Dancougar - Super Beast Machine God
"Dancougar" è una serie che si colloca temporalmente a metà anni Ottanta, ossia nella fase crepuscolare del periodo del boom degli anime robotici classici e, in tal senso, sconta una situazione di fondo abbastanza satura per questo genere. Tuttavia si deve riconoscere che ha una sua originalità. La serie sembra unire, nei disegni e nelle trame, alcune caratteristiche dei robottoni anni Settanta con altre influenze come quelle dei Transformers, di Ken Shiro, o dell’evoluzioni dei real robot tipo Gundam. Inoltre, qui abbiamo un robot componibile non secondo il canone più frequente con 3 mezzi o al limite con 5 mezzi, e rispettivi piloti, bensì con 4 mezzi e rispettivi piloti. Ancora, i veicoli non si uniscono semplicemente a formare il robot, ma mostrano nel corso della serie un paio di passaggi ulteriori (che non sveliamo qui nel dettaglio) prima di arrivare all’unione. Così, per un terzo abbondante della serie, il robot Dancouga non si vede e questa è un’altra caratteristica curiosa. Il robot combatte contro invasori alieni e i 4 piloti protagonisti sono abbastanza caratterizzati: tutta la serie, nei look di eroi e nemici, nelle musiche e nelle ambientazioni riflette moltissimo lo stile anni Ottanta. Il Dancouga, sia nei suoi mezzi distinti con loro evoluzioni, sia nella sua struttura assemblata, è piuttosto scenico e mi sembra ben riuscito, dando una forte sensazione di potenza tutte le volte che appare. I combattimenti con i nemici, soprattutto nella prima parte della serie sono comunque non particolarmente epici (pur non mancando sacrifici eroici) soprattutto se si ha in mente il ricordo di quelli dei robot nagaiani tipo Mazinga e simili. Tutto ciò considerato, nell’insieme, questa serie mi sembra assolutamente rispettabile nel suo genere, soprattutto tenendo presente il contesto molto inflazionato di super robot dell’epoca in cui uscì.
Per me può meritare un 7,5.
Per me può meritare un 7,5.
Ed eccomi a recensire l'ultimo super robot "tradizionale" della storia, "Dancouga", anime prodotto dalla Ashi Productions (la stessa di "Baldios") e abbastanza famoso nel paese del sol levante, dove nutre una certa celebrità e un discreto numero di fans. Essendo targato 1985 questo anime, allo stesso modo del "Layzner" di Ryosuke Tahakashi uscito lo stesso anno, risente molto dell'influenza di "Macross", "Gundam" e "Ken il Guerriero": si potrebbe dire che "Dancouga" sia effettivamente un tradizionalissimo super robot anni '70 camuffato da "Gundam", con trovate alla "Macross" (riflessi sui caschi e sui capelli, mecha design iperdettagliato, ampio spettro nella scelta dei colori, acconciature Glam Rock, turbe adolescenziali) e con degli inserti alla "Hokuto no Ken" (tamarri alla "Terminator", trasmigrazione attraverso Satori che funge da deus ex machina ecc...) "Dancouga" è figlio dei suoi tempi, almeno nella facciata: non mancano belle musiche j-pop anni '80, che più anni '80 di così si muore; un character design stilosissimo e reminescente di Mamuru Nagano, delle sigle dall'indiscutibile mood anni '80 trainanti e coinvolgenti (quante volte ho usato la parola anni '80?). Indubbiamente i problemi di Dancouga non stanno nella confezione, ma nella sostanza. Cosa c'è dietro al suo make up? Niente che non si sia già visto in precedenza, e per di più sviluppato assai aprossimativamente: in primis il tema dell'istinto che vince sulla ragione, concetto chiave della filosofia nagaiana; poi il tema della religione, sia essa orientale che occidentale, trattato in modo superficiale, come se fosse una nota a margine stesa frettolosamente; infine il tema del potere, esposto sterilmente e senza un'adeguata analisi, con la solita penuria contenutistica tipica dell'anime.
Il punto chiave della questione è: serve a qualcosa travestire secondo i dettami della moda in voga negli anni '80 un robotico che sarebbe andato bene a metà anni '70 ? No, a mio modesto avviso. L' umanizzazione dei cattivi (Nagahama Tadao), l'invasione aliena, lo scontro finale nello spazio, i cambi di fazione ecc... sono cliché tipici del genere già sviluppati egregiamente nel passato, in modo molto più virile ed incisivo, magari con messaggi antimilitaristi e con moniti autoriali alle nuove generazioni. I cattivi di "Dancouga", con il loro spessore psicologico nullo e la loro ottusità, non sono più accettabili in un robotico del 1985, uscito qualche anno dopo "Daimos", "Gundam", "Baldios", "Dunbine" e "Ideon", che vantavano tutti di cattivi umanizzati di prim'ordine, caratterizzati allo stesso modo dei protagonisti. Gli antagonisti di "Dancouga" sono ridicoli per i loro tempi, sopratutto quando nello stesso anno andavano in onda cose come "Z Gundam" e "Layzner"; Shapiro poi è il prototipo del cattivone di bell'aspetto e senza spessore messo lì giusto per attirare le fungirls: egli pare un demente nel suo desiderio di diventare un Dio, concetto che ribadisce in ogni puntata senza argomentazioni, perché fa figo dirlo, con le sue pose da cantante Glam e con la sua tirapiedi dai capelli verdi che se ne compiace. Quindi, a mio avviso, sugli antagonisti di "Dancouga" c'è da stendere un velo pietoso. Tuttavia devo ammettere che almeno i protagonisti si salvano: seppur non buchino lo schermo per carisma, le "Cyber Bestie" dimostrano di essere un bel gruppetto affiatato di ragazzi ben caratterizzati: c'è il tamarro che agisce prima di pensare tipico del robotico, c'è la tsundere dall'acconciatura Glam, c'è quello che pratica le arti marziali (ripeto che "Ken Shiro" andava di moda all'epoca), c'è il buontempone che con la sua simpatia alleggerisce i momenti pesanti della serie, c'è l'orfanella sfigata che tanto andava di moda negli anni '70. Ovviamente non mancano il professore e il capo dell'esercito, presenza fisse nella tradizione del super robotico nagaiano. Insomma, con i protagonisti lo spettatore si sente a casa.
All'inizio e nella metà degli anni '70, i super robotici a cui si ispirava "Dancouga" davano molta importanza ai combattimenti contro il mostro della settimana. Quelli di transizione di fine anni '70 e inizio '80, invece, davano più spazio ai personaggi, mettendo sovente il robottone in secondo piano. Su questa falsariga si muove "Dancouga", che come accadeva in "Danguard" anni prima, fa comparire il robottone a serie inoltrata (la sedicesima puntata per essere precisi). I combattimenti durano pochissimo e sono poco spettacolari, in quanto "Dancouga" preferisce atteggiarsi a sci-fi duro e puro, con scenari di guerra verosimili, robottini trasformabili in belve feroci (in quegli anni andavano di moda anche i "Transformers"), vicende militaresche piene di testosterone e condite di dramma.
Indubbiamente riconosco al "Dancouga" di essere il super robottone anni '80 più figo e sborone in assoluto, subito dopo l'inarrivabile "Dangaioh" disegnato da Shoji Kawamori; tuttavia, per quanto sia figo, il robot che dà il nome alla serie è troppo potente, e possiede un numero di attacchi troppo limitato: quando arriva "Dancouga", introdotto dalla sua scena di agganciamento mozzafiato, basta un pugno tirato a caso per devastare in un batter d'occhio intere legioni di nemici (!). Fine episodio. La poca spettacolarità la posso comprendere in un anime come "Baldios", che mette il robot in secondo piano al fine di affrontare tematiche rilevanti e di spessore, ma non la posso accettare in un anime come questo, che punta tutto sulle musiche e sulla grafica, tralasciando i contenuti e l'impronta autoriale.
Dal punto di vista della grafica, delle musiche e del design, "Dancouga" è indubbiamente all'avanguardia. Ma non lo è affatto nelle animazioni: esse sono statiche, a pochi frames, sopratutto nella prima parte della serie, in cui alcune puntate presentano una qualità bassissima dei disegni sui rodovetri: le facce dei personaggi spesso appaiono addirittura deformate (molte animazioni devono essere state commissionate a studi coreani di serie B per risparmiare). Infatti la Ashi productions è sinonimo di robotico al risparmio, esattamente come "Baldios", che non brillava di certo per la fluidità delle animazioni. I rivali Sunrise di "Dancouga" dello stesso anno, tali "Z Gundam" e "Layzner", erano avanti anni luce per le animazioni e la spettacolarità dei combattimenti.
Le prime sedici puntate di "Dancouga", quelle senza il "Dancouga", sono troppo lente e statiche, nel loro voler essere uno sci-fi di guerra con l'aggiunta di "Transformers" e mostri invasori alieni. Tuttavia la serie diventerà più coinvolgente nella seconda metà, anche se non arriverà mai a livelli di epicità stellare. Diciamo che tutto è retto dai protagonisti, dal loro carisma e dalla loro simpatia; certamente, se andiamo a guardare anche lo script, in "Dancouga" ci sono abbastanza ingenuità narrative, accettabili in un robotico anni '70, ma non in uno del 1985, che deve comunque rispettare, in qualche modo, i criteri di verosomiglianza delle vicende trattate introdotti da "Gundam". Inoltre il finale è tronco per il basso share della prima messa in onda, quindi per vedere la trentanovesima puntata è necessario ricorrere all'OAV "Requiem for Victims". Se la serie vi è piaciuta vi consiglio comunque anche il film "God Bless Dancougar" (le rimanenti produzioni con il nome "Dancouga" sono a mio avviso trascurabili). Considerando che negli anni '80 è stato fatto molto di meglio, questa serie è nella media per il suo periodo, e pertanto la consiglio esclusivamente ai "nostalgiafag" del mood anni '80, che ne saranno certamente entusiasti, e ai fans del robotico di tutte le epoche che vogliono ampliare la loro cultura personale. Il mio voto è un sei e mezzo, contando anche quello del mediocre OAV conclusivo, che di fatto è l'ultima puntata della serie.
Il punto chiave della questione è: serve a qualcosa travestire secondo i dettami della moda in voga negli anni '80 un robotico che sarebbe andato bene a metà anni '70 ? No, a mio modesto avviso. L' umanizzazione dei cattivi (Nagahama Tadao), l'invasione aliena, lo scontro finale nello spazio, i cambi di fazione ecc... sono cliché tipici del genere già sviluppati egregiamente nel passato, in modo molto più virile ed incisivo, magari con messaggi antimilitaristi e con moniti autoriali alle nuove generazioni. I cattivi di "Dancouga", con il loro spessore psicologico nullo e la loro ottusità, non sono più accettabili in un robotico del 1985, uscito qualche anno dopo "Daimos", "Gundam", "Baldios", "Dunbine" e "Ideon", che vantavano tutti di cattivi umanizzati di prim'ordine, caratterizzati allo stesso modo dei protagonisti. Gli antagonisti di "Dancouga" sono ridicoli per i loro tempi, sopratutto quando nello stesso anno andavano in onda cose come "Z Gundam" e "Layzner"; Shapiro poi è il prototipo del cattivone di bell'aspetto e senza spessore messo lì giusto per attirare le fungirls: egli pare un demente nel suo desiderio di diventare un Dio, concetto che ribadisce in ogni puntata senza argomentazioni, perché fa figo dirlo, con le sue pose da cantante Glam e con la sua tirapiedi dai capelli verdi che se ne compiace. Quindi, a mio avviso, sugli antagonisti di "Dancouga" c'è da stendere un velo pietoso. Tuttavia devo ammettere che almeno i protagonisti si salvano: seppur non buchino lo schermo per carisma, le "Cyber Bestie" dimostrano di essere un bel gruppetto affiatato di ragazzi ben caratterizzati: c'è il tamarro che agisce prima di pensare tipico del robotico, c'è la tsundere dall'acconciatura Glam, c'è quello che pratica le arti marziali (ripeto che "Ken Shiro" andava di moda all'epoca), c'è il buontempone che con la sua simpatia alleggerisce i momenti pesanti della serie, c'è l'orfanella sfigata che tanto andava di moda negli anni '70. Ovviamente non mancano il professore e il capo dell'esercito, presenza fisse nella tradizione del super robotico nagaiano. Insomma, con i protagonisti lo spettatore si sente a casa.
All'inizio e nella metà degli anni '70, i super robotici a cui si ispirava "Dancouga" davano molta importanza ai combattimenti contro il mostro della settimana. Quelli di transizione di fine anni '70 e inizio '80, invece, davano più spazio ai personaggi, mettendo sovente il robottone in secondo piano. Su questa falsariga si muove "Dancouga", che come accadeva in "Danguard" anni prima, fa comparire il robottone a serie inoltrata (la sedicesima puntata per essere precisi). I combattimenti durano pochissimo e sono poco spettacolari, in quanto "Dancouga" preferisce atteggiarsi a sci-fi duro e puro, con scenari di guerra verosimili, robottini trasformabili in belve feroci (in quegli anni andavano di moda anche i "Transformers"), vicende militaresche piene di testosterone e condite di dramma.
Indubbiamente riconosco al "Dancouga" di essere il super robottone anni '80 più figo e sborone in assoluto, subito dopo l'inarrivabile "Dangaioh" disegnato da Shoji Kawamori; tuttavia, per quanto sia figo, il robot che dà il nome alla serie è troppo potente, e possiede un numero di attacchi troppo limitato: quando arriva "Dancouga", introdotto dalla sua scena di agganciamento mozzafiato, basta un pugno tirato a caso per devastare in un batter d'occhio intere legioni di nemici (!). Fine episodio. La poca spettacolarità la posso comprendere in un anime come "Baldios", che mette il robot in secondo piano al fine di affrontare tematiche rilevanti e di spessore, ma non la posso accettare in un anime come questo, che punta tutto sulle musiche e sulla grafica, tralasciando i contenuti e l'impronta autoriale.
Dal punto di vista della grafica, delle musiche e del design, "Dancouga" è indubbiamente all'avanguardia. Ma non lo è affatto nelle animazioni: esse sono statiche, a pochi frames, sopratutto nella prima parte della serie, in cui alcune puntate presentano una qualità bassissima dei disegni sui rodovetri: le facce dei personaggi spesso appaiono addirittura deformate (molte animazioni devono essere state commissionate a studi coreani di serie B per risparmiare). Infatti la Ashi productions è sinonimo di robotico al risparmio, esattamente come "Baldios", che non brillava di certo per la fluidità delle animazioni. I rivali Sunrise di "Dancouga" dello stesso anno, tali "Z Gundam" e "Layzner", erano avanti anni luce per le animazioni e la spettacolarità dei combattimenti.
Le prime sedici puntate di "Dancouga", quelle senza il "Dancouga", sono troppo lente e statiche, nel loro voler essere uno sci-fi di guerra con l'aggiunta di "Transformers" e mostri invasori alieni. Tuttavia la serie diventerà più coinvolgente nella seconda metà, anche se non arriverà mai a livelli di epicità stellare. Diciamo che tutto è retto dai protagonisti, dal loro carisma e dalla loro simpatia; certamente, se andiamo a guardare anche lo script, in "Dancouga" ci sono abbastanza ingenuità narrative, accettabili in un robotico anni '70, ma non in uno del 1985, che deve comunque rispettare, in qualche modo, i criteri di verosomiglianza delle vicende trattate introdotti da "Gundam". Inoltre il finale è tronco per il basso share della prima messa in onda, quindi per vedere la trentanovesima puntata è necessario ricorrere all'OAV "Requiem for Victims". Se la serie vi è piaciuta vi consiglio comunque anche il film "God Bless Dancougar" (le rimanenti produzioni con il nome "Dancouga" sono a mio avviso trascurabili). Considerando che negli anni '80 è stato fatto molto di meglio, questa serie è nella media per il suo periodo, e pertanto la consiglio esclusivamente ai "nostalgiafag" del mood anni '80, che ne saranno certamente entusiasti, e ai fans del robotico di tutte le epoche che vogliono ampliare la loro cultura personale. Il mio voto è un sei e mezzo, contando anche quello del mediocre OAV conclusivo, che di fatto è l'ultima puntata della serie.
Dancougar è assolutamente un grande capolavoro del 1985, immensamente sottovalutato e snobbato da molti, si rivela invece eccelso sotto molti aspetti. La prima cosa che attrae, è l'aspetto tecnico, non generale, ma in quei particolari fondamentali che sono alla base di un anime di genere mecha.
La trama inizialmente sembrerebbe quella canonica dei Super Robot, con l'attacco alla terra da parte dell'esercito di Muge Zorbados, ma lo svolgimento dell'anime e lo stile decisamente umano dei nemici cambia completamente lo svolgimento degli episodi che, superati i primi leggermente banali, ma pieni di tanto mecha design sofisticato, diventano sempre più vari, imprevedibili ed estremamente godibili. Il merito dell'imprevedibilità degli episodi è sicuramente della regia, che ha saputo rendere, assieme a musiche stupende synth pop, ogni azione e piano strategico del nemico, sempre interessante e mai banale. Dai primi attacchi scontati, si passa a quelli psicologici, direttamente sulla popolazione, per arrivare alle tattiche belliche più particolari; per intenderci, scordatevi il classico robottone contro il nemico mecha, perché i combattimenti avvengono anche senza veicoli, in ogni città del mondo. Prima di parlare dei carismatici ragazzi della truppa cyber bestie, ci tengo particolarmente a sottolineare quello che è il personaggio più carismatico ed ambizioso, Shapiro Keats, che fin dal primo episodio passa al nemico ed in seguito diventa uno dei più carismatici comandanti dell'esercito dei Muge Zorbados, fino a raggiungere il paragone con un dio. I 4 protagonisti: Shinobu Fujiwara, Sara Yuki, Rio Shiba e Masato Shikibu, sono splendidamente caratterizzati, ed hanno un modo serio, ma anche umoristico, di dialogare, che non annoia mai e risulta estremamente godibile in ogni episodio. Shinobu, Sara, Rio e Masato sono il Team denominato anche truppa Cyber Bestie, ovvero i giovani soldati selezionati dal comandante Igor Ross, anche lui ben caratterizzato, sempre accompagnato dal geniale collega ed ingegnere del Dancougar Kotaro Hazuki. L'anime è molto diverso dai suoi antenati anni '70 e questo lo si nota fin da subito, grazie allo sviluppo ed alla scoperta graduale sia dei piloti, che delle rispettive Cyber Bestie. All'inizio dell'anime entra in scena subito Shinobu che sarà il pilota dell'Eagle Fighter; quest'ultimo ha l'aspetto di un aereo Jet col muso d'aquila, capace di evoluzioni acrobatiche in volo a velocità supersonica e dotato di svariati armamenti bellici. Dopo alcuni episodi, viene convocata Sara Yuki che invece diventerà il pilota dell'aggressivo (come lei) Land Cougar, un mecha dall'aspetto di un Puma meccanico dal mecha design bello e credibile e dotato di grande potenza e dirompente aggressività. Masato, salirà a bordo dell'altrettanto aggressivo Land Liger, un ibrido tra un tigre ed un leone meccanico, anche questo dotato di caratteristiche ed armamenti simili al Cougar. Rio dovrà invece pilotare il gigantesco Big Mhot, chiaramente dall'aspetto e dalla potenza pura di un mammut. Dopo una prima parte in cui si degustano le varie caratteristiche meccaniche e di attacco delle singole Cyber bestie, ecco che da bestie ogni veicolo può trasformarsi nella modalità Humanoid, configurazione che permette alle Cyber Bestie, di trasformarsi in un robot dall'aspetto derivato del veicolo originale. Una delle splendide caratteristiche di quest'anime, è la simbiosi uomo macchina che, tramite speciali circuiti posti su ogni mech, permette di trasmettere emotivamente la rabbia del pilota direttamente alla Cyber Bestia. Il Dancougar non lo si vede per molto tempo proprio per dar libero sfogo all'interno di ogni originalissimo e diversificato episodio, sia alle Cyber Bestie che ai rapporti umani, ben sceneggiati e godibili, tra i protagonisti. Inoltre, il Dancougar, per assemblarsi, necessita di un codice di sblocco informatico e la sincronia mentale di tutti e 4 i piloti; una volta pronti, parte l'assemblaggio, molto elaborato e notevolmente curato, con la telecamera che segue l'animazione in maniera minuziosa, il gigantesco e stilisticamente splendido robot, scatena tutta la furia della bestia, presente nell'animo di Shinobu, Sara, Rio e Masato. Dal punto di vista tecnico Dancougar è eccelso in alcune componenti e più superficiale in altre. Il character design è eccelso, specialmente per quanto riguarda Shinobu, (capelli dettagliati e viso ben definito), Sara, due occhioni curatissimi, accompagnati da un colore dei capelli splendido, e Shapiro, che è indubbiamente il personaggio dal look con maggior stile ed eleganza maligna. Il problema è che lo sviluppo del dettaglio dei personaggi passa da eccelso a mediocre per poi tornare buono (Shapiro escluso), altrimenti graficamente sarebbe stato superiore persino a Z Gundam. Il mecha design è ottimo per quanto riguarda il Dancougar e le astronavi, ma ancora legato al concetto di Super Robot, vecchissimo e banale per i mecha grandi dei nemici. Le animazioni sono buone, mentre le musiche sono superlative: sia i midi (tipici synth pop come sottofondo) che le 2 meravigliose intro in uno stile J-Pop magistrale, anche nel montaggio delle immagini. Il finale è un po' tronco, ma vedendo gli Oav chiude in maniera completa. Dancougar è un capolavoro assoluto del suo genere, sottovalutato, semplicemente perché meno conosciuto qua in Italia.
La trama inizialmente sembrerebbe quella canonica dei Super Robot, con l'attacco alla terra da parte dell'esercito di Muge Zorbados, ma lo svolgimento dell'anime e lo stile decisamente umano dei nemici cambia completamente lo svolgimento degli episodi che, superati i primi leggermente banali, ma pieni di tanto mecha design sofisticato, diventano sempre più vari, imprevedibili ed estremamente godibili. Il merito dell'imprevedibilità degli episodi è sicuramente della regia, che ha saputo rendere, assieme a musiche stupende synth pop, ogni azione e piano strategico del nemico, sempre interessante e mai banale. Dai primi attacchi scontati, si passa a quelli psicologici, direttamente sulla popolazione, per arrivare alle tattiche belliche più particolari; per intenderci, scordatevi il classico robottone contro il nemico mecha, perché i combattimenti avvengono anche senza veicoli, in ogni città del mondo. Prima di parlare dei carismatici ragazzi della truppa cyber bestie, ci tengo particolarmente a sottolineare quello che è il personaggio più carismatico ed ambizioso, Shapiro Keats, che fin dal primo episodio passa al nemico ed in seguito diventa uno dei più carismatici comandanti dell'esercito dei Muge Zorbados, fino a raggiungere il paragone con un dio. I 4 protagonisti: Shinobu Fujiwara, Sara Yuki, Rio Shiba e Masato Shikibu, sono splendidamente caratterizzati, ed hanno un modo serio, ma anche umoristico, di dialogare, che non annoia mai e risulta estremamente godibile in ogni episodio. Shinobu, Sara, Rio e Masato sono il Team denominato anche truppa Cyber Bestie, ovvero i giovani soldati selezionati dal comandante Igor Ross, anche lui ben caratterizzato, sempre accompagnato dal geniale collega ed ingegnere del Dancougar Kotaro Hazuki. L'anime è molto diverso dai suoi antenati anni '70 e questo lo si nota fin da subito, grazie allo sviluppo ed alla scoperta graduale sia dei piloti, che delle rispettive Cyber Bestie. All'inizio dell'anime entra in scena subito Shinobu che sarà il pilota dell'Eagle Fighter; quest'ultimo ha l'aspetto di un aereo Jet col muso d'aquila, capace di evoluzioni acrobatiche in volo a velocità supersonica e dotato di svariati armamenti bellici. Dopo alcuni episodi, viene convocata Sara Yuki che invece diventerà il pilota dell'aggressivo (come lei) Land Cougar, un mecha dall'aspetto di un Puma meccanico dal mecha design bello e credibile e dotato di grande potenza e dirompente aggressività. Masato, salirà a bordo dell'altrettanto aggressivo Land Liger, un ibrido tra un tigre ed un leone meccanico, anche questo dotato di caratteristiche ed armamenti simili al Cougar. Rio dovrà invece pilotare il gigantesco Big Mhot, chiaramente dall'aspetto e dalla potenza pura di un mammut. Dopo una prima parte in cui si degustano le varie caratteristiche meccaniche e di attacco delle singole Cyber bestie, ecco che da bestie ogni veicolo può trasformarsi nella modalità Humanoid, configurazione che permette alle Cyber Bestie, di trasformarsi in un robot dall'aspetto derivato del veicolo originale. Una delle splendide caratteristiche di quest'anime, è la simbiosi uomo macchina che, tramite speciali circuiti posti su ogni mech, permette di trasmettere emotivamente la rabbia del pilota direttamente alla Cyber Bestia. Il Dancougar non lo si vede per molto tempo proprio per dar libero sfogo all'interno di ogni originalissimo e diversificato episodio, sia alle Cyber Bestie che ai rapporti umani, ben sceneggiati e godibili, tra i protagonisti. Inoltre, il Dancougar, per assemblarsi, necessita di un codice di sblocco informatico e la sincronia mentale di tutti e 4 i piloti; una volta pronti, parte l'assemblaggio, molto elaborato e notevolmente curato, con la telecamera che segue l'animazione in maniera minuziosa, il gigantesco e stilisticamente splendido robot, scatena tutta la furia della bestia, presente nell'animo di Shinobu, Sara, Rio e Masato. Dal punto di vista tecnico Dancougar è eccelso in alcune componenti e più superficiale in altre. Il character design è eccelso, specialmente per quanto riguarda Shinobu, (capelli dettagliati e viso ben definito), Sara, due occhioni curatissimi, accompagnati da un colore dei capelli splendido, e Shapiro, che è indubbiamente il personaggio dal look con maggior stile ed eleganza maligna. Il problema è che lo sviluppo del dettaglio dei personaggi passa da eccelso a mediocre per poi tornare buono (Shapiro escluso), altrimenti graficamente sarebbe stato superiore persino a Z Gundam. Il mecha design è ottimo per quanto riguarda il Dancougar e le astronavi, ma ancora legato al concetto di Super Robot, vecchissimo e banale per i mecha grandi dei nemici. Le animazioni sono buone, mentre le musiche sono superlative: sia i midi (tipici synth pop come sottofondo) che le 2 meravigliose intro in uno stile J-Pop magistrale, anche nel montaggio delle immagini. Il finale è un po' tronco, ma vedendo gli Oav chiude in maniera completa. Dancougar è un capolavoro assoluto del suo genere, sottovalutato, semplicemente perché meno conosciuto qua in Italia.
'Dancougar' costituisce uno strano caso di ritorno al passato: per quanto l'anno di uscita sia il 1985, anni dopo l'inizio dell'era del <i>real robot</i>, di cui pure mutua vari stilemi, si rivolge soprattutto alla tradizione classica del <i>super robot</i>. Questo non è apparente all'inizio, in quanto si tratta di una serie militare tipicamente post-Gundam, con un mecha design più simile a quello del real robot che al super robot. Il Dancouga (senza la "r" finale) è più simile a un soldato moderno armato di fucile che a un antico samurai armato di spada o alabarda, come è tipico per il super robot. D'altra parte il Dancouga è un robot componibile e trasformabile con una componente animale (i componenti sono ispirati a quattro animali: aquila, coguaro, ligre e mammuth) alla Golion/Voltron. La dicotomia mecha moderni/robotico classico si vede anche nei personaggi: sono dei militari, come è tipico del mecha, ma d'altra parte sono delle teste calde, come tipico del robotico. Inoltre tutta la serie è basata sull'idea che l'istinto è più importante della ragione, che l'uomo può vincere il computer, che quello che conta è la forza d'animo e la fiducia in se stessi, tutte tematiche tipiche del robotico.
La trama della serie è tutta improntata alla tradizione nagaiana: extraterrestri mostruosi invadono la Terra, comandati da un malvagio imperatore, e la storia si sviluppa in una serie di combattimenti, con trasformazioni e agganciamenti rituali a ogni puntata: verso la fine, secondo un copione visto più e più volte in 'Danguard', 'Zambot', 'Daltanious', 'Vultus', 'Daimos' e in altri super robot, la base si trasforma in astronave (più precisamente in una versione mecha moderna del Drago Spaziale del 'Gaiking') e porta la guerra nello spazio. Ci sono i soliti intrighi politici tra i nemici, che non sono mai d'accordo tra loro, come avviene in tutte le serie nagaiane e in genere in tutto il filone robotico; l'unico aspetto innovativo è costituito dalla figura di Shapiro, terrestre che volontariamente per la sua ambizione decide di tradire la Terra e affiliarsi agli invasori, e questo avviene fin dalla prima puntata.
Continuando ad annotare i richiami alla tradizione segnalo la figura del misterioso Black Night, che appare più di una volta a salvare i nostri eroi a bordo di un mecha uccelliforme: a mio avviso si tratta di un chiaro omaggio al Capitano Dan di 'Danguard Ace'. Anche la struttura della serie, con i classici filler in cui dei coraggiosi terrestri combattono contro gli alieni finendo quasi sempre tragicamente, è del tutto tradizionale. L'innovazione sta nel character design che a mio avviso è molto simile allo stile di Mamoru Nagano, specialmente in personaggi come Sara, Ryo, Luna e Shapiro: l'influenza diretta è comunque improbabile perché all'epoca Nagano non era certo famoso come character designer, si tratta quindi di una strana coincidenza (?).
Dal punto di vista della trama 'Dancougar' è un po' più sofisticato di un robotico anni settanta, specialmente nella prima parte, e contiene meno filler del solito. L'idea più originale e interessante è quella di fare apparire il super robot soltanto nella sedicesima puntata, in una scena di grande impatto scenografico. Tra l'altro il Dancouga è un super robot estremamente potente rispetto ai mecha dei nemici, più del super robot tipico che rischia di essere sconfitto a ogni episodio, mentre il Dancouga di solita schiaccia i mecha nemici a mani nude con poco sforzo. I combattimenti sono abbondanti e adeguati al genere: ce n'è almeno uno per puntata, anche se non sempre appare un super robot nemico diverso e a volte il Dancouga combatte contro semplici mecha.
Dal punto di vista di disegni e animazioni bisogna segnalare che 'Dancougar' è una serie realizzata al risparmio. Il chara sarebbe buono (specialmente per i personaggi femminili Sara Yuki e Luna), ma la qualità dei disegni è molto discontinua e tra un fotogramma e l'altro le facce dei protagonisti possono peggiorare tanto da diventare delle caricature, con occhi storti stile Guernica. Rispetto a 'Gundam Z' dello stesso anno 'Dancougar' risulta veramente povero. Invece, sorprendentemente, alla pochezza dei disegni corrisponde un'ottima colonna sonora: una bella opening, una buona ending, varie musiche da combattimento azzeccate, una canzone ricorrente (<i>Love, Harmony</i>) orecchiabile.
Il mecha design è abbastanza curato ma si tratta di uno stile che non apprezzo affatto: ricorda lo stile dei Transformers, con un robottone massiccio e squadrato. Inoltre la scelta cromatica, dominata dal grigio metallico e dai colori scuri, non è affatto di mio gusto. Non è comunque per questo che critico 'Dancougar'.
I personaggi sono adeguati al loro ruolo, ma molto standard, mancano il protagonista e/o l'avversario carismatico, quello che fa la differenza tra una serie discreta e una serie ottima. Ci sono poi varie pecche a livello d'intreccio - sto pensando per esempio alla fine del generale Igor - che erano perdonabili negli anni settanta, ma non nel 1985. L'ascesa di Shapiro ai vertici dell'Impero Muge da semplice prigioniero è altamente inverosimile, anche se nella penultima puntata viene in qualche modo giustificata. Nel finale la serie migliora sensibilmente: è apprezzabile la coerenza dei personaggi (i criminali non si redimono in punto di morte come nelle serie moderne) e la presenza di qualche colpo di scena che tiene alta la tensione.
La trama della serie è tutta improntata alla tradizione nagaiana: extraterrestri mostruosi invadono la Terra, comandati da un malvagio imperatore, e la storia si sviluppa in una serie di combattimenti, con trasformazioni e agganciamenti rituali a ogni puntata: verso la fine, secondo un copione visto più e più volte in 'Danguard', 'Zambot', 'Daltanious', 'Vultus', 'Daimos' e in altri super robot, la base si trasforma in astronave (più precisamente in una versione mecha moderna del Drago Spaziale del 'Gaiking') e porta la guerra nello spazio. Ci sono i soliti intrighi politici tra i nemici, che non sono mai d'accordo tra loro, come avviene in tutte le serie nagaiane e in genere in tutto il filone robotico; l'unico aspetto innovativo è costituito dalla figura di Shapiro, terrestre che volontariamente per la sua ambizione decide di tradire la Terra e affiliarsi agli invasori, e questo avviene fin dalla prima puntata.
Continuando ad annotare i richiami alla tradizione segnalo la figura del misterioso Black Night, che appare più di una volta a salvare i nostri eroi a bordo di un mecha uccelliforme: a mio avviso si tratta di un chiaro omaggio al Capitano Dan di 'Danguard Ace'. Anche la struttura della serie, con i classici filler in cui dei coraggiosi terrestri combattono contro gli alieni finendo quasi sempre tragicamente, è del tutto tradizionale. L'innovazione sta nel character design che a mio avviso è molto simile allo stile di Mamoru Nagano, specialmente in personaggi come Sara, Ryo, Luna e Shapiro: l'influenza diretta è comunque improbabile perché all'epoca Nagano non era certo famoso come character designer, si tratta quindi di una strana coincidenza (?).
Dal punto di vista della trama 'Dancougar' è un po' più sofisticato di un robotico anni settanta, specialmente nella prima parte, e contiene meno filler del solito. L'idea più originale e interessante è quella di fare apparire il super robot soltanto nella sedicesima puntata, in una scena di grande impatto scenografico. Tra l'altro il Dancouga è un super robot estremamente potente rispetto ai mecha dei nemici, più del super robot tipico che rischia di essere sconfitto a ogni episodio, mentre il Dancouga di solita schiaccia i mecha nemici a mani nude con poco sforzo. I combattimenti sono abbondanti e adeguati al genere: ce n'è almeno uno per puntata, anche se non sempre appare un super robot nemico diverso e a volte il Dancouga combatte contro semplici mecha.
Dal punto di vista di disegni e animazioni bisogna segnalare che 'Dancougar' è una serie realizzata al risparmio. Il chara sarebbe buono (specialmente per i personaggi femminili Sara Yuki e Luna), ma la qualità dei disegni è molto discontinua e tra un fotogramma e l'altro le facce dei protagonisti possono peggiorare tanto da diventare delle caricature, con occhi storti stile Guernica. Rispetto a 'Gundam Z' dello stesso anno 'Dancougar' risulta veramente povero. Invece, sorprendentemente, alla pochezza dei disegni corrisponde un'ottima colonna sonora: una bella opening, una buona ending, varie musiche da combattimento azzeccate, una canzone ricorrente (<i>Love, Harmony</i>) orecchiabile.
Il mecha design è abbastanza curato ma si tratta di uno stile che non apprezzo affatto: ricorda lo stile dei Transformers, con un robottone massiccio e squadrato. Inoltre la scelta cromatica, dominata dal grigio metallico e dai colori scuri, non è affatto di mio gusto. Non è comunque per questo che critico 'Dancougar'.
I personaggi sono adeguati al loro ruolo, ma molto standard, mancano il protagonista e/o l'avversario carismatico, quello che fa la differenza tra una serie discreta e una serie ottima. Ci sono poi varie pecche a livello d'intreccio - sto pensando per esempio alla fine del generale Igor - che erano perdonabili negli anni settanta, ma non nel 1985. L'ascesa di Shapiro ai vertici dell'Impero Muge da semplice prigioniero è altamente inverosimile, anche se nella penultima puntata viene in qualche modo giustificata. Nel finale la serie migliora sensibilmente: è apprezzabile la coerenza dei personaggi (i criminali non si redimono in punto di morte come nelle serie moderne) e la presenza di qualche colpo di scena che tiene alta la tensione.
Qualcuno dovrà un giorno spiegare, a chi scrive, quali sono i meccanismi che portano le cosiddette opere "cult" a diventare magicamente, per questo, anche capolavori. Non ce l'ho in particolare con il classico 'Dancougar', ma è incredibile come ogni lavoro dai forti meriti storici, fosse anche brutto o mal sviluppato, per merito di questi finisce archiviato come eccellente. Chiusa la parentesi, come avrete immaginato 'Dancougar' gode di una notorietà tale che in molti ambiti se ne legge in giro come di una "seriona". Pur avendo degli innegabili meriti che non si possono discutere, a parere di chi scrive il giudizio deve andare di molto ridimensionato.
Gli amanti di Storia già conoscono quel 1985 culla dei capolavori 'Z Gundam' e 'Layzner': grazie alla mia rece (si spera) sapranno anche che quello è stato l'anno della conclusione dello schema narrativo tokusatsu ("mostro della settimana") nelle produzioni Super Robot, la cui fine è scritta, per l'appunto, da 'Choujuu Kishin Dancougar'. Se, infatti, anche dopo Gundam le serie Super non rinunciavano mai al solito canovaccio ripetitivo a ogni episodio ('Ideon' era l'eccezione che confermava la regola), è solo dopo questa serie che anche queste evolveranno, finalmente, la loro struttura narrativa. La trama è, com'è giusto che sia, il classico buoni vs. cattivi visto come terrestri vs. alieni, dove il solito gruppetto di amici piloti deve in ogni episodio sconfiggere il mostro di turno che attacca la Terra con un robottone gigante. Fin qui nulla di nuovo, se non che 'Dancougar' è il primo a cambiare e modificare i numerosi topoi del genere per adeguarsi al nuovo modo creato da 'Gundam' e 'Macross' di concepire l'animazione robotica, maggiormente improntata a realismo e continuity.
Ecco così la prima, scioccante novità: il robottone protagonista, il Dancougar, appare per la prima volta a serie inoltrata, per la precisione a circa 15 episodi dalla fine. Buona parte della storia vede infatti il gruppetto di eroi affrontare gli alieni con i semplici Jyusenki, e senza apparente difficoltà. Il robottone arriverà molto più avanti, quando inizieranno ad arrivare nemici più forti, ed è qui che avviene la seconda innovazione: sarà così forte da venire usato, realisticamente, solo contro i nemici più tosti. Non aspettatevi dunque di vederlo, dopo la sua prima apparizione, in ogni episodio, perché contro nemici deboli nessuno va a usare l'asso nella manica! La cosa buffa è che quando apparirà sarà comunque talmente forte che anche il mostro di turno non riuscirà mai a metterlo in difficoltà, mostrandosi per davvero un robot invincibile e devastante come mai s'è visto.
Provate ora a immaginare quale genere di shock sia stato per gli spettatori dell'epoca, abituati alle ferree regole del genere, vedere così di rado il robot protagonista, per altro così sfacciatamente superiore rispetto a qualsiasi avversario. Bella anche l'idea di creare un super mecha che funziona al massimo delle capacità a seconda dello stato d'animo del pilota: pur essendo un'idea già accennata in passato (fin dal classico 'Getter Robot') qui è meglio sviluppata, ed è piacevole l'idea dell'esercito che decide di usare espressamente teste calde sul Dancougar perché più facilmente portate alla rabbia e all'aggressività, quindi perfette a rendere più potente il robot.
A dispetto delle innovazioni strutturali, però, lo schema narrativo è bene o male quello classico, invero ben difficilmente sopportabile per gli standard odierni se non coadiuvato da una storia all'altezza. In questo 'Dancougar' fallisce perché la solfa è sempre la stessa, puntata dopo puntata, filler dopo filler, con numerosi personaggi insignificanti. Oltretutto per certi versi la serie si risolve non solo nell'anonimato, ma anche nelle potenzialità sprecate e negli orrori: stupisce in questo senso l'assenza di sorprese in questa storia con protagonisti principali ottimamente caratterizzati (indimenticabili l'impulsivo Shinobu Fujiwara, con il suo caratteristico "yatte yaru ze!", e il freddo e calcolatore karateka Ryo Shiba); come alcuni di essi vengano usati nel modo più banale possibile (Shapiro?); come taluni a volte, per esigenze di copione, si lascino andare a certe reazioni emotive incredibilmente assurde e, sopratutto, come certe scene drammatiche sulla carta risultino non solo impoverite, ma addirittura ridicolizzate dal basso budget della serie, così povero da tradursi in una generalmente mediocre realizzazione tecnica.
Pollice in alto invece per tutti gli aspetti di contorno, che riescono perlomeno a salvare una trama che, se non fosse per gli eccellenti personaggi, sarebbe subito da dimenticare. Musicalmente 'Dancougar' è fantastico: le numerose canzoni presenti come opening, ending e insert song sono trascinanti pezzi j-pop talmente accattivanti da originare anche il primo OVA musicale della Storia, espressamente dedicato loro: il Song Special. 'Dancougar' appartiene infatti a quel novero di anime che, sulla falsariga di 'Macross', hanno anche il merito storico di essere i primi tentativi a fare dell'aspetto musicale un tratto caratteristico della messa in scena. Anche la colonna sonora generale si attesta su buonissimi livelli, con numerose sonorità eighties molto accattivanti ed epiche.
Per quel che riguarda invece l'aspetto visivo 'Dancougar' brilla di una luce vividissima, rappresentando il debutto di due dei più importanti graphic designer moderni, Hisashi Hirai e Masami Obari. Se il contributo del primo al chara quasi non si riconosce (è semplice assistente e i disegni, per quanto piacevoli, non ricordano per niente il tratto semplicissimo ed espressivo del pagatissimo disegnatore odierno), quello del secondo lo si vede eccome, al punto che con 'Dancougar' entrerà a fare parte a tutti gli effetti dell'Olimpo dei migliori mecha designer della Storia. Il suo mecha straordinario e accattivante farà scuola, e con 'Dancougar' in molti conosceranno di fama il suo scintillante - nel vero senso della parola - esercito di creature aliene tondeggianti, le scheletriche versioni umanoidi dei Jyusenki, e sopratutto il possente robot protagonista: il Dancougar stesso è uno dei massimi capolavori di mecha design, minaccioso colosso meccanico combinazione di un mammuth, due giaguari e un'aquila, possente come un dinosauro e alto 34 metri, con una potenza bellica capace di tagliare in due un castello con un colpo solo. Grazie al suo memorabile lavoro su 'Dancougar' Obari potrà così gettare le sue basi per la successiva e fortunosa carriera di mecha design e regia.
Ricapitolando, ben lungi dal potersi definire un capolavoro nel vero senso della parola, 'Dancougar' è un pezzo di Storia e un punto di svolta nel genere robotico e nei suoi stilemi, questo è innegabile. Generalmente mediocre, regge la baracca con protagonisti memorabili e con una grande cura nei disegni e nel sonoro. Che poi non sia nulla di particolare, visto con i canoni odierni, è un altro discorso. Per sapere come va a finire la lotta tra il Dancougar e gli alieni , stranamente troncata a metà dall'episodio conclusivo, è imprescindibile la visione dell'OVA 'Requiem for Victims'.
Gli amanti di Storia già conoscono quel 1985 culla dei capolavori 'Z Gundam' e 'Layzner': grazie alla mia rece (si spera) sapranno anche che quello è stato l'anno della conclusione dello schema narrativo tokusatsu ("mostro della settimana") nelle produzioni Super Robot, la cui fine è scritta, per l'appunto, da 'Choujuu Kishin Dancougar'. Se, infatti, anche dopo Gundam le serie Super non rinunciavano mai al solito canovaccio ripetitivo a ogni episodio ('Ideon' era l'eccezione che confermava la regola), è solo dopo questa serie che anche queste evolveranno, finalmente, la loro struttura narrativa. La trama è, com'è giusto che sia, il classico buoni vs. cattivi visto come terrestri vs. alieni, dove il solito gruppetto di amici piloti deve in ogni episodio sconfiggere il mostro di turno che attacca la Terra con un robottone gigante. Fin qui nulla di nuovo, se non che 'Dancougar' è il primo a cambiare e modificare i numerosi topoi del genere per adeguarsi al nuovo modo creato da 'Gundam' e 'Macross' di concepire l'animazione robotica, maggiormente improntata a realismo e continuity.
Ecco così la prima, scioccante novità: il robottone protagonista, il Dancougar, appare per la prima volta a serie inoltrata, per la precisione a circa 15 episodi dalla fine. Buona parte della storia vede infatti il gruppetto di eroi affrontare gli alieni con i semplici Jyusenki, e senza apparente difficoltà. Il robottone arriverà molto più avanti, quando inizieranno ad arrivare nemici più forti, ed è qui che avviene la seconda innovazione: sarà così forte da venire usato, realisticamente, solo contro i nemici più tosti. Non aspettatevi dunque di vederlo, dopo la sua prima apparizione, in ogni episodio, perché contro nemici deboli nessuno va a usare l'asso nella manica! La cosa buffa è che quando apparirà sarà comunque talmente forte che anche il mostro di turno non riuscirà mai a metterlo in difficoltà, mostrandosi per davvero un robot invincibile e devastante come mai s'è visto.
Provate ora a immaginare quale genere di shock sia stato per gli spettatori dell'epoca, abituati alle ferree regole del genere, vedere così di rado il robot protagonista, per altro così sfacciatamente superiore rispetto a qualsiasi avversario. Bella anche l'idea di creare un super mecha che funziona al massimo delle capacità a seconda dello stato d'animo del pilota: pur essendo un'idea già accennata in passato (fin dal classico 'Getter Robot') qui è meglio sviluppata, ed è piacevole l'idea dell'esercito che decide di usare espressamente teste calde sul Dancougar perché più facilmente portate alla rabbia e all'aggressività, quindi perfette a rendere più potente il robot.
A dispetto delle innovazioni strutturali, però, lo schema narrativo è bene o male quello classico, invero ben difficilmente sopportabile per gli standard odierni se non coadiuvato da una storia all'altezza. In questo 'Dancougar' fallisce perché la solfa è sempre la stessa, puntata dopo puntata, filler dopo filler, con numerosi personaggi insignificanti. Oltretutto per certi versi la serie si risolve non solo nell'anonimato, ma anche nelle potenzialità sprecate e negli orrori: stupisce in questo senso l'assenza di sorprese in questa storia con protagonisti principali ottimamente caratterizzati (indimenticabili l'impulsivo Shinobu Fujiwara, con il suo caratteristico "yatte yaru ze!", e il freddo e calcolatore karateka Ryo Shiba); come alcuni di essi vengano usati nel modo più banale possibile (Shapiro?); come taluni a volte, per esigenze di copione, si lascino andare a certe reazioni emotive incredibilmente assurde e, sopratutto, come certe scene drammatiche sulla carta risultino non solo impoverite, ma addirittura ridicolizzate dal basso budget della serie, così povero da tradursi in una generalmente mediocre realizzazione tecnica.
Pollice in alto invece per tutti gli aspetti di contorno, che riescono perlomeno a salvare una trama che, se non fosse per gli eccellenti personaggi, sarebbe subito da dimenticare. Musicalmente 'Dancougar' è fantastico: le numerose canzoni presenti come opening, ending e insert song sono trascinanti pezzi j-pop talmente accattivanti da originare anche il primo OVA musicale della Storia, espressamente dedicato loro: il Song Special. 'Dancougar' appartiene infatti a quel novero di anime che, sulla falsariga di 'Macross', hanno anche il merito storico di essere i primi tentativi a fare dell'aspetto musicale un tratto caratteristico della messa in scena. Anche la colonna sonora generale si attesta su buonissimi livelli, con numerose sonorità eighties molto accattivanti ed epiche.
Per quel che riguarda invece l'aspetto visivo 'Dancougar' brilla di una luce vividissima, rappresentando il debutto di due dei più importanti graphic designer moderni, Hisashi Hirai e Masami Obari. Se il contributo del primo al chara quasi non si riconosce (è semplice assistente e i disegni, per quanto piacevoli, non ricordano per niente il tratto semplicissimo ed espressivo del pagatissimo disegnatore odierno), quello del secondo lo si vede eccome, al punto che con 'Dancougar' entrerà a fare parte a tutti gli effetti dell'Olimpo dei migliori mecha designer della Storia. Il suo mecha straordinario e accattivante farà scuola, e con 'Dancougar' in molti conosceranno di fama il suo scintillante - nel vero senso della parola - esercito di creature aliene tondeggianti, le scheletriche versioni umanoidi dei Jyusenki, e sopratutto il possente robot protagonista: il Dancougar stesso è uno dei massimi capolavori di mecha design, minaccioso colosso meccanico combinazione di un mammuth, due giaguari e un'aquila, possente come un dinosauro e alto 34 metri, con una potenza bellica capace di tagliare in due un castello con un colpo solo. Grazie al suo memorabile lavoro su 'Dancougar' Obari potrà così gettare le sue basi per la successiva e fortunosa carriera di mecha design e regia.
Ricapitolando, ben lungi dal potersi definire un capolavoro nel vero senso della parola, 'Dancougar' è un pezzo di Storia e un punto di svolta nel genere robotico e nei suoi stilemi, questo è innegabile. Generalmente mediocre, regge la baracca con protagonisti memorabili e con una grande cura nei disegni e nel sonoro. Che poi non sia nulla di particolare, visto con i canoni odierni, è un altro discorso. Per sapere come va a finire la lotta tra il Dancougar e gli alieni , stranamente troncata a metà dall'episodio conclusivo, è imprescindibile la visione dell'OVA 'Requiem for Victims'.
In quest'opera sono presenti delle valutazioni del noto filosofo Nietzsche, laddove la teoria superomistica, quella del super-uomo non solo inteso come super-eroe come si può intendere, ma anche come uomo che si pone l'obiettivo di essere, seppur per pochi attimi superiore a Dio, laddove la sua sfrenata voglia di apprendimento e di potenziare la sua forza, qualora se ne presenti una viva occasione, gli permette di arrivare a queste conclusioni, a mio avviso, affrettate.
Il robot in questione presente in questo anime ci permette di capire una simbiosi tra l'uomo e la bestia che forma sì l'automa, ma che è alquanto esagerato poi sfociare in affermazioni appunto superomistiche come quelle descritte prima.
Nell'intenzione dell'autore, nella realizzazione di questo mecha c'è sicuramente il discorso legato all'orgoglio della specie umana, fin troppe volte messo da parte per colpa di guerre e oppressori, quindi la domanda che secondo me l'autore si pone è proprio il perchè ci deve essere concesso un così grande potere al punto da non dover mai desiderare la vicinanza con l'Altissimo?
E allora perchè c'è l'inserimento di alcuni contesti biblici di forte richiamo con la Genesi e il modo di interpretare i Patriarchi? Da tener conto che i soggetti in questione non sono poi trattati in chiave prettamente cristiana, ma "godono" di strane reminiscenze Taoiste, però è da apprezzare uno sforzo santagostiniano di unire la ragione con la fede umana, un mistero che ci permette di scoprire, o almeno tentare di scoprire la sostanziale differenza che c'è tra dio e gli uomini.
Tutto questo si riflette nel protagonista che si sente forse fin troppo "investito" di tale "entità" andando incontro più volte alla fine contro i suoi nemici proprio per questo assurdo modo di intendere di difendere il proprio pianeta, non è un privilegio di pochi, la difesa è sempre nell'interesse dell'intera collettività, laddove il sacrificio e la dedizione sono le uniche vere ragioni per cui si può rappresentare meglio Dio e capire l'amore che ha verso coloro che ha creato a sua immagine e somiglianza.
E la morale di quest'opera ci conduce proprio a questo particolare, ovvero che la fede di ognuno di noi è intoccabile, ma non deve diventare un pretesto per dire ad un'altra qualsiasi persona ciò che è giusto e ciò che non lo è perchè si ha l'arroganza di essere dalla parte giusta.
Tutti facciamo del bene o del male e ci sentiamo il più delle volte l'arroganza di dire ad altri il da farsi, solo le esperienze con amici dediti al giusto e all'impegno possono farci capire attraverso esperienze valide i veri obioettivi da raggiungere nella nostra esistenza, e i personaggi di questa storia ce lo insegnano abbastanza bene.
E' un vero peccato che la serie non sia arrivata in lingua italiana da noi a parte un oav che comunque spiega a grandi linee questi particolari, laddove effettivamente i nemici e i loro obiettivi nella narrazione di questo cartone hanno ben poca importanza rispetto a ciò che si cela dietro questa serie, un discorso complesso fatto di filosofie, intepretazioni a volte fantasiose delle Sacre Scritture e di altre religioni, il tutto unito ad un unico comune fattore: l'evoluzione umana dinanzi ad un'entità e il suo modo di porsi quando il progresso ci avvicina seppur in maniera infinitesimale alla medesima entità.
Il robot in questione presente in questo anime ci permette di capire una simbiosi tra l'uomo e la bestia che forma sì l'automa, ma che è alquanto esagerato poi sfociare in affermazioni appunto superomistiche come quelle descritte prima.
Nell'intenzione dell'autore, nella realizzazione di questo mecha c'è sicuramente il discorso legato all'orgoglio della specie umana, fin troppe volte messo da parte per colpa di guerre e oppressori, quindi la domanda che secondo me l'autore si pone è proprio il perchè ci deve essere concesso un così grande potere al punto da non dover mai desiderare la vicinanza con l'Altissimo?
E allora perchè c'è l'inserimento di alcuni contesti biblici di forte richiamo con la Genesi e il modo di interpretare i Patriarchi? Da tener conto che i soggetti in questione non sono poi trattati in chiave prettamente cristiana, ma "godono" di strane reminiscenze Taoiste, però è da apprezzare uno sforzo santagostiniano di unire la ragione con la fede umana, un mistero che ci permette di scoprire, o almeno tentare di scoprire la sostanziale differenza che c'è tra dio e gli uomini.
Tutto questo si riflette nel protagonista che si sente forse fin troppo "investito" di tale "entità" andando incontro più volte alla fine contro i suoi nemici proprio per questo assurdo modo di intendere di difendere il proprio pianeta, non è un privilegio di pochi, la difesa è sempre nell'interesse dell'intera collettività, laddove il sacrificio e la dedizione sono le uniche vere ragioni per cui si può rappresentare meglio Dio e capire l'amore che ha verso coloro che ha creato a sua immagine e somiglianza.
E la morale di quest'opera ci conduce proprio a questo particolare, ovvero che la fede di ognuno di noi è intoccabile, ma non deve diventare un pretesto per dire ad un'altra qualsiasi persona ciò che è giusto e ciò che non lo è perchè si ha l'arroganza di essere dalla parte giusta.
Tutti facciamo del bene o del male e ci sentiamo il più delle volte l'arroganza di dire ad altri il da farsi, solo le esperienze con amici dediti al giusto e all'impegno possono farci capire attraverso esperienze valide i veri obioettivi da raggiungere nella nostra esistenza, e i personaggi di questa storia ce lo insegnano abbastanza bene.
E' un vero peccato che la serie non sia arrivata in lingua italiana da noi a parte un oav che comunque spiega a grandi linee questi particolari, laddove effettivamente i nemici e i loro obiettivi nella narrazione di questo cartone hanno ben poca importanza rispetto a ciò che si cela dietro questa serie, un discorso complesso fatto di filosofie, intepretazioni a volte fantasiose delle Sacre Scritture e di altre religioni, il tutto unito ad un unico comune fattore: l'evoluzione umana dinanzi ad un'entità e il suo modo di porsi quando il progresso ci avvicina seppur in maniera infinitesimale alla medesima entità.