Love and Lies
"Se a chi la diciamo, la bugia fa più piacere della verità, perché tacerla?" (F. Carmagna)
"Koi to Uso" ("Love and Lies") di bugie ne fornisce a sufficienza, e la provocazione con cui ho iniziato questa recensione riassume bene sia la storia tra i tre protagonisti sia le aspettative tradite dello spettatore con il debole per le rom-com scolastiche che si avvicina a questa serie, ispirata al manga omonimo di Musawo Tsumugi, che è stato serializzato tra il 2014 e il 2021 in tredici volumi e sessantadue capitoli.
La serie in recensione, andata in onda nel 2017, è composta di dodici episodi e, come si potrà intuire, non arriva a un vero e proprio finale, visto che il manga era ancora ben lontano dalla sua conclusione.
Pertanto, sarei portato ad essere parzialmente indulgente e a sostenere che in fondo è un buon prodotto sia a livello di sceneggiatura sia tecnico. Bugia!
Per me la visione di "Love and Lies" ha rappresentato una delusione su tutti i fronti. Premetto che non conosco il manga, ma la trama definirla risibile è un eufemismo.
La vicenda è collocata in una non meglio definita realtà del tutto simile a quella del Giappone attuale in cui il governo, a causa del noto problema dello scarso indice di natalità, ha stabilito da anni che, in base a precisi studi e indagini sui ragazzi, propone ai medesimi un partner con cui convolare a nozze, indipendentemente dai sentimenti che questi possano provare per un'altra persona diversa da quella assegnata d'imperio dall'ineffabile e infallibile sistema governativo.
L'assegnazione arriva con una metodologia che chi come me ha vissuto gli anni del servizio di leva obbligatorio non può non notarne le somiglianze: una sorta di lettera di precetto consegnata personalmente da funzionari governativi piuttosto petulanti a qualsiasi ora e con un tempismo degno dei migliori rompiscatole planetari, a cui segue anche un messaggio via cellulare.
E il protagonista Yukari, studente delle scuole superiori di sedici anni, riceve la sua "letterina" proprio nel momento in cui era riuscito a coronare il suo sogno d'amore (con una dichiarazione reciproca e, da non credersi, un bacio appassionato!) con Misaki, a notte fonda in un parchetto: idillio rovinato e tragedia incipiente, visto che la partner proposta è una coetanea sconosciuta di nome Lilina. E così, si passa dal momento magico e romantico a maledire il fato e un governo ingiusto, sensibile solo alla proliferazione del genere umano, possibilmente con generazione di figli all'interno del matrimonio ("legittimi", come li definirebbe il nostro codice civile). Il conseguente corollario è, in modo del tutto scontato, l'immediata ritrattazione dei suoi sentimenti d'amore da parte di Misaki e il conseguente passo indietro per lasciare spazio alla prescelta imposta dal sistema.
Ma non basta: la prescelta (che ha seri problemi relazionali a causa della sua introversione), una volta venuta a conoscenza dei sentimenti di Yukari verso Misaki, si prodigherà affinché questi possano coronare il loro sogno di amore "against the machine"...
E così, la serie si trascina per dodici episodi tra stupidaggini del tipo: Lilina che impone a Yukari che "deve baciare la persona che ama almeno una volta al giorno" (e il bello è che Yukari e Misaki le danno pure retta); lezioni di affettività e sesso impartite dai solerti e comprensivi funzionari governativi con tanto di richiesta di prova pratica e fornitura di profilattici (così i nubendi si possono conoscere per bene prima e assaporare le gioie del sesso "disimpegnato" - fare figli va bene ma solo al momento giusto...). Se poi ci si mettono anche i genitori degli sposi imposti, che sembrano dei cerebrolesi entusiasti del fidanzamento dei loro pargoli, cercando di favorire in tutti i modi la loro reciproca conoscenza, sembra di essere tornati ai tempi dei matrimoni combinati per ragioni di interesse...
A mio modesto avviso, la serie crolla del tutto con il finale "aperto" quanto surreale, sul quale cerco di non 'spoilerare' l'esito, che rappresenta l'apoteosi del ridicolo. Ovviamente, è coerente con l'andamento della trama e le "caratteristiche" dei personaggi protagonisti.
Ahimè, "Koi to Uso" parte da una premessa che, per quanto al limite del credibile, era tutto sommato particolare e rappresentava il classico elemento di disturbo per la storia d'amore cardine della serie. Mi sarei atteso uno sviluppo più drammatico e di contrapposizione all'imposizione governativa: ribellione, obiezione di coscienza, fuga in altra nazione... E invece sviluppa una trama banale con i soliti personaggi stereotipati in cui si scopre implicitamente che all'amore "imposto" è possibile opporre un rifiuto col solo rischio di poter essere penalizzati in altri momenti della vita sociale e lavorativa (vedi concorsi, benefit, ecc.)...
Lo stratagemma del partner "imposto" serve invece solo a determinare il potenziale e insulso triangolo amoroso tra due ragazze e un ragazzo alla ricerca della loro identità e della comprensione dei loro sentimenti, cui si aggiunge in modo molto velato il possibile quadrilatero con sfumature omosessuali con il bell'amico di Yukari, Yusuke.
Con buona pace di spiegazioni sul funzionamento del sistema di individuazione dei partner e della sua "obbligatorietà" nei confronti dei ragazzi e delle conseguenze anche di natura psicologica in un periodo complicato della loro esistenza come l'adolescenza. Sentire dialoghi e domande tra i ragazzi su cosa sia l'amore, quando sono invece costretti a pensare a sviluppare una relazione a scopo matrimonio e procreazione, è quanto di più distonico si possa sentire...
E tralascio ogni valutazione di opportunità di produrre una serie che potrebbe sembrare una specie di advertisement di una certa concezione morale (se non anche religiosa) sulla vita, la famiglia e i figli, che neanche tanto implicitamente la serie sfiora, dandone un significato abbastanza preciso per orientamento...
"Koi to Uso" va a inserirsi in quella lunga serie di opere mediocri, esempi di "deliri" su temi anche di una certa attualità e pregio che vengono "piegati" e distorti dalla solita lente deformante di certi autori, per compiacere un certo tipo di pubblico che ama il melodramma a tutti i costi, a scapito di una migliore caratterizzazione dei personaggi e della loro introspezione e sviluppo. Qualcuno potrebbe opinare che Lilina ha una significativa evoluzione durante la serie, ma è solo finalizzata a creare artatamente l'elemento di disturbo nella liaison tra Yukari e Masaki, per addivenire al finale.
Lato tecnico, la serie non sarebbe neanche tanto malaccio. Mi ha interessato un particolare elemento grafico: il disegno degli occhi dei protagonisti. Grandi e quasi sproporzionati rispetto al viso, anche espressivi, sebbene spesso si è ricorso all'uso del deformed nei momenti di particolare tensione quali l'imbarazzo (che purtroppo è inflazionato al pari degli equivoci nella serie). Lo studio Linden Film ha tutto sommato fatto un buon lavoro sul comparto tecnico.
In sintesi, e atteso che sono oramai trascorsi sette anni dall'uscita della prima serie e tre dal termine del manga (e pertanto dubito che ci potrà essere una seconda serie che concluda la saga dei partner "imposti" dallo Stato), posso solo scrivere che "Koi to Uso" sia una serie che non costituisce un must watch neppure per coloro che sono patiti delle commedie romantiche ad ambientazione scolastica: in sostanza rinnega le già poco credibili premesse, per perdersi in una serie di vicende noiose e ripetitive con l'utilizzo inflazionato dei soliti (e pessimi) cliché del genere, che suggeriscono solo una considerazione: girare al largo.
"Koi to Uso" ("Love and Lies") di bugie ne fornisce a sufficienza, e la provocazione con cui ho iniziato questa recensione riassume bene sia la storia tra i tre protagonisti sia le aspettative tradite dello spettatore con il debole per le rom-com scolastiche che si avvicina a questa serie, ispirata al manga omonimo di Musawo Tsumugi, che è stato serializzato tra il 2014 e il 2021 in tredici volumi e sessantadue capitoli.
La serie in recensione, andata in onda nel 2017, è composta di dodici episodi e, come si potrà intuire, non arriva a un vero e proprio finale, visto che il manga era ancora ben lontano dalla sua conclusione.
Pertanto, sarei portato ad essere parzialmente indulgente e a sostenere che in fondo è un buon prodotto sia a livello di sceneggiatura sia tecnico. Bugia!
Per me la visione di "Love and Lies" ha rappresentato una delusione su tutti i fronti. Premetto che non conosco il manga, ma la trama definirla risibile è un eufemismo.
La vicenda è collocata in una non meglio definita realtà del tutto simile a quella del Giappone attuale in cui il governo, a causa del noto problema dello scarso indice di natalità, ha stabilito da anni che, in base a precisi studi e indagini sui ragazzi, propone ai medesimi un partner con cui convolare a nozze, indipendentemente dai sentimenti che questi possano provare per un'altra persona diversa da quella assegnata d'imperio dall'ineffabile e infallibile sistema governativo.
L'assegnazione arriva con una metodologia che chi come me ha vissuto gli anni del servizio di leva obbligatorio non può non notarne le somiglianze: una sorta di lettera di precetto consegnata personalmente da funzionari governativi piuttosto petulanti a qualsiasi ora e con un tempismo degno dei migliori rompiscatole planetari, a cui segue anche un messaggio via cellulare.
E il protagonista Yukari, studente delle scuole superiori di sedici anni, riceve la sua "letterina" proprio nel momento in cui era riuscito a coronare il suo sogno d'amore (con una dichiarazione reciproca e, da non credersi, un bacio appassionato!) con Misaki, a notte fonda in un parchetto: idillio rovinato e tragedia incipiente, visto che la partner proposta è una coetanea sconosciuta di nome Lilina. E così, si passa dal momento magico e romantico a maledire il fato e un governo ingiusto, sensibile solo alla proliferazione del genere umano, possibilmente con generazione di figli all'interno del matrimonio ("legittimi", come li definirebbe il nostro codice civile). Il conseguente corollario è, in modo del tutto scontato, l'immediata ritrattazione dei suoi sentimenti d'amore da parte di Misaki e il conseguente passo indietro per lasciare spazio alla prescelta imposta dal sistema.
Ma non basta: la prescelta (che ha seri problemi relazionali a causa della sua introversione), una volta venuta a conoscenza dei sentimenti di Yukari verso Misaki, si prodigherà affinché questi possano coronare il loro sogno di amore "against the machine"...
E così, la serie si trascina per dodici episodi tra stupidaggini del tipo: Lilina che impone a Yukari che "deve baciare la persona che ama almeno una volta al giorno" (e il bello è che Yukari e Misaki le danno pure retta); lezioni di affettività e sesso impartite dai solerti e comprensivi funzionari governativi con tanto di richiesta di prova pratica e fornitura di profilattici (così i nubendi si possono conoscere per bene prima e assaporare le gioie del sesso "disimpegnato" - fare figli va bene ma solo al momento giusto...). Se poi ci si mettono anche i genitori degli sposi imposti, che sembrano dei cerebrolesi entusiasti del fidanzamento dei loro pargoli, cercando di favorire in tutti i modi la loro reciproca conoscenza, sembra di essere tornati ai tempi dei matrimoni combinati per ragioni di interesse...
A mio modesto avviso, la serie crolla del tutto con il finale "aperto" quanto surreale, sul quale cerco di non 'spoilerare' l'esito, che rappresenta l'apoteosi del ridicolo. Ovviamente, è coerente con l'andamento della trama e le "caratteristiche" dei personaggi protagonisti.
Ahimè, "Koi to Uso" parte da una premessa che, per quanto al limite del credibile, era tutto sommato particolare e rappresentava il classico elemento di disturbo per la storia d'amore cardine della serie. Mi sarei atteso uno sviluppo più drammatico e di contrapposizione all'imposizione governativa: ribellione, obiezione di coscienza, fuga in altra nazione... E invece sviluppa una trama banale con i soliti personaggi stereotipati in cui si scopre implicitamente che all'amore "imposto" è possibile opporre un rifiuto col solo rischio di poter essere penalizzati in altri momenti della vita sociale e lavorativa (vedi concorsi, benefit, ecc.)...
Lo stratagemma del partner "imposto" serve invece solo a determinare il potenziale e insulso triangolo amoroso tra due ragazze e un ragazzo alla ricerca della loro identità e della comprensione dei loro sentimenti, cui si aggiunge in modo molto velato il possibile quadrilatero con sfumature omosessuali con il bell'amico di Yukari, Yusuke.
Con buona pace di spiegazioni sul funzionamento del sistema di individuazione dei partner e della sua "obbligatorietà" nei confronti dei ragazzi e delle conseguenze anche di natura psicologica in un periodo complicato della loro esistenza come l'adolescenza. Sentire dialoghi e domande tra i ragazzi su cosa sia l'amore, quando sono invece costretti a pensare a sviluppare una relazione a scopo matrimonio e procreazione, è quanto di più distonico si possa sentire...
E tralascio ogni valutazione di opportunità di produrre una serie che potrebbe sembrare una specie di advertisement di una certa concezione morale (se non anche religiosa) sulla vita, la famiglia e i figli, che neanche tanto implicitamente la serie sfiora, dandone un significato abbastanza preciso per orientamento...
"Koi to Uso" va a inserirsi in quella lunga serie di opere mediocri, esempi di "deliri" su temi anche di una certa attualità e pregio che vengono "piegati" e distorti dalla solita lente deformante di certi autori, per compiacere un certo tipo di pubblico che ama il melodramma a tutti i costi, a scapito di una migliore caratterizzazione dei personaggi e della loro introspezione e sviluppo. Qualcuno potrebbe opinare che Lilina ha una significativa evoluzione durante la serie, ma è solo finalizzata a creare artatamente l'elemento di disturbo nella liaison tra Yukari e Masaki, per addivenire al finale.
Lato tecnico, la serie non sarebbe neanche tanto malaccio. Mi ha interessato un particolare elemento grafico: il disegno degli occhi dei protagonisti. Grandi e quasi sproporzionati rispetto al viso, anche espressivi, sebbene spesso si è ricorso all'uso del deformed nei momenti di particolare tensione quali l'imbarazzo (che purtroppo è inflazionato al pari degli equivoci nella serie). Lo studio Linden Film ha tutto sommato fatto un buon lavoro sul comparto tecnico.
In sintesi, e atteso che sono oramai trascorsi sette anni dall'uscita della prima serie e tre dal termine del manga (e pertanto dubito che ci potrà essere una seconda serie che concluda la saga dei partner "imposti" dallo Stato), posso solo scrivere che "Koi to Uso" sia una serie che non costituisce un must watch neppure per coloro che sono patiti delle commedie romantiche ad ambientazione scolastica: in sostanza rinnega le già poco credibili premesse, per perdersi in una serie di vicende noiose e ripetitive con l'utilizzo inflazionato dei soliti (e pessimi) cliché del genere, che suggeriscono solo una considerazione: girare al largo.
“Love and Lies” è un anime sentimentale di dodici episodi. Il contesto, se non originale, è quantomeno diverso dal solito, ed è quello che mi ha incuriosita. È ambientato in Giappone, in un futuro prossimo in cui il tasso di natalità è talmente basso, che il governo si è visto in dovere di prendere dei provvedimenti. A partire dai sedici anni in poi, il governo assegna a ciascuno un partner compatibile con il quale costruire un futuro felice e mettere su famiglia.
Yukari Nejima è prossimo al suo sedicesimo compleanno e presto riceverà il suo avviso, quindi ha un’ultima possibilità per rivelare i suoi sentimenti alla sua compagna di classe Misaki, della quale è innamorato fin dalle elementari. Sorprendentemente (per lui), i suoi sentimenti sono ricambiati e i due divengono l’immagine della felicità. Ovviamente questo idillio ha vita brevissima, e Nejima riceve l’avviso governativo che gli assegna Ririna Sanada come compagna di vita. Inizia così questo ménage à trois, tra Ririna e Misaki, che diventano molto amiche e sono pronte a sacrificare la propria felicità per l’altra, e Nejima che tiene un piede in due scarpe e non sa decidersi.
Tutta l’opera gira intorno a questo terzetto (se la poligamia fosse stata consentita, avremmo risolto il problema a monte) e ai loro tormentati sentimenti reciproci, tra situazioni classiche e situazioni tipiche dell’opera frutto dell’ingerenza governativa.
Nonostante sfrutti le tipicità del genere sentimentale, l’opera è a tratti lacunosa e lascia un profondo senso di non detto. Il sistema con cui il governo determina la compatibilità tra le coppie viene messo in dubbio in vari modi, ma senza che venga data alcuna risposta o approfondimento in merito.
Il protagonista non ha una grande presenza, è il classico ragazzo senza nulla di speciale che si ritrova ad avere un harem senza particolari meriti se non la gentilezza. Quelle che mandano avanti la baracca sono le due ragazze, Ririna con la sua schiettezza e i suoi modi trasparenti, e Misaki con i suoi sentimenti contrastanti per il legame tra Nejima e Ririna.
Per la conclusione della serie avrei auspicato un finale più deciso e meno nebuloso, ma segue l’andamento dell’opera, che è sempre rimasta nel limbo dell'indecisione, quindi ci può stare.
Nel complesso, è un’opera che non lascia il segno, può andar bene per passare il tempo, ma di questo genere ci sono sicuramente opere meglio riuscite.
Yukari Nejima è prossimo al suo sedicesimo compleanno e presto riceverà il suo avviso, quindi ha un’ultima possibilità per rivelare i suoi sentimenti alla sua compagna di classe Misaki, della quale è innamorato fin dalle elementari. Sorprendentemente (per lui), i suoi sentimenti sono ricambiati e i due divengono l’immagine della felicità. Ovviamente questo idillio ha vita brevissima, e Nejima riceve l’avviso governativo che gli assegna Ririna Sanada come compagna di vita. Inizia così questo ménage à trois, tra Ririna e Misaki, che diventano molto amiche e sono pronte a sacrificare la propria felicità per l’altra, e Nejima che tiene un piede in due scarpe e non sa decidersi.
Tutta l’opera gira intorno a questo terzetto (se la poligamia fosse stata consentita, avremmo risolto il problema a monte) e ai loro tormentati sentimenti reciproci, tra situazioni classiche e situazioni tipiche dell’opera frutto dell’ingerenza governativa.
Nonostante sfrutti le tipicità del genere sentimentale, l’opera è a tratti lacunosa e lascia un profondo senso di non detto. Il sistema con cui il governo determina la compatibilità tra le coppie viene messo in dubbio in vari modi, ma senza che venga data alcuna risposta o approfondimento in merito.
Il protagonista non ha una grande presenza, è il classico ragazzo senza nulla di speciale che si ritrova ad avere un harem senza particolari meriti se non la gentilezza. Quelle che mandano avanti la baracca sono le due ragazze, Ririna con la sua schiettezza e i suoi modi trasparenti, e Misaki con i suoi sentimenti contrastanti per il legame tra Nejima e Ririna.
Per la conclusione della serie avrei auspicato un finale più deciso e meno nebuloso, ma segue l’andamento dell’opera, che è sempre rimasta nel limbo dell'indecisione, quindi ci può stare.
Nel complesso, è un’opera che non lascia il segno, può andar bene per passare il tempo, ma di questo genere ci sono sicuramente opere meglio riuscite.
Secondo me "Koi To Uso" (o "Love and Lies") era partito bene, con una trama originale. Poi il tutto lentamente è svanito, andando avanti con gli episodi.
Sembrava un po' diverso dal solito, e originale, anche perché la dichiarazione d'amore e il bacio ci sono stati subito, cosa insolita in anime di questo genere. E questo mi ha subito colpito. Poi è arrivata Ririna, che ha trasformato il tutto in una specie di "Nisekoi", dove il protagonista, Yukari, deve decidere quale ragazza scegliere come moglie fra Takasaki, il suo primo amore, o Ririna, la sconosciuta imposta dal governo. Da qui iniziano una serie di episodi dove Yukari, Takasaki, Ririna e Nisaka (un amico di Yukari) si trovano in delle situazioni trite e ritrite, come ad esempio la recita scolastica di Romeo e Giulietta. La serie ormai è incentrata sul possibile finale, che doveva corrispondere alla scelta di Yukari, la scelta di chi sarà la sua futura moglie. Undici (anche undici e mezzo, visto che la prima parte del dodicesimo è sempre una svolta con una delle due ragazze) episodi, quindi, ad aspettare questa scelta (allungando il tutto con cliché e cose inutili), per poi finire malissimo. Senza fare spoiler, dico solo dodici episodi sprecati.
Passiamo al comparto tecnico: i disegni non sono brutti e le animazioni neanche.
La opening è la cosa che aspettavo di più in ogni episodio (anche se è all'inizio), mi è piaciuta tanto. Anche la ending non è male.
Voto complessivo: 6 e mezzo, perché l'idea è originale, ma è finita col disperdersi e diventare troppo simile ad altri anime.
Sembrava un po' diverso dal solito, e originale, anche perché la dichiarazione d'amore e il bacio ci sono stati subito, cosa insolita in anime di questo genere. E questo mi ha subito colpito. Poi è arrivata Ririna, che ha trasformato il tutto in una specie di "Nisekoi", dove il protagonista, Yukari, deve decidere quale ragazza scegliere come moglie fra Takasaki, il suo primo amore, o Ririna, la sconosciuta imposta dal governo. Da qui iniziano una serie di episodi dove Yukari, Takasaki, Ririna e Nisaka (un amico di Yukari) si trovano in delle situazioni trite e ritrite, come ad esempio la recita scolastica di Romeo e Giulietta. La serie ormai è incentrata sul possibile finale, che doveva corrispondere alla scelta di Yukari, la scelta di chi sarà la sua futura moglie. Undici (anche undici e mezzo, visto che la prima parte del dodicesimo è sempre una svolta con una delle due ragazze) episodi, quindi, ad aspettare questa scelta (allungando il tutto con cliché e cose inutili), per poi finire malissimo. Senza fare spoiler, dico solo dodici episodi sprecati.
Passiamo al comparto tecnico: i disegni non sono brutti e le animazioni neanche.
La opening è la cosa che aspettavo di più in ogni episodio (anche se è all'inizio), mi è piaciuta tanto. Anche la ending non è male.
Voto complessivo: 6 e mezzo, perché l'idea è originale, ma è finita col disperdersi e diventare troppo simile ad altri anime.
Peccato, un grandissimo peccato: ecco cosa mi sono detta una volta ultimata la visione di “Love and Lies”, un anime che era partito con un concept accattivante, per poi svilupparsi in una blanda storia d’amore senza infamia e senza lode.
La storia è ambientata nel futuro, dove il governo ha ideato un sistema per combinare i matrimoni, trovando il partner più adatto per ognuno attraverso vari calcoli. Tale è la procedura adottata allo scopo di risolvere il problema del crollo delle nascite. Ma il protagonista della storia, Yukari Nejima, è innamorato di una ragazza, Misaki Takasaki, la quale non è la partner scritturata dal governo per lui. E’ stato deciso, infatti, che Yukari dovrà unirsi a un’altra ragazza: Lilina Sanada. Dunque, ecco che prende forma un insolito triangolo amoroso.
Come è già stato scritto, “Love and Lies” ha un concept molto interessante, reso anche con un pizzico di originalità. E’ bastato leggere la scheda di Animeclick.it per suscitarmi il giusto interesse per iniziare questa serie. Le aspettative erano alte: non la solita e becera storia d’amore adolescenziale da due soldi, ma una commedia romantica con un’ambientazione distopica. Peccato che proprio quest’ultimo elemento venga accantonato nel corso degli episodi per dedicare maggior tempo alla storia d’amore tra Yukari, Misaki e Lilina. Procedendo in questo modo, il ritmo della narrazione crolla tremendamente e la noia arriverà già a metà serie, avviandosi verso il finale a forza di: “Scegli lei”, “No, scegli lei”. E ovviamente la storia non è finita, quindi il finale delude ulteriormente, se si pensa che alla fine una scelta non c’è, dal momento che il protagonista è così lento di cervello, da rendere le protagoniste dei reverse harem degli scienziati da Premio Nobel.
Oltre al fesso protagonista anche gli altri personaggi col proseguire delle puntate diventano sempre più antipatici. Misaki sembra avere la personalità di una mozzarella: dà sempre l’impressione di essere una ragazza egoista, che vuole avere Yukari tutto per sé, pur sapendo che questo non è possibile, senza magari pensare alla felicità di lui. Tutto mantenendo intatta quella sua maschera da ragazzina fragile e indifesa. Lilina invece parte molto bene come personaggio: non avendo interesse per il suo promesso sposo Yukari, lo aiuterà a rendere legittimo il suo amore per Misaki. Ma, come vuole la classica commedia romantica, anche Lilina si innamorerà di Yukari, pur non volendo ammetterlo. C’è da dire che il personaggio di Lilina non è il peggiore tra quelli proposti, ma allo stesso tempo non le viene data la caratterizzazione necessaria per renderla un personaggio indimenticabile: fino alla fine lei farà la parte del terzo incomodo, il che non può che infastidire. Infine c’è Nisaka, l’amico di Yukari, il quale l’unica emozione che suscita nello spettatore è la compassione: vedere questo poveretto provare un profondo amore che non potrà mai essere corrisposto per un sempliciotto come Yukari non fa altro che pena.
Per quanto riguarda l’apparato tecnico, esso rappresenta perfettamente la mediocrità di tutto il prodotto, dalle animazioni ai disegni, fino alle musiche. Non è possibile scrivere ulteriori righe su come sia graficamente quest’anime: è quanto di più anonimo si possa vedere.
In conclusione, “Love and Lies” è un anime mediocre: è quel tipo di serie che si vede senza impegno e che si dimentica senza impegno. Un paio di elementi riescono a salvarsi, come la sotto-trama dei due impiegati del governo o i vari spunti di riflessione che potevano essere avviati mettendo in scena una società come quella effettivamente presentata, ma questo non basta a dare la sufficienza a una serie simile. Le premesse erano carine, ma non vengono sviluppate. Si poteva decisamente fare di meglio.
La storia è ambientata nel futuro, dove il governo ha ideato un sistema per combinare i matrimoni, trovando il partner più adatto per ognuno attraverso vari calcoli. Tale è la procedura adottata allo scopo di risolvere il problema del crollo delle nascite. Ma il protagonista della storia, Yukari Nejima, è innamorato di una ragazza, Misaki Takasaki, la quale non è la partner scritturata dal governo per lui. E’ stato deciso, infatti, che Yukari dovrà unirsi a un’altra ragazza: Lilina Sanada. Dunque, ecco che prende forma un insolito triangolo amoroso.
Come è già stato scritto, “Love and Lies” ha un concept molto interessante, reso anche con un pizzico di originalità. E’ bastato leggere la scheda di Animeclick.it per suscitarmi il giusto interesse per iniziare questa serie. Le aspettative erano alte: non la solita e becera storia d’amore adolescenziale da due soldi, ma una commedia romantica con un’ambientazione distopica. Peccato che proprio quest’ultimo elemento venga accantonato nel corso degli episodi per dedicare maggior tempo alla storia d’amore tra Yukari, Misaki e Lilina. Procedendo in questo modo, il ritmo della narrazione crolla tremendamente e la noia arriverà già a metà serie, avviandosi verso il finale a forza di: “Scegli lei”, “No, scegli lei”. E ovviamente la storia non è finita, quindi il finale delude ulteriormente, se si pensa che alla fine una scelta non c’è, dal momento che il protagonista è così lento di cervello, da rendere le protagoniste dei reverse harem degli scienziati da Premio Nobel.
Oltre al fesso protagonista anche gli altri personaggi col proseguire delle puntate diventano sempre più antipatici. Misaki sembra avere la personalità di una mozzarella: dà sempre l’impressione di essere una ragazza egoista, che vuole avere Yukari tutto per sé, pur sapendo che questo non è possibile, senza magari pensare alla felicità di lui. Tutto mantenendo intatta quella sua maschera da ragazzina fragile e indifesa. Lilina invece parte molto bene come personaggio: non avendo interesse per il suo promesso sposo Yukari, lo aiuterà a rendere legittimo il suo amore per Misaki. Ma, come vuole la classica commedia romantica, anche Lilina si innamorerà di Yukari, pur non volendo ammetterlo. C’è da dire che il personaggio di Lilina non è il peggiore tra quelli proposti, ma allo stesso tempo non le viene data la caratterizzazione necessaria per renderla un personaggio indimenticabile: fino alla fine lei farà la parte del terzo incomodo, il che non può che infastidire. Infine c’è Nisaka, l’amico di Yukari, il quale l’unica emozione che suscita nello spettatore è la compassione: vedere questo poveretto provare un profondo amore che non potrà mai essere corrisposto per un sempliciotto come Yukari non fa altro che pena.
Per quanto riguarda l’apparato tecnico, esso rappresenta perfettamente la mediocrità di tutto il prodotto, dalle animazioni ai disegni, fino alle musiche. Non è possibile scrivere ulteriori righe su come sia graficamente quest’anime: è quanto di più anonimo si possa vedere.
In conclusione, “Love and Lies” è un anime mediocre: è quel tipo di serie che si vede senza impegno e che si dimentica senza impegno. Un paio di elementi riescono a salvarsi, come la sotto-trama dei due impiegati del governo o i vari spunti di riflessione che potevano essere avviati mettendo in scena una società come quella effettivamente presentata, ma questo non basta a dare la sufficienza a una serie simile. Le premesse erano carine, ma non vengono sviluppate. Si poteva decisamente fare di meglio.
Da qualche anno si discute tantissimo sulla necessità di porre un limite all'ingerenza dello Stato nella privacy del comune cittadino. Da sempre, infatti, lo Stato interviene nella vita privata delle persone attraverso lo svolgimento di almeno due tipi di attività: quella di controllo, necessaria per cercare di prevenire o punire comportamenti contrari alla legge; e quella di indirizzo, necessaria per poter adottare politiche atte a convogliare le risorse umane a disposizione di una nazione verso le destinazioni più convenienti sia per la popolazione presa nel suo complesso sia per il singolo cittadino.
L'utilità di questi tipi di intervento è evidente, anzi la loro assenza è spesso sintomo di uno Stato che non funziona come dovrebbe: quello del nostro Paese è un esempio evidente, in quanto l'attività d'indirizzo è molto carente, a volte addirittura inesistente.
Esistono però anche esempi che vanno nella direzione opposta e che denunciano l'esistenza di situazioni in cui la presenza dello Stato nella vita quotidiana dei singoli cittadini ha assunto dimensioni spropositate: e uno di questi casi è proprio quello giapponese, un Paese dove, a differenza del nostro, l'attività d'indirizzo è estremamente invadente, e spesso interferisce in problematiche che, per loro natura, hanno caratteristiche prettamente personali.
Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, poi, la capacità di un governo di interferire nella vita di una persona è aumentata esponenzialmente, fino a consentirgli di pensare all'adozione di politiche che sarebbero state impensabili anche solo qualche anno fa. E in quei Paesi in cui lo Stato ha la pretesa di condizionare anche la vita sociale delle persone il rischio di andare incontro a situazioni “paradossali” è una possibilità non così remota.
Quando si verificano fenomeni sociali che destano preoccupazione, in genere nascono correnti di pensiero che mettono in evidenza i difetti e i pericoli di un certo tipo di evoluzione; e Musawo Tsumugi, l'autore di questo “Love and Lies”, sembrava proprio essere intenzionato a partecipare a questa discussione. L'idea alla base di questo anime, infatti, sembrava essere il preludio a una critica verso un modello di Stato che rischiava di diventare troppo invadente e disumanizzante; purtroppo, però, la realtà dei fatti mostra che forse non erano esattamente queste le sue intenzioni.
La trama: a causa del forte calo delle nascite in Giappone, il governo decide di prendere provvedimenti radicali per spingere le coppie ad avere più figli. Non si tratta, però, delle solite politiche atte a scoraggiare l'uso dei contraccettivi o che promettono aiuti economici alle famiglie numerose; lo Stato, invece, decide di entrare direttamente nella vita sentimentale dei ragazzi, togliendo loro la possibilità di scegliersi da soli il proprio partner (cosa ritenuta dannosa, dato l'alto numero delle separazioni per incompatibilità caratteriale), ma scegliendo, attraverso un complesso sistema tecnologico di calcolo delle affinità, la moglie o il marito più adatto ad ogni singola persona. Così già in giovane età le persone ricevono un avviso ministeriale nel quale viene comunicato loro il nome del partner che è stato scelto per loro; da quel momento la nuova coppia verrà seguita e istruita. Non mancheranno nemmeno forti incitamenti a “darci dentro”, già in età scolare, con le attività sessuali; e come cosa è anche logica, dato che il fine ultimo è proprio quello di alzare il tasso di natalità. Riassumendo il tutto: Dio li fa e poi il governo li accoppia.
L'anime racconta la storia di Yukari, un ragazzo con una personalità molto debole, che si vede recapitare il proprio “avviso governativo” proprio nel giorno in cui è riuscito finalmente a dichiararsi alla ragazza che aveva sempre amato, la bella Misaki. Sfortunatamente per i due innamorati, però, Yukari è stato assegnato a un'altra ragazza, la dolce e inesperta Lilina.
Con un'idea di base del genere quest'anime non poteva non catturare da subito le mie simpatie; è una di quelle intuizioni che difenderesti a spada tratta anche a costo di vedere in certe situazioni cose non che esistono, pur di giustificarle. E così: Yukari è un inetto perché probabilmente le persone con meno carattere sono quelle che soffrirebbero di più in un contesto del genere; la confusione che prova nello scegliere tra le due ragazze è dovuto al fatto che il sistema funziona e che quindi si tratterebbe solo di una questione morale; molte situazioni ridicole servono appunto a ridicolizzare l'immagine di uno Stato che decide di occuparsi di certe cose; inserire un personaggio omosessuale è un modo per mostrare un'altra pecca del sistema, che non tiene conto delle diversità.
Però, dato che alla fine l'anime non dà alcuna conferma alla validità delle supposizioni fatte, ma, anzi, sembra infischiarsene altamente, il dubbio che la mia testa stia creando una storia che nella realtà non esiste ti viene, e a poco a poco diventa una certezza. E capisci che in realtà tutta 'sta manfrina serviva solo a creare un triangolo amoroso stupido e stucchevole senza grosse ambizioni.
Quando lo spunto per un ottimo anime viene sprecato in un modo così miserabile, per me la delusione è sempre immensa. Penso lo si capisca anche della recensione: ho parlato più di quello che sarebbe potuto essere, e solo indirettamente si riesce a capire di cosa si tratti davvero nella realtà. La realtà è che “Love and Lies” è un racconto sentimentale di serie Z inserito in un contesto ambientale molto intrigante; e, se oltre a questo c'è di più, l'autore lo esprime molto timidamente e comunque molto male. E, come era solito dire Forrest Gump: “Non ho altro da dire su questa faccenda”.
L'utilità di questi tipi di intervento è evidente, anzi la loro assenza è spesso sintomo di uno Stato che non funziona come dovrebbe: quello del nostro Paese è un esempio evidente, in quanto l'attività d'indirizzo è molto carente, a volte addirittura inesistente.
Esistono però anche esempi che vanno nella direzione opposta e che denunciano l'esistenza di situazioni in cui la presenza dello Stato nella vita quotidiana dei singoli cittadini ha assunto dimensioni spropositate: e uno di questi casi è proprio quello giapponese, un Paese dove, a differenza del nostro, l'attività d'indirizzo è estremamente invadente, e spesso interferisce in problematiche che, per loro natura, hanno caratteristiche prettamente personali.
Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, poi, la capacità di un governo di interferire nella vita di una persona è aumentata esponenzialmente, fino a consentirgli di pensare all'adozione di politiche che sarebbero state impensabili anche solo qualche anno fa. E in quei Paesi in cui lo Stato ha la pretesa di condizionare anche la vita sociale delle persone il rischio di andare incontro a situazioni “paradossali” è una possibilità non così remota.
Quando si verificano fenomeni sociali che destano preoccupazione, in genere nascono correnti di pensiero che mettono in evidenza i difetti e i pericoli di un certo tipo di evoluzione; e Musawo Tsumugi, l'autore di questo “Love and Lies”, sembrava proprio essere intenzionato a partecipare a questa discussione. L'idea alla base di questo anime, infatti, sembrava essere il preludio a una critica verso un modello di Stato che rischiava di diventare troppo invadente e disumanizzante; purtroppo, però, la realtà dei fatti mostra che forse non erano esattamente queste le sue intenzioni.
La trama: a causa del forte calo delle nascite in Giappone, il governo decide di prendere provvedimenti radicali per spingere le coppie ad avere più figli. Non si tratta, però, delle solite politiche atte a scoraggiare l'uso dei contraccettivi o che promettono aiuti economici alle famiglie numerose; lo Stato, invece, decide di entrare direttamente nella vita sentimentale dei ragazzi, togliendo loro la possibilità di scegliersi da soli il proprio partner (cosa ritenuta dannosa, dato l'alto numero delle separazioni per incompatibilità caratteriale), ma scegliendo, attraverso un complesso sistema tecnologico di calcolo delle affinità, la moglie o il marito più adatto ad ogni singola persona. Così già in giovane età le persone ricevono un avviso ministeriale nel quale viene comunicato loro il nome del partner che è stato scelto per loro; da quel momento la nuova coppia verrà seguita e istruita. Non mancheranno nemmeno forti incitamenti a “darci dentro”, già in età scolare, con le attività sessuali; e come cosa è anche logica, dato che il fine ultimo è proprio quello di alzare il tasso di natalità. Riassumendo il tutto: Dio li fa e poi il governo li accoppia.
L'anime racconta la storia di Yukari, un ragazzo con una personalità molto debole, che si vede recapitare il proprio “avviso governativo” proprio nel giorno in cui è riuscito finalmente a dichiararsi alla ragazza che aveva sempre amato, la bella Misaki. Sfortunatamente per i due innamorati, però, Yukari è stato assegnato a un'altra ragazza, la dolce e inesperta Lilina.
Con un'idea di base del genere quest'anime non poteva non catturare da subito le mie simpatie; è una di quelle intuizioni che difenderesti a spada tratta anche a costo di vedere in certe situazioni cose non che esistono, pur di giustificarle. E così: Yukari è un inetto perché probabilmente le persone con meno carattere sono quelle che soffrirebbero di più in un contesto del genere; la confusione che prova nello scegliere tra le due ragazze è dovuto al fatto che il sistema funziona e che quindi si tratterebbe solo di una questione morale; molte situazioni ridicole servono appunto a ridicolizzare l'immagine di uno Stato che decide di occuparsi di certe cose; inserire un personaggio omosessuale è un modo per mostrare un'altra pecca del sistema, che non tiene conto delle diversità.
Però, dato che alla fine l'anime non dà alcuna conferma alla validità delle supposizioni fatte, ma, anzi, sembra infischiarsene altamente, il dubbio che la mia testa stia creando una storia che nella realtà non esiste ti viene, e a poco a poco diventa una certezza. E capisci che in realtà tutta 'sta manfrina serviva solo a creare un triangolo amoroso stupido e stucchevole senza grosse ambizioni.
Quando lo spunto per un ottimo anime viene sprecato in un modo così miserabile, per me la delusione è sempre immensa. Penso lo si capisca anche della recensione: ho parlato più di quello che sarebbe potuto essere, e solo indirettamente si riesce a capire di cosa si tratti davvero nella realtà. La realtà è che “Love and Lies” è un racconto sentimentale di serie Z inserito in un contesto ambientale molto intrigante; e, se oltre a questo c'è di più, l'autore lo esprime molto timidamente e comunque molto male. E, come era solito dire Forrest Gump: “Non ho altro da dire su questa faccenda”.
Vi sono opere che analizzano in profondità il tema del disagio giovanile. Queste opere scandagliano il problema del desiderio di indipendenza dai genitori e al contempo il bisogno della propria famiglia; la difficoltà di trovare un posto nel mondo, quando il mondo globalizzato è sempre più grande eppur sempre più inospitale; la difficoltà a comunicare con i “grandi”, ma anche con i coetanei; la scuola, le difficoltà nello studio e molto altro.
“Koi to Uso” non parla di disagio giovanile, ma causa disagio giovanile: in teoria è un'opera destinata a un pubblico giovane; e un giovane, con molta probabilità, si sentirà a disagio nel vedere un qualcosa di tal scarsa qualità. In effetti anche chi ha sulle spalle qualche anno in più potrebbe sentirsi allo stesso modo, quindi si può affermare che “Koi to Uso” è causa di disagio in generale.
Chiuso il preambolo un po' magniloquente, si può passare a discutere dell'opera.
L'ambientazione di “Koi to Uso” (“Love and Lies” come titolo internazionale) è al 99% aderente a quella del mondo giapponese odierno, con una “piccolissima” differenza: i matrimoni sono combinati dal governo, che calcola le affinità fra persone e sceglie le coppie più compatibili (per combattere il decremento delle nascite, tema effettivamente attuale nel Paese del Sol Levante). Il primo dilemma che potrebbe balenare nella vostra testa è il seguente: “Come può il mondo essere una copia quasi esatta del nostro con un elemento del genere, che certamente porterebbe grossi cambiamenti in ambito sociale? Deve pur esserci un cambiamento, anche minimo, in atto!” Tuttavia l'autore non si è fatto le stesse domande che vi state facendo, e non vi è assolutamente nulla che non vada nel mondo in cui è ambientata l'opera, a parte nella testa del protagonista.
E qui iniziano i veri dolori. Il protagonista è la classica ameba subumana che ammorba moltissimi anime recenti: egli è stupido e non ha nessuna qualità apparente o qualsivoglia attrattiva. Sarà dunque impossibile immedesimarsi con lui, a meno che non siate l'emblema della mediocrità (o dell'inferiorità) galoppante. Yukari, questo è il suo nome, ovviamente ama una ragazza bellissima e decisamente ben fornita, e ovviamente il sentimento è reciproco (cosa che evidentemente accade solo negli anime). Ma il sistema governativo, che non è incline a soddisfare i suoi desideri, opera per lui una scelta differente (anche se vi è un certo mistero dietro l'avvenimento), aggiungendo una seconda ragazza all'equazione. Chiude il gruppo un ragazzo, amico del protagonista, il quale nutre un fortissimo affetto di amicizia per la nostra amata nullità (pur essendo dotato di qualità e attrattiva). Anche qui si potrebbe parlare dei soliti misteri degli anime, ma in questo caso si avrà una rivelazione. Che ovviamente aprirà a nuovi quesiti.
Se il protagonista e i personaggi di corredo non sono il massimo (alla fine gli altri risultano elementi standard piuttosto dimenticabili), non si può certo dire che la sceneggiatura faccia miracoli. Mentre mi appresto a scrivere questa recensione, io, che ho seguito l'opera in contemporanea, mi sto chiedendo “Cosa è accaduto nell'anime?”. E fatico veramente molto a far riaffiorare ricordi di avvenimenti importanti. E la realtà è proprio questa: “Koi to Uso” è un nulla che scorre placidamente, con nemmeno la presenza di un finale degno di questo nome (del resto il manga è in corso) che possa salvare il (poco) salvabile. L'opera si trascina stancamente aggrappata alle dinamiche del triangolo amoroso, unico vero elemento tangibile dell'opera, con parecchi siparietti inutili e trivialità dimenticabili a corredo.
Per peggiorare le cose, la regia piatta e poco efficace contribuisce alla già elefantiaca pesantezza degli episodi, rendendo oltremodo noioso ciò che non era per nulla esaltante fin dal principio.
Se dal punto di vista contenutistico l'opera mostra il fianco, purtroppo queste mancanze non sono minimamente compensate dal comparto tecnico. Il disegno è alquanto superficiale, cosa che mina l'espressività dei personaggi (ma fortunatamente l'opera è banale, e ai personaggi l'espressività non serve), senza contare le animazioni di livello medio-basso che faranno storcere il naso più di una volta. Le uniche note positive sono le tette di Misaki (la ragazza amata del protagonista) che paiono aumentare di episodio in episodio per poi stabilizzarsi (peccato: vista la possibile progressione, alla fine dei dodici episodi il suo aspetto avrebbe generato scene tanto grottesche quanto divertenti).
Siete ancora interessati a quest'opera? Se sì, vi consiglio di fare come me: guardatela con qualcuno e ridete delle cose che vedete sullo schermo. Se siete appassionati di storie d'amore e triangoli amorosi... “fuggite, sciocchi” (cit.)
“Koi to Uso” non parla di disagio giovanile, ma causa disagio giovanile: in teoria è un'opera destinata a un pubblico giovane; e un giovane, con molta probabilità, si sentirà a disagio nel vedere un qualcosa di tal scarsa qualità. In effetti anche chi ha sulle spalle qualche anno in più potrebbe sentirsi allo stesso modo, quindi si può affermare che “Koi to Uso” è causa di disagio in generale.
Chiuso il preambolo un po' magniloquente, si può passare a discutere dell'opera.
L'ambientazione di “Koi to Uso” (“Love and Lies” come titolo internazionale) è al 99% aderente a quella del mondo giapponese odierno, con una “piccolissima” differenza: i matrimoni sono combinati dal governo, che calcola le affinità fra persone e sceglie le coppie più compatibili (per combattere il decremento delle nascite, tema effettivamente attuale nel Paese del Sol Levante). Il primo dilemma che potrebbe balenare nella vostra testa è il seguente: “Come può il mondo essere una copia quasi esatta del nostro con un elemento del genere, che certamente porterebbe grossi cambiamenti in ambito sociale? Deve pur esserci un cambiamento, anche minimo, in atto!” Tuttavia l'autore non si è fatto le stesse domande che vi state facendo, e non vi è assolutamente nulla che non vada nel mondo in cui è ambientata l'opera, a parte nella testa del protagonista.
E qui iniziano i veri dolori. Il protagonista è la classica ameba subumana che ammorba moltissimi anime recenti: egli è stupido e non ha nessuna qualità apparente o qualsivoglia attrattiva. Sarà dunque impossibile immedesimarsi con lui, a meno che non siate l'emblema della mediocrità (o dell'inferiorità) galoppante. Yukari, questo è il suo nome, ovviamente ama una ragazza bellissima e decisamente ben fornita, e ovviamente il sentimento è reciproco (cosa che evidentemente accade solo negli anime). Ma il sistema governativo, che non è incline a soddisfare i suoi desideri, opera per lui una scelta differente (anche se vi è un certo mistero dietro l'avvenimento), aggiungendo una seconda ragazza all'equazione. Chiude il gruppo un ragazzo, amico del protagonista, il quale nutre un fortissimo affetto di amicizia per la nostra amata nullità (pur essendo dotato di qualità e attrattiva). Anche qui si potrebbe parlare dei soliti misteri degli anime, ma in questo caso si avrà una rivelazione. Che ovviamente aprirà a nuovi quesiti.
Se il protagonista e i personaggi di corredo non sono il massimo (alla fine gli altri risultano elementi standard piuttosto dimenticabili), non si può certo dire che la sceneggiatura faccia miracoli. Mentre mi appresto a scrivere questa recensione, io, che ho seguito l'opera in contemporanea, mi sto chiedendo “Cosa è accaduto nell'anime?”. E fatico veramente molto a far riaffiorare ricordi di avvenimenti importanti. E la realtà è proprio questa: “Koi to Uso” è un nulla che scorre placidamente, con nemmeno la presenza di un finale degno di questo nome (del resto il manga è in corso) che possa salvare il (poco) salvabile. L'opera si trascina stancamente aggrappata alle dinamiche del triangolo amoroso, unico vero elemento tangibile dell'opera, con parecchi siparietti inutili e trivialità dimenticabili a corredo.
Per peggiorare le cose, la regia piatta e poco efficace contribuisce alla già elefantiaca pesantezza degli episodi, rendendo oltremodo noioso ciò che non era per nulla esaltante fin dal principio.
Se dal punto di vista contenutistico l'opera mostra il fianco, purtroppo queste mancanze non sono minimamente compensate dal comparto tecnico. Il disegno è alquanto superficiale, cosa che mina l'espressività dei personaggi (ma fortunatamente l'opera è banale, e ai personaggi l'espressività non serve), senza contare le animazioni di livello medio-basso che faranno storcere il naso più di una volta. Le uniche note positive sono le tette di Misaki (la ragazza amata del protagonista) che paiono aumentare di episodio in episodio per poi stabilizzarsi (peccato: vista la possibile progressione, alla fine dei dodici episodi il suo aspetto avrebbe generato scene tanto grottesche quanto divertenti).
Siete ancora interessati a quest'opera? Se sì, vi consiglio di fare come me: guardatela con qualcuno e ridete delle cose che vedete sullo schermo. Se siete appassionati di storie d'amore e triangoli amorosi... “fuggite, sciocchi” (cit.)
Nejima Yukari, il protagonista di “Koi to Uso”, è la personificazione del motivo per cui il sistema di governo di “Koi to Uso” è giusto e legittimo. Immaginate che il Giappone viva un periodo storico di crisi demografica, con sempre meno giovani a sostenere l’economia e sempre più anziani a frenarne la crescita. Un momento, serve davvero immaginarlo? Forse non è uno sforzo necessario, se si pensa che la diminuzione delle nascite è un fenomeno iniziato, dati alla mano, circa cinquant’anni fa e che oggigiorno è più che mai attuale. Incombe sul Paese del Sol Levante lo spettro di una popolazione sempre meno numerosa e sempre più anziana, incapace di alimentare l’economia e colpevole di inerzia nell’inesorabile, per quanto evidente, processo che sta relegando il Paese a un ruolo sempre più marginale nell’economia mondiale. Il motivo di questo preludio ridondante è che il sistema di governo citato all’inizio, quello di “Koi to Uso”, ha trovato la soluzione a questa piaga sociale.
Il progresso scientifico in campo genetico pare aver permesso agli scienziati di individuare il livello di compatibilità tra persone di sesso opposto e combinare i matrimoni secondo tale criterio, di modo che le coppie così formate da un lato godano di una vita sentimentale appagante e dall’altro contribuiscano a debellare il problema del calo delle nascite. Ciò avviene grazie anche a una campagna di educazione sessuale efficace, operata a tappeto su tutte le scuole, in diverse tappe della crescita dell’individuo, e che sdogana il sesso, argomento tabù per eccellenza, riconoscendolo contemporaneamente come fonte di piacere e, soprattutto, come mezzo necessario per procreare e contribuire alla crescita del Paese. Il termine ultimo per l’assegnazione di un partner, procedura che avviene tramite la comunicazione sia digitale sia per iscritto di nome e informazioni di questi da parte del governo, è il raggiungimento dei sedici anni di età. È questo il motivo che spinge Yukari, liceale dall’aspetto anonimo e dal carattere scialbo, a dichiararsi alla ragazza di cui è innamorato dalle elementari, giusto il giorno prima del suo sedicesimo compleanno, prima che il suo destino lo separi definitivamente da lei e dall’amore che prova da anni nei suoi confronti. Inaspettatamente, non solo la bella Takasaki Misaki ricambia i sentimenti del giovane, ma sul telefono del ragazzo arriva un’email dal governo che riporta proprio il nome di Misaki come partner per lui selezionato. In quello stesso istante, tuttavia, due agenti del Ministero del Lavoro, della Salute e del Welfare vengono apposta a consegnargli la lettera. Il nome del partner, tuttavia, non è Takasaki Misaki, ma Sanada Lilina, e, contemporaneamente, dal telefono di Yukari sparisce il nome di Misaki.
L’intreccio si esplica quindi in due momenti, spesso interdigitati, che si spartiscono in modo più o meno uguale la scena: l’evoluzione del rapporto tra i tre protagonisti da una parte e dall’altra la descrizione - senza approfondirne le dinamiche interne e senza motivare alcun che - dell’iter che le coppie selezionate dal governo devono seguire per poter godere in futuro di una vita sentimentale che si svolga correttamente - leggasi proliferare - e che sia appagante per entrambi. Per quanto il protagonista si disperi e si senta privato dei propri sentimenti, c’è da dire che il sistema ideato dal governo sembra comunque funzionare. I genitori di Yukari mostrano un notevole affiatamento, lo stesso si può dire di quelli di Lilina e persino di un amico di Yukari, fidanzato solo di recente. Il problema delle nascite, neanche a dirlo, è risolto. Gli unici a sentirsi a disagio in una società che impone, senza dare la minima spiegazione, il partner con cui condividere la propria esistenza sembrano essere Yukari, Misaki e Lilina. Perché la storia, in qualche modo, dovrà pure andare avanti, o no?
Arrancando con mosci espedienti narrativi e qualche cliffhanger di troppo, la sceneggiatura esibisce e ribadisce, episodio dopo episodio, tutta la manchevolezza e l’inconsistenza proprie di una storia che già in partenza ha tutto scritto e poco da dire. Neanche il fanservice fatto di baci e situazioni piccanti riesce a distogliere l’attenzione dal peccato di pretensione di cui lo staff si macchia. Le riflessioni più interessanti, paradossalmente, non sono quelle banali e ripetitive sull’amore e sul goffo triangolo amoroso che si va formando, ma vertono sull’ambientazione in sé e per sé, senza necessariamente tirare in ballo i protagonisti. Ora però non vorrei essere frainteso: ciò che ho trovato veramente interessante, a dispetto di quanto forse qualcuno stia credendo, non è come il sistema abbia deciso di sopperire alla carenza di nascite, ma il modo in cui una discreta fetta di utenza abbia avvicinato, probabilmente con leggerezza, il termine “distopico” a un tale sistema. Dal momento che “Koi to Uso” non mi pare preveda o rappresenti e descriva un futuro in cui, in modo contrario e opposto alle tendenze avvertite nel presente, si prefigurino situazioni, sviluppi, assetti politici e sociali altamente negativi e avversi alla popolazione, non riesco a trattenere un sorriso ogniqualvolta mi imbatta in paragoni stridenti che chiamano in causa Orwell o Asimov; probabilmente, chi discute, lo fa senza aver letto con un minimo di attenzione alcun testo dei due. La soluzione trovata dal governo, invece, pare essere vincente per gli stessi motivi spiegati in precedenza e il fatto che un paio di adolescenti non la veda di buon occhio non è certo un motivo valido per condannarla, a maggior ragione se del suddetto sistema, appunto, si sa poco o nulla. Se ne conoscono i risultati nel lungo periodo, però, e quelli vanno tutti a suo favore. E, pur volendo stendere un velo pietoso sul finale, penso che l’evoluzione dei sentimenti di Yukari vada solo a confermare questo mio pensiero. Tuttavia, questo aspetto “distopico”, per così dire, è proprio ciò che mi ha spinto a terminare una serie che ha talmente poco da dire e che lo dice talmente male, da meritare di essere ricordata solo come monito di ciò che un anime non dovrebbe essere.
Se la composizione della serie e l’adattamento possono non brillare forse a causa della materia prima scadente, il character designer si deve essere evidentemente impegnato per non essere da meno. Gli occhi e i visi deformi a primo impatto risultano grotteschi e rappresentano forse il primo vero scoglio per chi decida di approcciare l’opera; questo non perché, pur essendo il manga originale pubblicato su una rivista shounen, lo stile strizzi non poco l’occhio agli shoujo manga, quanto per la piattezza disarmante e la mancanza di proporzioni che, ahimè, rimangono una costante per tutta la durata della serie. Le espressioni facciali dei personaggi possono tranquillamente essere ridotte a tre: indifferenza, arrossamento, pianto; eccezion fatta per qualche saltuaria combinazione delle tre sopra citate, altro non si vede. Le animazioni pure sono spesso legnose e poco precise, lo stesso vale per i fondali, approssimativi, e la regia, scialba almeno quanto il protagonista. Insomma, il tempo speso per visionare “Koi to Uso” non tornerà indietro, ma ogni tanto anche una ciofeca è necessaria per ricordare quanto sia buono un caffè fatto come Dio comanda.
Il progresso scientifico in campo genetico pare aver permesso agli scienziati di individuare il livello di compatibilità tra persone di sesso opposto e combinare i matrimoni secondo tale criterio, di modo che le coppie così formate da un lato godano di una vita sentimentale appagante e dall’altro contribuiscano a debellare il problema del calo delle nascite. Ciò avviene grazie anche a una campagna di educazione sessuale efficace, operata a tappeto su tutte le scuole, in diverse tappe della crescita dell’individuo, e che sdogana il sesso, argomento tabù per eccellenza, riconoscendolo contemporaneamente come fonte di piacere e, soprattutto, come mezzo necessario per procreare e contribuire alla crescita del Paese. Il termine ultimo per l’assegnazione di un partner, procedura che avviene tramite la comunicazione sia digitale sia per iscritto di nome e informazioni di questi da parte del governo, è il raggiungimento dei sedici anni di età. È questo il motivo che spinge Yukari, liceale dall’aspetto anonimo e dal carattere scialbo, a dichiararsi alla ragazza di cui è innamorato dalle elementari, giusto il giorno prima del suo sedicesimo compleanno, prima che il suo destino lo separi definitivamente da lei e dall’amore che prova da anni nei suoi confronti. Inaspettatamente, non solo la bella Takasaki Misaki ricambia i sentimenti del giovane, ma sul telefono del ragazzo arriva un’email dal governo che riporta proprio il nome di Misaki come partner per lui selezionato. In quello stesso istante, tuttavia, due agenti del Ministero del Lavoro, della Salute e del Welfare vengono apposta a consegnargli la lettera. Il nome del partner, tuttavia, non è Takasaki Misaki, ma Sanada Lilina, e, contemporaneamente, dal telefono di Yukari sparisce il nome di Misaki.
L’intreccio si esplica quindi in due momenti, spesso interdigitati, che si spartiscono in modo più o meno uguale la scena: l’evoluzione del rapporto tra i tre protagonisti da una parte e dall’altra la descrizione - senza approfondirne le dinamiche interne e senza motivare alcun che - dell’iter che le coppie selezionate dal governo devono seguire per poter godere in futuro di una vita sentimentale che si svolga correttamente - leggasi proliferare - e che sia appagante per entrambi. Per quanto il protagonista si disperi e si senta privato dei propri sentimenti, c’è da dire che il sistema ideato dal governo sembra comunque funzionare. I genitori di Yukari mostrano un notevole affiatamento, lo stesso si può dire di quelli di Lilina e persino di un amico di Yukari, fidanzato solo di recente. Il problema delle nascite, neanche a dirlo, è risolto. Gli unici a sentirsi a disagio in una società che impone, senza dare la minima spiegazione, il partner con cui condividere la propria esistenza sembrano essere Yukari, Misaki e Lilina. Perché la storia, in qualche modo, dovrà pure andare avanti, o no?
Arrancando con mosci espedienti narrativi e qualche cliffhanger di troppo, la sceneggiatura esibisce e ribadisce, episodio dopo episodio, tutta la manchevolezza e l’inconsistenza proprie di una storia che già in partenza ha tutto scritto e poco da dire. Neanche il fanservice fatto di baci e situazioni piccanti riesce a distogliere l’attenzione dal peccato di pretensione di cui lo staff si macchia. Le riflessioni più interessanti, paradossalmente, non sono quelle banali e ripetitive sull’amore e sul goffo triangolo amoroso che si va formando, ma vertono sull’ambientazione in sé e per sé, senza necessariamente tirare in ballo i protagonisti. Ora però non vorrei essere frainteso: ciò che ho trovato veramente interessante, a dispetto di quanto forse qualcuno stia credendo, non è come il sistema abbia deciso di sopperire alla carenza di nascite, ma il modo in cui una discreta fetta di utenza abbia avvicinato, probabilmente con leggerezza, il termine “distopico” a un tale sistema. Dal momento che “Koi to Uso” non mi pare preveda o rappresenti e descriva un futuro in cui, in modo contrario e opposto alle tendenze avvertite nel presente, si prefigurino situazioni, sviluppi, assetti politici e sociali altamente negativi e avversi alla popolazione, non riesco a trattenere un sorriso ogniqualvolta mi imbatta in paragoni stridenti che chiamano in causa Orwell o Asimov; probabilmente, chi discute, lo fa senza aver letto con un minimo di attenzione alcun testo dei due. La soluzione trovata dal governo, invece, pare essere vincente per gli stessi motivi spiegati in precedenza e il fatto che un paio di adolescenti non la veda di buon occhio non è certo un motivo valido per condannarla, a maggior ragione se del suddetto sistema, appunto, si sa poco o nulla. Se ne conoscono i risultati nel lungo periodo, però, e quelli vanno tutti a suo favore. E, pur volendo stendere un velo pietoso sul finale, penso che l’evoluzione dei sentimenti di Yukari vada solo a confermare questo mio pensiero. Tuttavia, questo aspetto “distopico”, per così dire, è proprio ciò che mi ha spinto a terminare una serie che ha talmente poco da dire e che lo dice talmente male, da meritare di essere ricordata solo come monito di ciò che un anime non dovrebbe essere.
Se la composizione della serie e l’adattamento possono non brillare forse a causa della materia prima scadente, il character designer si deve essere evidentemente impegnato per non essere da meno. Gli occhi e i visi deformi a primo impatto risultano grotteschi e rappresentano forse il primo vero scoglio per chi decida di approcciare l’opera; questo non perché, pur essendo il manga originale pubblicato su una rivista shounen, lo stile strizzi non poco l’occhio agli shoujo manga, quanto per la piattezza disarmante e la mancanza di proporzioni che, ahimè, rimangono una costante per tutta la durata della serie. Le espressioni facciali dei personaggi possono tranquillamente essere ridotte a tre: indifferenza, arrossamento, pianto; eccezion fatta per qualche saltuaria combinazione delle tre sopra citate, altro non si vede. Le animazioni pure sono spesso legnose e poco precise, lo stesso vale per i fondali, approssimativi, e la regia, scialba almeno quanto il protagonista. Insomma, il tempo speso per visionare “Koi to Uso” non tornerà indietro, ma ogni tanto anche una ciofeca è necessaria per ricordare quanto sia buono un caffè fatto come Dio comanda.
La trama è semplice. Nel mondo di "Love and Lies" da un bel po' di anni è il governo a decidere il tuo partner nella vita. Attraverso un avviso governativo vieni informato dell'anima gemella che il governo ha scelto per te misurando il vostro grado di affinità, e di lì a poco dovrai sposarla. Non c'è un vero formale obbligo a sposare la persona designata, però è fortemente consigliato per non inceppare in sanzioni che possono rovinare la tua futura carriera lavorativa. Insomma, una prassi ormai diventata abituale a cui è difficile sfuggire.
Il nostro protagonista, senza nemmeno che ve lo sto a dire, è innamorato follemente di una sua compagna di classe fin dai tempi delle elementari. Proprio quando riesce a dichiararsi, gli arriva l'avviso governativo con il nome della sua partner designata. E da qui via con il triangolo amoroso tra lui, il suo amore di una vita, la sua fidanzata scelta dal governo.
Come ormai gli anime ci hanno già abituati da tempo, tutti gli input iniziali delle commedie scolastiche saranno solo delle scuse, dei pretesti narrativi per mostrarci semplicissime storie d'amore tra i banchi di scuola. E "Love and Lies" non si distacca da questo cliché del genere. Anche se ci ha provato, timidamente, a intraprendere un discorso sul fatto che forse non è proprio giusto che sia il governo a decidere sul futuro delle persone. In fondo stiamo solo nel 2017, la libertà e la dignità del singolo individuo sono un dogma assoluto per ogni società civilizzata. Ma non nel Giappone di "Love and Lies", lì il governo decide per te, e forse come cosa non è proprio corretta, però in fondo la partner scelta per te è così carina.
E guarda, voglio anche passarci sopra su ciò che vi ho detto finora (cioè è una storiella d'amore, mica "Ikigami"), se solo l'anime non fosse così piatto. In "Love and Lies" tutti si vogliono bene, tutti fanno il tifo per tutti: il governo tifa per te, la tua ragazza designata tifa per il tuo vero amore, il tuo vero amore tifa per il governo. E alla fine siamo tutti contenti.
E, sebbene nel finale vuole quasi essere "trasgressivo" come anime, sulla fatidica scelta del protagonista del suo vero amore in realtà butta ancora più sconforto e amarezza. Non per il finale in sé, non vorrei passare per uno dalla mentalità chiusa, ma per come si è sviluppato nel corso delle dodici puntate. Insomma, "Love and Lies" è stato abbastanza una delusione.
Il nostro protagonista, senza nemmeno che ve lo sto a dire, è innamorato follemente di una sua compagna di classe fin dai tempi delle elementari. Proprio quando riesce a dichiararsi, gli arriva l'avviso governativo con il nome della sua partner designata. E da qui via con il triangolo amoroso tra lui, il suo amore di una vita, la sua fidanzata scelta dal governo.
Come ormai gli anime ci hanno già abituati da tempo, tutti gli input iniziali delle commedie scolastiche saranno solo delle scuse, dei pretesti narrativi per mostrarci semplicissime storie d'amore tra i banchi di scuola. E "Love and Lies" non si distacca da questo cliché del genere. Anche se ci ha provato, timidamente, a intraprendere un discorso sul fatto che forse non è proprio giusto che sia il governo a decidere sul futuro delle persone. In fondo stiamo solo nel 2017, la libertà e la dignità del singolo individuo sono un dogma assoluto per ogni società civilizzata. Ma non nel Giappone di "Love and Lies", lì il governo decide per te, e forse come cosa non è proprio corretta, però in fondo la partner scelta per te è così carina.
E guarda, voglio anche passarci sopra su ciò che vi ho detto finora (cioè è una storiella d'amore, mica "Ikigami"), se solo l'anime non fosse così piatto. In "Love and Lies" tutti si vogliono bene, tutti fanno il tifo per tutti: il governo tifa per te, la tua ragazza designata tifa per il tuo vero amore, il tuo vero amore tifa per il governo. E alla fine siamo tutti contenti.
E, sebbene nel finale vuole quasi essere "trasgressivo" come anime, sulla fatidica scelta del protagonista del suo vero amore in realtà butta ancora più sconforto e amarezza. Non per il finale in sé, non vorrei passare per uno dalla mentalità chiusa, ma per come si è sviluppato nel corso delle dodici puntate. Insomma, "Love and Lies" è stato abbastanza una delusione.
Una società dagli elementi distopici in cui si priva l'individuo della libertà di scegliere il proprio partner in favore di un sistema governativo basato su una selezione, scientificamente legittimata, delle coppie più idonee in termini di compatibilità caratteriale e genetica: la legge Yukari ha permesso, a quanto enunciato, di progredire a livello sociale da un punto di vista utilitario, rivolto al bene comune. La natalità viene controllata, le nuove nascite ottimizzate grazie alle combinazioni genetiche e la felicità garantita dalla scienza. Per usare le parole dell'anime, questi matrimoni combinati vengono descritti come "Il filo rosso della scienza (riferimento alla celebre leggenda popolare del "filo rosso del destino") che promette la felicità per via genetica". Così si può riassumere il quadro dentro il quale si ambientano le vicende di "Koi to Uso".
La premessa si dimostra molto interessante, grazie al tema di fondo proposto. È tipico del comune modo di pensare guardare all'amore come una sorta di forza incontrollabile, istintiva e intuitiva che ci spinge a desiderare un rapporto di felicità con un'altra persona. Nell'anime, invece, viene fatto intendere che la scienza, oltre ad aver già razionalizzato questo sentimento, sarebbe anche in grado di analizzare la singola persona e selezionare il compagno di vita ideale garantendo sia compatibilità scientifica sia un forte sentimento amoroso tra i due.
Le questioni sollevate da tali implicazioni sono complesse e quindi meritevoli di un doveroso approfondimento all'interno della serie. Con approfondimento non intendo necessariamente una soluzione al problema. L'ideale, dal mio punto di vista, sarebbe stato il far emergere due figure che rappresentassero le tesi opposte (amore naturale vs scientifico), sviluppandole in rapporto con l'eventuale tematica della libertà. In questo modo si sarebbero potute evidenziare le giuste perplessità e conflittualità causate da questo sistema governativo e, perché no, anche gli aspetti positivi. Inoltre, la presenza di un personaggio omosessuale nelle vicende apre non poche parentesi, considerato che non parrebbe essere oggetto di considerazione da parte del governo.
Il motivo del voto insufficiente è dovuto alla mancanza di attenzione rivolta al contesto sopra descritto. Nonostante le premesse, l'anime si sbilancia fortemente su uno sviluppo comico/sentimentale fin troppo banale, concentrato sul triangolo amoroso formatosi dopo l’avviso governativo ricevuto dal protagonista (contenente il nome della sua futura partner). Nel corso della serie, la tematica di partenza viene svilita, perde sempre più importanza e il sistema della legge Yukari risulta addirittura meno costrittivo di ciò che inizialmente sembrava. In poche parole, viene tolto il focus su ciò che poteva essere il maggior punto di forza di "Koi to Uso" in favore di un'evoluzione della storia e dei personaggi dal sapore insipido, già visto e rivisto. Del resto, i personaggi utilizzati non avrebbero potuto reggere sulle loro spalle una storia dai toni seri e profondi come quella intesa nelle premesse, considerata la loro superficialità.
Mi rendo conto che da parte mia ci sia un errore alla base: l’essermi creato aspettative esagerate dalla lettura della sinossi. Ho cercato però di essere il più obiettivo possibile in questa breve recensione, cercando di mettere a nudo in maniera concisa quelli che ritengo i difetti principali della serie.
In conclusione, sconsiglio caldamente la visione, a meno che non siate in cerca di una classicissima “love story” con ambientazione scolastica in grado di sollevare piccoli interessanti spunti di riflessione e strappare contemporaneamente qualche sorriso.
La premessa si dimostra molto interessante, grazie al tema di fondo proposto. È tipico del comune modo di pensare guardare all'amore come una sorta di forza incontrollabile, istintiva e intuitiva che ci spinge a desiderare un rapporto di felicità con un'altra persona. Nell'anime, invece, viene fatto intendere che la scienza, oltre ad aver già razionalizzato questo sentimento, sarebbe anche in grado di analizzare la singola persona e selezionare il compagno di vita ideale garantendo sia compatibilità scientifica sia un forte sentimento amoroso tra i due.
Le questioni sollevate da tali implicazioni sono complesse e quindi meritevoli di un doveroso approfondimento all'interno della serie. Con approfondimento non intendo necessariamente una soluzione al problema. L'ideale, dal mio punto di vista, sarebbe stato il far emergere due figure che rappresentassero le tesi opposte (amore naturale vs scientifico), sviluppandole in rapporto con l'eventuale tematica della libertà. In questo modo si sarebbero potute evidenziare le giuste perplessità e conflittualità causate da questo sistema governativo e, perché no, anche gli aspetti positivi. Inoltre, la presenza di un personaggio omosessuale nelle vicende apre non poche parentesi, considerato che non parrebbe essere oggetto di considerazione da parte del governo.
Il motivo del voto insufficiente è dovuto alla mancanza di attenzione rivolta al contesto sopra descritto. Nonostante le premesse, l'anime si sbilancia fortemente su uno sviluppo comico/sentimentale fin troppo banale, concentrato sul triangolo amoroso formatosi dopo l’avviso governativo ricevuto dal protagonista (contenente il nome della sua futura partner). Nel corso della serie, la tematica di partenza viene svilita, perde sempre più importanza e il sistema della legge Yukari risulta addirittura meno costrittivo di ciò che inizialmente sembrava. In poche parole, viene tolto il focus su ciò che poteva essere il maggior punto di forza di "Koi to Uso" in favore di un'evoluzione della storia e dei personaggi dal sapore insipido, già visto e rivisto. Del resto, i personaggi utilizzati non avrebbero potuto reggere sulle loro spalle una storia dai toni seri e profondi come quella intesa nelle premesse, considerata la loro superficialità.
Mi rendo conto che da parte mia ci sia un errore alla base: l’essermi creato aspettative esagerate dalla lettura della sinossi. Ho cercato però di essere il più obiettivo possibile in questa breve recensione, cercando di mettere a nudo in maniera concisa quelli che ritengo i difetti principali della serie.
In conclusione, sconsiglio caldamente la visione, a meno che non siate in cerca di una classicissima “love story” con ambientazione scolastica in grado di sollevare piccoli interessanti spunti di riflessione e strappare contemporaneamente qualche sorriso.
L'amore, una parola che nel corso della storia del continente europeo è stata più volta usata, lei e i suoi sinonimi, una parola sulla bocca di tutti, persino dei bambini, eppure, forse proprio per questo, pochi si domandano cosa significhi in verità e soltanto questi alla fine scopriranno che è una parola che non significa nulla, che è soltanto un veicolo per temporanee emozioni. Tralasciando che questo ragionamento possa essere etichettato dai più, quasi immediatamente, come cinico, l'umano è una forma di vita che si rapporta con gli altri per una gran molteplicità di motivi. Con gli strumenti e le conoscenze corrette, perciò, si può comprendere quale sia il soggetto adatto a un altro e con cui avere rapporto per un qualsiasi motivo.
Demolendo il piano delle speculazioni, "Love and Lies", anime dell'anno 2017 e adattamento dell'omonimo manga, ci offre una visione di come sarebbe il mondo (forse solo il Giappone) se una istituzione riuscisse, a causa di appositi parametri, a rilevare il soggetto con il quale sei più idoneo ad avere un rapporto di tipo "affettivo". Spezzando le possibili urla di gioia di fronte all'idea degli accidiosi, scrivo che, però, questa visione di un mondo strutturato così è una visione drammatica, in cui l'unico scopo è quello di far aumentare le nascite della popolazione. Una cosa che non suscita, però, nessuna costernazione da parte di quest'ultima, anzi, a quanto pare essa lo valuta gradevole. Qui veniamo a quello che, secondo me, è il principale punto dolente dell'opera; la quasi totale passiva accettazione da parte degli individui senza che gli venga mostrato alcun dato, accettato perché accettato e nient'altro.
Inquietudine è ciò che ho provato durante la visione di quest'anime nelle parti in cui veniva mostrata questa passività. Un sistema può essere accettato, ma perlomeno dev'essere capito mediante il suo studio, invece, tra i personaggi, non traspare nulla di tutto questo, anche nel protagonista, che più come coraggioso critico del sistema e magari futuro riformista si propone come un tizio qualsiasi a cui sono andati a rompere le uova nel paniere, come se, senza soldi, l'avessero obbligato a pagare le tasse.
Ma, sorvolando su queste considerazioni totalmente soggettive, scrivo che "Love and Lies" è stato, per me, una piacevole sorpresa di questa stagione (2017) e che, seppur da non considerare come capolavoro - molto lungi dall'esserlo -, riesce a interessare l'utente, tanto da suscitargli curiosità in ogni cosa che accade.
E' un anime interessante che propone una visione un po' originale della distopia, senza, purtroppo, avere il coraggio però di distaccarsi dai canoni del classico shonen.
Consiglio quest'opera principalmente a coloro che sono alla ricerca di uno shonen scolastico sentimentale non leggero ma neanche pesante da visionare, però non c'è nulla che impedisca che possa piacere a tutti, di qualsiasi età, basta non lasciarsi impressionare da qualche bacio alla francese.
Demolendo il piano delle speculazioni, "Love and Lies", anime dell'anno 2017 e adattamento dell'omonimo manga, ci offre una visione di come sarebbe il mondo (forse solo il Giappone) se una istituzione riuscisse, a causa di appositi parametri, a rilevare il soggetto con il quale sei più idoneo ad avere un rapporto di tipo "affettivo". Spezzando le possibili urla di gioia di fronte all'idea degli accidiosi, scrivo che, però, questa visione di un mondo strutturato così è una visione drammatica, in cui l'unico scopo è quello di far aumentare le nascite della popolazione. Una cosa che non suscita, però, nessuna costernazione da parte di quest'ultima, anzi, a quanto pare essa lo valuta gradevole. Qui veniamo a quello che, secondo me, è il principale punto dolente dell'opera; la quasi totale passiva accettazione da parte degli individui senza che gli venga mostrato alcun dato, accettato perché accettato e nient'altro.
Inquietudine è ciò che ho provato durante la visione di quest'anime nelle parti in cui veniva mostrata questa passività. Un sistema può essere accettato, ma perlomeno dev'essere capito mediante il suo studio, invece, tra i personaggi, non traspare nulla di tutto questo, anche nel protagonista, che più come coraggioso critico del sistema e magari futuro riformista si propone come un tizio qualsiasi a cui sono andati a rompere le uova nel paniere, come se, senza soldi, l'avessero obbligato a pagare le tasse.
Ma, sorvolando su queste considerazioni totalmente soggettive, scrivo che "Love and Lies" è stato, per me, una piacevole sorpresa di questa stagione (2017) e che, seppur da non considerare come capolavoro - molto lungi dall'esserlo -, riesce a interessare l'utente, tanto da suscitargli curiosità in ogni cosa che accade.
E' un anime interessante che propone una visione un po' originale della distopia, senza, purtroppo, avere il coraggio però di distaccarsi dai canoni del classico shonen.
Consiglio quest'opera principalmente a coloro che sono alla ricerca di uno shonen scolastico sentimentale non leggero ma neanche pesante da visionare, però non c'è nulla che impedisca che possa piacere a tutti, di qualsiasi età, basta non lasciarsi impressionare da qualche bacio alla francese.
Questa è la mia prima recensione, per cui non userò grossi termini e tanto meno faro l’espertone, la mia sarà una recensione da spettatore normale e quanto più neutrale possibile.
La trama è già scritta, per cui non mi dilungo oltre.
Trama: la trama l’ho trovata ben strutturata, certo al primo colpo può sembrare la classica commedia romantica (stile “Nisekoi”, per intenderci), ma in realtà è ben diversa, seria e comica al punto giusto.
Musiche: non c’è molto da dire, a parer mio la opening è orribile e, per quanto riguarda la colonna sonora, all’interno dell’anime mi è sembrata discreta, nella media insomma.
Disegni: i disegni sono particolari, come senza dubbio gli occhi dei protagonisti (molto grandi), ma a me sono piaciuti molto, soprattutto i colori e determinate “luci” in alcune scene.
P.S. Ho letto commenti di persone definire questo anime brutto per via dei disegni, ma tengo a precisare che il gusto è soggettivo, e non si può giudicar male un anime dai disegni o dalle musiche. A parer mio il cuore di un anime è la trama e per un buon 80% bisognerebbe giudicare quella.
Personaggi: io li ho trovati ben caratterizzati, alcuni più di altri (esempio Lilina). Ovviamente i personaggi secondari e che comunque si vedono solo in parte non hanno molta caratterizzazione o sviluppo, ma mi sembra ovvio, in fondo in dodici episodi non puoi fare il mondo, e comunque gli sforzi maggiori verranno fatti sui protagonisti.
Di seguito il mio parere sui protagonisti.
Yukari Nejima è un ragazzo normale, nella media e con poca spina dorsale, ma che al momento giusto sa darsi una mossa, magari anche sbagliando, ma almeno qualcosa fa. Un po’ meglio dei classici ragazzi dementi in questi generi di anime, ma indeciso in alcuni momenti topici dell’anime. Tutto sommato mi è piaciuto come personaggio, anche se alcune scelte non le condivido per niente.
Yusuke Nisaka è amico del protagonista e, oserei dire, anche consigliere in alcuni momenti. Inizialmente mi era indifferente, ma da un certo punto mi è iniziato a piacere come personaggio. Tipo serio, bello e impossibile, ma di fatto è omosessuale e segretamente innamorato di Yukari. Quel pizzico di "yaoi" mi è piaciuto nella storia, non me lo aspettavo, ed è stato almeno per me un po’ di ventata fresca.
Misaki Takazaki è la prima ragazza dell’anime, innamorata del protagonista da cinque anni, di bell'aspetto, simpatica, dolce e gentile... Questo all’inizio, perché per come si evolve a me non piace, anzi la odio: un piagnisteo continuo, bugiarda, egoista e a parer mio neanche così tanto bella. Un personaggio che ho odiato abbastanza, ma che di fatto è anche una delle colonne portanti della trama. Come si è capito, non tifo per lei, ma è un personaggio caratterizzato molto bene.
Lilina Sanada è la seconda ragazza ad apparire nell’anime e mio grande amore di quest’opera. Ebbene sì, Lilina per me è il top dell’intero anime, con una caratterizzazione superiore a tutti gli altri (difatti matura nel corso degli episodi), un carattere bellissimo (dolce, gentile, onesta e schietta) e a mio parere la più bella dell’intero anime. Come si è capito, tifo per lei, perché ai miei occhi è perfetta, un vero amore di ragazza.
Finale: è qui la coltellata al cuore dell’anime... finale veloce, fatto malino e come al solito aperto! In pratica, hanno rovinato in parte l'opera con questo finale inutile. Precisazione Importante, il finale è inventato di sana pianta, perché il manga non è ancora finito, quello che vedrete da dopo le terme fino alla fine non esiste nel manga. Ora mi chiedo una cosa, perché fare un anime se il manga non è finito? E ritrovarsi poi a fare un finale inventato? Non lo capirò mai.
Considerazioni finali: voto 8.5, avrei dato di più, ma per colpa del finale...
“Love & Lies” mi ha stupito e mi ha fatto emozionare e commuovere verso la fine, e ciò non mi capitava da tempo con un anime, per cui merita un posto nel mio cuore.
La trama è già scritta, per cui non mi dilungo oltre.
Trama: la trama l’ho trovata ben strutturata, certo al primo colpo può sembrare la classica commedia romantica (stile “Nisekoi”, per intenderci), ma in realtà è ben diversa, seria e comica al punto giusto.
Musiche: non c’è molto da dire, a parer mio la opening è orribile e, per quanto riguarda la colonna sonora, all’interno dell’anime mi è sembrata discreta, nella media insomma.
Disegni: i disegni sono particolari, come senza dubbio gli occhi dei protagonisti (molto grandi), ma a me sono piaciuti molto, soprattutto i colori e determinate “luci” in alcune scene.
P.S. Ho letto commenti di persone definire questo anime brutto per via dei disegni, ma tengo a precisare che il gusto è soggettivo, e non si può giudicar male un anime dai disegni o dalle musiche. A parer mio il cuore di un anime è la trama e per un buon 80% bisognerebbe giudicare quella.
Personaggi: io li ho trovati ben caratterizzati, alcuni più di altri (esempio Lilina). Ovviamente i personaggi secondari e che comunque si vedono solo in parte non hanno molta caratterizzazione o sviluppo, ma mi sembra ovvio, in fondo in dodici episodi non puoi fare il mondo, e comunque gli sforzi maggiori verranno fatti sui protagonisti.
Di seguito il mio parere sui protagonisti.
Yukari Nejima è un ragazzo normale, nella media e con poca spina dorsale, ma che al momento giusto sa darsi una mossa, magari anche sbagliando, ma almeno qualcosa fa. Un po’ meglio dei classici ragazzi dementi in questi generi di anime, ma indeciso in alcuni momenti topici dell’anime. Tutto sommato mi è piaciuto come personaggio, anche se alcune scelte non le condivido per niente.
Yusuke Nisaka è amico del protagonista e, oserei dire, anche consigliere in alcuni momenti. Inizialmente mi era indifferente, ma da un certo punto mi è iniziato a piacere come personaggio. Tipo serio, bello e impossibile, ma di fatto è omosessuale e segretamente innamorato di Yukari. Quel pizzico di "yaoi" mi è piaciuto nella storia, non me lo aspettavo, ed è stato almeno per me un po’ di ventata fresca.
Misaki Takazaki è la prima ragazza dell’anime, innamorata del protagonista da cinque anni, di bell'aspetto, simpatica, dolce e gentile... Questo all’inizio, perché per come si evolve a me non piace, anzi la odio: un piagnisteo continuo, bugiarda, egoista e a parer mio neanche così tanto bella. Un personaggio che ho odiato abbastanza, ma che di fatto è anche una delle colonne portanti della trama. Come si è capito, non tifo per lei, ma è un personaggio caratterizzato molto bene.
Lilina Sanada è la seconda ragazza ad apparire nell’anime e mio grande amore di quest’opera. Ebbene sì, Lilina per me è il top dell’intero anime, con una caratterizzazione superiore a tutti gli altri (difatti matura nel corso degli episodi), un carattere bellissimo (dolce, gentile, onesta e schietta) e a mio parere la più bella dell’intero anime. Come si è capito, tifo per lei, perché ai miei occhi è perfetta, un vero amore di ragazza.
Finale: è qui la coltellata al cuore dell’anime... finale veloce, fatto malino e come al solito aperto! In pratica, hanno rovinato in parte l'opera con questo finale inutile. Precisazione Importante, il finale è inventato di sana pianta, perché il manga non è ancora finito, quello che vedrete da dopo le terme fino alla fine non esiste nel manga. Ora mi chiedo una cosa, perché fare un anime se il manga non è finito? E ritrovarsi poi a fare un finale inventato? Non lo capirò mai.
Considerazioni finali: voto 8.5, avrei dato di più, ma per colpa del finale...
“Love & Lies” mi ha stupito e mi ha fatto emozionare e commuovere verso la fine, e ciò non mi capitava da tempo con un anime, per cui merita un posto nel mio cuore.
In onda dal luglio di quest’anno e conclusosi ieri, “Koi to Uso” (恋と嘘) - o “Love and Lies” - è la trasposizione animata (regia: Takuno Seiki; studio: Liden Films) dell’omonimo manga, concepito da Musawo Tsugumi e pubblicato da Kodansha.
Lo svolgimento è molto più semplice di quanto si potrebbe pensare leggendo la sinossi, ma offre comunque un ampio ventaglio di punti di vista che, insieme alle ambiguità più o meno rilevanti dei personaggi, rende il tutto più interessante.
“Koi to Uso” è un anime sentimentale (tuttavia classificato come shounen e non come shoujo, cioè rivolto a un pubblico maschile piuttosto che femminile) ambientato in un universo “distopico”. Perché “distopico” fra le virgolette? Perché, se è questo l’elemento che, leggendo la sinossi, mi ha intrigato di più, devo dire che purtroppo nello svolgimento della storia non è poi così presente, soprattutto in quanto verranno rivelati diversi metodi per contrastarlo senza grosse ripercussioni.
Ma in che cosa consiste questa distopia costruita male (dall’autore o dall’universo stesso in cui vivono i personaggi)? Il Governo, dopo un attento studio delle personalità e degli interessi, assegna un partner a tutti coloro che hanno compiuto sedici anni. Una volta avvenuta l’assegnazione, i due ragazzi - monitorati dal Governo - inizieranno a frequentarsi e con ogni probabilità - essendo la loro unione basata sulla compatibilità - si sposeranno e metteranno su famiglia.
Nejima Yukari sta per compiere sedici anni, ed è innamorato di Takasaki Misaki dalle elementari; la sera prima del suo compleanno, credendo di non essere ricambiato, decide di confessarle il suo amore, e inaspettatamente anche Takasaki dice di provare lo stesso per lui. Scattata la mezzanotte, Yukari riceve un SMS in cui viene informato del nome della sua partner, che si rivela essere proprio Takasaki. Pochi istanti più tardi, il suo cellulare si spegne, e due lavoratori del Governo gli consegnano i documenti ufficiali relativi alla sua futura moglie. Il nome presente sui documenti è quello di Sanada Lilina e, quando Nejima dice loro dell’SMS apparso sul suo cellulare, gli viene comunicato che l’unica modalità ufficiale e sicura per venire a conoscenza del nome del proprio partner è attraverso i documenti cartacei consegnati dal Governo.
Tali premesse sollevano fin da subito moltissimi interrogativi: chi ha inviato l’SMS al protagonista? È davvero il documento cartaceo a dichiarare la verità? La sua partner predestinata è davvero Sanada Lilina? Oppure si tratta di Takasaki Misaki, ma il governo ha deciso di usare il loro caso come esperimento per dimostrare i pregi - o al contrario i difetti - del sistema adottato? E soprattutto: Nejima continuerà ad amare Takasaki? Oppure conoscere la sua futura moglie farà vacillare i suoi sentimenti nei confronti della prima?
Devo ammettere che all’inizio l’idea di una commedia amorosa ambientata in un universo distopico ha smorzato il mio entusiasmo, ma al contrario delle aspettative i primi episodi mi sono piaciuti molto - merito, probabilmente, del contesto in cui viene inserita la vicenda.
Come ho già detto in precedenza, fin dal primo episodio vengono sollevati moltissimi interrogativi che stuzzicano la curiosità dello spettatore, in quanto l’intreccio che si viene a creare (ovvero il triangolo protagonista maschile-ragazza da lui amata-sua futura moglie, con l’aggiunta extra del migliore amico di Yukari) è fin da subito molto movimentato.
L’elemento preponderante è sicuramente quello sentimentale, mentre la distopia è piuttosto blanda e, ribadisco, mal costruita (insomma, se state pensando a qualcosa come “1984” di G. Orwell, smettete pure di illudervi); per quanto riguarda la commedia, invece, le gag sono piacevoli e ben distribuite, anche se con l’avanzare della vicenda si eclissano a causa del teen drama amoroso che coinvolge i quattro protagonisti.
Sono proprio i personaggi e le loro ambiguità il punto forte dell’anime - e in parte, paradossalmente, anche ciò che dopo un po’ ha cominciato a venirmi a noia. Questo non è necessariamente un male, infatti ho espresso un’opinione strettamente personale; se si considera il tutto con oggettività, i difetti dei personaggi sono stati resi tanto bene, da renderli a tratti insopportabili, e questo accade spesso e volentieri anche nella realtà.
Yukari si può definire senza problemi un inetto; è una persona non particolarmente bella né particolarmente brava in qualcosa - e questo lo ammette lui stesso -, ma soprattutto è perennemente confuso e nella maggior parte dei casi non riesce a capire i sentimenti di chi gli sta intorno; Takasaki (che, sempre parlando personalmente, è stata per me il maggior motivo di disturbo durante la visione) è così ambigua da apparire spesso come un’ipocrita, ma d’altronde le persone coinvolte negli intrecci d’amore e che ne soffrono si comportano spesso in modo scorretto - se il titolo dell’anime contiene la parola “bugie” un motivo ci sarà, no? Lilina, che è molto diversa da come ci si potrebbe aspettare, appare sicuramente più innocente e buona di cuore rispetto a Misaki, ed è l’unico personaggio il cui comportamento pare evolversi e maturare. Nisaka, il migliore amico di Yukari, non mi ha colpito particolarmente, ma è una sorta di grillo parlante, ed è forse grazie a lui che ogni tanto il protagonista appare un po’ più sveglio del solito.
Fortunatamente i personaggi non sono divisi in chi mente e in chi ama. Inizialmente ci si potrebbe aspettare una sorta di dicotomia bugie/amore che opponga le protagoniste femminili, ma entrambe amano ed entrambe mentono, e così fanno anche i protagonisti maschili, rendendo labile il confine fra due elementi molto diversi fra loro, ma che troppo spesso - per bene o per male - coesistono.
Per quanto riguarda l’audio, le musiche passano in sordina, con una opening orecchiabile ma troppo monotona, mentre il comparto grafico - a parte gli occhi esageratamente grandi e i menti spesso inesistenti - è piuttosto buono (molto bello l’utilizzo dei colori e delle luci in alcune scene).
Purtroppo, dopo il plot twist del quarto episodio, l’anime è andato a rilento, e a tratti mi è sembrato perfino ripetitivo (vedasi le scene fra Nejima e Takasaki), inoltre il finale mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, perciò il mio giudizio conclusivo è un po’ più basso di quanto avevo stimato durante la visione della prima parte.
Tutto sommato, però, “Koi to Uso” mi ha piacevolmente intrattenuta e voglio assolutamente vedere come andrà a finire.
Lo svolgimento è molto più semplice di quanto si potrebbe pensare leggendo la sinossi, ma offre comunque un ampio ventaglio di punti di vista che, insieme alle ambiguità più o meno rilevanti dei personaggi, rende il tutto più interessante.
“Koi to Uso” è un anime sentimentale (tuttavia classificato come shounen e non come shoujo, cioè rivolto a un pubblico maschile piuttosto che femminile) ambientato in un universo “distopico”. Perché “distopico” fra le virgolette? Perché, se è questo l’elemento che, leggendo la sinossi, mi ha intrigato di più, devo dire che purtroppo nello svolgimento della storia non è poi così presente, soprattutto in quanto verranno rivelati diversi metodi per contrastarlo senza grosse ripercussioni.
Ma in che cosa consiste questa distopia costruita male (dall’autore o dall’universo stesso in cui vivono i personaggi)? Il Governo, dopo un attento studio delle personalità e degli interessi, assegna un partner a tutti coloro che hanno compiuto sedici anni. Una volta avvenuta l’assegnazione, i due ragazzi - monitorati dal Governo - inizieranno a frequentarsi e con ogni probabilità - essendo la loro unione basata sulla compatibilità - si sposeranno e metteranno su famiglia.
Nejima Yukari sta per compiere sedici anni, ed è innamorato di Takasaki Misaki dalle elementari; la sera prima del suo compleanno, credendo di non essere ricambiato, decide di confessarle il suo amore, e inaspettatamente anche Takasaki dice di provare lo stesso per lui. Scattata la mezzanotte, Yukari riceve un SMS in cui viene informato del nome della sua partner, che si rivela essere proprio Takasaki. Pochi istanti più tardi, il suo cellulare si spegne, e due lavoratori del Governo gli consegnano i documenti ufficiali relativi alla sua futura moglie. Il nome presente sui documenti è quello di Sanada Lilina e, quando Nejima dice loro dell’SMS apparso sul suo cellulare, gli viene comunicato che l’unica modalità ufficiale e sicura per venire a conoscenza del nome del proprio partner è attraverso i documenti cartacei consegnati dal Governo.
Tali premesse sollevano fin da subito moltissimi interrogativi: chi ha inviato l’SMS al protagonista? È davvero il documento cartaceo a dichiarare la verità? La sua partner predestinata è davvero Sanada Lilina? Oppure si tratta di Takasaki Misaki, ma il governo ha deciso di usare il loro caso come esperimento per dimostrare i pregi - o al contrario i difetti - del sistema adottato? E soprattutto: Nejima continuerà ad amare Takasaki? Oppure conoscere la sua futura moglie farà vacillare i suoi sentimenti nei confronti della prima?
Devo ammettere che all’inizio l’idea di una commedia amorosa ambientata in un universo distopico ha smorzato il mio entusiasmo, ma al contrario delle aspettative i primi episodi mi sono piaciuti molto - merito, probabilmente, del contesto in cui viene inserita la vicenda.
Come ho già detto in precedenza, fin dal primo episodio vengono sollevati moltissimi interrogativi che stuzzicano la curiosità dello spettatore, in quanto l’intreccio che si viene a creare (ovvero il triangolo protagonista maschile-ragazza da lui amata-sua futura moglie, con l’aggiunta extra del migliore amico di Yukari) è fin da subito molto movimentato.
L’elemento preponderante è sicuramente quello sentimentale, mentre la distopia è piuttosto blanda e, ribadisco, mal costruita (insomma, se state pensando a qualcosa come “1984” di G. Orwell, smettete pure di illudervi); per quanto riguarda la commedia, invece, le gag sono piacevoli e ben distribuite, anche se con l’avanzare della vicenda si eclissano a causa del teen drama amoroso che coinvolge i quattro protagonisti.
Sono proprio i personaggi e le loro ambiguità il punto forte dell’anime - e in parte, paradossalmente, anche ciò che dopo un po’ ha cominciato a venirmi a noia. Questo non è necessariamente un male, infatti ho espresso un’opinione strettamente personale; se si considera il tutto con oggettività, i difetti dei personaggi sono stati resi tanto bene, da renderli a tratti insopportabili, e questo accade spesso e volentieri anche nella realtà.
Yukari si può definire senza problemi un inetto; è una persona non particolarmente bella né particolarmente brava in qualcosa - e questo lo ammette lui stesso -, ma soprattutto è perennemente confuso e nella maggior parte dei casi non riesce a capire i sentimenti di chi gli sta intorno; Takasaki (che, sempre parlando personalmente, è stata per me il maggior motivo di disturbo durante la visione) è così ambigua da apparire spesso come un’ipocrita, ma d’altronde le persone coinvolte negli intrecci d’amore e che ne soffrono si comportano spesso in modo scorretto - se il titolo dell’anime contiene la parola “bugie” un motivo ci sarà, no? Lilina, che è molto diversa da come ci si potrebbe aspettare, appare sicuramente più innocente e buona di cuore rispetto a Misaki, ed è l’unico personaggio il cui comportamento pare evolversi e maturare. Nisaka, il migliore amico di Yukari, non mi ha colpito particolarmente, ma è una sorta di grillo parlante, ed è forse grazie a lui che ogni tanto il protagonista appare un po’ più sveglio del solito.
Fortunatamente i personaggi non sono divisi in chi mente e in chi ama. Inizialmente ci si potrebbe aspettare una sorta di dicotomia bugie/amore che opponga le protagoniste femminili, ma entrambe amano ed entrambe mentono, e così fanno anche i protagonisti maschili, rendendo labile il confine fra due elementi molto diversi fra loro, ma che troppo spesso - per bene o per male - coesistono.
Per quanto riguarda l’audio, le musiche passano in sordina, con una opening orecchiabile ma troppo monotona, mentre il comparto grafico - a parte gli occhi esageratamente grandi e i menti spesso inesistenti - è piuttosto buono (molto bello l’utilizzo dei colori e delle luci in alcune scene).
Purtroppo, dopo il plot twist del quarto episodio, l’anime è andato a rilento, e a tratti mi è sembrato perfino ripetitivo (vedasi le scene fra Nejima e Takasaki), inoltre il finale mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, perciò il mio giudizio conclusivo è un po’ più basso di quanto avevo stimato durante la visione della prima parte.
Tutto sommato, però, “Koi to Uso” mi ha piacevolmente intrattenuta e voglio assolutamente vedere come andrà a finire.