Grey: Digital Target

"Yamazaki passami quei fondali che abbiamo usato l'anno scorso, aggiungiamoci un po' di linee cinetiche e una buona dose di esplosioni in stile 'Macross' et voilà! Il gioco è fatto!". Questa doveva essere l'atmosfera che si respirava alla Ashi Productions durante la realizzazione del film "Grey - Digital Target -" (sì, avete capito bene: film, non OAV, quindi, ma solo in teoria, prodotto con un budget considerevole). Per la serie: come appiattire una stella del manga sci-fi anni '80 che ha contribuito (e non poco) al diffondersi della cultura pop giapponese in Italia e nel resto del mondo occidentale. Va riconosciuto che la trasformazione di un manga nella controparte anime è da sempre una fase assai delicata e particolarmente complessa, dal momento che vi si moltiplicano i tempi morti: per ovviare al problema si è preferito in questo caso optare per suddividere lo storyboard in nove parti, ciascun segmento è concepito come a sé stante. Lo staff di Satoshi Dezaki non ha saputo però mantenere, né oltremodo migliorare, la qualità visiva della pregevole versione cartacea, la quale rapiva e trascinava il lettore tra infiniti deserti bianchi e dentro claustrofobiche fortezze volanti controllate da computer, in un crescendo di tensione e adrenalina unici nel suo genere - quasi ad avere capogiri e vertigini a lettura in corso. Il tutto (o quasi) viene riproposto sul grande schermo con personaggi che sfoggiano folte chiome fluo (AIC docet), immagini meno cruente, dialoghi edulcorati ed un finale meno tragico di quello ideato da Yoshihisa Tagami. Le sequenze d'azione sono tuttavia ben curate, ma pesa l'assenza di 'specialisti' del calibro di Yoshinori Kanada o Yuji Moriyama tra le fila dei disegnatori. Annunciato in sordina dalla Granata Press, non è mai arrivato nelle videoteche a causa del fallimento della stessa casa editrice bolognese, che in precedenza aveva anche curato l'adattamento per le edicole.