A Place Further Than the Universe
Con colpevole ritardo (siamo quasi nel 2024) ho terminato questa splendida opera. L'ho iniziata come tante altre grazie alle recensioni dei tanti "compagni di anime" di questo sito, quindi arigato!
Ok, ora partiamo con la recensione vera e propria.
Regia: 9,5
Veramente ottima, riesce a tenerti incollato allo schermo sia nei momenti più tranquilli e mondani, sia in quello più ricchi di situazioni varie e divertenti. Particolare applauso alle tempistiche con cui sono descritti gli eventi, alternando momenti profondi ed emozionanti ad altri divertenti e simpatici senza esagerare né con i primi, né con i secondi e mettendoli insieme per creare puntate mai troppo leggere o pesanti (a parte qualche piccola eccezione centrale). Inquadrature e musiche impreziosiscono ulteriormente la regia già di per se ottima, rendendo difficile non guardarselo tutto in 2 giorni. Vi consiglio comunque di prendervi più tempo possibile tra un episodio e l'altro, come un ottimo piatto va assaporato con gusto.
Sceneggiatura: 8,5
Se avete letto l'intro della storia, un po' un peccato, saprete di cosa si parla. L'incipit e il soggetto vanno presi un po' per quel che sono, sicuramente si sono prese delle libertà nella sceneggiatura per rendere questo slice of life alternativo rispetto a molti altri. Questo va preso un po' così per come è stato pensato, anche se in realtà non l'ho trovato neppure tanto irrealistico, solo un po' improbabile (ma con gli schemi mentali giapponesi non si sa mai...)
Tutto ruota intorno a un'idea avventurosa nella mente di Shirase, per poi espandersi in temi più ampi quali amicizia, fuga dalla propria vita e tanto altro. Oltre a questo ci sono un sacco di gag divertenti e simpatiche, mai troppo leggere o fuori contesto. A parte qualche episodio centrale, un pochino filler, nel complesso la storia si sviluppa in modo abbastanza canonico con tantissimi spunti interessanti. Anche sul lato tecnico/realistico è stato fatto un buon lavoro, come se dietro le quinte ci fosse un qualche appassionato di questo genere di "avventure". Ovviamente i punti di forza stanno nei momenti più emozionanti, tirati fuori poco alla volta, ma sempre pensati bene.
Ripeto, vale la pena guardarlo!
Design: 8-
tante cose buone, ma anche un po' di imperfezioni. Partendo dalla prime, un uso dei colori molto acceso, forse per alcuni troppo semplice, rende la visione più intensa. Questo valorizza sia i momenti più emozionanti, sia il divertimento in molte scene. Molto valido anche l'uso di luci e riflessi, non sempre presenti, ma quando necessari eccoli lì per la gioia dei propri occhi e del vostro cuore. I lati negativi sono legati al design dei personaggi principali, troppo simili tra di loro fino a renderle indistinguibili fra di loro se non fosse per l'acconciatura. A fare da contraltare, si è fatta tantissima attenzione a tutti gli altri dettagli fisici, in particolare l'altezza di tutti quanti. Non noterete mai, infatti, in qualsiasi posa si mettano, errori di proporzioni. Stessa cosa per il vestiario. Altro punto debole i dettagli su campo largo, a volte troppo tratteggiati e senza dettagli. Nulla di gravissimo, si capisce tutto, però a cercare il pelo nell'uovo... Una cosa semplicemente un po' particolare è il contorno usato molte volte per oggetti e soprattutto persone, invece del classico nero, il bianco. Una cosa a mio parere un po' strana, o forse colpa mia che non l'ho mai notato in altri anime.
Caratterizzazione dei personaggi: 10
credo sia il primo 10 in tutte le recensioni che ho messo fin ora, ma è pienamente meritato. Le protagoniste sono dettagliatissime a livello mentale, espressivo, linguistico e caratteriale.
Se le incontrassi per strada, le riconoscerei subito. Ognuna di esse usa modi di fare ed espressioni estremamente personali, anche quando sono coperte in viso o fuori inquadratura, o magari di spalle, capisci subito di chi si tratta anche ad occhi chiusi. Praticamente è come se ogni personaggio fosse stato scritto da una persona diversa. Altro punto in più è dato dal fatto che è una serie di pochi episodi, il che rende ancora più difficile il compito di caratterizzazione rispetto alle altre più lunghe e commerciali. Pure i personaggi secondari si salvano alla grande, alcuni dei quali talmente alla grande da sembrare insostituibili e completamente necessari, pure loro con le proprie caratteristiche ben delineate. Ottimo lavoro veramente!
Sonoro: 9
davvero eccellente, ne ho già parlato con la regia, ma ripeto che le musiche sono state realizzate veramente bene. Trovo che un'OST che si rispetti è fondamentale per elevare un'opera fino ai gradini più alti, e qui siamo in presenza di un sacco di musiche si accompagnamento molto valide ed usate spesso non solo per i classici momenti strappalacrime, ma anche per le scene più scanzonate o di tutti i giorni.
Bellissima la sigla finale, perfettamente in linea con la serie. Non male neppure quella iniziale, soprattutto per le immagini di accompagnamento. Nota di merito in particolare, perdonatemi ma l'ho adorata, per il momento iniziale in cui si vede uno dei personaggi sul letto girarsi e vedere il proprio mondo (cioè la camera da letto) trasformarsi in una distesa ghiacciata, parafrasi di una trasformazione completa della propria vita (che è quello che accadrà in questa storia).
In definitiva: 9
se non sentite il bisogno di combattimenti, complotti o iperpsicologismo, questo è l'anime che fa per voi. Divertente, profondo, emozionante e con tanti personaggi adorabili sia nella vita quotidiana che non.
Non me lo sarei aspettato leggendo la prefazione, ma è entrato prepotentemente nella mia oramai quasi top 20 dei capolavori anime (giusto per intenderci tra 300 e rotte serie viste).
Ovviamente ripeto che inizierete uno slice of life vero e proprio nonostante le sue particolarità, se non sopportate questo genere non arriverete mai soggettivamente al mio voto (che è in ogni caso il più possibile oggettivo), ma potreste comunque ravvedervi su questa categoria visto che "A place further than the universe" è uno dei migliori mai visti.
Ok, ora partiamo con la recensione vera e propria.
Regia: 9,5
Veramente ottima, riesce a tenerti incollato allo schermo sia nei momenti più tranquilli e mondani, sia in quello più ricchi di situazioni varie e divertenti. Particolare applauso alle tempistiche con cui sono descritti gli eventi, alternando momenti profondi ed emozionanti ad altri divertenti e simpatici senza esagerare né con i primi, né con i secondi e mettendoli insieme per creare puntate mai troppo leggere o pesanti (a parte qualche piccola eccezione centrale). Inquadrature e musiche impreziosiscono ulteriormente la regia già di per se ottima, rendendo difficile non guardarselo tutto in 2 giorni. Vi consiglio comunque di prendervi più tempo possibile tra un episodio e l'altro, come un ottimo piatto va assaporato con gusto.
Sceneggiatura: 8,5
Se avete letto l'intro della storia, un po' un peccato, saprete di cosa si parla. L'incipit e il soggetto vanno presi un po' per quel che sono, sicuramente si sono prese delle libertà nella sceneggiatura per rendere questo slice of life alternativo rispetto a molti altri. Questo va preso un po' così per come è stato pensato, anche se in realtà non l'ho trovato neppure tanto irrealistico, solo un po' improbabile (ma con gli schemi mentali giapponesi non si sa mai...)
Tutto ruota intorno a un'idea avventurosa nella mente di Shirase, per poi espandersi in temi più ampi quali amicizia, fuga dalla propria vita e tanto altro. Oltre a questo ci sono un sacco di gag divertenti e simpatiche, mai troppo leggere o fuori contesto. A parte qualche episodio centrale, un pochino filler, nel complesso la storia si sviluppa in modo abbastanza canonico con tantissimi spunti interessanti. Anche sul lato tecnico/realistico è stato fatto un buon lavoro, come se dietro le quinte ci fosse un qualche appassionato di questo genere di "avventure". Ovviamente i punti di forza stanno nei momenti più emozionanti, tirati fuori poco alla volta, ma sempre pensati bene.
Ripeto, vale la pena guardarlo!
Design: 8-
tante cose buone, ma anche un po' di imperfezioni. Partendo dalla prime, un uso dei colori molto acceso, forse per alcuni troppo semplice, rende la visione più intensa. Questo valorizza sia i momenti più emozionanti, sia il divertimento in molte scene. Molto valido anche l'uso di luci e riflessi, non sempre presenti, ma quando necessari eccoli lì per la gioia dei propri occhi e del vostro cuore. I lati negativi sono legati al design dei personaggi principali, troppo simili tra di loro fino a renderle indistinguibili fra di loro se non fosse per l'acconciatura. A fare da contraltare, si è fatta tantissima attenzione a tutti gli altri dettagli fisici, in particolare l'altezza di tutti quanti. Non noterete mai, infatti, in qualsiasi posa si mettano, errori di proporzioni. Stessa cosa per il vestiario. Altro punto debole i dettagli su campo largo, a volte troppo tratteggiati e senza dettagli. Nulla di gravissimo, si capisce tutto, però a cercare il pelo nell'uovo... Una cosa semplicemente un po' particolare è il contorno usato molte volte per oggetti e soprattutto persone, invece del classico nero, il bianco. Una cosa a mio parere un po' strana, o forse colpa mia che non l'ho mai notato in altri anime.
Caratterizzazione dei personaggi: 10
credo sia il primo 10 in tutte le recensioni che ho messo fin ora, ma è pienamente meritato. Le protagoniste sono dettagliatissime a livello mentale, espressivo, linguistico e caratteriale.
Se le incontrassi per strada, le riconoscerei subito. Ognuna di esse usa modi di fare ed espressioni estremamente personali, anche quando sono coperte in viso o fuori inquadratura, o magari di spalle, capisci subito di chi si tratta anche ad occhi chiusi. Praticamente è come se ogni personaggio fosse stato scritto da una persona diversa. Altro punto in più è dato dal fatto che è una serie di pochi episodi, il che rende ancora più difficile il compito di caratterizzazione rispetto alle altre più lunghe e commerciali. Pure i personaggi secondari si salvano alla grande, alcuni dei quali talmente alla grande da sembrare insostituibili e completamente necessari, pure loro con le proprie caratteristiche ben delineate. Ottimo lavoro veramente!
Sonoro: 9
davvero eccellente, ne ho già parlato con la regia, ma ripeto che le musiche sono state realizzate veramente bene. Trovo che un'OST che si rispetti è fondamentale per elevare un'opera fino ai gradini più alti, e qui siamo in presenza di un sacco di musiche si accompagnamento molto valide ed usate spesso non solo per i classici momenti strappalacrime, ma anche per le scene più scanzonate o di tutti i giorni.
Bellissima la sigla finale, perfettamente in linea con la serie. Non male neppure quella iniziale, soprattutto per le immagini di accompagnamento. Nota di merito in particolare, perdonatemi ma l'ho adorata, per il momento iniziale in cui si vede uno dei personaggi sul letto girarsi e vedere il proprio mondo (cioè la camera da letto) trasformarsi in una distesa ghiacciata, parafrasi di una trasformazione completa della propria vita (che è quello che accadrà in questa storia).
In definitiva: 9
se non sentite il bisogno di combattimenti, complotti o iperpsicologismo, questo è l'anime che fa per voi. Divertente, profondo, emozionante e con tanti personaggi adorabili sia nella vita quotidiana che non.
Non me lo sarei aspettato leggendo la prefazione, ma è entrato prepotentemente nella mia oramai quasi top 20 dei capolavori anime (giusto per intenderci tra 300 e rotte serie viste).
Ovviamente ripeto che inizierete uno slice of life vero e proprio nonostante le sue particolarità, se non sopportate questo genere non arriverete mai soggettivamente al mio voto (che è in ogni caso il più possibile oggettivo), ma potreste comunque ravvedervi su questa categoria visto che "A place further than the universe" è uno dei migliori mai visti.
Volevo prendermi il mio tempo e fare una recensione a freddo, eccomi qua dopo quattro anni e un rewatch a elogiare questa piccola perla, invitando chiunque a non lasciarsela scappare.
"A place further than the Universe", che chiameremo d'ora in poi "Sora yori", è un anime originale (per i meno avvezzi il termine indica che non ha un manga o una novel su cui si basa, ma la storia è stata scritta appositamente per l'anime) e si presenta con le vesti di un semplicissimo slice of life. Esso narra le vicende di quattro ragazze che si incontrano e che scoprono di avere qualcosa in comune; per un motivo o per un altro, si trovano tutte a desiderare di partire per un lungo viaggio verso l'Antartide, una vera e propria terra di nessuno, un paese così lontano e sperduto che risulta ancora etereo nell'immaginario comune.
Non si peccherebbe di spoiler se si dicesse che alla fine le ragazze trovano il modo di partire e che insieme si trovano a vivere il viaggio più importante della loro vita. Infatti, in "Sora yori" il viaggio verso l'Antartide diventa solo un pretesto, una metafora di crescita, di abbandonare la propria io infantile, di combattere le proprie paure, di inseguire i sogni e/o semplicemente di vivere.
Le ragazze dovranno presto affrontare i loro fantasmi, le loro paure e capire meglio se stesse. Si racconteranno condividendo tra di loro gioie e dolori e creando nuovi legami con persone molto diverse da loro. il posto ai confini dell'universo è di fatto metafora di un qualcosa di fisicamente irraggiungibile, esso assume di fatto una fisicità (l'Antartide), ma essa maschera il suo reale significato: il posto ai confini dell'universo non è nient'altro che il nostro subconscio, sono le nostre paure e i nostri sogni.
"Sora yori" racconta tutto questo, ma senza mai parlarne apertamente e quindi senza mai cadere in eccessivi sofismi o in discorsi elevati, permettendone la comprensione e la godibilità davvero a tutte le età, divertendo e intrattenendo lo spettatore senza mai annoiarlo. "A place further than the Universe" parla in silenzio e con discrezione, mostrando un semplice viaggio di quattro ragazzine, ma grazie ad esso credo che chiunque e a qualunque età potrà sentirsi ispirato e motivato.
in conclusione, "Sora yori" lo consiglio sopratutto perché, alla fine della fiera, vi lascerà con un dono prezioso e che trascende il moe e il divertimento che proverete durante la visione. Ormai lo considero davvero un prodotto da non farsi scappare, uno dei migliori degli ultimi 10 anni e che purtroppo viene lasciato da parte per il suo essere apparentemente uno slice of life senza altro da raccontare.
"Sora yori" non è un anime ma un viaggio e come viene detto nella serie, bisogna solo avere il coraggio di partire e di mettersi in movimento, perché solo così può avvenire l'impossibile
"A place further than the Universe", che chiameremo d'ora in poi "Sora yori", è un anime originale (per i meno avvezzi il termine indica che non ha un manga o una novel su cui si basa, ma la storia è stata scritta appositamente per l'anime) e si presenta con le vesti di un semplicissimo slice of life. Esso narra le vicende di quattro ragazze che si incontrano e che scoprono di avere qualcosa in comune; per un motivo o per un altro, si trovano tutte a desiderare di partire per un lungo viaggio verso l'Antartide, una vera e propria terra di nessuno, un paese così lontano e sperduto che risulta ancora etereo nell'immaginario comune.
Non si peccherebbe di spoiler se si dicesse che alla fine le ragazze trovano il modo di partire e che insieme si trovano a vivere il viaggio più importante della loro vita. Infatti, in "Sora yori" il viaggio verso l'Antartide diventa solo un pretesto, una metafora di crescita, di abbandonare la propria io infantile, di combattere le proprie paure, di inseguire i sogni e/o semplicemente di vivere.
Le ragazze dovranno presto affrontare i loro fantasmi, le loro paure e capire meglio se stesse. Si racconteranno condividendo tra di loro gioie e dolori e creando nuovi legami con persone molto diverse da loro. il posto ai confini dell'universo è di fatto metafora di un qualcosa di fisicamente irraggiungibile, esso assume di fatto una fisicità (l'Antartide), ma essa maschera il suo reale significato: il posto ai confini dell'universo non è nient'altro che il nostro subconscio, sono le nostre paure e i nostri sogni.
"Sora yori" racconta tutto questo, ma senza mai parlarne apertamente e quindi senza mai cadere in eccessivi sofismi o in discorsi elevati, permettendone la comprensione e la godibilità davvero a tutte le età, divertendo e intrattenendo lo spettatore senza mai annoiarlo. "A place further than the Universe" parla in silenzio e con discrezione, mostrando un semplice viaggio di quattro ragazzine, ma grazie ad esso credo che chiunque e a qualunque età potrà sentirsi ispirato e motivato.
in conclusione, "Sora yori" lo consiglio sopratutto perché, alla fine della fiera, vi lascerà con un dono prezioso e che trascende il moe e il divertimento che proverete durante la visione. Ormai lo considero davvero un prodotto da non farsi scappare, uno dei migliori degli ultimi 10 anni e che purtroppo viene lasciato da parte per il suo essere apparentemente uno slice of life senza altro da raccontare.
"Sora yori" non è un anime ma un viaggio e come viene detto nella serie, bisogna solo avere il coraggio di partire e di mettersi in movimento, perché solo così può avvenire l'impossibile
“A place further than the Universe” è una serie anime composta da tredici episodi, dal soggetto originale, quindi senza nessun’altra opera natia da trasporre o da prendere come soggetto base.
La storia ci racconta di come un gruppo di ragazze decide di partire per una grande avventura, cioè l’esplorazione del continente antartico. Presentata così labilmente, potrebbe sembrare una trama basata su fantasie e cose assurde, con un’attuazione abbastanza inverosimile, ma uno dei punti forti della serie, è trattare tale soggetto il più sinceramente e nel modo più veritiero possibile, quindi presentando dati e fattori reali, che sottostanno a tale sogno, facendo anche un buon excursus, sulla situazione geopolitica, ambientale e di tutte le difficoltà e traversie che concretamente bisognerebbe affrontare, nella fattispecie che qualsivoglia persona volesse provare a intraprendere tale percorso, dal punto di vista del Giappone, ovviamente, essendo la serie ambientata sul suolo nipponico.
Nel tema della concretezza, come punto di forza, metterei anche la caratterizzazione dei personaggi, su cui si concentra gran parte della storia, perché il tema portante di tutta la serie sarà la crescita personale, la maturazione, la presa di coscienza di sé e degli altri, e non sarà una mera rappresentazione simbolica, di un ipotetico passaggio da una fase adolescenziale a quella di adulto, spesso messa in atto in serie del genere, e risultando abbastanza surreali, ma un graduale, e non per questo lineare percorso, che porta per tentativi e inciampi fino alla realizzazione di sé.
Per quanto l’introspezione psicologica, che ho trovato abbastanza aderente al reale in alcune parti, mentre molto romanzata in altre, possa sembrare molto stuzzicante e intrigante, purtroppo nel mio caso l’ho trovata poco interessante quanto lenta nella sua iniziale esposizione, ahimè ho penato in parte nella visione dei primi episodi, non avendo un concreto appiglio per poter ravvivare il mio interesse, che era sì presente, per un fattore di curiosità verso il tema del viaggio, ma che purtroppo non veniva mai soddisfatto, episodio dopo episodio, se non dopo gli iniziali 4/5, in cui finalmente si parte con la grande cavalcata, verso tale “nuovo mondo”.
Quindi se posso apprezzare grandemente, l’impegno profuso per poter mostrare la discontinuità di fondo, nella psiche dei personaggi, mostrandoci come la via per il raggiungimento dei nostri sogni, spesso sia irta e tortuosa, ma necessaria per poter andare avanti, devo sottolineare come, tale passaggio nello svolgimento della narrazione, dal iniziare a prendere sul serio il “sogno”, al metterlo concretamente in atto, mi ha lasciato alquanto tiepido.
Dopo aver parlato della narrazione, tornerei al tema dei personaggi, dove le nostre quattro protagoniste, riusciranno nell’incredibile compito di essere figlie della loro storia; più nel dettaglio non mi riferisco al raggiungimento del fulcro della trama, ma proprio della loro caratterizzazione, riuscendo tutte e quattro a ritagliarsi il loro spazio e a essere definite perfettamente come delle vere adolescenti, con le proprie paure e i propri stigmi, che le portano a comportarsi, agire e a influenzare la storia, esattamente come dovrebbe essere, per questo le definirei degne figlie della loro storia.
Sarebbe inutile parlarne specificatamente, una ad una, perché per ognuna di esse ci sarebbero dei pro e dei contro, in merito al loro sviluppo, però preferisco soffermarmi sul fatto che ognuna di loro, avesse dietro di sé un bagaglio di esperienze e problemi di vita, in cui magari più di qualcuno ha potuto ritrovarsi e almeno in parte empatizzare, cosa che mi ha fatto apprezzare, bene o male, tutte e quattro le protagoniste.
Quindi ci si ritroverà a dover affrontale la propria storia, che sia la perdita di un proprio caro, il tradimento da parte di un amico, l’invidia e la paura di spiccare il volo oppure l’oppressione delle aspettative altrui e per tutte, il non dover affrontare tali situazioni da sole, passivamente, ma invece supportandosi vicendevolmente, fattore che non può che scaldare il cuore degli spettatori.
Per l’aspetto tecnico, graficamente ha un suo stile, che definirei ambivalente, essendo che i paesaggi e alcune ambientazioni saranno molto dettagliate e minuziose nella loro raffigurazione, mentre per i personaggi saranno rappresentati in modo più delicato e “cartoonesco”, fattore che permetterà di esprimersi molto più liberamente, con smorfie e movenze molto dinamiche e divertenti, tale contrasto in questa serie per me, ha solo punti positivi, non denotando minimamente tale contrasto, anzi entrambe le due anime riusciranno a esprimersi al meglio, proprio grazie a tale differente esposizione. La prima presentando le ambientazioni e/o le strumentazioni in modo effettivo, e quindi risultando più veritiere e permettendo maggiore immersione da parte dello spettatore, mentre i personaggi saranno liberi di esprimersi e così caratterizzarsi al meglio delle possibilità di tale metodologia di disegno. L’aspetto sonoro sarà anch’esso molto ispirato, e riuscirà a trasmettere molte emozioni e significati, sia per entrambe le sigle, che semplicemente con le OST inserite nei vari momenti più clou della serie.
In conclusione “A place further than the Universe” è una serie di cui difficilmente non si può non notare i grandi pregi, anche da chi come me, non apprezza un’impostazione più tranquilla e che arriva per gradi alle cose, ammettendo che non c’è nulla di sbagliato in tale ridotta velocità ad arrivare al “centro” dell’azione, giovando di tale tempo preparatorio, per poter esprimere al massimo, il meglio di ogni personaggio e dei messaggi che si vogliono raccontare, quindi non posso che valutare positivamente la sua visione e consigliarne una fruizione più episodica, senza farsi prendere dalla foga.
La storia ci racconta di come un gruppo di ragazze decide di partire per una grande avventura, cioè l’esplorazione del continente antartico. Presentata così labilmente, potrebbe sembrare una trama basata su fantasie e cose assurde, con un’attuazione abbastanza inverosimile, ma uno dei punti forti della serie, è trattare tale soggetto il più sinceramente e nel modo più veritiero possibile, quindi presentando dati e fattori reali, che sottostanno a tale sogno, facendo anche un buon excursus, sulla situazione geopolitica, ambientale e di tutte le difficoltà e traversie che concretamente bisognerebbe affrontare, nella fattispecie che qualsivoglia persona volesse provare a intraprendere tale percorso, dal punto di vista del Giappone, ovviamente, essendo la serie ambientata sul suolo nipponico.
Nel tema della concretezza, come punto di forza, metterei anche la caratterizzazione dei personaggi, su cui si concentra gran parte della storia, perché il tema portante di tutta la serie sarà la crescita personale, la maturazione, la presa di coscienza di sé e degli altri, e non sarà una mera rappresentazione simbolica, di un ipotetico passaggio da una fase adolescenziale a quella di adulto, spesso messa in atto in serie del genere, e risultando abbastanza surreali, ma un graduale, e non per questo lineare percorso, che porta per tentativi e inciampi fino alla realizzazione di sé.
Per quanto l’introspezione psicologica, che ho trovato abbastanza aderente al reale in alcune parti, mentre molto romanzata in altre, possa sembrare molto stuzzicante e intrigante, purtroppo nel mio caso l’ho trovata poco interessante quanto lenta nella sua iniziale esposizione, ahimè ho penato in parte nella visione dei primi episodi, non avendo un concreto appiglio per poter ravvivare il mio interesse, che era sì presente, per un fattore di curiosità verso il tema del viaggio, ma che purtroppo non veniva mai soddisfatto, episodio dopo episodio, se non dopo gli iniziali 4/5, in cui finalmente si parte con la grande cavalcata, verso tale “nuovo mondo”.
Quindi se posso apprezzare grandemente, l’impegno profuso per poter mostrare la discontinuità di fondo, nella psiche dei personaggi, mostrandoci come la via per il raggiungimento dei nostri sogni, spesso sia irta e tortuosa, ma necessaria per poter andare avanti, devo sottolineare come, tale passaggio nello svolgimento della narrazione, dal iniziare a prendere sul serio il “sogno”, al metterlo concretamente in atto, mi ha lasciato alquanto tiepido.
Dopo aver parlato della narrazione, tornerei al tema dei personaggi, dove le nostre quattro protagoniste, riusciranno nell’incredibile compito di essere figlie della loro storia; più nel dettaglio non mi riferisco al raggiungimento del fulcro della trama, ma proprio della loro caratterizzazione, riuscendo tutte e quattro a ritagliarsi il loro spazio e a essere definite perfettamente come delle vere adolescenti, con le proprie paure e i propri stigmi, che le portano a comportarsi, agire e a influenzare la storia, esattamente come dovrebbe essere, per questo le definirei degne figlie della loro storia.
Sarebbe inutile parlarne specificatamente, una ad una, perché per ognuna di esse ci sarebbero dei pro e dei contro, in merito al loro sviluppo, però preferisco soffermarmi sul fatto che ognuna di loro, avesse dietro di sé un bagaglio di esperienze e problemi di vita, in cui magari più di qualcuno ha potuto ritrovarsi e almeno in parte empatizzare, cosa che mi ha fatto apprezzare, bene o male, tutte e quattro le protagoniste.
Quindi ci si ritroverà a dover affrontale la propria storia, che sia la perdita di un proprio caro, il tradimento da parte di un amico, l’invidia e la paura di spiccare il volo oppure l’oppressione delle aspettative altrui e per tutte, il non dover affrontare tali situazioni da sole, passivamente, ma invece supportandosi vicendevolmente, fattore che non può che scaldare il cuore degli spettatori.
Per l’aspetto tecnico, graficamente ha un suo stile, che definirei ambivalente, essendo che i paesaggi e alcune ambientazioni saranno molto dettagliate e minuziose nella loro raffigurazione, mentre per i personaggi saranno rappresentati in modo più delicato e “cartoonesco”, fattore che permetterà di esprimersi molto più liberamente, con smorfie e movenze molto dinamiche e divertenti, tale contrasto in questa serie per me, ha solo punti positivi, non denotando minimamente tale contrasto, anzi entrambe le due anime riusciranno a esprimersi al meglio, proprio grazie a tale differente esposizione. La prima presentando le ambientazioni e/o le strumentazioni in modo effettivo, e quindi risultando più veritiere e permettendo maggiore immersione da parte dello spettatore, mentre i personaggi saranno liberi di esprimersi e così caratterizzarsi al meglio delle possibilità di tale metodologia di disegno. L’aspetto sonoro sarà anch’esso molto ispirato, e riuscirà a trasmettere molte emozioni e significati, sia per entrambe le sigle, che semplicemente con le OST inserite nei vari momenti più clou della serie.
In conclusione “A place further than the Universe” è una serie di cui difficilmente non si può non notare i grandi pregi, anche da chi come me, non apprezza un’impostazione più tranquilla e che arriva per gradi alle cose, ammettendo che non c’è nulla di sbagliato in tale ridotta velocità ad arrivare al “centro” dell’azione, giovando di tale tempo preparatorio, per poter esprimere al massimo, il meglio di ogni personaggio e dei messaggi che si vogliono raccontare, quindi non posso che valutare positivamente la sua visione e consigliarne una fruizione più episodica, senza farsi prendere dalla foga.
Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler!
Per capire l’abilità Jukki Hanada, lo sceneggiatore di “A Place Further than the Universe”, bisogna partire da quello che qui manca: non c’è una storia sentimentale; non ci sono combattimenti; non ci sono misteri da risolvere; è privo di scene equivoche e piccanti; non ci sono tette e cu*i al vento; mancano assolutamente sketch ripetitivi e monotematici, insomma non c’è nessun appiglio narrativo, al quale, chi scrive, possa aggrapparsi.
C’è, invece il racconto, apparentemente surreale, di quattro ragazzine, che decidono di intraprendere una lunga traversata, verso l’Antartide. Ogni episodio, ben collegato l’uno all’altro, ripercorre le tappe dell’avventura e in ogni puntata, la scrittura, la musica e la regia riescono a dare il meglio: in qualsiasi di questi 13 episodi, si alternano scene divertenti, introspettive e malinconiche, ben amalgamate da una colonna sonora sempre sul pezzo, e ogni volta a mancare (fortunatamente ) è il sentore di “già visto”. Certo “il viaggio dell’eroe” è vecchio quanto Ulisse, ma qui è perfettamente declinato in un’avventura moderna, solida, e resa credibile da una raffinata narrazione, dove la lunga traversata, rappresenta simbolicamente un rito iniziatico, che permette a delle acerbe adolescenti di divenire finalmente, giovani donne.
“A Place Further than the Universe” è, in sostanza, un’opera matura e originale, nata da una sceneggiatura destinata a questa animazione, il cui manga è stato realizzato successivamente, ma che poteva tranquillamente essere tratta da un romanzo (per essere onesti, bisogna dire che non manca qualche forzatura narrativa e qualche sbavatura tecnica, ma la trama non prometteva niente di buono).
Le quattro ragazze, inizialmente, potranno apparire piuttosto stereotipate perché abbiamo : la timorosa sognatrice (Mari), la leader introversa (Shirase), l’estroversa ottimista (Miyake) e la idol “in erba”, un po’ fuori dal mondo (Tamaki), tuttavia ognuna di loro avrà un approfondimento e soprattutto manifesterà, già dai primi episodi, comportamenti ben più complessi, di quelli che potevano sembrare coerenti con gli stereotipi appena sopra enunciati: sarà la timorosa Mari a soccorrere la leader Shirase, che sarà anche defenestrata, provvisoriamente, nella “leadership” del gruppo, ma sarà lei, incapace di parlare in pubblico, ad esprimere i discorsi più appassionanti e toccanti di questa avventura. Anche Miyake e Tamaki, personaggi sicuramente meno curati, oltre ad una inevitabile maturazione, mostreranno durante lo scorrere degli eventi, delle sfaccettature caratteriali, più vicine alle opere letterari, piuttosto che alle comuni animazioni.
Come tutte le opere più profonde e ambiziose, anche questo anime nasconde una propria filosofia al suo interno, anche se qui più che di “una” filosofia, bisognerebbe parlare di “filosofie”: all’inizio mi aspettavo il classico viaggio, dove l’eroe, una volta raggiunto l’ambito traguardo, comprende che non è la meta il vero tesoro, ma il viaggio in sé. In realtà il messaggio, che cerca di mandarci l’autore, è un po’ più articolato, perché già “l’intenzione” del viaggio, maturata da Mari (la timorosa sognatrice), libera in lei impetuose energie, che giacevano intrappolate nel suo cuore, ben rappresentate dalla piccola diga che straripa. Saranno poi molto più dure le prove che le giovani dovranno affrontare per salire su quella nave, che non quelle al suo interno. Ma anche la destinazione, non è affatto una fredda e arida distesa di ghiaccio, utile solo a piantarci sopra la propria bandierina, ma racchiude in sé un forte potere catartico, che ricorda molto i duri, ma proficui eremi dei mistici religiosi.
“A Place Further than the Universe”, è anche un inno all’ ”Amicizia”, quella con una bella “A” maiuscola, basata non sull’opportunismo, o su una pigra abitudine, ma sulla sincerità; dimostrata non con vuote parole, ma con significativi gesti, fondata quindi sulle emozioni, e di fatto non completamente definibile o razionalizzabile.
Il comparto sonoro è eccellente, con una opening vivace ed energica, una ending calda e malinconica , con una OST che si sposa armoniosamente con la narrazione degli eventi. Riguardo il comparto visivo, il discorso è un po’ più complesso: buoni sono i fondali; discreta è la CGI; più che buono è il design delle ragazze; ottime sono le espressioni; qualche problema c’è invece con l’integrazione fondali/personaggi, dove quest’ultimi, sembrano un po’ figurine incollate sopra i primi. Ci sono molti fermi immagine, e i soggetti che non agiscono, sono quasi sempre immobili. Fastidiosa è poi quella specie di aureola bianca, che circonda i vari protagonisti , non capisco se sia una scelta tecnica o artistica, comunque sia, non l'ho trovata una scelta azzeccata.
Non ho la certezza assoluta, perché non ho trovato riscontri in rete, ma mi sembra che nella ending questo anime, venga utilizzato il “HanaKotoba” o linguaggio dei fiori (è la seconda opera, nella quale mi imbatto, dove viene usata tale forma di espressione simbolica) poiché, mentre scorrono le immagini finali, ogni ragazza viene immortalata con una tuta di un colore ben definito, poi ognuna di loro si trasforma in un pinguino e sopra la testa di ogni pinguino, compare un fiore con lo stesso colore della tuta (c’è anche un cappellino in vendita su internet, con i quattro pinguini che hanno questi fiori colorati sulla testa). Essendo i fiori molto stilizzati e non essendo assolutamente un esperto di questa materia, potrei anche essermi sbagliato, tuttavia cercando di sfruttare al meglio le risorse del web, riguardo il “kotoba”, alla fine, sono giunto alle seguenti associazioni: Shirase ha una “fritillaria viola” (amore, maledizione); Mari è invece rappresentata da un “tulipano arancione” (mix tra tulipano giallo e rosso: amore incondizionato, successo, carità, fede); Tamaki ha un “iris blu” (buone notizie, fedeltà); Miyake “quadrifoglio verde” (fortuna). Leggendo le corrispettive definizioni, le prime tre coincidono piuttosto bene, ma Miyake stona un po’.
Una nota di (stra)merito va a alla regia. Come saprete in inglese il regista viene chiamato, “director”, e in questo anime, tale appellativo, calza a pennello con quello che si vede: già dalle inquadrature iniziali, Atsuko Ishizuka, ci tiene a farci intendere, che ha in testa di “girare” un film e non un’animazione, ci poi sono delle scene in cui il buon Ishizuka, come un grande direttore di orchestra, riesce a “concertare”, con grande sapienza i fondali, le musiche e le espressioni delle ragazze, in una magica alchimia, capace di far immergere lo spettatore nella meraviglia di questo “ luogo più lontano dell’universo”, e di farlo sentire il quinto “pinguino” della storia.
La sensazione che mi è rimasta dopo essere giunto al finale, è quella di aver assistito a un’opera molto autobiografica, non perché l’autore abbia intrapreso un viaggio verso il polo (almeno non penso, anche se, sicuramente, si è ben documentato), ma perché, tale storia, sembra un tributo all’impresa in sé. E diventare autore, di manga o anime, da quello che si legge, non appare essere una marcia trionfale, lungo una strada lastrica d’oro, ma piuttosto un lungo viaggio fatto di duro lavoro, di porte sbattute in faccia, di derisioni e invidie, con amici che scompaiono al momento del bisogno, ma che sono sempre pronti a tornare in caso di successo. Dove c’è anche chi si è perso lungo il cammino e chi ci ha rimesso la vita. Così l’urlo liberatorio della Shirase che raggiunge la meta , sembra l’urlo di Hanada o forse di tutto il team… perché il racconto di questa impresa, è anche il racconto della loro impresa!
Per capire l’abilità Jukki Hanada, lo sceneggiatore di “A Place Further than the Universe”, bisogna partire da quello che qui manca: non c’è una storia sentimentale; non ci sono combattimenti; non ci sono misteri da risolvere; è privo di scene equivoche e piccanti; non ci sono tette e cu*i al vento; mancano assolutamente sketch ripetitivi e monotematici, insomma non c’è nessun appiglio narrativo, al quale, chi scrive, possa aggrapparsi.
C’è, invece il racconto, apparentemente surreale, di quattro ragazzine, che decidono di intraprendere una lunga traversata, verso l’Antartide. Ogni episodio, ben collegato l’uno all’altro, ripercorre le tappe dell’avventura e in ogni puntata, la scrittura, la musica e la regia riescono a dare il meglio: in qualsiasi di questi 13 episodi, si alternano scene divertenti, introspettive e malinconiche, ben amalgamate da una colonna sonora sempre sul pezzo, e ogni volta a mancare (fortunatamente ) è il sentore di “già visto”. Certo “il viaggio dell’eroe” è vecchio quanto Ulisse, ma qui è perfettamente declinato in un’avventura moderna, solida, e resa credibile da una raffinata narrazione, dove la lunga traversata, rappresenta simbolicamente un rito iniziatico, che permette a delle acerbe adolescenti di divenire finalmente, giovani donne.
“A Place Further than the Universe” è, in sostanza, un’opera matura e originale, nata da una sceneggiatura destinata a questa animazione, il cui manga è stato realizzato successivamente, ma che poteva tranquillamente essere tratta da un romanzo (per essere onesti, bisogna dire che non manca qualche forzatura narrativa e qualche sbavatura tecnica, ma la trama non prometteva niente di buono).
Le quattro ragazze, inizialmente, potranno apparire piuttosto stereotipate perché abbiamo : la timorosa sognatrice (Mari), la leader introversa (Shirase), l’estroversa ottimista (Miyake) e la idol “in erba”, un po’ fuori dal mondo (Tamaki), tuttavia ognuna di loro avrà un approfondimento e soprattutto manifesterà, già dai primi episodi, comportamenti ben più complessi, di quelli che potevano sembrare coerenti con gli stereotipi appena sopra enunciati: sarà la timorosa Mari a soccorrere la leader Shirase, che sarà anche defenestrata, provvisoriamente, nella “leadership” del gruppo, ma sarà lei, incapace di parlare in pubblico, ad esprimere i discorsi più appassionanti e toccanti di questa avventura. Anche Miyake e Tamaki, personaggi sicuramente meno curati, oltre ad una inevitabile maturazione, mostreranno durante lo scorrere degli eventi, delle sfaccettature caratteriali, più vicine alle opere letterari, piuttosto che alle comuni animazioni.
Come tutte le opere più profonde e ambiziose, anche questo anime nasconde una propria filosofia al suo interno, anche se qui più che di “una” filosofia, bisognerebbe parlare di “filosofie”: all’inizio mi aspettavo il classico viaggio, dove l’eroe, una volta raggiunto l’ambito traguardo, comprende che non è la meta il vero tesoro, ma il viaggio in sé. In realtà il messaggio, che cerca di mandarci l’autore, è un po’ più articolato, perché già “l’intenzione” del viaggio, maturata da Mari (la timorosa sognatrice), libera in lei impetuose energie, che giacevano intrappolate nel suo cuore, ben rappresentate dalla piccola diga che straripa. Saranno poi molto più dure le prove che le giovani dovranno affrontare per salire su quella nave, che non quelle al suo interno. Ma anche la destinazione, non è affatto una fredda e arida distesa di ghiaccio, utile solo a piantarci sopra la propria bandierina, ma racchiude in sé un forte potere catartico, che ricorda molto i duri, ma proficui eremi dei mistici religiosi.
“A Place Further than the Universe”, è anche un inno all’ ”Amicizia”, quella con una bella “A” maiuscola, basata non sull’opportunismo, o su una pigra abitudine, ma sulla sincerità; dimostrata non con vuote parole, ma con significativi gesti, fondata quindi sulle emozioni, e di fatto non completamente definibile o razionalizzabile.
Il comparto sonoro è eccellente, con una opening vivace ed energica, una ending calda e malinconica , con una OST che si sposa armoniosamente con la narrazione degli eventi. Riguardo il comparto visivo, il discorso è un po’ più complesso: buoni sono i fondali; discreta è la CGI; più che buono è il design delle ragazze; ottime sono le espressioni; qualche problema c’è invece con l’integrazione fondali/personaggi, dove quest’ultimi, sembrano un po’ figurine incollate sopra i primi. Ci sono molti fermi immagine, e i soggetti che non agiscono, sono quasi sempre immobili. Fastidiosa è poi quella specie di aureola bianca, che circonda i vari protagonisti , non capisco se sia una scelta tecnica o artistica, comunque sia, non l'ho trovata una scelta azzeccata.
Non ho la certezza assoluta, perché non ho trovato riscontri in rete, ma mi sembra che nella ending questo anime, venga utilizzato il “HanaKotoba” o linguaggio dei fiori (è la seconda opera, nella quale mi imbatto, dove viene usata tale forma di espressione simbolica) poiché, mentre scorrono le immagini finali, ogni ragazza viene immortalata con una tuta di un colore ben definito, poi ognuna di loro si trasforma in un pinguino e sopra la testa di ogni pinguino, compare un fiore con lo stesso colore della tuta (c’è anche un cappellino in vendita su internet, con i quattro pinguini che hanno questi fiori colorati sulla testa). Essendo i fiori molto stilizzati e non essendo assolutamente un esperto di questa materia, potrei anche essermi sbagliato, tuttavia cercando di sfruttare al meglio le risorse del web, riguardo il “kotoba”, alla fine, sono giunto alle seguenti associazioni: Shirase ha una “fritillaria viola” (amore, maledizione); Mari è invece rappresentata da un “tulipano arancione” (mix tra tulipano giallo e rosso: amore incondizionato, successo, carità, fede); Tamaki ha un “iris blu” (buone notizie, fedeltà); Miyake “quadrifoglio verde” (fortuna). Leggendo le corrispettive definizioni, le prime tre coincidono piuttosto bene, ma Miyake stona un po’.
Una nota di (stra)merito va a alla regia. Come saprete in inglese il regista viene chiamato, “director”, e in questo anime, tale appellativo, calza a pennello con quello che si vede: già dalle inquadrature iniziali, Atsuko Ishizuka, ci tiene a farci intendere, che ha in testa di “girare” un film e non un’animazione, ci poi sono delle scene in cui il buon Ishizuka, come un grande direttore di orchestra, riesce a “concertare”, con grande sapienza i fondali, le musiche e le espressioni delle ragazze, in una magica alchimia, capace di far immergere lo spettatore nella meraviglia di questo “ luogo più lontano dell’universo”, e di farlo sentire il quinto “pinguino” della storia.
La sensazione che mi è rimasta dopo essere giunto al finale, è quella di aver assistito a un’opera molto autobiografica, non perché l’autore abbia intrapreso un viaggio verso il polo (almeno non penso, anche se, sicuramente, si è ben documentato), ma perché, tale storia, sembra un tributo all’impresa in sé. E diventare autore, di manga o anime, da quello che si legge, non appare essere una marcia trionfale, lungo una strada lastrica d’oro, ma piuttosto un lungo viaggio fatto di duro lavoro, di porte sbattute in faccia, di derisioni e invidie, con amici che scompaiono al momento del bisogno, ma che sono sempre pronti a tornare in caso di successo. Dove c’è anche chi si è perso lungo il cammino e chi ci ha rimesso la vita. Così l’urlo liberatorio della Shirase che raggiunge la meta , sembra l’urlo di Hanada o forse di tutto il team… perché il racconto di questa impresa, è anche il racconto della loro impresa!
A caldo!
Bellissimo anime se amate gli anime in cui la natura è protagonista, in cui ci siano l'amicizia e la commozione, ma anche la simpatia questo è uno di quegli anime da non perdere.
Ha significati importanti che emergono in ogni puntata.
Una ragazza incontra colei che sarà la promotrice del suo sogno, la sua vita era monotona, ma grazie a questa conoscenza improvvisa si metterà in moto tutta una serie di meccanismi che la porterà finalmente a fare avverare il suo desiderio di vivere la sua gioventù.
L'anime non si ferma, però, al sogno di un solo personaggio, ma unisce il desiderio di tutte e quattro le protagoniste, perché a me ha fatto percepire che tutte le ragazze, chi più chi meno, fossero importanti! E la missione che devono intraprendere è importante, un grande grandissimo messaggio dietro questa storia di affetti . E anche una sensazione di meraviglia per il pianeta, che dobbiamo proteggere.
Mi ha lasciato un senso di commozione e felicità per averlo potuto vedere, consigliato!
Bellissimo anime se amate gli anime in cui la natura è protagonista, in cui ci siano l'amicizia e la commozione, ma anche la simpatia questo è uno di quegli anime da non perdere.
Ha significati importanti che emergono in ogni puntata.
Una ragazza incontra colei che sarà la promotrice del suo sogno, la sua vita era monotona, ma grazie a questa conoscenza improvvisa si metterà in moto tutta una serie di meccanismi che la porterà finalmente a fare avverare il suo desiderio di vivere la sua gioventù.
L'anime non si ferma, però, al sogno di un solo personaggio, ma unisce il desiderio di tutte e quattro le protagoniste, perché a me ha fatto percepire che tutte le ragazze, chi più chi meno, fossero importanti! E la missione che devono intraprendere è importante, un grande grandissimo messaggio dietro questa storia di affetti . E anche una sensazione di meraviglia per il pianeta, che dobbiamo proteggere.
Mi ha lasciato un senso di commozione e felicità per averlo potuto vedere, consigliato!
La storia apparentemente narra di Mari che si accorge che non ha fatto nulla di quanto si era proposta prima di iniziare le superiori, nemmeno saltare un giorno di scuola. Il motivo è che ha sempre avuto paura di fallire, o che le cose non andassero come voleva. Quindi per paura di rimanerci male, non ha mai iniziato nulla. Finché non incrocia -quasi letteralmente- Shirase. Ragazza la cui madre è morta tre anni prima in una spedizione in Antartide e per cui vuole, a tutti i costi, raggiungere quel luogo lontano e inospitale. A loro si aggiungeranno Hinata (ragazza che ha lasciato al scuola) e Yuzuki ragazzina attrice che sarà il modo per le altre di poter raggiungere l’Antartide.
Trama banale? Sì. Se fosse la vera trama. La vera trama è il viaggio attraverso l’amicizia, non solo l’amicizia che nasce fra le quattro ragazze, ma anche quelle false e ipocrite che si sono lasciate dietro e che, chi in più, chi in meno, hanno lasciato il segno. E’ un viaggio attraverso la loro presa di coscienza della amara realtà fatta, sì, di sogni, ma anche di gente meschina ed egoista. Ma così come in Antartide si sopravvive solo lavorando in squadra, così le loro ferite possono guarire solo grazie lavorando insieme. Hanno pianto insieme, hanno litigato insieme e insieme hanno mandato a quel paese chi non credeva in loro, chi le ha sfruttate e chi non ha mai creduto realmente in loro.
I personaggi sono ben fatti, con le loro forze, debolezze e vizi (avrei preferito una voce meno fastidiosa per Hinata, ma va beh…). Unica forzatura nella trama, o meglio, l’unico deus ex machina è lo scopo di Yuzuki che permette a tutte di fare il viaggio. Onestamente è l’unica cosa un po’ stonata. Tutto il resto non è per nulla irrealistico o assurdo: normali comportamenti di sedicenni allo sbaraglio, normali comportamenti di persone adulte che lavorano in ambito scientifico (giudizio dato con cognizione di causa). Sopratutto si assiste a una crescita di tutte e quattro le ragazze, ma non solo di loro, anche dei personaggi comprimari, cosa assai rara in ogni ambito.
L’anime è piacevole anche per le emozioni che suscita: rabbia (raramente ho pensato, guardando un personaggio, “che stron@!”), amarezza, gioia, tristezza; tutte emozioni costruite passo dopo passo, che crescono con naturalezza e sfociano, a volte, in qualche lacrima.
Si ride assieme alle protagoniste, si piange assieme a loro e ci si emoziona assieme a loro innanzi agli spettacoli che la natura sa offrire.
Trama banale? Sì. Se fosse la vera trama. La vera trama è il viaggio attraverso l’amicizia, non solo l’amicizia che nasce fra le quattro ragazze, ma anche quelle false e ipocrite che si sono lasciate dietro e che, chi in più, chi in meno, hanno lasciato il segno. E’ un viaggio attraverso la loro presa di coscienza della amara realtà fatta, sì, di sogni, ma anche di gente meschina ed egoista. Ma così come in Antartide si sopravvive solo lavorando in squadra, così le loro ferite possono guarire solo grazie lavorando insieme. Hanno pianto insieme, hanno litigato insieme e insieme hanno mandato a quel paese chi non credeva in loro, chi le ha sfruttate e chi non ha mai creduto realmente in loro.
I personaggi sono ben fatti, con le loro forze, debolezze e vizi (avrei preferito una voce meno fastidiosa per Hinata, ma va beh…). Unica forzatura nella trama, o meglio, l’unico deus ex machina è lo scopo di Yuzuki che permette a tutte di fare il viaggio. Onestamente è l’unica cosa un po’ stonata. Tutto il resto non è per nulla irrealistico o assurdo: normali comportamenti di sedicenni allo sbaraglio, normali comportamenti di persone adulte che lavorano in ambito scientifico (giudizio dato con cognizione di causa). Sopratutto si assiste a una crescita di tutte e quattro le ragazze, ma non solo di loro, anche dei personaggi comprimari, cosa assai rara in ogni ambito.
L’anime è piacevole anche per le emozioni che suscita: rabbia (raramente ho pensato, guardando un personaggio, “che stron@!”), amarezza, gioia, tristezza; tutte emozioni costruite passo dopo passo, che crescono con naturalezza e sfociano, a volte, in qualche lacrima.
Si ride assieme alle protagoniste, si piange assieme a loro e ci si emoziona assieme a loro innanzi agli spettacoli che la natura sa offrire.
Per me sarà molto difficile parlare di ''Sora Yori mo Tooi Basho'', in quanto si tratta di uno dei miei anime preferiti in assoluto, mi ha dato molto e in parte mi ha cambiato.
Premetto che, a differenza di altre recensioni, cercherò di concentrarmi di meno sugli aspetti più tecnici, di scrivere col cuore, e di parlare di ciò che per me significa questa meravigliosa opera.
Ho scoperto questa serie in un periodo molto difficile della mia vita, molto simile a quello della protagonista Tamaki Mari, personaggio in cui mi sono rivisto tantissimo, poiché io, come lei, mi trovavo, e mi trovo tutt'ora, in una situazione di vuoto, la mia vita è piatta, monotona, e non riesco ad uscire dal mio guscio sebbene abbia un grande desiderio di farlo, ho una grande voglia di fare, di godermi la vita, divertirmi e dare valore al mio breve periodo di adolescenza, ma non ci riesco: come la protagonista, mi trovo sommerso in un immenso oceano da cui non riesco ad emergere, e dopo mesi passati a vivere come un'ameba, mi ero ormai arreso ad una vita povera e priva di soddisfazioni, arrivando addirittura a pensare molto spesso al suicidio.
Il bellissimo messaggio che questo anime mi ha lasciato, è quello di non mollare mai, di dare tutto me stesso per realizzare in primis me stesso, e successivamente i miei obbiettivi.
La vita purtroppo è più breve di quanto pensiamo, ed il tempo scorre sempre più velocemente, se perdiamo tempo inutile a piangerci addosso, arriveremo, alla fine della nostra vita con nulla in mano e con tanti rimorsi, e nel mio caso, quello di non aver vissuto come avrei voluto, e di essere andato avanti per inerzia con il semplice scopo di soddisfare i miei bisogni biologici.
Il personaggio che incarna alla perfezione questo insegnamento è la meravigliosa Kobuchizawa Shirase, ragazza che è stata per me e le protagoniste, una fonte di salvezza: lei ha un obbiettivo, e vive unicamente per quello, malgrado sia una persona molto fragile e legata ai pessimi ricordi, non si cura minimamente del giudizio degli altri, lei deve andare in Antartide e chiudere i conti col proprio passato, e quando avrà raggiunto il suo scopo, potrà dire a tutti coloro che non credono in lei ''Alla faccia vostra''.
Shirase è colei che permetterà a Tamaki Mari e ad altre due ragazze che si aggiungeranno al gruppo, di vivere una fantastica avventura alla volta dell'Antartide, viaggio in cui le quattro ragazze si troveranno a fare i conti con se stesse, crescere interiormente e grazie all'indissolubile legame che formeranno nel corso del viaggio, superano i propri drammi a testa alta, con la consapevolezza che non saranno mai più da sole, pur tornando a casa con la nostalgia dello splendido viaggio che le ha cambiate, loro sono felici, felici di essere vive e di avere un fortissimo legame che le terrà legate per sempre.
''Sora Yori mo Tooi Basho'' è questo, è amicizia, divertimento, tristezza, ma soprattutto speranza.
Mi ha insegnato, insieme ad altri anime, cosa vuol dire vivere e quanto sia bello farlo nonostante l'infinità di problemi che ti attanagliano, e che ti attanaglieranno per sempre, e per me significa proprio questo: cadere e rialzarsi, e non c'è nulla di più bello di rialzarsi grazie alle persone che ami. E dopo che ti sei rialzato, ripenserai con malinconia, ma anche felicità, ai tuoi problemi del passato, pronto ad affrontarne altri con il sorriso.
Questa è una serie che fa, e che farà sempre parte del mio cuore, anche se non sono ancora riuscito ad uscire totalmente dal mio guscio, questo anime mi ha dato speranza e voglia di fare, e anche se non dovessi riuscirci mai, gli sarò sempre grato.
Grazie Mari, Shirase, Hinata e Yuzuki, per avermi dato la forza di continuare a vivere.
Premetto che, a differenza di altre recensioni, cercherò di concentrarmi di meno sugli aspetti più tecnici, di scrivere col cuore, e di parlare di ciò che per me significa questa meravigliosa opera.
Ho scoperto questa serie in un periodo molto difficile della mia vita, molto simile a quello della protagonista Tamaki Mari, personaggio in cui mi sono rivisto tantissimo, poiché io, come lei, mi trovavo, e mi trovo tutt'ora, in una situazione di vuoto, la mia vita è piatta, monotona, e non riesco ad uscire dal mio guscio sebbene abbia un grande desiderio di farlo, ho una grande voglia di fare, di godermi la vita, divertirmi e dare valore al mio breve periodo di adolescenza, ma non ci riesco: come la protagonista, mi trovo sommerso in un immenso oceano da cui non riesco ad emergere, e dopo mesi passati a vivere come un'ameba, mi ero ormai arreso ad una vita povera e priva di soddisfazioni, arrivando addirittura a pensare molto spesso al suicidio.
Il bellissimo messaggio che questo anime mi ha lasciato, è quello di non mollare mai, di dare tutto me stesso per realizzare in primis me stesso, e successivamente i miei obbiettivi.
La vita purtroppo è più breve di quanto pensiamo, ed il tempo scorre sempre più velocemente, se perdiamo tempo inutile a piangerci addosso, arriveremo, alla fine della nostra vita con nulla in mano e con tanti rimorsi, e nel mio caso, quello di non aver vissuto come avrei voluto, e di essere andato avanti per inerzia con il semplice scopo di soddisfare i miei bisogni biologici.
Il personaggio che incarna alla perfezione questo insegnamento è la meravigliosa Kobuchizawa Shirase, ragazza che è stata per me e le protagoniste, una fonte di salvezza: lei ha un obbiettivo, e vive unicamente per quello, malgrado sia una persona molto fragile e legata ai pessimi ricordi, non si cura minimamente del giudizio degli altri, lei deve andare in Antartide e chiudere i conti col proprio passato, e quando avrà raggiunto il suo scopo, potrà dire a tutti coloro che non credono in lei ''Alla faccia vostra''.
Shirase è colei che permetterà a Tamaki Mari e ad altre due ragazze che si aggiungeranno al gruppo, di vivere una fantastica avventura alla volta dell'Antartide, viaggio in cui le quattro ragazze si troveranno a fare i conti con se stesse, crescere interiormente e grazie all'indissolubile legame che formeranno nel corso del viaggio, superano i propri drammi a testa alta, con la consapevolezza che non saranno mai più da sole, pur tornando a casa con la nostalgia dello splendido viaggio che le ha cambiate, loro sono felici, felici di essere vive e di avere un fortissimo legame che le terrà legate per sempre.
''Sora Yori mo Tooi Basho'' è questo, è amicizia, divertimento, tristezza, ma soprattutto speranza.
Mi ha insegnato, insieme ad altri anime, cosa vuol dire vivere e quanto sia bello farlo nonostante l'infinità di problemi che ti attanagliano, e che ti attanaglieranno per sempre, e per me significa proprio questo: cadere e rialzarsi, e non c'è nulla di più bello di rialzarsi grazie alle persone che ami. E dopo che ti sei rialzato, ripenserai con malinconia, ma anche felicità, ai tuoi problemi del passato, pronto ad affrontarne altri con il sorriso.
Questa è una serie che fa, e che farà sempre parte del mio cuore, anche se non sono ancora riuscito ad uscire totalmente dal mio guscio, questo anime mi ha dato speranza e voglia di fare, e anche se non dovessi riuscirci mai, gli sarò sempre grato.
Grazie Mari, Shirase, Hinata e Yuzuki, per avermi dato la forza di continuare a vivere.
Un antico proverbio indiano recita: “viaggiando alla scoperta delle terre a noi ignote, troveremo un intero continente dentro noi stessi”.
Simile ad un innocente desiderio riposto nell’angolo più puro del cuore, “A Place Further Than the Universe" (letteralmente “un posto più lontano dell’universo”), si rivela la frizzante, leggera metafora dell’eterno dualismo fra il desiderare ed il sognare ad occhi aperti contrapposti alla perfida paura che da sempre attanaglia il cuore dell’essere umano, ovvero il viaggio verso l’ignoto e l’abbandono delle proprie certezze.
Col passare dei secoli siamo diventate creature abitudinarie e sedentarie, raramente nomadi per pensiero più che fisicamente, tuttavia le spericolate eccezioni emerse da tale tendenza si sono rivelate, nel corso della storia, individui capaci di rendersi celebri ed immortali proprio grazie ai loro viaggi. Colombo, Polo, Magellano, Armstrong: ognuno di loro partiva con poche certezze, tante paure, ma sopra ogni cosa, un irrefrenabile desiderio di scoperta, conferma, fascino e curiosità. Così è stato, e così sarà per sempre, perché questo è l’essere umano.
Sovente, chi ha il coraggio di cambiare mettendosi in gioco fino alla fine va incontro ad una scommessa che si rivela invero vinta già in partenza: affrontare l’ignoto per trionfare sulle proprie insicurezze è già di per sé un successo morale profondamente personale, ed è proprio in questo anime che tali vibrazioni si palesano sotto varie forme, sensazioni e colori: c’è chi è in cerca della propria madre, chi scappa da una routine asfissiante e fin troppo professionale per un’adolescente, chi vuole dare una scossa alla propria vita e chi fugge da brutti ricordi e pessime amicizie…
Ma non sempre fuga fa rima con codardia, anzi: ci vuole tanto, tanto coraggio per cambiare radicalmente i propri punti di riferimento, ed è sorprendente quanto questo si possa rivelare incisivo per una crescita spirituale interiore.
Mari è una liceale con tanta voglia di dare una svolta alla propria vita. Anela ad assaporare la sua gioventù al massimo, in cerca di qualcosa d’adrenalinico e scoppiettante. Vorrebbe intraprendere un viaggio in un luogo lontanissimo ed indimenticabile, ma la realtà è che ha addirittura paura di allontanarsi dalla porta di casa, e questo stridere fra desideri e timori la rende insofferente e insoddisfatta. Destino vuole che la sua stessa scuola sia frequentata da una coriacea, onesta e introversa coetanea di nome Shirase, che da tutti, goliardicamente, è soprannominata “Antarctic”, poiché non fa altro che parlare di voler “andare in Antartide”.
Beh, un luogo assurdamente lontano, letteralmente un posto all’altro capo del mondo, invivibile per temperature e morfologia, dove non esiste civiltà alcuna e soltanto spedizioni di ricercatori e scienziati possono recarvisi.
Che ci crediate o meno, Shirase non scherza.
Fa sul serio. Nei suoi occhi balena spesso quella determinazione che rese grandi gli esploratori del passato, anche se le sue intenzioni non sono mosse principalmente da spirito d’avventura o desiderio di scoperta: la sua è una vera e propria missione emotiva alla ricerca della madre scomparsa anni prima, proprio durante una sfortunata spedizione nel grande Continente Bianco.
Scoprendo i reali intenti di Shirase, Mari ne rimane inevitabilmente coinvolta, commossa, e nel contempo, attratta. Fra paure, confusione ed una preziosa amicizia che sta germogliando senza che nessuna delle due se ne renda conto, Shirase trascinerà la compagna nel “posto più lontano dell’universo”, ma non saranno le sole minorenni a bordo della grande rompighiaccio con rotta sud: all’improbabile, simpaticissima coppia di giovani ragazze se ne aggiungeranno altre due, Hinata e Yuzuki, entrambe con motivazioni che le spingeranno ad aggiungersi senza remore, lasciandosi alle spalle ogni abitudine e riferimento - amicizie gelose ed ingrate, lavoro, famiglia, scuola, impegni. Tutto.
Guardarsi avanti, prendere la vita a piene mani, saltare le proprie paure a piè pari. Camminare a passo spedito, correre, respirare a fondo e a lungo, liberi da pensieri: “A Place Further Than the Universe" è un crescendo d’inarrestabile tenerezza e sentimento. Le sfumature emotive sono di una naturalezza disarmante; s’amalgamano perfettamente ad una colonna sonora fluida, contingente alle dinamiche della vicenda. La comicità spesso spiazzante, diretta e con pause studiate che ne valorizzano l’ironia, strappano più di una genuina risata e sono da contorno ad una trama forse fin troppo semplice e per nulla complessa, genuinamente realistica, quanto basta per non avvertire il bisogno d’altro.
La paura del viaggio verso l’ignoto si palesa in quest’anime con le malcelate vesti della similitudine più classica, un freno a mano tirato per chi teme di buttarsi sia nella vita che nelle relazioni personali, il classico terrore di lanciarsi nel vuoto e spingersi “all’avventura” (in tutte le sue forme), lasciandosi alle spalle la propria confort zone; ma l’adolescenza è l’età in cui tutto questo fa sia più spavento, sia eccita di più, e l’incoscienza della gioventù può talvolta dare una mano a sganciarsi definitivamente da tali impedimenti. Ognuna di queste sfumature viene ivi dipinta coi colori dell’animo femminile di quattro simpaticissime, differenti ragazze che vi entreranno nel cuore dalla porta principale in una manciata di episodi, grazie al semplice, spontaneo realismo con cui verranno proposte.
La costruzione della trama, come accennato, apparentemente fluida e semplice, vien servita allo spettatore suddivisa in tre parti: vibrante e scoppiettante l’incipit, in sordina la parte centrale – con un netto crescendo - verso un finale davvero memorabile. Nonostante la brevità della serie, si percepisce con piacere che ogni tassello sia perfettamente al proprio posto e non manchi davvero nulla. Le sfumature emotive delle protagoniste vengono approfondite, intrecciate tanto da tessere un quadro sempre più vivo e realistico, credibile e coeso, così come appare realistico il loro percorso di crescita interiore e di avvicinamento alla spedizione, che si rivelerà un gran trampolino di lancio per una svolta psicologica definitiva.
Si parla di emozioni vere, di umanità, di fragilità, di errori e di rimorsi.
Questa è la vita. Man mano che procede, l’anime esplora l’emotività legata all’amicizia adolescenziale mettendo in primo piano pregi e difetti spesso inevitabili, come gelosia, rabbia, affetto sincero, impetuosità, attaccamento, dipendenza, paura, gioia e chi ne ha più ne metta. Tutto questo rende le protagoniste eccezionalmente reali, in una crescita continua che ce le fa percepire vere, (quasi) mai artefatte o messe sul palcoscenico del viaggio solo per funzionalità di trama.
Altro grande pregio del prodotto è la minuzia nei particolari, soprattutto degli ambienti tecnici e meccanici (la nave, la stazione antartica, gli scenari urbani); ogni fondale si rivela impeccabile e ricreato in modo sublime.
Un livello artistico molto valido, quindi. Quando infine si giunge in Antartide, ecco che i paesaggi quasi-lunari del famoso Grande Bianco e tutte le rifrazioni di luce non possono che affascinarci. Come fosse reale, ogni elemento vibra e permane congelato al tempo stesso, scuotendo le corde dell’anima e gratificando l’occhio dello spettatore. Le animazioni si rivelano oneste ma non eccelse, relativamente discrete, così come un character design classico moderno che non stupisce, senza infamia né lode, ma che comunque svolge il suo onesto lavoro, quasi sempre sopra la sufficienza.
Il comparto sonoro è pieno di saliscendi, sicuramente orecchiabile, con un’opening scoppiettante ed una ending davvero meravigliosa, un ondeggiare fra malinconia e sogni futuri, note serene di una dolcezza unica.
“A Place Further Than the Universe" è uno slice of life che trasmette grande positività.
Se dovessimo riassumerlo in una metafora concettuale, potremmo dire che si tratta di un vaso traboccante di ottimismo e amor proprio: un inno al non lasciarSi indietro, non smarrirSi per le proprie paure, non metterSi in secondo piano. In poche parole, un incoraggiamento animato.
Affrontare la vita con l’impeto di un’adolescente, ci siamo mai riusciti davvero? Forse si, forse no, ma la vita è una sola, e come diceva Lorenzo de’Medici, “gioite ora, che del doman non v’è certezza”. Quando i problemi ci schiacciano e crediamo che non ci sia via d’uscita, trovare quella marcia in più che ci faccia scattare in avanti diventa un obbligo e un dovere nei nostri stessi confronti, un modo per amarci, rispettarci e darci un’altra possibilità.
Il finale dell’anime è davvero toccante. Man mano che gli ultimi episodi scorrono sotto i nostri occhi, i parallelismi fra il presente delle protagoniste e i flashback frammentati che lentamente vanno a comporre il mosaico delle relazioni fra i vari personaggi intensificano un dramma che non viene mai esposto brutalmente, fatto sempre intendere con un garbo ed una misuratezza impeccabili. Ogni personaggio principale è infine caratterizzato ed approfondito in modo unico come raramente si è visto un una serie di soli tredici episodi, fino al raggiungimento di un epilogo intenso e riflessivo, con scene di taglio espressamente cinematografico.
Parlare di amicizia non è mai facile, e qui lo si fa alla grande.
Il viaggio delle quattro giovanissime esploratrici è più interiore che fisico; viaggiare, mettersi alla prova, affrontare avversità e provare a fidarsi di chi abbiamo vicino può davvero accrescerci psicologicamente, donandoci esperienze che mai avremmo potuto anche solo immaginare senza abbandonare la nostra confortante ma rigida, inflessibile abitudinarietà.
E da tutto questo, s’evince una riflessione tanto semplice quanto fondamentale: l’amicizia (in tutte le sue mutabili, imprevedibili forme) non è qualcosa che si possa spiegare semplicemente a parole, tanto meno in una recensione. È soggettiva, diversa da ogni altra relazione esistente fra esseri umani, e quella vera è talmente rara che riuscire ad incontrare un’altra persona con cui condividerla attraverso il nostro medesimo spettro emotivo è qualcosa di più raro dell’amore corrisposto, poiché più leggero e ancor più senza vincoli: solo e soltanto affetto incondizionato, quel desiderio di compagnia, quel semplice sapere che l’altro/a c’è e ci sarà, a prescindere da tutto e da tutti.
Senza molti giri di parole, l’amicizia narrata in “A Place Further Than the Universe" è qualcosa di magico, verosimile e al tempo stesso fragile, e perciò, infinitamente prezioso.
Non fatevi un torto, guardatevela al più presto, ma preparate i fazzoletti se siete persone empatiche o sensibili: la metafora è nella catarsi di un epilogo che non è affatto la “fine”. Siamo tutti sulla stessa barca, tutti con un grande desiderio di raggiungere quell’Antartide agognato per dare una svolta alla nostra vita, e che si chiami davvero Antartide o in qualsiasi altro modo poco importa, perché quello che ci regalano Shirase, Mari, Hinata e Yuzuki è un insegnamento tanto semplice quanto potentissimo e infervorante:
Non arrendetevi mai, qualsiasi cosa vi dicano, qualsiasi cosa pensino di voi, e tenetevi stretto chi nel bene e nel male vi rimarrà accanto, perché i veri amici sono quelli, quelli che piuttosto di vedervi soffrire da soli faranno a metà col vostro dolore e con le vostre lacrime.
Simile ad un innocente desiderio riposto nell’angolo più puro del cuore, “A Place Further Than the Universe" (letteralmente “un posto più lontano dell’universo”), si rivela la frizzante, leggera metafora dell’eterno dualismo fra il desiderare ed il sognare ad occhi aperti contrapposti alla perfida paura che da sempre attanaglia il cuore dell’essere umano, ovvero il viaggio verso l’ignoto e l’abbandono delle proprie certezze.
Col passare dei secoli siamo diventate creature abitudinarie e sedentarie, raramente nomadi per pensiero più che fisicamente, tuttavia le spericolate eccezioni emerse da tale tendenza si sono rivelate, nel corso della storia, individui capaci di rendersi celebri ed immortali proprio grazie ai loro viaggi. Colombo, Polo, Magellano, Armstrong: ognuno di loro partiva con poche certezze, tante paure, ma sopra ogni cosa, un irrefrenabile desiderio di scoperta, conferma, fascino e curiosità. Così è stato, e così sarà per sempre, perché questo è l’essere umano.
Sovente, chi ha il coraggio di cambiare mettendosi in gioco fino alla fine va incontro ad una scommessa che si rivela invero vinta già in partenza: affrontare l’ignoto per trionfare sulle proprie insicurezze è già di per sé un successo morale profondamente personale, ed è proprio in questo anime che tali vibrazioni si palesano sotto varie forme, sensazioni e colori: c’è chi è in cerca della propria madre, chi scappa da una routine asfissiante e fin troppo professionale per un’adolescente, chi vuole dare una scossa alla propria vita e chi fugge da brutti ricordi e pessime amicizie…
Ma non sempre fuga fa rima con codardia, anzi: ci vuole tanto, tanto coraggio per cambiare radicalmente i propri punti di riferimento, ed è sorprendente quanto questo si possa rivelare incisivo per una crescita spirituale interiore.
Mari è una liceale con tanta voglia di dare una svolta alla propria vita. Anela ad assaporare la sua gioventù al massimo, in cerca di qualcosa d’adrenalinico e scoppiettante. Vorrebbe intraprendere un viaggio in un luogo lontanissimo ed indimenticabile, ma la realtà è che ha addirittura paura di allontanarsi dalla porta di casa, e questo stridere fra desideri e timori la rende insofferente e insoddisfatta. Destino vuole che la sua stessa scuola sia frequentata da una coriacea, onesta e introversa coetanea di nome Shirase, che da tutti, goliardicamente, è soprannominata “Antarctic”, poiché non fa altro che parlare di voler “andare in Antartide”.
Beh, un luogo assurdamente lontano, letteralmente un posto all’altro capo del mondo, invivibile per temperature e morfologia, dove non esiste civiltà alcuna e soltanto spedizioni di ricercatori e scienziati possono recarvisi.
Che ci crediate o meno, Shirase non scherza.
Fa sul serio. Nei suoi occhi balena spesso quella determinazione che rese grandi gli esploratori del passato, anche se le sue intenzioni non sono mosse principalmente da spirito d’avventura o desiderio di scoperta: la sua è una vera e propria missione emotiva alla ricerca della madre scomparsa anni prima, proprio durante una sfortunata spedizione nel grande Continente Bianco.
Scoprendo i reali intenti di Shirase, Mari ne rimane inevitabilmente coinvolta, commossa, e nel contempo, attratta. Fra paure, confusione ed una preziosa amicizia che sta germogliando senza che nessuna delle due se ne renda conto, Shirase trascinerà la compagna nel “posto più lontano dell’universo”, ma non saranno le sole minorenni a bordo della grande rompighiaccio con rotta sud: all’improbabile, simpaticissima coppia di giovani ragazze se ne aggiungeranno altre due, Hinata e Yuzuki, entrambe con motivazioni che le spingeranno ad aggiungersi senza remore, lasciandosi alle spalle ogni abitudine e riferimento - amicizie gelose ed ingrate, lavoro, famiglia, scuola, impegni. Tutto.
Guardarsi avanti, prendere la vita a piene mani, saltare le proprie paure a piè pari. Camminare a passo spedito, correre, respirare a fondo e a lungo, liberi da pensieri: “A Place Further Than the Universe" è un crescendo d’inarrestabile tenerezza e sentimento. Le sfumature emotive sono di una naturalezza disarmante; s’amalgamano perfettamente ad una colonna sonora fluida, contingente alle dinamiche della vicenda. La comicità spesso spiazzante, diretta e con pause studiate che ne valorizzano l’ironia, strappano più di una genuina risata e sono da contorno ad una trama forse fin troppo semplice e per nulla complessa, genuinamente realistica, quanto basta per non avvertire il bisogno d’altro.
La paura del viaggio verso l’ignoto si palesa in quest’anime con le malcelate vesti della similitudine più classica, un freno a mano tirato per chi teme di buttarsi sia nella vita che nelle relazioni personali, il classico terrore di lanciarsi nel vuoto e spingersi “all’avventura” (in tutte le sue forme), lasciandosi alle spalle la propria confort zone; ma l’adolescenza è l’età in cui tutto questo fa sia più spavento, sia eccita di più, e l’incoscienza della gioventù può talvolta dare una mano a sganciarsi definitivamente da tali impedimenti. Ognuna di queste sfumature viene ivi dipinta coi colori dell’animo femminile di quattro simpaticissime, differenti ragazze che vi entreranno nel cuore dalla porta principale in una manciata di episodi, grazie al semplice, spontaneo realismo con cui verranno proposte.
La costruzione della trama, come accennato, apparentemente fluida e semplice, vien servita allo spettatore suddivisa in tre parti: vibrante e scoppiettante l’incipit, in sordina la parte centrale – con un netto crescendo - verso un finale davvero memorabile. Nonostante la brevità della serie, si percepisce con piacere che ogni tassello sia perfettamente al proprio posto e non manchi davvero nulla. Le sfumature emotive delle protagoniste vengono approfondite, intrecciate tanto da tessere un quadro sempre più vivo e realistico, credibile e coeso, così come appare realistico il loro percorso di crescita interiore e di avvicinamento alla spedizione, che si rivelerà un gran trampolino di lancio per una svolta psicologica definitiva.
Si parla di emozioni vere, di umanità, di fragilità, di errori e di rimorsi.
Questa è la vita. Man mano che procede, l’anime esplora l’emotività legata all’amicizia adolescenziale mettendo in primo piano pregi e difetti spesso inevitabili, come gelosia, rabbia, affetto sincero, impetuosità, attaccamento, dipendenza, paura, gioia e chi ne ha più ne metta. Tutto questo rende le protagoniste eccezionalmente reali, in una crescita continua che ce le fa percepire vere, (quasi) mai artefatte o messe sul palcoscenico del viaggio solo per funzionalità di trama.
Altro grande pregio del prodotto è la minuzia nei particolari, soprattutto degli ambienti tecnici e meccanici (la nave, la stazione antartica, gli scenari urbani); ogni fondale si rivela impeccabile e ricreato in modo sublime.
Un livello artistico molto valido, quindi. Quando infine si giunge in Antartide, ecco che i paesaggi quasi-lunari del famoso Grande Bianco e tutte le rifrazioni di luce non possono che affascinarci. Come fosse reale, ogni elemento vibra e permane congelato al tempo stesso, scuotendo le corde dell’anima e gratificando l’occhio dello spettatore. Le animazioni si rivelano oneste ma non eccelse, relativamente discrete, così come un character design classico moderno che non stupisce, senza infamia né lode, ma che comunque svolge il suo onesto lavoro, quasi sempre sopra la sufficienza.
Il comparto sonoro è pieno di saliscendi, sicuramente orecchiabile, con un’opening scoppiettante ed una ending davvero meravigliosa, un ondeggiare fra malinconia e sogni futuri, note serene di una dolcezza unica.
“A Place Further Than the Universe" è uno slice of life che trasmette grande positività.
Se dovessimo riassumerlo in una metafora concettuale, potremmo dire che si tratta di un vaso traboccante di ottimismo e amor proprio: un inno al non lasciarSi indietro, non smarrirSi per le proprie paure, non metterSi in secondo piano. In poche parole, un incoraggiamento animato.
Affrontare la vita con l’impeto di un’adolescente, ci siamo mai riusciti davvero? Forse si, forse no, ma la vita è una sola, e come diceva Lorenzo de’Medici, “gioite ora, che del doman non v’è certezza”. Quando i problemi ci schiacciano e crediamo che non ci sia via d’uscita, trovare quella marcia in più che ci faccia scattare in avanti diventa un obbligo e un dovere nei nostri stessi confronti, un modo per amarci, rispettarci e darci un’altra possibilità.
Il finale dell’anime è davvero toccante. Man mano che gli ultimi episodi scorrono sotto i nostri occhi, i parallelismi fra il presente delle protagoniste e i flashback frammentati che lentamente vanno a comporre il mosaico delle relazioni fra i vari personaggi intensificano un dramma che non viene mai esposto brutalmente, fatto sempre intendere con un garbo ed una misuratezza impeccabili. Ogni personaggio principale è infine caratterizzato ed approfondito in modo unico come raramente si è visto un una serie di soli tredici episodi, fino al raggiungimento di un epilogo intenso e riflessivo, con scene di taglio espressamente cinematografico.
Parlare di amicizia non è mai facile, e qui lo si fa alla grande.
Il viaggio delle quattro giovanissime esploratrici è più interiore che fisico; viaggiare, mettersi alla prova, affrontare avversità e provare a fidarsi di chi abbiamo vicino può davvero accrescerci psicologicamente, donandoci esperienze che mai avremmo potuto anche solo immaginare senza abbandonare la nostra confortante ma rigida, inflessibile abitudinarietà.
E da tutto questo, s’evince una riflessione tanto semplice quanto fondamentale: l’amicizia (in tutte le sue mutabili, imprevedibili forme) non è qualcosa che si possa spiegare semplicemente a parole, tanto meno in una recensione. È soggettiva, diversa da ogni altra relazione esistente fra esseri umani, e quella vera è talmente rara che riuscire ad incontrare un’altra persona con cui condividerla attraverso il nostro medesimo spettro emotivo è qualcosa di più raro dell’amore corrisposto, poiché più leggero e ancor più senza vincoli: solo e soltanto affetto incondizionato, quel desiderio di compagnia, quel semplice sapere che l’altro/a c’è e ci sarà, a prescindere da tutto e da tutti.
Senza molti giri di parole, l’amicizia narrata in “A Place Further Than the Universe" è qualcosa di magico, verosimile e al tempo stesso fragile, e perciò, infinitamente prezioso.
Non fatevi un torto, guardatevela al più presto, ma preparate i fazzoletti se siete persone empatiche o sensibili: la metafora è nella catarsi di un epilogo che non è affatto la “fine”. Siamo tutti sulla stessa barca, tutti con un grande desiderio di raggiungere quell’Antartide agognato per dare una svolta alla nostra vita, e che si chiami davvero Antartide o in qualsiasi altro modo poco importa, perché quello che ci regalano Shirase, Mari, Hinata e Yuzuki è un insegnamento tanto semplice quanto potentissimo e infervorante:
Non arrendetevi mai, qualsiasi cosa vi dicano, qualsiasi cosa pensino di voi, e tenetevi stretto chi nel bene e nel male vi rimarrà accanto, perché i veri amici sono quelli, quelli che piuttosto di vedervi soffrire da soli faranno a metà col vostro dolore e con le vostre lacrime.
Anime sicuramente di buon livello, che senza dubbio intrattiene a dovere e, soprattutto, manda un ottimo messaggio, però a mio avviso non ha niente di più rispetto ad altri anime, e non capisco davvero tutto questo eccessivo entusiasmo intorno ad esso.
Il primo episodio mi era piaciuto molto, convincendomi di essere davanti ad un'opera profonda e introspettiva (aspetto che ho trovato fosse sviluppato solo in parte), ma devo dire , purtroppo, che già dal secondo episodio il tutto si è ridimensionato parecchio, indirizzando la trama sulla solita minestra riscaldata, comunque ben fatta, sulla forza dell'amicizia.
La storia è decisamente piacevole e la narrazione di buon livello, e questo non si discute, tuttavia ho trovato diversi aspetti che non mi hanno convinto proprio appieno; innanzitutto, personalmente, la storia è troppo inverosimile, non solo per il viaggio in sé e per le motivazioni che spingono le ragazze a partire (del tutto discutibili), ma anche per quello che accade: sia sulla nave, sia soprattutto per le vicende che accadono quando arrivano a destinazione. Tutto viene raccontato come una grossa scampagnata sulla nave, al limite di una gita scolastica, peccato che si è in Antartide, uno dei luoghi più inospitali sulla faccia della terra, e avrei sicuramente gradito qualche particolare sulle difficoltà legate ad esso. Un altro aspetto che non ho particolarmente gradito è la gestione dell'amicizia tra le ragazze, che inizialmente ho trovato abbastanza "da film" e un pochino troppo forzato nelle reazioni/emozioni. Parere velocissimo sui personaggi, che indubbiamente non solo nulla di originale, ma comunque si adattano adeguatamente alla storia, facendo un'ottima figura.
"A Place Further Than the Universe" come già detto in precedenza rimane indubbiamente un buonissimo titolo, tuttavia sono rimasto un po' deluso dallo svolgimento preso dall'anime, soprattutto per quanto riguarda la gestione psicologica e introspettiva dei personaggi che ho trovato parziale, e decisamente scarna, messa abbastanza in secondo piano rispetto ad altri aspetti, secondo me evitabili, cui si è deciso di dare risalto.
Voto finale: 7
Il primo episodio mi era piaciuto molto, convincendomi di essere davanti ad un'opera profonda e introspettiva (aspetto che ho trovato fosse sviluppato solo in parte), ma devo dire , purtroppo, che già dal secondo episodio il tutto si è ridimensionato parecchio, indirizzando la trama sulla solita minestra riscaldata, comunque ben fatta, sulla forza dell'amicizia.
La storia è decisamente piacevole e la narrazione di buon livello, e questo non si discute, tuttavia ho trovato diversi aspetti che non mi hanno convinto proprio appieno; innanzitutto, personalmente, la storia è troppo inverosimile, non solo per il viaggio in sé e per le motivazioni che spingono le ragazze a partire (del tutto discutibili), ma anche per quello che accade: sia sulla nave, sia soprattutto per le vicende che accadono quando arrivano a destinazione. Tutto viene raccontato come una grossa scampagnata sulla nave, al limite di una gita scolastica, peccato che si è in Antartide, uno dei luoghi più inospitali sulla faccia della terra, e avrei sicuramente gradito qualche particolare sulle difficoltà legate ad esso. Un altro aspetto che non ho particolarmente gradito è la gestione dell'amicizia tra le ragazze, che inizialmente ho trovato abbastanza "da film" e un pochino troppo forzato nelle reazioni/emozioni. Parere velocissimo sui personaggi, che indubbiamente non solo nulla di originale, ma comunque si adattano adeguatamente alla storia, facendo un'ottima figura.
"A Place Further Than the Universe" come già detto in precedenza rimane indubbiamente un buonissimo titolo, tuttavia sono rimasto un po' deluso dallo svolgimento preso dall'anime, soprattutto per quanto riguarda la gestione psicologica e introspettiva dei personaggi che ho trovato parziale, e decisamente scarna, messa abbastanza in secondo piano rispetto ad altri aspetti, secondo me evitabili, cui si è deciso di dare risalto.
Voto finale: 7
Un posto più lontano dell’universo. Ho sempre sognato di poter agguantare una tale meta ma, non riuscendo a capire come riuscirci, l’ho potuta solo sognare ogni singolo giorno... ci ho provato in mille e più modi a raggiungerla ma il tempo scorre troppo in fretta e ti rendi conto troppo tardi che quel momento perfetto per approdarci è già passato. Grazie a quattro folli e meravigliose ragazze ho avuto modo di vivere quello che, per un motivo o per un altro, il destino mi ha precluso.
A Place Further Than the Universe è un anime trasmesso su Crunchyroll, di 13 episodi, progetto originale di Atsuko Ishizuka (già regista di No Game No Life e No Game No Life – Zero –, ed una delle donne più rispettate dell'animazione); un'opera che ci porta nella vita di quattro ragazze che hanno un obiettivo ridicolo e meraviglioso: raggiungere l’Antartide.
Le premesse per un’opera indimenticabile sinceramente non c’erano. Siamo fin troppo abituati a serie che con i pretesti narrativi più strampalati piegano le regole del buon senso, ma Yorimoi riesce a creare una storia narrativamente più che solida e divertente. Sì, gioca sul limite tra realtà e finzione, probabilmente la storia di queste quattro ragazze è inverosimile per la nostra realtà (anche se ci sono casi non così diversi) ma ciò che viviamo grazie a loro è un lungo addio alla parte più dolce e scapestrata della nostra vita, un ultimo inchino alla pubertà prima di arrivare nel mondo dei grandi. Un viaggio che porta in Antartide, ma non è l'ultima meta.
Mari Tamaki: Mia Cara Amica
"Salirò sul treno che va nella direzione opposta alla solita, vedrò tante cose. Ho paura, vorrei tirarmi indietro. Potrebbe risultare tutto inutile."
"Sento che la mia gioventù è in movimento. Sì… è proprio così. Potrebbe succedere qualsiasi cosa. Potrei realizzare qualsiasi cosa. Lo scenario che mi circonda ogni giorno sta cambiando in modo vertiginoso."
Invece di parlare sterilmente della trama, voglio concentrarmi su di lei per approfondire i temi principali della storia, anche perché siamo stati tutti Mari. Ragazzini alle prese con le nostre innocue giornate piene di frivolezze, facendo sempre quello che è necessario (non di più, non di meno) per portare avanti la nostra esistenza e pensare “ma sì, domani è un altro giorno”. C’è un periodo della vita per ogni singola cosa, c’è quindi anche un periodo per decidere che è meglio lasciarsi trasportare dalla corrente della giovinezza che rimanere ancorati al suolo delle certezze. Lei è l’amica che abbiamo avuto e che siamo stati, esattamente come il suo rapporto con Megumi. Rappresenta la consapevolezza che se non siamo riusciti mai a cambiare, è principalmente per colpa nostra, perché amiamo troppo le certezze e farci sostenere, temiamo di essere lasciati indietro in una sorta di circolo vizioso che prima o poi si spezzerà facendoci cadere e lasciandoci con le ginocchia sbucciate, proprio come quando eravamo bambini.
Lei però, a differenza di molti di noi, ha compreso l’importanza di salutare come si deve questa fase della propria vita. Per citare la fantastica opening “The Girls Are Alright!” di Saya: "In classe apro il mio quaderno e fisso una pagina bianca, con una matita scarabocchio “voglio cambiare me stessa”, non posso permettermi di sentirmi persa ancora a lungo". Mari si rende conto che i domani del futuro avranno un sapore diverso rispetto quelli di oggi; si rende conto che a breve arriverà il diploma ed in un batter d’occhio dovrà già pensare al lavoro, al suo posto in società, allo stress dei 20 ruggenti, 30 urlanti, 40 stridenti.
Shirase II: La Nave Che Vede L’Universo
Questo anime è un eccellente esempio di come sceneggiare un’opera originale senza fronzoli, di come poter osare con una trama sopra le righe mantenendo allo stesso tempo una forte nota di realtà, tutto ciò è possibile grazie all’impeccabile cura dei dettagli. La nave rompighiaccio Shirase è una chiara protagonista della storia, un ponte tra le due dimensioni ove danza questa serie. Sappiate inoltre che potete seguire tutti i suoi movimenti tramite questo link, così come potete seguire le “avventure 3D” della stazione Showa cliccando qua.
Ma lo stretto rapporto con l’Antartide non si limita solo a questo. Chiaramente Kobuchizawa Shirase deve il suo nome a Nobu Shirase, la guida per la prima spedizione giapponese in Antartide, anche Hinata Miyake dovrebbe aver preso il suo nome da un membro della stessa spedizione, Yukihiko Miyake; Shiraishi condivide il suo nome con Kazuyuki Shiraishi, ovvero il direttore generale del National Institute of Polar Research, mentre Tamaki ha un nome più singolare, il quale probabilmente è legato a Tamaki Street, la strada dove sorge il Sea Life Acquarium di Auckland (Nuova Zelanda), rinomato in tutto il mondo proprio per il suo Antarctic Encouter, il modo più “tranquillo” che si possa avere per arrivare in Antartide.
Lo stesso titolo dell’opera è in realtà una citazione a Mamoru Mohri, un astronauta giapponese che, quando venne invitato in una ricerca in Antartide, notò divertito: “Ci vogliono pochi minuti per raggiungere lo spazio, ma ci vogliono giorni per raggiungere la Stazione Showa. È più lontana dell’universo”.
Alla Faccia Nostra
"Un posto più lontano dell’universo. Mia madre definiva così questo luogo. È un posto che mette tutto a nudo. Il tempo, la vita, il cuore. Un luogo dove non c’è nulla che possa proteggerti, in cui non puoi nasconderti da nessuna parte.
È un ambiente che mette allo scoperto tutte le cose che ci imbarazzano e quelle che vorremmo nascondere. E così, nudi e in lacrime, siamo costretti ad affrontare noi stessi. Insieme abbiamo superato una prova dietro l’altra."
L’urlo che arriva da Shirase, diretto non solo ai compagni di scuola ma un po’ a tutti noi, è simbolo di quella frustrazione giovanile dove tutto sembra tanto insormontabile quanto possibile. Lei rappresenta meglio di chiunque altro la determinazione e la follia di un’età che si sta per abbandonare, lei più di chiunque altro sarà trasformata da questo viaggio che la porta a ripercorrere i passi di sua madre.
La ricerca della madre, membro della spedizione civile di 3 anni prima ma che risulta tutt’ora dispersa, non è mai stata vissuta realmente con la speranza che lei fosse ancora viva (come una sorta di Made in Abyss a tema pinguino) ma quel che lei vuole è ritrovare i pezzi dell’anima che sua madre ha donato a quella vasta distesa bianca (anche se a volte sembra una torta al cioccolato), comprendere per quale motivo lei abbia donato tutta sé stessa ad un qualcosa di così assurdo. Pinguini a parte, ovviamente, loro sono un motivo valido e palese.
La crescita avviene anche dalle complicazioni dell’amore-odio, la loro è un’età che fa rima con confusione, la nostra Shirase ha odiato così tanto l’Antartide fino arrivare ad amarla nel modo più puro e profondo possibile.
#SeguoChiMiSegue
La fragilità della giovinezza si riflette nel modo in cui gestiamo le nostre amicizie. Yuzu ed Hinata, a differenza di Mari e Shirase, non sono guidate dalla loro risolutezza ma da un senso del dovere. Vero e proprio quando si parla di Yuzu, idol, fin da bambina, che non ha mai avuto tempo per sé; auto-inflitto per Hinata, una ragazza che si mostra incessantemente forte e sempre col sorriso sul volto per celare tutte le ferite che sfiora ogni giorno.
In realtà le due ragazze sono quelle probabilmente più pronte al salto verso la maggiore età. Hinata è ridicolmente saggia e sempre pronta a prendersi le sue responsabilità, Yuzu è, come dicevo, un’idol fin da bambina, con tutte le conseguenze che comporta, e forse ciò che è mancato ad entrambe è la possibilità di fare i capricci. Mari ne ha fatti anche troppi nella sua vita mentre la volontà ferrea di Shirase di andare in Antartide è a volte più un capriccio che una missione, le altre due palesano insicurezze molto più forti quando si parla di amicizie, un argomento che invece dovrebbero aver fatto proprio in questi anni.
Per quanto riguarda Hinata aggiungere qualcosa sarebbe ahimé troppo spoiler e quindi non mi posso soffermare. Per quanto riguarda Yuzu basti pensare al suo hashtag che si palesa in ogni foto, il quale non è un semplice trend per Instagram, ma è un vero e proprio marchio di fabbrica per la giovane ragazza, ripetuto anche nel titolo del suo CD “Follow Back Wont Stop”, il quale ci dà un’immagine di lei fin troppo misera, di una ragazza che non si fida di sé e che ha bisogno (nonostante stia diventando sempre più famosa) di fare certe promesse per mantenere questa parvenza di rapporti col pubblico. Tutto confermato anche col rapporto con le sue amiche polari, le quali fino all’ultimo continua a considerarle quasi più come follower che come colleghe, palesando tutte le sue infinite insicurezze che devono essere distrutte con una precisione quasi chirurgica. Amicizia è fragilità, pazienza e affetto, tutte componenti che la piccola Yuzu ha imparato a conoscere in questo viaggio.
Io sono conscio che ormai "quel posto" è irraggiungibile ma se ho amato così tanto quest'opera è proprio perché mi ha confermato che non ho mai sbagliato a cercarlo, a soffrire per poter raggiungere quella meta prima che fosse troppo tardi. La vita non è un anime e quindi le cose raramente vanno nel modo in cui speri, ma almeno grazie a quattro pinguine ho avuto modo di sentire il mio cuore battere forte quasi come se il mio sogno si fosse avverato. Grazie, per avermi portato con voi.
Madhouse ha fatto in definitiva un ottimo lavoro; è riuscita a ricreare perfettamente l’Antartide così come la Shirase e tutti gli altri posti visitati dalle ragazze. Non si registrano particolari cali tecnici e la musica curata da Yoshiaki Fujisawa è tra le più belle esperienze che avremo quest’annata, così come l’ottimo lavoro delle seiyuu (ma qui niente sorprese, parliamo tra le migliori in assoluto, due divinità come Inori Minase e Kana Hanazawa ma anche fantastiche Yuka Iguchi e Saori Hayami). Ancora complimenti agli sforzi della regista Atsuko Ishizuka e dello sceneggiatore Jukki Hanada (Sound! Euphonium, Steins;Gate 0) i quali hanno dato vita ad un qualcosa battezzato come improbabile rendendolo un anime che terrò per tutta la vita accanto a me.
"Stiamo facendo il primo passo. Verso un mondo in cui non c’è nessuna delle cose su cui abbiamo sempre fatto affidamento. Verso un mondo in cui non sappiamo cosa ci attende o quale sia la strada di casa. Verso un mondo in cui non sapremo dove saremo il giorno dopo o dove andremo quello dopo ancora. Eppure stiamo facendo quel passo."
Stiamo davvero parlando dell’Antartide?
A Place Further Than the Universe è un anime trasmesso su Crunchyroll, di 13 episodi, progetto originale di Atsuko Ishizuka (già regista di No Game No Life e No Game No Life – Zero –, ed una delle donne più rispettate dell'animazione); un'opera che ci porta nella vita di quattro ragazze che hanno un obiettivo ridicolo e meraviglioso: raggiungere l’Antartide.
Le premesse per un’opera indimenticabile sinceramente non c’erano. Siamo fin troppo abituati a serie che con i pretesti narrativi più strampalati piegano le regole del buon senso, ma Yorimoi riesce a creare una storia narrativamente più che solida e divertente. Sì, gioca sul limite tra realtà e finzione, probabilmente la storia di queste quattro ragazze è inverosimile per la nostra realtà (anche se ci sono casi non così diversi) ma ciò che viviamo grazie a loro è un lungo addio alla parte più dolce e scapestrata della nostra vita, un ultimo inchino alla pubertà prima di arrivare nel mondo dei grandi. Un viaggio che porta in Antartide, ma non è l'ultima meta.
Mari Tamaki: Mia Cara Amica
"Salirò sul treno che va nella direzione opposta alla solita, vedrò tante cose. Ho paura, vorrei tirarmi indietro. Potrebbe risultare tutto inutile."
"Sento che la mia gioventù è in movimento. Sì… è proprio così. Potrebbe succedere qualsiasi cosa. Potrei realizzare qualsiasi cosa. Lo scenario che mi circonda ogni giorno sta cambiando in modo vertiginoso."
Invece di parlare sterilmente della trama, voglio concentrarmi su di lei per approfondire i temi principali della storia, anche perché siamo stati tutti Mari. Ragazzini alle prese con le nostre innocue giornate piene di frivolezze, facendo sempre quello che è necessario (non di più, non di meno) per portare avanti la nostra esistenza e pensare “ma sì, domani è un altro giorno”. C’è un periodo della vita per ogni singola cosa, c’è quindi anche un periodo per decidere che è meglio lasciarsi trasportare dalla corrente della giovinezza che rimanere ancorati al suolo delle certezze. Lei è l’amica che abbiamo avuto e che siamo stati, esattamente come il suo rapporto con Megumi. Rappresenta la consapevolezza che se non siamo riusciti mai a cambiare, è principalmente per colpa nostra, perché amiamo troppo le certezze e farci sostenere, temiamo di essere lasciati indietro in una sorta di circolo vizioso che prima o poi si spezzerà facendoci cadere e lasciandoci con le ginocchia sbucciate, proprio come quando eravamo bambini.
Lei però, a differenza di molti di noi, ha compreso l’importanza di salutare come si deve questa fase della propria vita. Per citare la fantastica opening “The Girls Are Alright!” di Saya: "In classe apro il mio quaderno e fisso una pagina bianca, con una matita scarabocchio “voglio cambiare me stessa”, non posso permettermi di sentirmi persa ancora a lungo". Mari si rende conto che i domani del futuro avranno un sapore diverso rispetto quelli di oggi; si rende conto che a breve arriverà il diploma ed in un batter d’occhio dovrà già pensare al lavoro, al suo posto in società, allo stress dei 20 ruggenti, 30 urlanti, 40 stridenti.
Shirase II: La Nave Che Vede L’Universo
Questo anime è un eccellente esempio di come sceneggiare un’opera originale senza fronzoli, di come poter osare con una trama sopra le righe mantenendo allo stesso tempo una forte nota di realtà, tutto ciò è possibile grazie all’impeccabile cura dei dettagli. La nave rompighiaccio Shirase è una chiara protagonista della storia, un ponte tra le due dimensioni ove danza questa serie. Sappiate inoltre che potete seguire tutti i suoi movimenti tramite questo link, così come potete seguire le “avventure 3D” della stazione Showa cliccando qua.
Ma lo stretto rapporto con l’Antartide non si limita solo a questo. Chiaramente Kobuchizawa Shirase deve il suo nome a Nobu Shirase, la guida per la prima spedizione giapponese in Antartide, anche Hinata Miyake dovrebbe aver preso il suo nome da un membro della stessa spedizione, Yukihiko Miyake; Shiraishi condivide il suo nome con Kazuyuki Shiraishi, ovvero il direttore generale del National Institute of Polar Research, mentre Tamaki ha un nome più singolare, il quale probabilmente è legato a Tamaki Street, la strada dove sorge il Sea Life Acquarium di Auckland (Nuova Zelanda), rinomato in tutto il mondo proprio per il suo Antarctic Encouter, il modo più “tranquillo” che si possa avere per arrivare in Antartide.
Lo stesso titolo dell’opera è in realtà una citazione a Mamoru Mohri, un astronauta giapponese che, quando venne invitato in una ricerca in Antartide, notò divertito: “Ci vogliono pochi minuti per raggiungere lo spazio, ma ci vogliono giorni per raggiungere la Stazione Showa. È più lontana dell’universo”.
Alla Faccia Nostra
"Un posto più lontano dell’universo. Mia madre definiva così questo luogo. È un posto che mette tutto a nudo. Il tempo, la vita, il cuore. Un luogo dove non c’è nulla che possa proteggerti, in cui non puoi nasconderti da nessuna parte.
È un ambiente che mette allo scoperto tutte le cose che ci imbarazzano e quelle che vorremmo nascondere. E così, nudi e in lacrime, siamo costretti ad affrontare noi stessi. Insieme abbiamo superato una prova dietro l’altra."
L’urlo che arriva da Shirase, diretto non solo ai compagni di scuola ma un po’ a tutti noi, è simbolo di quella frustrazione giovanile dove tutto sembra tanto insormontabile quanto possibile. Lei rappresenta meglio di chiunque altro la determinazione e la follia di un’età che si sta per abbandonare, lei più di chiunque altro sarà trasformata da questo viaggio che la porta a ripercorrere i passi di sua madre.
La ricerca della madre, membro della spedizione civile di 3 anni prima ma che risulta tutt’ora dispersa, non è mai stata vissuta realmente con la speranza che lei fosse ancora viva (come una sorta di Made in Abyss a tema pinguino) ma quel che lei vuole è ritrovare i pezzi dell’anima che sua madre ha donato a quella vasta distesa bianca (anche se a volte sembra una torta al cioccolato), comprendere per quale motivo lei abbia donato tutta sé stessa ad un qualcosa di così assurdo. Pinguini a parte, ovviamente, loro sono un motivo valido e palese.
La crescita avviene anche dalle complicazioni dell’amore-odio, la loro è un’età che fa rima con confusione, la nostra Shirase ha odiato così tanto l’Antartide fino arrivare ad amarla nel modo più puro e profondo possibile.
#SeguoChiMiSegue
La fragilità della giovinezza si riflette nel modo in cui gestiamo le nostre amicizie. Yuzu ed Hinata, a differenza di Mari e Shirase, non sono guidate dalla loro risolutezza ma da un senso del dovere. Vero e proprio quando si parla di Yuzu, idol, fin da bambina, che non ha mai avuto tempo per sé; auto-inflitto per Hinata, una ragazza che si mostra incessantemente forte e sempre col sorriso sul volto per celare tutte le ferite che sfiora ogni giorno.
In realtà le due ragazze sono quelle probabilmente più pronte al salto verso la maggiore età. Hinata è ridicolmente saggia e sempre pronta a prendersi le sue responsabilità, Yuzu è, come dicevo, un’idol fin da bambina, con tutte le conseguenze che comporta, e forse ciò che è mancato ad entrambe è la possibilità di fare i capricci. Mari ne ha fatti anche troppi nella sua vita mentre la volontà ferrea di Shirase di andare in Antartide è a volte più un capriccio che una missione, le altre due palesano insicurezze molto più forti quando si parla di amicizie, un argomento che invece dovrebbero aver fatto proprio in questi anni.
Per quanto riguarda Hinata aggiungere qualcosa sarebbe ahimé troppo spoiler e quindi non mi posso soffermare. Per quanto riguarda Yuzu basti pensare al suo hashtag che si palesa in ogni foto, il quale non è un semplice trend per Instagram, ma è un vero e proprio marchio di fabbrica per la giovane ragazza, ripetuto anche nel titolo del suo CD “Follow Back Wont Stop”, il quale ci dà un’immagine di lei fin troppo misera, di una ragazza che non si fida di sé e che ha bisogno (nonostante stia diventando sempre più famosa) di fare certe promesse per mantenere questa parvenza di rapporti col pubblico. Tutto confermato anche col rapporto con le sue amiche polari, le quali fino all’ultimo continua a considerarle quasi più come follower che come colleghe, palesando tutte le sue infinite insicurezze che devono essere distrutte con una precisione quasi chirurgica. Amicizia è fragilità, pazienza e affetto, tutte componenti che la piccola Yuzu ha imparato a conoscere in questo viaggio.
Io sono conscio che ormai "quel posto" è irraggiungibile ma se ho amato così tanto quest'opera è proprio perché mi ha confermato che non ho mai sbagliato a cercarlo, a soffrire per poter raggiungere quella meta prima che fosse troppo tardi. La vita non è un anime e quindi le cose raramente vanno nel modo in cui speri, ma almeno grazie a quattro pinguine ho avuto modo di sentire il mio cuore battere forte quasi come se il mio sogno si fosse avverato. Grazie, per avermi portato con voi.
Madhouse ha fatto in definitiva un ottimo lavoro; è riuscita a ricreare perfettamente l’Antartide così come la Shirase e tutti gli altri posti visitati dalle ragazze. Non si registrano particolari cali tecnici e la musica curata da Yoshiaki Fujisawa è tra le più belle esperienze che avremo quest’annata, così come l’ottimo lavoro delle seiyuu (ma qui niente sorprese, parliamo tra le migliori in assoluto, due divinità come Inori Minase e Kana Hanazawa ma anche fantastiche Yuka Iguchi e Saori Hayami). Ancora complimenti agli sforzi della regista Atsuko Ishizuka e dello sceneggiatore Jukki Hanada (Sound! Euphonium, Steins;Gate 0) i quali hanno dato vita ad un qualcosa battezzato come improbabile rendendolo un anime che terrò per tutta la vita accanto a me.
"Stiamo facendo il primo passo. Verso un mondo in cui non c’è nessuna delle cose su cui abbiamo sempre fatto affidamento. Verso un mondo in cui non sappiamo cosa ci attende o quale sia la strada di casa. Verso un mondo in cui non sapremo dove saremo il giorno dopo o dove andremo quello dopo ancora. Eppure stiamo facendo quel passo."
Stiamo davvero parlando dell’Antartide?
Un'opera che si presenta con uno stile peculiare anche se apparentemente non curatissimo ed in un contesto molto ridondante nell'animazione attuale e non... sembrano esserci tutte le premesse per l'ennesimo anime al femminile a tratti comico ed a tratti serio, ma rigorosamente anonimo... ed invece... è stato per distacco il miglior anime del 2018, ma andiamo per gradi.
Un crescendo di emozioni fortissime, dove si susseguono momenti felici ed in cui si ride ad altri che inducono la riflessione (ed anche le lacrime), dove un cast di seiyuu strepitoso dà voce alle nostre giovani pinguine, che per una serie di ragioni si ritrovano a dover intraprendere assieme un viaggio in Antartide.
Alla spensieratezza di Kimari si affianca la sua voglia di provare, dopo anni di monotonia, un'esperienza più coinvolgente, ed è qui che entra in gioco il destino, che la porta ad incontrare la bizzarra Shirase, ragazza dalla volontà ferrea e dal forte temperamento con cui decide di intraprendere questo folle viaggio.
A loro si uniranno anche Hinata e Yuzu, e le quattro, pur non senza difficoltà, cominciano quindi i preparativi per questa avventura, non priva di sorprese, che le segnerà in eterno.
Surreale per certi aspetti, riesce a coinvolgere lo spettatore grazie ad un'innata capacità di intrattenere, anche grazie a personaggi caratterizzati a dovere che riescono gradualmente ad avvicinarsi tra loro sino a creare un legame indissolubile, in un'opera dove l'amicizia e la crescita personale sono le protagoniste indiscusse.
Difficile trasporre in parole ciò che ha rappresentato me questo anime, ma per quanto si possa essere più o meno avvezzi al genere credo che abbia tutte le carte per piacere a chiunque: impossibile non apprezzare un'opera così profonda e ricca di spunti di riflessione.
Un crescendo di emozioni fortissime, dove si susseguono momenti felici ed in cui si ride ad altri che inducono la riflessione (ed anche le lacrime), dove un cast di seiyuu strepitoso dà voce alle nostre giovani pinguine, che per una serie di ragioni si ritrovano a dover intraprendere assieme un viaggio in Antartide.
Alla spensieratezza di Kimari si affianca la sua voglia di provare, dopo anni di monotonia, un'esperienza più coinvolgente, ed è qui che entra in gioco il destino, che la porta ad incontrare la bizzarra Shirase, ragazza dalla volontà ferrea e dal forte temperamento con cui decide di intraprendere questo folle viaggio.
A loro si uniranno anche Hinata e Yuzu, e le quattro, pur non senza difficoltà, cominciano quindi i preparativi per questa avventura, non priva di sorprese, che le segnerà in eterno.
Surreale per certi aspetti, riesce a coinvolgere lo spettatore grazie ad un'innata capacità di intrattenere, anche grazie a personaggi caratterizzati a dovere che riescono gradualmente ad avvicinarsi tra loro sino a creare un legame indissolubile, in un'opera dove l'amicizia e la crescita personale sono le protagoniste indiscusse.
Difficile trasporre in parole ciò che ha rappresentato me questo anime, ma per quanto si possa essere più o meno avvezzi al genere credo che abbia tutte le carte per piacere a chiunque: impossibile non apprezzare un'opera così profonda e ricca di spunti di riflessione.
Nella stagione invernale del 2018 va in onda “Sora Yori mo Tooi Basho” (conosciuto anche col titolo inglese “A Place Further Than the Universe”, spesso abbreviato in “Yorimoi”), anime di tredici episodi realizzato dallo studio Madhouse e diretto da Atsuko Ishizuka (“Aoi Bungaku Series”, “Sakurasou no Pet na Kanojo”, “No Game no Life”.)
Protagonista della storia è Mari Tamaki (soprannominata Kimari), una studentessa del liceo che vorrebbe fare qualcosa di memorabile prima della fine dell’adolescenza. Spaventata persino di prendere il treno per un’altra città del Giappone, Kimari troverà la spinta che le serve grazie all’incontro con Shirase Kobuchizawa, una compagna di scuola che sogna di visitare l’Antartide. Alla loro improbabile spedizione si uniranno in seguito anche Hinata Miyake e Yuzuki Shiraishi.
La premessa di quest’anime, di primo acchito, sembra alquanto folle e tutt’altro che realizzabile. Eppure, oltre a fare avverare il sogno di queste quattro adolescenti senza la minima forzatura (al massimo con un po’ di fortuna), “Yorimoi” è riuscito a conquistare i cuori di tutti gli spettatori. La serie, in effetti, si rivela una magnifica storia di crescita, un’opera corale che ci regala quattro meravigliose protagoniste e ne scruta da vicino le paure, le insicurezze, i desideri e le speranze. I lati positivi e negativi di ogni personaggio vengono quindi messi a nudo prima della partenza, durante il faticoso viaggio e una volta giunti alla tanto ambita destinazione. Il continente Antartico, come spiegato da Shirase, è infatti un territorio inospitale e selvaggio, che non fornisce alcuna protezione o sicurezza e che obbliga tutti a “spogliarsi” e affrontare sé stessi e gli altri. Kimari, Shirase, Hinata e Yuzuki, alla fine del viaggio, non solo avranno realizzato un sogno o una sfida, ma avranno anche compiuto il primo passo verso l’inizio dell’età adulta. Avranno anche compreso più a fondo il significato dell’amicizia, altro tema portante della serie mai affrontato in maniera troppo banale o melensa.
Dal punto di vista tecnico, “Yorimoi” vanta delle animazioni fluide, una colorazione che conferisce “brillantezza” ad ogni frame e sfondi di tutto rispetto. La regia di Atsuko Ishizuka non sbaglia un colpo, ed è in grado di rendere al meglio la spensieratezza dei personaggi nelle scene umoristiche, la loro determinazione nelle situazioni di difficoltà e la loro fragilità nei moventi più commoventi. Un grande ruolo sarà svolto, a questo proposito, dalle OST composte da Yoshiaki Fujisawa e da validissime insert song (da citare, ad esempio, la delicata e un po’ malinconica “Mata ne” cantata da Saya). Molto orecchiabili anche opening ed ending.
In conclusione, “A Place Further Than the Universe” è un anime capace di regalare emozioni indescrivibili grazie ai personaggi meravigliosamente costruiti, un anime che insegna il valore dell’amicizia e degli altri legami affettivi, il valore dei sogni e dei viaggi, astratti o concreti, intrapresi per realizzarli, il valore della determinazione e della caparbietà che, ad obiettivo raggiunto, ci faranno esclamare a tutti coloro che non credevano in noi un bel “Alla faccia vostra!”. Voto: 9.
Protagonista della storia è Mari Tamaki (soprannominata Kimari), una studentessa del liceo che vorrebbe fare qualcosa di memorabile prima della fine dell’adolescenza. Spaventata persino di prendere il treno per un’altra città del Giappone, Kimari troverà la spinta che le serve grazie all’incontro con Shirase Kobuchizawa, una compagna di scuola che sogna di visitare l’Antartide. Alla loro improbabile spedizione si uniranno in seguito anche Hinata Miyake e Yuzuki Shiraishi.
La premessa di quest’anime, di primo acchito, sembra alquanto folle e tutt’altro che realizzabile. Eppure, oltre a fare avverare il sogno di queste quattro adolescenti senza la minima forzatura (al massimo con un po’ di fortuna), “Yorimoi” è riuscito a conquistare i cuori di tutti gli spettatori. La serie, in effetti, si rivela una magnifica storia di crescita, un’opera corale che ci regala quattro meravigliose protagoniste e ne scruta da vicino le paure, le insicurezze, i desideri e le speranze. I lati positivi e negativi di ogni personaggio vengono quindi messi a nudo prima della partenza, durante il faticoso viaggio e una volta giunti alla tanto ambita destinazione. Il continente Antartico, come spiegato da Shirase, è infatti un territorio inospitale e selvaggio, che non fornisce alcuna protezione o sicurezza e che obbliga tutti a “spogliarsi” e affrontare sé stessi e gli altri. Kimari, Shirase, Hinata e Yuzuki, alla fine del viaggio, non solo avranno realizzato un sogno o una sfida, ma avranno anche compiuto il primo passo verso l’inizio dell’età adulta. Avranno anche compreso più a fondo il significato dell’amicizia, altro tema portante della serie mai affrontato in maniera troppo banale o melensa.
Dal punto di vista tecnico, “Yorimoi” vanta delle animazioni fluide, una colorazione che conferisce “brillantezza” ad ogni frame e sfondi di tutto rispetto. La regia di Atsuko Ishizuka non sbaglia un colpo, ed è in grado di rendere al meglio la spensieratezza dei personaggi nelle scene umoristiche, la loro determinazione nelle situazioni di difficoltà e la loro fragilità nei moventi più commoventi. Un grande ruolo sarà svolto, a questo proposito, dalle OST composte da Yoshiaki Fujisawa e da validissime insert song (da citare, ad esempio, la delicata e un po’ malinconica “Mata ne” cantata da Saya). Molto orecchiabili anche opening ed ending.
In conclusione, “A Place Further Than the Universe” è un anime capace di regalare emozioni indescrivibili grazie ai personaggi meravigliosamente costruiti, un anime che insegna il valore dell’amicizia e degli altri legami affettivi, il valore dei sogni e dei viaggi, astratti o concreti, intrapresi per realizzarli, il valore della determinazione e della caparbietà che, ad obiettivo raggiunto, ci faranno esclamare a tutti coloro che non credevano in noi un bel “Alla faccia vostra!”. Voto: 9.
Questo anime era proprio quello che mi ci voleva, un sogno ad occhi aperti alla scoperta di una nuova terra: l'Antartide! Inoltre è un viaggio alla scoperta dell'amicizia, delle cose importanti, e di quelle superflue da evitare. Anche se ho trovato alcuni momenti appena abbozzati, ed avrei preferito venissero approfonditi e spiegati più chiaramente. Alla fine però ti viene voglia di saperne di più, e questo è quello che cerco dalle serie TV o anime che siano: che mettano in moto la mia curiosità e mi facciano sognare!
Credo che il 90% degli anime con protagoniste ragazze adolescenti parli del tema dell'amicizia, ma lo faccia in modo retorico, infantile, non credibile. Uno dei motivi è che l'amicizia è un rapporto che si costruisce nel tempo, non c'è un momento in cui si diventa amici e quindi è difficile trasporre la cosa in un anime. Ci sono però delle eccezioni, ed una di queste è l'amicizia nata durante un viaggio: in viaggio si condividono tutte le ore assieme ai compagni, bisogna mediare i bisogni di ognuno, si lavora ad obiettivi comuni, e si risolvono problemi senza poter contare sulla propria pregressa rete di conoscenze casalinghe. In un viaggio di tre mesi si possono tessere rapporti umani come in anni di routine casalinga (o a volte si può litigare furiosamente e depennare una persona dalla propria lista di conoscenze per sempre).
"A Place further than universe" sceglie quindi la trama di un viaggio per raccontare la sua storia e la sua analisi sull'amicizia. La meta è molto particolare ed anche se non impossibile da raggiungere appare subito costosa e poco accessibile. La storia è davvero molto semplice, non ci sono plot twist, misteri o trovate d'autore che spostino la narrazione sull'anormale o sul paranormale, tanto che potrebbe benissimo essere un lungo viaggio fatto da ognuno di noi.
Quel che salta all'occhio subito è l'enorme quantità di dettagli e perfezionismi che caratterizza quest'opera fin dai primi minuti, cosa che lo accomuna ad un classico dello slice of life in ambiente difficile: "PlanetES". La Madhouse è stata meticolosa nel suo lavoro, non sembra però che al progetto sia stato destinato un budget stratosferico; ad eccezione dei due episodi iniziali dotati di una qualità quasi cinematografica, nelle altre puntate sono state evitate scene troppo cinetiche.
Le somiglianze con "PlanetES" si riscontrano anche nell'ottima caratterizzazione sia dei personaggi principali che di quelli di supporto, non mancando però nella spedizione figure monocromatiche destinate per lo più alla linea comica.
Le somiglianze con il suo illustre predecessore però finiscono qui, "A place further than universe" prende subito una linea tutta sua nello sviluppo della trama, infatti gran parte degli episodi non sono incentrati sulla spedizione antartica vera e propria quanto sulla sua organizzazione. Non tutte le quattro viaggiatrici sono però protagoniste alla pari: Mari e Shirase sono protagoniste a pieno titolo, sono coinvolte in determinate trame orizzontali e massimizzano i benefici ottenuti da questa esperienza, la prima aprendo un suo percorso personale che la porta a vivere il mondo meno imbrigliata dalla routine e da amicizie tossiche, la seconda chiudendo la sua difficile elaborazione del lutto della madre. Le altre due restano invece solo accompagnatrici, Yuzu è troppo piccola e cruda per poter imparare a pieno da questo viaggio, Hinata invece è già fin troppo matura per esserne segnata nello stesso modo in cui lo sono state Mari e Shirase; anche le vicende personali delle due sono appena accennate, difatti Yuzu e Hinata saranno protagoniste di due degli episodi che dopo quello delle "foto a Sydney", sono sicuramente i più deboli ed autoreferenziali della serie.
Che cosa poteva essere fatto meglio? Sicuramente avrebbe giovato un maggiore tecnicismo e una migliore percezione delle difficoltà presenti durante il soggiorno antartico. Per esempio il tempo dedicato all'adattamento delle quattro al rollio della nave è stato buono, ma il problema altrettanto reale di dormire con 24 ore di luce non è nemmeno stato toccato, e al suo posto si è preferito concentrarsi sulle due deboli sottotrame personali sopra esposte. Un altro grande peccato è l'aver chiuso troppo presto con un deus ex machina i difficili tentativi delle adolescenti di essere accettate nel progetto antartico.
In definitiva questo è un buon anime, consigliato per chi sa apprezzare i dettagli più che le trame e le situazioni roboanti.
"A Place further than universe" sceglie quindi la trama di un viaggio per raccontare la sua storia e la sua analisi sull'amicizia. La meta è molto particolare ed anche se non impossibile da raggiungere appare subito costosa e poco accessibile. La storia è davvero molto semplice, non ci sono plot twist, misteri o trovate d'autore che spostino la narrazione sull'anormale o sul paranormale, tanto che potrebbe benissimo essere un lungo viaggio fatto da ognuno di noi.
Quel che salta all'occhio subito è l'enorme quantità di dettagli e perfezionismi che caratterizza quest'opera fin dai primi minuti, cosa che lo accomuna ad un classico dello slice of life in ambiente difficile: "PlanetES". La Madhouse è stata meticolosa nel suo lavoro, non sembra però che al progetto sia stato destinato un budget stratosferico; ad eccezione dei due episodi iniziali dotati di una qualità quasi cinematografica, nelle altre puntate sono state evitate scene troppo cinetiche.
Le somiglianze con "PlanetES" si riscontrano anche nell'ottima caratterizzazione sia dei personaggi principali che di quelli di supporto, non mancando però nella spedizione figure monocromatiche destinate per lo più alla linea comica.
Le somiglianze con il suo illustre predecessore però finiscono qui, "A place further than universe" prende subito una linea tutta sua nello sviluppo della trama, infatti gran parte degli episodi non sono incentrati sulla spedizione antartica vera e propria quanto sulla sua organizzazione. Non tutte le quattro viaggiatrici sono però protagoniste alla pari: Mari e Shirase sono protagoniste a pieno titolo, sono coinvolte in determinate trame orizzontali e massimizzano i benefici ottenuti da questa esperienza, la prima aprendo un suo percorso personale che la porta a vivere il mondo meno imbrigliata dalla routine e da amicizie tossiche, la seconda chiudendo la sua difficile elaborazione del lutto della madre. Le altre due restano invece solo accompagnatrici, Yuzu è troppo piccola e cruda per poter imparare a pieno da questo viaggio, Hinata invece è già fin troppo matura per esserne segnata nello stesso modo in cui lo sono state Mari e Shirase; anche le vicende personali delle due sono appena accennate, difatti Yuzu e Hinata saranno protagoniste di due degli episodi che dopo quello delle "foto a Sydney", sono sicuramente i più deboli ed autoreferenziali della serie.
Che cosa poteva essere fatto meglio? Sicuramente avrebbe giovato un maggiore tecnicismo e una migliore percezione delle difficoltà presenti durante il soggiorno antartico. Per esempio il tempo dedicato all'adattamento delle quattro al rollio della nave è stato buono, ma il problema altrettanto reale di dormire con 24 ore di luce non è nemmeno stato toccato, e al suo posto si è preferito concentrarsi sulle due deboli sottotrame personali sopra esposte. Un altro grande peccato è l'aver chiuso troppo presto con un deus ex machina i difficili tentativi delle adolescenti di essere accettate nel progetto antartico.
In definitiva questo è un buon anime, consigliato per chi sa apprezzare i dettagli più che le trame e le situazioni roboanti.
Un viaggio, o per meglio dire, IL viaggio. Un viaggio verso il posto più lontano dell'universo. Il viaggio che ha il sapore e il profumo agrodolce di una sfida; quella che ognuno di noi, volente o nolente, si trova davanti in un non troppo precisato momento della propria vita ma che comunque tende a presentarsi nella sua primavera, la gioventù, l'adolescenza, quando siamo sicuri di tutto e consapevoli di niente, forti delle migliori intenzioni, manchevoli della semplice quanto fondamentale esperienza di vita. È un viaggio che avviene all'interno più che all'esterno e per compierlo ci sono numerose strade da prendere: chi decide di non muoversi dal suo nido, chi decide di partire per l'Antartide. Perchè alla fine non importa dove, conta solamente andare.
Trama: Mari Tamaki è una studentessa liceale del secondo anno che vuole trarre il massimo dalla sua giovinezza, sente la mancanza di un qualcosa, una qualunque cosa, ma sente anche la paura dell'incombente fallimento dovuto alla possibilità di non essere all'altezza. L'incontro con Shirase prima e Hinata e Yuzuki poi sarà fondamentale in questo senso, sarà quella spintarella tanto delicata quanto decisa che la accompagnerà fuori dalla porta.
Non siamo di fronte ad un capolavoro, non siamo nemmeno di fronte ad un'opera memorabile. Siamo di fronte ad un'idea, ad un messaggio. Galleggiando vistosamente tra realtà e fantasia, o ancora meglio tra regolatezza e sregolatezza, "A Place Further than the Universe" si veste da messaggero e forte di un copione emozionalmente valido si propone di trasmetterlo. Come anime non ha niente di particolarmente caratterizzante: un'idea di base fortemente strampalata e apparentemente nosense che costringe tutti gli altri elementi tecnici ad adeguarsi ad essa. Per quanto realisticamente fattibile infatti, non è cosa di tutti i giorni vedere (o essere) un liceale che di punto in bianco fa le valigie e parte per andare in Antartide. Il fragile e barcollante castello di carte ha più probabilità di vedersi spazzare via anche dalla più flebile brezza estiva piuttosto che mostrare di saper puntare i piloni e resistere ai gelidi venti antartici. Ma ecco che "A Place Further than the Universe", tornando alle carte, cala la sua mano, un formidabile poker d'assi, quattro pinguine piene di energia che l'Antartide potrebbero sollevarlo, altro che farcisi un paio di foto.
La forza di "A Place Further than the Universe" sono loro: Mari, Shirase, Hinata (soprattutto Hinata) e Yuzuki.
Mari è la sregolatezza. É il simbolo della mancata coscienza di quella realtà che ci porta a decidere di compiere finalmente il passo, quel passo che mentre tocca il finish stacca lo start, quel passo che fa da mediazione tra l'uno e l'altro io che siamo noi. Si vive una volta sola, e l'unica certezza che sentiamo di avere è che una non è abbastanza. Mari cresce, compie il passo, l'ultimo di tanti, il primo di altrettanti, perchè anche i passi indietro sono pur sempre passi, e non sia mai detto che la direzione sia sbagliata. Se si vive una volta sola tanto vale camminare ora, o domani sarà tardi. Mari è un messaggio per tutti i giovani d'oggi: non è sbagliato vivere entro la sicurezza degli schemi, ma uscire da essi è altrettanto giusto, e magari è pure divertente. Mari è "Perchè no?"
Shirase è la determinazione. Lei è l'unica ad avere un vero motivo per andare in Antartide. Sa quello che vuole e sa come ottenerlo. Non vuole ritrovare sua madre, la speranza che sia ancora viva non è altro che una maschera, dietro ad essa è forte la consapevolezza che quella speranza rimarrà sempre e solo una speranza. Lei vuole semplicemente conoscerla, sua madre; in gioventù ne ha sentita più la mancanza che la presenza. Vuole ripercorrere i suoi passi, scoprire cosa aveva quel luogo tanto lontano di così attraente oltre alle affascinanti aurore boreali e ai teneri pinguini, tutto bello certo, ma niente a che vedere con una figlia. Shirase è un grido, IL grido.
Yuzuki è la fragilità. Come un diamante è dura, ma è anche fragile; appare intoccabile, ma alla fine basta toccarla per mandare tutto in pezzi. Yuzuki è il simbolo della cruda realtà che governa i rapporti umani. È sufficiente avere qualcosa ed ecco che arrivano numerosi scarafaggi e poche farfalle. Gli uni, gli scarafaggi, vorranno un autografo, gli altri, le farfalle, vorranno un po' di affetto. Come distinguerli? Per non sbagliare si sceglie troppo spesso la via più semplice e più nefasta: si fa di tutta l'erba un fascio, si erge uno scudo intorno a sé che non ci permetta di essere toccati, e quindi infranti. Ed è un peccato, perchè le farfalle vivono un solo giorno. Yuzuki ci insegna che non bisogna giudicare in base alle apparenze, meglio non giudicare in alcun caso, che l'amicizia vien da sé. Yuzuki è "allora, amici?"
Hinata è la purezza. Lei non si vergogna, lei è quello che è, con i suoi pregi (tanti) e i suoi difetti (e dove?). Caratterizzata da un forte senso di responsabilità e anche da una vistosa maturità delle quattro spicca come quella che del viaggio in Antartide forse non ne ha davvero bisogno, lei quel viaggio l'ha già fatto, ma ha incontrato Mari e si è domandata "perchè no?" Si potrebbe dire che per lei l'Antartide rappresenti un passo indietro piuttosto che in avanti, perchè quel viaggio magari lo ha già fatto, magari però l'ha fatto da sola; lei lo sa, insieme è più bello, ed è comunque un viaggio, è comunque crescere. Si cresce ogni giorno, persino l'ultimo. Hinata è il simbolo di un'esperienza maturata attraverso gioie e dolori; che dopo un po' bisogna sapersene fare una ragione, ma allo stesso tempo che non si è mai troppo maturi per prendere a pugni un cuscino. Hinata è "ma vaff*****o!"
"E' pericoloso, Frodo, uscire dalla porta. Ti metti in strada, e se non dirigi bene i piedi non si sa dove puoi finire spazzato via.." - Bilbo Baggins
Non importa dove, conta solamente andare. Fa parte di noi l'istinto di portare un piede davanti all'altro, senza magari sapere dove andare, o senza sapere il perchè, eppure alla fine andiamo. Le risposte attendono noi e le pinguine sulla via del ritorno a casa.
La storia di un viaggio, non di un luogo da raggiungere, ma di un viaggio, un viaggio sia esterno che interno. Con tutto quel che comporta: domande più che risposte. "Perchè proprio l'Antartide?" "Un posto come un altro, solo il più lontano di tutti. Così il viaggio è più lungo.."
Trama: Mari Tamaki è una studentessa liceale del secondo anno che vuole trarre il massimo dalla sua giovinezza, sente la mancanza di un qualcosa, una qualunque cosa, ma sente anche la paura dell'incombente fallimento dovuto alla possibilità di non essere all'altezza. L'incontro con Shirase prima e Hinata e Yuzuki poi sarà fondamentale in questo senso, sarà quella spintarella tanto delicata quanto decisa che la accompagnerà fuori dalla porta.
Non siamo di fronte ad un capolavoro, non siamo nemmeno di fronte ad un'opera memorabile. Siamo di fronte ad un'idea, ad un messaggio. Galleggiando vistosamente tra realtà e fantasia, o ancora meglio tra regolatezza e sregolatezza, "A Place Further than the Universe" si veste da messaggero e forte di un copione emozionalmente valido si propone di trasmetterlo. Come anime non ha niente di particolarmente caratterizzante: un'idea di base fortemente strampalata e apparentemente nosense che costringe tutti gli altri elementi tecnici ad adeguarsi ad essa. Per quanto realisticamente fattibile infatti, non è cosa di tutti i giorni vedere (o essere) un liceale che di punto in bianco fa le valigie e parte per andare in Antartide. Il fragile e barcollante castello di carte ha più probabilità di vedersi spazzare via anche dalla più flebile brezza estiva piuttosto che mostrare di saper puntare i piloni e resistere ai gelidi venti antartici. Ma ecco che "A Place Further than the Universe", tornando alle carte, cala la sua mano, un formidabile poker d'assi, quattro pinguine piene di energia che l'Antartide potrebbero sollevarlo, altro che farcisi un paio di foto.
La forza di "A Place Further than the Universe" sono loro: Mari, Shirase, Hinata (soprattutto Hinata) e Yuzuki.
Mari è la sregolatezza. É il simbolo della mancata coscienza di quella realtà che ci porta a decidere di compiere finalmente il passo, quel passo che mentre tocca il finish stacca lo start, quel passo che fa da mediazione tra l'uno e l'altro io che siamo noi. Si vive una volta sola, e l'unica certezza che sentiamo di avere è che una non è abbastanza. Mari cresce, compie il passo, l'ultimo di tanti, il primo di altrettanti, perchè anche i passi indietro sono pur sempre passi, e non sia mai detto che la direzione sia sbagliata. Se si vive una volta sola tanto vale camminare ora, o domani sarà tardi. Mari è un messaggio per tutti i giovani d'oggi: non è sbagliato vivere entro la sicurezza degli schemi, ma uscire da essi è altrettanto giusto, e magari è pure divertente. Mari è "Perchè no?"
Shirase è la determinazione. Lei è l'unica ad avere un vero motivo per andare in Antartide. Sa quello che vuole e sa come ottenerlo. Non vuole ritrovare sua madre, la speranza che sia ancora viva non è altro che una maschera, dietro ad essa è forte la consapevolezza che quella speranza rimarrà sempre e solo una speranza. Lei vuole semplicemente conoscerla, sua madre; in gioventù ne ha sentita più la mancanza che la presenza. Vuole ripercorrere i suoi passi, scoprire cosa aveva quel luogo tanto lontano di così attraente oltre alle affascinanti aurore boreali e ai teneri pinguini, tutto bello certo, ma niente a che vedere con una figlia. Shirase è un grido, IL grido.
Yuzuki è la fragilità. Come un diamante è dura, ma è anche fragile; appare intoccabile, ma alla fine basta toccarla per mandare tutto in pezzi. Yuzuki è il simbolo della cruda realtà che governa i rapporti umani. È sufficiente avere qualcosa ed ecco che arrivano numerosi scarafaggi e poche farfalle. Gli uni, gli scarafaggi, vorranno un autografo, gli altri, le farfalle, vorranno un po' di affetto. Come distinguerli? Per non sbagliare si sceglie troppo spesso la via più semplice e più nefasta: si fa di tutta l'erba un fascio, si erge uno scudo intorno a sé che non ci permetta di essere toccati, e quindi infranti. Ed è un peccato, perchè le farfalle vivono un solo giorno. Yuzuki ci insegna che non bisogna giudicare in base alle apparenze, meglio non giudicare in alcun caso, che l'amicizia vien da sé. Yuzuki è "allora, amici?"
Hinata è la purezza. Lei non si vergogna, lei è quello che è, con i suoi pregi (tanti) e i suoi difetti (e dove?). Caratterizzata da un forte senso di responsabilità e anche da una vistosa maturità delle quattro spicca come quella che del viaggio in Antartide forse non ne ha davvero bisogno, lei quel viaggio l'ha già fatto, ma ha incontrato Mari e si è domandata "perchè no?" Si potrebbe dire che per lei l'Antartide rappresenti un passo indietro piuttosto che in avanti, perchè quel viaggio magari lo ha già fatto, magari però l'ha fatto da sola; lei lo sa, insieme è più bello, ed è comunque un viaggio, è comunque crescere. Si cresce ogni giorno, persino l'ultimo. Hinata è il simbolo di un'esperienza maturata attraverso gioie e dolori; che dopo un po' bisogna sapersene fare una ragione, ma allo stesso tempo che non si è mai troppo maturi per prendere a pugni un cuscino. Hinata è "ma vaff*****o!"
"E' pericoloso, Frodo, uscire dalla porta. Ti metti in strada, e se non dirigi bene i piedi non si sa dove puoi finire spazzato via.." - Bilbo Baggins
Non importa dove, conta solamente andare. Fa parte di noi l'istinto di portare un piede davanti all'altro, senza magari sapere dove andare, o senza sapere il perchè, eppure alla fine andiamo. Le risposte attendono noi e le pinguine sulla via del ritorno a casa.
La storia di un viaggio, non di un luogo da raggiungere, ma di un viaggio, un viaggio sia esterno che interno. Con tutto quel che comporta: domande più che risposte. "Perchè proprio l'Antartide?" "Un posto come un altro, solo il più lontano di tutti. Così il viaggio è più lungo.."
Camminare. Lo facciamo ogni giorno. Ci spostiamo avanti e indietro, non possiamo farne a meno, dobbiamo muoverci. Chi deve andare a lavoro, chi deve fare la spesa, chi deve fare attività fisica, e così via. Questa azione, per quanto possa risultare banale, è invece la cosa più difficile di tutte. Molte volte gli uomini non camminano: semplicemente vagano. Senza una meta precisa o uno scopo da realizzare. Rincorrere i propri sogni richiede uno sforzo sovrumano, non tutti ci riescono, molti si arrendono oppure alcuni pensano che non sono in grado di farcela.
"Sora Yori mo Tooi Basho" ("Yorimoi", per abbreviare) è la storia di quattro ragazze arrivate a un punto cruciale della loro vita, ovvero il momento nel quale bisogna scegliere dove andare. Perché, come è stato già accennato prima, vagabondare è facile, camminare invece no.
Mari, Shirase, Hinata e Yuzuki sono delle normali studentesse delle superiori che conducono una vita apparentemente normale, proprio come fanno tutte le loro coetanee. A tutte però manca qualcosa. Qualcosa di veramente importante.
Le nostre ragazze riescono a trovare un obbiettivo comune, raggiungere l’Antartide, il posto più lontano di tutti. Una terra ostile e fredda all’uomo, una sconfinata landa di ghiaccio dimenticata da Dio. In una parola: vuoto. Chi è che si sognerebbe di andare nel luogo più desolato del pianeta Terra a cercare qualcosa? Ricercare uno scopo, tra l’altro. Quali motivazioni si possono trarre dagli enormi blocchi di ghiaccio che costituiscono il paesaggio? Se vi aspettate un anime che racconta la storia di quattro ragazzine giapponesi che vanno in Antartide a farsi foto carine con i pinguini, forse avete commesso un errore. Non stiamo parlando di “quattro ragazze in Antartide” ma di “quattro ragazze che viaggiano verso l’Antartide”.
Questo è un viaggio alla scoperta e alla ricerca del proprio io.
Mari ha sempre sognato di voler fare qualcosa di grandioso nella sua vita da liceale, ma a causa della sua pigrizia e delle sue paure non è mai riuscita a varcare l’uscio di casa, pentendosi amaramente delle scelte compiute finora. Yuzuki è invece l’esatto opposto: una diva della tv e dello spettacolo che ha già realizzato passi da gigante alla sua età e che però non ha mai avuto la possibilità di trascorrere le sue giornate in compagnia di alcune persone fidate con le quali relazionarsi. Poi abbiamo Hinata, una tipa esuberante e carismatica, pronta a spaccare in due il mondo ma che, per un motivo o per altro, si ritrova persa in un bicchiere d’acqua e non riesce ad esprime pienamente le sue potenzialità. Infine c’è Shirase, la più misteriosa del gruppo. Una ragazza timida che ha sempre voluto ripercorrere le orme della sua madre scomparsa… Una ragazza alla ricerca di quel luogo situato nel punto più lontano dell’Universo.
I loro destini incrociati non sono altro il filo che lega l’intero racconto. Per la prima volta, le protagoniste sono costrette ad affrontare il mondo che le circonda, sfidando tutti e tutto. La loro è un’impresa quasi irrealizzabile, un viaggio che comporta mille pericoli ed insidie. Non parliamo però delle tempeste, delle bufere e del gelo antartico. I problemi che si dovranno fronteggiare sono quelli della vita di tutti i giorni. Superare le proprie paure, accettare le sconfitte, guardare avanti senza soffermarsi sugli errori del passato e diventare maturi sono alcuni degli obbiettivi che Mari, Shirase, Yuzuki e Hinata dovranno raggiungere insieme. Camminando, passo dopo passo, verso l’Antartide.
"Yorimoi" è stata indubbiamente una sorpresa della stagione invernale 2018. Seguire giorno dopo giorno le avventure di queste quattro “pinguine” fra i ghiacci del Polo Sud è stata un’esperienza più che piacevole. La sceneggiatura è stata coerente e brillante nel raccontare una storia quasi inverosimile. Non è un anime esente da difetti però. Sono infatti presenti alcune “forzature” all’interno della narrazione, ma necessarie per far proseguire quest’ultima. La colonna sonora riesce a creare una splendida atmosfera, soprattutto i brani cantati che riescono a cogliere il momento.
Un anime consigliatissimo a tutti gli appassionati di questo genere di storie. Non siamo davanti a un semplice Slice of Life. "Yorimoi" è una vera e propria avventura da vivere fino all’ultimo respiro. Riderete, piangerete, vi divertirete e soffrirete insieme alle protagoniste. Ma non vi preoccupate…
The girls are alright.
"Sora Yori mo Tooi Basho" ("Yorimoi", per abbreviare) è la storia di quattro ragazze arrivate a un punto cruciale della loro vita, ovvero il momento nel quale bisogna scegliere dove andare. Perché, come è stato già accennato prima, vagabondare è facile, camminare invece no.
Mari, Shirase, Hinata e Yuzuki sono delle normali studentesse delle superiori che conducono una vita apparentemente normale, proprio come fanno tutte le loro coetanee. A tutte però manca qualcosa. Qualcosa di veramente importante.
Le nostre ragazze riescono a trovare un obbiettivo comune, raggiungere l’Antartide, il posto più lontano di tutti. Una terra ostile e fredda all’uomo, una sconfinata landa di ghiaccio dimenticata da Dio. In una parola: vuoto. Chi è che si sognerebbe di andare nel luogo più desolato del pianeta Terra a cercare qualcosa? Ricercare uno scopo, tra l’altro. Quali motivazioni si possono trarre dagli enormi blocchi di ghiaccio che costituiscono il paesaggio? Se vi aspettate un anime che racconta la storia di quattro ragazzine giapponesi che vanno in Antartide a farsi foto carine con i pinguini, forse avete commesso un errore. Non stiamo parlando di “quattro ragazze in Antartide” ma di “quattro ragazze che viaggiano verso l’Antartide”.
Questo è un viaggio alla scoperta e alla ricerca del proprio io.
Mari ha sempre sognato di voler fare qualcosa di grandioso nella sua vita da liceale, ma a causa della sua pigrizia e delle sue paure non è mai riuscita a varcare l’uscio di casa, pentendosi amaramente delle scelte compiute finora. Yuzuki è invece l’esatto opposto: una diva della tv e dello spettacolo che ha già realizzato passi da gigante alla sua età e che però non ha mai avuto la possibilità di trascorrere le sue giornate in compagnia di alcune persone fidate con le quali relazionarsi. Poi abbiamo Hinata, una tipa esuberante e carismatica, pronta a spaccare in due il mondo ma che, per un motivo o per altro, si ritrova persa in un bicchiere d’acqua e non riesce ad esprime pienamente le sue potenzialità. Infine c’è Shirase, la più misteriosa del gruppo. Una ragazza timida che ha sempre voluto ripercorrere le orme della sua madre scomparsa… Una ragazza alla ricerca di quel luogo situato nel punto più lontano dell’Universo.
I loro destini incrociati non sono altro il filo che lega l’intero racconto. Per la prima volta, le protagoniste sono costrette ad affrontare il mondo che le circonda, sfidando tutti e tutto. La loro è un’impresa quasi irrealizzabile, un viaggio che comporta mille pericoli ed insidie. Non parliamo però delle tempeste, delle bufere e del gelo antartico. I problemi che si dovranno fronteggiare sono quelli della vita di tutti i giorni. Superare le proprie paure, accettare le sconfitte, guardare avanti senza soffermarsi sugli errori del passato e diventare maturi sono alcuni degli obbiettivi che Mari, Shirase, Yuzuki e Hinata dovranno raggiungere insieme. Camminando, passo dopo passo, verso l’Antartide.
"Yorimoi" è stata indubbiamente una sorpresa della stagione invernale 2018. Seguire giorno dopo giorno le avventure di queste quattro “pinguine” fra i ghiacci del Polo Sud è stata un’esperienza più che piacevole. La sceneggiatura è stata coerente e brillante nel raccontare una storia quasi inverosimile. Non è un anime esente da difetti però. Sono infatti presenti alcune “forzature” all’interno della narrazione, ma necessarie per far proseguire quest’ultima. La colonna sonora riesce a creare una splendida atmosfera, soprattutto i brani cantati che riescono a cogliere il momento.
Un anime consigliatissimo a tutti gli appassionati di questo genere di storie. Non siamo davanti a un semplice Slice of Life. "Yorimoi" è una vera e propria avventura da vivere fino all’ultimo respiro. Riderete, piangerete, vi divertirete e soffrirete insieme alle protagoniste. Ma non vi preoccupate…
The girls are alright.
Come tutti gli esseri viventi, per espletare le mie attività giornaliere anch'io dispongo di una quantità di tempo limitata; ed il tempo non fa sconti nemmeno quando si tratta di anime. Per questo motivo all'inizio di ogni nuova stagione devo necessariamente fare una selezione tra i numerosissimi nuovi anime proposti: l'ideale sarebbe guardare il primo episodio di ogni nuova serie per poi decidere se continuarla oppure no; ma ci vorrebbe comunque troppo tempo, per cui almeno una scrematura iniziale devo farla a naso, leggendo la trama e cercando di capire da quella se l'anime può essere di mio interesse oppure no.
E questa è la stessa procedura che ho adottato anche in occasione dell'annuncio dei titoli che sarebbero stati disponibili per il periodo “Inverno 2018”.
In particolare, mi piacerebbe rileggere assieme a voi la trama di questo “A Place Further than the Universe” (tratta, “ovviamente” da animeclick.it): "La storia segue il viaggio di 4 studentesse al Polo Sud, un posto più lontano dell’universo. Una storia di cresc...” Ok, può bastare. Anche col senno di poi, il soggetto di questa sceneggiatura sembra una solenne stupidaggine: le vicende di queste quattro sgallettate senza arte né parte che giocano a fare le esploratrici tra i ghiacci, con l'obiettivo di fare tante belle foto con quei pinguini tanto simpatici potevano rivelarsi come una seria minaccia alla sopravvivenza dei miei già pochi neuroni.
Su queste basi, ovviamente, scartare immediatamente “A Place Further than the Universe” dalla lista degli anime da prendere in considerazione per una futura visione diventava un atto dovuto; ma è anche vero che se sono qui a scrivere questa recensione dev'essere successo qualcosa in seguito che mi ha fatto cambiare idea. La verità è che poco dopo il rilascio dei primi episodi è cominciato un fittissimo scambio di commenti da parte del pubblico che ha finito per catturare inevitabilmente la mia attenzione; e così, pur continuando a pensare che doveva trattarsi dell'ennesimo sciaguratissimo anime dalla trama improbabile ho deciso di soddisfare la mia curiosità e guardare almeno il primo episodio della serie. Inutile aggiungere che, contrariamente alle mie aspettative, ne restai favorevolmente colpito, ragion per cui sono andato avanti fino alla fine.
Ancora adesso sono convinto che il merito maggiore del successo di questo “A Place Further than the Universe”, vada attribuito a Jukki Arada, l'autore di un vero miracolo: è riuscito a costruire una sceneggiatura solida ed intelligente pur partendo da un progetto narrativo che mirava alla conquista delle masse sfruttando un'idea stupida ma accattivante.
Il viaggio verso l'Antartide viene così interpretato non più soltanto come una gita scolastica più originale del solito (anche se, diciamoci la verità, in parte lo è) ma diventa l'idea folle di quattro adolescenti che desiderano rendere speciale la propria vita facendo qualcosa che viene da tutti ritenuto impossibile. Diventa una sorta di grido liberatorio (che ad un certo punto della storia prende quasi forma concreta) contro una vita troppo piatta, contro un passato fatto di prevaricazioni, contro l'apatia e la solitudine e contro un destino che in un certo momento aveva deciso di mettersi di traverso sfociando in tragedia.
Ben presto ci si rende conto che l'Antartide non può essere considerato come quel continente di ghiaccio che è nella realtà (anche perché in questo casi molti dubbi sulla fattibilità di un viaggio del genere ce ne sarebbero) ma come la meta ideale da raggiungere attraverso un viaggio che non è solo fisico ma che è soprattutto mentale.
Le parti più profonde di questo anime sono rese davvero benissimo, con la presenza di una serie di situazioni o momenti che se da un lato possono sembrare non esattamente originalissimi, ma che dall'altro riescono comunque a trasmettere allo spettatore tante emozioni e talvolta un pizzico di commozione.
Chi ha avuto modo di discutere con me di questo anime, però, sa benissimo che lo ritengo un buon titolo ma anche che non riesco a condividere il grandissimo entusiasmo che, talvolta, ha suscitato in chi l'ha visto. Questo per due motivi principali: il primo è che non mi sono piaciute quelle parti in cui certi problemi (approvazione di scuola e genitori, addestramento, ecc. ecc.) venivano superate con un'eccessiva scioltezza. Se si tratta di un viaggio verso la maturità non mi è sembrato giusto decidere di minimizzare le difficoltà legate a passaggi duri o impegnativi; in più ciò risulta anche poco credibile da un punto di vista strettamente pratico. Il secondo motivo, invece, riguarda le parti più leggere della storia. Se da un lato è vero che si tratta di quattro ragazzine e che quindi non si può negare la necessità di una certa frivolezza nel loro comportamento dall'altro non bisogna confondere la frivolezza con comportamenti idioti messi lì soltanto perché il pubblico li trova più “kawai” rispetto ad altri. E purtroppo questi ultimi non sono pochi all'interno della storia.
In conclusione mi sento di esprimere un parere positivo su “A Place Further than the Universe” anche se resto dell'idea che non bisogna cadere nella tentazione di sopravvalutarlo o di esagerare con gli elogi. E' senz'altro un anime pieno di buone qualità e capace di garantire diverse ore di divertimento condite con un pizzico di riflessione; ma arrivare a considerarlo come un “top-anime” quello no, decisamente no.
E questa è la stessa procedura che ho adottato anche in occasione dell'annuncio dei titoli che sarebbero stati disponibili per il periodo “Inverno 2018”.
In particolare, mi piacerebbe rileggere assieme a voi la trama di questo “A Place Further than the Universe” (tratta, “ovviamente” da animeclick.it): "La storia segue il viaggio di 4 studentesse al Polo Sud, un posto più lontano dell’universo. Una storia di cresc...” Ok, può bastare. Anche col senno di poi, il soggetto di questa sceneggiatura sembra una solenne stupidaggine: le vicende di queste quattro sgallettate senza arte né parte che giocano a fare le esploratrici tra i ghiacci, con l'obiettivo di fare tante belle foto con quei pinguini tanto simpatici potevano rivelarsi come una seria minaccia alla sopravvivenza dei miei già pochi neuroni.
Su queste basi, ovviamente, scartare immediatamente “A Place Further than the Universe” dalla lista degli anime da prendere in considerazione per una futura visione diventava un atto dovuto; ma è anche vero che se sono qui a scrivere questa recensione dev'essere successo qualcosa in seguito che mi ha fatto cambiare idea. La verità è che poco dopo il rilascio dei primi episodi è cominciato un fittissimo scambio di commenti da parte del pubblico che ha finito per catturare inevitabilmente la mia attenzione; e così, pur continuando a pensare che doveva trattarsi dell'ennesimo sciaguratissimo anime dalla trama improbabile ho deciso di soddisfare la mia curiosità e guardare almeno il primo episodio della serie. Inutile aggiungere che, contrariamente alle mie aspettative, ne restai favorevolmente colpito, ragion per cui sono andato avanti fino alla fine.
Ancora adesso sono convinto che il merito maggiore del successo di questo “A Place Further than the Universe”, vada attribuito a Jukki Arada, l'autore di un vero miracolo: è riuscito a costruire una sceneggiatura solida ed intelligente pur partendo da un progetto narrativo che mirava alla conquista delle masse sfruttando un'idea stupida ma accattivante.
Il viaggio verso l'Antartide viene così interpretato non più soltanto come una gita scolastica più originale del solito (anche se, diciamoci la verità, in parte lo è) ma diventa l'idea folle di quattro adolescenti che desiderano rendere speciale la propria vita facendo qualcosa che viene da tutti ritenuto impossibile. Diventa una sorta di grido liberatorio (che ad un certo punto della storia prende quasi forma concreta) contro una vita troppo piatta, contro un passato fatto di prevaricazioni, contro l'apatia e la solitudine e contro un destino che in un certo momento aveva deciso di mettersi di traverso sfociando in tragedia.
Ben presto ci si rende conto che l'Antartide non può essere considerato come quel continente di ghiaccio che è nella realtà (anche perché in questo casi molti dubbi sulla fattibilità di un viaggio del genere ce ne sarebbero) ma come la meta ideale da raggiungere attraverso un viaggio che non è solo fisico ma che è soprattutto mentale.
Le parti più profonde di questo anime sono rese davvero benissimo, con la presenza di una serie di situazioni o momenti che se da un lato possono sembrare non esattamente originalissimi, ma che dall'altro riescono comunque a trasmettere allo spettatore tante emozioni e talvolta un pizzico di commozione.
Chi ha avuto modo di discutere con me di questo anime, però, sa benissimo che lo ritengo un buon titolo ma anche che non riesco a condividere il grandissimo entusiasmo che, talvolta, ha suscitato in chi l'ha visto. Questo per due motivi principali: il primo è che non mi sono piaciute quelle parti in cui certi problemi (approvazione di scuola e genitori, addestramento, ecc. ecc.) venivano superate con un'eccessiva scioltezza. Se si tratta di un viaggio verso la maturità non mi è sembrato giusto decidere di minimizzare le difficoltà legate a passaggi duri o impegnativi; in più ciò risulta anche poco credibile da un punto di vista strettamente pratico. Il secondo motivo, invece, riguarda le parti più leggere della storia. Se da un lato è vero che si tratta di quattro ragazzine e che quindi non si può negare la necessità di una certa frivolezza nel loro comportamento dall'altro non bisogna confondere la frivolezza con comportamenti idioti messi lì soltanto perché il pubblico li trova più “kawai” rispetto ad altri. E purtroppo questi ultimi non sono pochi all'interno della storia.
In conclusione mi sento di esprimere un parere positivo su “A Place Further than the Universe” anche se resto dell'idea che non bisogna cadere nella tentazione di sopravvalutarlo o di esagerare con gli elogi. E' senz'altro un anime pieno di buone qualità e capace di garantire diverse ore di divertimento condite con un pizzico di riflessione; ma arrivare a considerarlo come un “top-anime” quello no, decisamente no.