Gotriniton - Sengoku Majin Gōshōgun
"Goshogun" (in Italia noto come "Gotriniton") è un anime robotico uscito nei primi anni Ottanta, ultima fase dell’epoca di maggior successo del genere. Si tratta di una serie non lunga, di 26 episodi, che nell’insieme mi è piaciuta e ha diversi punti di merito.
Innanzitutto il mecha che è tra i più belli in assoluto, infatti ricordo che su un forum di fan Goshogun era ritenuto il “fotomodello” tra i robottoni!
Anche i protagonisti piloti Shingo, Kiry e Remi (oltre che il bambino che li accompagna, Kenta, figlio dello scienziato che ha ideato Goshogun e che è destinato ad avere un ruolo importante nella storia) funzionano bene; poi si lasciano ricordare anche i tre comandanti nemici.
Goshogun e i suoi piloti si spostano nel mondo sulla loro base per combattere contro una organizzazione criminale, Veleno Nero. Gli episodi sono tutto sommato interessanti e il robot è caratteristico perché le tre navette dei piloti oltre a inserirsi all’interno del Goshogun, possono anche comporsi in caso di necessità in un mini robot più piccolo. Molto d’effetto sono le armi che Goshogun usa: la spada, l’ascia, il bazooka, e soprattutto i raggi Go Flasher che partono dalla sua schiena. C’è qualche passaggio più naif nella costruzione degli episodi e mi lascia perplesso il fatto che le armi del robot si materializzino dal nulla (in seguito a teletrasporto da quanto ho capito), ma nell’insieme è una buona serie in cui viene posta una certa attenzione al ruolo delle macchine: quindi malgrado non sia eccezionale, considerando il buon design, i punti descritti prima e il contesto degli anime robotici in cui si colloca, il mio voto è 9.
Innanzitutto il mecha che è tra i più belli in assoluto, infatti ricordo che su un forum di fan Goshogun era ritenuto il “fotomodello” tra i robottoni!
Anche i protagonisti piloti Shingo, Kiry e Remi (oltre che il bambino che li accompagna, Kenta, figlio dello scienziato che ha ideato Goshogun e che è destinato ad avere un ruolo importante nella storia) funzionano bene; poi si lasciano ricordare anche i tre comandanti nemici.
Goshogun e i suoi piloti si spostano nel mondo sulla loro base per combattere contro una organizzazione criminale, Veleno Nero. Gli episodi sono tutto sommato interessanti e il robot è caratteristico perché le tre navette dei piloti oltre a inserirsi all’interno del Goshogun, possono anche comporsi in caso di necessità in un mini robot più piccolo. Molto d’effetto sono le armi che Goshogun usa: la spada, l’ascia, il bazooka, e soprattutto i raggi Go Flasher che partono dalla sua schiena. C’è qualche passaggio più naif nella costruzione degli episodi e mi lascia perplesso il fatto che le armi del robot si materializzino dal nulla (in seguito a teletrasporto da quanto ho capito), ma nell’insieme è una buona serie in cui viene posta una certa attenzione al ruolo delle macchine: quindi malgrado non sia eccezionale, considerando il buon design, i punti descritti prima e il contesto degli anime robotici in cui si colloca, il mio voto è 9.
Questa serie, a mio avviso, poteva segnare l' immaginario collettivo come hanno fatto Gundam ed Evangelion, per citare due titoli.
Il mecha ha il suo fascino, la grafica è accattivante, non ci sono gli alieni invasori di turno, ma una potentissima organizzazione criminale, "Veleno nero", e interessanti tematiche sul rapporto tra uomo, computer (i rispettivi gruppi sono coadiuvati da due cervelli elettronici senzienti, "Padre" per i buoni, e "Madre" per i cattivi, che ha però funzioni più "limitate") e natura.
Prodotta e trasmessa nell' 1981, si compone di 26 puntate. Peccato che di queste solo una o due nel corso e le ultime cinque sia dedicate alla trama principale e il rapporto tra i rispettivi capi, il dottor Sabarasu e il perfido e crudelissimo Neurus venga solo accennato. Per il resto abbiamo episodi perlopiù autoconclusivi. Alcuni, come "La base segreta" e "Il primo amore di Kenta", sono proprio belli mentre altri, tra cui i primissimi, così così.
Non mancano interessanti "viaggi" nel passato dei tre piloti del robot, Remy, Shingo e Kiri. Però, non so se solo nell' edizione italiana o no, quello della prima e un po del secondo non si capiscono troppo.
I tre luogotenenti di "Veleno nero", Bundall, Kennagul e Katarnoff sono stilizzati, però non sono affatto male e il loro alla fine non sarà il solito destino di solito spetta ai cattivi.
Il modo in cui i nostri scoprono la base terrestre del nemico poteva essere migliore a mio avviso.
"Il pippone" finale può piacere o meno. A me non ha fatto impazzire francamente, anche se presenta degli spunti interessanti.
Onestamente poi, nonostante apprezzi molto l' ironia in generale, la battute dei tre protagonisti lasciano un po così, come la situazione di Kenna (tra i buoni invece c' è Oba, precettore di Kenta), il robot di Kennagul. Una maggior serietà tipo quella di Gundam e Baldios, sarebbe stata più gradita.
Magari, come già scritto, la Ashi productions, dopo la situazione dell' ultimo, avrà preferito strizzare l' occhio a schemi più classici per attirare maggior pubblico, visto che all' epoca questi non riscosse, come Gundam, tanto successo da come ho capito. Anche se poi queste due serie col tempo si sono rifatte.
Insomma, una serie godibile, ma che con un po più di accortezza secondo me sarebbe potuta essere ottima.
Una curiosità: il racconto prende spunto da un fatto realmente accaduto, il mistero di Tunguska.
Nel 1985 è stato prodotto anche un lungometraggio, la cui storia però, da come ho letto, è diversa da quella della serie TV. 7,5
Il mecha ha il suo fascino, la grafica è accattivante, non ci sono gli alieni invasori di turno, ma una potentissima organizzazione criminale, "Veleno nero", e interessanti tematiche sul rapporto tra uomo, computer (i rispettivi gruppi sono coadiuvati da due cervelli elettronici senzienti, "Padre" per i buoni, e "Madre" per i cattivi, che ha però funzioni più "limitate") e natura.
Prodotta e trasmessa nell' 1981, si compone di 26 puntate. Peccato che di queste solo una o due nel corso e le ultime cinque sia dedicate alla trama principale e il rapporto tra i rispettivi capi, il dottor Sabarasu e il perfido e crudelissimo Neurus venga solo accennato. Per il resto abbiamo episodi perlopiù autoconclusivi. Alcuni, come "La base segreta" e "Il primo amore di Kenta", sono proprio belli mentre altri, tra cui i primissimi, così così.
Non mancano interessanti "viaggi" nel passato dei tre piloti del robot, Remy, Shingo e Kiri. Però, non so se solo nell' edizione italiana o no, quello della prima e un po del secondo non si capiscono troppo.
I tre luogotenenti di "Veleno nero", Bundall, Kennagul e Katarnoff sono stilizzati, però non sono affatto male e il loro alla fine non sarà il solito destino di solito spetta ai cattivi.
Il modo in cui i nostri scoprono la base terrestre del nemico poteva essere migliore a mio avviso.
"Il pippone" finale può piacere o meno. A me non ha fatto impazzire francamente, anche se presenta degli spunti interessanti.
Onestamente poi, nonostante apprezzi molto l' ironia in generale, la battute dei tre protagonisti lasciano un po così, come la situazione di Kenna (tra i buoni invece c' è Oba, precettore di Kenta), il robot di Kennagul. Una maggior serietà tipo quella di Gundam e Baldios, sarebbe stata più gradita.
Magari, come già scritto, la Ashi productions, dopo la situazione dell' ultimo, avrà preferito strizzare l' occhio a schemi più classici per attirare maggior pubblico, visto che all' epoca questi non riscosse, come Gundam, tanto successo da come ho capito. Anche se poi queste due serie col tempo si sono rifatte.
Insomma, una serie godibile, ma che con un po più di accortezza secondo me sarebbe potuta essere ottima.
Una curiosità: il racconto prende spunto da un fatto realmente accaduto, il mistero di Tunguska.
Nel 1985 è stato prodotto anche un lungometraggio, la cui storia però, da come ho letto, è diversa da quella della serie TV. 7,5
"Goshogun", noto in Italia come "Gotriniton", è un anime robotico del 1981, l'anno di "Golion/Voltron", "God Mars" e "Bryger". Sono gli ultimi anni del robotico classico, che ormai ha già superato il suo punto più alto e vive di rendita ripetendo stilemi ormai collaudati. Rispetto ai suoi contemporanei "Goshogun" è una serie leggera, all'americana nel senso di "take it easy", ben lontana dalle classiche atmosfere drammatiche del robotico, genere pieno di tragedie, morti e distruzioni. In "Goshogun" nessuno si fa male e i protagonisti passano il tempo a bere il tè e a fare battutine tra loro. Tuttavia, pur con la presenza di varie scenette umoristiche/demenziali, "Goshogun" non è una serie comica alla "Trider G7".
I combattimenti robotici sono di infima qualità: Goshogun appare verso la fine dell'episodio e dopo la sua rituale trasformazione sconfigge il robot nemico in pochi secondi, senza essere mai in difficoltà. D'altra parte il mecha design del robot è molto buono. I tre piloti non hanno una grande personalità e sono piuttosto dimenticabili, tranne la bionda Remì, che si distingue per i suoi discorsi pseudo-femministi (si vede che gli anni Ottanta erano arrivati anche in Giappone), la sua mania per l'ora del tè e il suo desiderio insoddisfatto di trovare un fidanzato. Remì non è un grande personaggio e pilota un robot inutile, ma ha un buon chara design e in italiano è doppiata da Daniela Caroli, voce molto famosa per i conoscitori degli anime d'annata, quindi risulta sopra gli altri. Successivamente diventerà anche la protagonista unica del film "Time Stranger". Ma il vero protagonista di "Goshogun" è il bambino Kenta, che in un episodio prende addirittura il posto di comando del robot. Le 26 puntate descrivono tre anni della sua vita, dai dieci ai tredici anni, fino alla puntata finale, in cui Kenta è fondamentale per la risoluzione storia, basata sull'escamotage del deus ex machina, già visto in altri robotici.
Goshogun presenta qualche caratteristica originale, come per esempio il fatto che non combatte contro nemici alieni o antiche civiltà, ma semplicemente contro un cartello criminale (Veleno Nero) che controlla l'economia del pianeta. In ogni puntata ci viene detto con molto dettaglio quanti milioni di dollari vengono spesi nella lotta contro Goshogun e quanti ne vengono guadagnati con le loro operazioni truffaldine. Nel complesso però l'anime vive su idee collaudate: i protagonisti girano per il mondo a bordo della loro base Beamler, come succedeva in "Gaiking"; il Beamler è dotato di una misteriosa potentissima energia di origine aliena, come in "Gordian" e in "Ideon"; la struttura è la solita di tutti i robotici. L'anime si vede comunque piacevolmente per la simpatica colonna sonora e per la leggerezza. Sorprende che sia stato realizzato dalla Ashi Productions, la stessa casa che ha realizzato Baldios ("Goshogun" contiene anche un paio di camei di Baldios). Evidentemente dopo il fiasco di Baldios, il robotico più triste della storia, sospeso prima del tempo per bassi ascolti, venne deciso di ripiegare su un robotico leggero e decisamente per un pubblico infantile. Il risultato non è dei migliori ma neanche dei peggiori. Vale la pena di ricordare che l'autore e regista di "Goshogun", Takeshi Shudo, l'anno dopo diventerà famosissimo con "Minky Momo", uno dei majokko più celebri degli anni Ottanta. Evidentemente è un autore adatto a quel genere e non al robotico.
Curiosità: il capo della base Beamler, Sabarasu, è un omaggio all'attore Telly Savalas ("Sabarasu" è la grafia giapponese di "Savalas"), nel 1981 famosissimo per il telefilm Kojak. La sua pelata è inconfondibile.
I combattimenti robotici sono di infima qualità: Goshogun appare verso la fine dell'episodio e dopo la sua rituale trasformazione sconfigge il robot nemico in pochi secondi, senza essere mai in difficoltà. D'altra parte il mecha design del robot è molto buono. I tre piloti non hanno una grande personalità e sono piuttosto dimenticabili, tranne la bionda Remì, che si distingue per i suoi discorsi pseudo-femministi (si vede che gli anni Ottanta erano arrivati anche in Giappone), la sua mania per l'ora del tè e il suo desiderio insoddisfatto di trovare un fidanzato. Remì non è un grande personaggio e pilota un robot inutile, ma ha un buon chara design e in italiano è doppiata da Daniela Caroli, voce molto famosa per i conoscitori degli anime d'annata, quindi risulta sopra gli altri. Successivamente diventerà anche la protagonista unica del film "Time Stranger". Ma il vero protagonista di "Goshogun" è il bambino Kenta, che in un episodio prende addirittura il posto di comando del robot. Le 26 puntate descrivono tre anni della sua vita, dai dieci ai tredici anni, fino alla puntata finale, in cui Kenta è fondamentale per la risoluzione storia, basata sull'escamotage del deus ex machina, già visto in altri robotici.
Goshogun presenta qualche caratteristica originale, come per esempio il fatto che non combatte contro nemici alieni o antiche civiltà, ma semplicemente contro un cartello criminale (Veleno Nero) che controlla l'economia del pianeta. In ogni puntata ci viene detto con molto dettaglio quanti milioni di dollari vengono spesi nella lotta contro Goshogun e quanti ne vengono guadagnati con le loro operazioni truffaldine. Nel complesso però l'anime vive su idee collaudate: i protagonisti girano per il mondo a bordo della loro base Beamler, come succedeva in "Gaiking"; il Beamler è dotato di una misteriosa potentissima energia di origine aliena, come in "Gordian" e in "Ideon"; la struttura è la solita di tutti i robotici. L'anime si vede comunque piacevolmente per la simpatica colonna sonora e per la leggerezza. Sorprende che sia stato realizzato dalla Ashi Productions, la stessa casa che ha realizzato Baldios ("Goshogun" contiene anche un paio di camei di Baldios). Evidentemente dopo il fiasco di Baldios, il robotico più triste della storia, sospeso prima del tempo per bassi ascolti, venne deciso di ripiegare su un robotico leggero e decisamente per un pubblico infantile. Il risultato non è dei migliori ma neanche dei peggiori. Vale la pena di ricordare che l'autore e regista di "Goshogun", Takeshi Shudo, l'anno dopo diventerà famosissimo con "Minky Momo", uno dei majokko più celebri degli anni Ottanta. Evidentemente è un autore adatto a quel genere e non al robotico.
Curiosità: il capo della base Beamler, Sabarasu, è un omaggio all'attore Telly Savalas ("Sabarasu" è la grafia giapponese di "Savalas"), nel 1981 famosissimo per il telefilm Kojak. La sua pelata è inconfondibile.
Un'opera che per certi versi ricorda molto Star trek ed anche qualcosina di altri mecha già visti in passato, anche se il punto debole, è proprio quello di rientrare in questa "casta" di anime, che in questi anni vive una delle sue prime "discese" a livello di fama.
Per come è strutturata l'opera, la si potrebbe benissimo far rientrare in semplici anime fantasy, ma il robot in questione non ne permette, a quanto pare, tale collocazione.
Tutto si concentra in nome delle nuove tecnologie, tutto si concentra nelle evoluzioni dei famosi "cervelli elettronici" ancora ben distanti dagli odierni pc e computer, dall'indubbio fascino, ma che forse in quel periodo rappresentavano la macchina mai difettosa in contrapposizione perfetta all'intelletto umano.
E difatti nell'opera si parla proprio di questo, si parla di un'umanità futura completamente rivoluzionata nell'intelligenza e nella sua evoluzione, in cui l'ausilio di un qualsiasi automa diventa praticamente indispensabile.
Ma gli insegnamenti delle epoche precedenti non devono essere dimenticate per far sì che lo sviluppo dell'evoluzione del futuro non sia compromesso, questo è il messaggio che l'opera in un primo momento ci vuole trasmettere, laddove i mezzi moderni devono essere d'aiuto alllo sviluppo umano, non certo delle macchine, perchè le macchine loro malgrado non hanno anima nè cuore, ma solo una infinitesima parte d'intelletto trasmesssa tramite congegno sempre dalla mente umana: da qui nasce il principio dell'infallibilità.
In tutta evidenza, in quest'opera si prevede che la perfezione debba essere, tramite il robot protagonista della saga, un terminale della potenza che può sviluppare un intento prodotto dall'intelletto umano, effettivamente invece non basta nulla per cambiare tali sorti, dove perfino il teletrasporto menzionato nell'opera può diventare un'arma, anzichè un aiuto per uscire da situazioni difficili.
L'allegoria meccanica e umana che si distacca dall'intelletto solitamente onesto e verso l'umanità,qui prende il nome di "veleno".
La morale finale di quest'opera, quindi, è proprio il discorso legato all'intento dell'intelletto umano, che non sempre è capace di riuscire a controllare tutto ciò che riesce a creare di buono, perchè basta qualsiasi fattore esterno, anche persone vicine a chi ha fatto tale creazione, per cambiare,specie in negativo per propri loschi fini,le finalità della medesima creazione.
Per come è strutturata l'opera, la si potrebbe benissimo far rientrare in semplici anime fantasy, ma il robot in questione non ne permette, a quanto pare, tale collocazione.
Tutto si concentra in nome delle nuove tecnologie, tutto si concentra nelle evoluzioni dei famosi "cervelli elettronici" ancora ben distanti dagli odierni pc e computer, dall'indubbio fascino, ma che forse in quel periodo rappresentavano la macchina mai difettosa in contrapposizione perfetta all'intelletto umano.
E difatti nell'opera si parla proprio di questo, si parla di un'umanità futura completamente rivoluzionata nell'intelligenza e nella sua evoluzione, in cui l'ausilio di un qualsiasi automa diventa praticamente indispensabile.
Ma gli insegnamenti delle epoche precedenti non devono essere dimenticate per far sì che lo sviluppo dell'evoluzione del futuro non sia compromesso, questo è il messaggio che l'opera in un primo momento ci vuole trasmettere, laddove i mezzi moderni devono essere d'aiuto alllo sviluppo umano, non certo delle macchine, perchè le macchine loro malgrado non hanno anima nè cuore, ma solo una infinitesima parte d'intelletto trasmesssa tramite congegno sempre dalla mente umana: da qui nasce il principio dell'infallibilità.
In tutta evidenza, in quest'opera si prevede che la perfezione debba essere, tramite il robot protagonista della saga, un terminale della potenza che può sviluppare un intento prodotto dall'intelletto umano, effettivamente invece non basta nulla per cambiare tali sorti, dove perfino il teletrasporto menzionato nell'opera può diventare un'arma, anzichè un aiuto per uscire da situazioni difficili.
L'allegoria meccanica e umana che si distacca dall'intelletto solitamente onesto e verso l'umanità,qui prende il nome di "veleno".
La morale finale di quest'opera, quindi, è proprio il discorso legato all'intento dell'intelletto umano, che non sempre è capace di riuscire a controllare tutto ciò che riesce a creare di buono, perchè basta qualsiasi fattore esterno, anche persone vicine a chi ha fatto tale creazione, per cambiare,specie in negativo per propri loschi fini,le finalità della medesima creazione.
Ricordo molto bene questa serie che, a mio pare, si distacca dalle normali serie di robot, il fulcro della storia qui non è l'amore o la giustizia, bensì la convivenza degli esseri umani con un nuovo tipo di intelligenza:il computer. Lo sviluppo della serie segue pressappoco quello di Baldios, di cui rappresenta un pò il suo successore, ma la differenza è che in Goshogun si va verso la luce e la speranza di una nuova umanità in armonia con il mondo e la natura.