Fireworks
È un film che ho preso per caso quest'anno, 2023, circa sei anni dopo l'uscita in Giappone, senza sapere esattamente cosa aspettarmi, non avendo visto nemmeno il trailer all'epoca, e avendo letto solo la sinossi online. Non ero certo dunque di cosa avrei visto, ma a volte ci sono film animati di cui non si parla troppo in giro che sono in grado di sorprendere. E in questo caso? Diciamo che ci sono aspetti che mi hanno impressionato positivamente, e altri un po' meno. Ma andiamo con ordine.
Il film si apre poco prima dell'inizio delle vacanze estive, in un piccolo e tranquillo villaggio giapponese. In una scuola media i ragazzi fanno gli scemi, come loro solito, le ragazze (anzi, la ragazza, visto che praticamente se ne vede solo una in tutto il film) sono più serie e riflessive. Un gruppetto di amici si domanda se i fuochi d'artificio sono tondi o piatti. Una domanda assurda, ma che diventerà fondamentale più tardi. Due dei ragazzi parlano della compagna di classe Nazuna, uno dei due rivela all'altro di volerle confessare i suoi sentimenti per lei, ma ha paura di essere rifiutato. Ma anche l'altro ragazzo è segretamente innamorato di lei, ma tace per rispetto nei confronti dell'amico. Più tardi i due si ritrovano in piscina faccia a faccia proprio con Nazuna, che propone loro una sfida di nuoto. Il primo che arriverà in fondo alla piscina riceverà un premio speciale. Norimichi all'inizio sembra in vantaggio, ma perde a metà della gara molto tempo a causa di un incidente, e Nazuna propone al suo amico di uscire con lei quella sera. Norimichi è abbattuto quando scopre la cosa, ma poi l'altro ragazzo si tira indietro, preferendo andare con i suoi amici alla festa di paese. Norimichi incontra poi Nazuna che aspettava invano, così Nazuna propone a lui di fuggire con lei. Ma mentre i due ponderano sul da farsi, lei viene raggiunta da sua madre e il suo compagno, che intendono riportarla a casa con loro. Norimichi assiste impotente alla scena, trova per terra una biglia che era caduta a Nazuna e la scaglia lontano, esprimendo il desiderio di essere lui il vincitore della sfida di nuoto. All'improvviso il tempo magicamente si riavvolge, e Norimichi si ritrova a poter rivivere il momento in cui cominciava la sfida contro il suo amico. Questa volta riesce a vincere, ma le cose vanno comunque male in seguito. Succede sempre qualcosa che va a intralciare i due ragazzi. Ad un certo punto Norimichi si rende conto di non esser tornato indietro nel tempo, ma ogni volta di essere finito in un mondo alternativo creato dai suoi desideri. Il che significa che i due dovranno comunque decidere se continuare a vivere in uno di quei mondi, o tornare nel mondo originale. Il finale è volutamente ambiguo, in maniera da lasciare allo spettatore la scelta del finale che preferisce, o quello che si aspetta di più.
In generale, "Fireworks" è un film che segue i passi di film più famosi e forse meglio riusciti come "Your Name.", ovvero quel tipo di film ambientati nel mondo di tutti i giorni con (alcuni) elementi sovrannaturali. In questo caso i protagonisti sono piuttosto giovani, cosa che rende a volte la visione un po' seccante, visto che i personaggi si comportano in effetti come poco più che bambini (piuttosto realistico in questo senso). Nazuna è matura per la sua età, ma vede lo scappare di casa come una soluzione ai suoi problemi familiari: lei non accetta infatti che sua madre si risposi ancora una volta. Nazuna ingenuamente pensa di poter vivere a Tokyo lavorando, alla sua giovane età, fingendo di avere sedici anni. Ma è un piano infantile, destinato a infrangersi, nonostante lei sembri appunto più matura della sua età. Norimichi è un ragazzino con la testa a posto, non più bambino, ma ancora lontano dall'essere adulto. Non è in grado di comprendere immediatamente i problemi di Nazuna, che vuole scappare di casa, ma ha in fondo paura di farlo da sola. Non è chiaro se Nazuna provi davvero qualcosa per Norimichi o se voleva solo un accompagnatore maschio, però Norimichi certamente vuole stare con lei fino in fondo a questa avventura. Infatti fa di tutto per poter renderla felice, nonostante il fato si opponga con tutte le sue forze. Ma alla fine starà facendo la cosa giusta? Il piano di Nazuna di scappare di casa è solo un modo per attirare l'attenzione?
Insomma, un film più profondo di quello che mi potevo immaginare, con una splendida colonna sonora, e qualche difetto, come un approfondimento dei personaggi di contorno praticamente inesistente, che rende il film meno godibile di quello che poteva essere. Rimane comunque un bel film, che non diventerà forse iconico e memorabile quanto "Your Name." (per quanto abbia incassato abbastanza al box office), ma racconta una storia che valeva la pena essere raccontata. E scusate se è poco al giorno d'oggi.
Il film si apre poco prima dell'inizio delle vacanze estive, in un piccolo e tranquillo villaggio giapponese. In una scuola media i ragazzi fanno gli scemi, come loro solito, le ragazze (anzi, la ragazza, visto che praticamente se ne vede solo una in tutto il film) sono più serie e riflessive. Un gruppetto di amici si domanda se i fuochi d'artificio sono tondi o piatti. Una domanda assurda, ma che diventerà fondamentale più tardi. Due dei ragazzi parlano della compagna di classe Nazuna, uno dei due rivela all'altro di volerle confessare i suoi sentimenti per lei, ma ha paura di essere rifiutato. Ma anche l'altro ragazzo è segretamente innamorato di lei, ma tace per rispetto nei confronti dell'amico. Più tardi i due si ritrovano in piscina faccia a faccia proprio con Nazuna, che propone loro una sfida di nuoto. Il primo che arriverà in fondo alla piscina riceverà un premio speciale. Norimichi all'inizio sembra in vantaggio, ma perde a metà della gara molto tempo a causa di un incidente, e Nazuna propone al suo amico di uscire con lei quella sera. Norimichi è abbattuto quando scopre la cosa, ma poi l'altro ragazzo si tira indietro, preferendo andare con i suoi amici alla festa di paese. Norimichi incontra poi Nazuna che aspettava invano, così Nazuna propone a lui di fuggire con lei. Ma mentre i due ponderano sul da farsi, lei viene raggiunta da sua madre e il suo compagno, che intendono riportarla a casa con loro. Norimichi assiste impotente alla scena, trova per terra una biglia che era caduta a Nazuna e la scaglia lontano, esprimendo il desiderio di essere lui il vincitore della sfida di nuoto. All'improvviso il tempo magicamente si riavvolge, e Norimichi si ritrova a poter rivivere il momento in cui cominciava la sfida contro il suo amico. Questa volta riesce a vincere, ma le cose vanno comunque male in seguito. Succede sempre qualcosa che va a intralciare i due ragazzi. Ad un certo punto Norimichi si rende conto di non esser tornato indietro nel tempo, ma ogni volta di essere finito in un mondo alternativo creato dai suoi desideri. Il che significa che i due dovranno comunque decidere se continuare a vivere in uno di quei mondi, o tornare nel mondo originale. Il finale è volutamente ambiguo, in maniera da lasciare allo spettatore la scelta del finale che preferisce, o quello che si aspetta di più.
In generale, "Fireworks" è un film che segue i passi di film più famosi e forse meglio riusciti come "Your Name.", ovvero quel tipo di film ambientati nel mondo di tutti i giorni con (alcuni) elementi sovrannaturali. In questo caso i protagonisti sono piuttosto giovani, cosa che rende a volte la visione un po' seccante, visto che i personaggi si comportano in effetti come poco più che bambini (piuttosto realistico in questo senso). Nazuna è matura per la sua età, ma vede lo scappare di casa come una soluzione ai suoi problemi familiari: lei non accetta infatti che sua madre si risposi ancora una volta. Nazuna ingenuamente pensa di poter vivere a Tokyo lavorando, alla sua giovane età, fingendo di avere sedici anni. Ma è un piano infantile, destinato a infrangersi, nonostante lei sembri appunto più matura della sua età. Norimichi è un ragazzino con la testa a posto, non più bambino, ma ancora lontano dall'essere adulto. Non è in grado di comprendere immediatamente i problemi di Nazuna, che vuole scappare di casa, ma ha in fondo paura di farlo da sola. Non è chiaro se Nazuna provi davvero qualcosa per Norimichi o se voleva solo un accompagnatore maschio, però Norimichi certamente vuole stare con lei fino in fondo a questa avventura. Infatti fa di tutto per poter renderla felice, nonostante il fato si opponga con tutte le sue forze. Ma alla fine starà facendo la cosa giusta? Il piano di Nazuna di scappare di casa è solo un modo per attirare l'attenzione?
Insomma, un film più profondo di quello che mi potevo immaginare, con una splendida colonna sonora, e qualche difetto, come un approfondimento dei personaggi di contorno praticamente inesistente, che rende il film meno godibile di quello che poteva essere. Rimane comunque un bel film, che non diventerà forse iconico e memorabile quanto "Your Name." (per quanto abbia incassato abbastanza al box office), ma racconta una storia che valeva la pena essere raccontata. E scusate se è poco al giorno d'oggi.
Buongiorno, siamo qui con il rappresentante dello staff del film "Fireworks". Intanto grazie per il tempo che ci sta dedicando. Iniziamo con la prima domanda: "Da dove nasce l'idea del film?"
- Grazie a voi per l'intervista.
Beh, l'idea è nata molto spontaneamente durante un pomeriggio di primavera inoltrata. Eravamo tutti indecisi su che film fare, e non avevamo una vera direzione. Poi qualcuno ha acceso la TV, dove stavano dando il primo film di Hosoda (n.d.r. "La ragazza che saltava nel tempo"). Tutto ci è apparso subito più chiaro e brillante, e così abbiamo deciso che il nostro film sarebbe stato proprio così. Chiaro e brillante.
"Si nota subito la grande attenzione alla parte grafica molto cristallina e minuziosa, come avete fatto a realizzarla?"
- Abbiamo dato molta attenzione all'acqua. Essendo che era estate, faceva molto caldo e di conseguenza bevevamo molta acqua. Poi il periodo delle piogge, un casino, guardi; e ancora acqua. Insomma, ogni volta che giravamo per strada con i disegni, tornavamo in ufficio che erano umidi; quindi, quando abbiamo portato tutto su PC, è venuto fuori quello che avete visto anche voi.
"Parliamo della storia, l'idea dei piani temporali da dove è arrivata?"
- Abbiamo scoperto che questa trovata dei piani temporali è stata usata in molte produzioni, per cui ci siamo semplicemente domandati: "Perché non lo possiamo fare anche noi?" Insomma, anche "Steins;Gate" volendo assomiglia un po' all' "Endless Eight", ma non mi pare che nessuno abbia contestato per questo.
Sull'uso della parola 'se' e dei vari scenari probabili, una persona ci ha fatto notare come la vita sia fatta di scelte, ma che la storia non si scriva con i se. E soprattutto che con i se e con i ma non si va da nessuna parte. In fin dei conti non volevamo davvero finire nel lato della storia in cui non realizziamo questo film.
"Lo svolgimento della storia può sembrare caotico nella prima parte, e anche i dialoghi sono molto vaghi. Cosa vi ha portato a questo risultato?"
- Grazie per questa domanda. Ci tengo a precisare che i doppiatori sono stati pagati adeguatamente con regolare fattura e quindi credo di poter esternare il mio pensiero dicendo che, a onore del vero, non erano molto preparati. Questo senso di vago è proprio dovuto a una mancanza dei doppiatori, che arrivavano in sala con i fogli bagnati dalla pioggia. Di conseguenza tutti i copioni risultavano quasi illeggibili. I dialoghi che sentite sono quello che sono riusciti a salvare dalle loro copie. Purtroppo a volte risultano ripetitivi. Ma di comune accordo abbiamo pensato di rispondere a questo problema con una motivazione molto pertinente.
"Sentiamo, sono davvero curioso."
- Mi fa piacere avere stimolato la sua curiosità.
Siccome il film in alcune parti è, quasi necessariamente, ripetitivo, abbiamo pensato che battute ripetitive fossero in qualche modo rappresentative delle sequenze che venivano mostrate. Insomma, aiutano a dare questo senso di ciclico.
"Le ruote delle bici, le pale eoliche, le gocce, i fuochi, la sfera su cui ruota il perno dell'intreccio... la figura del cerchio è stata molto d'ispirazione."
- Sì, esatto. Abbiamo usato molto quella figura. È un leitmotiv nel film. All'inizio doveva intitolarsi "Ring of Fire" il film, ma, per motivi di copyright che ancora non ho ben capito, non si è potuto fare.
"Un'ultima domanda, se permette. Vedendo il film, mi è sembrato che alcuni passaggi/scelte dei personaggi siano forzati, non sempre credibili insomma..."
- Esatto. È una scelta stilistica precisa che abbiamo adottato.
Può immaginare anche lei che i ragazzi di dodici/tredici anni sono individui ancora estremamente volubili. Ora sono chiusi e riservati, ma basta che voltino l'angolo e con la persona giusta possono diventare espansivi; più di quanto loro stessi immaginino. Ecco perché a volte sembra che i personaggi agiscano un po' come schegge incontrollabili, è davvero dura tener loro testa.
"La ringrazio molto per il tempo concesso, buon proseguimento con i vostri progetti futuri."
- Grazie mille, anche se a dire il vero non abbiamo le idee ancora chiare su quale sarà il nostro prossimo soggetto. Lei per caso, ha un film da consigliarci?
-- -- --
Si intende che quello scritto sopra è una fantasia, un'estremizzazione umoristica delle impressioni che ho ricevuto dalla pellicola. E di alcune risposte goliardiche che mi sono dato.
Tuttavia, il film è carino. Anche in pieno inverno mi ha trasportato per un po' in una giornata estiva in riva al mare. Dolcino e ingenuo. Quasi mai davvero serio, ma nemmeno così scanzonato e leggero.
Lo rivedrei? Mah, perché no, quasi quasi...
- Grazie a voi per l'intervista.
Beh, l'idea è nata molto spontaneamente durante un pomeriggio di primavera inoltrata. Eravamo tutti indecisi su che film fare, e non avevamo una vera direzione. Poi qualcuno ha acceso la TV, dove stavano dando il primo film di Hosoda (n.d.r. "La ragazza che saltava nel tempo"). Tutto ci è apparso subito più chiaro e brillante, e così abbiamo deciso che il nostro film sarebbe stato proprio così. Chiaro e brillante.
"Si nota subito la grande attenzione alla parte grafica molto cristallina e minuziosa, come avete fatto a realizzarla?"
- Abbiamo dato molta attenzione all'acqua. Essendo che era estate, faceva molto caldo e di conseguenza bevevamo molta acqua. Poi il periodo delle piogge, un casino, guardi; e ancora acqua. Insomma, ogni volta che giravamo per strada con i disegni, tornavamo in ufficio che erano umidi; quindi, quando abbiamo portato tutto su PC, è venuto fuori quello che avete visto anche voi.
"Parliamo della storia, l'idea dei piani temporali da dove è arrivata?"
- Abbiamo scoperto che questa trovata dei piani temporali è stata usata in molte produzioni, per cui ci siamo semplicemente domandati: "Perché non lo possiamo fare anche noi?" Insomma, anche "Steins;Gate" volendo assomiglia un po' all' "Endless Eight", ma non mi pare che nessuno abbia contestato per questo.
Sull'uso della parola 'se' e dei vari scenari probabili, una persona ci ha fatto notare come la vita sia fatta di scelte, ma che la storia non si scriva con i se. E soprattutto che con i se e con i ma non si va da nessuna parte. In fin dei conti non volevamo davvero finire nel lato della storia in cui non realizziamo questo film.
"Lo svolgimento della storia può sembrare caotico nella prima parte, e anche i dialoghi sono molto vaghi. Cosa vi ha portato a questo risultato?"
- Grazie per questa domanda. Ci tengo a precisare che i doppiatori sono stati pagati adeguatamente con regolare fattura e quindi credo di poter esternare il mio pensiero dicendo che, a onore del vero, non erano molto preparati. Questo senso di vago è proprio dovuto a una mancanza dei doppiatori, che arrivavano in sala con i fogli bagnati dalla pioggia. Di conseguenza tutti i copioni risultavano quasi illeggibili. I dialoghi che sentite sono quello che sono riusciti a salvare dalle loro copie. Purtroppo a volte risultano ripetitivi. Ma di comune accordo abbiamo pensato di rispondere a questo problema con una motivazione molto pertinente.
"Sentiamo, sono davvero curioso."
- Mi fa piacere avere stimolato la sua curiosità.
Siccome il film in alcune parti è, quasi necessariamente, ripetitivo, abbiamo pensato che battute ripetitive fossero in qualche modo rappresentative delle sequenze che venivano mostrate. Insomma, aiutano a dare questo senso di ciclico.
"Le ruote delle bici, le pale eoliche, le gocce, i fuochi, la sfera su cui ruota il perno dell'intreccio... la figura del cerchio è stata molto d'ispirazione."
- Sì, esatto. Abbiamo usato molto quella figura. È un leitmotiv nel film. All'inizio doveva intitolarsi "Ring of Fire" il film, ma, per motivi di copyright che ancora non ho ben capito, non si è potuto fare.
"Un'ultima domanda, se permette. Vedendo il film, mi è sembrato che alcuni passaggi/scelte dei personaggi siano forzati, non sempre credibili insomma..."
- Esatto. È una scelta stilistica precisa che abbiamo adottato.
Può immaginare anche lei che i ragazzi di dodici/tredici anni sono individui ancora estremamente volubili. Ora sono chiusi e riservati, ma basta che voltino l'angolo e con la persona giusta possono diventare espansivi; più di quanto loro stessi immaginino. Ecco perché a volte sembra che i personaggi agiscano un po' come schegge incontrollabili, è davvero dura tener loro testa.
"La ringrazio molto per il tempo concesso, buon proseguimento con i vostri progetti futuri."
- Grazie mille, anche se a dire il vero non abbiamo le idee ancora chiare su quale sarà il nostro prossimo soggetto. Lei per caso, ha un film da consigliarci?
-- -- --
Si intende che quello scritto sopra è una fantasia, un'estremizzazione umoristica delle impressioni che ho ricevuto dalla pellicola. E di alcune risposte goliardiche che mi sono dato.
Tuttavia, il film è carino. Anche in pieno inverno mi ha trasportato per un po' in una giornata estiva in riva al mare. Dolcino e ingenuo. Quasi mai davvero serio, ma nemmeno così scanzonato e leggero.
Lo rivedrei? Mah, perché no, quasi quasi...
È un anime molto bello. I personaggi sono ben fatti, l'idea dei viaggi nel tempo per amore è molto bella. Ottima la scelta di ambientazione, bella anche l'idea dell'amore per l'acqua.
La domanda che giunge ai character di questo anime è molto interessante: i fuochi d'artificio sono piatti o tondi? Nazuna è una bellissima ragazza, così come simpatica. La sua storia è molto bella, il fatto che non abbia buoni rapporti con la madre per colpa del suo fidanzato rende l'anime più realistico; per di più Norimichi, con il suo comportamento con Nazuna, rende più bello l'amore che c'è tra i due.
La domanda che giunge ai character di questo anime è molto interessante: i fuochi d'artificio sono piatti o tondi? Nazuna è una bellissima ragazza, così come simpatica. La sua storia è molto bella, il fatto che non abbia buoni rapporti con la madre per colpa del suo fidanzato rende l'anime più realistico; per di più Norimichi, con il suo comportamento con Nazuna, rende più bello l'amore che c'è tra i due.
“Fireworks”
“Se”.
Se ci fossimo incontrati prima.
Se soltanto le cose fossero andate diversamente.
Se ci fossimo decisi in tempo.
Se non avessi, se potessi, se lui, se lei.
Nell’immaginario lessicale, la parola “se” indica spesso rimpianto, talvolta un rimorso, quasi sempre rammarico, di tanto in tanto semplici riflessioni riguardo eventuali passati anteriori.
Con un avvio fra il misterioso e una misticità quasi ovattata, l’immediato impatto con gli splendidi disegni dello Studio Shaft ci sembra suggerire, tramite animazioni luminose, scorci sfavillanti e sovente iridescenti, un viaggio al limite dell’extrasensoriale, che però si concluderà con inaspettata e deludente incompletezza.
Camuffata da classica vicenda a sfondo scolastico ecco che scopriamo, fra riverberi cristallini, spiagge e giornate soleggiate, una cittadina moderna, dinamica, luminosa, dallo skyline amalgamato alla natura che, distante, indirettamente la possiede. Qui vive Norimichi, un adolescente che in compagnia degli amici di sempre si sta preparando per il periodo estivo, alle prese con gli istinti, i sentimenti e le emozioni di quella giovane età piena di vigore e desideri. Personaggio fin troppo banale e imbranato come ne abbiamo visti a centinaia, sembra essersi invaghito di una sua compagna di classe, la giovane, bella e distante Nazuna, ovvero il vero traino di tutto il film: un’intrigante sagoma, figura dagli sguardi magnetici, intensi, lunghi e profondissimi, senza dubbio il character più riuscito, innocentemente malizioso e di una fragranza irresistibile. Tutto il resto fa da sfondo: compagni di classe poco tratteggiati, l’appropinquarsi di lunghe giornate estive, il mare, le strade bianche e accecanti, il grido dei gabbiani, un caleidoscopio di riverberi in chiaroscuro.
I fuochi d’artificio, quindi, vanno visti di lato o da sotto? Questo sembrerebbe il leitmotiv del lungometraggio, un mantra infantile ripetuto più e più volte, una diatriba che pare non risolversi fin quando il nostro gruppetto di giovanotti non decide di recarsi in cima al faro del paese per godersi lo spettacolo pirotecnico e scoprire ivi l’arcano.
Pian piano che la storia si districa, cominciamo a renderci conto di assistere a un’opera davvero preziosa, almeno a livello artistico. Oltre alle già citate animazioni, abbiamo la fortuna di osservare un ottimo uso della CG, amalgamato in maniera sapiente e mai discordante; la scelta dei colori, l’uso delle ombre in contrasto alla forte luce estiva, la scelta delle inquadrature e delle prospettive cinematografiche rafforzano la qualità generale già altissima.
I fuochi d’artificio, paiono, sia dal titolo sia dalla tendenza di alcuni dialoghi, il perno su cui verte l’intera trama. Ma i temi portanti, inaspettatamente, sono altri due: in primis l’acqua, onnipresente, dalla lunga scena alla piscina della scuola da dove la storia comincia a prendere forma, e in secondo luogo, ben più complicato, l’astrattismo delle molteplici scelte che possono influenzare il futuro del medesimo individuo, se si considerano eventuali universi paralleli, dov’egli, a fronte dei soliti eventi, prende decisioni sempre differenti.
Il caos dietro l’angolo: un falso “Steins;Gate 2.0” neanche lontanamente ricalcato.
A fronte di questa dualità molto complessa, l’anime prende una piega più che sorprendente. I cieli azzurri, gli sguardi infatuati, i banchi di scuola e i costumi bagnati non hanno più lo stesso risalto iniziale, una volta che nella mente dello spettatore comincia a farsi strada la fragile visione di un evolversi incerto e per nulla chiaro, totalmente confusionario.
Si gioca, con l’acqua; di mare, della piscina, dei rubinetti e delle fontane, si gira intorno ad essa, soprattutto nella prima metà. Si percepiscono sensazioni note di una gioventù generica che tutti più o meno abbiamo conosciuto, e grazie a una regia elegante viviamo ricami e scorci di storia quotidiana, talvolta piacevoli, talvolta duri e controversi, molto realistici. Imbarazzi, battute ironiche, scenate, attimi didattici e una realistica introspezione (solo) dei protagonisti rendono la prima parte di “Fireworks” qualcosa di davvero stupendo.
Quando quel poco di drammaticità prende improvvisamente il sopravvento, lo fa in maniera eccelsa, tanto da raggiungere lo spettatore in pieno viso come uno schiaffo inaspettato. I pochi silenzi della colonna sonora dicono ben più di tante parole, ma, anche quando le note affiorano, sono piacevoli, gentili, come la dolce risacca di una serena giornata in riva al mare.
I dialoghi non sono mai chiarissimi e forse ciò aumenta l’interesse, rendendo il tutto ancor più intrigante. Nessuna traccia rivelatoria a far da guida: i contenuti che gli autori desiderano condividere rimangono avvolti nel mistero, ed è necessario arrivarci tramite ragionamenti indiretti o frasi spezzate, sospese, criptiche.
Man mano che ci si addentra nel vivo della storia - e la parte quasi sovrannaturale e fantastica della vicenda prende piede -, le cose si complicano, mutando in qualcosa di davvero incomprensibile.
Il continuo girare intorno ai “se” e alle indecisioni dei protagonisti non sono altro che la cruda metafora dei rimpianti che ognuno di noi ha provato nel corso della propria vita. Ecco che “Fireworks” muta rapido in un manifesto che ruggisce forte contro ogni genere di rammarico, tentando (non sufficientemente) di scuotere lo spettatore e ricordargli l’impossibilità di poter tornare indietro nel tempo per cambiare le scelte passate, avendo come unica, realistica, opzione il coraggio di prendere decisioni importanti nel caso dovessero presentarsi tali opportunità: letto in questa chiave, un comportamento del genere risulta più un atto di rispetto verso noi stessi, che un impeto di semplice incoscienza.
Le cosiddette “sliding doors” si aprono e si chiudono più volte man mano che la vicenda si avvia alla conclusione, sempre più criptica e misteriosa. Si rimane storditi, s’aguzza sia la vista che la mente per decifrare i messaggi che giungono confusi e rarefatti uno dopo l’altro, ma la confusione non svanisce, anzi, s’accentua: Norimichi e Nazuna affrontano il destino che loro stessi si sono creati, inconsapevoli e al tempo stesso unici fautori del proprio futuro, e cresce l’aspettativa per una conclusione che si spera scoppiettante proprio come quei fuochi d’artificio magnificamente illustrati, su cui s’è scherzato molto. Forze misteriose e universalmente soverchianti, tanto metaforiche quanto subliminali entrano in gioco, manovrando il destino solo apparentemente, e nonostante le scene romantiche a lungo attese siano di una dolcezza e di una preziosità davvero uniche, quando giungono i titoli di coda si è costretti a fare i conti con un senso di desolante insoddisfazione: discostando ogni elemento positivo (e ve ne sono tanti!), l’epilogo assume le fattezze di una manovra che ricorda le peggiori intuizioni di Hideaki Anno e gli errori di gioventù del grande Makoto Shinkai, unendo numerosi fattori di grande rilevanza in un’alchimia che dà esiti di sconcertante incompletezza.
Il tempo per poter sciogliere ogni punto di domanda c’è eccome, ma viene impiegato per lunghi momenti, difficili da interpretare, a quel punto inutilmente criptici, tanto da sollevare legittimi dubbi sulle reali intenzioni degli autori.
È negli ultimissimi istanti che s’intuiscono alcune possibilità date ai due giovani protagonisti, ma il tutto si perde sotto un cielo stellato troppo distante e irreale, con la fastidiosa sensazione d’aver perso l’opportunità di lasciare ai posteri un solido, galvanizzante messaggio positivo, che riesce solo per metà.
Un vero peccato, se si considera il potenziale di cui “Fireworks” poteva disporre e delle numerose opzioni su cui poteva contare soprattutto a livello di trama.
Risultato: la parvenza di un capolavoro incrinato verso metà, e infine rovinato da un finale che fa semplicemente storcere il naso. Che peccato!
“Se”.
Se ci fossimo incontrati prima.
Se soltanto le cose fossero andate diversamente.
Se ci fossimo decisi in tempo.
Se non avessi, se potessi, se lui, se lei.
Nell’immaginario lessicale, la parola “se” indica spesso rimpianto, talvolta un rimorso, quasi sempre rammarico, di tanto in tanto semplici riflessioni riguardo eventuali passati anteriori.
Con un avvio fra il misterioso e una misticità quasi ovattata, l’immediato impatto con gli splendidi disegni dello Studio Shaft ci sembra suggerire, tramite animazioni luminose, scorci sfavillanti e sovente iridescenti, un viaggio al limite dell’extrasensoriale, che però si concluderà con inaspettata e deludente incompletezza.
Camuffata da classica vicenda a sfondo scolastico ecco che scopriamo, fra riverberi cristallini, spiagge e giornate soleggiate, una cittadina moderna, dinamica, luminosa, dallo skyline amalgamato alla natura che, distante, indirettamente la possiede. Qui vive Norimichi, un adolescente che in compagnia degli amici di sempre si sta preparando per il periodo estivo, alle prese con gli istinti, i sentimenti e le emozioni di quella giovane età piena di vigore e desideri. Personaggio fin troppo banale e imbranato come ne abbiamo visti a centinaia, sembra essersi invaghito di una sua compagna di classe, la giovane, bella e distante Nazuna, ovvero il vero traino di tutto il film: un’intrigante sagoma, figura dagli sguardi magnetici, intensi, lunghi e profondissimi, senza dubbio il character più riuscito, innocentemente malizioso e di una fragranza irresistibile. Tutto il resto fa da sfondo: compagni di classe poco tratteggiati, l’appropinquarsi di lunghe giornate estive, il mare, le strade bianche e accecanti, il grido dei gabbiani, un caleidoscopio di riverberi in chiaroscuro.
I fuochi d’artificio, quindi, vanno visti di lato o da sotto? Questo sembrerebbe il leitmotiv del lungometraggio, un mantra infantile ripetuto più e più volte, una diatriba che pare non risolversi fin quando il nostro gruppetto di giovanotti non decide di recarsi in cima al faro del paese per godersi lo spettacolo pirotecnico e scoprire ivi l’arcano.
Pian piano che la storia si districa, cominciamo a renderci conto di assistere a un’opera davvero preziosa, almeno a livello artistico. Oltre alle già citate animazioni, abbiamo la fortuna di osservare un ottimo uso della CG, amalgamato in maniera sapiente e mai discordante; la scelta dei colori, l’uso delle ombre in contrasto alla forte luce estiva, la scelta delle inquadrature e delle prospettive cinematografiche rafforzano la qualità generale già altissima.
I fuochi d’artificio, paiono, sia dal titolo sia dalla tendenza di alcuni dialoghi, il perno su cui verte l’intera trama. Ma i temi portanti, inaspettatamente, sono altri due: in primis l’acqua, onnipresente, dalla lunga scena alla piscina della scuola da dove la storia comincia a prendere forma, e in secondo luogo, ben più complicato, l’astrattismo delle molteplici scelte che possono influenzare il futuro del medesimo individuo, se si considerano eventuali universi paralleli, dov’egli, a fronte dei soliti eventi, prende decisioni sempre differenti.
Il caos dietro l’angolo: un falso “Steins;Gate 2.0” neanche lontanamente ricalcato.
A fronte di questa dualità molto complessa, l’anime prende una piega più che sorprendente. I cieli azzurri, gli sguardi infatuati, i banchi di scuola e i costumi bagnati non hanno più lo stesso risalto iniziale, una volta che nella mente dello spettatore comincia a farsi strada la fragile visione di un evolversi incerto e per nulla chiaro, totalmente confusionario.
Si gioca, con l’acqua; di mare, della piscina, dei rubinetti e delle fontane, si gira intorno ad essa, soprattutto nella prima metà. Si percepiscono sensazioni note di una gioventù generica che tutti più o meno abbiamo conosciuto, e grazie a una regia elegante viviamo ricami e scorci di storia quotidiana, talvolta piacevoli, talvolta duri e controversi, molto realistici. Imbarazzi, battute ironiche, scenate, attimi didattici e una realistica introspezione (solo) dei protagonisti rendono la prima parte di “Fireworks” qualcosa di davvero stupendo.
Quando quel poco di drammaticità prende improvvisamente il sopravvento, lo fa in maniera eccelsa, tanto da raggiungere lo spettatore in pieno viso come uno schiaffo inaspettato. I pochi silenzi della colonna sonora dicono ben più di tante parole, ma, anche quando le note affiorano, sono piacevoli, gentili, come la dolce risacca di una serena giornata in riva al mare.
I dialoghi non sono mai chiarissimi e forse ciò aumenta l’interesse, rendendo il tutto ancor più intrigante. Nessuna traccia rivelatoria a far da guida: i contenuti che gli autori desiderano condividere rimangono avvolti nel mistero, ed è necessario arrivarci tramite ragionamenti indiretti o frasi spezzate, sospese, criptiche.
Man mano che ci si addentra nel vivo della storia - e la parte quasi sovrannaturale e fantastica della vicenda prende piede -, le cose si complicano, mutando in qualcosa di davvero incomprensibile.
Il continuo girare intorno ai “se” e alle indecisioni dei protagonisti non sono altro che la cruda metafora dei rimpianti che ognuno di noi ha provato nel corso della propria vita. Ecco che “Fireworks” muta rapido in un manifesto che ruggisce forte contro ogni genere di rammarico, tentando (non sufficientemente) di scuotere lo spettatore e ricordargli l’impossibilità di poter tornare indietro nel tempo per cambiare le scelte passate, avendo come unica, realistica, opzione il coraggio di prendere decisioni importanti nel caso dovessero presentarsi tali opportunità: letto in questa chiave, un comportamento del genere risulta più un atto di rispetto verso noi stessi, che un impeto di semplice incoscienza.
Le cosiddette “sliding doors” si aprono e si chiudono più volte man mano che la vicenda si avvia alla conclusione, sempre più criptica e misteriosa. Si rimane storditi, s’aguzza sia la vista che la mente per decifrare i messaggi che giungono confusi e rarefatti uno dopo l’altro, ma la confusione non svanisce, anzi, s’accentua: Norimichi e Nazuna affrontano il destino che loro stessi si sono creati, inconsapevoli e al tempo stesso unici fautori del proprio futuro, e cresce l’aspettativa per una conclusione che si spera scoppiettante proprio come quei fuochi d’artificio magnificamente illustrati, su cui s’è scherzato molto. Forze misteriose e universalmente soverchianti, tanto metaforiche quanto subliminali entrano in gioco, manovrando il destino solo apparentemente, e nonostante le scene romantiche a lungo attese siano di una dolcezza e di una preziosità davvero uniche, quando giungono i titoli di coda si è costretti a fare i conti con un senso di desolante insoddisfazione: discostando ogni elemento positivo (e ve ne sono tanti!), l’epilogo assume le fattezze di una manovra che ricorda le peggiori intuizioni di Hideaki Anno e gli errori di gioventù del grande Makoto Shinkai, unendo numerosi fattori di grande rilevanza in un’alchimia che dà esiti di sconcertante incompletezza.
Il tempo per poter sciogliere ogni punto di domanda c’è eccome, ma viene impiegato per lunghi momenti, difficili da interpretare, a quel punto inutilmente criptici, tanto da sollevare legittimi dubbi sulle reali intenzioni degli autori.
È negli ultimissimi istanti che s’intuiscono alcune possibilità date ai due giovani protagonisti, ma il tutto si perde sotto un cielo stellato troppo distante e irreale, con la fastidiosa sensazione d’aver perso l’opportunità di lasciare ai posteri un solido, galvanizzante messaggio positivo, che riesce solo per metà.
Un vero peccato, se si considera il potenziale di cui “Fireworks” poteva disporre e delle numerose opzioni su cui poteva contare soprattutto a livello di trama.
Risultato: la parvenza di un capolavoro incrinato verso metà, e infine rovinato da un finale che fa semplicemente storcere il naso. Che peccato!
La teoria dell' "Homo faber" è nata nell'Antica Roma grazie al pensiero dello storico e politico latino Gaio Sallustio, il quale, all'interno delle sue "Epistulae ad Caesarem senem de re pubblica", utilizza l'espressione "faber est suae quisque fortunae", per descrivere il console romano Appio Claudio Cieco. Tale teoria è stata poi sviluppata durante il periodo rinascimentale attraverso la rivalutazione della figura dell'uomo, considerandolo intelligente, capace di utilizzare al meglio ciò che la natura gli offre, ed essere dunque artefice del proprio destino.
In effetti, la considerazione dell'uomo come artefice del proprio destino è la chiave di volta per l'interpretazione del prodotto di animazione "Uchiage Hanabi, Shita kara Miru ka? Yoko kara Miru ka?": prendere delle decisioni nel corso della nostra esistenza potrebbe avere degli effetti e delle conseguenze non solo su noi stessi, ma anche su chi ci circonda.
Il protagonista, Norimichi, ha avuto molteplici volte la possibilità di tornare indietro, attraverso quell'alone magico che caratterizza il film, per modificare il corso degli eventi e cercare in tutti i modi di migliorare la precaria condizione nella quale si trova la sua compagna di classe Nazuna. Nella realtà, invece, l'essere umano deve fare i conti con delle vicende che non può manipolare o modificare a suo piacimento, ecco perché diventano fondamentali le scelte che perseguiamo nel momento in cui si pongono dinanzi a noi. In altri termini, l'autore si è focalizzato principalmente sull'importanza dei processi di decision making e su quanto siano rilevanti abilità come la riflessione e la razionalità in tali processi. Tuttavia, si tratta di una triste e cruda contraddizione, in quanto l'essere umano stesso si trova nella maggior parte dei casi in situazioni imprevedibili e sulle quali non può riflettere all'istante, di conseguenza subentrano forze innate come l'impulsività e l'irrazionalità che alterano in maniera decisamente negativa i nostri modi di agire e pensare. Il lungometraggio stesso ne è una triste prova, in quanto Norimichi è dovuto tornare indietro nel tempo svariate volte prima che le cose potessero andare per il verso giusto, e ogni possibile realtà alternativa è caratterizzata dai personaggi che provano stati emotivi completamente diversi a seconda dei casi e della rilevanza che assumono all'interno della storia.
Sulla narrazione non ci sono molte cose da dire... è incentrata fondamentalmente sulla questione di Nazuna: la ragazza non vuole abbandonare la propria scuola a causa dell'ennesimo matrimonio in cui è coinvolta la madre. Il destino oramai segnato di Nazuna viene modificato molteplici volte da Norimichi e dai suoi costanti viaggi nel tempo. Al di fuori di questo singolo evento è difficile riferirsi a qualcos'altro, se non a un particolare dilemma che viene proposto decine e decine di volte durante il lungometraggio: i fuochi d'artificio sono piatti o rotondi? Inizialmente ritenevo potesse nascondersi una specifica simbologia dietro questo particolare evento, ma, dopo alcune ricerche andate a vuoto sul web, una possibile interpretazione potrebbe essere quella di un dualismo tra realtà e soprannaturale che si alternano continuamente nel corso della storia.
Lo Studio Shaft è una garanzia quando si parla di comparto grafico, riuscendo attraverso delle interessanti inquadrature ad esaltare anche gli aspetti più banali o meno interessanti di uno sfondo o di una sceneggiatura. Mentre guardavo il film mi è venuto subito da pensare a "Bakemonogatari", quando venivano proiettate particolari inquadrature e oggetti. Delle OST e del doppiaggio non ci si può affatto lamentare.
Complessivamente, "Fireworks" (titolo abbreviato) è un buon prodotto che si concentra solo ed esclusivamente sulla trasmissione di un unico messaggio. Il lungometraggio non si sofferma a dovere sulla trama, per non parlare poi della quasi assenza della caratterizzazione narrativa e psicologica dei vari protagonisti, di cui non sappiamo veramente nulla. Molto è stato lasciato alla libera interpretazione da parte dello spettatore e il finale ne rappresenta un chiaro esempio, troppi sono i punti interrogativi lasciati senza una minima spiegazione.
Dunque, se siete amanti del mistero e vi interessa dare una personale interpretazione a quasi tutto quello che vedete, questo lungometraggio fa proprio al caso vostro!
Il mio voto finale è 7.
In effetti, la considerazione dell'uomo come artefice del proprio destino è la chiave di volta per l'interpretazione del prodotto di animazione "Uchiage Hanabi, Shita kara Miru ka? Yoko kara Miru ka?": prendere delle decisioni nel corso della nostra esistenza potrebbe avere degli effetti e delle conseguenze non solo su noi stessi, ma anche su chi ci circonda.
Il protagonista, Norimichi, ha avuto molteplici volte la possibilità di tornare indietro, attraverso quell'alone magico che caratterizza il film, per modificare il corso degli eventi e cercare in tutti i modi di migliorare la precaria condizione nella quale si trova la sua compagna di classe Nazuna. Nella realtà, invece, l'essere umano deve fare i conti con delle vicende che non può manipolare o modificare a suo piacimento, ecco perché diventano fondamentali le scelte che perseguiamo nel momento in cui si pongono dinanzi a noi. In altri termini, l'autore si è focalizzato principalmente sull'importanza dei processi di decision making e su quanto siano rilevanti abilità come la riflessione e la razionalità in tali processi. Tuttavia, si tratta di una triste e cruda contraddizione, in quanto l'essere umano stesso si trova nella maggior parte dei casi in situazioni imprevedibili e sulle quali non può riflettere all'istante, di conseguenza subentrano forze innate come l'impulsività e l'irrazionalità che alterano in maniera decisamente negativa i nostri modi di agire e pensare. Il lungometraggio stesso ne è una triste prova, in quanto Norimichi è dovuto tornare indietro nel tempo svariate volte prima che le cose potessero andare per il verso giusto, e ogni possibile realtà alternativa è caratterizzata dai personaggi che provano stati emotivi completamente diversi a seconda dei casi e della rilevanza che assumono all'interno della storia.
Sulla narrazione non ci sono molte cose da dire... è incentrata fondamentalmente sulla questione di Nazuna: la ragazza non vuole abbandonare la propria scuola a causa dell'ennesimo matrimonio in cui è coinvolta la madre. Il destino oramai segnato di Nazuna viene modificato molteplici volte da Norimichi e dai suoi costanti viaggi nel tempo. Al di fuori di questo singolo evento è difficile riferirsi a qualcos'altro, se non a un particolare dilemma che viene proposto decine e decine di volte durante il lungometraggio: i fuochi d'artificio sono piatti o rotondi? Inizialmente ritenevo potesse nascondersi una specifica simbologia dietro questo particolare evento, ma, dopo alcune ricerche andate a vuoto sul web, una possibile interpretazione potrebbe essere quella di un dualismo tra realtà e soprannaturale che si alternano continuamente nel corso della storia.
Lo Studio Shaft è una garanzia quando si parla di comparto grafico, riuscendo attraverso delle interessanti inquadrature ad esaltare anche gli aspetti più banali o meno interessanti di uno sfondo o di una sceneggiatura. Mentre guardavo il film mi è venuto subito da pensare a "Bakemonogatari", quando venivano proiettate particolari inquadrature e oggetti. Delle OST e del doppiaggio non ci si può affatto lamentare.
Complessivamente, "Fireworks" (titolo abbreviato) è un buon prodotto che si concentra solo ed esclusivamente sulla trasmissione di un unico messaggio. Il lungometraggio non si sofferma a dovere sulla trama, per non parlare poi della quasi assenza della caratterizzazione narrativa e psicologica dei vari protagonisti, di cui non sappiamo veramente nulla. Molto è stato lasciato alla libera interpretazione da parte dello spettatore e il finale ne rappresenta un chiaro esempio, troppi sono i punti interrogativi lasciati senza una minima spiegazione.
Dunque, se siete amanti del mistero e vi interessa dare una personale interpretazione a quasi tutto quello che vedete, questo lungometraggio fa proprio al caso vostro!
Il mio voto finale è 7.
Tecnicamente è disegnato molto bene: disegni abbastanza particolari, un leggero uso della CGI per alcuni disegni e animazioni, che però non è troppo invasiva, colori stupendi grazie invece all'uso del PC, che permette cose impensabili fino a solo quindici anni fa. Le animazioni normali sono belle, molto belle e fluide, alcune realizzate in modo davvero importante, come solo in un lungometraggio si può fare. La scenografia è anche quella al di fuori dei soliti schemi, con inquadrature strane, a cui lo spettatore in genere non è abituato, e voci che ricalcano alla perfezione le caratteristiche dei personaggi.
Per farla breve, la storia racconta di un gruppo di compagni di scuola circa sedicenni fra cui spiccano Norimichi, Azumi (due amici) e Nazuna... ed ecco servito il triangolo. Infatti ad entrambi piace Nazuna, ma lei sta attraversando un periodo difficile, infatti a breve dovrà trasferirsi per seguire la madre che si risposa. Ma anche lei ha dei sentimenti che la porteranno a decidere di voler fare un kakeochi (fuga d'amore). Ma le cose non vanno per il verso giusto. Come risolverle? Tornando indietro nel tempo e aggiustando le cose che non vanno di volta in volta. Ok, non è la parte più originale del film, ma chi se ne frega, il bello sta tutto nello svolgersi della trama, nella magia che ne scaturisce, nella poesia, fino al finale.
I fuochi di artificio sono piatti o sono sferici?
Per farla breve, la storia racconta di un gruppo di compagni di scuola circa sedicenni fra cui spiccano Norimichi, Azumi (due amici) e Nazuna... ed ecco servito il triangolo. Infatti ad entrambi piace Nazuna, ma lei sta attraversando un periodo difficile, infatti a breve dovrà trasferirsi per seguire la madre che si risposa. Ma anche lei ha dei sentimenti che la porteranno a decidere di voler fare un kakeochi (fuga d'amore). Ma le cose non vanno per il verso giusto. Come risolverle? Tornando indietro nel tempo e aggiustando le cose che non vanno di volta in volta. Ok, non è la parte più originale del film, ma chi se ne frega, il bello sta tutto nello svolgersi della trama, nella magia che ne scaturisce, nella poesia, fino al finale.
I fuochi di artificio sono piatti o sono sferici?
"Uchiage Hanabi" (in inglese "Fireworks, Should We See It from the Side or the Bottom?") è un film discreto, dove la storia è di quelle sempre interessanti, basata sul 'cosa succederebbe se' e quel pizzico di magia che permea la vita reale: questo continuo danzare sull'incertezza e sullo scappare dalle situazioni e dalle cose è il filo conduttore del film.
I personaggi sono molti, ma purtroppo sono quasi sacrificati all'altare dei due personaggi principali, con anche il protagonista maschile quasi messo in secondo piano rispetto a quello femminile.
Le musiche sono ottime, seppur si poteva osare di più come intensità.
Sfondi e animazioni passano dal fantastico in certi punti al terribile in certe cadute di stile qua e là sull'uso della computer graphic.
Voto: 7/10
L'animazione, i colori e gli sfondi sono da 8, che è una media tra il 10 di certi momenti e il 4 di altri. Le cadute di stile e il cattivo utilizzo della CG si fanno notare tanto anche a un occhio inesperto, soprattutto in mezzo a scene e colori davvero splendidi.
La musica è da 7, perché, se alcune tracce (come quella del trailer, ma anche altre) sono davvero belle, si poteva e si doveva osare di più anche fuori dai momenti clou.
I personaggi sono da 5. Dove la protagonista femminile, Nazuna, è l'unica che ha una vera identità dall'inizio alla fine del film, tutti gli altri sono poco meno che comparse. Persino Norimichi, il protagonista maschile, ha davvero poco impatto. È piatto, c'è poco da girarci attorno. Non ti fa venire voglia di empatizzare con lui, sia durante i momenti clou che fuori. Un peccato.
La storia è da 7. Sarebbe molto di più, ma tutto il film - soprattutto nella seconda metà - sembra correre troppo, ed è un vero peccato. L'elemento magico del film è quasi bistrattato, ma la vera cosa che fa muovere il film ("cosa succederebbe se cambiassi questa scelta") è ancora molto interessante e ti fa venire curiosità. Il tema del correre via da tutto e tutti (soprattutto da sé stessi), continuamente presente nel film, è tuttavia un buon collante della storia e ti lascia ben sperare.
Alla fine per me è un film da 7. Mi ha illuminato gli occhi in certe sequenze, ma non mi ha coinvolto a livello emotivo come avrebbe potuto.
I personaggi sono molti, ma purtroppo sono quasi sacrificati all'altare dei due personaggi principali, con anche il protagonista maschile quasi messo in secondo piano rispetto a quello femminile.
Le musiche sono ottime, seppur si poteva osare di più come intensità.
Sfondi e animazioni passano dal fantastico in certi punti al terribile in certe cadute di stile qua e là sull'uso della computer graphic.
Voto: 7/10
L'animazione, i colori e gli sfondi sono da 8, che è una media tra il 10 di certi momenti e il 4 di altri. Le cadute di stile e il cattivo utilizzo della CG si fanno notare tanto anche a un occhio inesperto, soprattutto in mezzo a scene e colori davvero splendidi.
La musica è da 7, perché, se alcune tracce (come quella del trailer, ma anche altre) sono davvero belle, si poteva e si doveva osare di più anche fuori dai momenti clou.
I personaggi sono da 5. Dove la protagonista femminile, Nazuna, è l'unica che ha una vera identità dall'inizio alla fine del film, tutti gli altri sono poco meno che comparse. Persino Norimichi, il protagonista maschile, ha davvero poco impatto. È piatto, c'è poco da girarci attorno. Non ti fa venire voglia di empatizzare con lui, sia durante i momenti clou che fuori. Un peccato.
La storia è da 7. Sarebbe molto di più, ma tutto il film - soprattutto nella seconda metà - sembra correre troppo, ed è un vero peccato. L'elemento magico del film è quasi bistrattato, ma la vera cosa che fa muovere il film ("cosa succederebbe se cambiassi questa scelta") è ancora molto interessante e ti fa venire curiosità. Il tema del correre via da tutto e tutti (soprattutto da sé stessi), continuamente presente nel film, è tuttavia un buon collante della storia e ti lascia ben sperare.
Alla fine per me è un film da 7. Mi ha illuminato gli occhi in certe sequenze, ma non mi ha coinvolto a livello emotivo come avrebbe potuto.