chiude il cerchio con la mano verso la galassia, ricollegandosi all'ambizione di Reinhard e a quelle delle future generazioni, poetico. Chiudo la recensione ringraziando i lettori per il tempo speso a leggerla e li invito a guardare la serie non ve ne pentirete.
"La Leggenda è finita, la Storia ha inizio." Addio, Eroi Galattici.
"Legend of the Galactic Heroes", ossia la migliore serie animata di sempre!
O almeno, questo è quello che leggevo e sentivo dire in giro... Da parte mia, che di indole sono un incredulo, impregnato fino al midollo di uno scetticismo asettico e di ghiaccio, ho sempre dato poco credito ad affermazioni tanto faziose ed iperboliche.
Sentire affermazioni come 'migliore di sempre' suona sempre un poco afono alle mie orecchie, e puzza di gabinetto otturato. Frutto di un giovanilistico entusiasmo, (così mi dicevo), questi discorsi mi parevano più adatti ad una tifoseria da stadio che ad un'onesta e severa critica. Mi dicevo che avrei di certo trovato qualcuno che era 'contro', ma più cercavo di ottenere informazioni più vedevo che erano tutti concordi non solo sul fatto che questa fosse una delle migliori serie animate di sempre, se non la migliore in assoluto, ma soprattutto una delle opere d'arte audiovisive più belle e complete nella storia di questa tipologia di intrattenimento.
Ecco: questo mi ha particolarmente stupito!
Perché se è vero che esistono folte schiere di appassionati disposti a difendere a spada levata la loro opera preferita, definendola la migliore in assoluto e riuscendo anche ad argomentare in maniera convincente e sapiente questa loro affermazione, è vero anche che questi si devono poi quotidianamente confrontare con quelli a cui la loro opera preferita non piace, o che semplicemente non la ritengono un capolavoro, che portano anch'essi delle argomentazioni convincenti e motivate. (Ed io, che come serie d'animazione preferita ho "Neon Genesis Evangelion", so bene di cosa sto parlando). Ma questo è assolutamente giusto e naturale: tutte le opere d'arte hanno dei detrattori: ognuno percepisce le cose a suo modo e le giudica, le interpreta secondo la sua personale sensibilità. Dissentire, appunto, è sacrosanto e inoppugnabile.
Bene: per "Legend of the Galactic Heroes" non era così, tutti erano d'accordo e io non capivo perché...!
Sono partito così pieno di malignità e cattive intenzioni, che quando ho iniziato a vedere questa serie, e ho visto le prime due puntate, mi sono detto: "Lo sapevo, lo sapevo che hanno esagerato a parlare così bene di te! Ti ho stanato!" Poi le puntate sono diventate dieci, venti, trenta, quaranta. E più andavo avanti più vedevo crollare, miseramente aggiungerei, quella mia caparbia ostinazione a voler trovare a tutti i costi un difetto o semplicemente qualcosa da ridire. Insomma, più andavo avanti, più capivo di star perdendo quella mia stupida battaglia: che io stavo perdendo e "Legend of the Galactic Heroes" stava vincendo, e non di poco. Così, senza aver trovato niente di brutto da dire, sono arrivato alle ultime puntate, che ho divorato con ingordigia, ricolmo com'ero di emozione. Sono arrivato poc'anzi alla fine e mi sono reso conto che devo tirare le somme.
E niente, in realtà ho poco da dire...
È decisamente la migliore serie animata di sempre! È piena zeppa di difetti, indubitabilmente, ma proprio per questa ragione credo si possa definire la migliore: è quella più umana. O almeno, è la migliore per me...!
La perfezione non è un qualcosa da raggiungere, ma qualcosa a cui tendere, qualcosa a cui ispirarsi, e "Legend of the Galactic Heroes" è tutt'altro che perfetto. Ma nonostante questo arriva al cuore dello spettatore con la forza di un fiume in piena e lo travolge completamente, disintegrando le sue più granitiche convinzioni ed educandolo a grandi valori come coraggio, lealtà, rispetto e bontà. Non ho mai visto niente di simile e non pensavo si potesse fare niente di simile. Per quanto mi riguarda non riesco a dire altro.
Di questa serie non riesco a parlare e per lungo tempo mi sono domandato perché. La risposta che mi sono dato è questa, cioè che l'arte, la vera arte, è intestimoniabile. Nessuno è in grado di raccontare, di testimoniare, ciò che ha visto, poiché quello da cui è stato 'posseduto' di per sé è incomunicabile, va oltre ciò che possiamo esprimere, trascende l'esperienza.
"Legend of the Galactic Heroes" per me è questo: incomunicabile e intestimoniabile.
Non posso, non so parlarne. Deve essere visto.
Questa non è una recensione, me rendo bene conto, ma su questo sito ne troverete di ottime ed esplicative.
La mia è più una riflessione, che ho fatto in primo luogo perché mi andava e in secondo luogo, ma non meno importante, perché vedere il voto di questa serie al di sotto del nove è, per quanto mi riguarda, una pagliacciata. Per cui, volevo contribuire anche io affinché questa cosa cambiasse.
Grazie per la vostra attenzione e, mi raccomando, a tutti quelli che non l'hanno ancora vista: per favore, fatelo! Sarà senza dubbio una delle esperienze più belle ed emozionanti della vostra vita. La serie è peraltro facilmente reperibile sottotitolata in italiano.
O almeno, questo è quello che leggevo e sentivo dire in giro... Da parte mia, che di indole sono un incredulo, impregnato fino al midollo di uno scetticismo asettico e di ghiaccio, ho sempre dato poco credito ad affermazioni tanto faziose ed iperboliche.
Sentire affermazioni come 'migliore di sempre' suona sempre un poco afono alle mie orecchie, e puzza di gabinetto otturato. Frutto di un giovanilistico entusiasmo, (così mi dicevo), questi discorsi mi parevano più adatti ad una tifoseria da stadio che ad un'onesta e severa critica. Mi dicevo che avrei di certo trovato qualcuno che era 'contro', ma più cercavo di ottenere informazioni più vedevo che erano tutti concordi non solo sul fatto che questa fosse una delle migliori serie animate di sempre, se non la migliore in assoluto, ma soprattutto una delle opere d'arte audiovisive più belle e complete nella storia di questa tipologia di intrattenimento.
Ecco: questo mi ha particolarmente stupito!
Perché se è vero che esistono folte schiere di appassionati disposti a difendere a spada levata la loro opera preferita, definendola la migliore in assoluto e riuscendo anche ad argomentare in maniera convincente e sapiente questa loro affermazione, è vero anche che questi si devono poi quotidianamente confrontare con quelli a cui la loro opera preferita non piace, o che semplicemente non la ritengono un capolavoro, che portano anch'essi delle argomentazioni convincenti e motivate. (Ed io, che come serie d'animazione preferita ho "Neon Genesis Evangelion", so bene di cosa sto parlando). Ma questo è assolutamente giusto e naturale: tutte le opere d'arte hanno dei detrattori: ognuno percepisce le cose a suo modo e le giudica, le interpreta secondo la sua personale sensibilità. Dissentire, appunto, è sacrosanto e inoppugnabile.
Bene: per "Legend of the Galactic Heroes" non era così, tutti erano d'accordo e io non capivo perché...!
Sono partito così pieno di malignità e cattive intenzioni, che quando ho iniziato a vedere questa serie, e ho visto le prime due puntate, mi sono detto: "Lo sapevo, lo sapevo che hanno esagerato a parlare così bene di te! Ti ho stanato!" Poi le puntate sono diventate dieci, venti, trenta, quaranta. E più andavo avanti più vedevo crollare, miseramente aggiungerei, quella mia caparbia ostinazione a voler trovare a tutti i costi un difetto o semplicemente qualcosa da ridire. Insomma, più andavo avanti, più capivo di star perdendo quella mia stupida battaglia: che io stavo perdendo e "Legend of the Galactic Heroes" stava vincendo, e non di poco. Così, senza aver trovato niente di brutto da dire, sono arrivato alle ultime puntate, che ho divorato con ingordigia, ricolmo com'ero di emozione. Sono arrivato poc'anzi alla fine e mi sono reso conto che devo tirare le somme.
E niente, in realtà ho poco da dire...
È decisamente la migliore serie animata di sempre! È piena zeppa di difetti, indubitabilmente, ma proprio per questa ragione credo si possa definire la migliore: è quella più umana. O almeno, è la migliore per me...!
La perfezione non è un qualcosa da raggiungere, ma qualcosa a cui tendere, qualcosa a cui ispirarsi, e "Legend of the Galactic Heroes" è tutt'altro che perfetto. Ma nonostante questo arriva al cuore dello spettatore con la forza di un fiume in piena e lo travolge completamente, disintegrando le sue più granitiche convinzioni ed educandolo a grandi valori come coraggio, lealtà, rispetto e bontà. Non ho mai visto niente di simile e non pensavo si potesse fare niente di simile. Per quanto mi riguarda non riesco a dire altro.
Di questa serie non riesco a parlare e per lungo tempo mi sono domandato perché. La risposta che mi sono dato è questa, cioè che l'arte, la vera arte, è intestimoniabile. Nessuno è in grado di raccontare, di testimoniare, ciò che ha visto, poiché quello da cui è stato 'posseduto' di per sé è incomunicabile, va oltre ciò che possiamo esprimere, trascende l'esperienza.
"Legend of the Galactic Heroes" per me è questo: incomunicabile e intestimoniabile.
Non posso, non so parlarne. Deve essere visto.
Questa non è una recensione, me rendo bene conto, ma su questo sito ne troverete di ottime ed esplicative.
La mia è più una riflessione, che ho fatto in primo luogo perché mi andava e in secondo luogo, ma non meno importante, perché vedere il voto di questa serie al di sotto del nove è, per quanto mi riguarda, una pagliacciata. Per cui, volevo contribuire anche io affinché questa cosa cambiasse.
Grazie per la vostra attenzione e, mi raccomando, a tutti quelli che non l'hanno ancora vista: per favore, fatelo! Sarà senza dubbio una delle esperienze più belle ed emozionanti della vostra vita. La serie è peraltro facilmente reperibile sottotitolata in italiano.
Pertini ha detto "È meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature", ma Yoshiki Tanaka scrivendo "Legend of the Galactic Heroes" sembra proprio volere mettere alla prova questa massima.
Questa lunga serie OAV è ambientata 1000 anni avanti nel futuro e vede metà della galassia sotto il controllo di un assolutismo imperiale, e l'altra metà sotto il controllo dell'alleanza dei pianeti liberi.
Mentre l'impero intravede davanti a sé una svolta riformista grazie alla leadership naturale e alle grandi imprese militari del geniale quanto ambizioso ammiraglio Reinhard Von Lohengramm, la democrazia nell'alleanza dei pianeti liberi si fa sempre più corrotta e degenerata, i suoi politici diventano sempre più affaristi e i suoi militari sempre più guerrafondai, fra questi vi è però un eccezione: il pigro Commodoro Yang Weng-Li il cui sogno è smettere di combattere il prima possibile per godersi una pensione anticipata e studiare la Storia.
La galassia sarà destinata ad essere profondamente cambiata da questi due uomini, opposti fra loro come il giorno e la notte: il bellicoso stratega imperiale e l'anticonformista tattico repubblicano.
Non è una fantascienza futuribile quella di "Legend Of The Galactic Heores", al secolo detto LoGH. Se escludiamo le astronavi da guerra, l'alleanza è ferma agli anni'80 del novecento mentre l'impero appare per moda e per mentalità come una copia sputata della Prussia ottocentesca. Ciò in cui l'autore manca in fatto di nuove tecnologie ed immaginazione del futuro, lo compensa però ampiamente con una abnorme conoscenza storica da cui trae spunto per le sue battaglie e le situazioni politiche che non lesinerà di analizzare e discutere. Questi elementi uniti fra loro mi hanno fatto subito accostare durante i primi episodi, il famoso LoGH all'ancora più noto "Guerra & Pace".
Nulla di più sbagliato, poiché la struttura di LoGH è del tutto differente da quella di un'opera narrativa incentrata sul punto di vista dei personaggi e strutturata secondo gli stilemi del protagonista, l'antagonista, la prova da superare e via dicendo. Approfondendo la serie OAV e il suo world building sempre più dettagliato, la storia risulterà narrata come fosse la guerra civile romana o il periodo napoleonico. Non intendo un romanzo su quelle vicende, ma proprio quelle storie stesse. L'approccio unico di LoGH è infatti quello di trattare la trama in modo storiografico. Gli imprevisti sempre dietro l'angolo, i grandi piani rimandati o resi inutili da vicende casuali, gli "effetti butterfly", le vite e le morti anticlimatiche donano infatti a questa serie una veridicità complessiva unica nel suo genere.
Se la trama orizzontale è di tipo storiografico, i singoli episodi avranno invece un piglio più narrativo, facendoci apprezzare e conoscere i personaggi, ma contribuendo ogni volta a costruire la grande storia principale. LoGH è infatti a dispetto dei suoi 110 episodi quasi privo di filler e se il diavolo è nei dettagli, lo è anche il genio dell'autore e del regista che inseriscono e richiamano spesso una marea di dettagli rinforzando sia la verosomiglianza delle vicende, sia la caratterizzazione dei personaggi.
L'anime è piuttosto vecchio essendo stato animato fra il 1988 ed il 1997 tuttavia, sebbene le parti action all'arma bianca siano notevolmente invecchiate, la parte più corposa e brillante, quella dei dialoghi, può avvalersi di un chara design che è ancora oggi fra i più ricercati, ogni personaggio è infatti perfettamente riconoscibile e unico. L'età dell'opera ha anche reso possibile che alla regia ci fosse uno dei più grandi esperti di animazione fantascientifica, Noboru Ishiguro, già regista dei blasonati "Macross" e "Corazzata Yamato".
L'età dell'opera ha però impedito la partecipazione del compositore Sawano come è invece successo nel suo recente remake, ed è un peccato perché le opening ed ending sono qui purtroppo quasi tutte dimenticabili, unico difetto veniale che viene però ampiamente compensato con una selezione OST di musica classica tedesca, e quando migliaia di navi spaziali si scontrano simultaneamente per decidere se l'universo deve essere governato dall'autocrazia o dalla repubblica, in sottofondo non c'è nulla più adatto di Wagner!
Questa lunga serie OAV è ambientata 1000 anni avanti nel futuro e vede metà della galassia sotto il controllo di un assolutismo imperiale, e l'altra metà sotto il controllo dell'alleanza dei pianeti liberi.
Mentre l'impero intravede davanti a sé una svolta riformista grazie alla leadership naturale e alle grandi imprese militari del geniale quanto ambizioso ammiraglio Reinhard Von Lohengramm, la democrazia nell'alleanza dei pianeti liberi si fa sempre più corrotta e degenerata, i suoi politici diventano sempre più affaristi e i suoi militari sempre più guerrafondai, fra questi vi è però un eccezione: il pigro Commodoro Yang Weng-Li il cui sogno è smettere di combattere il prima possibile per godersi una pensione anticipata e studiare la Storia.
La galassia sarà destinata ad essere profondamente cambiata da questi due uomini, opposti fra loro come il giorno e la notte: il bellicoso stratega imperiale e l'anticonformista tattico repubblicano.
Non è una fantascienza futuribile quella di "Legend Of The Galactic Heores", al secolo detto LoGH. Se escludiamo le astronavi da guerra, l'alleanza è ferma agli anni'80 del novecento mentre l'impero appare per moda e per mentalità come una copia sputata della Prussia ottocentesca. Ciò in cui l'autore manca in fatto di nuove tecnologie ed immaginazione del futuro, lo compensa però ampiamente con una abnorme conoscenza storica da cui trae spunto per le sue battaglie e le situazioni politiche che non lesinerà di analizzare e discutere. Questi elementi uniti fra loro mi hanno fatto subito accostare durante i primi episodi, il famoso LoGH all'ancora più noto "Guerra & Pace".
Nulla di più sbagliato, poiché la struttura di LoGH è del tutto differente da quella di un'opera narrativa incentrata sul punto di vista dei personaggi e strutturata secondo gli stilemi del protagonista, l'antagonista, la prova da superare e via dicendo. Approfondendo la serie OAV e il suo world building sempre più dettagliato, la storia risulterà narrata come fosse la guerra civile romana o il periodo napoleonico. Non intendo un romanzo su quelle vicende, ma proprio quelle storie stesse. L'approccio unico di LoGH è infatti quello di trattare la trama in modo storiografico. Gli imprevisti sempre dietro l'angolo, i grandi piani rimandati o resi inutili da vicende casuali, gli "effetti butterfly", le vite e le morti anticlimatiche donano infatti a questa serie una veridicità complessiva unica nel suo genere.
Se la trama orizzontale è di tipo storiografico, i singoli episodi avranno invece un piglio più narrativo, facendoci apprezzare e conoscere i personaggi, ma contribuendo ogni volta a costruire la grande storia principale. LoGH è infatti a dispetto dei suoi 110 episodi quasi privo di filler e se il diavolo è nei dettagli, lo è anche il genio dell'autore e del regista che inseriscono e richiamano spesso una marea di dettagli rinforzando sia la verosomiglianza delle vicende, sia la caratterizzazione dei personaggi.
L'anime è piuttosto vecchio essendo stato animato fra il 1988 ed il 1997 tuttavia, sebbene le parti action all'arma bianca siano notevolmente invecchiate, la parte più corposa e brillante, quella dei dialoghi, può avvalersi di un chara design che è ancora oggi fra i più ricercati, ogni personaggio è infatti perfettamente riconoscibile e unico. L'età dell'opera ha anche reso possibile che alla regia ci fosse uno dei più grandi esperti di animazione fantascientifica, Noboru Ishiguro, già regista dei blasonati "Macross" e "Corazzata Yamato".
L'età dell'opera ha però impedito la partecipazione del compositore Sawano come è invece successo nel suo recente remake, ed è un peccato perché le opening ed ending sono qui purtroppo quasi tutte dimenticabili, unico difetto veniale che viene però ampiamente compensato con una selezione OST di musica classica tedesca, e quando migliaia di navi spaziali si scontrano simultaneamente per decidere se l'universo deve essere governato dall'autocrazia o dalla repubblica, in sottofondo non c'è nulla più adatto di Wagner!
Sono lurker in questo sito da un po’ e ho deciso di registrarmi quando ho visto che la valutazione media di quest’opera era inferiore a 9. Seriamente, non si può proprio vedere un voto inferiore a 9 per "Legend of the Galactic Heroes". È una serie bellissima, che incanta, fa riflettere e ti trasporta nel suo mondo per 110 episodi che non annoiano mai, anzi, alla fine ti dispiace che sia finita e vorresti vederne ancora.
Altri si sono espressi con più competenza e profondità di quanto potrei fare io e non starò qui a ripetere cose già dette, ma davvero, se solo masticate un po’ di inglese, datele una possibilità. L’unico problema di questa serie, infatti, è che non è disponibile per intero in sub ita. Forse, leggendo le altre recensioni, vi siete intimiditi e avete pensato che è una serie pesante, fatta solo per un certo tipo di spettatori, ma vi assicuro che non è così. È vero che tratta di argomenti seri, come la filosofia politica, la storia e l’etica in generale, ma il modo in cui si approccia a queste tematiche è accessibile a tutti, non richiede affatto uno sforzo immane da parte dello spettatore. Al contrario, il coinvolgimento è naturale, perché ci viene dall’empatia con i personaggi: sono loro a farsi tutte le domande sulla politica, su cosa sia giusto o sbagliato, e noi ce le facciamo insieme a loro, perché non sono domande campate in aria, messe lì giusto per fare i fighi, ma sono profondamente legate alle situazioni che i personaggi si trovano a vivere.
E i personaggi sono la cosa più bella di quest’anime. Ammetto di essere una spettatrice immatura (nonostante l’età che avanza) e di preferire un approccio “bovariano” di immedesimazione a uno più distaccato, di analisi razionale. Quindi lo dico chiaro e tondo: sono una fangirl (vabbe’, più fan che girl) di Yang Wen Li, che è diventato all’istante il mio personaggio anime preferito (surclassando persino Capitan Harlock) e uno dei personaggi preferiti in assoluto, contando anche romanzi, opere teatrali e via dicendo: intelligente, umano, anarchico e con un senso dell’umorismo presente anche (anzi, soprattutto) nelle situazioni più disperate. Come se l’autore avesse mischiato Ulisse ed Ettore insieme, mettendoci anche un pizzico di autoironia e una visione politica radicale. Insomma, una meraviglia. E anche se è vero, come altri hanno detto, che l’autore non prende le parti di nessuno dei due principali contendenti, non vi nascondo che io ho fatto un tifo sfegatato per Yang e il suo gruppo. Come vedete, quindi, ci si può godere quest’anime in molti modi, non solo quello “giusto” dell’analisi razionale e del restare al di sopra delle parti.
Ma mettendo da parte il fangirlismo (o forse sarebbe meglio dire fangrannismo), cercherò di metterci un minimo di analisi razionale in questa mia recensione. È indubbio che il tema centrale sia la “rivalità” fra i due principali eroi della galassia: Reinhardt von Lohengramm dell’Impero Galattico e Yang Wen Li dell’Alleanza dei Pianeti Liberi. Una rivalità perfetta, a mio modo di vedere. Infatti, i nostri due protagonisti non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro, avendo in comune solo la straordinaria intelligenza e il talento per la strategia e la tattica militare. Reinhardt è un visionario, ambizioso e idealista, con uno scopo nella vita e determinato a raggiungerlo con ogni mezzo; Yang, invece, sembra trovarsi lì quasi per caso e l’unica cosa che vorrebbe è andare in pensione, per potersi godere il suo tè col brandy (sempre più brandy, man mano che la storia prosegue e i morti aumentano) mentre scrive libri di storia. I due rappresentano la parte migliore dei sistemi di governo per cui combattono: Reinhardt, un’autocrazia illuminata e rivoluzionaria, Yang, una democrazia pura, dove i diritti dell’individuo contano più del “bene della nazione”. Non pensate però che siano dei meri simulacri di idee astratte, perché niente potrebbe essere più lontano dalla verità: sono personaggi vivi e pieni di sfumature ed entrambi vanno incontro a dei cambiamenti (non necessariamente positivi) nel corso della serie, cambiamenti graduali e non lineari, con alti e bassi, proprio come nella vita. Reinhardt inizia forte e sicuro di sé e sembra che niente possa scalfire la sua certezza di essere nel giusto, ma lo aspettano decisioni tremende e avvenimenti tragici, che non mancheranno di avere un impatto su di lui, rischiando persino di abbatterlo del tutto. Yang è un pigrone, che per alzarsi dal letto ha bisogno del figlioccio che lo venga a chiamare, ed è restio a farsi coinvolgere in una guerra, ai suoi occhi, stupida, ma le circostanze lo spingeranno a prendersi sempre di più le sue responsabilità. Nessuno dei due è esente da difetti: Reinhardt è fin troppo deciso a raggiungere i suoi scopi e questo lo porta ad avere una moralità, diciamo, “flessibile”, mentre Yang è fin troppo aderente ai suoi principi e, qualche volta, sorge il sospetto che questo suo idealismo estremo sia un po’ una scusa per evitare di prendere decisioni difficili e assumersene la responsabilità (sospetto che non viene solo a me, ma anche ad altri personaggi e persino allo stesso Yang). Del resto, neanche i due sistemi di cui sono simbolo sono esenti da difetti: entrambe costruzioni umane, persino nella loro incarnazione migliore, l’autocrazia e la democrazia hanno entrambe dei limiti e Reinhardt e Yang incarnano alla perfezione anche questi limiti.
Mi piacerebbe parlare degli altri personaggi (Reuenthal, Oberstein, Shenkopp e mille altri), tutti carismatici e affascinanti, ma farei notte e poi sono anche più pigra di Yang, quindi lascio perdere. Guardatevi l’anime, così li conoscerete tutti. Tra l’altro, i personaggi non sono l’unico buon motivo per guardare quest’anime: la storia è bellissima e articolata, la recitazione dei doppiatori giapponesi è magnifica (tra l’altro, c’è un cast incredibile; praticamente, se eri maschio e facevi il doppiatore in quegli anni, di sicuro ti capitava di dare voce a un personaggio di LOGH), le musiche meravigliose, le domande che la serie ti porta a farti sulla società e sul nostro modo di vivere la politica sono stimolanti e quanto mai attuali e urgenti, alcune delle strategie militari le ho trovate geniali (ho adorato quella del buco nero, ma ammetto di non essere un’esperta di strategia militare, anche se la trovo interessante). Per gli amanti della spettacolarità, ci sono scontri corpo a corpo a colpi di ascia da guerra e persino una battaglia in cui si scontrano due fortezze spaziali: come se in "Star Wars" ci fosse stata un’altra Morte Nera e si fossero scontrate fra di loro! Una figata pazzesca! Ci sono matrimoni, nascite, morti, balli di corte, persone che vengono giustiziate costringendole a bere vino avvelenato, intrighi, sette segrete, lealtà e tradimenti. È una storia che vi farà esaltare, riflettere e commuovere, tutto alle dosi giuste e senza mai esagerare. Soprattutto, è una storia che vi stupirà sempre, perché non è affatto prevedibile. Insomma, non avete scuse, è impossibile che non ci troviate qualcosa che vi piaccia!
Qualche piccolo difettuccio ce l’ha: il narratore parla troppo ed essendo stata animata da studi diversi, ci sono episodi con una grafica bellissima e altri un po’ meno. Ma sono davvero inezie, che non intaccano minimamente la bellezza dell’opera.
Concludo con qualche consiglio sulla modalità di visione. Personalmente, ho visto prima il film "My conquest is the sea of stars", il prologo della serie, poi "Ouverture to a new battle", rifacimento più approfondito e con migliore grafica dei primi due episodi, poi ho cominciato la serie partendo dal terzo episodio (i primi due li ho poi visti in seguito, per curiosità). Mi sono trovata bene in questo modo, ma il secondo film non è strettamente necessario (anche se a me è piaciuto molto), quindi va bene anche se vi guardate solo "My conquest is the sea of stars" e poi cominciate dal primo episodio. Il prologo però guardatelo, perché è un’ottima introduzione alla serie, ai personaggi e all’atmosfera che si respirerà per tutto l’anime. Ma, soprattutto, la cosa più importante che dovete ricordarvi è di NON guardare MAI, per nessun motivo, le anticipazioni a fine episodio: sono spoilerose a bestia, una cosa assurda. Saltatevi proprio tutta la sigla finale, così andate sul sicuro.
Insomma, quest’anime è un vero capolavoro, che vi appassionerà e vi farà riflettere, mettendo in discussione tutte le vostre certezze sulla democrazia come unica forma di governo possibile e presentando tutte le ideologie e visioni del mondo come degne di rispetto, così come le persone che credono in esse e lottano per realizzarle.
Altri si sono espressi con più competenza e profondità di quanto potrei fare io e non starò qui a ripetere cose già dette, ma davvero, se solo masticate un po’ di inglese, datele una possibilità. L’unico problema di questa serie, infatti, è che non è disponibile per intero in sub ita. Forse, leggendo le altre recensioni, vi siete intimiditi e avete pensato che è una serie pesante, fatta solo per un certo tipo di spettatori, ma vi assicuro che non è così. È vero che tratta di argomenti seri, come la filosofia politica, la storia e l’etica in generale, ma il modo in cui si approccia a queste tematiche è accessibile a tutti, non richiede affatto uno sforzo immane da parte dello spettatore. Al contrario, il coinvolgimento è naturale, perché ci viene dall’empatia con i personaggi: sono loro a farsi tutte le domande sulla politica, su cosa sia giusto o sbagliato, e noi ce le facciamo insieme a loro, perché non sono domande campate in aria, messe lì giusto per fare i fighi, ma sono profondamente legate alle situazioni che i personaggi si trovano a vivere.
E i personaggi sono la cosa più bella di quest’anime. Ammetto di essere una spettatrice immatura (nonostante l’età che avanza) e di preferire un approccio “bovariano” di immedesimazione a uno più distaccato, di analisi razionale. Quindi lo dico chiaro e tondo: sono una fangirl (vabbe’, più fan che girl) di Yang Wen Li, che è diventato all’istante il mio personaggio anime preferito (surclassando persino Capitan Harlock) e uno dei personaggi preferiti in assoluto, contando anche romanzi, opere teatrali e via dicendo: intelligente, umano, anarchico e con un senso dell’umorismo presente anche (anzi, soprattutto) nelle situazioni più disperate. Come se l’autore avesse mischiato Ulisse ed Ettore insieme, mettendoci anche un pizzico di autoironia e una visione politica radicale. Insomma, una meraviglia. E anche se è vero, come altri hanno detto, che l’autore non prende le parti di nessuno dei due principali contendenti, non vi nascondo che io ho fatto un tifo sfegatato per Yang e il suo gruppo. Come vedete, quindi, ci si può godere quest’anime in molti modi, non solo quello “giusto” dell’analisi razionale e del restare al di sopra delle parti.
Ma mettendo da parte il fangirlismo (o forse sarebbe meglio dire fangrannismo), cercherò di metterci un minimo di analisi razionale in questa mia recensione. È indubbio che il tema centrale sia la “rivalità” fra i due principali eroi della galassia: Reinhardt von Lohengramm dell’Impero Galattico e Yang Wen Li dell’Alleanza dei Pianeti Liberi. Una rivalità perfetta, a mio modo di vedere. Infatti, i nostri due protagonisti non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro, avendo in comune solo la straordinaria intelligenza e il talento per la strategia e la tattica militare. Reinhardt è un visionario, ambizioso e idealista, con uno scopo nella vita e determinato a raggiungerlo con ogni mezzo; Yang, invece, sembra trovarsi lì quasi per caso e l’unica cosa che vorrebbe è andare in pensione, per potersi godere il suo tè col brandy (sempre più brandy, man mano che la storia prosegue e i morti aumentano) mentre scrive libri di storia. I due rappresentano la parte migliore dei sistemi di governo per cui combattono: Reinhardt, un’autocrazia illuminata e rivoluzionaria, Yang, una democrazia pura, dove i diritti dell’individuo contano più del “bene della nazione”. Non pensate però che siano dei meri simulacri di idee astratte, perché niente potrebbe essere più lontano dalla verità: sono personaggi vivi e pieni di sfumature ed entrambi vanno incontro a dei cambiamenti (non necessariamente positivi) nel corso della serie, cambiamenti graduali e non lineari, con alti e bassi, proprio come nella vita. Reinhardt inizia forte e sicuro di sé e sembra che niente possa scalfire la sua certezza di essere nel giusto, ma lo aspettano decisioni tremende e avvenimenti tragici, che non mancheranno di avere un impatto su di lui, rischiando persino di abbatterlo del tutto. Yang è un pigrone, che per alzarsi dal letto ha bisogno del figlioccio che lo venga a chiamare, ed è restio a farsi coinvolgere in una guerra, ai suoi occhi, stupida, ma le circostanze lo spingeranno a prendersi sempre di più le sue responsabilità. Nessuno dei due è esente da difetti: Reinhardt è fin troppo deciso a raggiungere i suoi scopi e questo lo porta ad avere una moralità, diciamo, “flessibile”, mentre Yang è fin troppo aderente ai suoi principi e, qualche volta, sorge il sospetto che questo suo idealismo estremo sia un po’ una scusa per evitare di prendere decisioni difficili e assumersene la responsabilità (sospetto che non viene solo a me, ma anche ad altri personaggi e persino allo stesso Yang). Del resto, neanche i due sistemi di cui sono simbolo sono esenti da difetti: entrambe costruzioni umane, persino nella loro incarnazione migliore, l’autocrazia e la democrazia hanno entrambe dei limiti e Reinhardt e Yang incarnano alla perfezione anche questi limiti.
Mi piacerebbe parlare degli altri personaggi (Reuenthal, Oberstein, Shenkopp e mille altri), tutti carismatici e affascinanti, ma farei notte e poi sono anche più pigra di Yang, quindi lascio perdere. Guardatevi l’anime, così li conoscerete tutti. Tra l’altro, i personaggi non sono l’unico buon motivo per guardare quest’anime: la storia è bellissima e articolata, la recitazione dei doppiatori giapponesi è magnifica (tra l’altro, c’è un cast incredibile; praticamente, se eri maschio e facevi il doppiatore in quegli anni, di sicuro ti capitava di dare voce a un personaggio di LOGH), le musiche meravigliose, le domande che la serie ti porta a farti sulla società e sul nostro modo di vivere la politica sono stimolanti e quanto mai attuali e urgenti, alcune delle strategie militari le ho trovate geniali (ho adorato quella del buco nero, ma ammetto di non essere un’esperta di strategia militare, anche se la trovo interessante). Per gli amanti della spettacolarità, ci sono scontri corpo a corpo a colpi di ascia da guerra e persino una battaglia in cui si scontrano due fortezze spaziali: come se in "Star Wars" ci fosse stata un’altra Morte Nera e si fossero scontrate fra di loro! Una figata pazzesca! Ci sono matrimoni, nascite, morti, balli di corte, persone che vengono giustiziate costringendole a bere vino avvelenato, intrighi, sette segrete, lealtà e tradimenti. È una storia che vi farà esaltare, riflettere e commuovere, tutto alle dosi giuste e senza mai esagerare. Soprattutto, è una storia che vi stupirà sempre, perché non è affatto prevedibile. Insomma, non avete scuse, è impossibile che non ci troviate qualcosa che vi piaccia!
Qualche piccolo difettuccio ce l’ha: il narratore parla troppo ed essendo stata animata da studi diversi, ci sono episodi con una grafica bellissima e altri un po’ meno. Ma sono davvero inezie, che non intaccano minimamente la bellezza dell’opera.
Concludo con qualche consiglio sulla modalità di visione. Personalmente, ho visto prima il film "My conquest is the sea of stars", il prologo della serie, poi "Ouverture to a new battle", rifacimento più approfondito e con migliore grafica dei primi due episodi, poi ho cominciato la serie partendo dal terzo episodio (i primi due li ho poi visti in seguito, per curiosità). Mi sono trovata bene in questo modo, ma il secondo film non è strettamente necessario (anche se a me è piaciuto molto), quindi va bene anche se vi guardate solo "My conquest is the sea of stars" e poi cominciate dal primo episodio. Il prologo però guardatelo, perché è un’ottima introduzione alla serie, ai personaggi e all’atmosfera che si respirerà per tutto l’anime. Ma, soprattutto, la cosa più importante che dovete ricordarvi è di NON guardare MAI, per nessun motivo, le anticipazioni a fine episodio: sono spoilerose a bestia, una cosa assurda. Saltatevi proprio tutta la sigla finale, così andate sul sicuro.
Insomma, quest’anime è un vero capolavoro, che vi appassionerà e vi farà riflettere, mettendo in discussione tutte le vostre certezze sulla democrazia come unica forma di governo possibile e presentando tutte le ideologie e visioni del mondo come degne di rispetto, così come le persone che credono in esse e lottano per realizzarle.
Introduzione
Questa storia ha inizio in un futuro molto lontano. L'uomo è finalmente in grado di viaggiare più veloce della luce, compiendo viaggi iperspaziali. Comincia così un'epoca di grandi migrazioni verso altri corpi celesti, l'umanità lentamente abbandona la propria madrepatria per esplorare nuove galassie e mondi sconosciuti. Il genere umano diventa l'unico e il solo padrone dell'Universo, una razza di veri e propri colonizzatori che estendono il loro potere su tutto il creato.
All'interno di questo scenario si muovono due fazioni perennemente in lotta fra di loro: l'Impero Galattico e l'Alleanza dei Pianeti Liberi. Lo scopo della grande battaglia è l'unificazione di tutto l'Universo; l'Alleanza è formata da un gruppo di ribelli dell'Impero che ha deciso di fondare un governo democratico e non totalitario, rinnegando l'autorità del Kaiser e della famiglia imperiale. Esiste tuttavia un altro governo, Phezzan, un pianeta che ha ottenuto l'indipendenza assoluta, distaccandosi dall'Impero. Phezzan è sotto il diretto controllo di Adrian Rubinsky, un potente feudatario doppiogiochista che muove nell'ombra i fili della guerra, spingendo le due super-potenze della Galassia a distruggersi vicendevolmente.
Presentazione dei protagonisti
Reinhard von Müsel è un giovane idealista che sogna di poter unificare l'Universo e di creare un governo giusto, spodestando l'attuale Kaiser, prendendone il posto. Figlio di un nobile decaduto, odia la nobiltà, lo sfarzo e la supponenza delle famiglie d'alto borgo. Insieme al suo amico d'infanzia Siegfried Kircheis comincia la carriera militare, sognando un giorno di poter raggiungere l'obiettivo di una vita.
Il destino, in qualche modo, agevola la scalata al potere di Reinhard. Sua sorella Annerose, quindicenne dalla bellezza eterea, viene notata dal Kaiser, che la vuole come sua concubina. Il padre di Reinhard, ormai disperato e sull'orlo del fallimento finanziario, accetta una cospicua somma di denaro in cambio di sua figlia. Questo evento segna profondamente l'animo del ragazzo, deciso più che mai a riportare indietro sua sorella. Ma la vicinanza della contessa di Grunewald (così verrà chiamata Annerose, una volta entrata a Palazzo) favorisce la scalata al potere di Reinhard e Kircheis, entrati nelle grazie di Sua Maestà...
Yang Wen-Li è un soldato dell'Alleanza, dotato di grande intelligenza e preparazione tattica. E' uno degli uomini più temuti dall'Impero, che lo considera una vera e propria spina nel fianco. Yang ha il duro compito di opporre resistenza al Kaiser, e far sì che l'Impero non distrugga la democrazia dell'Alleanza. Ingaggerà battaglia con Reinhard, e le loro sfide faranno tremare la galassia.
Yang ha un carattere tranquillo e pacifico, poco incline a un soldato. In realtà lui desiderava diventare uno storiografo, ma le circostanze lo hanno costretto a intraprendere un'altra strada, quella dolorosa e sanguinaria della guerra. Dopo aver frequentato l'Accademia Militare entra a far parte dell'esercito dell'Alleanza, combattendo contro Reinhard.
Informazioni generali
"Legend of Galactic Heroes" ("Ginga Eiyū Densetsu" in originale) è una space opera composta da più romanzi creata dallo scrittore giapponese Yoshiki Tanaka, e adattata in una serie anime nel 1988 da Noboru Ishiguro, regista di talento autore di numerose opere fantascientifiche che hanno rivoluzionato l'universo dell'animazione nipponica, come "Macross", la "Corazzata spaziale Yamato" e la mini-serie OAV "Megazone 23".
L'anime è una vera e propria epopea composta da 110 episodi, che in realtà rappresenta una lunga serie di OAV, trasmessa però più volte dalle varie emittenti televisive giapponesi; ciò rende la serie un vero e proprio anime, a tutti gli effetti.
Disamina dell'Opera
Questa serie colpisce soprattutto per il suo straordinario realismo. Ogni situazione che ci viene mostrata è perfettamente plausibile e coerente. Non sottovaluterei un simile particolare; ritengo che, trattandosi prima di una serie sci-fi e poi di una space opera, mantenere la capacità di rendere ogni scena dell'anime assolutamente veritiera sia un'operazione di una difficolta immane.
I personaggi di questa storia sono veri, reali, concreti. Tutto ciò che dicono, tutto che fanno li fa sembrare davvero degli uomini e delle donne in carne ed ossa. E' bellissimo cogliere le sfumature del loro pensiero, apprezzando i loro ideali e le loro speranze. Credo sia immensamente complicato gestire un così folto cast di personaggi. Parliamo di un roster decisamente elevato, che conta almeno un centinaio di persone (tra principali e secondarie). Riuscire a plasmare ognuno di essi in maniera quasi perfetta, dando a ciascuno una personalità credibile e ben definta, è davvero estremamente complesso.
Il character design è semplicemente una delizia prelibata. La spasmodica cura per ogni dettaglio è impressionate. L'elevata cura delle ambientazioni, delle navi da guerra e dei personaggi è encomiabile. A lasciar di stucco sono soprattutto i visi, trattati con estremo riguardo; le grinze del volto rendono perfettamente visibile lo stato d'animo e le emozioni dei protagonisti. Lo stile del disegno è meraviglioso, in quanto lo Studio Madhouse adopera la tanto compianta animazione tradizionale, in grado di far sembrare il tutto estremamente realistico. Degna di lode è sicuramente la cura e la precisione del vestiario, le divise militari sono particolareggiate ed eleganti.
Un altro aspetto molto importante di questo anime sono i dialoghi, molto curati e dotati di una raffinatezza che non ha eguali. Non troverete mai complessità superflue o ruffianate intellettuali. Non entrerete mai in contatto con personaggi che utilizzano paroloni più grandi di loro solo per stupire lo spettatore più esigente. I protagonisti dicono quello che devono dire, ma lo fanno nel modo giusto, quello più consono al ruolo che ricoprono.
Trovo che gli intrecci narrativi siano decisamente interessanti. Nonostante la lunghezza della serie, la storia non annoia praticamente mai, anzi, l'evolversi della situazione non fa altro che accrescere la curiosità nello spettatore, sempre più coinvolto dalla fitta trama reticolata.
Apprezzabilissime le colonne sonore. Le musiche in sottofondo che accompagnano le grandi battaglie e le scene slice of life sono di stampo classico (prese gentilmente in prestito dai grandi maestri del genere in questione). Le melodie liriche si sposano perfettamente con l'anime, creando grande alchimia e suggestione.
Deliziose le prime due opening, "Sky of love" e "I am waiting for you". Struggenti melodie raffinate, che contrastano l'ambientazione dell'opera, cruda e violenta. Molto meno incisive le altre due, seppur ascoltabili. Le sigle di chiusura fanno il loro dovere, senza troppe pretese.
Il dualismo Reinhard-Yang
Reinhard von Müsel (successivamente Reinhard von Lohengramm) e Yang Wen-Li sono due figure agli antipodi.
Entrambi sono dotati di una eccezionale intelligenza, che li rende dei veri e propri geni militari; essi stringono nelle loro mani il destino della propria patria, ma caratterialmente sono diversi l'uno dall'altro.
Reinhard è un uomo cinico e freddo, che fatica ad esternare i propri sentimenti, ma che sa riconoscere il valore della vita umana, per questo sogna di rovesciare l'autorità dei Goldenbaum, la famiglia reale del Kaiser, e creare un nuovo mondo. Con la sua straordinaria forza di volontà e la sua determinazione Reinhard scala le vette più infide e ottiene il successo che merita, al di là dei rapporti stretti tra sua sorella e il Kaiser. Il suo odio verso la nobiltà deriva dai privilegi che questi possiedono e dal fatto che un nobile, a causa della sua negligenza, anni prima fu responsabile della morte di sua madre. Yang è diametralmente l'opposto. Anch'esso fatica ad esprimere le proprie emozioni, ma per motivi diversi. E' timido e insicuro di sé, a differenza di Reinhard, e possiede una personalità pigra. Yang vive insieme a un giovane ragazzo, un orfano di guerra di nome Julian, che si occupa della casa e di mantenere l'ordine.
I due militari si rispettano molto. Entrambi apprezzano le doti e gli ideali dell'avversario e sotto sotto non disdegnano la possibilità di poter collaborare insieme. Reinhard a tratti pare addirittura geloso del successo e della bravura del suo rivale, tanto da perdere la sua proverbiale lucidità. Yang, infatti, sembra avere quasi una marcia in più, riesce a prevenire ogni possibile attacco da parte del nemico, schierando sempre una controffensiva devastante.
Ambientazioni
La storia è ambientata all'incirca nel trentacinquesimo secolo, e la maggior parte degli episodi ha come scenario il vasto universo. Tecnicamente l'anime non necessita di una regia accurata, le scene d'azione vere e proprie non sono molte, viene lasciato maggiore spazio ai dialoghi e alle tattiche militari, ma quando serve Ishiguro lascia il segno e dirige le operazioni in maniera perfetta.
L'Impero Galattico è una società del futuro proiettata direttamente all'interno di un macro-mondo settecentesco. L'architettura, il vestiario, i modi di fare, di parlare e soprattutto le usanze nobiliari sono tipiche di quel periodo. L'Alleanza invece è una società futuristica a tutti gli effetti, così come lo è Phezzan.
All'interno di queste ambientazioni l'anime fonde svariati elementi, come l'ascetismo, la monarchia assoluta, l'onnipotenza della religione e la democrazia.
Considerazioni finali
"Legend of Galactic Heroes" è forse la serie animata più vicina a raggiungere una forma d'arte pura. Rappresenta uno dei picchi più alti dell'animazione giapponese, e affronta temi delicati come la guerra e la crudeltà dell'uomo con estrema serietà e realismo, come nessuno ha mai saputo fare prima, e neanche dopo.
Personalmente ritengo che "Legend of Galactic Heroes" stia all'animazione come "Citizen Kane" stia al cinema.
Questa storia ha inizio in un futuro molto lontano. L'uomo è finalmente in grado di viaggiare più veloce della luce, compiendo viaggi iperspaziali. Comincia così un'epoca di grandi migrazioni verso altri corpi celesti, l'umanità lentamente abbandona la propria madrepatria per esplorare nuove galassie e mondi sconosciuti. Il genere umano diventa l'unico e il solo padrone dell'Universo, una razza di veri e propri colonizzatori che estendono il loro potere su tutto il creato.
All'interno di questo scenario si muovono due fazioni perennemente in lotta fra di loro: l'Impero Galattico e l'Alleanza dei Pianeti Liberi. Lo scopo della grande battaglia è l'unificazione di tutto l'Universo; l'Alleanza è formata da un gruppo di ribelli dell'Impero che ha deciso di fondare un governo democratico e non totalitario, rinnegando l'autorità del Kaiser e della famiglia imperiale. Esiste tuttavia un altro governo, Phezzan, un pianeta che ha ottenuto l'indipendenza assoluta, distaccandosi dall'Impero. Phezzan è sotto il diretto controllo di Adrian Rubinsky, un potente feudatario doppiogiochista che muove nell'ombra i fili della guerra, spingendo le due super-potenze della Galassia a distruggersi vicendevolmente.
Presentazione dei protagonisti
Reinhard von Müsel è un giovane idealista che sogna di poter unificare l'Universo e di creare un governo giusto, spodestando l'attuale Kaiser, prendendone il posto. Figlio di un nobile decaduto, odia la nobiltà, lo sfarzo e la supponenza delle famiglie d'alto borgo. Insieme al suo amico d'infanzia Siegfried Kircheis comincia la carriera militare, sognando un giorno di poter raggiungere l'obiettivo di una vita.
Il destino, in qualche modo, agevola la scalata al potere di Reinhard. Sua sorella Annerose, quindicenne dalla bellezza eterea, viene notata dal Kaiser, che la vuole come sua concubina. Il padre di Reinhard, ormai disperato e sull'orlo del fallimento finanziario, accetta una cospicua somma di denaro in cambio di sua figlia. Questo evento segna profondamente l'animo del ragazzo, deciso più che mai a riportare indietro sua sorella. Ma la vicinanza della contessa di Grunewald (così verrà chiamata Annerose, una volta entrata a Palazzo) favorisce la scalata al potere di Reinhard e Kircheis, entrati nelle grazie di Sua Maestà...
Yang Wen-Li è un soldato dell'Alleanza, dotato di grande intelligenza e preparazione tattica. E' uno degli uomini più temuti dall'Impero, che lo considera una vera e propria spina nel fianco. Yang ha il duro compito di opporre resistenza al Kaiser, e far sì che l'Impero non distrugga la democrazia dell'Alleanza. Ingaggerà battaglia con Reinhard, e le loro sfide faranno tremare la galassia.
Yang ha un carattere tranquillo e pacifico, poco incline a un soldato. In realtà lui desiderava diventare uno storiografo, ma le circostanze lo hanno costretto a intraprendere un'altra strada, quella dolorosa e sanguinaria della guerra. Dopo aver frequentato l'Accademia Militare entra a far parte dell'esercito dell'Alleanza, combattendo contro Reinhard.
Informazioni generali
"Legend of Galactic Heroes" ("Ginga Eiyū Densetsu" in originale) è una space opera composta da più romanzi creata dallo scrittore giapponese Yoshiki Tanaka, e adattata in una serie anime nel 1988 da Noboru Ishiguro, regista di talento autore di numerose opere fantascientifiche che hanno rivoluzionato l'universo dell'animazione nipponica, come "Macross", la "Corazzata spaziale Yamato" e la mini-serie OAV "Megazone 23".
L'anime è una vera e propria epopea composta da 110 episodi, che in realtà rappresenta una lunga serie di OAV, trasmessa però più volte dalle varie emittenti televisive giapponesi; ciò rende la serie un vero e proprio anime, a tutti gli effetti.
Disamina dell'Opera
Questa serie colpisce soprattutto per il suo straordinario realismo. Ogni situazione che ci viene mostrata è perfettamente plausibile e coerente. Non sottovaluterei un simile particolare; ritengo che, trattandosi prima di una serie sci-fi e poi di una space opera, mantenere la capacità di rendere ogni scena dell'anime assolutamente veritiera sia un'operazione di una difficolta immane.
I personaggi di questa storia sono veri, reali, concreti. Tutto ciò che dicono, tutto che fanno li fa sembrare davvero degli uomini e delle donne in carne ed ossa. E' bellissimo cogliere le sfumature del loro pensiero, apprezzando i loro ideali e le loro speranze. Credo sia immensamente complicato gestire un così folto cast di personaggi. Parliamo di un roster decisamente elevato, che conta almeno un centinaio di persone (tra principali e secondarie). Riuscire a plasmare ognuno di essi in maniera quasi perfetta, dando a ciascuno una personalità credibile e ben definta, è davvero estremamente complesso.
Il character design è semplicemente una delizia prelibata. La spasmodica cura per ogni dettaglio è impressionate. L'elevata cura delle ambientazioni, delle navi da guerra e dei personaggi è encomiabile. A lasciar di stucco sono soprattutto i visi, trattati con estremo riguardo; le grinze del volto rendono perfettamente visibile lo stato d'animo e le emozioni dei protagonisti. Lo stile del disegno è meraviglioso, in quanto lo Studio Madhouse adopera la tanto compianta animazione tradizionale, in grado di far sembrare il tutto estremamente realistico. Degna di lode è sicuramente la cura e la precisione del vestiario, le divise militari sono particolareggiate ed eleganti.
Un altro aspetto molto importante di questo anime sono i dialoghi, molto curati e dotati di una raffinatezza che non ha eguali. Non troverete mai complessità superflue o ruffianate intellettuali. Non entrerete mai in contatto con personaggi che utilizzano paroloni più grandi di loro solo per stupire lo spettatore più esigente. I protagonisti dicono quello che devono dire, ma lo fanno nel modo giusto, quello più consono al ruolo che ricoprono.
Trovo che gli intrecci narrativi siano decisamente interessanti. Nonostante la lunghezza della serie, la storia non annoia praticamente mai, anzi, l'evolversi della situazione non fa altro che accrescere la curiosità nello spettatore, sempre più coinvolto dalla fitta trama reticolata.
Apprezzabilissime le colonne sonore. Le musiche in sottofondo che accompagnano le grandi battaglie e le scene slice of life sono di stampo classico (prese gentilmente in prestito dai grandi maestri del genere in questione). Le melodie liriche si sposano perfettamente con l'anime, creando grande alchimia e suggestione.
Deliziose le prime due opening, "Sky of love" e "I am waiting for you". Struggenti melodie raffinate, che contrastano l'ambientazione dell'opera, cruda e violenta. Molto meno incisive le altre due, seppur ascoltabili. Le sigle di chiusura fanno il loro dovere, senza troppe pretese.
Il dualismo Reinhard-Yang
Reinhard von Müsel (successivamente Reinhard von Lohengramm) e Yang Wen-Li sono due figure agli antipodi.
Entrambi sono dotati di una eccezionale intelligenza, che li rende dei veri e propri geni militari; essi stringono nelle loro mani il destino della propria patria, ma caratterialmente sono diversi l'uno dall'altro.
Reinhard è un uomo cinico e freddo, che fatica ad esternare i propri sentimenti, ma che sa riconoscere il valore della vita umana, per questo sogna di rovesciare l'autorità dei Goldenbaum, la famiglia reale del Kaiser, e creare un nuovo mondo. Con la sua straordinaria forza di volontà e la sua determinazione Reinhard scala le vette più infide e ottiene il successo che merita, al di là dei rapporti stretti tra sua sorella e il Kaiser. Il suo odio verso la nobiltà deriva dai privilegi che questi possiedono e dal fatto che un nobile, a causa della sua negligenza, anni prima fu responsabile della morte di sua madre. Yang è diametralmente l'opposto. Anch'esso fatica ad esprimere le proprie emozioni, ma per motivi diversi. E' timido e insicuro di sé, a differenza di Reinhard, e possiede una personalità pigra. Yang vive insieme a un giovane ragazzo, un orfano di guerra di nome Julian, che si occupa della casa e di mantenere l'ordine.
I due militari si rispettano molto. Entrambi apprezzano le doti e gli ideali dell'avversario e sotto sotto non disdegnano la possibilità di poter collaborare insieme. Reinhard a tratti pare addirittura geloso del successo e della bravura del suo rivale, tanto da perdere la sua proverbiale lucidità. Yang, infatti, sembra avere quasi una marcia in più, riesce a prevenire ogni possibile attacco da parte del nemico, schierando sempre una controffensiva devastante.
Ambientazioni
La storia è ambientata all'incirca nel trentacinquesimo secolo, e la maggior parte degli episodi ha come scenario il vasto universo. Tecnicamente l'anime non necessita di una regia accurata, le scene d'azione vere e proprie non sono molte, viene lasciato maggiore spazio ai dialoghi e alle tattiche militari, ma quando serve Ishiguro lascia il segno e dirige le operazioni in maniera perfetta.
L'Impero Galattico è una società del futuro proiettata direttamente all'interno di un macro-mondo settecentesco. L'architettura, il vestiario, i modi di fare, di parlare e soprattutto le usanze nobiliari sono tipiche di quel periodo. L'Alleanza invece è una società futuristica a tutti gli effetti, così come lo è Phezzan.
All'interno di queste ambientazioni l'anime fonde svariati elementi, come l'ascetismo, la monarchia assoluta, l'onnipotenza della religione e la democrazia.
Considerazioni finali
"Legend of Galactic Heroes" è forse la serie animata più vicina a raggiungere una forma d'arte pura. Rappresenta uno dei picchi più alti dell'animazione giapponese, e affronta temi delicati come la guerra e la crudeltà dell'uomo con estrema serietà e realismo, come nessuno ha mai saputo fare prima, e neanche dopo.
Personalmente ritengo che "Legend of Galactic Heroes" stia all'animazione come "Citizen Kane" stia al cinema.
Per caso, per interesse, talvolta per semplice curiosità si incappa in opere ben più grandi di quel che appaiano, e non è che quel che appaia sia poco, ben inteso. Semplicemente trascendono i vincoli e i canoni imposti dal formato nel quale si presentano al fruitore e penetrano come un flusso impetuoso, come un magma ribollente che fa tabula rasa dei paradigmi che egli porta nel proprio bagaglio e ne stravolge il metro di giudizio. È un po' come ricevere un'illuminazione, tutto viene visto sotto una nuova luce e talvolta nulla, dopo il lento affievolirsi di questa, torna ad essere come in origine. Per me Ginga Eiyū Densetsu, universalmente conosciuto come Legend of Galactic Heroes ed ora, per semplicità, LoGH, rappresenta quel flash, quella luce che ha cambiato il mio - e potrei mettere la mano sul fuoco nell'affermare che non è solo il mio - modo di vedere l'animazione, il principale punto di svolta nel rapporto con questa passione. Ma partiamo con ordine.
LoGH viene concepito all'inizio degli anni Ottanta nella sua totalità dalla mente di Yoshiki Tanaka, scrittore di light novel consacrato dall'opera in questione e famoso per la realizzazione di altre serie di successo, tra cui Arslan Senki, sotto forma appunto di serie di romanzi indirizzati, per via del formato, a un pubblico adolescente; tuttavia avremo a scoprire che di adolescenziale quest'opera ha veramente poco e, anzi, presenta un grado di maturità sia nella forma sia nei contenuti non certamente adatto a un ragazzino delle medie o delle superiori. Successivamente, tra la fine degli anni Ottanta e quella degli anni Novanta, la saga principale riceve un adattamento animato di ben centodieci episodi, suddivisi in quattro serie, oltre a svariati lungometraggi, tutti distribuiti direttamente su supporto video e senza quindi passare per la canonica trasmissione televisiva.
Partendo dal setting dell'opera, la vicenda si sviluppa a distanza di numerosi secoli dai nostri giorni, in una zona della Via Lattea, a cavallo tra due bracci della galassia, in un periodo storico di guerra fra due entità opposte: la prima è l'Impero Galattico, sorto dalle ceneri della prima espansione terrestre nella galassia e fondato da Rudolph von Goldenbaum; la seconda è l'Alleanza dei Pianeti Liberi, nata dalla temeraria, quanto folle impresa di Arle Heinessen, che assieme ai suoi seguaci è fuggito dall'Impero al fine di dare origine a un'organizzazione democratica in un adiacente braccio di spirale della Via Lattea.
In questo preciso contesto storico, ossia nella guerra centenaria tra due fazioni, e più in generale tra due ideologie così radicalmente opposte, nascono i due astri destinati a rivoluzionare con le loro gesta la storia e l'ordine dell'universo. Reinhard von Müsel è il genio militare della fazione imperiale, ambizioso, scaltro, poco più che adolescente e già Vice Ammiraglio grazie alle raccomandazioni della sorella Annerose, preferita del Kaiser alla corte imperiale; al fianco del giovane dai capelli dorati, l'inseparabile amico, nonché fidato sottoposto, Siegfried Kircheis, che accompagna Reinhard nella sua ascesa alla conquista della galassia.
Dal lato opposto, un altro genio, stavolta incompreso, si fa timidamente notare tra le fila dell'Alleanza, ossia Yang Wen-li, giovane borghese appassionato di storia e costretto alla carriera militare per proseguire gli studi. Molto meno motivato del futuro rivale, quasi apatico, col vizio dell'alcool, dichiaratamente pacifista e interprete di un forte ideale di libertà e uguaglianza, nonché tutore a tempo perso di Julian Mintz, adolescente rimasto orfano e affidatogli da un proprio amico e collega.
C'è da precisare fin da subito però che questi due personaggi, figure chiave all'interno della storia, non sono che la punta dell'iceberg, un assaggio infinitesimo della magnifica complessità di LoGH. Nel limite del possibile, ogni figura che lo spettatore incontrerà avrà un carattere, una storia, un'ideologia caratteristica e ben curata, la quale si incastra alla perfezione nel panorama storico e culturale che l'autore ha così minuziosamente ingegnato e che diventa, in ultima analisi e assieme a tutti gli altri, esplicazione della moltitudine infinita di tipi umani che due millenni della nostra storia hanno potuto offrire. Nessun individuo arriverà mai a concordare perfettamente con un altro, la scena si infiammerà di dialoghi, talvolta ardenti discussioni in merito a quale decisione, strategia militare o piano economico sia più vantaggioso e quale invece comporti più rischi e danni alla propria fazione, in un gioco incalzante di proposte e obiezioni, invettive e apologie, che riesce magnificamente nell'intento di stuzzicare l'intelletto dello spettatore interessato.
Non a caso ho utilizzato il termine "vantaggiosa", a scapito di "giusta", in quanto attorno alla radicale differenza tra questi due concetti si fonda l'essenza stessa di LoGH. Le tappe, le situazioni che i protagonisti e i rispettivi schieramenti affrontano nel corso della storia, altro non sono che una proiezione di quel ciclo senza fine, quell'eterno ritorno dell'uguale che la Storia, quella reale, offre nuovamente come modello. Le guerre, le invasioni, i massacri e i genocidi, è tutta una questione di scelte, di differenti punti di vista, di diverse angolazioni da cui si osserva una vicenda, in ultima analisi un perpetuo mors tua, vita mea; e in un contesto simile ha forse senso parlare di "giusto" e "sbagliato"? Chiaramente no. Tali massacri da taluni sono aspramente condannati, da altri ritenuti necessari, oppure addirittura vantaggiosi ai fini di terzi. LoGH non serve su un piatto un'interpretazione degli eventi presentati, ne offre tuttavia diverse chiavi di lettura, senza la presunzione di favorirne una piuttosto che l'altra; lo stimolo ideologico, al di là quindi dell'intrattenimento fine a sé stesso, è proprio uno dei tratti distintivi di questa serie, nonché uno dei punti più alti della stessa.
Come si è potuto facilmente evincere dalle mie parole, elemento essenziale, nonché cardine su cui Tanaka ha fondato la propria serie, è il realismo, nel significato più ampio che si possa attribuire a questo termine. L'autore è riuscito, grazie alla longevità della serie di romanzi in primis e della trasposizione animata in un secondo momento, a creare un vero e proprio universo attorno alle vicende degli Eroi della Galassia, approfondendo ogni aspetto legato sia all'ambientazione, storica e geografica, sia al background di ogni personaggio, e non solo. La vita della corte imperiale su Odin, ad esempio, è rappresentata con l'eleganza e la pomposità che più si confanno alla nobiltà europea, e prussiana in particolare, del diciannovesimo secolo; tra feste, balli e serate di gala, viene offerto uno dei tanti spaccati di vita quotidiana prima di tutto dei personaggi, e indirettamente di tutta una categoria di individui che vivono all'interno dell'universo di LoGH, pretesto prediletto questo per esibire le consuete disquisizioni a sfondo storico o socio-politico, in questo caso tra aristocratici. Di contro, anche la vita contadina e della piccola borghesia trova spazio all'interno dell'opera e, anzi, le condizioni dei ceti medio-bassi costituiscono spesso un fattore non trascurabile nel meccanismo di causa-effetto che alimenta le vicende narrate. Non è trattata con minor cura neanche la vita religiosa dei cittadini dell'Alleanza, così come dei sudditi imperiali, che, come una sorta di mito delle origini, venerano il pianeta Terra, luogo sacro dell'umanità; il Culto della Terra assume fin da subito connotati tipicamente misterici, per cui solo gli iniziati possono partecipare attivamente e in modo completo alle attività religiose, mentre il popolo minuto è tenuto in pugno dagli esponenti più di spicco, che in questo modo riescono a esercitare in modo più o meno indiretto forti influenze politiche in ambedue gli schieramenti; questo è probabilmente l'unico caso in cui Tanaka imposti una prospettiva ben definita e libera da ogni tipo di equivoco, condannando aspramente la religione in quanto latrice di valori fasulli, antiprogressisti e sovversivi dell'ordine costituito, ove non responsabile di svariati atti di terrorismo. E proprio riallacciandosi a quest'organizzazione è doveroso introdurre la terza grande potenza dell'universo di LoGH, ossia la provincia autonoma di Phezzan, formalmente legata all'Impero, de facto indipendente in tutto e per tutto grazie a una potenza economica e commerciale senza eguali; proprio l'influenza economica e quindi politica di Phezzan, e in particolar modo del suo governatore Adrian Rubinsky, sarà in più di un'occasione determinante all'interno del conflitto tra le due potenze maggiori.
Ultimata questa doverosa introduzione - sebbene sia forse più opportuno chiamarla prima parte, vista la mole - si può iniziare a presentare un po' più da vicino i personaggi più emblematici e interessanti della serie, assieme all'enorme varietà di tematiche affrontate, insomma il fulcro dell'analisi di quest'opera. A un primo sguardo LoGH presenta tutti gli elementi riconducibili a quel sottogenere della fantascienza contemporanea cui è stato attribuito il nome di "space opera", con le sue epiche battaglie spaziali, i lunghi viaggi interstellari e così via; ciò che differenzia tuttavia la saga di Tanaka dal genere sopra citato è l'abbandono di un'impostazione romantica della trama in favore di una disincantata e sistematica ricerca dei meccanismi di causa-effetto in ogni avvenimento. Inutile girarci intorno ulteriormente, LoGH è fondamentalmente un'opera basata su strategia militare, politica ed economia, con importanti elementi di sociologia, psicologia e filosofia della storia; un background variegato e non certo banale, quello da cui gli autori attingono nel plasmare le personalità e le ideologie dei personaggi di LoGH, nonché nel comporre la complessa e articolata sceneggiatura dell'opera. Tolta la pomposità della narrazione, l'arguzia della sceneggiatura e la focalizzazione su alcuni personaggi nello specifico, il midollo così rimanente potrebbe essere definita una cronaca, forse riconducibile a quel genere tanto amato dai Latini e da noi conosciuto come annalistica, ancor più che storiografia. E si sa, ciò che è alla base della storia, è importante sottolinearlo, sono gli uomini.
L'impero è deciso a concludere l'offensiva in territorio repubblicano, il Vice Ammiraglio Müsel figura tra i comandanti della spedizione, mal visto e contestato dai veterani aristocratici per la giovane età e il celere cursus honorum favorito dalla posizione della sorella di questi; tuttavia il suo talento in battaglia è innegabile, riesce a condurre con scaltrezza e precisione tutti i compiti a lui assegnati, limitando le perdite e ottenendo successi su successi, motivo di invidia, ove non di odio, alla corte di Odin. Da parte sua Reinhard è pervaso da un odio viscerale verso la realtà che lo circonda, l'opulenza nauseante della corte, la pomposità estrema della vita di corte, e progetta in cuor suo, segretamente, di rovesciare il sistema e instaurare una monarchia illuminata alla guida della quale conquistare l'universo. I sogni di gloria che animano le sue giornate e le serate trascorse assieme al fidato compagno Kircheis diventano oltremodo tangibili quando l'improvviso aggravarsi delle condizioni di salute dell'imperatore lo portano in prossimità del trapasso. Reinhard decide di fare un passo lungo, forse troppo, e si autoproclama reggente in vece del giovanissimo nipote del defunto kaiser Friedrich IV; i nobili si oppongono e si scatena una sanguinosa guerra civile. Dal fronte opposto dello schieramento un altro personaggio inizia a farsi notare per le spiccate doti militari e strategiche e le meno sviluppate capacità oratorie; Yang Wenli è ora come ora il solo collante che riesce a tenere unita una nazione, grazie ai suoi miracolosi successi in condizioni che nemmeno nella più eufemistica accezione potrebbero essere definite proibitive - e non a caso "Miracle Yang" è il nomignolo che la popolazioni gli affibbia. Grazie a una strategia ai limiti del credibile e forse una dose discreta di fortuna, Yang si introduce ed espugna la fortezza di Iserlohn, avanzatissimo pianeta artificiale costruito dall'impero a controllo dell'omonimo Corridoio, da cui prende il nome, unico ponte - assieme al pianeta di Phezzan - a mettere in contatto le due aree della galassia sopra citate. Per l'Alleanza è una conquista fondamentale che riporta la guerra in una fase di equilibrio, nonostante lo schiacciante vantaggio degli avversari sul piano numerico.
In questo incipit fanno la loro comparsa tutte le personalità più eminenti e le tematiche più care all'epopea di LoGH; la dicotomia Alleanza-Impero non è che un macrocontenitore, un mero artifizio per dare sfogo alla sete di dialogo, di confronto e di dibattito che evidentemente tanto ha a cuore lo scrittore Tanaka. C'è chi si riconosce nel vecchio Ammiraglio Bewcock, incarnazione dell'antico ideale di democrazia, chi come Walter von Schenkopp segue il genio in quanto tale e indipendentemente dalla fazione, chi svolge semplicemente e lealmente il proprio ruolo come Wolfgang Mittermeyer e chi forse cerca un trampolino di lancio per ottenere a propria volta il potere, si pensi a Oskar von Reuental. E poi c'è Paul von Oberstein, il criptico, inespressivo e machiavellico consigliere di Reinhard, più di una volta ago della bilancia nel delicato gioco di intrighi e sotterfugi che sta dietro al governo di Reinhard; personalmente non amato, ma senza dubbio meritevole di una menzione d'onore, uno dei personaggi che più difficilmente scivolano via dalla memoria dello spettatore. La diatriba tra imperialismo e democrazia scaturisce banalmente dal poderoso e impetuoso svilupparsi di questi individui e delle decine di altri che in circostanze e contesti differenti intrecciano i propri cammini e destini nel mare delle stelle di LoGH.
L'eccellenza di un prodotto non si valuta solo dai contenuti, anche se effettivamente nel presente caso questi sarebbero assolutamente sufficienti, ma riveste una fondamentale importanza anche il modo in cui vengono narrati. Inevitabilmente, uno sviluppo ottimo dei personaggi deve essere sostenuto da una almeno altrettanto efficacie sceneggiatura, che nel caso di questo anime rappresenta l'aspetto tecnico forse più affascinante. Si può anche scordare l'ovvietà e ripetitività dei dialoghi cui le odierne produzioni ci hanno abituato, perché in LoGH oltre alla sostanza anche la forma riceve una cura maniacale; l'accuratezza e la ricercatezza dei termini, l'arguzia delle battute più pungenti, la passione e l'estro dell'oratore di turno e quel velo di eleganza che accompagna in ogni istante il tutto costituiscono probabilmente la migliore sceneggiatura che l'animazione orientale abbia partorito. Nemmeno l'apparato grafico è da meno, le animazioni sono fluide per l'epoca, forti dell'intelligente alternanza di staticità nella vita politica e dinamismo in quella militare, il character design è adulto e maturo, ciascun personaggio caratterizzato nel modo opportuno. Tutto viene curato nel dettaglio, senza badare a spese, dall'arredo prezioso e dal fasto dei grandi banchetti aristocratici al rapido e vorticoso valzer mortale delle astronavi da guerra durante la battaglia, fino ai cruenti combattimenti corpo a corpo tra truppe pedestri. Infine, la colonna sonora: l'ultimo dei meriti di LoGH che mi sento in dovere di citare è la particolarità delle musiche scelte per accompagnare ed esaltare la scena. Utilizzate principalmente come sottofondo alle scene di guerra e tuttavia non poco frequenti neanche negli episodi di vita quotidiana, sono le note dei grandi compositori del passato, da Mozart a Dvořák, da Brahms a Beethoven, a spiccare su tutte e, se LoGH risulta spesso e volentieri epico, trainante ed esaltante, è senza ombra di dubbio grazie anche a questo aspetto; le sigle di apertura e chiusura, invece, sono produzioni originali, capaci di emozionare e far rivivere in un minuto e poco più intere ore di intensa narrazione.
Non voglio riversare ulteriori parole in questa mia recensione, il fiume dei miei pensieri è giunto alla foce. Non accessibile a tutti per via della mancanza di una traduzione italiana completa, il lettore che volesse cimentarsi nell'ardua ma appagante visione della serie potrà facilmente cogliere e carpire la magnificenza e quel che di sublime che ho cercato di trasmettere. Qui finisce il mio cammino entusiasmante assieme a Yang, Reinhard e compagni, ora sta a lui proseguire e diffondere la loro leggenda.
LoGH viene concepito all'inizio degli anni Ottanta nella sua totalità dalla mente di Yoshiki Tanaka, scrittore di light novel consacrato dall'opera in questione e famoso per la realizzazione di altre serie di successo, tra cui Arslan Senki, sotto forma appunto di serie di romanzi indirizzati, per via del formato, a un pubblico adolescente; tuttavia avremo a scoprire che di adolescenziale quest'opera ha veramente poco e, anzi, presenta un grado di maturità sia nella forma sia nei contenuti non certamente adatto a un ragazzino delle medie o delle superiori. Successivamente, tra la fine degli anni Ottanta e quella degli anni Novanta, la saga principale riceve un adattamento animato di ben centodieci episodi, suddivisi in quattro serie, oltre a svariati lungometraggi, tutti distribuiti direttamente su supporto video e senza quindi passare per la canonica trasmissione televisiva.
Partendo dal setting dell'opera, la vicenda si sviluppa a distanza di numerosi secoli dai nostri giorni, in una zona della Via Lattea, a cavallo tra due bracci della galassia, in un periodo storico di guerra fra due entità opposte: la prima è l'Impero Galattico, sorto dalle ceneri della prima espansione terrestre nella galassia e fondato da Rudolph von Goldenbaum; la seconda è l'Alleanza dei Pianeti Liberi, nata dalla temeraria, quanto folle impresa di Arle Heinessen, che assieme ai suoi seguaci è fuggito dall'Impero al fine di dare origine a un'organizzazione democratica in un adiacente braccio di spirale della Via Lattea.
In questo preciso contesto storico, ossia nella guerra centenaria tra due fazioni, e più in generale tra due ideologie così radicalmente opposte, nascono i due astri destinati a rivoluzionare con le loro gesta la storia e l'ordine dell'universo. Reinhard von Müsel è il genio militare della fazione imperiale, ambizioso, scaltro, poco più che adolescente e già Vice Ammiraglio grazie alle raccomandazioni della sorella Annerose, preferita del Kaiser alla corte imperiale; al fianco del giovane dai capelli dorati, l'inseparabile amico, nonché fidato sottoposto, Siegfried Kircheis, che accompagna Reinhard nella sua ascesa alla conquista della galassia.
Dal lato opposto, un altro genio, stavolta incompreso, si fa timidamente notare tra le fila dell'Alleanza, ossia Yang Wen-li, giovane borghese appassionato di storia e costretto alla carriera militare per proseguire gli studi. Molto meno motivato del futuro rivale, quasi apatico, col vizio dell'alcool, dichiaratamente pacifista e interprete di un forte ideale di libertà e uguaglianza, nonché tutore a tempo perso di Julian Mintz, adolescente rimasto orfano e affidatogli da un proprio amico e collega.
C'è da precisare fin da subito però che questi due personaggi, figure chiave all'interno della storia, non sono che la punta dell'iceberg, un assaggio infinitesimo della magnifica complessità di LoGH. Nel limite del possibile, ogni figura che lo spettatore incontrerà avrà un carattere, una storia, un'ideologia caratteristica e ben curata, la quale si incastra alla perfezione nel panorama storico e culturale che l'autore ha così minuziosamente ingegnato e che diventa, in ultima analisi e assieme a tutti gli altri, esplicazione della moltitudine infinita di tipi umani che due millenni della nostra storia hanno potuto offrire. Nessun individuo arriverà mai a concordare perfettamente con un altro, la scena si infiammerà di dialoghi, talvolta ardenti discussioni in merito a quale decisione, strategia militare o piano economico sia più vantaggioso e quale invece comporti più rischi e danni alla propria fazione, in un gioco incalzante di proposte e obiezioni, invettive e apologie, che riesce magnificamente nell'intento di stuzzicare l'intelletto dello spettatore interessato.
Non a caso ho utilizzato il termine "vantaggiosa", a scapito di "giusta", in quanto attorno alla radicale differenza tra questi due concetti si fonda l'essenza stessa di LoGH. Le tappe, le situazioni che i protagonisti e i rispettivi schieramenti affrontano nel corso della storia, altro non sono che una proiezione di quel ciclo senza fine, quell'eterno ritorno dell'uguale che la Storia, quella reale, offre nuovamente come modello. Le guerre, le invasioni, i massacri e i genocidi, è tutta una questione di scelte, di differenti punti di vista, di diverse angolazioni da cui si osserva una vicenda, in ultima analisi un perpetuo mors tua, vita mea; e in un contesto simile ha forse senso parlare di "giusto" e "sbagliato"? Chiaramente no. Tali massacri da taluni sono aspramente condannati, da altri ritenuti necessari, oppure addirittura vantaggiosi ai fini di terzi. LoGH non serve su un piatto un'interpretazione degli eventi presentati, ne offre tuttavia diverse chiavi di lettura, senza la presunzione di favorirne una piuttosto che l'altra; lo stimolo ideologico, al di là quindi dell'intrattenimento fine a sé stesso, è proprio uno dei tratti distintivi di questa serie, nonché uno dei punti più alti della stessa.
Come si è potuto facilmente evincere dalle mie parole, elemento essenziale, nonché cardine su cui Tanaka ha fondato la propria serie, è il realismo, nel significato più ampio che si possa attribuire a questo termine. L'autore è riuscito, grazie alla longevità della serie di romanzi in primis e della trasposizione animata in un secondo momento, a creare un vero e proprio universo attorno alle vicende degli Eroi della Galassia, approfondendo ogni aspetto legato sia all'ambientazione, storica e geografica, sia al background di ogni personaggio, e non solo. La vita della corte imperiale su Odin, ad esempio, è rappresentata con l'eleganza e la pomposità che più si confanno alla nobiltà europea, e prussiana in particolare, del diciannovesimo secolo; tra feste, balli e serate di gala, viene offerto uno dei tanti spaccati di vita quotidiana prima di tutto dei personaggi, e indirettamente di tutta una categoria di individui che vivono all'interno dell'universo di LoGH, pretesto prediletto questo per esibire le consuete disquisizioni a sfondo storico o socio-politico, in questo caso tra aristocratici. Di contro, anche la vita contadina e della piccola borghesia trova spazio all'interno dell'opera e, anzi, le condizioni dei ceti medio-bassi costituiscono spesso un fattore non trascurabile nel meccanismo di causa-effetto che alimenta le vicende narrate. Non è trattata con minor cura neanche la vita religiosa dei cittadini dell'Alleanza, così come dei sudditi imperiali, che, come una sorta di mito delle origini, venerano il pianeta Terra, luogo sacro dell'umanità; il Culto della Terra assume fin da subito connotati tipicamente misterici, per cui solo gli iniziati possono partecipare attivamente e in modo completo alle attività religiose, mentre il popolo minuto è tenuto in pugno dagli esponenti più di spicco, che in questo modo riescono a esercitare in modo più o meno indiretto forti influenze politiche in ambedue gli schieramenti; questo è probabilmente l'unico caso in cui Tanaka imposti una prospettiva ben definita e libera da ogni tipo di equivoco, condannando aspramente la religione in quanto latrice di valori fasulli, antiprogressisti e sovversivi dell'ordine costituito, ove non responsabile di svariati atti di terrorismo. E proprio riallacciandosi a quest'organizzazione è doveroso introdurre la terza grande potenza dell'universo di LoGH, ossia la provincia autonoma di Phezzan, formalmente legata all'Impero, de facto indipendente in tutto e per tutto grazie a una potenza economica e commerciale senza eguali; proprio l'influenza economica e quindi politica di Phezzan, e in particolar modo del suo governatore Adrian Rubinsky, sarà in più di un'occasione determinante all'interno del conflitto tra le due potenze maggiori.
Ultimata questa doverosa introduzione - sebbene sia forse più opportuno chiamarla prima parte, vista la mole - si può iniziare a presentare un po' più da vicino i personaggi più emblematici e interessanti della serie, assieme all'enorme varietà di tematiche affrontate, insomma il fulcro dell'analisi di quest'opera. A un primo sguardo LoGH presenta tutti gli elementi riconducibili a quel sottogenere della fantascienza contemporanea cui è stato attribuito il nome di "space opera", con le sue epiche battaglie spaziali, i lunghi viaggi interstellari e così via; ciò che differenzia tuttavia la saga di Tanaka dal genere sopra citato è l'abbandono di un'impostazione romantica della trama in favore di una disincantata e sistematica ricerca dei meccanismi di causa-effetto in ogni avvenimento. Inutile girarci intorno ulteriormente, LoGH è fondamentalmente un'opera basata su strategia militare, politica ed economia, con importanti elementi di sociologia, psicologia e filosofia della storia; un background variegato e non certo banale, quello da cui gli autori attingono nel plasmare le personalità e le ideologie dei personaggi di LoGH, nonché nel comporre la complessa e articolata sceneggiatura dell'opera. Tolta la pomposità della narrazione, l'arguzia della sceneggiatura e la focalizzazione su alcuni personaggi nello specifico, il midollo così rimanente potrebbe essere definita una cronaca, forse riconducibile a quel genere tanto amato dai Latini e da noi conosciuto come annalistica, ancor più che storiografia. E si sa, ciò che è alla base della storia, è importante sottolinearlo, sono gli uomini.
L'impero è deciso a concludere l'offensiva in territorio repubblicano, il Vice Ammiraglio Müsel figura tra i comandanti della spedizione, mal visto e contestato dai veterani aristocratici per la giovane età e il celere cursus honorum favorito dalla posizione della sorella di questi; tuttavia il suo talento in battaglia è innegabile, riesce a condurre con scaltrezza e precisione tutti i compiti a lui assegnati, limitando le perdite e ottenendo successi su successi, motivo di invidia, ove non di odio, alla corte di Odin. Da parte sua Reinhard è pervaso da un odio viscerale verso la realtà che lo circonda, l'opulenza nauseante della corte, la pomposità estrema della vita di corte, e progetta in cuor suo, segretamente, di rovesciare il sistema e instaurare una monarchia illuminata alla guida della quale conquistare l'universo. I sogni di gloria che animano le sue giornate e le serate trascorse assieme al fidato compagno Kircheis diventano oltremodo tangibili quando l'improvviso aggravarsi delle condizioni di salute dell'imperatore lo portano in prossimità del trapasso. Reinhard decide di fare un passo lungo, forse troppo, e si autoproclama reggente in vece del giovanissimo nipote del defunto kaiser Friedrich IV; i nobili si oppongono e si scatena una sanguinosa guerra civile. Dal fronte opposto dello schieramento un altro personaggio inizia a farsi notare per le spiccate doti militari e strategiche e le meno sviluppate capacità oratorie; Yang Wenli è ora come ora il solo collante che riesce a tenere unita una nazione, grazie ai suoi miracolosi successi in condizioni che nemmeno nella più eufemistica accezione potrebbero essere definite proibitive - e non a caso "Miracle Yang" è il nomignolo che la popolazioni gli affibbia. Grazie a una strategia ai limiti del credibile e forse una dose discreta di fortuna, Yang si introduce ed espugna la fortezza di Iserlohn, avanzatissimo pianeta artificiale costruito dall'impero a controllo dell'omonimo Corridoio, da cui prende il nome, unico ponte - assieme al pianeta di Phezzan - a mettere in contatto le due aree della galassia sopra citate. Per l'Alleanza è una conquista fondamentale che riporta la guerra in una fase di equilibrio, nonostante lo schiacciante vantaggio degli avversari sul piano numerico.
In questo incipit fanno la loro comparsa tutte le personalità più eminenti e le tematiche più care all'epopea di LoGH; la dicotomia Alleanza-Impero non è che un macrocontenitore, un mero artifizio per dare sfogo alla sete di dialogo, di confronto e di dibattito che evidentemente tanto ha a cuore lo scrittore Tanaka. C'è chi si riconosce nel vecchio Ammiraglio Bewcock, incarnazione dell'antico ideale di democrazia, chi come Walter von Schenkopp segue il genio in quanto tale e indipendentemente dalla fazione, chi svolge semplicemente e lealmente il proprio ruolo come Wolfgang Mittermeyer e chi forse cerca un trampolino di lancio per ottenere a propria volta il potere, si pensi a Oskar von Reuental. E poi c'è Paul von Oberstein, il criptico, inespressivo e machiavellico consigliere di Reinhard, più di una volta ago della bilancia nel delicato gioco di intrighi e sotterfugi che sta dietro al governo di Reinhard; personalmente non amato, ma senza dubbio meritevole di una menzione d'onore, uno dei personaggi che più difficilmente scivolano via dalla memoria dello spettatore. La diatriba tra imperialismo e democrazia scaturisce banalmente dal poderoso e impetuoso svilupparsi di questi individui e delle decine di altri che in circostanze e contesti differenti intrecciano i propri cammini e destini nel mare delle stelle di LoGH.
L'eccellenza di un prodotto non si valuta solo dai contenuti, anche se effettivamente nel presente caso questi sarebbero assolutamente sufficienti, ma riveste una fondamentale importanza anche il modo in cui vengono narrati. Inevitabilmente, uno sviluppo ottimo dei personaggi deve essere sostenuto da una almeno altrettanto efficacie sceneggiatura, che nel caso di questo anime rappresenta l'aspetto tecnico forse più affascinante. Si può anche scordare l'ovvietà e ripetitività dei dialoghi cui le odierne produzioni ci hanno abituato, perché in LoGH oltre alla sostanza anche la forma riceve una cura maniacale; l'accuratezza e la ricercatezza dei termini, l'arguzia delle battute più pungenti, la passione e l'estro dell'oratore di turno e quel velo di eleganza che accompagna in ogni istante il tutto costituiscono probabilmente la migliore sceneggiatura che l'animazione orientale abbia partorito. Nemmeno l'apparato grafico è da meno, le animazioni sono fluide per l'epoca, forti dell'intelligente alternanza di staticità nella vita politica e dinamismo in quella militare, il character design è adulto e maturo, ciascun personaggio caratterizzato nel modo opportuno. Tutto viene curato nel dettaglio, senza badare a spese, dall'arredo prezioso e dal fasto dei grandi banchetti aristocratici al rapido e vorticoso valzer mortale delle astronavi da guerra durante la battaglia, fino ai cruenti combattimenti corpo a corpo tra truppe pedestri. Infine, la colonna sonora: l'ultimo dei meriti di LoGH che mi sento in dovere di citare è la particolarità delle musiche scelte per accompagnare ed esaltare la scena. Utilizzate principalmente come sottofondo alle scene di guerra e tuttavia non poco frequenti neanche negli episodi di vita quotidiana, sono le note dei grandi compositori del passato, da Mozart a Dvořák, da Brahms a Beethoven, a spiccare su tutte e, se LoGH risulta spesso e volentieri epico, trainante ed esaltante, è senza ombra di dubbio grazie anche a questo aspetto; le sigle di apertura e chiusura, invece, sono produzioni originali, capaci di emozionare e far rivivere in un minuto e poco più intere ore di intensa narrazione.
Non voglio riversare ulteriori parole in questa mia recensione, il fiume dei miei pensieri è giunto alla foce. Non accessibile a tutti per via della mancanza di una traduzione italiana completa, il lettore che volesse cimentarsi nell'ardua ma appagante visione della serie potrà facilmente cogliere e carpire la magnificenza e quel che di sublime che ho cercato di trasmettere. Qui finisce il mio cammino entusiasmante assieme a Yang, Reinhard e compagni, ora sta a lui proseguire e diffondere la loro leggenda.
"In ogni era e in ogni luogo, le azioni dell'uomo restano le stesse."
I. Una doverosa introduzione
Trovo piuttosto arduo scrivere una recensione di quella che, con ogni probabilità, è la più ambiziosa e maestosa serie animata "non originale" mai pubblicata per l'home video. Ci proverò ugualmente, anche se avrò bisogno di suddividere il testo in paragrafi titolati: chi legge i miei scritti sa che non uso mai questo escamotage, ma riconosco che, nel presente caso, possa essere utile per me stesso e per l'eventuale impavido lettore. Avviata nel 1988 dall'OAV intitolato My Conquest is the Sea of Stars, la serie di Legend of the Galactic Heroes (o "Ginga Eiyū Densetsu", in lingua originale, o ancora "Heldensage vom Kosmosinsel", nell'errata traslitterazione in tedesco avanzata dagli autori) è tratta dall'omonima serie di romanzi scritti da Yoshiki Tanaka ed è suddivisa in quattro parti distribuite tra il 1989 e il 1997. Mettendo da parte il primato di "serie OAV più lunga della storia" con i suoi centodieci episodi e la presenza di alcuni "difetti" tecnici, Legend of the Galactic Heroes (per comodità, d'ora in avanti abbrevierò il titolo in "LoGH") è un'opera validissima che però potrebbe intimorire lo spettatore occasionale per via della sua mole imponente, per i suoi temi non proprio leggeri né di semplice fruizione e, infine, a causa della reperibilità soltanto parziale nella nostra lingua. Fin da subito, mi si potrebbe obiettare che centodieci episodi non rappresentino una mole poi così cospicua: difatti, sappiamo quasi tutti che alcune serie superano ampiamente un simile quantitativo di episodi, ma è pur vero che, a livello di contenuti, ogni episodio di LoGH è talmente intenso e complesso da richiedere una concentrazione e un'attenzione non indifferenti da parte dello spettatore, e a un grado ben maggiore rispetto a un prodotto standard. Comunque, più avanti avrò modo di trattare meglio quanto elencato sopra: per il momento sarà il caso di cominciare tracciando per sommi capi le caratteristiche principali della trama complessa e dei molteplici personaggi che costellano la serie.
II. Prime considerazioni sulla trama
Raccontare per filo e per segno la trama di LoGH senza rivelare dettagli importanti è, ahimè o per fortuna, un'impresa sostanzialmente impossibile. Tenendo conto del fatto che lo stralcio di trama presente sul sito è stato riveduto e corretto dal sottoscritto, penso sia inutile ripetere le stesse cose anche qui. Come già ricordato in altre mie recensioni, prima di accingermi a visionare la serie di LoGH, è stata mia premura guardare i due film introduttivi, il primo dei quali funge da prologo (il già citato My Conquest is the Sea of Stars) e il secondo, Overture to a New War, è un rifacimento coi fiocchi dei primi due episodi della serie: questi, infatti, peccano di una certa fretta nell'esposizione di informazioni e tattiche militari, rendendone quindi la visione pesante e poco godibile. Per questo motivo, sarebbe un errore soffermarsi a suddetti episodi, poiché già dal terzo in poi il canovaccio si ramifica a dismisura e in maniera ben più organica: gli episodi incentrati su strategie militari, grandi battaglie ed eventi politici da un lato e quelli che, invece, pongono l'accento sull'approfondimento dei personaggi e delle loro relazioni interpersonali dall'altro, creano una lenta ma costante progressione narrativa caratterizzata talvolta da rapidi picchi e da climax d'effetto al termine di ogni "stagione". Tali culmini narrativi sfociano sia nella morte di un personaggio di rilievo (prima, terza e quarta stagione) sia in un evento di portata epocale (fine della seconda stagione) sia in entrambi gli sviluppi contemporaneamente. Da rilevare che nessun elemento della trama appare futile e ciò perché quest'ultima, forte della genialità dell'autore dei romanzi originali, è orchestrata in modo da funzionare sempre e comunque, sicché a ogni evento ne corrispondono altri del tutto consequenziali e logici. Ciò non vuol dire che nella serie non siano presenti dei colpi di scena, anzi, ce ne sono parecchi e alcuni sono abbastanza scioccanti e drammatici: il punto è che tutto funziona bene, a ogni causa corrisponde un effetto e non si avverte mai la sensazione di trovarsi di fronte a palesi forzature. Personalmente, trovo sia molto raro imbattersi in un'opera la cui sceneggiatura non scada mai nel prevedibile e che non zoppichi qua e là. Dal canto suo, grazie anche all'eccellente adattamento ad opera di un manipolo di sceneggiatori che ha saputo rendere giustizia al materiale originale, LoGH è totalmente esente da suddetti problemi ed è in grado di stupirci sempre con la sua imprevedibilità. Insomma, nonostante la sua notevole complessità e i numerosi sviluppi intricati e stratificati, la trama non subisce battute d'arresto e si regge in piedi con assoluta costanza.
III. I personaggi: un profilo generale
Complice di una base strutturale così solida è, certamente, l'ampia pletora di personaggi che costituisce una parte fondamentale del cuore pulsante della serie. Come accennato nell'abbozzo di trama del sito al quale ho contribuito, sullo sfondo di una guerra intergalattica in un lontano futuro seguiamo da vicino le vicissitudini e i rapporti interpersonali di due rappresentanti delle rispettive parti: Reinhard von Müsel per l'Impero e Yang Wenli per l'Alleanza dei Pianeti Liberi. Il primo è il tipico "self-made man", l'uomo che si è fatto da solo: un po' come Napoleone Bonaparte. Infatti, Reinhard non ha nobili natali né, tanto meno, raccomandazioni di alcun tipo. Una volta entrato a far parte dell'esercito, battaglia dopo battaglia, il giovane dai capelli d'oro dimostra le sue ineguagliabili doti strategiche, raggiungendo, infine, le più alte cariche militari (tanto da essere nobilitato con un nuovo cognome, ossia "von Lohengramm"). Lo scopo di Reinhard è di sostituirsi niente meno che all'Imperatore: almeno inizialmente, sembra proprio che a spingerlo in tale direzione sia la rivendicazione "romantica" della libertà della sorella Annerose, divenuta all'età di quindici anni l'oggetto del desiderio proprio del monarca. Sebbene a un primo sguardo tali ragioni possano sembrare un po' "deboli", in realtà le mire al trono di Reinhard nascondono una personalità ben più profonda e affascinante: egli è un individuo che muove le masse, è un uomo che vince una battaglia ancora prima di cominciarla (parafrasando un'efficace affermazione pronunciata da Yang nel diciannovesimo episodio), è un leader capace e caparbio che riesce a ottenere tutto ciò che vuole, ma senza mai perdere la sua umanità. E nei pochi casi in cui ciò accade per motivi politici, il giovane ha modo di riflettere su se stesso e le proprie azioni. Insomma, Reinhard è uno di quegli uomini che cambiano la storia, né più né meno. A fare da contraltare a un personaggio che già da solo potrebbe reggere sulle spalle un'intera serie è il secondo protagonista, lo schivo ed edonista Yang Wenli: quest'uomo dai capelli scuri e l'espressione bonaria è, infatti, un amante del buon vino e del tè, così come non rinuncia mai al piacere di un salutare sonnellino ogni volta che se ne presenti l'occasione. Studioso e appassionato di storia (forse anche per questo mi sono immedesimato più del solito), Yang combatte una guerra che gli interessa poco o per nulla, e ciò non perché sia un inetto, tutt'altro: è un uomo estremamente capace, un abile stratega, un comandante accorto e dal multiforme ingegno, un libero pensatore, un vero e proprio filosofo della storia e della politica (pur essendo un democratico, non solo critica la democrazia stessa senza troppi ripensamenti, ma addirittura afferma di ammirare un comandante nemico ben più dei politici a capo dell'Alleanza). Forse però, proprio per questi motivi, in realtà il suo sogno più grande è quello di ritirarsi da un esercito al quale si è unito soltanto per pagarsi gli studi e trascorrere il resto della propria vita in tutta tranquillità. Non avrebbe potuto esserci migliore antitesi per Reinhard e le sue mire. Non a caso Yang è un personaggio che mi è rimasto particolarmente impresso e che, sono certo, serberò ancora a lungo nei miei ricordi. In verità, ricorderò entrambi gli "eroi della galassia" che danno il titolo alla serie. Prima parlavo di un grande quantitativo di personaggi: ebbene, due protagonisti così articolati trovano negli altri comprimari uno dei loro punti di forza. Da un lato, infatti, ci sono imperiali di rilievo come Siegfried Kircheis, un ragazzone alto e allampanato dai capelli rossi, oltre che amico più fidato di Reinhard; Paul von Oberstein, un reietto con i bulbi oculari artificiali, la passione per i cani e lo sguardo impassibile che non manca di offrire a Reinhard suggerimenti e strategie spesso apparentemente discutibili; i due inseparabili e straordinari combattenti Wolfgang Mittermeyer, un uomo sposato con la testa sulle spalle, e Oskar von Reuenthal, un affascinante donnaiolo dagli occhi eterocromi - da menzionare, in particolare, i suggestivi flashback sul loro passato e sullo sviluppo della loro amicizia pura e incondizionata. E mi fermo ai più importanti, perché potrei dilungarmi ancora parlando di tutti gli imperiali "secondari" (dico solo che il folle Ovlesser mi ha ricordato "La Hire", soprannome di un famoso e feroce condottiero realmente esistito alle dipendenze di Giovanna d'Arco). Dall'altro lato, anche Yang è supportato da diversi comprimari, tra i quali assumono maggiore rilievo Julian Mintz, giovane aspirante soldato che diventerà vieppiù importante lungo il corso della serie; Walter von Shönkopp, abilissimo comandante del corpo armato del Rosen Ritter; il pilota Olivier Poplin e i suoi modi da dongiovanni; Dusty Attenborough, il più giovane e promettente ammiraglio dell'Alleanza; l'anziano veterano Alexandre Bewcock (come dimenticare il suo commovente ed eroico commiato?). Avrete notato fin qui che la maggior parte dei personaggi di LoGH sia di sesso maschile, ma è pur vero che le poche figure femminili presenti nella serie siano davvero memorabili. Tra esse annoveriamo Jessica Edwards, energico capo di un partito politico; Susanna Benemunde, folle d'amore e gelosia nei confronti del Kaiser; Frederica Greenhill, in diverse occasioni fonte di sostegno insostituibile per Yang; Hildegarde von Mariendorf, consigliera fondamentale per Reinhard; Katerose von Kreutzer, una giovane pilota scontrosa e segnata dalla durezza della vita. In altre parole, ciascuno dei personaggi, sia nel caso in cui compaia in pochissimi episodi o, al contrario, lungo tutta la serie, non esiste senza uno scopo né risulta fuori luogo o ridondante. Si può amarlo, o odiarlo, o restarne indifferenti, ma non si può non considerarlo. E, a mio avviso, questo è un pregio assolutamente non secondario.
IV. Altre considerazioni su trama e personaggi
In LoGH c'è veramente di tutto: storie d'amore, vicende familiari, lotte dinastiche, nozioni di politica e finanza, rivolte civili, guerre intestine, scene d'interrogatorio, esecuzioni pubbliche, inganni, tradimenti, assassinii, vita quotidiana e chi più ne ha più ne metta. E come nella realtà, seppur la serie sia ambientata in un tempo futuro distante quasi duemila anni dal nostro, nulla è veramente cambiato dalla situazione attuale (proprio come ben rammenta la citazione posta all'inizio della presente recensione, con le loro azioni gli uomini restano uguali a se stessi) e la gente muore senza che nessuno, ricco o povero, ne sia risparmiato. A incontrare la morte sono sia comprimari sia personaggi secondari sia "le masse", e la morte, placida o cruenta che sia, è illustrata senza veli né censure. Nel caso specifico della morte violenta, gli autori mostrano allo spettatore fiumi di sangue e una quantità spropositata di decapitazioni e sventramenti. Impressionanti, in particolar modo, le sequenze che mostrano lo spargimento di sangue dei soldati nelle battaglie spaziali: dall'esterno si tratta soltanto di esplosioni colossali, ma all'interno di quelle navi gigantesche i soldati si trascinano a terra chiamando le proprie madri e tenendosi le interiora con le mani, ancora prima di rendersi conto che ormai sia giunta la fine. Un'altra sequenza che custodirò a lungo nella mia memoria è la manifestazione cittadina che finisce in tragedia nel ventunesimo episodio: mi vengono i brividi al pensiero del lento avvicinarsi dell'inevitabile dramma iniziato dapprima con una parola "ribelle" da parte di uno dei manifestanti e terminato, dopo una serie di sequenze prive di musica e definite soltanto dalla potenza delle immagini, con un massacro generale di uomini, donne e bambini. In tutto questo, però, è di massima importanza notare che in LoGH non avviene mai una riduttiva separazione tra bene e male, una netta divisione tra buoni e cattivi: è la storia di due "nazioni" in conflitto, l'una contro l'altra e viceversa, con tutto quel che ne consegue. Seguiamo le vicende di personaggi da entrambe le parti, così come assistiamo agli intrighi e ai complotti di terze (il pianeta "neutrale" Phezzan e il suo leader senza scrupoli Adrian Rubinsky, il quale cerca di trarre vantaggio da entrambe le fazioni principali per i propri scopi) e quarte parti (i Terraisti dell'arcivescovo De Villier, un gruppo di fanatici che ricorrono a metodi coercitivi disumani pur di promuovere il ritorno dell'umanità sul lontano pianeta Terra). Nessuno è esente da critiche: nell'Impero ci sono individui abietti (in un certo senso l'enigmatico Kaiser Friedrich IV, il cospiratore Braunschweig, l'infido Lichtenlade, il becero Flegel) esattamente come nell'Alleanza (l'approfittatore Job Trunhit, per esempio), così come un nemico (un termine, quest'ultimo, da prendere in considerazione in modo diverso secondo il punto di vista preso in esame) può essere anche un ottimo padre di famiglia (il soldato imperiale Kempf, il politico Heydrich Lang) o un brillante architetto (Silverberche, il quale mi ha ricordato Albert Speer, l'architetto personale di Hitler e artefice di alcuni dei progetti edili più importanti del Terzo Reich), o infine, un eccellente comandante della vecchia guardia (l'imperiale Merkatz, il già menzionato Bewcock per l'Alleanza). Di volta in volta, insomma, tiferemo per l'una o per l'altra parte, giacché è veramente difficile prendere le difese soltanto di una delle due; o almeno, per me è stato impossibile farlo. In definitiva, in LoGH trama e personaggi sono legati in maniera indissolubile e si completano a vicenda immergendoci e coinvolgendoci completamente.
V. Background strutturale e riferimenti culturali
Per ciò che concerne il background su cui si posa la narrazione, bisogna rilevare che l'attenzione al dettaglio rasenta la perfezione. Tanto per farsi una prima idea della complessità intrinseca di LoGH, è sufficiente pensare che l'autore dei romanzi abbia persino stilato una cronologia dettagliata precedente ai fatti narrati della serie, tant'è che diversi episodi, come il quarantesimo, offrono numerosissime informazioni sugli eventi del passato, sulla nascita e la caduta di governi e imperatori, su guerre che hanno avuto conseguenze catastrofiche, sulla fondazione di colonie planetarie sparse per il cosmo e così via. Per contestualizzare ancora meglio storia, personaggi e luoghi, Tanaka ha inventato almeno tre nuovi sistemi di datazione: un calendario universale usato dall'Alleanza, un altro utilizzato dall'Impero e, infine, uno per il Neue Reich. Ed è sorprendente scoprire che tutti e tre i suddetti calendari possono essere tradotti secondo il nostro sistema di datazione attuale. Inoltre, lungo la serie avremo modo di scoprire le origini dell'Impero galattico, fondato da Rudolf von Goldenbaum, e quelle dell'Alleanza dei Pianeti Liberi, nata dall'iniziativa di un eroe ribelle, tale Arle Heinessen; a tutto ciò si aggiunge una serie di altri personaggi storici fittizi, comunque verosimili e ben elaborati che contribuiscono a rendere l'opera profondamente composita e sviluppata su più strati. Tornando, invece, al tempo presente dell'ambientazione della serie, a darci una mano nel districarci in un mondo così eterogeneo e variegato è un narratore onnisciente la cui voce introduce e termina ogni puntata e interviene anche tra una sequenza e l'altra per spiegare i meccanismi e i nessi degli eventi più importanti. Una consistente cura per i dettagli si riscontra, inoltre, non solo nelle battaglie spaziali rappresentate a puntino con tanto di mappe virtuali che mutano in tempo reale col proseguire dello scontro, ma anche nelle fazioni in guerra rese differenti l'una dall'altra per mezzo di uniformi e gradi: in sostanza, lo spettatore comprende immediatamente la fazione d'appartenenza dei personaggi non appena appaiono sullo schermo. Nel caso dell'Impero galattico, l'uniforme è nera in ogni sua parte e ciascun grado militare è prontamente identificabile grazie ad alcuni particolari come mantelli di diverso colore, mostrine e applique di vario genere sulle spalle e sul petto. Nel caso dell'Alleanza, invece, l'uniforme è costituita da una casacca verde scuro e da un paio di pantaloni color beige; in più, alcuni alleati indossano con una certa frequenza un basco. Oltre all'importanza delle apparenze, in LoGH anche i nomi rivestono un ruolo di primo piano, tanto che nelle prime puntate (e in realtà lungo tutta la serie), appaiono in sovrimpressione titoli, gradi e nomi ogni volta che un nuovo personaggio fa la sua comparsa (vale lo stesso anche per i luoghi e le navi). Nell'Impero, la nomenclatura è marcatamente di foggia tedesca (Reinhard, Siegfried, Oskar, Wolfgang e così via); nel caso dell'Alleanza, di Phezzan e dei Terraisti si spazia dal russo al cinese (Rubinsky, Wenli) finanche al tedesco (Julian, Katerine, Schönkopp, Frederica), al francese (Poplin, De Villier) e all'inglese (Edwards, Bewcock, Greenhill, Attenborough). Per quanto riguarda il Reich galattico, mi sembrano degni di nota i cospicui riferimenti alla cultura tedesca tout court ("Herr" e "Freulein" per "signore" e "signorina", soprannomi come "Wölfe der Sturm", il "lupo della tempesta") e alla mitologia norrena. Riguardo a quest'ultimo punto, non è un mistero che alla fine dell'Ottocento, per via di un processo storico che ha le sue radici nel Romanticismo e nell'intrinseco sentimento di nazionalismo di quel periodo, già da tempo in Germania si guardava con attenzione alle proprie origini culturali, tanto che, per fare un esempio, Richard Wagner compose opere monumentali basandosi sul poema epico medievale scritto in alto tedesco conosciuto come Nibelungenlied ("l'Anello dei Nibelunghi"); a tal proposito, dunque, l'idea di Tanaka di inserire il Reich galattico in un contesto molto simile dà origine a un espediente narrativo e strutturale davvero singolare e d'effetto, e tutto ciò è chiaramente ripreso nella serie animata. Non solo i personaggi (ancora, Siegfried), ma anche le astronavi e i pianeti devono il loro nome alla cultura germanica o a qualche eroe o divinità norrena: ad esempio, "Odin" è il pianeta base dell'Impero; la Fortezza di Iserlohn è armata con il cosiddetto "Thor Hammer" (un "martello di Thor" che ricorda molto il raggio laser della Morte Nera starwarsiana); l'ammiraglia di Reinhard si chiama "Brunhild" come la celebre valchiria di wagneriana memoria; la nave di Kircheis, la "Barbarossa", è un riferimento a Federico Hohenstaufen detto, per l'appunto, "Barbarossa" (celebre imperatore del Sacro Romano Impero nel XII secolo). A tutto ciò si aggiunge che, nel Reich galattico, si crede veramente alle divinità scandinave, oltre al fatto che gli imperiali si riferiscono all'aldilà menzionando il "Valhalla", la sala di Asgard in cui gli eroi norreni, morti gloriosamente in battaglia, attendono di combattere un'ultima volta nel Ragnarök, l'apocalisse finale (nella serie si fa riferimento anche a quest'ultimo proprio in un'omonima operazione militare promossa da Reinhard). Per contro, è curioso notare invece come le navi dell'Alleanza dei Pianeti Liberi siano insignite di nomi tratti dalla mitologia greca e da quella dei Babilonesi e delle civiltà precolombiane: la prima ammiraglia di Yang è, infatti, la Hyperion, universalmente noto come il nome uno dei titani, ma non mancano altri nomi famosi come Quetzalcoatl (il "serpente piumato" degli Aztechi), Leonidas (il re più famoso degli Spartani), Marduk (dio babilonese del giudizio e della magia) e, ancora, Achilleus, Patroklos, Ajax e Ulysses (quattro celeberrimi personaggi dell'Iliade). Infine, giusto per fare qualche altro esempio (non bastano mai), non mancano riferimenti colti alla cultura storica: nel tredicesimo episodio, in occasione dell'invasione dell'Alleanza nel territorio dell'Impero, Yang Wenli menziona correttamente la tattica della "terra bruciata" utilizzata nel 1812 dai Russi per mettere in difficoltà l'armata di Napoleone; in un dialogo sono menzionati i cosiddetti "hòi pollòi" (metto gli accenti per facilitarne la corretta lettura), allocuzione greca che indica "i molti" o, in senso stretto, la "maggior parte" di un gruppo, nonché termine molto familiare per chi, come me, al liceo traduceva versioni dal greco antico. In un altro dialogo, il personaggio di Mecklinger cita con assoluta naturalezza, pur senza specificarne la provenienza, una frase attribuita ad Alessandro Magno: "Personalmente, non temo un esercito di leoni capeggiato da una pecora, bensì ho paura di un'armata di pecore guidata da un leone". Suddetta traduzione è mia, così come mi appartiene la traduzione della frase originale tratta dalla Wikipedia inglese: "Dicono che un gregge di pecore guidato da un leone soverchierà un branco di leoni guidato da una pecora". Di esempi così se ne potrebbero fare molti altri, ma mi limiterò a dire che, senza dubbio, espedienti del genere costituiscono un notevole valore aggiunto alla serie.
VI. Gli autori e lo stile
A contribuire al senso di epico che permea l'intera serie è un'équipe di produttori e autori davvero di rilievo: è proprio grazie a essa che le opere scritte da Yoshiki Tanaka "prendono vita" nel miglior modo possibile. Innanzitutto, la regia di Noboru Ishiguro, una vera istituzione nel mondo degli anime, è molto sobria e semplice, eppure estremamente calibrata e sapiente. La maggior parte delle sequenze non richiede chissà quali riprese movimentate (l'ossatura alla base della serie è costituita da dialoghi e le battaglie spaziali, considerata la loro vasta portata, sono illustrate a una certa distanza), però, quando occorre, le scene d'azione incentrate su scontri a terra, con pistole e asce alla mano, sono rappresentate con fluidità e senza sbavature di alcun tipo. In secondo luogo, il character design è curato da numerosi autori tra i quali si annoverano Matsuri Okuda, Shingo Araki (Saint Seiya), Yoshiaki Kawajiri (Ninja Scroll, Vampire Hunter D: Bloodlust), Yoshinori Kanemori (Alexander) e Tomonori Kogawa (Space Runaway Ideon): in generale, i personaggi risaltano grazie a connotati "solenni" e semi-realistici che non sfociano mai nel fotorealismo vero e proprio. Da rilevare, inoltre, che i personaggi "crescono" verosimilmente nel corso degli anni, sia in termini di fisionomia generale (il viso di Julian è ben più adulto verso la fine della serie rispetto alle sue prime apparizioni) sia per quanto riguarda dettagli di altro genere (i capelli di Reinhard diventano gradualmente più lunghi una stagione dopo l'altra). In terzo luogo, il mecha design di Katō Naoyuki, peraltro illustratore dei romanzi originali, è di tutto rispetto, soprattutto per quanto concerne le navi spaziali: sebbene queste tendano tutte a somigliarsi un po' troppo tra loro (eccezion fatta per i caccia monoposto e navi ammiraglie imperiali come la Brunhild, bianca e affusolata, e la Barbarossa, color vermiglio), in realtà alcuni dettagli di forma e colore permettono allo spettatore di identificare alla prima occhiata se le navi colossali presenti sullo schermo appartengano all'Impero o all'Alleanza (grigie nel primo caso, verde spento nel secondo). Nonostante il comparto grafico sia, quindi, di eccellente fattura, tuttavia c'è qualche postilla da rilevare: soprattutto nelle prime due serie, il character design e lo stile grafico sono alquanto altalenanti. Già dal sesto-settimo episodio, infatti, essi variano da uno stile "retrò" a uno piuttosto "moderno" anche tra una scena e l'altra o, addirittura, tra un fotogramma e l'altro nello stesso episodio, causando non poco fastidio. Con le dovute ricerche, ho scoperto che ciò è da ascrivere al restauro di alcune scene risalenti alla prima versione in Laser Disc degli anni Novanta in occasione del riversamento in DVD nei primi anni del Duemila: ad esempio, alcuni personaggi sono stati rifatti da capo (come nelle puntate 15 e 40), così come nel quarantaquattresimo episodio si palesa un lieve utilizzo di Computer Graphic per alcuni carri armati in movimento. In certi casi, gli episodi sono stati rifatti integralmente, mentre in altri si è scelto di sfruttare il sistema di cui parlavo sopra. Non è niente di trascendentale, si capisce, però è opportuno tenerlo presente.
VII. La colonna sonora
Per quanto riguarda il comparto sonoro c'è veramente poco di cui lamentarsi: i doppiatori di tutti i personaggi restano, chi più chi meno, impressi per bravura e grande capacità di caratterizzazione (con particolare riferimento alle eccellenti voci dei due protagonisti, Ryō Horikawa per Reinhard e il purtroppo già compianto Kei Tomiyama per Yang), mentre le musiche meritano un discorso a parte. Intervistato in merito al suo monumentale Barry Lyndon, il cineasta statunitense Stanley Kubrick così affermava: "Per quanto bravi possano essere i nostri migliori compositori, non sono certo un Beethoven, un Mozart o un Brahms. Perché usare della musica che è meno valida quando c'è una tale quantità di grandi musiche per orchestra, del passato e della nostra stessa epoca, che si possono utilizzare?" [da Ciment M., KUBRICK, Rizzoli, Milano, 2002; p.183] Forse l'affermazione del grande regista è un po' estrema, ma rende bene l'idea dell'atteggiamento degli autori di LoGH, i quali, volontariamente o meno, si sono perfettamente appropriati della lezione di Kubrick. Quasi ogni scena della serie è, infatti, accompagnata da brani di musica colta che spaziano dal Barocco al classicismo, dal Romanticismo al tardo-Romanticismo per sconfinare, infine, nella prima metà del Novecento. In particolare, mi sembra il caso di rilevare che le sequenze con feste e banchetti vantano brani barocchi di Händel e Torelli. Le sequenze di battaglia e tutte le scene drammatiche sono invece supportate dal sinfonismo eroico di Beethoven (poco da dire su "Ludovico van" che, personalmente, reputo a dir poco immenso e del quale non mancano comunque alcune sonate per pianoforte in brevi scene particolarmente evocative) e da quello universale di Gustav Mahler e Anton Bruckner (le loro opere sinfoniche sono parecchio estese e sembrano toccare le più intime corde della natura e dell'universo), dalle sinfonie più contenute ma ugualmente potenti di Robert Schumann, Antonín Dvořák e Johannes Brahms e da quelle malinconiche di Jean Sibelius (parafrasando lo stesso compositore, alcune sonorità da lui ideate evocano "l'acqua che scorre" o "la prima neve che cade"), per finire con le sinfonie cupe di Dmitrij Šostakovič (compositore vessato che, rammento, componeva sotto l'oppressivo e opprimente regime sovietico) e qualche sortita dell'esiguo sinfonismo wagneriano (difatti, l'autore era principalmente impegnato nella composizione di opere liriche). Inoltre, nelle scene di vita quotidiana, in alcuni dialoghi e anche in certi incipit ed explicit affidati al narratore, si annoverano le sinfonie di Mozart e Haydn (la perfezione del primo non è in discussione in questa o in qualunque altra sede, mentre il secondo è il "padre della sinfonia" da un punto di vista formale), così come qualche brano di Bach, Chopin e Liszt (per forza di cose, sebbene siano necessari ulteriori commenti in particolare sul sommo Bach, mi astengo dall'aggiungere altro). Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti, soprattutto per gli amanti della musica comunemente definita "classica". Se proprio dovessi trovare un difetto nell'uso di suddetta musica da parte degli autori, direi che la brusca interruzione di certi brani per motivi di regia provoca un certo fastidio soprattutto a chi, come me, conosce a memoria la quasi totalità dei brani utilizzati nella serie. Ciò nonostante, c'è la possibilità che anche le orecchie dei meno appassionati di musica classica possano risentirne. Ad ogni modo, a completare la già ricchissima colonna sonora non originale, sono due inni militari per le rispettive fazioni a cura di Shinsuke Kazato, il quale si occupa di mettere in musica anche le otto sigle complessive. Ciascuna delle quattro "parti" della serie ha, infatti, una propria sigla d'apertura in lingua inglese e una di chiusura in giapponese: quelle che mi hanno colpito di più sono la prima opening ("Skies of Love", cantata da Michiru Akiyoshi) e la prima ending ("Hikaru no Hashi no Koete", cantata dalla voce commovente e sentita di Kei Ogura), nonché la terza sigla d'apertura ("Sea of Stars", cantata da LISA). Le altre mi hanno lasciato indifferente, anche se la quarta opening è riuscita a farsi odiare per via della voce stonata della cantante (ed è un vero peccato, giacché macchia, anche se in minima parte, la serie conclusiva).
VIII. L'importanza dei sottotitoli
Prima facevo riferimento alla parziale reperibilità nella nostra lingua. Nonostante la sua popolarità in patria, purtroppo LoGH non è mai stato localizzato in nessun paese del mondo (eccezion fatta per i doppiaggi francese e cinese del film OAV introduttivo) e ciò perché, secondo le voci che circolano in rete, dagli archivi originali dei produttori è assente la cosiddetta "traccia internazionale", ossia quella provvista soltanto di suoni e musica sulla quale si può missare un nuovo doppiaggio. Inevitabilmente, l'unica possibilità è di visionare la serie grazie ai sottotitoli, ma anche in questo caso sorge un problema non indifferente: nella nostra lingua la serie è stata sottotitolata da un gruppo di appassionati soltanto fino a metà o poco più, mentre, per il resto, la salvezza è rappresentata dai sottotitoli in lingua inglese. Per una questione personale di coerenza generale, ho deciso di visionare il tutto in inglese, sia i film introduttivi sia l'intera serie. Pur con la mia buona conoscenza dell'inglese, si è trattato comunque di una vera sfida poiché, per via dei temi e dei dialoghi spesso non proprio semplici, i sottotitoli sfoggiavano una sintassi complessa ed erano ricchi di termini a dir poco specifici e tecnici. D'altro canto, è chiaro che non si sia trattato di un'impresa facile, ma con un po' di buona volontà quasi nulla è impossibile e in questo caso l'esperienza è stata, per giunta, anche parecchio istruttiva. Ciò nondimeno è un vero peccato non potersi godere LoGH in italiano, poiché, a mio avviso, molti termini (soprattutto nomi e gradi militari) potrebbero rendere meglio se pronunciati secondo la loro lingua d'appartenenza: un esempio su tutti, il nome "Siegfried" in giapponese è pronunciato "Sigufurido" con "s" sorda e varie vocali in più, mentre in tedesco la pronuncia di "sigfrid" prevede una "s" sonora e solo due vocali. Per carità, si tratta di una mera questione linguistica d'importanza secondaria in questa sede - preciso che amo e rispetto visceralmente la lingua e la cultura giapponese, però ammetto di aver immaginato quale effetto avrebbe sortito una localizzazione in una lingua occidentale come la nostra. Ad ogni modo, non mi dispiacerebbe neanche un lavoro di sottotitolazione ufficiale come si deve, sicché acquisterei senz'altro l'edizione Blu-ray (da noi costerebbe sicuramente meno rispetto all'attuale versione giapponese). Naturalmente, lo stesso discorso può essere applicato riguardo alla pubblicazione in una lingua occidentale dei romanzi originali, possibilmente anche nella nostra. Chissà, magari avverrà qualcosa del genere quando avrò bisogno di un bastone per camminare.
IX. Ultime annotazioni
Ringraziando il paziente lettore che è riuscito ad arrivare "indenne" (si spera) fino alla fine di questo papiro, mi accingo a terminare la mia recensione. Così com'è stato piuttosto complicato scrivere di quest'opera, allo stesso modo per me è molto difficile consigliarla a qualcuno a cuor leggero o senza colpo ferire. Credo che, in questo caso più che in altri, si debba procedere seguendo principalmente (ma non esclusivamente) i propri gusti: se siete interessati a una "space opera" d'ampio respiro incentrata sulla politica, sulla guerra e sulle vite di esseri umani verosimili in rapporto a quest'ultima, allora Legend of the Galactic Heroes è ciò che state cercando. In ogni caso, sarebbe comunque un peccato farsi scappare la visione di un'opera di rara bellezza e così unica nel suo genere come questa. Per quanto mi riguarda, non la dimenticherò mai.
"Die Sage ist vorüber, die Historie beginnt".
I. Una doverosa introduzione
Trovo piuttosto arduo scrivere una recensione di quella che, con ogni probabilità, è la più ambiziosa e maestosa serie animata "non originale" mai pubblicata per l'home video. Ci proverò ugualmente, anche se avrò bisogno di suddividere il testo in paragrafi titolati: chi legge i miei scritti sa che non uso mai questo escamotage, ma riconosco che, nel presente caso, possa essere utile per me stesso e per l'eventuale impavido lettore. Avviata nel 1988 dall'OAV intitolato My Conquest is the Sea of Stars, la serie di Legend of the Galactic Heroes (o "Ginga Eiyū Densetsu", in lingua originale, o ancora "Heldensage vom Kosmosinsel", nell'errata traslitterazione in tedesco avanzata dagli autori) è tratta dall'omonima serie di romanzi scritti da Yoshiki Tanaka ed è suddivisa in quattro parti distribuite tra il 1989 e il 1997. Mettendo da parte il primato di "serie OAV più lunga della storia" con i suoi centodieci episodi e la presenza di alcuni "difetti" tecnici, Legend of the Galactic Heroes (per comodità, d'ora in avanti abbrevierò il titolo in "LoGH") è un'opera validissima che però potrebbe intimorire lo spettatore occasionale per via della sua mole imponente, per i suoi temi non proprio leggeri né di semplice fruizione e, infine, a causa della reperibilità soltanto parziale nella nostra lingua. Fin da subito, mi si potrebbe obiettare che centodieci episodi non rappresentino una mole poi così cospicua: difatti, sappiamo quasi tutti che alcune serie superano ampiamente un simile quantitativo di episodi, ma è pur vero che, a livello di contenuti, ogni episodio di LoGH è talmente intenso e complesso da richiedere una concentrazione e un'attenzione non indifferenti da parte dello spettatore, e a un grado ben maggiore rispetto a un prodotto standard. Comunque, più avanti avrò modo di trattare meglio quanto elencato sopra: per il momento sarà il caso di cominciare tracciando per sommi capi le caratteristiche principali della trama complessa e dei molteplici personaggi che costellano la serie.
II. Prime considerazioni sulla trama
Raccontare per filo e per segno la trama di LoGH senza rivelare dettagli importanti è, ahimè o per fortuna, un'impresa sostanzialmente impossibile. Tenendo conto del fatto che lo stralcio di trama presente sul sito è stato riveduto e corretto dal sottoscritto, penso sia inutile ripetere le stesse cose anche qui. Come già ricordato in altre mie recensioni, prima di accingermi a visionare la serie di LoGH, è stata mia premura guardare i due film introduttivi, il primo dei quali funge da prologo (il già citato My Conquest is the Sea of Stars) e il secondo, Overture to a New War, è un rifacimento coi fiocchi dei primi due episodi della serie: questi, infatti, peccano di una certa fretta nell'esposizione di informazioni e tattiche militari, rendendone quindi la visione pesante e poco godibile. Per questo motivo, sarebbe un errore soffermarsi a suddetti episodi, poiché già dal terzo in poi il canovaccio si ramifica a dismisura e in maniera ben più organica: gli episodi incentrati su strategie militari, grandi battaglie ed eventi politici da un lato e quelli che, invece, pongono l'accento sull'approfondimento dei personaggi e delle loro relazioni interpersonali dall'altro, creano una lenta ma costante progressione narrativa caratterizzata talvolta da rapidi picchi e da climax d'effetto al termine di ogni "stagione". Tali culmini narrativi sfociano sia nella morte di un personaggio di rilievo (prima, terza e quarta stagione) sia in un evento di portata epocale (fine della seconda stagione) sia in entrambi gli sviluppi contemporaneamente. Da rilevare che nessun elemento della trama appare futile e ciò perché quest'ultima, forte della genialità dell'autore dei romanzi originali, è orchestrata in modo da funzionare sempre e comunque, sicché a ogni evento ne corrispondono altri del tutto consequenziali e logici. Ciò non vuol dire che nella serie non siano presenti dei colpi di scena, anzi, ce ne sono parecchi e alcuni sono abbastanza scioccanti e drammatici: il punto è che tutto funziona bene, a ogni causa corrisponde un effetto e non si avverte mai la sensazione di trovarsi di fronte a palesi forzature. Personalmente, trovo sia molto raro imbattersi in un'opera la cui sceneggiatura non scada mai nel prevedibile e che non zoppichi qua e là. Dal canto suo, grazie anche all'eccellente adattamento ad opera di un manipolo di sceneggiatori che ha saputo rendere giustizia al materiale originale, LoGH è totalmente esente da suddetti problemi ed è in grado di stupirci sempre con la sua imprevedibilità. Insomma, nonostante la sua notevole complessità e i numerosi sviluppi intricati e stratificati, la trama non subisce battute d'arresto e si regge in piedi con assoluta costanza.
III. I personaggi: un profilo generale
Complice di una base strutturale così solida è, certamente, l'ampia pletora di personaggi che costituisce una parte fondamentale del cuore pulsante della serie. Come accennato nell'abbozzo di trama del sito al quale ho contribuito, sullo sfondo di una guerra intergalattica in un lontano futuro seguiamo da vicino le vicissitudini e i rapporti interpersonali di due rappresentanti delle rispettive parti: Reinhard von Müsel per l'Impero e Yang Wenli per l'Alleanza dei Pianeti Liberi. Il primo è il tipico "self-made man", l'uomo che si è fatto da solo: un po' come Napoleone Bonaparte. Infatti, Reinhard non ha nobili natali né, tanto meno, raccomandazioni di alcun tipo. Una volta entrato a far parte dell'esercito, battaglia dopo battaglia, il giovane dai capelli d'oro dimostra le sue ineguagliabili doti strategiche, raggiungendo, infine, le più alte cariche militari (tanto da essere nobilitato con un nuovo cognome, ossia "von Lohengramm"). Lo scopo di Reinhard è di sostituirsi niente meno che all'Imperatore: almeno inizialmente, sembra proprio che a spingerlo in tale direzione sia la rivendicazione "romantica" della libertà della sorella Annerose, divenuta all'età di quindici anni l'oggetto del desiderio proprio del monarca. Sebbene a un primo sguardo tali ragioni possano sembrare un po' "deboli", in realtà le mire al trono di Reinhard nascondono una personalità ben più profonda e affascinante: egli è un individuo che muove le masse, è un uomo che vince una battaglia ancora prima di cominciarla (parafrasando un'efficace affermazione pronunciata da Yang nel diciannovesimo episodio), è un leader capace e caparbio che riesce a ottenere tutto ciò che vuole, ma senza mai perdere la sua umanità. E nei pochi casi in cui ciò accade per motivi politici, il giovane ha modo di riflettere su se stesso e le proprie azioni. Insomma, Reinhard è uno di quegli uomini che cambiano la storia, né più né meno. A fare da contraltare a un personaggio che già da solo potrebbe reggere sulle spalle un'intera serie è il secondo protagonista, lo schivo ed edonista Yang Wenli: quest'uomo dai capelli scuri e l'espressione bonaria è, infatti, un amante del buon vino e del tè, così come non rinuncia mai al piacere di un salutare sonnellino ogni volta che se ne presenti l'occasione. Studioso e appassionato di storia (forse anche per questo mi sono immedesimato più del solito), Yang combatte una guerra che gli interessa poco o per nulla, e ciò non perché sia un inetto, tutt'altro: è un uomo estremamente capace, un abile stratega, un comandante accorto e dal multiforme ingegno, un libero pensatore, un vero e proprio filosofo della storia e della politica (pur essendo un democratico, non solo critica la democrazia stessa senza troppi ripensamenti, ma addirittura afferma di ammirare un comandante nemico ben più dei politici a capo dell'Alleanza). Forse però, proprio per questi motivi, in realtà il suo sogno più grande è quello di ritirarsi da un esercito al quale si è unito soltanto per pagarsi gli studi e trascorrere il resto della propria vita in tutta tranquillità. Non avrebbe potuto esserci migliore antitesi per Reinhard e le sue mire. Non a caso Yang è un personaggio che mi è rimasto particolarmente impresso e che, sono certo, serberò ancora a lungo nei miei ricordi. In verità, ricorderò entrambi gli "eroi della galassia" che danno il titolo alla serie. Prima parlavo di un grande quantitativo di personaggi: ebbene, due protagonisti così articolati trovano negli altri comprimari uno dei loro punti di forza. Da un lato, infatti, ci sono imperiali di rilievo come Siegfried Kircheis, un ragazzone alto e allampanato dai capelli rossi, oltre che amico più fidato di Reinhard; Paul von Oberstein, un reietto con i bulbi oculari artificiali, la passione per i cani e lo sguardo impassibile che non manca di offrire a Reinhard suggerimenti e strategie spesso apparentemente discutibili; i due inseparabili e straordinari combattenti Wolfgang Mittermeyer, un uomo sposato con la testa sulle spalle, e Oskar von Reuenthal, un affascinante donnaiolo dagli occhi eterocromi - da menzionare, in particolare, i suggestivi flashback sul loro passato e sullo sviluppo della loro amicizia pura e incondizionata. E mi fermo ai più importanti, perché potrei dilungarmi ancora parlando di tutti gli imperiali "secondari" (dico solo che il folle Ovlesser mi ha ricordato "La Hire", soprannome di un famoso e feroce condottiero realmente esistito alle dipendenze di Giovanna d'Arco). Dall'altro lato, anche Yang è supportato da diversi comprimari, tra i quali assumono maggiore rilievo Julian Mintz, giovane aspirante soldato che diventerà vieppiù importante lungo il corso della serie; Walter von Shönkopp, abilissimo comandante del corpo armato del Rosen Ritter; il pilota Olivier Poplin e i suoi modi da dongiovanni; Dusty Attenborough, il più giovane e promettente ammiraglio dell'Alleanza; l'anziano veterano Alexandre Bewcock (come dimenticare il suo commovente ed eroico commiato?). Avrete notato fin qui che la maggior parte dei personaggi di LoGH sia di sesso maschile, ma è pur vero che le poche figure femminili presenti nella serie siano davvero memorabili. Tra esse annoveriamo Jessica Edwards, energico capo di un partito politico; Susanna Benemunde, folle d'amore e gelosia nei confronti del Kaiser; Frederica Greenhill, in diverse occasioni fonte di sostegno insostituibile per Yang; Hildegarde von Mariendorf, consigliera fondamentale per Reinhard; Katerose von Kreutzer, una giovane pilota scontrosa e segnata dalla durezza della vita. In altre parole, ciascuno dei personaggi, sia nel caso in cui compaia in pochissimi episodi o, al contrario, lungo tutta la serie, non esiste senza uno scopo né risulta fuori luogo o ridondante. Si può amarlo, o odiarlo, o restarne indifferenti, ma non si può non considerarlo. E, a mio avviso, questo è un pregio assolutamente non secondario.
IV. Altre considerazioni su trama e personaggi
In LoGH c'è veramente di tutto: storie d'amore, vicende familiari, lotte dinastiche, nozioni di politica e finanza, rivolte civili, guerre intestine, scene d'interrogatorio, esecuzioni pubbliche, inganni, tradimenti, assassinii, vita quotidiana e chi più ne ha più ne metta. E come nella realtà, seppur la serie sia ambientata in un tempo futuro distante quasi duemila anni dal nostro, nulla è veramente cambiato dalla situazione attuale (proprio come ben rammenta la citazione posta all'inizio della presente recensione, con le loro azioni gli uomini restano uguali a se stessi) e la gente muore senza che nessuno, ricco o povero, ne sia risparmiato. A incontrare la morte sono sia comprimari sia personaggi secondari sia "le masse", e la morte, placida o cruenta che sia, è illustrata senza veli né censure. Nel caso specifico della morte violenta, gli autori mostrano allo spettatore fiumi di sangue e una quantità spropositata di decapitazioni e sventramenti. Impressionanti, in particolar modo, le sequenze che mostrano lo spargimento di sangue dei soldati nelle battaglie spaziali: dall'esterno si tratta soltanto di esplosioni colossali, ma all'interno di quelle navi gigantesche i soldati si trascinano a terra chiamando le proprie madri e tenendosi le interiora con le mani, ancora prima di rendersi conto che ormai sia giunta la fine. Un'altra sequenza che custodirò a lungo nella mia memoria è la manifestazione cittadina che finisce in tragedia nel ventunesimo episodio: mi vengono i brividi al pensiero del lento avvicinarsi dell'inevitabile dramma iniziato dapprima con una parola "ribelle" da parte di uno dei manifestanti e terminato, dopo una serie di sequenze prive di musica e definite soltanto dalla potenza delle immagini, con un massacro generale di uomini, donne e bambini. In tutto questo, però, è di massima importanza notare che in LoGH non avviene mai una riduttiva separazione tra bene e male, una netta divisione tra buoni e cattivi: è la storia di due "nazioni" in conflitto, l'una contro l'altra e viceversa, con tutto quel che ne consegue. Seguiamo le vicende di personaggi da entrambe le parti, così come assistiamo agli intrighi e ai complotti di terze (il pianeta "neutrale" Phezzan e il suo leader senza scrupoli Adrian Rubinsky, il quale cerca di trarre vantaggio da entrambe le fazioni principali per i propri scopi) e quarte parti (i Terraisti dell'arcivescovo De Villier, un gruppo di fanatici che ricorrono a metodi coercitivi disumani pur di promuovere il ritorno dell'umanità sul lontano pianeta Terra). Nessuno è esente da critiche: nell'Impero ci sono individui abietti (in un certo senso l'enigmatico Kaiser Friedrich IV, il cospiratore Braunschweig, l'infido Lichtenlade, il becero Flegel) esattamente come nell'Alleanza (l'approfittatore Job Trunhit, per esempio), così come un nemico (un termine, quest'ultimo, da prendere in considerazione in modo diverso secondo il punto di vista preso in esame) può essere anche un ottimo padre di famiglia (il soldato imperiale Kempf, il politico Heydrich Lang) o un brillante architetto (Silverberche, il quale mi ha ricordato Albert Speer, l'architetto personale di Hitler e artefice di alcuni dei progetti edili più importanti del Terzo Reich), o infine, un eccellente comandante della vecchia guardia (l'imperiale Merkatz, il già menzionato Bewcock per l'Alleanza). Di volta in volta, insomma, tiferemo per l'una o per l'altra parte, giacché è veramente difficile prendere le difese soltanto di una delle due; o almeno, per me è stato impossibile farlo. In definitiva, in LoGH trama e personaggi sono legati in maniera indissolubile e si completano a vicenda immergendoci e coinvolgendoci completamente.
V. Background strutturale e riferimenti culturali
Per ciò che concerne il background su cui si posa la narrazione, bisogna rilevare che l'attenzione al dettaglio rasenta la perfezione. Tanto per farsi una prima idea della complessità intrinseca di LoGH, è sufficiente pensare che l'autore dei romanzi abbia persino stilato una cronologia dettagliata precedente ai fatti narrati della serie, tant'è che diversi episodi, come il quarantesimo, offrono numerosissime informazioni sugli eventi del passato, sulla nascita e la caduta di governi e imperatori, su guerre che hanno avuto conseguenze catastrofiche, sulla fondazione di colonie planetarie sparse per il cosmo e così via. Per contestualizzare ancora meglio storia, personaggi e luoghi, Tanaka ha inventato almeno tre nuovi sistemi di datazione: un calendario universale usato dall'Alleanza, un altro utilizzato dall'Impero e, infine, uno per il Neue Reich. Ed è sorprendente scoprire che tutti e tre i suddetti calendari possono essere tradotti secondo il nostro sistema di datazione attuale. Inoltre, lungo la serie avremo modo di scoprire le origini dell'Impero galattico, fondato da Rudolf von Goldenbaum, e quelle dell'Alleanza dei Pianeti Liberi, nata dall'iniziativa di un eroe ribelle, tale Arle Heinessen; a tutto ciò si aggiunge una serie di altri personaggi storici fittizi, comunque verosimili e ben elaborati che contribuiscono a rendere l'opera profondamente composita e sviluppata su più strati. Tornando, invece, al tempo presente dell'ambientazione della serie, a darci una mano nel districarci in un mondo così eterogeneo e variegato è un narratore onnisciente la cui voce introduce e termina ogni puntata e interviene anche tra una sequenza e l'altra per spiegare i meccanismi e i nessi degli eventi più importanti. Una consistente cura per i dettagli si riscontra, inoltre, non solo nelle battaglie spaziali rappresentate a puntino con tanto di mappe virtuali che mutano in tempo reale col proseguire dello scontro, ma anche nelle fazioni in guerra rese differenti l'una dall'altra per mezzo di uniformi e gradi: in sostanza, lo spettatore comprende immediatamente la fazione d'appartenenza dei personaggi non appena appaiono sullo schermo. Nel caso dell'Impero galattico, l'uniforme è nera in ogni sua parte e ciascun grado militare è prontamente identificabile grazie ad alcuni particolari come mantelli di diverso colore, mostrine e applique di vario genere sulle spalle e sul petto. Nel caso dell'Alleanza, invece, l'uniforme è costituita da una casacca verde scuro e da un paio di pantaloni color beige; in più, alcuni alleati indossano con una certa frequenza un basco. Oltre all'importanza delle apparenze, in LoGH anche i nomi rivestono un ruolo di primo piano, tanto che nelle prime puntate (e in realtà lungo tutta la serie), appaiono in sovrimpressione titoli, gradi e nomi ogni volta che un nuovo personaggio fa la sua comparsa (vale lo stesso anche per i luoghi e le navi). Nell'Impero, la nomenclatura è marcatamente di foggia tedesca (Reinhard, Siegfried, Oskar, Wolfgang e così via); nel caso dell'Alleanza, di Phezzan e dei Terraisti si spazia dal russo al cinese (Rubinsky, Wenli) finanche al tedesco (Julian, Katerine, Schönkopp, Frederica), al francese (Poplin, De Villier) e all'inglese (Edwards, Bewcock, Greenhill, Attenborough). Per quanto riguarda il Reich galattico, mi sembrano degni di nota i cospicui riferimenti alla cultura tedesca tout court ("Herr" e "Freulein" per "signore" e "signorina", soprannomi come "Wölfe der Sturm", il "lupo della tempesta") e alla mitologia norrena. Riguardo a quest'ultimo punto, non è un mistero che alla fine dell'Ottocento, per via di un processo storico che ha le sue radici nel Romanticismo e nell'intrinseco sentimento di nazionalismo di quel periodo, già da tempo in Germania si guardava con attenzione alle proprie origini culturali, tanto che, per fare un esempio, Richard Wagner compose opere monumentali basandosi sul poema epico medievale scritto in alto tedesco conosciuto come Nibelungenlied ("l'Anello dei Nibelunghi"); a tal proposito, dunque, l'idea di Tanaka di inserire il Reich galattico in un contesto molto simile dà origine a un espediente narrativo e strutturale davvero singolare e d'effetto, e tutto ciò è chiaramente ripreso nella serie animata. Non solo i personaggi (ancora, Siegfried), ma anche le astronavi e i pianeti devono il loro nome alla cultura germanica o a qualche eroe o divinità norrena: ad esempio, "Odin" è il pianeta base dell'Impero; la Fortezza di Iserlohn è armata con il cosiddetto "Thor Hammer" (un "martello di Thor" che ricorda molto il raggio laser della Morte Nera starwarsiana); l'ammiraglia di Reinhard si chiama "Brunhild" come la celebre valchiria di wagneriana memoria; la nave di Kircheis, la "Barbarossa", è un riferimento a Federico Hohenstaufen detto, per l'appunto, "Barbarossa" (celebre imperatore del Sacro Romano Impero nel XII secolo). A tutto ciò si aggiunge che, nel Reich galattico, si crede veramente alle divinità scandinave, oltre al fatto che gli imperiali si riferiscono all'aldilà menzionando il "Valhalla", la sala di Asgard in cui gli eroi norreni, morti gloriosamente in battaglia, attendono di combattere un'ultima volta nel Ragnarök, l'apocalisse finale (nella serie si fa riferimento anche a quest'ultimo proprio in un'omonima operazione militare promossa da Reinhard). Per contro, è curioso notare invece come le navi dell'Alleanza dei Pianeti Liberi siano insignite di nomi tratti dalla mitologia greca e da quella dei Babilonesi e delle civiltà precolombiane: la prima ammiraglia di Yang è, infatti, la Hyperion, universalmente noto come il nome uno dei titani, ma non mancano altri nomi famosi come Quetzalcoatl (il "serpente piumato" degli Aztechi), Leonidas (il re più famoso degli Spartani), Marduk (dio babilonese del giudizio e della magia) e, ancora, Achilleus, Patroklos, Ajax e Ulysses (quattro celeberrimi personaggi dell'Iliade). Infine, giusto per fare qualche altro esempio (non bastano mai), non mancano riferimenti colti alla cultura storica: nel tredicesimo episodio, in occasione dell'invasione dell'Alleanza nel territorio dell'Impero, Yang Wenli menziona correttamente la tattica della "terra bruciata" utilizzata nel 1812 dai Russi per mettere in difficoltà l'armata di Napoleone; in un dialogo sono menzionati i cosiddetti "hòi pollòi" (metto gli accenti per facilitarne la corretta lettura), allocuzione greca che indica "i molti" o, in senso stretto, la "maggior parte" di un gruppo, nonché termine molto familiare per chi, come me, al liceo traduceva versioni dal greco antico. In un altro dialogo, il personaggio di Mecklinger cita con assoluta naturalezza, pur senza specificarne la provenienza, una frase attribuita ad Alessandro Magno: "Personalmente, non temo un esercito di leoni capeggiato da una pecora, bensì ho paura di un'armata di pecore guidata da un leone". Suddetta traduzione è mia, così come mi appartiene la traduzione della frase originale tratta dalla Wikipedia inglese: "Dicono che un gregge di pecore guidato da un leone soverchierà un branco di leoni guidato da una pecora". Di esempi così se ne potrebbero fare molti altri, ma mi limiterò a dire che, senza dubbio, espedienti del genere costituiscono un notevole valore aggiunto alla serie.
VI. Gli autori e lo stile
A contribuire al senso di epico che permea l'intera serie è un'équipe di produttori e autori davvero di rilievo: è proprio grazie a essa che le opere scritte da Yoshiki Tanaka "prendono vita" nel miglior modo possibile. Innanzitutto, la regia di Noboru Ishiguro, una vera istituzione nel mondo degli anime, è molto sobria e semplice, eppure estremamente calibrata e sapiente. La maggior parte delle sequenze non richiede chissà quali riprese movimentate (l'ossatura alla base della serie è costituita da dialoghi e le battaglie spaziali, considerata la loro vasta portata, sono illustrate a una certa distanza), però, quando occorre, le scene d'azione incentrate su scontri a terra, con pistole e asce alla mano, sono rappresentate con fluidità e senza sbavature di alcun tipo. In secondo luogo, il character design è curato da numerosi autori tra i quali si annoverano Matsuri Okuda, Shingo Araki (Saint Seiya), Yoshiaki Kawajiri (Ninja Scroll, Vampire Hunter D: Bloodlust), Yoshinori Kanemori (Alexander) e Tomonori Kogawa (Space Runaway Ideon): in generale, i personaggi risaltano grazie a connotati "solenni" e semi-realistici che non sfociano mai nel fotorealismo vero e proprio. Da rilevare, inoltre, che i personaggi "crescono" verosimilmente nel corso degli anni, sia in termini di fisionomia generale (il viso di Julian è ben più adulto verso la fine della serie rispetto alle sue prime apparizioni) sia per quanto riguarda dettagli di altro genere (i capelli di Reinhard diventano gradualmente più lunghi una stagione dopo l'altra). In terzo luogo, il mecha design di Katō Naoyuki, peraltro illustratore dei romanzi originali, è di tutto rispetto, soprattutto per quanto concerne le navi spaziali: sebbene queste tendano tutte a somigliarsi un po' troppo tra loro (eccezion fatta per i caccia monoposto e navi ammiraglie imperiali come la Brunhild, bianca e affusolata, e la Barbarossa, color vermiglio), in realtà alcuni dettagli di forma e colore permettono allo spettatore di identificare alla prima occhiata se le navi colossali presenti sullo schermo appartengano all'Impero o all'Alleanza (grigie nel primo caso, verde spento nel secondo). Nonostante il comparto grafico sia, quindi, di eccellente fattura, tuttavia c'è qualche postilla da rilevare: soprattutto nelle prime due serie, il character design e lo stile grafico sono alquanto altalenanti. Già dal sesto-settimo episodio, infatti, essi variano da uno stile "retrò" a uno piuttosto "moderno" anche tra una scena e l'altra o, addirittura, tra un fotogramma e l'altro nello stesso episodio, causando non poco fastidio. Con le dovute ricerche, ho scoperto che ciò è da ascrivere al restauro di alcune scene risalenti alla prima versione in Laser Disc degli anni Novanta in occasione del riversamento in DVD nei primi anni del Duemila: ad esempio, alcuni personaggi sono stati rifatti da capo (come nelle puntate 15 e 40), così come nel quarantaquattresimo episodio si palesa un lieve utilizzo di Computer Graphic per alcuni carri armati in movimento. In certi casi, gli episodi sono stati rifatti integralmente, mentre in altri si è scelto di sfruttare il sistema di cui parlavo sopra. Non è niente di trascendentale, si capisce, però è opportuno tenerlo presente.
VII. La colonna sonora
Per quanto riguarda il comparto sonoro c'è veramente poco di cui lamentarsi: i doppiatori di tutti i personaggi restano, chi più chi meno, impressi per bravura e grande capacità di caratterizzazione (con particolare riferimento alle eccellenti voci dei due protagonisti, Ryō Horikawa per Reinhard e il purtroppo già compianto Kei Tomiyama per Yang), mentre le musiche meritano un discorso a parte. Intervistato in merito al suo monumentale Barry Lyndon, il cineasta statunitense Stanley Kubrick così affermava: "Per quanto bravi possano essere i nostri migliori compositori, non sono certo un Beethoven, un Mozart o un Brahms. Perché usare della musica che è meno valida quando c'è una tale quantità di grandi musiche per orchestra, del passato e della nostra stessa epoca, che si possono utilizzare?" [da Ciment M., KUBRICK, Rizzoli, Milano, 2002; p.183] Forse l'affermazione del grande regista è un po' estrema, ma rende bene l'idea dell'atteggiamento degli autori di LoGH, i quali, volontariamente o meno, si sono perfettamente appropriati della lezione di Kubrick. Quasi ogni scena della serie è, infatti, accompagnata da brani di musica colta che spaziano dal Barocco al classicismo, dal Romanticismo al tardo-Romanticismo per sconfinare, infine, nella prima metà del Novecento. In particolare, mi sembra il caso di rilevare che le sequenze con feste e banchetti vantano brani barocchi di Händel e Torelli. Le sequenze di battaglia e tutte le scene drammatiche sono invece supportate dal sinfonismo eroico di Beethoven (poco da dire su "Ludovico van" che, personalmente, reputo a dir poco immenso e del quale non mancano comunque alcune sonate per pianoforte in brevi scene particolarmente evocative) e da quello universale di Gustav Mahler e Anton Bruckner (le loro opere sinfoniche sono parecchio estese e sembrano toccare le più intime corde della natura e dell'universo), dalle sinfonie più contenute ma ugualmente potenti di Robert Schumann, Antonín Dvořák e Johannes Brahms e da quelle malinconiche di Jean Sibelius (parafrasando lo stesso compositore, alcune sonorità da lui ideate evocano "l'acqua che scorre" o "la prima neve che cade"), per finire con le sinfonie cupe di Dmitrij Šostakovič (compositore vessato che, rammento, componeva sotto l'oppressivo e opprimente regime sovietico) e qualche sortita dell'esiguo sinfonismo wagneriano (difatti, l'autore era principalmente impegnato nella composizione di opere liriche). Inoltre, nelle scene di vita quotidiana, in alcuni dialoghi e anche in certi incipit ed explicit affidati al narratore, si annoverano le sinfonie di Mozart e Haydn (la perfezione del primo non è in discussione in questa o in qualunque altra sede, mentre il secondo è il "padre della sinfonia" da un punto di vista formale), così come qualche brano di Bach, Chopin e Liszt (per forza di cose, sebbene siano necessari ulteriori commenti in particolare sul sommo Bach, mi astengo dall'aggiungere altro). Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti, soprattutto per gli amanti della musica comunemente definita "classica". Se proprio dovessi trovare un difetto nell'uso di suddetta musica da parte degli autori, direi che la brusca interruzione di certi brani per motivi di regia provoca un certo fastidio soprattutto a chi, come me, conosce a memoria la quasi totalità dei brani utilizzati nella serie. Ciò nonostante, c'è la possibilità che anche le orecchie dei meno appassionati di musica classica possano risentirne. Ad ogni modo, a completare la già ricchissima colonna sonora non originale, sono due inni militari per le rispettive fazioni a cura di Shinsuke Kazato, il quale si occupa di mettere in musica anche le otto sigle complessive. Ciascuna delle quattro "parti" della serie ha, infatti, una propria sigla d'apertura in lingua inglese e una di chiusura in giapponese: quelle che mi hanno colpito di più sono la prima opening ("Skies of Love", cantata da Michiru Akiyoshi) e la prima ending ("Hikaru no Hashi no Koete", cantata dalla voce commovente e sentita di Kei Ogura), nonché la terza sigla d'apertura ("Sea of Stars", cantata da LISA). Le altre mi hanno lasciato indifferente, anche se la quarta opening è riuscita a farsi odiare per via della voce stonata della cantante (ed è un vero peccato, giacché macchia, anche se in minima parte, la serie conclusiva).
VIII. L'importanza dei sottotitoli
Prima facevo riferimento alla parziale reperibilità nella nostra lingua. Nonostante la sua popolarità in patria, purtroppo LoGH non è mai stato localizzato in nessun paese del mondo (eccezion fatta per i doppiaggi francese e cinese del film OAV introduttivo) e ciò perché, secondo le voci che circolano in rete, dagli archivi originali dei produttori è assente la cosiddetta "traccia internazionale", ossia quella provvista soltanto di suoni e musica sulla quale si può missare un nuovo doppiaggio. Inevitabilmente, l'unica possibilità è di visionare la serie grazie ai sottotitoli, ma anche in questo caso sorge un problema non indifferente: nella nostra lingua la serie è stata sottotitolata da un gruppo di appassionati soltanto fino a metà o poco più, mentre, per il resto, la salvezza è rappresentata dai sottotitoli in lingua inglese. Per una questione personale di coerenza generale, ho deciso di visionare il tutto in inglese, sia i film introduttivi sia l'intera serie. Pur con la mia buona conoscenza dell'inglese, si è trattato comunque di una vera sfida poiché, per via dei temi e dei dialoghi spesso non proprio semplici, i sottotitoli sfoggiavano una sintassi complessa ed erano ricchi di termini a dir poco specifici e tecnici. D'altro canto, è chiaro che non si sia trattato di un'impresa facile, ma con un po' di buona volontà quasi nulla è impossibile e in questo caso l'esperienza è stata, per giunta, anche parecchio istruttiva. Ciò nondimeno è un vero peccato non potersi godere LoGH in italiano, poiché, a mio avviso, molti termini (soprattutto nomi e gradi militari) potrebbero rendere meglio se pronunciati secondo la loro lingua d'appartenenza: un esempio su tutti, il nome "Siegfried" in giapponese è pronunciato "Sigufurido" con "s" sorda e varie vocali in più, mentre in tedesco la pronuncia di "sigfrid" prevede una "s" sonora e solo due vocali. Per carità, si tratta di una mera questione linguistica d'importanza secondaria in questa sede - preciso che amo e rispetto visceralmente la lingua e la cultura giapponese, però ammetto di aver immaginato quale effetto avrebbe sortito una localizzazione in una lingua occidentale come la nostra. Ad ogni modo, non mi dispiacerebbe neanche un lavoro di sottotitolazione ufficiale come si deve, sicché acquisterei senz'altro l'edizione Blu-ray (da noi costerebbe sicuramente meno rispetto all'attuale versione giapponese). Naturalmente, lo stesso discorso può essere applicato riguardo alla pubblicazione in una lingua occidentale dei romanzi originali, possibilmente anche nella nostra. Chissà, magari avverrà qualcosa del genere quando avrò bisogno di un bastone per camminare.
IX. Ultime annotazioni
Ringraziando il paziente lettore che è riuscito ad arrivare "indenne" (si spera) fino alla fine di questo papiro, mi accingo a terminare la mia recensione. Così com'è stato piuttosto complicato scrivere di quest'opera, allo stesso modo per me è molto difficile consigliarla a qualcuno a cuor leggero o senza colpo ferire. Credo che, in questo caso più che in altri, si debba procedere seguendo principalmente (ma non esclusivamente) i propri gusti: se siete interessati a una "space opera" d'ampio respiro incentrata sulla politica, sulla guerra e sulle vite di esseri umani verosimili in rapporto a quest'ultima, allora Legend of the Galactic Heroes è ciò che state cercando. In ogni caso, sarebbe comunque un peccato farsi scappare la visione di un'opera di rara bellezza e così unica nel suo genere come questa. Per quanto mi riguarda, non la dimenticherò mai.
"Die Sage ist vorüber, die Historie beginnt".
Ci sono pochi casi, rarissime eccezioni, nelle quali un semplice mezzo d'intrattenimento diventa vera e propria arte, nonché veicolo di profonde argomentazioni - in qusto caso filosofia politica, storia, natura umana, etica - rendendole accessibili ai più in modo genuino, avvincente, senza alcuna mistificazione ed ambiguità di sorta. "Ginga eiyū densetsu" - "Legend of the Galactic Heroes", alias "LOGH" per noi occidentali - è una di queste rare opere, un vero e proprio capolavoro riconosciuto all'unaminità in tutto il mondo per la sua indubbia caratura artistica. Questa mastodontica serie di OAV, tratta dai romanzi fantascientifici di Yoshiki Tanaka, è il punto d'arrivo finale della space opera epica giapponese, filone inaugurato dall'epocale "Corazzata Spaziale Yamato", altro capolavoro indimenticabile con il quale "Ginga eiyū densetsu" condivide il regista, Noboru Ishiguro, il maggiore direttore di space opera del Sol Levante.
E' difficile approcciarsi all'analisi di un titolo di tale portata, il cui carisma e fascino intrinseci hanno ben pochi rivali in tutto lo scibile dell'animazione giapponese di tutti i tempi. L'opera si snoda attraverso lontani pianeti inimmaginabili, risvolti politici ed avvenimenti reminescenti della vera storia dell'umanità, battaglie spaziali epiche tra migliaia di astronavi le quali si schierano nello spazio infinito, piacevolissime incursioni nella vita quotidiana dei protagonisti. Grande spazio è lasciato alla caratterizzazione dei personaggi, alle loro vicende e trascorsi personali: essi sono il punto forte di "Ginga eiyū densetsu", in quanto la storia viene fatta dagli uomini, dai loro ideali, dalle loro convinzioni, senza che queste siano necessariamente veritiere o palesemente false. Alla fin fine ognuno combatte per le persone a cui tiene, per preservare il suo microuniverso nel vasto ed imprevedibile macrouniverso che trascende ogni possibile finalità; quel cosmo ben lungi dall'essere interessato alle teorie politiche ed ideologiche partorite dalla limitata mente umana. La guerra che avviene in "Ginga eiyū densetsu" è uno scontro tra sistemi di governo; è la battaglia fra Yang Wen-li, geniale ed eccentrico ammiraglio apparentemente svogliato ed indolente - nonché studioso di storia, intellettuale divenuto guerriero suo malgrado, ultimo araldo difensore dell'ideologia democratica in un paese in cui la democrazia è quanto mai corrotta e in crisi -, e Rehinardt Von Lohengramm, la migliore incarnazione del buon governo autocratico, un giovane ed ambizioso militare dal talento innato e dal carisma inarrivabile.
Ognuno dei protagonisti viene presentato dal regista in modo molto accurato, sia dal punto di vista della storia personale, degli affetti, della personalità - indubbiamente reminescente di quella dei grandi nomi della storia dell'umanità -. I due protagonisti sono affiancati da un'elevato numero di comprimari, ciascuno dei quali ha una caratterizzazione ben definita, forte, una psicologia credibile. Non posso non citare Paul Von Oberstein, il machiavellico braccio destro di Rehinardt: egli è un uomo freddo, calcolatore, completamente devoto allo stato; un uomo il quale, sebbene venga odiato dai suoi colleghi per via della sua scarsa umanità, con i suoi giochi sporchi fornisce un'aiuto indispensabile all'ascesa al potere e al buon governo del suo padrone. Il confine tra bene e male, in "Ginga eiyū densetsu", è praticamente inesistente. Più che di "buono" e "cattivo" conviene parlare di contesto sociologico e politico, di "necessario" e "non necessario" al bene dello stato. Oberstein è un male necessario, in quanto è anche grazie ai suoi freddi calcoli che il romantico Reinhardt riuscirà nelle sue imprese. Ogni protagonista ha infatti al suo fianco delle personalità forti che in qualche modo lo completano: sempre dalla parte del "marmocchio biondo" abbiamo l'amico d'infanzia Siegfrid Kircheis, giovane corretto, intelligente, carismatico e talentuoso; Hildegard von Mariendorf, vero e proprio genio politico in grado di pianificare strategie vincenti sul lungo periodo; Oskar von Reuenthal, ambizioso militare circondato da un inquietante alone di mistero, uomo la cui psiche è stata danneggiata da un trauma infantile legato alla figura materna; Wolfgang Mittermeyer, militare sincero, genuinamente fedele alla sua causa e alla sua famiglia, nonché migliore amico di Reuenthal; Fritz Josef Bittenfeld, la testa calda della compagnia, la perfetta antitesi di Oberstein; e tanti, tanti altri, ciascuno in grado di rimanere impresso anche con poche apparizioni, come ad esempio Ernst von Eisenach, ammiraglio taciturno il quale comunica gli ordini attraverso un codice personale fatto di fermi gesti e silenziosi segnali. Dalla parte di Yang Wen-li sono altresì presenti numerosi comprimari, che nella loro disinvoltura rispecchiano, allo stesso modo del loro leader, lo spirito della migliore delle democrazie: Julian Mintz, figlio adottivo di Yang, ragazzo di mente aperta il quale riflette sui consigli e sulle delucidazioni storiche che quotidianamente riceve dalla grande personalità con la quale ha il pregio di convivere; Frederica Greenhill , donna sensibile, intelligente e socevole; Walter von Schenkopp, vero e proprio "bad boy" quarantenne, micidiale nei combattimenti corpo a corpo, leggendario donnaiolo pieno di sé e decisamente irriverente; Dusty Attenborough, talentuoso e giovanissimo ammiraglio, nonché persona genuina, spontanea, solare anche nei momenti più difficili; Willibald Joachim von Merkatz, ammiraglio sessantenne dotato di grande esperienza sul campo di battaglia; Katerose von Kreutzer, l'introversa e scontrosa figlia di Schenkopp; e, anche in questo caso, tantissimi altri personaggi, ognuno in grado di lasciare il segno in ogni singola entrata in scena. In "Ginga eiyū densetsu" i militari non vengono dipinti come dei mostri assassini: essi sono individui come tanti altri, spesso con famiglia a carico, determinati interessi, passioni e affezioni. Quando un personaggio muore, la sua mancanza arriva a cambiare radicalmente chi gli voleva bene; sembra di assistere alla morte di persone vere; la mancanza del personaggio deceduto si sente, influenza l'ambiente circostante, gli amici, gli amori, le cose. La morte, in "Ginga eiyū densetsu", viene propinata in modo fin troppo realistico: arriva all'improvviso, colpisce e lascia un vuoto enorme dietro al suo cammino. In nessun anime ho visto trattare il tema della morte meglio che in "Ginga eiyū densetsu". Senza alcuna spettacolarità, senza alcun patetismo, estetizzazione, artificio o forzatura di sorta.
Nella guerra in corso non sono presenti soltanto due schieramenti, ma anche misteriosi cospiratori i quali agiscono nell'ombra. Individui come Adrian Rubinsky da dietro le quinte architettano sotterfugi di vario genere, al fine di trarre vantaggio dalla guerra con il minimo sforzo, senza sporcarsi eccessivamente le mani; esattamente come la Chiesa Terrestre, la quale simboleggia il potere religioso nel suo senso politico più realistico possibile: il controllo delle masse. La religione, in "Ginga eiyū densetsu", è l'oppio dei popoli, come direbbe Marx. I sacerdoti s'interessano fin troppo di politica, commissionano attentati e omicidi con molta disinvoltura, arrivano addirittura a somministrare droghe nel cibo dei fedeli al fine di sottometterli in modo completo. Un lavaggio del cervello a base di propaganda religiosa attualissimo, che trova piena corrispondenza nella realtà: basta pensare ai vari fondamentalisti religiosi i quali, ancora al giorno d'oggi, compiono attentati terroristici venendo manipolati dai poteri forti che stanno dietro alle quinte. Detto ciò, ho notato che nessun protagonista dell'anime ha bisogno della religione: ognuno di essi ha un proprio codice etico personale perfettamente conforme alle sue convinzioni, affezioni e background culturale.
"Ginga eiyū densetsu" è un'opera squisitamente giapponese nella sostanza, un anime nel quale lo spettatore spesso noterà determinati comportamenti molto insoliti per un occidentale. I personaggi danno molta importanza all'onore, al rispetto reciproco, hanno una buona opinione del loro nemico. Non è raro assistere a veri e propri suicidi che paiono virtuosi gesti di samurai quanto mai fedeli alla loro causa. Scene di questo genere rimangono sicuramente impresse, allo stesso modo dei combattimenti all'arma bianca, nei quali si assiste ad una vera e propria macelleria di carne umana. In "Ginga eiyū densetsu" la guerra non viene affatto spettacolarizzata, anzi, spesso gli scontri diventano molto violenti, grotteschi e incisivi; poveri soldati fatti a pezzi chiamano disperati la madre o la findanzata, intonando un lamento metallico angosciante; bombe atomiche vengono lanciate su pianeti interi al fine di decimare la popolazione indifesa. La guerra produce orrori di ogni sorta, non è certamente un gioco. E il regista lo fa intendere benissimo.
Assieme al suo antesignano "Dougram" - l'unico altro anime della storia interamente basato su filosofia politica, dialoghi, strategie ed eventi storici realmente accaduti -, "Ginga eiyū densetsu" è a mio avviso l'anime più maturo in assoluto. Non sono presenti eccessi di alcun tipo, alcuna vera vittoria, alcuna finalità di sorta. Le cose accadono e basta. Autocrazia e democrazia vengono messe sullo stesso piano: non c'è un'alternativa migliore o una peggiore. La virtù sta sempre nel mezzo. Dipende dalle persone, dal contesto storico, economico, politico e sociologico, in modo perfettamente coerente con la corrente di pensiero del relativismo storicistico. La soluzione migliore per una persona/popolo è allo stesso tempo un danno per un'altra persona/popolo che ha radici in una cultura e in un contesto completamente differenti. Non esiste alcun assoluto nella storia. Le cose si ripetono all'infinito, secondo un'andamento ciclico, in quanto la natura umana ricade inevitabilmente negli stessi errori. Ma questa non è necessariamente una cosa negativa: per sfuggire alle catene della storia l'uomo dovrebbe cessare di essere umano. Cosa assolutamente poco realistica: "Ginga eiyū densetsu" è infatti una storia di uomini, non di superuomini. Uomini con tutti i loro pregi e difetti, sogni ed affezioni. Uomini che si ammalano, s'innamorano, vengono ingannati, compiono errori, vengono traditi, tradiscono a loro volta e così via. Guerrieri ben lungi dal trascendere i limiti imposti dalle catene del reale. Il finale della serie, con la sua asserzione finale, è uno dei migliori finali che abbia mai visto, ed è perfettamente allo stesso livello della qualità elevatissima e sublime che l'ha preceduto.
Nonostante la sua elevata caratura artistica e la sua indubbia consistenza (centodieci puntate), "Ginga eiyū densetsu" rimane sempre e comunque avvincente ed appassionante, anche se basato prevalentemente su dialoghi e strategie (le quali, tuttavia, sono abbastanza semplicistiche, se paragonate a quelle di "Dougram"). Durante la visione si nota la grande perizia registica del veterano Noboru Ishiguro, mostro sacro in grado di gestire alla perfezione un cast spropositato di personaggi, tonnellate di dialoghi, battaglie epiche, genuini inserti slice of life. Il tutto senza alcun calo di qualità per l'intera durata della serie. L'alchimia sceneggiatura/sonoro è perfetta; la visione è resa ancora più avvincente dalla sontuosa colonna sonora, un repertorio di musica classica monolitico, in grado di spaziare tra centinaia di brani famosi sempre adatti alle scene che accompagnano.
E' veramente difficile non rimanere ammaliati da questo capolavoro. Si tratta di un'opera così sincera, sublime, imponente, dal significato profondo e dai personaggi indimenticabili. Una narrazione epica in grado di lasciare un segno indelebile con il suo carisma. "Ginga eiyū densetsu" è un vero e proprio evergreen, un'opera che non passa mai di moda; un'opera in grado di trascendere il limite intrinseco dovuto alla finzione tipica del mezzo animato, giungendo a livelli ben più elevati e profondi rispetto alla maggiorparte degli altri anime. Al giorno d'oggi molti utilizzano la parola "capolavoro" con troppa disinvoltura, a sproposito, anche etichettando opere infime, spesso figlie dell'ultima moda del momento; tuttavia, "Ginga eiyū densetsu" va ben oltre queste tendenze transitorie e rimane, a detta della maggiorparte degli appassonati di tutto il mondo e della storia, uno dei più grandi e celebri capolavori dell'animazione giapponese di tutti i tempi.
NB: Sebbene sia quasi sconosciuto in Italia, "Ginga eiyū densetsu" è un'opera molto nota e rinomata nella sua madrepatria. Sono presenti numerosi OAV inerenti questa saga, i quali a mio avviso non sono assolutamente indispensabili (spesso sono caratterizzati da un marcato fanservice ad esclusivo uso e consumo di chi ha gia visto la serie principale). Gli unici extra obbligatori per integrare la visione dell'opera sono i due film "Ouverture to a New War", il quale narra gli eventi delle prime due puntate della serie in modo molto più completo, e "My Conquest Is the Sea of Stars", vera e propria introduzione al vasto universo di "Ginga eiyū densetsu".
Fino a qualche giorno fa non pensavo che sarei mai ritornato a etichettare un anime come 'capolavoro', o meglio, fino a qualche settimana fa, quando arrivato a metà visione, avevo già capito quanto la maturità e la profondità di Ginga Eiyuu Densetsu si elevassero al di sopra di quasi tutto quanto avessi già visto. La Leggenda degli Eroi Galattici è semplicemente 'leggenda' di nome e di fatto, un capolavoro imprescindibile, imprevedibile, emozionante, indelebile. Mastodontico tanto nella durata (110 episodi per l'home video divisi in quattro stagioni, senza contare vari prequel usciti in seguito) quanto nella dettagliatissima riproduzione dell'universo generato dalla mente di Yoshiki Tanaka, autore della celebre serie di romanzi da cui è stato tratto, è ambientato in un'ipotetico trentacinquesimo secolo in cui i viaggi interstellari sono ormai cosa comune e dove tale è rimasta anche la tendenza degli esseri umani a formare fazioni per darsi battaglia. LOGH riesce, dove tanti altri titoli falliscono, a mantenere viva l'attenzione dello spettatore per ciascuna delle oltre cento puntate di fila, trattando allo stesso tempo temi ostici come geografia e filosofia politiche. E il bello è che potrebbe benissimo riuscirci fornendosi della forza dei soli dialoghi, il cui stampo letterario è spesso ben manifesto, grazie all'uso di una retorica che, attenzione, mai rischia di risultare prolissa, tanto meno di scadere in alcuna gratuita lezioncina morale. Già in questo la sceneggiatura dimostra una maturità invidiabile. La moralità non è mai presentata come qualcosa di inequivocabile, univoco, ogni attore agisce secondo la propria, in completa coerenza, tanto che il rischio di prediligere, da spettatori, l'una o l'altra delle parti opposte, non si corre mai, perché non è possibile stabilire chi sia nel 'giusto' o nello 'sbagliato'. In fin dei conti la guerra da più di un secolo in corso tra la democratica Alleanza dei Pianeti Liberi e l'autocratico Impero Galattico, fa da cornice al conflitto che le figure chiave della vicenda hanno con se stesse. Yang Wenli e Reinhardt von Lohengramm non interpretano il ruolo stereotipato di 'antagonisti': si stimano, si equivalgono nell'ingegno, ma proteggono ideali contrapposti, e spesso e volentieri dubiteranno che perseguirli in modo assoluto costituisca il modus operandi più opportuno. Eppure non possono, non devono indugiare, perché proteggere ideali non vuol dire altro che proteggere le persone che hanno sostenuto, sostengono e sosterranno tali ideali, nel corso di una storia umana che, pertanto, non conosce cambiamento: "In ogni epoca, in ogni luogo, le azioni degli uomini rimangono le stesse" recita l'incipit della seconda opening. Un'osservazione che si riflette specialmente nel fare calmo e modesto di Yang, che invece di diventare ammiraglio della flotta repubblicana, avrebbe preferito fare lo storiografo; più aspirazionista è il modo di pensare di Reinhardt, che giura a se stesso, e a due persone a cui tiene più della sua vita, ovvero la sorella e l'amico d'infanzia-braccio destro Sigfried, di riuscire a ribaltare la dinastia tiranna dei Goldenbaum, presente da cinque secoli, e divenire sovrano illuminato dell'intera galassia. Come spettatori, penso sia davvero impossibile non arrivare a riconoscere con immensa ammirazione lo straordinario carisma che entrambi i protagonisti trasudano, e che li piazza di diritto tra i più memorabili di sempre. Ma se pensate che, degli oltre cento nomi presenti nel cast, essi siano gli unici a vantarsi di una caratterizzazione coi fiocchi, vi sbagliate: la gerarchia militare che costituisce le fazioni si compone di personalità ugualmente capaci di lasciare un segno indelebile sia negli eventi narrati, sia nella memoria del pubblico. Potrei elencare almeno una decina di nomi per i quali non sfigura minimamente l'appellativo di protagonisti aggiunti: il già citato Sigfried Kircheis, giusto e fedele confidente; il giovane pupillo di Yang, Julian Minci; il freddo e machiavellico Paul von Oberstein, gli ammiragli Mittermeyer e Reuenthal, grandissimi compagni dagli interessanti retroscena familiari, poi Bucock, Merkatz, Muller, i vice-ammiragli Bittenfeld e Cazellnu; Schenkopp, comandante dell'imbattibile fanteria Rosen Litter; gli spiritosi Attenborough e Poplan; mentre spiccano, tra le presenze femminili, quelle di Frederica Greenhill, al fianco di Wenli, e Hildegard von Mariendorf, dalla parte di Reinhardt, insieme all'amata sorella Annerose, che avranno un ruolo di primissimo piano nei meriti delle vicende. Nomi di una lista che potrebbe ancora andare avanti, nomi che a dispetto della derivazione prevalentemente teutonica, non si dimenticano facilmente, anche perché gli autori vengono sempre incontro all'osservatore con tempestive didascalie e interventi di una voce narrante, fondamentale per orientarsi nella sapientemente ricamata trama. Sulla quantità di occasioni in cui quest'ultima vi inviterà a nozze con la sorpresa, il ragionamento, la tensione, il dubbio, la meditazione, la commozione, perfino il dolore, non mi soffermerò, poiché ve ne sono tantissime. Tutto ciò che si pretende da un'opera narrativa, sia a livello organico, sia dell'intrattenimento, ma anche dell'emotività, Ginga Eiyuu Densetsu lo garantisce, non rinunciando mai né al pragmatismo, ma nemmeno alla finezza dei mezzi. La morte, elemento che ovviamente ricorre spesso in un contesto simile, è ad esempio affrontata da una parte con immediatezza, con crudezza se necessario, ma talvolta può assumere dei toni più romanzati, ciò non togliendo che il suo peso sia il medesimo. La regia di Noboru Ishiguro (purtroppo scomparso nel 2012) sottolinea con perizia anche questi momenti, ma propone il meglio di sé nella riproduzione delle colossali battaglie tra intere flotte di navi spaziali, riponendo non tanto nelle animazioni, quanto nella componente sonora, le premesse per un esito maestoso. Proprio come era stato con Macross dunque, il regista presta grande attenzione alla colonna sonora, affidandosi al lavoro di Shin Kawabe, Shinsuke Kazato, e poi signori del calibro di Beethoven, Mozart, Chopin, Bach, Wagner, Debussy, Schumann, Brahms, Handel, Rachmaninoff ed altri. Non è da tralasciare nemmeno la bellezza delle sigle, su tutte la terza, molto evocativa 'Sea of the Stars'.
Completare un giudizio sull'apparato tecnico in modo uniforme non è facile: contando una pubblicazione che si estende per ben nove anni ('88-'97), uno sviluppo che passa tra le mani di più studi d'animazione, e il fatto che le animazioni in un anime del genere non abbiano un ruolo tanto prioritario, non si sarebbe potuto chiedere di meglio. Sicuramente degno di nota è il lavoro di character design, elaborato da ben quattro pennini: i volti hanno tratti distintivi, maturi, con linee sottili, eleganti ma essenziali, in uno stile che ancora oggi non risulta affatto obsoleto ed anzi, andrebbe preso d'esempio per la sua efficiente varietà. Decisamente buono anche il mecha-design (Naoyuki Kato), anche se la nave ammiraglia Brünhild è forse l'unica che si distingue un po' di più per bellezza estetica.
Semplicemente, per essere spronati a guardare Legend of the Galactic Heroes non c'è bisogno di essere appassionati d'animazione, o di fantascienza, anzi, direi che entrambi i termini non dovrebbero poi accostarsi troppo all'idea che ci deve fare di quest'opera. Può essere inteso come prodotto di nicchia, certamente, ma solo perché alcuni fattori superficiali, come la durata, l'età, la mole di dialoghi, finiscono solitamente per scoraggiare la maggior parte delle persone. Io stesso avevo 'paura' dei medesimi fattori, che sono poi diventati un lontano ricordo di fronte alla sensazione di meraviglia e coinvolgimento in me provocati dall'inizio e perdurati fino all'ultima, meravigliosa schermata sfocata da lacrime genuine. LOGH è un'epopea spaziale che raggiunge l'eccellenza in ogni sua parte, termine di paragone per la scrittura di sceneggiature, enciclopedia alternativa della storia dell'umanità, emozionante contenitore di storie nelle storie e galleria di personaggi eccezionali, uno tra i pezzi più pregiati dell'animazione giapponese, da tramandare ai posteri e agli scettici.
Completare un giudizio sull'apparato tecnico in modo uniforme non è facile: contando una pubblicazione che si estende per ben nove anni ('88-'97), uno sviluppo che passa tra le mani di più studi d'animazione, e il fatto che le animazioni in un anime del genere non abbiano un ruolo tanto prioritario, non si sarebbe potuto chiedere di meglio. Sicuramente degno di nota è il lavoro di character design, elaborato da ben quattro pennini: i volti hanno tratti distintivi, maturi, con linee sottili, eleganti ma essenziali, in uno stile che ancora oggi non risulta affatto obsoleto ed anzi, andrebbe preso d'esempio per la sua efficiente varietà. Decisamente buono anche il mecha-design (Naoyuki Kato), anche se la nave ammiraglia Brünhild è forse l'unica che si distingue un po' di più per bellezza estetica.
Semplicemente, per essere spronati a guardare Legend of the Galactic Heroes non c'è bisogno di essere appassionati d'animazione, o di fantascienza, anzi, direi che entrambi i termini non dovrebbero poi accostarsi troppo all'idea che ci deve fare di quest'opera. Può essere inteso come prodotto di nicchia, certamente, ma solo perché alcuni fattori superficiali, come la durata, l'età, la mole di dialoghi, finiscono solitamente per scoraggiare la maggior parte delle persone. Io stesso avevo 'paura' dei medesimi fattori, che sono poi diventati un lontano ricordo di fronte alla sensazione di meraviglia e coinvolgimento in me provocati dall'inizio e perdurati fino all'ultima, meravigliosa schermata sfocata da lacrime genuine. LOGH è un'epopea spaziale che raggiunge l'eccellenza in ogni sua parte, termine di paragone per la scrittura di sceneggiature, enciclopedia alternativa della storia dell'umanità, emozionante contenitore di storie nelle storie e galleria di personaggi eccezionali, uno tra i pezzi più pregiati dell'animazione giapponese, da tramandare ai posteri e agli scettici.
Nella filosofia politica è ormai opinione più o meno condivisa, a destra come a sinistra, che un eccessivo clima di benessere, portato da governi democratici, presto o tardi indirizzi al tramonto la civiltà, così drogata di piacere da perdere di vista valori e morale, legittimando di fatto la debolezza dello stato e la conseguente corruzione del governi. D'altro canto, però, non sono pochi i governi autoritari nati con le migliori intenzioni e forti del quasi totale supporto popolare che, pur attuando riforme più significative di una democrazia corrotta, poi finiscono anch'essi nell'irrigidirsi nel proprio potere assoluto, perdendo di vista gli obiettivi primari e condannando i loro popoli a lunghi periodi di stagnazione e immobilità politica ed economica. Se nell'arco di meno di un secolo, oggi, nel mondo reale, la politica internazionale ha designato senza appello la democrazia come miglior governo possibile tra quelli imperfetti, a suo modo di vedere adattabile a qualsiasi situazione sociale a prescindere dalle culture e dalla Storia dei popoli, chissà se tra qualche millennio la si penserà ancora così. Si tratta di dibattiti e riflessioni che faranno discutere per sempre storici e politologi, come dimostra, in un lontano XXXVI secolo spaziale, il tenente Yang Wen-li dell'Alleanza dei Pianeti Liberi, protagonista di quella che, per chi scrive, è la più adulta e matura produzione animata di sempre.
Fedele, lunghissima serie OVA (la più lunga della Storia: 110 episodi) che traspone il ciclo di romanzi scritti tra l'82 e il 1987 da Yoshiki Tanaka, "Legend of the Galactic Heroes" è scontro materiale, psicologico e ideologico, tra due punti di vista: quello di un giovane ammiraglio imperiale, Reinhard von Müsel, deciso a far tornare alla gloria un impero secolare ormai sulla via del tramonto; e appunto quello di Yang Wen-li, appartenente a un'Alleanza delle Repubbliche Unite, quest'ultima ormai preda di corruzione e degrado. Il secondo, privo di ambizioni ma dal grande genio strategico, sceglie la vita militare solo perché è l'unico modo per mantenersi: avrebbe voluto in verità fare lo storico di professione, tanto che il suo hobby è contestualizzare nella sua epoca l'intera Storia dell'uomo. Quello di Yang è un punto di vista in perenne evoluzione, che vuole capire il mondo: si rende conto che democrazia e dittatura non sono altro che governi che nascono, vivono e muoiono alternandosi continuamente e adattandosi alle situazioni culturali, storiche e geografiche, e non sa capire se, con il grande potere militare di cui presto entrerà in possesso, è giusto assecondare l'uno o l'altro; se mantenere in vita la democrazia ormai agonizzante di una sua Patria ormai ridotta al marciume, pur di tramandarne i valori ai posteri, o consegnarla ai nemici imperiali ora che questi stanno concentrando il loro potere in un giovanissimo genio, Reinhard, attorniato dai più capaci soldati dell'Impero, che sta rivoluzionando il sistema e trovando, pur al costo della sua dittatura, un'unanime acclamazione popolare, uno di quei sovrani illuminati che nascono una volta ogni mille anni. Il punto di vista di Reinhard, il "Marmocchio Biondo", invece, è quello di un giovane nobile indignato dai soprusi e dall'ipocrisia dei suoi simili, che mirando al potere assoluto, alla corona del Kaiser, intende riformare da zero l'assetto dell'impero, renderlo più giusto ed egualitario verso i cittadini, improntandolo all'ordine, all'onestà e alla meritocrazia. Per i suoi scopi dovrà però essere pronto a versare sangue (e molto), eliminare i suoi avversari politici per edificare solide fondamenta al suo potere, vincere le battaglie con l'Alleanza per fortificare la sua autorità, fare i conti con la sua coscienza riguardo ai milioni di corpi che cadranno sotto di lui. "Legend of the Galactic Heroes" è la storia di due eroi, diversi tra loro ma dalla grande caratura morale, le cui vite e battaglie, protagoniste assolute nel turbolento flusso della Storia, si incrociano influenzando le sorti dell'intera galassia.
Si parla di 110 episodi basati quasi interamente su dialoghi e battaglie spaziali tra gigantesche flotte di astronavi, con ogni puntata che mostra ora la fazione repubblicana, ora quella imperiale, discutere della situazione politica e militare in cui si trova, ipotizzare quali saranno le mosse nemiche, riflettere sui propri obiettivi, o anche solo combattere internamente, nella propria patria, contro intrighi di palazzo, colpi di stato o terrorismo da parte di terzi. Una lunga serie basata su interazioni tra personaggi e riflessioni sull'uomo, sull'etica dello Stato, sul come governare in nome del popolo (che non è sempre il frutto di libere elezioni, ma anche di un'autocrazia forte che elimina le fondamenta marce di un governo democratico impresentabile), ma spesso anche solo sulla vita personale dei due splendidi protagonisti, che vedono riflettere in essa le conseguenze delle proprie azioni. Chi scrive identifica l'opera per davvero, insieme al dimenticato Dougram, suo ideale precursore, come la più profonda mai partorita dall'animazione, dove la filosofia politica, quella vera, non è semplice apparenza per dare tono, ma è davvero il mezzo per far riflettere lo spettatore sul relativismo che governa le coscienze umane e i loro diversi punti di vista. Manca un qualsiasi tentativo di ricondurre le parti ai ruoli di buoni e cattivi: si raccontano le vite di due popoli estremamente diversi tra di loro, accumunati dall'orgoglio per la propria patria e il proprio governo, che lottano, uccidono, e all'occorrenza torturano o condannano a morte perché convinti dalla bontà della loro causa. I militari non sono solo sadici violenti, guerrafondai e approfittatori, ma anche e sopratutto persone del tutto normali, simpatiche, umanamente meritevoli, alle prese con la famiglia e le proprie amicizie: affettuosi padri di famiglia, onesti lavoratori, timidi soldati etc, che come chiunque altro possono avere scrupoli di coscienza in quello che fanno ma lo fanno lo stesso, perché loro per primi ci credono fermamente. Non c'è alcun artificioso e pretestuoso tentativo di fare la morale alle azioni di chicchesia, si viaggia nei territori di un ineccepibile realismo dei comportamenti.
Una tale, poderosa espressività che non può che soddisfare le sue ambizioni attraverso le caratterizzazioni e le interazioni dialogiche più memorabili: forte di un cast massiccio che non si vedrà più da nessun altra parte (la fine della serie regista al suo attivo più o meno 150 personaggi), "Legend of the Galactic Heroes" è pronto a consegnare all'altare della Storia individualità scolpite nella roccia, carismatiche al punto da imprimersi indelebilmente alla memoria, per mai più dimenticarsele. Se i due protagonisti principali, su cui si regge l'intera trama, sono indubbiamente Yang Wen-li e Reinhard, il macrocosmo di comprimari che gravita attorno loro raggiunge numeri e profondità impensabili, trovando individui capaci da soli, in virtù della loro fortissima personalità, di reggere ipoteticamente il peso di un'intera serie. Non si può non affezionarsi sinceramente a molti dei loro compagni in armi, all'allegro e riflessivo Rusty Attenborough, al timido Julian Minci, ma sopratutto ai sottoposti di Reinhard, tra un valoroso al contempo umile ammiraglio Wolfgang Mittermeyer, il suo ambizioso e ambiguo collega Oskar von Reuental o l'astuto calcolatore Paul von Oberstein (perfetta incarnazione del Principe machiavelliano nella sua assoluta mancanza di scrupoli nell'applicare la ragione di stato); ma sono solo le punte di diamante di un cast mastodontico e sempre caratterizzato in modo fantastico. Coerentemente con questo è perfetto il realismo nella costruzione dei rapporti interpersonali, così umani, privi di sensazionalismo o ricerca di facile spettacolarità, da bucare lo schermo creando un'empatia sempre sincera e devota. Shimao Kawanaka e, di riflesso, l'autore originale dei romanzi Yoshiki Tanaka, compiono un autentico miracolo di sceneggiatura nel tenere inchiodata l'attenzione dello spettatore in una lunga serie fittissima di dialoghi, il cui interesse risiede proprio in se stessi, nel conoscere le strategie che partoriranno le due parti, chi vincerà tra Reinhard e Yang nella loro battaglia generazionale, e sopratutto qual è, se è possibile stabilirlo, il punto di vista tra i due più condivisibile. Invece di inventare a casaccio un background politico/spaziale e far agire in esso gli attori, come se quest'ultimo non fosse poi così importante, "Legend of the Galactic Heroes" lo esplora minuziosamente, con lenti ritmi per permettere allo spettatore di non perdersi nella mole abnorme di date, luoghi e nomi: gli dà forma, poco per volta, con dialoghi e discussioni atti a caratterizzarlo, ma anche con veri e propri documentari storici, guardati dai personaggi per darsi una ripassata della Storia e della cultura dei luoghi. È quasi sconvolgente come la trasposizione di una lunga saga letteraria di 10 romanzi sbarchi in animazione senza perderci quasi in nulla, resa così bene, così approfondita, che presto si inizia a conoscere a tal punto le posizioni strategiche di città, stati e corridoi spaziali che è possibile capire o addirittura anticipare le strategie militari, ragionando, come farebbero i protagonisti, su quali saranno le conseguenze di ogni azione. Si raggiunge un livello di empatia e coinvolgimento raramente eguagliati. Medesima cura è rivolta alla caratterizzazione grafica delle due fazioni, ognuna ben rappresentata da abbigliamenti, rituali politici e addirittura inni nazionali, sopratutto l'Impero Galattico, plasmato sulle gerarchie sociali e il vestiario del regno prussiano del XIX secolo.
Esaurite le lodi che meritano i suoi contenuti, "Legend of the Galactic Heroes" non può esimersi dal venire giudicato per i semplici orpelli tecnici e grafici, pratica abbastanza inutile visto che, se anche fosse tecnicamente realizzato male, rimarrebbe comunque un capolavoro per profondità narrativa. Fortunatamente anche in questo è inattaccabile, trovando una confezione all'altezza: oltre a un ineccepibile lavoro di doppiaggio da parte dei seiyuu giapponesi, può vantare un buon lavoro in animazioni (seppur, per ovvie ragioni, nulla di trascendentale: del resto a cosa servono in una storia che fa dei dialoghi il suo punto di forza?) e di un chara design di pregevolissima fattura, realistico e particolareggiato, anche se, vista l'enorme lunghezza della serie, spesso rimaneggiato dalle diverse filiali dei due studi Artland e Magic Bus, e la cosa si nota spesso in cambiamenti abbastanza vistosi, dove di punto in bianco i volti diventano più "plasticosi" e patinati (ma rimangono giusto quisquilie che nulla tolgono alla gioia estetica generale). L'accompagnamento musicale, d'altro canto, è di livello altissimo, forte non solo delle tracce musicali di Shin Kawabe ma anche dell'uso, per la sua quasi totalità, di composizioni di Mozart, Beethoven, Mahler, Nielsen, Hellmesberger, Brahms, Tchaikovsky e altri compositori classici/romantici con risultati facilmente intuibili nel rendere maestose le scene più importanti della storia. Da notare anche la maturità del regista del non risparmiarsi in scene di sesso o di violenza brutale e disturbante visto il tenore "adulto" della storia, ma questo era scontato essendo una produzione riservata all'home video privo di paletti di censura.
Opera d'arte nel senso più nobile del termine, mai così tanto oggi dove è fin troppo facile leggere la parola "capolavoro" accostata a qualsiasi cosa, "Legend of the Galactic Heroes" è un affresco indimenticabile di personaggi, ma sopratutto un trattato ricco, ricchissimo, di chiavi di lettura e riflessioni sul significato della politica, dei meccanismi del potere, dell'uomo, della Storia e dei pregi e difetti dei due principali regimi politici; riflessioni che risaltano proprio in quest'epoca, quando è ancora radicato l'assunto teorico di un assetto politico mondiale democratizzato, adattabile a qualsiasi situazione. Chi ama la politica e la sua filosofia inevitabilmente non può non reputare l'opera come la più stimolante, bella e riuscita mai dedicata all'argomento, che non sfigurerebbe, a mio parere, neanche se accostata a certi classici della letteratura: visione semplicemente irrinunciabile, spettacolare nella sua totale mancanza di prevedibilità che rende la storia appassionante e incerta fino alla fine, nonostante, per ovvie ragioni, riservata unicamente a un pubblico ben preciso, che sa cosa vuole, che non ha problemi con un ritmo estremamente lento e divulgativo e che intende tratteggiare, con dovizia di particolari, background e personaggi (e nonostante questo mai, neanche una volta, lontanamente noioso, addirittura si finisce col rimpiangere che duri "solo" 110 puntate da quasi mezz'ora l'una). Da guardare dopo il lungometraggio introduttivo che esce pochi mesi prima, il pregevolissimo, "My Conquest is the Sea of Stars", mentre del tutto ininfluenti sono, per quanto piacevoli, l'ammasso di prequel animati usciti a posteriori, che raccontano l'infanzia dei protagonisti, e il lungometraggio "Ouverture to a New War", che espande la storia dei primi due episodi.
Fedele, lunghissima serie OVA (la più lunga della Storia: 110 episodi) che traspone il ciclo di romanzi scritti tra l'82 e il 1987 da Yoshiki Tanaka, "Legend of the Galactic Heroes" è scontro materiale, psicologico e ideologico, tra due punti di vista: quello di un giovane ammiraglio imperiale, Reinhard von Müsel, deciso a far tornare alla gloria un impero secolare ormai sulla via del tramonto; e appunto quello di Yang Wen-li, appartenente a un'Alleanza delle Repubbliche Unite, quest'ultima ormai preda di corruzione e degrado. Il secondo, privo di ambizioni ma dal grande genio strategico, sceglie la vita militare solo perché è l'unico modo per mantenersi: avrebbe voluto in verità fare lo storico di professione, tanto che il suo hobby è contestualizzare nella sua epoca l'intera Storia dell'uomo. Quello di Yang è un punto di vista in perenne evoluzione, che vuole capire il mondo: si rende conto che democrazia e dittatura non sono altro che governi che nascono, vivono e muoiono alternandosi continuamente e adattandosi alle situazioni culturali, storiche e geografiche, e non sa capire se, con il grande potere militare di cui presto entrerà in possesso, è giusto assecondare l'uno o l'altro; se mantenere in vita la democrazia ormai agonizzante di una sua Patria ormai ridotta al marciume, pur di tramandarne i valori ai posteri, o consegnarla ai nemici imperiali ora che questi stanno concentrando il loro potere in un giovanissimo genio, Reinhard, attorniato dai più capaci soldati dell'Impero, che sta rivoluzionando il sistema e trovando, pur al costo della sua dittatura, un'unanime acclamazione popolare, uno di quei sovrani illuminati che nascono una volta ogni mille anni. Il punto di vista di Reinhard, il "Marmocchio Biondo", invece, è quello di un giovane nobile indignato dai soprusi e dall'ipocrisia dei suoi simili, che mirando al potere assoluto, alla corona del Kaiser, intende riformare da zero l'assetto dell'impero, renderlo più giusto ed egualitario verso i cittadini, improntandolo all'ordine, all'onestà e alla meritocrazia. Per i suoi scopi dovrà però essere pronto a versare sangue (e molto), eliminare i suoi avversari politici per edificare solide fondamenta al suo potere, vincere le battaglie con l'Alleanza per fortificare la sua autorità, fare i conti con la sua coscienza riguardo ai milioni di corpi che cadranno sotto di lui. "Legend of the Galactic Heroes" è la storia di due eroi, diversi tra loro ma dalla grande caratura morale, le cui vite e battaglie, protagoniste assolute nel turbolento flusso della Storia, si incrociano influenzando le sorti dell'intera galassia.
Si parla di 110 episodi basati quasi interamente su dialoghi e battaglie spaziali tra gigantesche flotte di astronavi, con ogni puntata che mostra ora la fazione repubblicana, ora quella imperiale, discutere della situazione politica e militare in cui si trova, ipotizzare quali saranno le mosse nemiche, riflettere sui propri obiettivi, o anche solo combattere internamente, nella propria patria, contro intrighi di palazzo, colpi di stato o terrorismo da parte di terzi. Una lunga serie basata su interazioni tra personaggi e riflessioni sull'uomo, sull'etica dello Stato, sul come governare in nome del popolo (che non è sempre il frutto di libere elezioni, ma anche di un'autocrazia forte che elimina le fondamenta marce di un governo democratico impresentabile), ma spesso anche solo sulla vita personale dei due splendidi protagonisti, che vedono riflettere in essa le conseguenze delle proprie azioni. Chi scrive identifica l'opera per davvero, insieme al dimenticato Dougram, suo ideale precursore, come la più profonda mai partorita dall'animazione, dove la filosofia politica, quella vera, non è semplice apparenza per dare tono, ma è davvero il mezzo per far riflettere lo spettatore sul relativismo che governa le coscienze umane e i loro diversi punti di vista. Manca un qualsiasi tentativo di ricondurre le parti ai ruoli di buoni e cattivi: si raccontano le vite di due popoli estremamente diversi tra di loro, accumunati dall'orgoglio per la propria patria e il proprio governo, che lottano, uccidono, e all'occorrenza torturano o condannano a morte perché convinti dalla bontà della loro causa. I militari non sono solo sadici violenti, guerrafondai e approfittatori, ma anche e sopratutto persone del tutto normali, simpatiche, umanamente meritevoli, alle prese con la famiglia e le proprie amicizie: affettuosi padri di famiglia, onesti lavoratori, timidi soldati etc, che come chiunque altro possono avere scrupoli di coscienza in quello che fanno ma lo fanno lo stesso, perché loro per primi ci credono fermamente. Non c'è alcun artificioso e pretestuoso tentativo di fare la morale alle azioni di chicchesia, si viaggia nei territori di un ineccepibile realismo dei comportamenti.
Una tale, poderosa espressività che non può che soddisfare le sue ambizioni attraverso le caratterizzazioni e le interazioni dialogiche più memorabili: forte di un cast massiccio che non si vedrà più da nessun altra parte (la fine della serie regista al suo attivo più o meno 150 personaggi), "Legend of the Galactic Heroes" è pronto a consegnare all'altare della Storia individualità scolpite nella roccia, carismatiche al punto da imprimersi indelebilmente alla memoria, per mai più dimenticarsele. Se i due protagonisti principali, su cui si regge l'intera trama, sono indubbiamente Yang Wen-li e Reinhard, il macrocosmo di comprimari che gravita attorno loro raggiunge numeri e profondità impensabili, trovando individui capaci da soli, in virtù della loro fortissima personalità, di reggere ipoteticamente il peso di un'intera serie. Non si può non affezionarsi sinceramente a molti dei loro compagni in armi, all'allegro e riflessivo Rusty Attenborough, al timido Julian Minci, ma sopratutto ai sottoposti di Reinhard, tra un valoroso al contempo umile ammiraglio Wolfgang Mittermeyer, il suo ambizioso e ambiguo collega Oskar von Reuental o l'astuto calcolatore Paul von Oberstein (perfetta incarnazione del Principe machiavelliano nella sua assoluta mancanza di scrupoli nell'applicare la ragione di stato); ma sono solo le punte di diamante di un cast mastodontico e sempre caratterizzato in modo fantastico. Coerentemente con questo è perfetto il realismo nella costruzione dei rapporti interpersonali, così umani, privi di sensazionalismo o ricerca di facile spettacolarità, da bucare lo schermo creando un'empatia sempre sincera e devota. Shimao Kawanaka e, di riflesso, l'autore originale dei romanzi Yoshiki Tanaka, compiono un autentico miracolo di sceneggiatura nel tenere inchiodata l'attenzione dello spettatore in una lunga serie fittissima di dialoghi, il cui interesse risiede proprio in se stessi, nel conoscere le strategie che partoriranno le due parti, chi vincerà tra Reinhard e Yang nella loro battaglia generazionale, e sopratutto qual è, se è possibile stabilirlo, il punto di vista tra i due più condivisibile. Invece di inventare a casaccio un background politico/spaziale e far agire in esso gli attori, come se quest'ultimo non fosse poi così importante, "Legend of the Galactic Heroes" lo esplora minuziosamente, con lenti ritmi per permettere allo spettatore di non perdersi nella mole abnorme di date, luoghi e nomi: gli dà forma, poco per volta, con dialoghi e discussioni atti a caratterizzarlo, ma anche con veri e propri documentari storici, guardati dai personaggi per darsi una ripassata della Storia e della cultura dei luoghi. È quasi sconvolgente come la trasposizione di una lunga saga letteraria di 10 romanzi sbarchi in animazione senza perderci quasi in nulla, resa così bene, così approfondita, che presto si inizia a conoscere a tal punto le posizioni strategiche di città, stati e corridoi spaziali che è possibile capire o addirittura anticipare le strategie militari, ragionando, come farebbero i protagonisti, su quali saranno le conseguenze di ogni azione. Si raggiunge un livello di empatia e coinvolgimento raramente eguagliati. Medesima cura è rivolta alla caratterizzazione grafica delle due fazioni, ognuna ben rappresentata da abbigliamenti, rituali politici e addirittura inni nazionali, sopratutto l'Impero Galattico, plasmato sulle gerarchie sociali e il vestiario del regno prussiano del XIX secolo.
Esaurite le lodi che meritano i suoi contenuti, "Legend of the Galactic Heroes" non può esimersi dal venire giudicato per i semplici orpelli tecnici e grafici, pratica abbastanza inutile visto che, se anche fosse tecnicamente realizzato male, rimarrebbe comunque un capolavoro per profondità narrativa. Fortunatamente anche in questo è inattaccabile, trovando una confezione all'altezza: oltre a un ineccepibile lavoro di doppiaggio da parte dei seiyuu giapponesi, può vantare un buon lavoro in animazioni (seppur, per ovvie ragioni, nulla di trascendentale: del resto a cosa servono in una storia che fa dei dialoghi il suo punto di forza?) e di un chara design di pregevolissima fattura, realistico e particolareggiato, anche se, vista l'enorme lunghezza della serie, spesso rimaneggiato dalle diverse filiali dei due studi Artland e Magic Bus, e la cosa si nota spesso in cambiamenti abbastanza vistosi, dove di punto in bianco i volti diventano più "plasticosi" e patinati (ma rimangono giusto quisquilie che nulla tolgono alla gioia estetica generale). L'accompagnamento musicale, d'altro canto, è di livello altissimo, forte non solo delle tracce musicali di Shin Kawabe ma anche dell'uso, per la sua quasi totalità, di composizioni di Mozart, Beethoven, Mahler, Nielsen, Hellmesberger, Brahms, Tchaikovsky e altri compositori classici/romantici con risultati facilmente intuibili nel rendere maestose le scene più importanti della storia. Da notare anche la maturità del regista del non risparmiarsi in scene di sesso o di violenza brutale e disturbante visto il tenore "adulto" della storia, ma questo era scontato essendo una produzione riservata all'home video privo di paletti di censura.
Opera d'arte nel senso più nobile del termine, mai così tanto oggi dove è fin troppo facile leggere la parola "capolavoro" accostata a qualsiasi cosa, "Legend of the Galactic Heroes" è un affresco indimenticabile di personaggi, ma sopratutto un trattato ricco, ricchissimo, di chiavi di lettura e riflessioni sul significato della politica, dei meccanismi del potere, dell'uomo, della Storia e dei pregi e difetti dei due principali regimi politici; riflessioni che risaltano proprio in quest'epoca, quando è ancora radicato l'assunto teorico di un assetto politico mondiale democratizzato, adattabile a qualsiasi situazione. Chi ama la politica e la sua filosofia inevitabilmente non può non reputare l'opera come la più stimolante, bella e riuscita mai dedicata all'argomento, che non sfigurerebbe, a mio parere, neanche se accostata a certi classici della letteratura: visione semplicemente irrinunciabile, spettacolare nella sua totale mancanza di prevedibilità che rende la storia appassionante e incerta fino alla fine, nonostante, per ovvie ragioni, riservata unicamente a un pubblico ben preciso, che sa cosa vuole, che non ha problemi con un ritmo estremamente lento e divulgativo e che intende tratteggiare, con dovizia di particolari, background e personaggi (e nonostante questo mai, neanche una volta, lontanamente noioso, addirittura si finisce col rimpiangere che duri "solo" 110 puntate da quasi mezz'ora l'una). Da guardare dopo il lungometraggio introduttivo che esce pochi mesi prima, il pregevolissimo, "My Conquest is the Sea of Stars", mentre del tutto ininfluenti sono, per quanto piacevoli, l'ammasso di prequel animati usciti a posteriori, che raccontano l'infanzia dei protagonisti, e il lungometraggio "Ouverture to a New War", che espande la storia dei primi due episodi.
Ci sono opere che sono indubbiamente ambiziose nella progettazione e nello scopo, e poi c'è quell'élite composta da opere dell'ingegno che riescono ad andare oltre. E' il caso di questa titanica serie composta da ben centodieci OVA e più tardi promossa a serie televisiva, una delle space opera più iconiche della storia dell'animazione nipponica e non.
Basata su una fortunata (in patria) serie di romanzi scritti da Yoshiki Tanaka, "Legend Of Galactic Heroes" narra del conflitto tra due potenze interplanetarie. La prima di queste è il potente Impero Galattico, vagamente basato sull'Impero Prussiano; contrapposto a esso c'è la più piccola Alleanza dei Pianeti Liberi, governata da quella che sembra la versione decadente di una democrazia del ventesimo secolo.
Due personalità emergeranno da questo conflitto e saranno destinate a cambiarne le sorti: da una parte c'è il giovane e ambizioso ammiraglio Reinhard von Lohengramm, dall'altra invece troviamo Yang Wen-Li, esperto stratega ma anche eroe per caso, visto che la carriera militare, vista inizialmente da lui come un modo per pagare i propri debiti, lo porterà a diventare Commodoro.
Attorno a questi due eroi si muovono tanti altri personaggi, di ogni tipo e rango. Il cast principale di questa serie infatti è enorme e lo spettatore distratto rischia di fare confusione nel ricordarsi questo o quel comprimario. I tanti comprimari, dal canto loro, sono tutti caratterizzati ottimamente e tutti godono di un'ottima caratterizzazione psicologica, sia essi il giovane Julian Mintz o il sinistro ed enigmatico Paul Von Oberstein.
L'abbondanza di personaggi consente a "Legend Of Galactic Heroes" di non limitarsi agli scontri nello spazio e anzi grande spazio è concesso non solo all'imbastire complotti, cospirazioni e strategie di ogni tipo, ma anche all'illustrare scene di vita quotidiana tra i militari di basso rango o tra i civili. Con questi espedienti gli sceneggiatori riescono a ovviare brillantemente al ritmo lento che una serie impostata in questo modo inevitabilmente comporta.
Si diceva che questa era una serie di fantascienza, ma che non si prende tante libertà come altre opere: l'unica specie senziente che abita l'universo e' l'umanità e ogni pianeta colonizzato è stato 'terraformato' per offrire le stesse condizioni di vita della Terra. L'ambientazione è sì futuristica, ma quanto mostrato, battaglie nello spazio a parte, vale per qualsiasi epoca storica e non è un caso che Yang sia innanzitutto uno storico con una visione delle cose tutt'altro che ottimista e caratterizzato da un atteggiamento di diffidenza riguardo la politica.
Numerose sono poi le tematiche toccate da questa serie e trattate in maniera mai banale, partendo da riflessioni sul ruolo degli uomini nella storia fino a veri e propri avvertimenti sul pericolo rappresentato dall'estremismo politico e religioso.
Tecnicamente si tratta di una serie eccellente per gli standard della seconda metà degli anni '80 e il comparto sonoro vanta numerosi brani di musica classica che sottolineano in maniera eccellente lo svolgimento.
In definitiva questa è una lunga saga che sa premiare chi ha la pazienza di affrontarla, nonché una visione obbligata per chiunque apprezzi le space opera e l'animazione giapponese in generale. "Legend Of Galactic Heroes" è un'opera tanto ambiziosa quanto profonda e decisamente riuscita, meritando in pieno il suo stato di "classico" nonostante non sia mai arrivata ufficialmente in Italia.
Basata su una fortunata (in patria) serie di romanzi scritti da Yoshiki Tanaka, "Legend Of Galactic Heroes" narra del conflitto tra due potenze interplanetarie. La prima di queste è il potente Impero Galattico, vagamente basato sull'Impero Prussiano; contrapposto a esso c'è la più piccola Alleanza dei Pianeti Liberi, governata da quella che sembra la versione decadente di una democrazia del ventesimo secolo.
Due personalità emergeranno da questo conflitto e saranno destinate a cambiarne le sorti: da una parte c'è il giovane e ambizioso ammiraglio Reinhard von Lohengramm, dall'altra invece troviamo Yang Wen-Li, esperto stratega ma anche eroe per caso, visto che la carriera militare, vista inizialmente da lui come un modo per pagare i propri debiti, lo porterà a diventare Commodoro.
Attorno a questi due eroi si muovono tanti altri personaggi, di ogni tipo e rango. Il cast principale di questa serie infatti è enorme e lo spettatore distratto rischia di fare confusione nel ricordarsi questo o quel comprimario. I tanti comprimari, dal canto loro, sono tutti caratterizzati ottimamente e tutti godono di un'ottima caratterizzazione psicologica, sia essi il giovane Julian Mintz o il sinistro ed enigmatico Paul Von Oberstein.
L'abbondanza di personaggi consente a "Legend Of Galactic Heroes" di non limitarsi agli scontri nello spazio e anzi grande spazio è concesso non solo all'imbastire complotti, cospirazioni e strategie di ogni tipo, ma anche all'illustrare scene di vita quotidiana tra i militari di basso rango o tra i civili. Con questi espedienti gli sceneggiatori riescono a ovviare brillantemente al ritmo lento che una serie impostata in questo modo inevitabilmente comporta.
Si diceva che questa era una serie di fantascienza, ma che non si prende tante libertà come altre opere: l'unica specie senziente che abita l'universo e' l'umanità e ogni pianeta colonizzato è stato 'terraformato' per offrire le stesse condizioni di vita della Terra. L'ambientazione è sì futuristica, ma quanto mostrato, battaglie nello spazio a parte, vale per qualsiasi epoca storica e non è un caso che Yang sia innanzitutto uno storico con una visione delle cose tutt'altro che ottimista e caratterizzato da un atteggiamento di diffidenza riguardo la politica.
Numerose sono poi le tematiche toccate da questa serie e trattate in maniera mai banale, partendo da riflessioni sul ruolo degli uomini nella storia fino a veri e propri avvertimenti sul pericolo rappresentato dall'estremismo politico e religioso.
Tecnicamente si tratta di una serie eccellente per gli standard della seconda metà degli anni '80 e il comparto sonoro vanta numerosi brani di musica classica che sottolineano in maniera eccellente lo svolgimento.
In definitiva questa è una lunga saga che sa premiare chi ha la pazienza di affrontarla, nonché una visione obbligata per chiunque apprezzi le space opera e l'animazione giapponese in generale. "Legend Of Galactic Heroes" è un'opera tanto ambiziosa quanto profonda e decisamente riuscita, meritando in pieno il suo stato di "classico" nonostante non sia mai arrivata ufficialmente in Italia.
Mah! Capisco che recensire dopo solo 2 episodi possa sembrare un po' presuntuoso. Il fatto è che, il secondo, nemmeno l'ho finito di guardare. Ero partita tutta gasata, spinta dai commenti positivi e ben felice di avere davanti 110 epici episodi, pregustandomi settimane di gustosa visione. Quello che ho invece scoperto è l'inizio di ciò che appare un feuilletton polpettoso.
La grafica, per essere l'anime del '98, mi sembra piuttosto carente, con queste ridicole astronavi che scorrono su fondali spaziali iper semplificati, che nemmeno il Capitan Harlock di buona memoria li aveva così. E Capitan Harlock è il mio eroe di gioventù, sia chiaro! Il chara design, per quanto ingessato, è passabile, nulla da dire, ma vogliamo parlare dei dialoghi? E che cappero, d'accordo che siamo militari, ma sembra che abbiano tutti ingoiato un manico di scopa e un manuale di conversazione altera. I soldati parlano fra di loro di vita e di morte come se stessero discutendo del tempo, e fra tutti hanno l'espressività facciale di un muro di cemento armato. Le animazioni sono proprio miserelle: che vada bene, anche dei personaggi in primo piano si muove solo la bocca.
E la musica classica che è stata usata per il sottofondo già in queste due prime puntate sembra spesso poco aderente all'azione e non particolarmente gradevole in sé. E lo dice una che a pane e musica classica ci è cresciuta. Aggiungiamoci che l'opening è una canzone cantata da una donna su note particolarmente alte, di cui francamente non ci sarebbe bisogno, e che la signora, chiunque sia, sembra talvolta fare fatica a raggiungere. Brutto.
L'idea che mi sono fatta, in 40 minuti di visione, è che si tratti di qualcosa di terribilmente wagneriano, di mastodontica pesantezza. Poi, per carità, magari l'anime migliora dalla terza puntata in poi e mi sto perdendo qualcosa di memorabile, non discuto. In fondo se tante persone lo ritengono un capolavoro un motivo ci sarà. Forse sono semplicemente io che sono troppo superficiale e frettolosa a non voler investire un po' di più su questo titolo, però resta il fatto che non sia riuscito a catturarmi quel tanto che basta da farmi desiderare di vedere come continui: non provo alcuna curiosità per le sorti della guerra, per lo svolgimento del conflitto tra i due giovani fustacchiotti di opposte fazioni, per l'ordine sociale descritto nella serie, nulla. Mi ha dato solo una gran voglia di archiviare l'esperienza nelle delusioni.
Visto il risultato, avrei dovuto assegnare un 4. Non lo faccio solo perché mi sembra ingiusto abbassare così tanto la media di questa serie, dato che ritengo che parte del problema non stia in essa, ma in me. Semplicemente, non è un'opera che va bene per me, ma non gliene si può certo fare una colpa.
La grafica, per essere l'anime del '98, mi sembra piuttosto carente, con queste ridicole astronavi che scorrono su fondali spaziali iper semplificati, che nemmeno il Capitan Harlock di buona memoria li aveva così. E Capitan Harlock è il mio eroe di gioventù, sia chiaro! Il chara design, per quanto ingessato, è passabile, nulla da dire, ma vogliamo parlare dei dialoghi? E che cappero, d'accordo che siamo militari, ma sembra che abbiano tutti ingoiato un manico di scopa e un manuale di conversazione altera. I soldati parlano fra di loro di vita e di morte come se stessero discutendo del tempo, e fra tutti hanno l'espressività facciale di un muro di cemento armato. Le animazioni sono proprio miserelle: che vada bene, anche dei personaggi in primo piano si muove solo la bocca.
E la musica classica che è stata usata per il sottofondo già in queste due prime puntate sembra spesso poco aderente all'azione e non particolarmente gradevole in sé. E lo dice una che a pane e musica classica ci è cresciuta. Aggiungiamoci che l'opening è una canzone cantata da una donna su note particolarmente alte, di cui francamente non ci sarebbe bisogno, e che la signora, chiunque sia, sembra talvolta fare fatica a raggiungere. Brutto.
L'idea che mi sono fatta, in 40 minuti di visione, è che si tratti di qualcosa di terribilmente wagneriano, di mastodontica pesantezza. Poi, per carità, magari l'anime migliora dalla terza puntata in poi e mi sto perdendo qualcosa di memorabile, non discuto. In fondo se tante persone lo ritengono un capolavoro un motivo ci sarà. Forse sono semplicemente io che sono troppo superficiale e frettolosa a non voler investire un po' di più su questo titolo, però resta il fatto che non sia riuscito a catturarmi quel tanto che basta da farmi desiderare di vedere come continui: non provo alcuna curiosità per le sorti della guerra, per lo svolgimento del conflitto tra i due giovani fustacchiotti di opposte fazioni, per l'ordine sociale descritto nella serie, nulla. Mi ha dato solo una gran voglia di archiviare l'esperienza nelle delusioni.
Visto il risultato, avrei dovuto assegnare un 4. Non lo faccio solo perché mi sembra ingiusto abbassare così tanto la media di questa serie, dato che ritengo che parte del problema non stia in essa, ma in me. Semplicemente, non è un'opera che va bene per me, ma non gliene si può certo fare una colpa.
Trama
L'umanità dopo aver colonizzato un vasto spazio nell'universo, si divide in due fazioni.
Una parte è comandata dall'impero della dinastia dei GoldenBaum (dal tedesco "albero d'oro") e l'altra dall'alleanza di ribelli. La guerra è ormai in stallo da 100 anni, la causa è rappresentata da un corridoio spaziale, che, essendo un punto chiave nel collegamento tra le due fazioni, viene costantemente sorvegliato (come un ponte per due rive).
Il protagonista principale è il conte Von Lohengramm, un giovane generale facente parte della nobiltà grazie al rapporto forzato di sua sorella con l'imperatore, una sorta di concubina, anche se non viene esplicitato. Il ragazzo prova grande astio nei confronti dell'imperatore e della dinastia dei GoldenBaum, tanto che alla compagnia della nobiltà preferisce l'ambiente militare. Il conte cercherà quindi di sbloccare la situazione di stallo tra le fazioni e di ribaltare il potere dell'imperatore, facendo una cosa geniale... (Sì, io tengo all'impero).
Dall'altra parte vediamo il coprotagonista, un ribelle considerato una leggenda tra la sua gente per le sue doti militari e per le sue imprese. L'uomo è svogliato e odia la guerra, ma sarà costretto a rientrarci per proteggere le persone a lui care.
Commento:
"Legend of Galactic Heroes" per me è il miglior anime di guerre spaziali che abbia mai visto.
La grafica è stupenda e non si direbbe affatto che esso è stato realizzato anni fa.
La trama è così affascinante e avvincente che non vi permetterà di pensare ad altro per tutto il giorno. Vengono messi in risalto concetti come onore, sacrificio, onestà, obbedienza, guerra. A mio avviso quest'anime è davvero un capolavoro.
Ci tengo a dire che nonostante i protagonisti siano due - il conte in primis e il ribelle - un po' in secondo piano ci saranno tantissimi personaggi caratterizzati benissimo: mi riferisco a generali, comandanti, soldati semplici, persone comuni che avranno tutti importanza nelle vicende. Sì, perché la trama, la definirei come un albero con infiniti rami.
I nomi sono magnifici, da nobili, come Hans Von Oberstein, davvero magnifici; altri sono soprannomi da battaglia, tipo il Generale di Ferro, chiamato così per una dura resistenza durante una battaglia.
La storia è molto simile a "Code Geass", in effetti. Ci sono stati momenti in cui ho detto: "Ma questo è Lelouch!!". Sono 110 puntate di cui, ora, 60 fansubbate.
"Legend of Galactic Heroes" è un anime davvero stupendo, a mio avviso sarebbe stato ancora più stupendo se fossero state 200 puntate.
Non mancano gli amori e le coppie, alcune che finiscono bene e altre "bruciate su un'ammiraglia", nessun riferimento esplicito.
A mio avviso "Legend of Galactic Heroes" è un anime da vedere a tutti i costi.
Voto: 10/10.
L'umanità dopo aver colonizzato un vasto spazio nell'universo, si divide in due fazioni.
Una parte è comandata dall'impero della dinastia dei GoldenBaum (dal tedesco "albero d'oro") e l'altra dall'alleanza di ribelli. La guerra è ormai in stallo da 100 anni, la causa è rappresentata da un corridoio spaziale, che, essendo un punto chiave nel collegamento tra le due fazioni, viene costantemente sorvegliato (come un ponte per due rive).
Il protagonista principale è il conte Von Lohengramm, un giovane generale facente parte della nobiltà grazie al rapporto forzato di sua sorella con l'imperatore, una sorta di concubina, anche se non viene esplicitato. Il ragazzo prova grande astio nei confronti dell'imperatore e della dinastia dei GoldenBaum, tanto che alla compagnia della nobiltà preferisce l'ambiente militare. Il conte cercherà quindi di sbloccare la situazione di stallo tra le fazioni e di ribaltare il potere dell'imperatore, facendo una cosa geniale... (Sì, io tengo all'impero).
Dall'altra parte vediamo il coprotagonista, un ribelle considerato una leggenda tra la sua gente per le sue doti militari e per le sue imprese. L'uomo è svogliato e odia la guerra, ma sarà costretto a rientrarci per proteggere le persone a lui care.
Commento:
"Legend of Galactic Heroes" per me è il miglior anime di guerre spaziali che abbia mai visto.
La grafica è stupenda e non si direbbe affatto che esso è stato realizzato anni fa.
La trama è così affascinante e avvincente che non vi permetterà di pensare ad altro per tutto il giorno. Vengono messi in risalto concetti come onore, sacrificio, onestà, obbedienza, guerra. A mio avviso quest'anime è davvero un capolavoro.
Ci tengo a dire che nonostante i protagonisti siano due - il conte in primis e il ribelle - un po' in secondo piano ci saranno tantissimi personaggi caratterizzati benissimo: mi riferisco a generali, comandanti, soldati semplici, persone comuni che avranno tutti importanza nelle vicende. Sì, perché la trama, la definirei come un albero con infiniti rami.
I nomi sono magnifici, da nobili, come Hans Von Oberstein, davvero magnifici; altri sono soprannomi da battaglia, tipo il Generale di Ferro, chiamato così per una dura resistenza durante una battaglia.
La storia è molto simile a "Code Geass", in effetti. Ci sono stati momenti in cui ho detto: "Ma questo è Lelouch!!". Sono 110 puntate di cui, ora, 60 fansubbate.
"Legend of Galactic Heroes" è un anime davvero stupendo, a mio avviso sarebbe stato ancora più stupendo se fossero state 200 puntate.
Non mancano gli amori e le coppie, alcune che finiscono bene e altre "bruciate su un'ammiraglia", nessun riferimento esplicito.
A mio avviso "Legend of Galactic Heroes" è un anime da vedere a tutti i costi.
Voto: 10/10.
"In ogni epoca, in ogni luogo, le azioni degli uomini restano le stesse". Mai un incipit fu più indovinato. In un tempo lontano l'uomo ha colonizzato lo spazio. Due fazioni si fanno la guerra, la prima, l'impero, ispirato al Reich (nomi tedeschi, saluto al fuerer, il dittatore è il kaiser); la seconda è la lega dei pianeti liberi, la democrazia.
Tra questi due schieramenti che si daranno battaglia emergono le figure e le carriere dell'ammiraglio Wenli e dell'ammiraglio Lohengramm. Tra le due fazioni, il pianeta Phezzan prima, la Terra, dopo, saranno i burattinai della storia.
Gli scontri spaziali hanno una gran attenzione alle strategie di battaglia, le navi sono gestite come se fossero soldati in guerra, con accerchiamenti e formazioni, e il tutto diventa più un gioco di tattiche che di numeri. La visione della società presenta un mondo politico corrotto, dove la corsa al potere supera l'interesse per la vita e la morte dei civili e dei soldati.
Legend of Galactic Heroes è un anime lungo, ma che suscita interesse di puntata in puntata, soprattutto per la maturità dei temi trattati.
Tra questi due schieramenti che si daranno battaglia emergono le figure e le carriere dell'ammiraglio Wenli e dell'ammiraglio Lohengramm. Tra le due fazioni, il pianeta Phezzan prima, la Terra, dopo, saranno i burattinai della storia.
Gli scontri spaziali hanno una gran attenzione alle strategie di battaglia, le navi sono gestite come se fossero soldati in guerra, con accerchiamenti e formazioni, e il tutto diventa più un gioco di tattiche che di numeri. La visione della società presenta un mondo politico corrotto, dove la corsa al potere supera l'interesse per la vita e la morte dei civili e dei soldati.
Legend of Galactic Heroes è un anime lungo, ma che suscita interesse di puntata in puntata, soprattutto per la maturità dei temi trattati.
Purtroppo sono in pochi a conoscere questa serie che, a mio parere, è un capolavoro indiscutibile dell'animazione giapponese. Legend of the Galactic Heroes, pur con la bellezza di 110 episodi, non risulta mai noioso, ma tiene letteralmente incollato lo spettatore. Questo grazie alla trama ricca di colpi di scena, allo sfondo storico e politico descritto talmente alla perfezione che ogni evento può benissimo sembrare un fatto storico realmente accaduto. Ma, soprattutto, ciò che rende un capolavoro questo anime è il largo cast di personaggi: ciascuno di loro ha un passato, una personalità ben delineata, i propri sogni e le proprie paure, portando così lo spettatore ad affezionarsi a ciascuno di essi, e a condividere le loro emozioni. Questo è esattamente ciò che mi ha fatto amare questa serie: i personaggi sono così familiari che è impossibile non immedesimarsi nelle loro avventure e disavventure!
Inoltre, le battaglie tattiche e strategiche intergalattiche sono descritte con abile maestria, e come se non bastasse c'è la ciliegina sulla torta: la splendida colonna sonora, composta quasi interamente da brani di musica classica.
Chiunque ami l'animazione giapponese - ma non solo, devo dire, perché questa serie può benissimo essere apprezzata anche da chi non è un appassionato di anime - non può affatto perdere questa gemma.
Assolutamente consigliato!
Inoltre, le battaglie tattiche e strategiche intergalattiche sono descritte con abile maestria, e come se non bastasse c'è la ciliegina sulla torta: la splendida colonna sonora, composta quasi interamente da brani di musica classica.
Chiunque ami l'animazione giapponese - ma non solo, devo dire, perché questa serie può benissimo essere apprezzata anche da chi non è un appassionato di anime - non può affatto perdere questa gemma.
Assolutamente consigliato!
Tratto da un romanzo di grande successo, scritto da uno dei migliori scrittori di fantascienza nipponici, sceneggiato con grande cura, questa space opera d'altri tempi ha un solo difetto: l'animazione ballerina ed antiquata rispetto alle qualità dell'opera complessiva.
Ambientato in un futuro remotissimo, in cui l'umanità è spezzata in due fronti che si combattono da secoli senza che un fronte sembri in grado di prevalere sull'altro, Legend of the Galactic Heroes è però soprattutto il racconto delle umane vicende dei due protagonisti: Yang Wen-li e soprattutto Reinhard von Lohengramm. Quest'ultimo, da alcuni visto come niente più di un emulo di Char, e che in realtà stacca il suo prototipo di migliaia di punti...
Una serie splendida, perfetta sotto quasi ogni punto di vista, che però gli editori occidentali misteriosamente tendono ad ignorare...
Un vero peccato!
Ambientato in un futuro remotissimo, in cui l'umanità è spezzata in due fronti che si combattono da secoli senza che un fronte sembri in grado di prevalere sull'altro, Legend of the Galactic Heroes è però soprattutto il racconto delle umane vicende dei due protagonisti: Yang Wen-li e soprattutto Reinhard von Lohengramm. Quest'ultimo, da alcuni visto come niente più di un emulo di Char, e che in realtà stacca il suo prototipo di migliaia di punti...
Una serie splendida, perfetta sotto quasi ogni punto di vista, che però gli editori occidentali misteriosamente tendono ad ignorare...
Un vero peccato!
E' difficile trovare una serie che in 110 episodi (4 stagioni) non solo regge bene, ma addirittura migliora. L'intreccio scorre tra le quattro stagioni in maniera eccellente, ricco di colpi di scena di grande arte registica e molto realistici, al contrario di certe serie di oggi che risultano demenziali nel volere creare d suspense che si spegne in niente; la introspezione psicologica dei personaggi e' ineguagliabile, la colonna sonora e' completamente basata su pezzi di musica classica (romantica modernista barocca); si scomoda persino la 8va sinfonia di Shostakovich per certe scene: chi sa cosa significa ciò, ha già capito il livello di raffinatezza e di cultura di cui parliamo. Letteralmente non esiste qualcosa di contemporaneamente cosi' drammatico, cosi' fantapolitico, cosi' intimista, cosi' enorme eppure cosi' rifinito come Legend of the Galactic Heroes.
Ad una persona PUO' non piacere Legend of the Galactic Heroes, ma se non capisce in cosa consiste la sua enorme bellezza, non capisce niente di animazione.
Ad una persona PUO' non piacere Legend of the Galactic Heroes, ma se non capisce in cosa consiste la sua enorme bellezza, non capisce niente di animazione.
Mettiamola così: Legend of the Galactic Heroes sta all'animazione giapponese di tipo fantascientifico come Guerre Stellari sta al cinema occidentale, non so se rendo l'idea. Questa è una produzione semplicememnte perfetta, misteriosamente ignorata dagli editori italiani a vantaggio di prodotti ben più incerti come qualità.
Profondo, entusiasmante, realistico, epico... Non ci sono paragoni che reggano, se non con Armored Trooper Votoms, ma questa produzione stacca pure quella magnifica produzione di parecchi punti. Difetti? Nessuno.
Voto: dieci, con lode.
Profondo, entusiasmante, realistico, epico... Non ci sono paragoni che reggano, se non con Armored Trooper Votoms, ma questa produzione stacca pure quella magnifica produzione di parecchi punti. Difetti? Nessuno.
Voto: dieci, con lode.