A tutto gas
Crescendo si sa, cambiano i gusti, cambiano le idee, cambia il modo di approcciarsi alle cose e cambia infine - o soprattutto - il modo di vedere e giudicare la qualunque. Di quanto affermato, ne ho avuto la riprova ancora una volta con “<i>A tutto gas</i>”, rispolverato recentemente dal sottoscritto a distanza di svariati lustri.
Questa serie animata prodotta dallo studio Tatsunoko nel 1984 dal titolo originale “Yoroshiku Mechadock ” infatti, la vidi per la prima volta da ragazzino attorno alla prima metà degli anni '90 in uno dei tanti canali regionali che, almeno nelle mie parti, non mancavano mai di trasmettere animazione quotidianamente.
Con il trascorrere degli anni, i ricordi di quel tempo, com'è anche normale che sia, andarono via via disperdendosi, affievolendosi quasi del tutto e dentro di me l'unica cosa che rimase quando ripensavo di tanto in tanto questo titolo era: <i>Ma quanto era bello “A tutto gas”?</i>
Ecco dunque la premessa iniziale che mi ha invogliato a riscoprire quest'anime piuttosto che ad addentrarmi in una qualsivoglia serie a me ancora ignota. Non l'avessi mai fatto.
Avete presente quando un bambino scopre che in realtà Babbo Natale non esiste? Bene, più o meno è ciò che ho pensato durante la ri-visione dei 30 episodi che compongono la serie in questione. Più andavo avanti con le puntate e più mi domandavo fra me e me “<i>Ma come accidenti facevo ad amare così tanto tutto ciò?</i>”
Semplice: neanche a dirlo, quando questo titolo approdò nelle nostre televisioni, eravamo nel pieno periodo in cui ogni opera animata subiva uno stravolgimento a livello di adattamento che rendeva ogni serie a portata di bimbo delle elementari. Ecco dunque nomi “rigorosamente” italianizzati come Marco, Ivano, Luca, Marcello, Pedro, Romina, Manuela ecc. - mai nessuno che avesse un cognome - e dialoghi da mettersi le mani nei capelli talmente banali, assurdi ed enfatizzati in svariate circostanze. Se a tutto questo aggiungiamo poi nessuna maturazione caratteriale del protagonista Marco (per come lo si conosce nel primo episodio così rimane fino all'ultimo) in una trama che di per sé può sembrare interessante raccontandoci di un giovane e portentoso meccanico appassionato di auto che sogna un giorno di diventare un'abile pilota di corse automobilistiche, ecco che con questa miscela di fattori si arriva ai titoli di coda scorgendo veramente poco o niente di salvabile.
Quel poco in teoria poteva essere il cast di doppiatori selezionato per l'anime: nomi conosciutissimi e affermati del calibro di Marco Balzarotti (voce di Marco), Gabriele Calindri, Felice Invernici, Marina Massironi, Marcella Silvestri, Mario Scarabelli, Davide Garbolino, Ivo De Palma, Tony Fuochi, Donatella Fanfani giusto per citare i più frequenti e che di per sé hanno svolto un lavoro più che discreto. Peccato solo che, come ogni formazione di livello che si rispetti, se non è ben diretta non può rendere al meglio delle sue possibilità. Ecco che allora ci s'imbatte in situazioni dove alcune scene, nonostante non prevedano chissà quale pathos, assumono contorni quasi grotteschi talmente sono arricchite di teatralità inopportuna.
Si è fatto trenta e non si fa trentuno? Potevano dunque mancare i cambi di voce per alcuni personaggi? Giammai, che anni '90 sarebbero stati altrimenti. Anche questo punto negativo giù nel calderone.
Cosa c'è dunque di veramente salvabile dell'edizione italiana di “A tutto gas”? Beh, non è che sia rimasto molto, anzi, non è rimasto proprio nulla eccezion fatta per la sigla cantata da Giampi Daldello.
Oddio, a voler essere pignoli, se confrontata con l'opening originale (veramente accattivante il binomio audiovisivo tra l'altro) anche questa ne uscirebbe con le ossa rotte, ma insomma, rispetto a tutto il resto sembra quasi poesia.
Tirando le conclusioni si evince chiaramente che il lavoro nostrano su <i>A tutto gas</i> poteva e doveva essere svolto in maniera ben diversa. Purtroppo non lo è stato e i risultati sono stati assai deludenti.
Non fatico a credere però che l'originale “Yoroshiku Mechadock ” offra qualche spunto in più e che quindi possa fornire ben altri elementi. Io purtroppo non sono riuscito a reperirlo quindi mi devo basare unicamente su quanto ho potuto visionare, che si sicuro non m'induce a consigliarlo a chicchessia.
Quest'ultima osservazione, mista forse a speranza e convinzione, mi spinge comunque a non assegnare un'insufficienza piena ma un 5, forse appunto per le ragioni appena espresse, o più verosimilmente, chissà, magari quel bambino che tanto ha amato da piccolo questo titolo cerca ogni tanto di riemergere fra i meandri dei miei 24 anni suonati. Qualunque cosa sia, vada per questa valutazione.
Questa serie animata prodotta dallo studio Tatsunoko nel 1984 dal titolo originale “Yoroshiku Mechadock ” infatti, la vidi per la prima volta da ragazzino attorno alla prima metà degli anni '90 in uno dei tanti canali regionali che, almeno nelle mie parti, non mancavano mai di trasmettere animazione quotidianamente.
Con il trascorrere degli anni, i ricordi di quel tempo, com'è anche normale che sia, andarono via via disperdendosi, affievolendosi quasi del tutto e dentro di me l'unica cosa che rimase quando ripensavo di tanto in tanto questo titolo era: <i>Ma quanto era bello “A tutto gas”?</i>
Ecco dunque la premessa iniziale che mi ha invogliato a riscoprire quest'anime piuttosto che ad addentrarmi in una qualsivoglia serie a me ancora ignota. Non l'avessi mai fatto.
Avete presente quando un bambino scopre che in realtà Babbo Natale non esiste? Bene, più o meno è ciò che ho pensato durante la ri-visione dei 30 episodi che compongono la serie in questione. Più andavo avanti con le puntate e più mi domandavo fra me e me “<i>Ma come accidenti facevo ad amare così tanto tutto ciò?</i>”
Semplice: neanche a dirlo, quando questo titolo approdò nelle nostre televisioni, eravamo nel pieno periodo in cui ogni opera animata subiva uno stravolgimento a livello di adattamento che rendeva ogni serie a portata di bimbo delle elementari. Ecco dunque nomi “rigorosamente” italianizzati come Marco, Ivano, Luca, Marcello, Pedro, Romina, Manuela ecc. - mai nessuno che avesse un cognome - e dialoghi da mettersi le mani nei capelli talmente banali, assurdi ed enfatizzati in svariate circostanze. Se a tutto questo aggiungiamo poi nessuna maturazione caratteriale del protagonista Marco (per come lo si conosce nel primo episodio così rimane fino all'ultimo) in una trama che di per sé può sembrare interessante raccontandoci di un giovane e portentoso meccanico appassionato di auto che sogna un giorno di diventare un'abile pilota di corse automobilistiche, ecco che con questa miscela di fattori si arriva ai titoli di coda scorgendo veramente poco o niente di salvabile.
Quel poco in teoria poteva essere il cast di doppiatori selezionato per l'anime: nomi conosciutissimi e affermati del calibro di Marco Balzarotti (voce di Marco), Gabriele Calindri, Felice Invernici, Marina Massironi, Marcella Silvestri, Mario Scarabelli, Davide Garbolino, Ivo De Palma, Tony Fuochi, Donatella Fanfani giusto per citare i più frequenti e che di per sé hanno svolto un lavoro più che discreto. Peccato solo che, come ogni formazione di livello che si rispetti, se non è ben diretta non può rendere al meglio delle sue possibilità. Ecco che allora ci s'imbatte in situazioni dove alcune scene, nonostante non prevedano chissà quale pathos, assumono contorni quasi grotteschi talmente sono arricchite di teatralità inopportuna.
Si è fatto trenta e non si fa trentuno? Potevano dunque mancare i cambi di voce per alcuni personaggi? Giammai, che anni '90 sarebbero stati altrimenti. Anche questo punto negativo giù nel calderone.
Cosa c'è dunque di veramente salvabile dell'edizione italiana di “A tutto gas”? Beh, non è che sia rimasto molto, anzi, non è rimasto proprio nulla eccezion fatta per la sigla cantata da Giampi Daldello.
Oddio, a voler essere pignoli, se confrontata con l'opening originale (veramente accattivante il binomio audiovisivo tra l'altro) anche questa ne uscirebbe con le ossa rotte, ma insomma, rispetto a tutto il resto sembra quasi poesia.
Tirando le conclusioni si evince chiaramente che il lavoro nostrano su <i>A tutto gas</i> poteva e doveva essere svolto in maniera ben diversa. Purtroppo non lo è stato e i risultati sono stati assai deludenti.
Non fatico a credere però che l'originale “Yoroshiku Mechadock ” offra qualche spunto in più e che quindi possa fornire ben altri elementi. Io purtroppo non sono riuscito a reperirlo quindi mi devo basare unicamente su quanto ho potuto visionare, che si sicuro non m'induce a consigliarlo a chicchessia.
Quest'ultima osservazione, mista forse a speranza e convinzione, mi spinge comunque a non assegnare un'insufficienza piena ma un 5, forse appunto per le ragioni appena espresse, o più verosimilmente, chissà, magari quel bambino che tanto ha amato da piccolo questo titolo cerca ogni tanto di riemergere fra i meandri dei miei 24 anni suonati. Qualunque cosa sia, vada per questa valutazione.
"A tutto gas" è un anime molto bello che ho visto principalmente da piccolo. Nonostante non ci fossero robot, né astronavi, né cavalieri, né maghi né mostri né superpoteri etc., anche da piccolo lo guardavo volentieri e scusate ma non è poco. Non saprei dire con esattezza quanti episodi ho visto, ma direi circa la metà.
L'anime narra le vicende di Marco, una ragazzo che fa il meccanico e il pilota, e vediamo divertenti "avventure urbane" vissute con una macchinetta truccata alternate a qualche gara in cui il nostro Marco gareggia con macchine da lui elaborate.
Vi sono molti episodi divertenti che vedono coinvolti i molti personaggi che popolano quest'anime. Per me è una visione piacevole.
L'anime narra le vicende di Marco, una ragazzo che fa il meccanico e il pilota, e vediamo divertenti "avventure urbane" vissute con una macchinetta truccata alternate a qualche gara in cui il nostro Marco gareggia con macchine da lui elaborate.
Vi sono molti episodi divertenti che vedono coinvolti i molti personaggi che popolano quest'anime. Per me è una visione piacevole.
Essendo molto appassionato di motori, quest'anime da piccolo non può che avermi entusiasmato, non mi perdevo una puntata e guai se mi disturbavano. La storia tratta di un ragazzo, chiamato nella versione italiana Marco, con un raro talento nelle elaborazioni dei veicoli e nella guida. Lavorando in un'officina avrà accesso a molte gare automobilistiche, alle quali parteciperà con automobili recuperate dallo sfascio e totalmente elaborate da lui, con le quali ovviamente riuscirà ad arrivare al proprio scopo, dopo mille difficoltà.
Cosa che mi ha dato molto fastidio, nella versione italiana i nomi delle automobili presenti nell'opera sono inventati, in quanto le stesse non sono mai state commercializzate in Europa. La Toyota XX non è altro che una Toyota AE86, mentre la "supercar" di Nabe è una Datsun 240Z, eccetera.
Cosa che mi ha dato molto fastidio, nella versione italiana i nomi delle automobili presenti nell'opera sono inventati, in quanto le stesse non sono mai state commercializzate in Europa. La Toyota XX non è altro che una Toyota AE86, mentre la "supercar" di Nabe è una Datsun 240Z, eccetera.
"A tutto gas" è un anime sportivo che alla fine non ci parla solamente di storie tra uomini e motori. Questa è un'opera costruita con intelligenza nello sfruttare fino al midollo il rapporto tra uomo e macchina, diciamo che è la naturale evoluzione di ciò che vedevamo con i mecha, dove il robottone di turno diventa tutt'uno con chi lo governa e lo guida. Qui siamo di fronte ad un'opera che parla di coraggio, di destrezza nell'affrontare i pericoli, sia dall'interno sia dall'esterno della pista, e di un mordente che non viene mai placato con il passare degli episodi. Infatti l'obiettivo non è solo vincere un gran premio, ma anche quello di guadagnarsi la stima come uomo, dopo dei trascorsi da bulletto in strada, in cui non si fa sempre una bella figura.
E' anche vero che la strada, in questo caso, e nei casi della vita, è maestra di vita e insegna cose che difficilmente si apprenderebbero tirando sempre la giacchetta a mamma e papà, lontani quindi da ogni tipo di bambagia, e da ogni tipo di vizietti inutili.
Sulla strada si diventa prima uomini, e poi forse ragazzi, laddove la maturità la si raggiunge con l'esperienza di errori e tentativi andati a vuoto, fino a raggiungere il tanto desiderato successo, e a ciò va unita un'enorme dose di talento, elemento indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi.
Fateci caso che tutti quelli che vengono dalla vera gavetta, dalla sofferenza di un'adolescenza segnata dalla strada e dal disagio giovanile, quasi tutti hanno talento, solo che il più delle volte lo sfruttano male o per degli insani scopi. Nel caso della trama, invece, il protagonista anche con avanzi di vecchie carcasse, grazie al suo talento costruisce un bolide di eccellente e di indubbia fattura, che nonostante i precedenti fallimenti alla fine troverà la quadratura del cerchio per arrivare a tagliare il traguardo tanto sospirata per anni.
La morale dell'autore in quest'opera è quella di farci capire che la vita va seguita possibilmente sull'esempio di uno sport che sia il più "pulito" possibile nei comportamenti degli atleti che vediamo nella competizione. Quindi la vita è fatta anche di correttezza, di senso di sacrificio, e se non si ha il talento, lo si cerca o lo si crea, sacrificandosi più degli altri. La fatica, in altri termini, è quella che ha una cassa che ti paga sempre per ciò che fai, e dalla quale si viene sempre grandemente ricompensati.
E un anime come questo, specie se indirizzato a ragazzini in fase di crescita, è l'ideale per far scoprire come si affronta la vita pur tra quattro ruote e rombi di motore!
E' anche vero che la strada, in questo caso, e nei casi della vita, è maestra di vita e insegna cose che difficilmente si apprenderebbero tirando sempre la giacchetta a mamma e papà, lontani quindi da ogni tipo di bambagia, e da ogni tipo di vizietti inutili.
Sulla strada si diventa prima uomini, e poi forse ragazzi, laddove la maturità la si raggiunge con l'esperienza di errori e tentativi andati a vuoto, fino a raggiungere il tanto desiderato successo, e a ciò va unita un'enorme dose di talento, elemento indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi.
Fateci caso che tutti quelli che vengono dalla vera gavetta, dalla sofferenza di un'adolescenza segnata dalla strada e dal disagio giovanile, quasi tutti hanno talento, solo che il più delle volte lo sfruttano male o per degli insani scopi. Nel caso della trama, invece, il protagonista anche con avanzi di vecchie carcasse, grazie al suo talento costruisce un bolide di eccellente e di indubbia fattura, che nonostante i precedenti fallimenti alla fine troverà la quadratura del cerchio per arrivare a tagliare il traguardo tanto sospirata per anni.
La morale dell'autore in quest'opera è quella di farci capire che la vita va seguita possibilmente sull'esempio di uno sport che sia il più "pulito" possibile nei comportamenti degli atleti che vediamo nella competizione. Quindi la vita è fatta anche di correttezza, di senso di sacrificio, e se non si ha il talento, lo si cerca o lo si crea, sacrificandosi più degli altri. La fatica, in altri termini, è quella che ha una cassa che ti paga sempre per ciò che fai, e dalla quale si viene sempre grandemente ricompensati.
E un anime come questo, specie se indirizzato a ragazzini in fase di crescita, è l'ideale per far scoprire come si affronta la vita pur tra quattro ruote e rombi di motore!
Innanzitutto vorrei precisare che l’anime è disponibile in Italia in quanto vidi la serie televisiva da bambino in uno dei tanti canali regionali.
L’anime è molto divertente e spensierato e parla di un meccanico di nome Marco che gareggia con auto costruite da lui. Sono presenti molti personaggi, alcuni dei quali molto simili a personaggi visti in altri anime, e presenta infiniti colpi di scena. A mio avviso questa serie è molto sottovalutata. Da vedere dunque.
Buona visione.
L’anime è molto divertente e spensierato e parla di un meccanico di nome Marco che gareggia con auto costruite da lui. Sono presenti molti personaggi, alcuni dei quali molto simili a personaggi visti in altri anime, e presenta infiniti colpi di scena. A mio avviso questa serie è molto sottovalutata. Da vedere dunque.
Buona visione.
Questa serie che riprende il successo di Grand Prix, è molto particolare rispetto alle altre del suo genere. La particolarità sta nel fatto che il protagonista fa gare di corsa con gli amici, con le macchine da lui costruite, e dopo molti ostacoli, riuscirà a portare a fine il suo sogno: quello di diventare un grande pilota. L'ambientazione marina fa della serie una visione veramente godibile.
Incredibilmente sfuggitomi ad inizio degli anni '90 con altre, due, tre serie, l'ho seguito su Cooltoon. Devo dire che è una bel cartone, godibile e scanzonato, ambientato nel mondo dei meccanici e nelle auto da corsa con l'azzeccata ambientazione costiera, dove non mancano teppistelli. I personaggi sono più o meno simpatici. Certo alcuni episodi sono migliori di altri, però nel complesso è un'opera di metà anni '80 ben riuscita a mio avviso. Poi c'è quell'ending (sul sat e sulle locali è andato in onda con le sigle originali a differenza che Italia 7) così evocativa e nostalgica... proprio bella!
Bellissimo anime, un po come "motori in pista" pero' più scanzonato. Divertente per tutti gli appassionati di quei anni. La storia parla di Marco(nome nella versione italiana) che fa il meccanico di auto, e si ritrova tra un'avventura e l'altra a fare gare con le auto fatte da lui... i personaggi sono molti come molti sono anche i colpi di scena.