Drifters
Non mi piace dilungarmi, mi limito a dare la mia opinione: un anime davvero bello, avvincente e mai noioso.
I personaggi sono caratterizzati? Quanto basta per renderli interessanti.
La storia? Molto bella, stupenda l’idea di far incontrare fra loro personaggi storici di epoche diverse.
Diverte? Mai noioso, impossibile togliere gli occhi da questo anime, i personaggi sono fantastici e la storia ha quell'alone di mistero che ti fa rimanere incollato a guardarla.
Difetti? La seconda stagione si fa aspettare un po' troppo, per il resto niente di rilevante...
Per me è una visione molto consigliata.
I personaggi sono caratterizzati? Quanto basta per renderli interessanti.
La storia? Molto bella, stupenda l’idea di far incontrare fra loro personaggi storici di epoche diverse.
Diverte? Mai noioso, impossibile togliere gli occhi da questo anime, i personaggi sono fantastici e la storia ha quell'alone di mistero che ti fa rimanere incollato a guardarla.
Difetti? La seconda stagione si fa aspettare un po' troppo, per il resto niente di rilevante...
Per me è una visione molto consigliata.
“Drifters” è una serie d’animazione giapponese della stagione autunnale 2016, composta da dodici episodi di durata canonica e tratta dall’omonimo manga di Kōta Hirano, tuttora in corso.
Trama: 21 ottobre 1600. Mentre tra radure e boschi brumosi infuria la battaglia di Sekigahara, decisiva per il Giappone dell’epoca Sengoku, Shimazu Toyohisa decide di coprire la ritirata dello zio rimanendo ad affrontare con uno sparuto manipolo di soldati la cavalleria nemica. Dopo averne ucciso personalmente il comandante e sfinito dalle numerose ferite, il protagonista arranca tra gli alberi fino a ritrovarsi in uno sterminato corridoio bianco, su cui si affacciano infinite porte di ogni foggia e al cui centro è collocata una moderna scrivania con annesso burocrate occhialuto.
Prima di poter realizzare cosa stia davvero accadendo, Toyohisa viene risucchiato in uno dei passaggi e subito catapultato in un mondo popolato da creature e razze fantastiche, dove i celebri eroi della Terra si affrontano in uno scontro apocalittico, divisi tra naufraghi (Drifters) e scarti (Ends).
Il tema principale del prodotto in questione viene così ad essere la guerra, con le sue fiamme, le grida strazianti e il clangore delle armi, un'entità immanente che travolge ogni forma di vita e la restituisce a uno stato primordiale di conflitto e sofferenza, condizione in cui soltanto alcuni privilegiati emergono come predatori trionfanti, mentre i deboli possono solo implorare o affidarsi a personalità carismatiche. Quella narrata in "Drifters" è tuttavia anche una guerra di sconvolgimento dello status quo, in cui la posta in palio è un mondo intero da conquistare e rimodellare, conteso da esclusi e reietti tra i quali non è facile individuare i "buoni" e i "cattivi", creando così un clima di costante ambiguità morale non sconosciuto all'autore dell'opera originale.
Dunque, questa nuova serie presenta svariati elementi in comune con la precedente fatica di Hirano, “Hellsing”, ma, laddove l’epopea del vampiro tamarro Alucard era una costante manifestazione di grandezza e ferocia, intuibile dall’imponente colonna sonora e dalle bizzarre connotazioni di alcuni nemici e delle relative battaglie, “Drifters” preferisce trincerarsi in un bunker di scelte fin troppo comode e idee già viste. Di abitanti del nostro mondo trascinati in un universo fantasy-medievale abitato da elfi, goblin, orchi e draghi se ne sono visti a decine, soprattutto negli ultimi anni, e lo stesso dicasi per gli scontri tra figure storiche appartenenti a diversi periodi.
Il vero peccato mortale commesso dall’anime, tuttavia, consiste nel non approfittare praticamente mai delle potenzialità dei personaggi, dell’incontro tra differenti bagagli culturali e sociali e del potenziale scontro di civiltà, non solo tra terrestri e elfi o nani, ma anche tra terrestri provenienti da luoghi e epoche infinitamente distanti. Esso, invece, si concentra quasi esclusivamente sul terzetto di protagonisti, costituito da Shimazu Toyohisa, Oda Nobunaga e Nasu no Yoichi, in un processo di continua esaltazione dell’ardore bellico nipponico, che non conosce eguali né in questo mondo né nell’altro: le loro strategie, per quanto possano apparire banali, sono sempre le più geniali e vincenti, la loro sete di sangue è leggendaria e giustificata, la loro brama di conquista un diritto acquisito sul campo di battaglia.
Inoltre, i personaggi principali di quello che appare come un prodotto ideato per fini patriottici e per l’uso e consumo del pubblico giapponese e degli yamatologi, gli unici capaci di riconoscere alla prima menzione le molteplici personalità del Sol Levante che affollano la serie, godono di caratterizzazioni timide e scontate. Ogni qualvolta si presenta l’occasione per donare maggiore spessore a Nobunaga o Toyohisa, fin troppo ripetitivi nel definirsi a vicenda mostri e nell’apprezzare reciprocamente la propria disumanità, ecco che l’attenzione viene sviata tramite convenienti gag. Qui si manifesta invece il problema tonale che affligge “Drifters”: se in “Hellsing” i momenti comici erano pochi e indigesti, qui i siparietti sono meglio amalgamati con il resto della storia, ma sono talmente numerosi e privi di focus che arrivano a soffocare la narrazione, banalizzando scene anche cariche di pathos.
Gli antagonisti, al contrario, per quanto poco approfonditi, sono avvolti da un alone di mistero che li rende decisamente più affascinanti. Radunate attorno all’altrettanto enigmatico Re Nero vi sono figure storiche che nutrono un odio profondo e irrazionale nei confronti l’umanità, e una manciata di minuti è sufficiente affinché le loro motivazioni e quelle del loro signore si rivelino istantaneamente più appetibili di quelle dei protagonisti.
La maggior parte del cast di supporto, invece, è costituito da macchiette stereotipate e sostanzialmente inutili.
Il comparto tecnico è tendenzialmente discreto: nonostante un’intrigante sequenza iniziale, caratterizzata da colori desaturati su cui spicca il rosso del sangue e della casacca di Toyohisa, l’anime si adagia su scelte grafiche mediocri e poco innovative. Gli sfondi sono interessati da diversi errori di continuità e sono piuttosto banali in quanto ad ambientazioni (foreste, bastioni in pietra, poveri villaggi contadini), ma sono comunque sufficientemente ricchi di particolari.
Il design dei personaggi ricorda molto quello di “Hellsing” (al punto che alcuni di essi sembrano frutto di riciclaggio) e regala figure imponenti e fisionomie dettagliate, sia mascoline che androgine, spesso distorte dagli ormai iconici ghigni mefistofelici, che lasciano il viso in ombra ad eccezione di un singolo occhio spiritato.
La Computer Grafica è usata per lo più nelle scene di massa per animare le truppe nemiche ed è riconoscibile ma non particolarmente invadente, grazie anche ai giochi di luce usati per mascherare il tutto.
Le animazioni si sono rivelate complessivamente deludenti: per quanto siano piuttosto fluide, i movimenti rappresentati sono approssimativi, e questo aspetto si palesa soprattutto durante le scene d’azione, in cui è raro vedere qualcosa che non sia un generico fendente, uno strale scoccato o una scarica di fucileria. Persino i poteri sovrannaturali conferiti agli Ends trovano poco spazio negli scontri, soppiantati da tecniche più tradizionali.
La colonna sonora è piacevole e adeguata e abbraccia stili differenti, ma i brani intermedi e di sottofondo sono oscurati dalla sigla di apertura, un pezzo incredibilmente orecchiabile e trascinante accompagnato da uno stile di disegno abbozzato, quasi da schizzo preparatorio, che segue mirabilmente le note, e da quella di chiusura, a cui sono associate immagini vibranti e tonalità cromatiche più cupe. Buono il doppiaggio giapponese, appropriato ed espressivo. Da ammirare l’utilizzo di un idioma apposito per marcare ulteriormente il distacco tra gli abitanti del nostro mondo e le popolazioni della dimensione in cui i primi sono stati inviati.
In conclusione, “Drifters” è un’opera di intrattenimento gradevole e ignorante, ma non abbastanza creativa (con le dovute eccezioni). Gli attimi epici vengono polverizzati da battute e sketch comici inopportuni, mentre non è possibile percepire alcuna tensione a causa della monotonia delle battaglie, tutte unilaterali fin dal principio e dall’esito già segnato. Persino la violenza è piuttosto mite e, sebbene non manchino smembramenti, spargimenti di sangue e qualche inquadratura che indugia su sfruttamenti e abusi, il livello di dettaglio non è mai sufficientemente elevato da shockare lo spettatore, e non si assiste mai alla brutalità disarmante che aveva reso celebre il suo predecessore.
Del numeroso cast, solo pochi personaggi hanno ricevuto un minimo di introspezione, mentre molti altri sono mere sagome di cartone prive di personalità, e altri ancora sono stati mostrati di sfuggita, ma non hanno ancora avuto un ruolo all’interno della storia, in attesa di fare la propria parte nel già annunciato seguito.
Trama: 21 ottobre 1600. Mentre tra radure e boschi brumosi infuria la battaglia di Sekigahara, decisiva per il Giappone dell’epoca Sengoku, Shimazu Toyohisa decide di coprire la ritirata dello zio rimanendo ad affrontare con uno sparuto manipolo di soldati la cavalleria nemica. Dopo averne ucciso personalmente il comandante e sfinito dalle numerose ferite, il protagonista arranca tra gli alberi fino a ritrovarsi in uno sterminato corridoio bianco, su cui si affacciano infinite porte di ogni foggia e al cui centro è collocata una moderna scrivania con annesso burocrate occhialuto.
Prima di poter realizzare cosa stia davvero accadendo, Toyohisa viene risucchiato in uno dei passaggi e subito catapultato in un mondo popolato da creature e razze fantastiche, dove i celebri eroi della Terra si affrontano in uno scontro apocalittico, divisi tra naufraghi (Drifters) e scarti (Ends).
Il tema principale del prodotto in questione viene così ad essere la guerra, con le sue fiamme, le grida strazianti e il clangore delle armi, un'entità immanente che travolge ogni forma di vita e la restituisce a uno stato primordiale di conflitto e sofferenza, condizione in cui soltanto alcuni privilegiati emergono come predatori trionfanti, mentre i deboli possono solo implorare o affidarsi a personalità carismatiche. Quella narrata in "Drifters" è tuttavia anche una guerra di sconvolgimento dello status quo, in cui la posta in palio è un mondo intero da conquistare e rimodellare, conteso da esclusi e reietti tra i quali non è facile individuare i "buoni" e i "cattivi", creando così un clima di costante ambiguità morale non sconosciuto all'autore dell'opera originale.
Dunque, questa nuova serie presenta svariati elementi in comune con la precedente fatica di Hirano, “Hellsing”, ma, laddove l’epopea del vampiro tamarro Alucard era una costante manifestazione di grandezza e ferocia, intuibile dall’imponente colonna sonora e dalle bizzarre connotazioni di alcuni nemici e delle relative battaglie, “Drifters” preferisce trincerarsi in un bunker di scelte fin troppo comode e idee già viste. Di abitanti del nostro mondo trascinati in un universo fantasy-medievale abitato da elfi, goblin, orchi e draghi se ne sono visti a decine, soprattutto negli ultimi anni, e lo stesso dicasi per gli scontri tra figure storiche appartenenti a diversi periodi.
Il vero peccato mortale commesso dall’anime, tuttavia, consiste nel non approfittare praticamente mai delle potenzialità dei personaggi, dell’incontro tra differenti bagagli culturali e sociali e del potenziale scontro di civiltà, non solo tra terrestri e elfi o nani, ma anche tra terrestri provenienti da luoghi e epoche infinitamente distanti. Esso, invece, si concentra quasi esclusivamente sul terzetto di protagonisti, costituito da Shimazu Toyohisa, Oda Nobunaga e Nasu no Yoichi, in un processo di continua esaltazione dell’ardore bellico nipponico, che non conosce eguali né in questo mondo né nell’altro: le loro strategie, per quanto possano apparire banali, sono sempre le più geniali e vincenti, la loro sete di sangue è leggendaria e giustificata, la loro brama di conquista un diritto acquisito sul campo di battaglia.
Inoltre, i personaggi principali di quello che appare come un prodotto ideato per fini patriottici e per l’uso e consumo del pubblico giapponese e degli yamatologi, gli unici capaci di riconoscere alla prima menzione le molteplici personalità del Sol Levante che affollano la serie, godono di caratterizzazioni timide e scontate. Ogni qualvolta si presenta l’occasione per donare maggiore spessore a Nobunaga o Toyohisa, fin troppo ripetitivi nel definirsi a vicenda mostri e nell’apprezzare reciprocamente la propria disumanità, ecco che l’attenzione viene sviata tramite convenienti gag. Qui si manifesta invece il problema tonale che affligge “Drifters”: se in “Hellsing” i momenti comici erano pochi e indigesti, qui i siparietti sono meglio amalgamati con il resto della storia, ma sono talmente numerosi e privi di focus che arrivano a soffocare la narrazione, banalizzando scene anche cariche di pathos.
Gli antagonisti, al contrario, per quanto poco approfonditi, sono avvolti da un alone di mistero che li rende decisamente più affascinanti. Radunate attorno all’altrettanto enigmatico Re Nero vi sono figure storiche che nutrono un odio profondo e irrazionale nei confronti l’umanità, e una manciata di minuti è sufficiente affinché le loro motivazioni e quelle del loro signore si rivelino istantaneamente più appetibili di quelle dei protagonisti.
La maggior parte del cast di supporto, invece, è costituito da macchiette stereotipate e sostanzialmente inutili.
Il comparto tecnico è tendenzialmente discreto: nonostante un’intrigante sequenza iniziale, caratterizzata da colori desaturati su cui spicca il rosso del sangue e della casacca di Toyohisa, l’anime si adagia su scelte grafiche mediocri e poco innovative. Gli sfondi sono interessati da diversi errori di continuità e sono piuttosto banali in quanto ad ambientazioni (foreste, bastioni in pietra, poveri villaggi contadini), ma sono comunque sufficientemente ricchi di particolari.
Il design dei personaggi ricorda molto quello di “Hellsing” (al punto che alcuni di essi sembrano frutto di riciclaggio) e regala figure imponenti e fisionomie dettagliate, sia mascoline che androgine, spesso distorte dagli ormai iconici ghigni mefistofelici, che lasciano il viso in ombra ad eccezione di un singolo occhio spiritato.
La Computer Grafica è usata per lo più nelle scene di massa per animare le truppe nemiche ed è riconoscibile ma non particolarmente invadente, grazie anche ai giochi di luce usati per mascherare il tutto.
Le animazioni si sono rivelate complessivamente deludenti: per quanto siano piuttosto fluide, i movimenti rappresentati sono approssimativi, e questo aspetto si palesa soprattutto durante le scene d’azione, in cui è raro vedere qualcosa che non sia un generico fendente, uno strale scoccato o una scarica di fucileria. Persino i poteri sovrannaturali conferiti agli Ends trovano poco spazio negli scontri, soppiantati da tecniche più tradizionali.
La colonna sonora è piacevole e adeguata e abbraccia stili differenti, ma i brani intermedi e di sottofondo sono oscurati dalla sigla di apertura, un pezzo incredibilmente orecchiabile e trascinante accompagnato da uno stile di disegno abbozzato, quasi da schizzo preparatorio, che segue mirabilmente le note, e da quella di chiusura, a cui sono associate immagini vibranti e tonalità cromatiche più cupe. Buono il doppiaggio giapponese, appropriato ed espressivo. Da ammirare l’utilizzo di un idioma apposito per marcare ulteriormente il distacco tra gli abitanti del nostro mondo e le popolazioni della dimensione in cui i primi sono stati inviati.
In conclusione, “Drifters” è un’opera di intrattenimento gradevole e ignorante, ma non abbastanza creativa (con le dovute eccezioni). Gli attimi epici vengono polverizzati da battute e sketch comici inopportuni, mentre non è possibile percepire alcuna tensione a causa della monotonia delle battaglie, tutte unilaterali fin dal principio e dall’esito già segnato. Persino la violenza è piuttosto mite e, sebbene non manchino smembramenti, spargimenti di sangue e qualche inquadratura che indugia su sfruttamenti e abusi, il livello di dettaglio non è mai sufficientemente elevato da shockare lo spettatore, e non si assiste mai alla brutalità disarmante che aveva reso celebre il suo predecessore.
Del numeroso cast, solo pochi personaggi hanno ricevuto un minimo di introspezione, mentre molti altri sono mere sagome di cartone prive di personalità, e altri ancora sono stati mostrati di sfuggita, ma non hanno ancora avuto un ruolo all’interno della storia, in attesa di fare la propria parte nel già annunciato seguito.
"Drifters" è un anime del 2016 composto da dodici episodi, tratto da un'opera ancora in corso (al momento della scrittura di questa recensione, al quinto volume in Giappone) del mangaka Kohta Hirano, già famoso per essere l'autore del celeberrimo e sanguinolento "Hellsing".
Lo stile di questa sua seconda serie ricorda molto la precedente opera di Hirano, sia per quanto riguarda l'impostazione dei personaggi che per la presenza di scontri sia individuali che sfocianti in vere e proprie battaglie molto violente.
Ma iniziamo a parlare della trama. Toyohisa Shimazu è un samurai del clan Shimazu, nel Giappone del 1600, e, dopo una battaglia da cui è riuscito a uscire vivo per miracolo, si ritrova improvvisamente in un corridoio bianco con innumerevoli porte sulle pareti; di fronte a lui si pone un misterioso individuo seduto a una scrivania, che senza dargli spiegazioni lo spedisce all'interno di una delle citate porte. Toyohisa si ritroverà in un mondo di stampo fantasy, un universo alternativo popolato da elfi, gnomi, draghi e svariate altre creature, in cui è presente persino la magia. Incontrati altri due compagni "Drifters" (così vengono chiamate dagli autoctoni le persone spedite in quel mondo dal misterioso individuo, che in seguito scopriremo chiamarsi Murasaki e avere una controparte nemica femminile di nome "Easy" con "propri" guerrieri), altri due personaggi storici, ossia Oda Nobunaga e Nasu no Yoichi, si unirà a loro mentre, tra battaglie sanguinolente e sempre nuovi personaggi e colpi di scena, sia lui che noi cercheremo di scoprire sempre maggiori dettagli circa il mondo del racconto e il motivo per cui tutte queste persone di epoche diverse siano state spedite lì.
La trama non è tutto sommato nulla di così complicato o arzigogolato. Certamente non mancano i misteri, e la narrazione corale farà sì che non ci si soffermerà sempre e soltanto sui medesimi personaggi per lungo tempo (sebbene il gruppo sul quale ci si concentra di più sia quello di Toyohisa e Nobunaga), ma l'andamento del racconto è comunque abbastanza lineare, e, pur presentando intrighi (anche politici) e strategie varie (vista la larga presenza di battaglie, e di generali/strateghi tra le file dei personaggi, era il minimo che questo aspetto fosse almeno in parte trattato), rimane sempre tutto in un'ottica abbastanza "terra terra".
L'aspetto più importante della serie sono comunque gli scontri, le battaglie, che da tipico di Hirano sono sempre molto sanguinolenti, con teste decapitate (il protagonista, tra l'altro, non farà mai a meno di evidenziare nel corso delle schermaglie la sua "ossessione" per l'accaparrarsi la testa dei nemici), arti mozzati, corpi sbudellati e smembrati. Se siete persone troppo sensibili, questa serie non fa decisamente per voi. Anche se personalmente sono dell'opinione che una certa dose di violenza in un'opera, quando stilisticamente e visivamente ben realizzata e narrativamente giustificata, possa persino essere un valore aggiunto. Tarantino docet.
Parlando dei personaggi, impossibile non sottolineare il loro carisma. Sarò di parte, dato che ho già molto apprezzato la precedente opera del mangaka, ma trovo che Hirano sia maestro nel tratteggiare personaggi carismatici che, anche grazie alla vena di follia che scorre in buona parte di essi, unita al loro sorridere quasi compulsivo mentre fanno a fette i nemici o le cose vanno come avevano pianificato, e ai loro discorsi pieni di potenza e carica verbale, riescono a esprimere una notevole fortezza di carattere che non può fare a meno che far rimanere affascinati. A spiccare su tutti è probabilmente il personaggio di Oda Nobunaga, ma trovo che anche gli altri (perlomeno, per quanto ci sia stato fatto vedere fino ad ora di essi) siano degnamente sfaccettati e caratterizzati. Le interazioni tra i personaggi sono poi sempre ben costruite e interessanti a vedersi, e si nota come Hirano si diverta un mondo a far interagire tra loro tanti personaggi storici di epoche diverse, così come a rimaneggiarli nelle caratteristiche alla bisogna per renderli ancora più "particolari" e "personalizzati".
Le gag che coinvolgono i membri del cast (quello principale soprattutto, del gruppetto di Toyhisa, Nobunaga e Yoichi) sono forse una delle cose più bizzarre della serie (anche se parlare di cose bizzarre potrebbe non avere molto senso, in un mondo popolato da elfi, draghi e compagnia bella...). Sempre con un tocco nonsense/demenziale e con dei disegni stilizzati, entrambi elementi tipici dell'umorismo alla Hirano, si trovano spesso a spezzare anche nel mezzo dell'azione la tensione, sfaccettando i personaggi, in questi momenti, come decisamente più faceti di quanto appaiano il resto del tempo. Le prime volte potrebbero anche straniare, ma dopo un po' ci si farà l'abitudine, e alcune di queste gag potrebbero perfino arrivare a risultare simpatiche, se non proprio divertenti. Dipende dal vostro gusto umoristico, comunque.
Iniziando a parlare di lato tecnico, ci troviamo di fronte a un character design ripreso da quello della serie OAV di "Hellsing Ultimate" (una discreta parte del cast di "Drifters" vi ha lavorato), e personalmente trovo lo stile in questione, ripreso dal tratto di Hirano, decisamente accattivante. I disegni dell'anime sono puliti, curati e dettagliati quanto basta se non di più, la colorazione si presenta pregna di chiaroscuri che vanno a dettagliare le figure dei personaggi e delle scene con come risultato una buona resa volumetrica e cromatica. Le animazioni sono fluide e perlopiù ben dettagliate, non mi sono accorto di cali particolari ma anzi l'intera produzione mi è parsa attestarsi su un buon livello di realizzazione. Perfino la CG è ben sfruttata, è presente ma non invasiva, e quando utilizzata riesce ad amalgamarsi più che adeguatamente con l'ambientazione e i personaggi circostanti.
Anche le musiche sono decisamente buone, soundtrack adeguate per ogni circostanza, dalla battaglia truculenta al momento comico, amalgamandosi perfettamente alle scene senza distogliere l'attenzione da esse. Le sigle sono a loro volta di ottima fattura, con una opening pienamente accattivante e persino cantabile, e una ending che con un tono "di carica" funge quasi da proseguimento all'adrenalina provata durante l'episodio, quasi una seconda opening cui non mancano però anche toni quasi di "dolcezza" nella parte centrale della composizione, mentre ci accompagna al termine dell'esperienza di visione.
Da questa recensione decisamente positiva, si potrà intuire una mia altrettanto positiva valutazione. Conscio però anche della sua incompletezza, non sarebbe proponibile un punteggio pieno. Pertanto, il mio giudizio su questa prima stagione narrante una parzialità di storia sfocia in un voto numerico equivalente a un 9.
E speriamo che questo fantomatico "Tokyo 20XX" della seconda stagione giunga presto... Anche se con i tempi di Hirano, che del suo manga sforna se va bene un volume all'anno, questo "20XX" tempo lo vedremo tra un po'... A meno che la produzione dell'anime non decida di prendere una propria strada, cosa che non mi auguro, dato che quasi mai queste scelte portano a qualcosa di buono.
Lo stile di questa sua seconda serie ricorda molto la precedente opera di Hirano, sia per quanto riguarda l'impostazione dei personaggi che per la presenza di scontri sia individuali che sfocianti in vere e proprie battaglie molto violente.
Ma iniziamo a parlare della trama. Toyohisa Shimazu è un samurai del clan Shimazu, nel Giappone del 1600, e, dopo una battaglia da cui è riuscito a uscire vivo per miracolo, si ritrova improvvisamente in un corridoio bianco con innumerevoli porte sulle pareti; di fronte a lui si pone un misterioso individuo seduto a una scrivania, che senza dargli spiegazioni lo spedisce all'interno di una delle citate porte. Toyohisa si ritroverà in un mondo di stampo fantasy, un universo alternativo popolato da elfi, gnomi, draghi e svariate altre creature, in cui è presente persino la magia. Incontrati altri due compagni "Drifters" (così vengono chiamate dagli autoctoni le persone spedite in quel mondo dal misterioso individuo, che in seguito scopriremo chiamarsi Murasaki e avere una controparte nemica femminile di nome "Easy" con "propri" guerrieri), altri due personaggi storici, ossia Oda Nobunaga e Nasu no Yoichi, si unirà a loro mentre, tra battaglie sanguinolente e sempre nuovi personaggi e colpi di scena, sia lui che noi cercheremo di scoprire sempre maggiori dettagli circa il mondo del racconto e il motivo per cui tutte queste persone di epoche diverse siano state spedite lì.
La trama non è tutto sommato nulla di così complicato o arzigogolato. Certamente non mancano i misteri, e la narrazione corale farà sì che non ci si soffermerà sempre e soltanto sui medesimi personaggi per lungo tempo (sebbene il gruppo sul quale ci si concentra di più sia quello di Toyohisa e Nobunaga), ma l'andamento del racconto è comunque abbastanza lineare, e, pur presentando intrighi (anche politici) e strategie varie (vista la larga presenza di battaglie, e di generali/strateghi tra le file dei personaggi, era il minimo che questo aspetto fosse almeno in parte trattato), rimane sempre tutto in un'ottica abbastanza "terra terra".
L'aspetto più importante della serie sono comunque gli scontri, le battaglie, che da tipico di Hirano sono sempre molto sanguinolenti, con teste decapitate (il protagonista, tra l'altro, non farà mai a meno di evidenziare nel corso delle schermaglie la sua "ossessione" per l'accaparrarsi la testa dei nemici), arti mozzati, corpi sbudellati e smembrati. Se siete persone troppo sensibili, questa serie non fa decisamente per voi. Anche se personalmente sono dell'opinione che una certa dose di violenza in un'opera, quando stilisticamente e visivamente ben realizzata e narrativamente giustificata, possa persino essere un valore aggiunto. Tarantino docet.
Parlando dei personaggi, impossibile non sottolineare il loro carisma. Sarò di parte, dato che ho già molto apprezzato la precedente opera del mangaka, ma trovo che Hirano sia maestro nel tratteggiare personaggi carismatici che, anche grazie alla vena di follia che scorre in buona parte di essi, unita al loro sorridere quasi compulsivo mentre fanno a fette i nemici o le cose vanno come avevano pianificato, e ai loro discorsi pieni di potenza e carica verbale, riescono a esprimere una notevole fortezza di carattere che non può fare a meno che far rimanere affascinati. A spiccare su tutti è probabilmente il personaggio di Oda Nobunaga, ma trovo che anche gli altri (perlomeno, per quanto ci sia stato fatto vedere fino ad ora di essi) siano degnamente sfaccettati e caratterizzati. Le interazioni tra i personaggi sono poi sempre ben costruite e interessanti a vedersi, e si nota come Hirano si diverta un mondo a far interagire tra loro tanti personaggi storici di epoche diverse, così come a rimaneggiarli nelle caratteristiche alla bisogna per renderli ancora più "particolari" e "personalizzati".
Le gag che coinvolgono i membri del cast (quello principale soprattutto, del gruppetto di Toyhisa, Nobunaga e Yoichi) sono forse una delle cose più bizzarre della serie (anche se parlare di cose bizzarre potrebbe non avere molto senso, in un mondo popolato da elfi, draghi e compagnia bella...). Sempre con un tocco nonsense/demenziale e con dei disegni stilizzati, entrambi elementi tipici dell'umorismo alla Hirano, si trovano spesso a spezzare anche nel mezzo dell'azione la tensione, sfaccettando i personaggi, in questi momenti, come decisamente più faceti di quanto appaiano il resto del tempo. Le prime volte potrebbero anche straniare, ma dopo un po' ci si farà l'abitudine, e alcune di queste gag potrebbero perfino arrivare a risultare simpatiche, se non proprio divertenti. Dipende dal vostro gusto umoristico, comunque.
Iniziando a parlare di lato tecnico, ci troviamo di fronte a un character design ripreso da quello della serie OAV di "Hellsing Ultimate" (una discreta parte del cast di "Drifters" vi ha lavorato), e personalmente trovo lo stile in questione, ripreso dal tratto di Hirano, decisamente accattivante. I disegni dell'anime sono puliti, curati e dettagliati quanto basta se non di più, la colorazione si presenta pregna di chiaroscuri che vanno a dettagliare le figure dei personaggi e delle scene con come risultato una buona resa volumetrica e cromatica. Le animazioni sono fluide e perlopiù ben dettagliate, non mi sono accorto di cali particolari ma anzi l'intera produzione mi è parsa attestarsi su un buon livello di realizzazione. Perfino la CG è ben sfruttata, è presente ma non invasiva, e quando utilizzata riesce ad amalgamarsi più che adeguatamente con l'ambientazione e i personaggi circostanti.
Anche le musiche sono decisamente buone, soundtrack adeguate per ogni circostanza, dalla battaglia truculenta al momento comico, amalgamandosi perfettamente alle scene senza distogliere l'attenzione da esse. Le sigle sono a loro volta di ottima fattura, con una opening pienamente accattivante e persino cantabile, e una ending che con un tono "di carica" funge quasi da proseguimento all'adrenalina provata durante l'episodio, quasi una seconda opening cui non mancano però anche toni quasi di "dolcezza" nella parte centrale della composizione, mentre ci accompagna al termine dell'esperienza di visione.
Da questa recensione decisamente positiva, si potrà intuire una mia altrettanto positiva valutazione. Conscio però anche della sua incompletezza, non sarebbe proponibile un punteggio pieno. Pertanto, il mio giudizio su questa prima stagione narrante una parzialità di storia sfocia in un voto numerico equivalente a un 9.
E speriamo che questo fantomatico "Tokyo 20XX" della seconda stagione giunga presto... Anche se con i tempi di Hirano, che del suo manga sforna se va bene un volume all'anno, questo "20XX" tempo lo vedremo tra un po'... A meno che la produzione dell'anime non decida di prendere una propria strada, cosa che non mi auguro, dato che quasi mai queste scelte portano a qualcosa di buono.