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Atenaide

Episodi visti: 12/12 --- Voto 8,5
“Boom!” Caro mio, il tuo destino è segnato, ti sei scavato la fossa con le tue mani e ora raccogli ciò che hai seminato. Va bene assecondare i propri desideri, ma, se ci si lascia irretire da essi, ne si viene annullati. Ogni limite ha un’umanità, superato il quale si perde sé stessi e il proprio essere sociale.
Questo è il messaggio amaro ma saggio di quest’anime, figlio di un altro anime e di un altro manga. Lo scopo dell’opera è mettere alla berlina i vizi e i desideri di chiunque (uomini e donne), dando loro la chiave sia per la felicità, che per l’autodistruzione.

Il nostro protagonista è Fukuzo Moguro, il venditore ridacchiante, sempre con quel sorriso poco rassicurante stampato in faccia, che, all’ombra di un bar con le luci soffuse (adoro il barista barbuto!) o in un bar alla luce del sole, offre al malcapitato di turno (che è un malcapitato della vita) ciò che più desidera, spiegando, però, che, se eccede nel garantirsi quel desiderio, accadranno cose spiacevoli.

Moguro si presenta sempre con questa frase di rito: “Tutti in questo mondo, vecchi, giovani, uomini e donne, hanno un bisogno da soddisfare. Io riempio il vuoto nei loro cuori. Oh, no, non voglio denaro in cambio. Non c’è ricompensa migliore dell’espressione soddisfatta sul viso di un cliente. Vediamo, il cliente di oggi è...”, annunciando le sue intenzioni chiare, che poi sfociano nel bieco, quando la vittima si rovina con le sue mani.

E le vittime di Fukuzo sono molte, ciascuna col suo carico di desideri e amarezze. Abbiamo impiegati afflitti da super-lavoro che sognano pause rigeneranti con alcool e compagnia femminile, o che, dopo una vita di abbruttimento in ufficio, coltivano passioni che li portano a ricordare la loro gioventù vissuta a cavallo di un treno, o ancora che, dopo una vita piatta e senza stimoli, sono afflitti da tremende tendenze distruttive o desiderosi di un luogo sereno con una compagna amorevole e non tirannica. C’è anche il giovane impiegato che deve decidere tra la mamma, che si è dedicata a lui tutta la vita, e la fidanzata.
Emblematico è l’episodio dell’azienda dei sogni, in cui il protagonista, guarda caso un giovane impiegato licenziato, scopre che quei sistemi autoritari con cui è stato trattato e che abborriva gli si sono appiccicati addosso; triste esempio di come ognuno è figlio e prodotto di una società sbagliata. Questa grande categoria lavorativa frustrata fotografa una realtà di sfruttamento, abbruttimento, alienazione di persone la cui vera natura si è spenta o è in fuga al di là del grigiore imponente del mondo lavorativo (e famigliare) in cui vivono.

Sempre sul fronte maschile, abbiamo il monomaniaco delle terme, che scopre a sue spese come l’illusione sia bella, a patto che resti tale. O l’uomo che vorrebbe conoscere una ragazza, ma che dà false speranze all’amica di lei, disponibile e disperata, finendo col rendere infelice lui stesso e bisbetica lei, senza poter nemmeno condividere qualcosa con la donna che avrebbe scelto. Ho trovato quest’episodio troppo moralista. Abbiamo anche un uomo che, pur di vivere un’altra vita, si trasforma, rovinandosi, indice di un malessere a venire a patti con la vita vera.

Mancanze a livello di affetto generano illusioni dolorose, come l’innamorarsi di una donna basandosi solo sul suo aspetto fisico, e finendone delusi e addolorati da una bruttezza sua poi non più celata. L’apparenza inganna ed è una lezione sacrosanta, sempre. L’amore in una coppia, poi, porta a fare progetti e, se non c’è comunicazione, si finisce per essere come il giorno e la notte, credendo di fare la felicità dell’altro, ma sbagliando ad agire. Senza comunicazione una coppia muore.
Una sbandata per una bella ragazza può far perdere un privilegio ricercato... agendo con leggerezza, si finisce col dare agli altri qualcosa di proprio, non solo dimostrando di non apprezzarlo, ma mettendo nella mani di un altro un bene che non si sa se verrà apprezzato, tutelato e curato, oppure condiviso indiscriminatamente. Non si può donare con leggerezza, pena la delusione e la perdita di valore di ciò che abbiamo donato.
Anche mostrare di essere chi non si è, per vendersi, creando un alter ego che soddisfi i sogni, è un rischio: se un obbiettivo non è raggiunto con sincerità, ma snaturandosi, è una perdita a livello morale e umano. Inseguire, poi, i propri sogni, quando è troppo tardi per raggiungerli, finisce col far sì che ci si crei un mondo irreale fuori dalla realtà, nella quale si resta disperatamente prigionieri e soli.
E poi c’è l’amor proprio, quel sentimento di autostima che ciascuno ha e che cerca di coltivare. Senza di esso si finisce col diventare frustrati remissivi. Il nostro taxista scoprirà a sue spese che, abusando di un sé autoritario, finirà solo col farsi del male. Un sano amor proprio non è un imporsi a tutti i costi, ma un paziente lavorio che dura tutta la vita e che deve tener conto della sensibilità altrui e della situazione sociale in cui ci si trova ad agire.

Il gentil sesso non viene risparmiato, ma dà insegnamenti che valgono per tutti.
Abbiamo la ragazza che spende, per assecondare i suoi desideri non solo di shopping, ma anche di accettazione sociale, più di quanto guadagna. E allora torna il tema dell’avatar, dell’illusione, della disperata, e senza risorse vere, ricerca di un sé che, ahimè, deve andare proprio bene agli altri. Che cosa triste. Il titolo dell’episodio è emblematico: fissare un budget e rispettarlo. E fa pensare? Che budget (non solo a livello di denaro) ha la tua vita? Investi troppo con poche risorse? Le illusioni che coltivi ti stanno rovinando? E poi, ti serve davvero tutto quello che desideri o non sono desideri davvero tuoi?
Altre volte, la donna in questione, decide che nella vita avrà ordine, anche a costo di gettare via cose preziose, per sé e per gli altri, finendo con l’allontanare la famiglia. La domanda che sorge è: quanto vale la pena ripulire in modo egoistico il proprio vivere, tra persone e oggetti? Entro quale limite è lecito tollerare il “disordine” e i vizi degli altri?
Altra donna, altro problema: per far tacere una mamma polemica e pesante, decide di darle sempre ragione nella sua crociata contro il mondo, col risultato che finirà lei stessa sotto gli strali di chi voleva supportare per quieto vivere. Episodio che è la triste metafora di chi appoggia, per pigrizia, la causa altrui, finendo col diventare un sodale che si trova (colpa sua che ha sostenuto quel potere cieco contro chiunque), nei panni dell’accusato (che non voleva!).
Abbiamo poi una mamma che voleva essere idol, ma che invece investe sulla figlia il suo sogno fallito, sottoponendo la ragazzina a prove forzate. Moguro ci farà capire che, per non rovinare la vita agli altri con sogni nostri, soffocandoli, sarebbe più logico e rispettoso esaudire da sé i propri desideri.
E infine, abbiamo una donna che si sente zitella e che desidera un viaggio. E in realtà quel sogno di scoperta del mondo non maschera che un banale desiderio di avere una semplice soddisfazione che non ha. La donna diventa metafora di chi ha desideri nascosti e tutto sommato umanissimi, ma che non ha la possibilità di realizzare, esprimendoli così come sono: serve l’alibi. Mentiamo, allora, noi, sui nostri veri desideri inconfessabili, travestendoli in modo socialmente accettabile?

Ultimo grande filone che voglio analizzare è quello dell’approccio alla realtà con la propria faccia. C’è un ricercatore che, incapace di avere idee che sfondino, non esita a fare un atto vergognoso, rubando le idee non sue e mettendoci la faccia. Quante persone a questo mondo vivono millantando e rubando idee, abbigliamenti, apparenze altrui? Sono persone vere, poi?
L’approccio allo schermo stravolge la vita, e allora abbiamo due episodi contrastanti. Da una parte c’è l’uomo che investe la sua vita, i suoi sogni e le sue aspettative in una relazione che avviene solo tramite il telefono, scoprendo, nella realtà dei fatti, che quel legame speciale per lui per l’altra persona è uno dei tanti. Quante volte nella vita creiamo legami di questo tipo, credendoci esclusivi, quando la stessa essenza del mezzo di comunicazione spinge le persone con cui scriviamo ad essere libere nello scrivere ad altre? È una questione difficile che intreccia tecnologia e affettività.
Ultimo grande spunto di riflessione è l’uso delle chat. Sappiamo tutti che esistono hater o leoni da tastiera, che dietro la tutela di un anonimato (ma quando, mai se siamo tutti tracciati!) vomitano insulti e malessere esistenziale su altri, senza apparente motivo, a parte momenti prolungati loro di impaludata in-coscienza (Socrate diceva: “Non odiate chi fa del male, perché ha ignoranza del bene”).
Ebbene, se invece di un avatar ci fosse la loro vera faccia, scriverebbero ciò che scrivono? È una domanda curiosa di cui sarei interessata a sapere la risposta.

Da quello che si evince da questa analisi dell’anime, gli episodi sono caratterizzati da vicende autoconclusive, le quali hanno uno scopo moraleggiante. Potrebbe parere troppo pesante, così descritto, in realtà le vicende aprono a riflessioni tuttora validissime. Non c’è, quindi, un finale, ma non è un problema, perché lo scopo dell’anime non è sviluppare una trama lunga, ma dare svolgimento a narrazioni più minute. La stessa grafica molto caricaturale, bidimensionale e dai tratti marcati crea quadretti narrativi che sono piccole parabole ambientate in un mondo in cui la magia è possibile, dando allo spettatore un sano distacco critico dalla situazione e aiutandolo già a capire che quel che Moguro propone di volta in volta è solo una dilazione, una panacea, la creazione di fughe impossibili, buone da usare una volta, ma che alla lunga levano umanità a sé e agli altri. Abbiamo allora: pillole per i sogni; polveri speciali; artefatti magici come maschere o bracciali; luoghi incantati di pace che vengono creati ad uso e consumo della vittima con tanto di biglietti speciali; attivazione di forze che nel mondo reale non esisterebbero e che tendono a modificarlo; persone con cui il nostro protagonista di turno viene in contatto e strumenti comuni che diventano magici, come scaccia-incubi, cellulari, la chiavetta USB (carinissima! La voglio anch’io!), un treno o una sauna tradizionale.

A parte Moguro, gli altri personaggi sono mere comparse. Il personaggio di Moguro risulta essere perfidamente ma concretamente diabolico, dando lui le chiavi del paradiso ai nostri poveri disgraziati, che sono pure le chiavi della loro autodistruzione. L’apparenza sorridente, mangiante e bevente (è una buona forchetta il nostro Moguro!), sposa la simpatia di un personaggio tanto caratterizzato al suo subdolo ruolo.

La grafica è basilare, originale nel suo stile desueto, e il chara design è sbozzato. Moguro è caratterizzato da una grande bocca con bianchissimi denti sorridenti, occhietti furbi, e i vari abbigliamenti che si susseguono. Mi è piaciuto molto!

L’opening è super-carina e orecchiabile. Ci sono vecchi effetti speciali e Moguro incontestabile star dell’anime.
L‘ending è ben cantata da una voce profonda e caratteristica, suona davvero simpatica.

Concludendo, è un anime di valore in una platea di opere che sviluppano trame e narrazioni anche pregevoli, ma che non hanno una tale densità di significati e messaggi come “Warau Salesman”. La struttura episodica dà un valore, nelle interpretazioni che si possono dare e nelle riflessioni che sollevano, che raramente si trovano in un anime. La grafica aiuta a vedere quest’opera in chiave più sceneggiata e leggera, togliendo tragicità a messaggi che diventerebbero oltremodo drammatici, garantendo da una parte la possibilità di trasmettere senso, senza appesantire la situazione. È un anime meritevole, una piccola perla; di questo tipo se ne trovano davvero pochi.


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joke95

Episodi visti: 12/12 --- Voto 7,5
"The Laughing Salesman" è una serie anime di soli dodici episodi tratta dall'omonimo manga di Fujiko A. Fujio, andata in onda in Giappone nel 2017; il tutto inizia con il Signor Moguro Fukuzou il quale dice che vuole riempire il cuore delle persone bisognose senza chiedere soldi in cambio, l'unica cosa che queste persone dovranno fare sarà rispettare il patto che una volta verrà proposto loro e, se non lo rispetteranno, verranno punite.

La grafica è davvero carina e molto simile a quella di "Doraemon", infatti i personaggi sono disegnati in maniera molto semplice, senza esagerare troppo nel realismo; fatte molto bene le varie ambientazioni cittadine di Tokyo e dintorni, con un doppiaggio eccezionale.

Tutto sommato, a parer mio è stata una bella serie anime che fa ragionare molto su quello che è la società odierna, troveremo molte storielle di persone in difficoltà con la loro vita, altre invece che hanno delle strani abitudini e ancora altre con delle patologie alquanto bizzarre. Mogurou aiuterà sempre queste persone, ma loro puntualmente se ne approfitteranno, così da infrangere il patto scaturito, e quindi per lo spettatore risulterà un personaggio molto severo, a volte anche abbastanza spietato.
Consiglio di vederla a chiunque cerchi una serie anime differente dalle altre con una bella morale dietro.

Voto finale: 7,5


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Frence

Episodi visti: 12/12 --- Voto 9,5
Se dovessi ascoltare il mio cuore, voterei 10 punto e chiuso.
Dovendo però essere un po' più obbiettivo, la serie non è perfetta, quindi un mezzo punto l'ho dovuto togliere. Ma come mai Il venditore sghignazzante merita così tanto?
Il motivo principale è il protagonista assoluto Moguro Fukuzou, un vero e proprio venditore del diavolo che, a differenza di molti altri "cattivi" nei manga/anime giapponesi, può essere davvero definito un vero e proprio cattivo. Carismatico, subdolo e divertente... si dica scelga le sue vittime a caso e, offrendo loro aiuto (e obbligandole spesso ad accettare), dà loro quel che vogliono davvero, per poi togliere loro tutto quel che avevano con gli interessi.
Nonostante i dodici episodi abbiano tutti più o meno la stessa struttura, è difficile annoiarsi, ed è sempre interessante capire come Moguro interagisce con i personaggi introdotti.
Informandomi un po', ho anche scoperto che questa serie è di uno degli autori di "Doraemon" (e in effetti dallo stile si capisce), ed è evidente che Moguro è una sorta di Doraemon del mondo degli adulti... Un venditore del diavolo senza scrupoli, sempre sghignazzante, che realizza i desideri ma non lo fa mai gratuitamente.
Era anche stata creata un'altra serie di "Warau Salesman" in passato, ed è interessante notare come alcuni episodi siano stati rifatti da zero, mentre altri siano dei remake aggiornati dei vecchi episodi, ma lo stile è stato mantenuto in maniera eccelsa.
Se volete qualcosa di davvero originale (sotto tutti i punti di vista), questo è l'anime che fa per voi.


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marcotano-san

Episodi visti: 12/12 --- Voto 9
Questa è una serie dannatamente particolare.
Sono dodici episodi non collegati, che ci mostrano uno strano venditore, Moguro Fukuzou, che individua persone in difficoltà o con un desiderio nascosto, con una passione incontenibile o semplicemente con una frustrazione o una voglia repressa. Moguro si offre di aiutarle gratuitamente, con aiuti sovrannaturali. Ma i personaggi, tutti, dimostrano di non saper gestire l'aiuto ottenuto, abusandone o comunque non cogliendo l'occasione avuta per ripartire. E allora Moguro ritorna, e "punisce" severamente quegli sventurati.

La grafica non è il massimo, credo volutamente, e un discreto limite sta nel fatto che alla fine si nota una certa ripetitività che annoia un po'.
Ma quello che va colto è il messaggio: tutti abbiamo delle debolezze, delle mancanze, ma non sempre riusciamo ad approfittare pienamente dell'aiuto ricevuto. Ma anche che non dobbiamo fidarci di chi ci offra una "manna dal cielo": l'aiuto richiesto facilmente si rivela l'anticamera dell'inferno. Moguro non è un benefattore. Moguro ti mette alla prova, ti offre una occasione, ma, se la manchi, le conseguenze saranno devastanti! Ma la colpa di chi è, del diavolo tentatore Moguro o di chi non riesce a controllare le proprie voglie ed emozioni, cedendo alle stesse? Credo che i dodici episodi debbano essere per chi guarda motivo di riflessione: la vita a volte ci offre delle occasioni, ma guai ad approfittarne troppo, o la gioia diventerà dramma...

Come detto, l'unico limite è la ripetitività, anche se il panorama di personaggi presentati è ampio. Alcuni fanno simpatia e tenerezza, altri no, si meritano la punizione. Moguro è un protagonista ambiguo, un paladino della (sua) giustizia, non esita ad aiutare, ma si nota come si metta alle costole dei suoi "clienti", quasi obbligandoli ad accettare l'aiuto, salvo poi punirli e andandosene col suo ghigno...
Una serie particolare che raccomando a tutti.