Kikumana
"Kikumana" è un particolare cortometraggio della durata di soli sei minuti, nel quale Yasuhiro Yoshiura cerca, e riesce con discreto successo, di avvolgere lo spettatore in un mondo triste, dalle tonalità cupe e dall'atmosfera pesante.
La protagonista è una ragazza che cerca in qualche modo di analizzare questo mondo completamente in bianco e nero, ma che finisce per perdersi nella sua follia. Il tutto è filtrato attraverso i suoi occhi, ed è proprio questo fattore che rende la visione ancora più confusa e di difficile comprensione. L'autore in questi brevi minuti tenta di suscitare sensazioni di solitudine e d'inquietudine, senza inserire un particolare messaggio di fondo; di significati a tale opera se ne possono attribuire diversi, ma si limitano tutti a semplici supposizioni, in quanto di esplicito e ricercato non vi è proprio nulla.
Ciò che rende quest'opera tutto sommato interessante è quindi essenzialmente il comparto tecnico. La regia in primo luogo è superba, e gioca un ruolo fondamentale nel confondere lo spettatore. Il comparto tecnico non è certamente di alto livello, ma i giochi d'ombra funzionano perfettamente, e la scarsa qualità dei dettagli non fa altro che enfatizzare maggiormente i pregi precedentemente elencati. Ancora di maggior impatto è il comparto sonoro, che attraverso una serie di silenzi e di inquietanti suoni meccanici dona quel tocco in più all'opera.
In conclusione, un corto decisamente interessante di cui consiglio la visione. Un'opera discreta, ma troppo breve perché il suo voto si innalzi al di sopra della sufficienza.
La protagonista è una ragazza che cerca in qualche modo di analizzare questo mondo completamente in bianco e nero, ma che finisce per perdersi nella sua follia. Il tutto è filtrato attraverso i suoi occhi, ed è proprio questo fattore che rende la visione ancora più confusa e di difficile comprensione. L'autore in questi brevi minuti tenta di suscitare sensazioni di solitudine e d'inquietudine, senza inserire un particolare messaggio di fondo; di significati a tale opera se ne possono attribuire diversi, ma si limitano tutti a semplici supposizioni, in quanto di esplicito e ricercato non vi è proprio nulla.
Ciò che rende quest'opera tutto sommato interessante è quindi essenzialmente il comparto tecnico. La regia in primo luogo è superba, e gioca un ruolo fondamentale nel confondere lo spettatore. Il comparto tecnico non è certamente di alto livello, ma i giochi d'ombra funzionano perfettamente, e la scarsa qualità dei dettagli non fa altro che enfatizzare maggiormente i pregi precedentemente elencati. Ancora di maggior impatto è il comparto sonoro, che attraverso una serie di silenzi e di inquietanti suoni meccanici dona quel tocco in più all'opera.
In conclusione, un corto decisamente interessante di cui consiglio la visione. Un'opera discreta, ma troppo breve perché il suo voto si innalzi al di sopra della sufficienza.
Kikumana è un corto di 6 minuti sperimentale a tutti gli effetti; è un viaggio surreale nella quale Yasuhiro Yoshiura riesce ad esprimere tutto il suo potenziale.
In quest'opera l'anonima ragazza, protagonista di un mondo in bianco e in nero, percorre spazi desolati e infinite scale come nei quadri di M.C. Escher, pittore famoso per i suoi paradossi. L'utilizzo dell'espediente dei paradossi funziona egregiamente per narrare questo trip mentale, nella quale si perdono non solo la ragazza ma anche lo spettatore, dato che ogni scena è filtrata dal punto di vista della ragazza e dal suo battito di ciglia.
All'interno di questo corto appaiono diversi simboli tipici dell'autore come il pesce meccanico, che nuota nel vuoto, (presente anche in "Aquatic language") oppure la costante presenza di libri che ci permettono di decifrare realtà sconosciute (immagine ripresa in "Pale Cocoon").
Lo stile di rappresentazione è interessante e particolare, caratterizzato da un' atmosfera misteriosa ed impalpabile costituita da suoni meccanici e personaggi muti, simili ad androidi.
Kikumana non è altro che una fucina di idee e pensieri dell' autore, nella quale lo stesso Yoshiura si sperimenta e tenta di esprimere il suo senso di inquietudine, solitudine e smarrimento di fronte a un mondo in un certo senso incomprensibile; proprio per questo mi sento di poter dare un voto alto a questo anime perché la ritengo un' opera originale.
In quest'opera l'anonima ragazza, protagonista di un mondo in bianco e in nero, percorre spazi desolati e infinite scale come nei quadri di M.C. Escher, pittore famoso per i suoi paradossi. L'utilizzo dell'espediente dei paradossi funziona egregiamente per narrare questo trip mentale, nella quale si perdono non solo la ragazza ma anche lo spettatore, dato che ogni scena è filtrata dal punto di vista della ragazza e dal suo battito di ciglia.
All'interno di questo corto appaiono diversi simboli tipici dell'autore come il pesce meccanico, che nuota nel vuoto, (presente anche in "Aquatic language") oppure la costante presenza di libri che ci permettono di decifrare realtà sconosciute (immagine ripresa in "Pale Cocoon").
Lo stile di rappresentazione è interessante e particolare, caratterizzato da un' atmosfera misteriosa ed impalpabile costituita da suoni meccanici e personaggi muti, simili ad androidi.
Kikumana non è altro che una fucina di idee e pensieri dell' autore, nella quale lo stesso Yoshiura si sperimenta e tenta di esprimere il suo senso di inquietudine, solitudine e smarrimento di fronte a un mondo in un certo senso incomprensibile; proprio per questo mi sento di poter dare un voto alto a questo anime perché la ritengo un' opera originale.
Come tutti i corti sperimentali anche "Kikumana" manca di esplicito significato, con un'evidente spinta compiuta verso lo spettatore affinché da questi sei minuti tragga un senso di isolamento, di occlusione e di malinconia.
In bianco e nero, "Kikumana" ha una pallida ragazza come protagonista, ma anche quasi come spettatrice. Sembra, difatti, che ella spesso si perda nell'ambiente, che lo analizzi come se fosse la prima volta che si imbatte in esso. Allusioni e metafore, trip mentali e divagazioni astrali chiudono Kikumana con il suo stesso inizio, dolci note al pianoforte e cupi frastuoni di tipo industrial trasformano scene soavi in scene quasi di matrice orrifica. Un personaggio, ritratto in una foto, come un deus ex machina fuoriesce all'ultimo secondo ricordando, probabilmente, alla fanciulla che il tempo è finito. Per cosa e per chi non si sa.
Decisamente da vedere, ognuno ne trae l'ispirazione che vuole, sebbene io penso che nessuno ci troverà un reale senso.
In bianco e nero, "Kikumana" ha una pallida ragazza come protagonista, ma anche quasi come spettatrice. Sembra, difatti, che ella spesso si perda nell'ambiente, che lo analizzi come se fosse la prima volta che si imbatte in esso. Allusioni e metafore, trip mentali e divagazioni astrali chiudono Kikumana con il suo stesso inizio, dolci note al pianoforte e cupi frastuoni di tipo industrial trasformano scene soavi in scene quasi di matrice orrifica. Un personaggio, ritratto in una foto, come un deus ex machina fuoriesce all'ultimo secondo ricordando, probabilmente, alla fanciulla che il tempo è finito. Per cosa e per chi non si sa.
Decisamente da vedere, ognuno ne trae l'ispirazione che vuole, sebbene io penso che nessuno ci troverà un reale senso.
Monumentale mausoleo artistico, impossibile da interpretare in maniera univoca, ma che per la sua breve durata va assolutamente visto.
Nei corti a carattere sperimentale solitamente bisogna scindere, senza slacciare in maniera netta, la resa tecnica dalla funzione narrativa, chiaramente surreale e suggestiva. Un'efebea figura immersa in uno spettrale grigiore, un cono di luce cosciente lacera (ma timidamente) il polveroso buio di un archivio. Biblioteca di ricordi? forse
Il suono di una malinconica contemplazione e' rotto, spingendo cosi' la genesi di un inesorabile quanto sterile marcia lugubre verso la memoria, una memoria non soltanto drammatica e dolorosa, ma assolutamente impersonale, l'Io che vede l'Io.
Un pesce meccanico sembra quasi irridere il suo originale simbolismo vitale, un orrendo feticcio appare senza portar via il fardello. La religio, che sia superstizione o verità, ha un valore salvifico? l'essere umano che irride la sua stessa esistenza come quadrato, attraverso la croce, arriva al cerchio contemplato nel dipinto dagli uomini? Trova consolazione dall'orrendo labirinto della sofferenza, oppur, seppur congiunti, rimaniamo intrappolati nel nostro utero nevoso? A mio avviso il messaggio e' straziante.
L' insieme lampante dei simbolismi cristiani e pagani nella sequenza temporale (quadrato, pesce, contemplazione del cerchio, croce, simbolo divino, lancetta che torna indietro) scandiscono l'esistenza di un Ego che pensa ma non esiste, rientrano ciclicamente verso la contemplazione interiore eppur priva di uno scopo. Senza far rumore, neanche uno gemito.
Nei corti a carattere sperimentale solitamente bisogna scindere, senza slacciare in maniera netta, la resa tecnica dalla funzione narrativa, chiaramente surreale e suggestiva. Un'efebea figura immersa in uno spettrale grigiore, un cono di luce cosciente lacera (ma timidamente) il polveroso buio di un archivio. Biblioteca di ricordi? forse
Il suono di una malinconica contemplazione e' rotto, spingendo cosi' la genesi di un inesorabile quanto sterile marcia lugubre verso la memoria, una memoria non soltanto drammatica e dolorosa, ma assolutamente impersonale, l'Io che vede l'Io.
Un pesce meccanico sembra quasi irridere il suo originale simbolismo vitale, un orrendo feticcio appare senza portar via il fardello. La religio, che sia superstizione o verità, ha un valore salvifico? l'essere umano che irride la sua stessa esistenza come quadrato, attraverso la croce, arriva al cerchio contemplato nel dipinto dagli uomini? Trova consolazione dall'orrendo labirinto della sofferenza, oppur, seppur congiunti, rimaniamo intrappolati nel nostro utero nevoso? A mio avviso il messaggio e' straziante.
L' insieme lampante dei simbolismi cristiani e pagani nella sequenza temporale (quadrato, pesce, contemplazione del cerchio, croce, simbolo divino, lancetta che torna indietro) scandiscono l'esistenza di un Ego che pensa ma non esiste, rientrano ciclicamente verso la contemplazione interiore eppur priva di uno scopo. Senza far rumore, neanche uno gemito.
Come tutti gli anime sperimentali, anche questo è completamente incomprensibile, e quindi anche questo è a libera interpretazione...e cercherò di esprimere la mia, con non poche difficoltà:
Kikumana è un trip mentale, ambientato apparentemente in una stanza e nella mente della protagonista (entrambi potrebbero essere la stessa cosa). Tutto sembra incentrarsi su di un piccolo cubo (filosofia kubrickiana), inteso forse come un'entità superiore, immerso a sua volta in un libro che la protagonista una volta aperto entra in contatto con esso. Non solo con quello che contiene il cubo, ovvero un ambiente ultraterreno e extrasensoriale, ma anche con un'entità superiore, che la costringe forse ad obbedire ai suoi ordini, ossia di subentrare nel cubo, nel libro, i sogni dunque, e tutto ciò che non appartenga alla stanza, che potrebbe invece quest'ultima rappresentare benissimamente la realtà. Una foto che ritrae la protagonista con i suoi genitori decapitati ne è una triste dimostrazione che i suoi cari abbiano già oltrepassato il varco, ma lei ancora no. Il finale, con la chiusura del libro, è l'evidente passaggio nel mondo alternativo, che non solo potrebbe sembrare il mondo dei sogni, ma anche la morte stessa.
"My mission is to save you" -->AngeL
Kikumana è un trip mentale, ambientato apparentemente in una stanza e nella mente della protagonista (entrambi potrebbero essere la stessa cosa). Tutto sembra incentrarsi su di un piccolo cubo (filosofia kubrickiana), inteso forse come un'entità superiore, immerso a sua volta in un libro che la protagonista una volta aperto entra in contatto con esso. Non solo con quello che contiene il cubo, ovvero un ambiente ultraterreno e extrasensoriale, ma anche con un'entità superiore, che la costringe forse ad obbedire ai suoi ordini, ossia di subentrare nel cubo, nel libro, i sogni dunque, e tutto ciò che non appartenga alla stanza, che potrebbe invece quest'ultima rappresentare benissimamente la realtà. Una foto che ritrae la protagonista con i suoi genitori decapitati ne è una triste dimostrazione che i suoi cari abbiano già oltrepassato il varco, ma lei ancora no. Il finale, con la chiusura del libro, è l'evidente passaggio nel mondo alternativo, che non solo potrebbe sembrare il mondo dei sogni, ma anche la morte stessa.
"My mission is to save you" -->AngeL