Banana Fish
È possibile produrre un anime sui lati più sordidi della mafia, fatto di soli protagonisti maschi, ma dedicato ad un target femminile anche di età giovanile?
"Banana Fish", che trae il suo titolo dall'omonima razza animale e da una citazione dello scrittore J.D Salinger, è un anime che parla di Ash Lynx: un teppista New Yorkese di 17 anni reduce da abusi continui della mafia americana che cerca di liberarsi degli inseguitori e, al contempo, di rifarsi una vita con i sottoposti della sua banda e un nuovo legame con Eiji Okumura: un ragazzo giapponese venuto negli Stati Uniti per un'intervista ad Ash, ma finisce inevitabilmente in un turbinio di pericoli e persecuzioni della malavita, di cui vengono esaminati alcuni degli aspetti più turpi e, spesso, emotivamente pesanti per qualunque tipo di pubblico.
Il concetto di anime shōjo (cioè dedicato a quel tipo di pubblico) viene dunque scomposto nei suoi minimi termini, privandosi dei suoi orpelli ottimisti e dolciastri, delicati, per essere un anime dove la fedeltà allo standard è "solo" nell'importanza dell'amore nella trama e nell'occhiolino erotico dei temi omosessuali con personaggi bellocci, che inevitabilmente sono pappa e ciccia per le ragazze e certi membri della comunità LGBTQ+.
L'ingegnosità di quest'anime è, però, di non auto-ghettizzarsi con topoi troppo ristretti a un pubblico specifico, che è un'operazione solitamente auto-sminuente non solo per gli shōjo, ma anche per gli shōnen. Come guardare un anime dove l'unico tema è il combattimento (persino anime come Dragon Ball parlano pure di altro -e un "altro" rilevante-) può essere noioso e tutt'altro che arricchente, lo stesso vale per una storia dove esiste solo l'amore.
Nel caso di "Banana Fish", non solo vi sono le differenze sovracitate con gli stereotipi, ma si tratta di una storia in cui la relazione d'amore (mai dichiarata veramente, ma facilmente desumibile dal contesto) viene posta in un contesto di prostituzione minorile e maschile, di manipolazione psicologica, dove in generale l'eros e l'omosessualità sono la cornice, espresse sul piano collettivo del conflitto mafioso e sul piano privato dell'amore, che si incrociano in più occasioni. Tutto è, quindi, una riflessione organica e a tratti tragica su come il sesso e i legami umani, sia sentiti che utilitaristici, muovano il mondo e l' autorealizzazione delle persone.
Per gli spettatori che non fanno parte di quel tipo di pubblico come me, è inevitabile porre l'accento sul fatto che il target sia solo una nicchia immaginaria a cui interfacciarsi nella scrittura per riuscire a comunicare e "vendere" quello che si vuole pubblicare, per fare capire come mai il sottoscritto abbia voluto vederlo e lo abbia tranquillamente apprezzato come chiunque altro.
Però un discorso del genere è importante anche a causa dei pregiudizi che ricorrono sugli anime con questo tipo di contenuti, ma, più in generale, sul presupposto superficiale di molti spettatori che ognuno debba guardare e apprezzare solo le opere d'arte dedicate al proprio target.
La bellezza di "Banana Fish" va, però, ben oltre i soliti discorsi di genere, perché questo respiro ampio viene applicato anche alla qualità dell'intreccio, alla rappresentazione della storia d'amore, alla caratura dei personaggi, quasi tutti ben caratterizzati e pieni di sfumature, che vengono trattati quasi tutti con grande rispetto. Anche gli esseri più schifosi tra i protagonisti non sono resi pura cattiveria su cui accanirsi per soddisfare la botta di dopamina dello spettatore con facili trattamenti vendicativi e che accentuano lo squallore di questi personaggi in oltranza per farci stare apposto con la coscienza, ma c'è invece una cura da fine scrutatore dell'animo umano, che solo con certi momenti bruschi (una morte avvenuta forse un po' troppo presto o certe scelte del cecchino negli ultimi episodi) perde qualcosa nella fluidità e nella profondità di introspezione.
Il personaggio di Ash è, per esempio, basato su tanti contrasti: l'essere intelligentissimo e l'essere visto come un oggetto che lo porta a sfruttare quella stessa percezione a suo favore, l'essere diventato maturo troppo in fretta e avere un lato infantile ancora presente ma da riportare alla luce come in un iceberg Freudiano, il rapporto ambiguo con il sesso: da un lato c'è una pace con i propri lati femminili, dall'altro un orgoglio a tratti machista che cozza con certi stereotipi sul tema. Avendo avuto una storia di prostituzione e violenze sessuali, un rapporto omosessuale sano è, dunque, da un lato, un modo di liberarsi in anticipo da possibili accuse di omofobia per averne mostrato solo lati pessimi, dall'altro è soprattutto un modo per riconciliare la propria sessualità con il genere che ha peggiorato la sua vita, alienandolo dal resto della società. In un caso come quello di "Banana Fish", la tematica è dunque narrativamente essenziale e non fine a sé stessa, in grado di offrire qualcosa in più e differenziarsi da temi come quelli della prostituzione femminile e del maschilismo in generale, già inflazionato rispetto ai temi di quest'anime, ma di cui comunque parla pure, in alcuni rari casi dove si parla della figura della donna (volontariamente trascurata per riflettere sulla figura dell'uomo, eterosessuale o LGBTQ+ che sia) in un contesto malavitoso.
Eiji è, invece, un personaggio che era stato originariamente concepito come una donna e che ha, infatti, un ruolo che tipicamente viene attribuito alle donne: quello del "punto debole" dell'uomo, della figura dolce, tranquilla, indifesa e brava nel prendersi cura della gente, ma è, ironicamente, anche colui che protegge l'amante in una maniera diversa, meno sanguigna e più emotiva e che inevitabilmente nel corso della serie imparerà ad affrontare i propri limiti.
Anche personaggi come Max, Sin, Golzine, Blanca e Yut-Lung sono tasselli fondamentali dell'affresco ed è straordinario come tutti questi personaggi siano stati valorizzati e mostrino ognuno una prospettiva diversa del tutto. Max che è l'amico per eccellenza ma anche un uomo normale costretto dalle avversità a rinunciare alla propria fedeltà, Sin che è un personaggio costretto a raccogliere l'onere della leadership nonostante i suoi problemi, il rapporto ambivalente di Golzine con il suo malato bisogno di prevaricazione e un senso di ammirazione/affetto paterno, l'ambigua umanità di un'assoldata macchina di morte come Blanca, la figura speculare ad Ash di Yut-Lung dal passato simile, ma con temperamento e valori differenti.
Tra le tante cose, è interessante anche il valore cosmopolita di "Banana Fish", a cui mi riferivo prima quando parlavo di universalità. Con la scusa delle gang, i creatori (l'autrice del manga è Akimi Yoshida, nell'anime se ne occupano Hiroko Utsumi come regista e Hiroshi Seko come sceneggiatore per lo studio MAPPA) hanno l'opportunità di essere l'affresco di un'America multietnica, con la gang nera di Harlem, il mafioso corso (Dino Golzine), le gang di Chinatown, i normali americani bianchi come Ash, infine Eiji e Ibe (quest'ultimo, che gli fa da accompagnatore è, purtroppo, stato un po' trascurato nonostante la sua massiccia presenza tra i vari episodi) che sono un po' la trasposizione patriottica (nel senso buono) dei giapponesi che hanno lavorato con l'anime e che sono il suo principale target, unica etnia che non ha chissà quali rapporti politici con gli Stati Uniti e che sono dunque gli unici veri e propri stranieri della serie, portatori di un confronto tra la società giapponese e la società americana con i loro diversi modi di esprimere emozioni, di mangiare, di gestire le armi, insomma tutte informazioni che chi mastica un po' di geografia culturale conosce già, ma che sicuramente danno quel giusto grado di riflessione sui pregi e i difetti della società americana se paragonata ad altre e che permettono, insieme ad altri aspetti, alla produzione di non rinunciare alla propria identità semplicemente per l'ambientazione.
Tutto questo dà quel tocco in più e dipinge un affresco impietoso, ma tristemente veritiero sugli Stati Uniti da un lato piena di opportunità, dall'altra come nazione piena di violenze nascoste, armi vendute come il latte, corruzione tra i piani alti e bassi delle forze dell'ordine, degli scienziati e dei politici; dunque una lettura critica che di solito solo uno straniero ha il coraggio e il desiderio di mostrare.
Se c'è un respiro cosmopolita che usa gli Stati Uniti come sineddoche di una qualsiasi società piena di divisioni, d'altra parte tutto questo viene, a tratti rappresentato con la tipica goffaggine degli anime, dove l'eccellente stile visivo che accentua l'eleganza estetica dei personaggi, finisce per non saper distinguere adeguatamente le etnie, venendo meno ad un certo realismo. Se certamente è sempre stata caratteristica giapponese quella di rappresentare chiunque come un bianco senza occhi a mandorla, buona parte degli anime ha una relativa uniformità etnica dei personaggi che ti fa abituare allo status quo senza fartici badare. Non è, però questo il caso perché ci sono personaggi di etnie completamente diverse tra di loro, ma con i neri che hanno tratti somatici molto sottili e sembrano quasi bianchi dipinti, peggio ancora gli asiatici si confondono spesso con i bianchi, differenziandosi per pochi dettagli spesso incoerenti e non sempre immediatamente percettibili.
Purtroppo, l'anime in maniera (involontariamente o meno) furba trascura gli afroamericani che nella vita reale sono ben più impattanti rispetto ai cinesi o i giapponesi nella società americana, probabilmente per mancanza di affinità culturale e iconica e insieme a tutti questi altri aspetti crea anche un piccolo manifesto di come i giapponesi probabilmente vedono la nazione più ammirata e criticata del mondo.
Questo pressapochismo in molti dettagli si vede anche nella reiterazione di certi stratagemmi narrativi e tira-molla continui dell' intreccio che tolgono talvolta il brivido dell'imprevedibilità, sebbene per fortuna non abbastanza da ledere la fluidità del ritmo e la qualità di certi colpi di scena.
In conclusione, "Banana Fish" è un gioiello dell'animazione anche se con dei difetti evidenti, ma che sono sicuramente sovrastati dai pregi di un anime che è in grado di toccare il cuore con il suo pathos romantico e le sue vicende umane e che rilegge e aggiorna in maniera adulta molte tradizioni: il dramma adolescenziale, il racconto d'amore omosessuale tipico dello shōjo, ma anche le storie di gangster viste dall'interno quotidiano a-la Scorsese e il racconto di formazione a-la Salinger che l'anime cita in più occasioni come nel termine "Banana Fish", che, in questo caso è un po' un'allegoria fantasiosa della prevaricazione e dell' alienazione degli oppressi in generale e che si lega saldamente a tutte le altre tematiche.
"Banana Fish", che trae il suo titolo dall'omonima razza animale e da una citazione dello scrittore J.D Salinger, è un anime che parla di Ash Lynx: un teppista New Yorkese di 17 anni reduce da abusi continui della mafia americana che cerca di liberarsi degli inseguitori e, al contempo, di rifarsi una vita con i sottoposti della sua banda e un nuovo legame con Eiji Okumura: un ragazzo giapponese venuto negli Stati Uniti per un'intervista ad Ash, ma finisce inevitabilmente in un turbinio di pericoli e persecuzioni della malavita, di cui vengono esaminati alcuni degli aspetti più turpi e, spesso, emotivamente pesanti per qualunque tipo di pubblico.
Il concetto di anime shōjo (cioè dedicato a quel tipo di pubblico) viene dunque scomposto nei suoi minimi termini, privandosi dei suoi orpelli ottimisti e dolciastri, delicati, per essere un anime dove la fedeltà allo standard è "solo" nell'importanza dell'amore nella trama e nell'occhiolino erotico dei temi omosessuali con personaggi bellocci, che inevitabilmente sono pappa e ciccia per le ragazze e certi membri della comunità LGBTQ+.
L'ingegnosità di quest'anime è, però, di non auto-ghettizzarsi con topoi troppo ristretti a un pubblico specifico, che è un'operazione solitamente auto-sminuente non solo per gli shōjo, ma anche per gli shōnen. Come guardare un anime dove l'unico tema è il combattimento (persino anime come Dragon Ball parlano pure di altro -e un "altro" rilevante-) può essere noioso e tutt'altro che arricchente, lo stesso vale per una storia dove esiste solo l'amore.
Nel caso di "Banana Fish", non solo vi sono le differenze sovracitate con gli stereotipi, ma si tratta di una storia in cui la relazione d'amore (mai dichiarata veramente, ma facilmente desumibile dal contesto) viene posta in un contesto di prostituzione minorile e maschile, di manipolazione psicologica, dove in generale l'eros e l'omosessualità sono la cornice, espresse sul piano collettivo del conflitto mafioso e sul piano privato dell'amore, che si incrociano in più occasioni. Tutto è, quindi, una riflessione organica e a tratti tragica su come il sesso e i legami umani, sia sentiti che utilitaristici, muovano il mondo e l' autorealizzazione delle persone.
Per gli spettatori che non fanno parte di quel tipo di pubblico come me, è inevitabile porre l'accento sul fatto che il target sia solo una nicchia immaginaria a cui interfacciarsi nella scrittura per riuscire a comunicare e "vendere" quello che si vuole pubblicare, per fare capire come mai il sottoscritto abbia voluto vederlo e lo abbia tranquillamente apprezzato come chiunque altro.
Però un discorso del genere è importante anche a causa dei pregiudizi che ricorrono sugli anime con questo tipo di contenuti, ma, più in generale, sul presupposto superficiale di molti spettatori che ognuno debba guardare e apprezzare solo le opere d'arte dedicate al proprio target.
La bellezza di "Banana Fish" va, però, ben oltre i soliti discorsi di genere, perché questo respiro ampio viene applicato anche alla qualità dell'intreccio, alla rappresentazione della storia d'amore, alla caratura dei personaggi, quasi tutti ben caratterizzati e pieni di sfumature, che vengono trattati quasi tutti con grande rispetto. Anche gli esseri più schifosi tra i protagonisti non sono resi pura cattiveria su cui accanirsi per soddisfare la botta di dopamina dello spettatore con facili trattamenti vendicativi e che accentuano lo squallore di questi personaggi in oltranza per farci stare apposto con la coscienza, ma c'è invece una cura da fine scrutatore dell'animo umano, che solo con certi momenti bruschi (una morte avvenuta forse un po' troppo presto o certe scelte del cecchino negli ultimi episodi) perde qualcosa nella fluidità e nella profondità di introspezione.
Il personaggio di Ash è, per esempio, basato su tanti contrasti: l'essere intelligentissimo e l'essere visto come un oggetto che lo porta a sfruttare quella stessa percezione a suo favore, l'essere diventato maturo troppo in fretta e avere un lato infantile ancora presente ma da riportare alla luce come in un iceberg Freudiano, il rapporto ambiguo con il sesso: da un lato c'è una pace con i propri lati femminili, dall'altro un orgoglio a tratti machista che cozza con certi stereotipi sul tema. Avendo avuto una storia di prostituzione e violenze sessuali, un rapporto omosessuale sano è, dunque, da un lato, un modo di liberarsi in anticipo da possibili accuse di omofobia per averne mostrato solo lati pessimi, dall'altro è soprattutto un modo per riconciliare la propria sessualità con il genere che ha peggiorato la sua vita, alienandolo dal resto della società. In un caso come quello di "Banana Fish", la tematica è dunque narrativamente essenziale e non fine a sé stessa, in grado di offrire qualcosa in più e differenziarsi da temi come quelli della prostituzione femminile e del maschilismo in generale, già inflazionato rispetto ai temi di quest'anime, ma di cui comunque parla pure, in alcuni rari casi dove si parla della figura della donna (volontariamente trascurata per riflettere sulla figura dell'uomo, eterosessuale o LGBTQ+ che sia) in un contesto malavitoso.
Eiji è, invece, un personaggio che era stato originariamente concepito come una donna e che ha, infatti, un ruolo che tipicamente viene attribuito alle donne: quello del "punto debole" dell'uomo, della figura dolce, tranquilla, indifesa e brava nel prendersi cura della gente, ma è, ironicamente, anche colui che protegge l'amante in una maniera diversa, meno sanguigna e più emotiva e che inevitabilmente nel corso della serie imparerà ad affrontare i propri limiti.
Anche personaggi come Max, Sin, Golzine, Blanca e Yut-Lung sono tasselli fondamentali dell'affresco ed è straordinario come tutti questi personaggi siano stati valorizzati e mostrino ognuno una prospettiva diversa del tutto. Max che è l'amico per eccellenza ma anche un uomo normale costretto dalle avversità a rinunciare alla propria fedeltà, Sin che è un personaggio costretto a raccogliere l'onere della leadership nonostante i suoi problemi, il rapporto ambivalente di Golzine con il suo malato bisogno di prevaricazione e un senso di ammirazione/affetto paterno, l'ambigua umanità di un'assoldata macchina di morte come Blanca, la figura speculare ad Ash di Yut-Lung dal passato simile, ma con temperamento e valori differenti.
Tra le tante cose, è interessante anche il valore cosmopolita di "Banana Fish", a cui mi riferivo prima quando parlavo di universalità. Con la scusa delle gang, i creatori (l'autrice del manga è Akimi Yoshida, nell'anime se ne occupano Hiroko Utsumi come regista e Hiroshi Seko come sceneggiatore per lo studio MAPPA) hanno l'opportunità di essere l'affresco di un'America multietnica, con la gang nera di Harlem, il mafioso corso (Dino Golzine), le gang di Chinatown, i normali americani bianchi come Ash, infine Eiji e Ibe (quest'ultimo, che gli fa da accompagnatore è, purtroppo, stato un po' trascurato nonostante la sua massiccia presenza tra i vari episodi) che sono un po' la trasposizione patriottica (nel senso buono) dei giapponesi che hanno lavorato con l'anime e che sono il suo principale target, unica etnia che non ha chissà quali rapporti politici con gli Stati Uniti e che sono dunque gli unici veri e propri stranieri della serie, portatori di un confronto tra la società giapponese e la società americana con i loro diversi modi di esprimere emozioni, di mangiare, di gestire le armi, insomma tutte informazioni che chi mastica un po' di geografia culturale conosce già, ma che sicuramente danno quel giusto grado di riflessione sui pregi e i difetti della società americana se paragonata ad altre e che permettono, insieme ad altri aspetti, alla produzione di non rinunciare alla propria identità semplicemente per l'ambientazione.
Tutto questo dà quel tocco in più e dipinge un affresco impietoso, ma tristemente veritiero sugli Stati Uniti da un lato piena di opportunità, dall'altra come nazione piena di violenze nascoste, armi vendute come il latte, corruzione tra i piani alti e bassi delle forze dell'ordine, degli scienziati e dei politici; dunque una lettura critica che di solito solo uno straniero ha il coraggio e il desiderio di mostrare.
Se c'è un respiro cosmopolita che usa gli Stati Uniti come sineddoche di una qualsiasi società piena di divisioni, d'altra parte tutto questo viene, a tratti rappresentato con la tipica goffaggine degli anime, dove l'eccellente stile visivo che accentua l'eleganza estetica dei personaggi, finisce per non saper distinguere adeguatamente le etnie, venendo meno ad un certo realismo. Se certamente è sempre stata caratteristica giapponese quella di rappresentare chiunque come un bianco senza occhi a mandorla, buona parte degli anime ha una relativa uniformità etnica dei personaggi che ti fa abituare allo status quo senza fartici badare. Non è, però questo il caso perché ci sono personaggi di etnie completamente diverse tra di loro, ma con i neri che hanno tratti somatici molto sottili e sembrano quasi bianchi dipinti, peggio ancora gli asiatici si confondono spesso con i bianchi, differenziandosi per pochi dettagli spesso incoerenti e non sempre immediatamente percettibili.
Purtroppo, l'anime in maniera (involontariamente o meno) furba trascura gli afroamericani che nella vita reale sono ben più impattanti rispetto ai cinesi o i giapponesi nella società americana, probabilmente per mancanza di affinità culturale e iconica e insieme a tutti questi altri aspetti crea anche un piccolo manifesto di come i giapponesi probabilmente vedono la nazione più ammirata e criticata del mondo.
Questo pressapochismo in molti dettagli si vede anche nella reiterazione di certi stratagemmi narrativi e tira-molla continui dell' intreccio che tolgono talvolta il brivido dell'imprevedibilità, sebbene per fortuna non abbastanza da ledere la fluidità del ritmo e la qualità di certi colpi di scena.
In conclusione, "Banana Fish" è un gioiello dell'animazione anche se con dei difetti evidenti, ma che sono sicuramente sovrastati dai pregi di un anime che è in grado di toccare il cuore con il suo pathos romantico e le sue vicende umane e che rilegge e aggiorna in maniera adulta molte tradizioni: il dramma adolescenziale, il racconto d'amore omosessuale tipico dello shōjo, ma anche le storie di gangster viste dall'interno quotidiano a-la Scorsese e il racconto di formazione a-la Salinger che l'anime cita in più occasioni come nel termine "Banana Fish", che, in questo caso è un po' un'allegoria fantasiosa della prevaricazione e dell' alienazione degli oppressi in generale e che si lega saldamente a tutte le altre tematiche.
È molto bella l'atmosfera che si crea, e come vengono trattati i temi.
Inoltre i personaggi sono ben strutturati, in particolar modo Ash, che nel corso della storia ha una crescita stupenda e che riesce a instaurare un forte legame con Eiji pur essendo due persone totalmente differenti, dato che Ash è cresciuto nella malavita, mentre Eiji è sempre stato benestante ed ha avuto una vita molto tranquilla.
La trama è intrigante, con i suoi misteri affascinati, e i rapporti che si creano tra i personaggi principali sono bellissimi da osservare.
Inoltre l'opera riesce trasmettere una carrellata di emozioni, soprattutto con il suo finale.
Inoltre i personaggi sono ben strutturati, in particolar modo Ash, che nel corso della storia ha una crescita stupenda e che riesce a instaurare un forte legame con Eiji pur essendo due persone totalmente differenti, dato che Ash è cresciuto nella malavita, mentre Eiji è sempre stato benestante ed ha avuto una vita molto tranquilla.
La trama è intrigante, con i suoi misteri affascinati, e i rapporti che si creano tra i personaggi principali sono bellissimi da osservare.
Inoltre l'opera riesce trasmettere una carrellata di emozioni, soprattutto con il suo finale.
"Banana Fish" è una serie che, non a caso, fa parlare di sé.
Presa fra misteri, intrighi e suspense sono stata come risucchiata all'interno di quest'anime, che ho finito col visionare per intero in meno di due giorni.
La storia riesce a proporre e affrontare molte tematiche distinte e lo fa mixandole egregiamente fra loro, cosa non facile, se si pensa che questi contenuti non sono solo variegati ma anche forti, oscuri e complessi. Di fatto, ciò che ne fuoriesce non può che essere qualcosa di altrettanto d'impatto e profondo, capace di procurare emozioni intense.
Rispetto al manga la versione animata di quest'opera subisce una modernizzazione che riesce a renderla più attuale e, a mio avviso, contribuisce a far immedesimare chi vi s'immerge. Anche i disegni ne guadagnano con un upgrade che li rende decisamente più curati e quindi godibili. Impossibile non elogiare le sigle, belle da far piangere, soprattutto quelle dei Survive Said the Prophet.
Cosa rende quindi questa serie ottima, ma non perfetta, memorabile, ma non indimenticabile?
Il primo e più grande difetto riguarda sicuramente una certa ciclicità degli eventi, che tendono a ripetersi più volte facendo perdere di ritmo e di realismo. Realismo che in determinati momenti fatica davvero a palesarsi, colpa di avvenimenti e personaggi che vengono gonfiati o al contrario sminuiti a seconda di come torna comodo ai fini della trama.
La seconda pecca l'ho trovata nei personaggi stessi. Nonostante siano di base molto ben caratterizzati e delineati, talvolta le loro azioni cambiano all'improvviso senza un'apparente logica, facendoli perdere così di coerenza.
Attenzione: questa parte contiene lievi spoiler
Il finale è stato come me lo aspettavo, sebbene sperassi in una conclusione differente (e secondo me più lineare), ma questa è anche una questione di gusti personali. Ho apprezzato, comunque, che rimanesse più libero all'immaginazione e all'interpretazione (a differenza di quello della controparte cartacea, che non lascia adito a dubbi).
Il mio voto complessivo per quest'opera è di 8,5 e consiglio di vederla almeno una volta.
Presa fra misteri, intrighi e suspense sono stata come risucchiata all'interno di quest'anime, che ho finito col visionare per intero in meno di due giorni.
La storia riesce a proporre e affrontare molte tematiche distinte e lo fa mixandole egregiamente fra loro, cosa non facile, se si pensa che questi contenuti non sono solo variegati ma anche forti, oscuri e complessi. Di fatto, ciò che ne fuoriesce non può che essere qualcosa di altrettanto d'impatto e profondo, capace di procurare emozioni intense.
Rispetto al manga la versione animata di quest'opera subisce una modernizzazione che riesce a renderla più attuale e, a mio avviso, contribuisce a far immedesimare chi vi s'immerge. Anche i disegni ne guadagnano con un upgrade che li rende decisamente più curati e quindi godibili. Impossibile non elogiare le sigle, belle da far piangere, soprattutto quelle dei Survive Said the Prophet.
Cosa rende quindi questa serie ottima, ma non perfetta, memorabile, ma non indimenticabile?
Il primo e più grande difetto riguarda sicuramente una certa ciclicità degli eventi, che tendono a ripetersi più volte facendo perdere di ritmo e di realismo. Realismo che in determinati momenti fatica davvero a palesarsi, colpa di avvenimenti e personaggi che vengono gonfiati o al contrario sminuiti a seconda di come torna comodo ai fini della trama.
La seconda pecca l'ho trovata nei personaggi stessi. Nonostante siano di base molto ben caratterizzati e delineati, talvolta le loro azioni cambiano all'improvviso senza un'apparente logica, facendoli perdere così di coerenza.
Attenzione: questa parte contiene lievi spoiler
Il finale è stato come me lo aspettavo, sebbene sperassi in una conclusione differente (e secondo me più lineare), ma questa è anche una questione di gusti personali. Ho apprezzato, comunque, che rimanesse più libero all'immaginazione e all'interpretazione (a differenza di quello della controparte cartacea, che non lascia adito a dubbi).
Il mio voto complessivo per quest'opera è di 8,5 e consiglio di vederla almeno una volta.
Trasposizione animata del celebre manga shoujo di Akimi Yoshida pubblicato tra gli anni ’80 e ’90 del Novecento, "Banana Fish" dello studio Mappa, si presenta come una rivisitazione in chiave moderna dell’omonimo fumetto, che fa dell’ambientazione in una grande metropoli e della guerra tra bande mafiose, i suoi punti di forza.
Nei bassifondi di New York, dominati da clan mafiosi di diversa nazionalità, c’è una banda e, in particolar modo, un leader, che sembra spiccare su tutti gli altri, il suo nome è Ash Lynx. Ash è il solito americano di bell’aspetto, dal carattere difficile e scontroso, e irrimediabilmente corrotto da un passato tormentato, segnato da abusi e violenze. La madre è non pervenuta e il padre lo ha ripudiato, motivo per il quale, ad occuparsi di lui è il fratello maggiore Griffin. La vita lo mette a dura prova quando, tornato dalla guerra, il fratello non è più la persona allegra di sempre. Sguardo perso nel vuoto, capacità motorie drasticamente ridotte e solo due parole pronunciate continuamente, Banana Fish, fanno di lui un vegetale. Deciso più che mai a salvare il fratello che lo ha cresciuto e educato, ecco che finisce la storia di Aslan Jade Callenreese e inizia quella di Ash Lynx. Le possibilità che gli offre la nuova vita al servizio del boss mafioso Dino Golzine gli permettono di formare il suo clan che, nel giro di poco tempo, ottiene il controllo dei bassifondi newyorkesi. Sparatorie e screzi tra bande sono all’ordine del giorno, ma ciò che gli interessa non è il potere, bensì scoprire il segreto di Banana Fish e cercare, magari, una cura per il fratello. E proprio mentre si sente vicino a scoprire qualcosa di più al riguardo, fa la conoscenza di un ragazzo giapponese, diverso da lui in tutto e per tutto, Eiji Okumura. Tra i due nascerà, ben presto, un’amicizia inconsueta, destinata a trasformarsi in altro e che conferma, ancora una volta e con mio grande disappunto, che gli opposti si attraggono.
La New York che fa da sfondo alla trama non è troppo diversa da quella che vediamo nei film o serie tv americane. Ogni giorno c’è una sparatoria, i conflitti tra bande vanno avanti senza che la polizia possa fare nulla per fermarli e la mafia gode di grande seguito. Eppure, il mondo di "Banana Fish" è tanto simile quanto diverso da quello descritto finora. Le sparatorie ci sono, ma ogni ora, piuttosto che ogni giorno. La polizia non solo non riesce a fermare i conflitti tra clan, ma non ci prova neanche, di fatto, la presenza delle forze dell’ordine è pari a zero nel corso di tutta la storia. Infine, la mafia gode di grande seguito non solo tra gli strati più bassi della società, ma anche presso i vertici politici. Insomma, tutto sembra essere amplificato e per uno scopo ben preciso, lasciare all’autore libertà incondizionata che, priva di ogni argine, porta a confusione totale e falle nel sistema. L’unica vera novità, rispetto alle immagini continuamente proposte, di questa New York ucronica, è l’inclinazione omosessuale e molestatrice, a tratti spaventosa e preoccupante, di tutti gli individui maschi di cui facciamo la conoscenza.
La storia che ci viene proposta può essere definita in tanti modi e il migliore, a mio modesto avviso, è confusionaria. Questo, però, non significa che sia tutto da buttare, anzi una prima buona parte dell’anime, che arriva fino alla quindicesima puntata, scorre bene dopo una partenza col freno a mano tirato, come è giusto che sia per ogni opera che si rispetti. La seconda parte, però, piena di incongruenze e falle, getta un’ombra nera come la pece su tutta la storia, fino ad allora ben gestita. E il problema di fondo è uno solo, il fatto che si perda di vista la questione principale, quella legata al Banana Fish. Scoperto il mistero, si va perdendo il perno centrale della storia, che finisce per risentirne maledettamente. Dal thriller politico, si passa al più semplice e americano dei polizieschi, dove a farla da padrona sono i continui spargimenti di sangue. Insomma, un’involuzione che fa di quest’opera un prodotto riuscito solo in parte.
Così come per la storia, anche i personaggi non sempre sono all’altezza della situazione. Nella maggior parte dei casi, mal gestiti e caratterizzati e, ad accompagnare, la solita impressione che, da un certo momento in poi, si sia persa la bussola. Il personaggio, a mio avviso, più oscuro di tutti è Papà Dino, il cui atteggiamento nei confronti di Ash oscilla continuamente tra amore paterno e odio parossistico scaturito da un velato, ma ben presente complesso di Laio. A conti fatti, gli unici due personaggi veramente ben caratterizzati sono Ash e Eiji, i due pilastri di una serie che, senza la loro presenza, sarebbe crollata come una qualsiasi costruzione a cui mancano i sostegni.
Insieme, Eiji e Ash formano una coppia anomala. Ash ha diciassette anni, Eiji ne ha diciannove, ma tra i due, è il primo a sembrare quello più adulto. Ash è stato costretto, sin da piccolo, a subire violenze di ogni tipo, per questo motivo, non si fida di nessuno. Eiji è cresciuto nell’agio, nel tranquillo e idilliaco Giappone. Ash è cresciuto imparando a comandare e impugnare una pistola, per il bene degli affari del padre adottivo. Eiji non sa neanche come è fatta un’arma da fuoco. Ash è cresciuto troppo in fretta e la spensieratezza non sa neanche dove sta di casa. Eiji è ancora un bambinone, pieno di allegria e speranze per il futuro. Eiji accanto ad Ash imparerà a crescere e proverà nuovamente l’ebrezza di sentirsi vivo; Ash accanto ad Eiji imparerà ad amare ed essere amato e che non tutti ci tendono la mano soltanto per i propri loschi fini. Due realtà diversissime, che si incontrano e imparano l’una dall’altra, ma soprattutto ci insegnano che l’amicizia è il più importante dei valori e ancora di salvezza nei momenti di difficoltà.
Infine, giudico positivamente sia il comparto grafico che, però, non eccelle mai, ma ci regala dei fondali stupendi, sia il comparto musicale che, invece, ho trovato di altissimo livello. Godibili le musiche che accompagnano le scene dell’anime, indimenticabili le opening e le ending, che ho apprezzato particolarmente.
Onestamente parlando, mi piacerebbe dare un voto superiore, ma alcuni errori sono troppo evidenti e grossolani per non essere “puniti”. Nonostante ciò, se siete disposti a chiudere un occhio quando serve, "Banana Fish" è una serie che vi consiglio con tutto il cuore.
Nei bassifondi di New York, dominati da clan mafiosi di diversa nazionalità, c’è una banda e, in particolar modo, un leader, che sembra spiccare su tutti gli altri, il suo nome è Ash Lynx. Ash è il solito americano di bell’aspetto, dal carattere difficile e scontroso, e irrimediabilmente corrotto da un passato tormentato, segnato da abusi e violenze. La madre è non pervenuta e il padre lo ha ripudiato, motivo per il quale, ad occuparsi di lui è il fratello maggiore Griffin. La vita lo mette a dura prova quando, tornato dalla guerra, il fratello non è più la persona allegra di sempre. Sguardo perso nel vuoto, capacità motorie drasticamente ridotte e solo due parole pronunciate continuamente, Banana Fish, fanno di lui un vegetale. Deciso più che mai a salvare il fratello che lo ha cresciuto e educato, ecco che finisce la storia di Aslan Jade Callenreese e inizia quella di Ash Lynx. Le possibilità che gli offre la nuova vita al servizio del boss mafioso Dino Golzine gli permettono di formare il suo clan che, nel giro di poco tempo, ottiene il controllo dei bassifondi newyorkesi. Sparatorie e screzi tra bande sono all’ordine del giorno, ma ciò che gli interessa non è il potere, bensì scoprire il segreto di Banana Fish e cercare, magari, una cura per il fratello. E proprio mentre si sente vicino a scoprire qualcosa di più al riguardo, fa la conoscenza di un ragazzo giapponese, diverso da lui in tutto e per tutto, Eiji Okumura. Tra i due nascerà, ben presto, un’amicizia inconsueta, destinata a trasformarsi in altro e che conferma, ancora una volta e con mio grande disappunto, che gli opposti si attraggono.
La New York che fa da sfondo alla trama non è troppo diversa da quella che vediamo nei film o serie tv americane. Ogni giorno c’è una sparatoria, i conflitti tra bande vanno avanti senza che la polizia possa fare nulla per fermarli e la mafia gode di grande seguito. Eppure, il mondo di "Banana Fish" è tanto simile quanto diverso da quello descritto finora. Le sparatorie ci sono, ma ogni ora, piuttosto che ogni giorno. La polizia non solo non riesce a fermare i conflitti tra clan, ma non ci prova neanche, di fatto, la presenza delle forze dell’ordine è pari a zero nel corso di tutta la storia. Infine, la mafia gode di grande seguito non solo tra gli strati più bassi della società, ma anche presso i vertici politici. Insomma, tutto sembra essere amplificato e per uno scopo ben preciso, lasciare all’autore libertà incondizionata che, priva di ogni argine, porta a confusione totale e falle nel sistema. L’unica vera novità, rispetto alle immagini continuamente proposte, di questa New York ucronica, è l’inclinazione omosessuale e molestatrice, a tratti spaventosa e preoccupante, di tutti gli individui maschi di cui facciamo la conoscenza.
La storia che ci viene proposta può essere definita in tanti modi e il migliore, a mio modesto avviso, è confusionaria. Questo, però, non significa che sia tutto da buttare, anzi una prima buona parte dell’anime, che arriva fino alla quindicesima puntata, scorre bene dopo una partenza col freno a mano tirato, come è giusto che sia per ogni opera che si rispetti. La seconda parte, però, piena di incongruenze e falle, getta un’ombra nera come la pece su tutta la storia, fino ad allora ben gestita. E il problema di fondo è uno solo, il fatto che si perda di vista la questione principale, quella legata al Banana Fish. Scoperto il mistero, si va perdendo il perno centrale della storia, che finisce per risentirne maledettamente. Dal thriller politico, si passa al più semplice e americano dei polizieschi, dove a farla da padrona sono i continui spargimenti di sangue. Insomma, un’involuzione che fa di quest’opera un prodotto riuscito solo in parte.
Così come per la storia, anche i personaggi non sempre sono all’altezza della situazione. Nella maggior parte dei casi, mal gestiti e caratterizzati e, ad accompagnare, la solita impressione che, da un certo momento in poi, si sia persa la bussola. Il personaggio, a mio avviso, più oscuro di tutti è Papà Dino, il cui atteggiamento nei confronti di Ash oscilla continuamente tra amore paterno e odio parossistico scaturito da un velato, ma ben presente complesso di Laio. A conti fatti, gli unici due personaggi veramente ben caratterizzati sono Ash e Eiji, i due pilastri di una serie che, senza la loro presenza, sarebbe crollata come una qualsiasi costruzione a cui mancano i sostegni.
Insieme, Eiji e Ash formano una coppia anomala. Ash ha diciassette anni, Eiji ne ha diciannove, ma tra i due, è il primo a sembrare quello più adulto. Ash è stato costretto, sin da piccolo, a subire violenze di ogni tipo, per questo motivo, non si fida di nessuno. Eiji è cresciuto nell’agio, nel tranquillo e idilliaco Giappone. Ash è cresciuto imparando a comandare e impugnare una pistola, per il bene degli affari del padre adottivo. Eiji non sa neanche come è fatta un’arma da fuoco. Ash è cresciuto troppo in fretta e la spensieratezza non sa neanche dove sta di casa. Eiji è ancora un bambinone, pieno di allegria e speranze per il futuro. Eiji accanto ad Ash imparerà a crescere e proverà nuovamente l’ebrezza di sentirsi vivo; Ash accanto ad Eiji imparerà ad amare ed essere amato e che non tutti ci tendono la mano soltanto per i propri loschi fini. Due realtà diversissime, che si incontrano e imparano l’una dall’altra, ma soprattutto ci insegnano che l’amicizia è il più importante dei valori e ancora di salvezza nei momenti di difficoltà.
Infine, giudico positivamente sia il comparto grafico che, però, non eccelle mai, ma ci regala dei fondali stupendi, sia il comparto musicale che, invece, ho trovato di altissimo livello. Godibili le musiche che accompagnano le scene dell’anime, indimenticabili le opening e le ending, che ho apprezzato particolarmente.
Onestamente parlando, mi piacerebbe dare un voto superiore, ma alcuni errori sono troppo evidenti e grossolani per non essere “puniti”. Nonostante ciò, se siete disposti a chiudere un occhio quando serve, "Banana Fish" è una serie che vi consiglio con tutto il cuore.
Ambientato in una New York moderna datata anni '10 del XXI secolo, questa versione di "Banana Fish" di MAPPA riesce, a mio avviso, nel suo intento di trasporre in una chiave contemporanea e rinnovata il celebre manga shōjo di Akimi Yoshida degli anni '80 e '90.
Ho trovato l'ambientazione caratteristica e ben realizzata, nelle sfaccettature delle varie gang/clan di stampo mafioso-criminale dei bassifondi americani e non solo. Sebbene lo sfondo della trama sia incentrato sul mistero, conflitti d'interessi tra gang, e possa essere classificato nel genere "azione", la trama di "Banana Fish" è in realtà più complessa, adducendo tematiche non banali e indubbiamente spinose: pedofilia, corruzione, traumi, sperimentazione su esseri umani e altro ancora.
Tutti questi temi passano dall'esperienza del personaggio di Ash Lynx, un ragazzo diciassettenne fuori dal comune per doti fisiche, intelligenza e talento, che si trova a combattere contro un sistema più grande di lui, che in parte disconosce, e che andrà man mano emergendo nel corso della trama.
Ad assisterlo c'è Eiji, un ragazzo giapponese più grande di Ash, ma a cui manca l'intera esperienza di vita di Ash, e si ritrova protagonista degli avvenimenti pur nella sua completa ingenuità. Tra di loro nasce un'amicizia che si evolve nel corso della storia in qualcosa di più di una semplice amicizia e penso qualcosa di diverso da un "amore" per come siamo portati a intenderlo. "Banana Fish" riesce secondo me abbastanza bene a giocare sul filo del rasoio in questo caso, rendendo il rapporto tra i due protagonisti profondamente intimo e importante per la serie, senza farlo scadere nel cringe. In Eiji, Ash trova quella presenza rassicurante che nei suoi diciassette anni non aveva mai avuto, o più semplicemente l'amore che non aveva mai ricevuto. Lo reputerei un amore fraterno.
Rispetto al manga di 19 tankōbon la trama è stata condensata in soli 24 episodi, operando dei tagli che tuttavia lasciano l'anime pienamente godibile, sebbene a volte si abbia la percezione che i ritmi narrativi siano un po' troppo veloci.
La narrazione di "Banana Fish" è infatti avvincente e completa. Pur con i suoi difetti, la trama riesce a coinvolgere il pubblico e a farlo restare col fiato sospeso di episodio in episodio. L'animazione di MAPPA eccezionale.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Il finale, per quanto mi dolga dirlo, è coerente con le battute finali della storia. Può lasciare l'amaro in bocca a molti, ma non lascia vuoti narrativi, né un senso di incompletezza.
Ho trovato l'ambientazione caratteristica e ben realizzata, nelle sfaccettature delle varie gang/clan di stampo mafioso-criminale dei bassifondi americani e non solo. Sebbene lo sfondo della trama sia incentrato sul mistero, conflitti d'interessi tra gang, e possa essere classificato nel genere "azione", la trama di "Banana Fish" è in realtà più complessa, adducendo tematiche non banali e indubbiamente spinose: pedofilia, corruzione, traumi, sperimentazione su esseri umani e altro ancora.
Tutti questi temi passano dall'esperienza del personaggio di Ash Lynx, un ragazzo diciassettenne fuori dal comune per doti fisiche, intelligenza e talento, che si trova a combattere contro un sistema più grande di lui, che in parte disconosce, e che andrà man mano emergendo nel corso della trama.
Ad assisterlo c'è Eiji, un ragazzo giapponese più grande di Ash, ma a cui manca l'intera esperienza di vita di Ash, e si ritrova protagonista degli avvenimenti pur nella sua completa ingenuità. Tra di loro nasce un'amicizia che si evolve nel corso della storia in qualcosa di più di una semplice amicizia e penso qualcosa di diverso da un "amore" per come siamo portati a intenderlo. "Banana Fish" riesce secondo me abbastanza bene a giocare sul filo del rasoio in questo caso, rendendo il rapporto tra i due protagonisti profondamente intimo e importante per la serie, senza farlo scadere nel cringe. In Eiji, Ash trova quella presenza rassicurante che nei suoi diciassette anni non aveva mai avuto, o più semplicemente l'amore che non aveva mai ricevuto. Lo reputerei un amore fraterno.
Rispetto al manga di 19 tankōbon la trama è stata condensata in soli 24 episodi, operando dei tagli che tuttavia lasciano l'anime pienamente godibile, sebbene a volte si abbia la percezione che i ritmi narrativi siano un po' troppo veloci.
La narrazione di "Banana Fish" è infatti avvincente e completa. Pur con i suoi difetti, la trama riesce a coinvolgere il pubblico e a farlo restare col fiato sospeso di episodio in episodio. L'animazione di MAPPA eccezionale.
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Il finale, per quanto mi dolga dirlo, è coerente con le battute finali della storia. Può lasciare l'amaro in bocca a molti, ma non lascia vuoti narrativi, né un senso di incompletezza.
Immaginate una New York alternativa, i cui bassifondi sono il feudo inespugnabile di bande di delinquenti, dove a dettar legge sono organizzazioni mafiose di ogni nazionalità, dove la polizia è poco più che un’istituzione di facciata e, soprattutto, dove essere eterosessuale è una rarità, tale da farti sentire spesso e volentieri a disagio. È un’ucronia bella e buona, non c’è dubbio, eppure quello che ci si para davanti è il palcoscenico delle vicissitudini dei personaggi di “Banana Fish”, adattamento animato del 2018 del manga realizzato da Akimi Yoshida, disegnato a cavallo degli Anni ’80 e ’90.
Ash Lynx, giovanissimo boss di una gang metropolitana, è il protagonista della vicenda: cresciuto in seno alla famiglia malavitosa dei Goldzine, fiero e combattivo come un felino - nomen omen -, si troverà a fare i conti con criminali sempre più spietati, alla disperata ricerca della verità sulla sorte del fratello, tornato dalla guerra psicologicamente devastato. Al filo conduttore principale si intrecceranno faide mafiose, cospirazioni politiche, fantasmi del passato e, soprattutto, l’amicizia tra il biondo fuorilegge ed Eiji, giovane giapponese invischiatosi suo malgrado nel regolamento di conti in atto tra le varie fazioni in gioco.
La prima cosa che salta all’occhio dello spettatore è l’ambientazione: il mood spiccatamente rétro, a partire dai disegni ispirati al tratto della Yoshida, strizza furbescamente l’occhio ai nostalgici dell’animazione Anni ’80, con esiti tutt’altro che disdicevoli. Tuttavia, la discrepanza temporale tra l’opera originale e questa trasposizione, ambientata ai giorni nostri, si fa sentire spesso, andando a creare alcune stonature piuttosto stridenti: se lo skyline di Manhattan privo delle Torri Gemelle non ha grande rilevanza sulla trama, il mancato impiego della moderna tecnologia e certe inammissibili incongruenze (in primis, l’ingiustificata assenza delle Forze dell'Ordine) fanno sì che quest’operazione di svecchiamento si inceppi frequentemente, nel tentativo di rinnovare un mondo in cui, nonostante tutto, i confronti personali vengono risolti ancora a suon di revolver. Così come il contesto politico, figlio in origine della disfatta in Vietnam e della Guerra Fredda, e qui invece rivisto in chiave contemporanea, con accenni alla guerra in Iraq e al terrorismo islamico, non trova adeguata corrispondenza con certi stilemi tipici dell’epoca in cui è stato concepito l’universo di “Banana Fish”.
Un’epoca esemplificata dall’iperbolica caratterizzazione di Ash, diciassettenne colto e raffinato, hacker infallibile con competenze avanzate in qualsiasi disciplina, dalla chimica alla geopolitica, che all’occasione (piuttosto frequente) si trasforma in un invincibile Rambo, capace di crivellare di colpi decine di avversari con precisione chirurgica, grazie a un corpo invulnerabile dalla stamina infinita. Esagerazioni tipiche della cinematografia americana più fracassona, che però fanno a pugni con l’analisi psicologica dell’Ash più umano, quella che nel legame sviluppatosi con il compagno di sventura, Eiji, rivela le fragilità e i traumi di un giovane uomo piagato da una vita di sofferenza e soprusi. Questa è la parte sicuramente più meritevole dell’anime, quella in cui ci viene mostrato come un dolore apparentemente insuperabile possa essere lenito dall’incondizionata liberalità di un altro essere vivente, pronto a farsi carico della sofferenza della persona amata. Con una regia che non lesina inquadrature sulle violenze patite, spiattellandoci in faccia senza filtri sevizie e abusi sessuali, subiti in particolare dal protagonista in tenera età. E a questa coraggiosa onestà va dato il giusto riconoscimento.
Peccato che, al di fuori della coppia protagonista, lo stesso trattamento non venga riservato agli altri personaggi, dalla psicologia piuttosto ondivaga, a volte addirittura incomprensibile: è il caso ad esempio di Papà Dino, mentore e aguzzino di Ash, che si alterna senza soluzione di continuità tra interessi meramente economici e una morbosa ossessione nei confronti del ragazzo; oppure Yut Long, luogotenente della mafia cinese, apparentemente cinico e calcolatore, che per un discutibile sentimento di gelosia agisce spesso in maniera illogica.
Per non parlare dei villain, che, dal più inetto tirapiedi fino al nemico finale, non sono altro che sadici stupratori omosessuali, reiterati in una formula senza variazioni, che getta più di un’ombra sulla propensione dell’opera a un certo, fastidioso voyeurismo.
Nemmeno le scene di pura e semplice azione lasciano il segno: benché il ritmo sia sempre incalzante, alcune imperdonabili ingenuità, come le infallibili doti da cecchino di Ash, nonché una colpevole approssimazione nelle fasi più concitate, fanno sì che le si osservi con crescente insoddisfazione - pur nella consapevolezza della loro intrinseca leggerezza, quasi fossero una sorta di sparatutto con centinaia di pedine sacrificabili senza particolari rimorsi.
Va altresì precisato che, in generale, i difetti riscontrati si accentuano nella seconda parte, quando si perde di vista il nocciolo della questione - ovvero l’essenza del banana fish del titolo - a favore di un eccessivo dinamismo, che forza la trama nella direzione di eventi sempre più improbabili, pur di giustificare l’abbondanza di sparatorie e inseguimenti. Almeno all’inizio, quando si dà più spazio ai personaggi, la storia scivola via in maniera assai scorrevole, e con un certo gusto per le messe in scena teatrali, come nel confronto tra Ash e il suo alter ego Arthur.
Tiratina d’orecchie allo Studio Mappa, che dopo alcuni episodi di pregevole fattura fa calare progressivamente la qualità di disegni e animazioni, mantenendo il buon livello iniziale soltanto nei fondali, sempre molto suggestivi, sia negli scorci della metropoli newyorkese sia negli spazi aperti del continente americano.
Sigle e sonorità risultano invece sempre azzeccate al contesto.
Nonostante il buon riscontro di vendite e il discreto successo ottenuto oltreoceano (si pensi ad esempio che la Public Library di New York, location sfruttata ripetutamente nell’anime, nel 2019 ha visto incrementare significativamente le visite turistiche), “Banana Fish” appare un’operazione commerciale piuttosto controversa: se da un lato solletica il palato agli amanti del cinema - e non solo - degli Anni ‘80 (a detta dell’autrice del manga, alcuni personaggi sono ispirati alle icone di quel periodo, come Harrison Ford o Sting), spaziando dalla sottocultura underground immediatamente successiva a “I guerrieri della notte” fino agli eroi spacconi alla “Rambo” o “Arma letale”, dall’altro cerca un difficile compromesso con la modernità, ingarbugliandosi in un amalgama non sempre riuscito.
Il giudizio diventa molto più lusinghiero se ci si sofferma sugli aspetti strettamente romantici, grazie al rapporto d’amicizia, e poi d’amore, tra Eiji e Ash, protagonisti di un percorso sentimentale coerente e ben sviluppato.
Ash Lynx, giovanissimo boss di una gang metropolitana, è il protagonista della vicenda: cresciuto in seno alla famiglia malavitosa dei Goldzine, fiero e combattivo come un felino - nomen omen -, si troverà a fare i conti con criminali sempre più spietati, alla disperata ricerca della verità sulla sorte del fratello, tornato dalla guerra psicologicamente devastato. Al filo conduttore principale si intrecceranno faide mafiose, cospirazioni politiche, fantasmi del passato e, soprattutto, l’amicizia tra il biondo fuorilegge ed Eiji, giovane giapponese invischiatosi suo malgrado nel regolamento di conti in atto tra le varie fazioni in gioco.
La prima cosa che salta all’occhio dello spettatore è l’ambientazione: il mood spiccatamente rétro, a partire dai disegni ispirati al tratto della Yoshida, strizza furbescamente l’occhio ai nostalgici dell’animazione Anni ’80, con esiti tutt’altro che disdicevoli. Tuttavia, la discrepanza temporale tra l’opera originale e questa trasposizione, ambientata ai giorni nostri, si fa sentire spesso, andando a creare alcune stonature piuttosto stridenti: se lo skyline di Manhattan privo delle Torri Gemelle non ha grande rilevanza sulla trama, il mancato impiego della moderna tecnologia e certe inammissibili incongruenze (in primis, l’ingiustificata assenza delle Forze dell'Ordine) fanno sì che quest’operazione di svecchiamento si inceppi frequentemente, nel tentativo di rinnovare un mondo in cui, nonostante tutto, i confronti personali vengono risolti ancora a suon di revolver. Così come il contesto politico, figlio in origine della disfatta in Vietnam e della Guerra Fredda, e qui invece rivisto in chiave contemporanea, con accenni alla guerra in Iraq e al terrorismo islamico, non trova adeguata corrispondenza con certi stilemi tipici dell’epoca in cui è stato concepito l’universo di “Banana Fish”.
Un’epoca esemplificata dall’iperbolica caratterizzazione di Ash, diciassettenne colto e raffinato, hacker infallibile con competenze avanzate in qualsiasi disciplina, dalla chimica alla geopolitica, che all’occasione (piuttosto frequente) si trasforma in un invincibile Rambo, capace di crivellare di colpi decine di avversari con precisione chirurgica, grazie a un corpo invulnerabile dalla stamina infinita. Esagerazioni tipiche della cinematografia americana più fracassona, che però fanno a pugni con l’analisi psicologica dell’Ash più umano, quella che nel legame sviluppatosi con il compagno di sventura, Eiji, rivela le fragilità e i traumi di un giovane uomo piagato da una vita di sofferenza e soprusi. Questa è la parte sicuramente più meritevole dell’anime, quella in cui ci viene mostrato come un dolore apparentemente insuperabile possa essere lenito dall’incondizionata liberalità di un altro essere vivente, pronto a farsi carico della sofferenza della persona amata. Con una regia che non lesina inquadrature sulle violenze patite, spiattellandoci in faccia senza filtri sevizie e abusi sessuali, subiti in particolare dal protagonista in tenera età. E a questa coraggiosa onestà va dato il giusto riconoscimento.
Peccato che, al di fuori della coppia protagonista, lo stesso trattamento non venga riservato agli altri personaggi, dalla psicologia piuttosto ondivaga, a volte addirittura incomprensibile: è il caso ad esempio di Papà Dino, mentore e aguzzino di Ash, che si alterna senza soluzione di continuità tra interessi meramente economici e una morbosa ossessione nei confronti del ragazzo; oppure Yut Long, luogotenente della mafia cinese, apparentemente cinico e calcolatore, che per un discutibile sentimento di gelosia agisce spesso in maniera illogica.
Per non parlare dei villain, che, dal più inetto tirapiedi fino al nemico finale, non sono altro che sadici stupratori omosessuali, reiterati in una formula senza variazioni, che getta più di un’ombra sulla propensione dell’opera a un certo, fastidioso voyeurismo.
Nemmeno le scene di pura e semplice azione lasciano il segno: benché il ritmo sia sempre incalzante, alcune imperdonabili ingenuità, come le infallibili doti da cecchino di Ash, nonché una colpevole approssimazione nelle fasi più concitate, fanno sì che le si osservi con crescente insoddisfazione - pur nella consapevolezza della loro intrinseca leggerezza, quasi fossero una sorta di sparatutto con centinaia di pedine sacrificabili senza particolari rimorsi.
Va altresì precisato che, in generale, i difetti riscontrati si accentuano nella seconda parte, quando si perde di vista il nocciolo della questione - ovvero l’essenza del banana fish del titolo - a favore di un eccessivo dinamismo, che forza la trama nella direzione di eventi sempre più improbabili, pur di giustificare l’abbondanza di sparatorie e inseguimenti. Almeno all’inizio, quando si dà più spazio ai personaggi, la storia scivola via in maniera assai scorrevole, e con un certo gusto per le messe in scena teatrali, come nel confronto tra Ash e il suo alter ego Arthur.
Tiratina d’orecchie allo Studio Mappa, che dopo alcuni episodi di pregevole fattura fa calare progressivamente la qualità di disegni e animazioni, mantenendo il buon livello iniziale soltanto nei fondali, sempre molto suggestivi, sia negli scorci della metropoli newyorkese sia negli spazi aperti del continente americano.
Sigle e sonorità risultano invece sempre azzeccate al contesto.
Nonostante il buon riscontro di vendite e il discreto successo ottenuto oltreoceano (si pensi ad esempio che la Public Library di New York, location sfruttata ripetutamente nell’anime, nel 2019 ha visto incrementare significativamente le visite turistiche), “Banana Fish” appare un’operazione commerciale piuttosto controversa: se da un lato solletica il palato agli amanti del cinema - e non solo - degli Anni ‘80 (a detta dell’autrice del manga, alcuni personaggi sono ispirati alle icone di quel periodo, come Harrison Ford o Sting), spaziando dalla sottocultura underground immediatamente successiva a “I guerrieri della notte” fino agli eroi spacconi alla “Rambo” o “Arma letale”, dall’altro cerca un difficile compromesso con la modernità, ingarbugliandosi in un amalgama non sempre riuscito.
Il giudizio diventa molto più lusinghiero se ci si sofferma sugli aspetti strettamente romantici, grazie al rapporto d’amicizia, e poi d’amore, tra Eiji e Ash, protagonisti di un percorso sentimentale coerente e ben sviluppato.
Non è facile fare una recensione di “Banana Fish” (tratto dall’omonimo manga di Akimi Yoshida), perché le sensazioni suscitate dalla visione dell’anime sono state diverse e contrastanti.
È certamente un anime che incuriosisce, che ti “prende” e ti spinge a voler vedere l’episodio successivo, fino ad arrivare alla fine. È un thriller dinamico, originale (per trama ed ambientazione), ma, allo stesso tempo, introspettivo ed emotivamente coinvolgente.
Ho apprezzato molto il chara design, l’animazione estremamente fluida e realistica, le ambientazioni molto curate e dettagliate, le atmosfere cupe dei bassifondi urbani di New York. Ottima anche la colonna sonora, ed in particolare la seconda ending che mi è rimasta impressa nella mente…
Mi è piaciuta molto anche la caratterizzazione del protagonista Ash, il capo diciassettenne di una gang newyorchese con un passato da incubo. Un personaggio affascinante, poliedrico, complesso, tormentato, ricco di sfaccettature (a volte sorprendenti e inaspettate). In breve, un personaggio magnetico, capace di bucare lo schermo, di rubare la scena e catalizzare l’attenzione.
Ed è proprio per questo motivo, che non c’era bisogno di esagerare, che non c’era bisogno di rimarcare continuamente quanto fosse bello, intelligente e sessualmente desiderabile. Non era necessario sottoporlo continuamente ad ogni genere di violenza, umiliazione e tortura fisica e psicologica (aldilà di ogni umana sopportazione) per accrescere l’empatia nei suoi confronti o per giustificare alcuni passaggi della storia. Ho trovato esagerate le sue gesta da “supereroe” ed eccessivamente ripetitive alcune dinamiche della trama (susseguirsi di catture, liberazioni, etc). Pur trattandosi di un thriller, che affronta temi forti, quali la droga, la criminalità, la corruzione, la prostituzione minorile, etc, il vero filo conduttore di tutta la trama è rappresentato dal rapporto tra Ash e il giovane Eiji (un ragazzo di origine nipponica arrivato a New York per un reportage fotografico sulla malavita newyorchese), ma su questo ci sarebbe qualcosa da dire…
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Il rapporto di “amicizia” che nasce tra i due ragazzi, attraverso il quale i due personaggi evolvono e si completano, resta sospeso nel limbo di una relazione dai contorni indefiniti. L’opera, pur analizzando diversi aspetti psicologici dei personaggi, non approfondisce il tema (a mio avviso volutamente), forse per raggiungere un pubblico più vasto possibile o per evitare che l’opera venisse etichettata in un genere o per questioni di censura. Ma il legame che nasce tra Ash e Eiji, (che ho trovato poetico e toccante) va ben oltre il semplice rapporto di amicizia. C’è solo un tipo di sentimento, così potente e radicale, in grado di sconvolge l’ordine delle priorità della vita, escludere tutti gli altri dal proprio campo visivo, provocare in poco tempo cambiamenti dell’anima così profondi. Solo un sentimento romantico potrebbe indurre un ragazzo (del tutto estraneo al mondo abietto e spietato della criminalità) a mettere in gioco la propria vita senza esitazione alcuna. E solo questo tipo di sentimento potrebbe essere capace di provocare un tale struggimento all’idea dell’assenza o dell’allontanamento della persona amata. Se così non fosse la storia non reggerebbe, non sarebbe credibile, non sarebbe coerente. Forse, un’opera coraggiosa che affronta temi forti, in maniera così naturale e diretta, avrebbe dovuto avere anche il coraggio di andare fino in fondo…
Per quanto riguarda il finale, non sono un’amante dell’happy ending a tutti i costi, e in questo caso, questo finale amaro e struggente ci sta tutto…
In conclusione: "Banana Fish" aveva grandi potenzialità che non sono state sviluppate pienamente, ma ne consiglio la visione, resta comunque un’opera valida e tecnicamente ben realizzata.
È certamente un anime che incuriosisce, che ti “prende” e ti spinge a voler vedere l’episodio successivo, fino ad arrivare alla fine. È un thriller dinamico, originale (per trama ed ambientazione), ma, allo stesso tempo, introspettivo ed emotivamente coinvolgente.
Ho apprezzato molto il chara design, l’animazione estremamente fluida e realistica, le ambientazioni molto curate e dettagliate, le atmosfere cupe dei bassifondi urbani di New York. Ottima anche la colonna sonora, ed in particolare la seconda ending che mi è rimasta impressa nella mente…
Mi è piaciuta molto anche la caratterizzazione del protagonista Ash, il capo diciassettenne di una gang newyorchese con un passato da incubo. Un personaggio affascinante, poliedrico, complesso, tormentato, ricco di sfaccettature (a volte sorprendenti e inaspettate). In breve, un personaggio magnetico, capace di bucare lo schermo, di rubare la scena e catalizzare l’attenzione.
Ed è proprio per questo motivo, che non c’era bisogno di esagerare, che non c’era bisogno di rimarcare continuamente quanto fosse bello, intelligente e sessualmente desiderabile. Non era necessario sottoporlo continuamente ad ogni genere di violenza, umiliazione e tortura fisica e psicologica (aldilà di ogni umana sopportazione) per accrescere l’empatia nei suoi confronti o per giustificare alcuni passaggi della storia. Ho trovato esagerate le sue gesta da “supereroe” ed eccessivamente ripetitive alcune dinamiche della trama (susseguirsi di catture, liberazioni, etc). Pur trattandosi di un thriller, che affronta temi forti, quali la droga, la criminalità, la corruzione, la prostituzione minorile, etc, il vero filo conduttore di tutta la trama è rappresentato dal rapporto tra Ash e il giovane Eiji (un ragazzo di origine nipponica arrivato a New York per un reportage fotografico sulla malavita newyorchese), ma su questo ci sarebbe qualcosa da dire…
Attenzione: questa parte contiene spoiler
Il rapporto di “amicizia” che nasce tra i due ragazzi, attraverso il quale i due personaggi evolvono e si completano, resta sospeso nel limbo di una relazione dai contorni indefiniti. L’opera, pur analizzando diversi aspetti psicologici dei personaggi, non approfondisce il tema (a mio avviso volutamente), forse per raggiungere un pubblico più vasto possibile o per evitare che l’opera venisse etichettata in un genere o per questioni di censura. Ma il legame che nasce tra Ash e Eiji, (che ho trovato poetico e toccante) va ben oltre il semplice rapporto di amicizia. C’è solo un tipo di sentimento, così potente e radicale, in grado di sconvolge l’ordine delle priorità della vita, escludere tutti gli altri dal proprio campo visivo, provocare in poco tempo cambiamenti dell’anima così profondi. Solo un sentimento romantico potrebbe indurre un ragazzo (del tutto estraneo al mondo abietto e spietato della criminalità) a mettere in gioco la propria vita senza esitazione alcuna. E solo questo tipo di sentimento potrebbe essere capace di provocare un tale struggimento all’idea dell’assenza o dell’allontanamento della persona amata. Se così non fosse la storia non reggerebbe, non sarebbe credibile, non sarebbe coerente. Forse, un’opera coraggiosa che affronta temi forti, in maniera così naturale e diretta, avrebbe dovuto avere anche il coraggio di andare fino in fondo…
Per quanto riguarda il finale, non sono un’amante dell’happy ending a tutti i costi, e in questo caso, questo finale amaro e struggente ci sta tutto…
In conclusione: "Banana Fish" aveva grandi potenzialità che non sono state sviluppate pienamente, ma ne consiglio la visione, resta comunque un’opera valida e tecnicamente ben realizzata.
"Banana Fish", un titolo insolito che mi incuriosiva da parecchio tempo, è diventato forse il mio anime preferito in assoluto. Dico "forse" perché amo alla follia questo anime, la sua storia, i suoi personaggi, le forti emozioni che mi ha fatto provare, ma allo stesso tempo lo odio per avermi fatto provare tali emozioni.
Per quasi un mese, dopo la sua conclusione, ho sentito un vuoto indescrivibile che non potevo colmare e anche in questo preciso istante, ricordando tutte le vicende passate da Ash, Eiji e i loro compagni, provo un dolore ed una nostalgia che solo un anime così intenso come "Banana Fish" poteva provocarmi. Non mi era mai capitato di sentirmi così emotivamente debole di fronte a dei personaggi di finzione. Ho apprezzato molto questo anime innanzitutto perché è uno dei miei generi preferiti, ma anche perché narra vicende e temi molto vicini alla realtà che viviamo e non lo fa in modo delicato, ma va dritto al punto, prendendoti a schiaffi l'anima episodio dopo episodio.
Il tutto è completato da uno stile ed un'animazione sensazionali, dei personaggi ben caratterizzati, delle opening e delle ending che dovrebbero essere illegali da saltare (la mia preferita è "Prayer X" che secondo me riassume divinamente tutte le emozioni provate nel corso della serie) e delle OST meravigliose (specialmente "The Last Waltz").
In pratica "Banana Fish" è stata un'esperienza mozzafiato, un capolavoro come pochi per me impossibile da rimpiazzare.
Secondo me un 10/10 meritatissimo per quest'opera. Non vedo l'ora di recuperare il manga perché sono certa che anche quello meriterà tutto il mio appoggio.
Per quasi un mese, dopo la sua conclusione, ho sentito un vuoto indescrivibile che non potevo colmare e anche in questo preciso istante, ricordando tutte le vicende passate da Ash, Eiji e i loro compagni, provo un dolore ed una nostalgia che solo un anime così intenso come "Banana Fish" poteva provocarmi. Non mi era mai capitato di sentirmi così emotivamente debole di fronte a dei personaggi di finzione. Ho apprezzato molto questo anime innanzitutto perché è uno dei miei generi preferiti, ma anche perché narra vicende e temi molto vicini alla realtà che viviamo e non lo fa in modo delicato, ma va dritto al punto, prendendoti a schiaffi l'anima episodio dopo episodio.
Il tutto è completato da uno stile ed un'animazione sensazionali, dei personaggi ben caratterizzati, delle opening e delle ending che dovrebbero essere illegali da saltare (la mia preferita è "Prayer X" che secondo me riassume divinamente tutte le emozioni provate nel corso della serie) e delle OST meravigliose (specialmente "The Last Waltz").
In pratica "Banana Fish" è stata un'esperienza mozzafiato, un capolavoro come pochi per me impossibile da rimpiazzare.
Secondo me un 10/10 meritatissimo per quest'opera. Non vedo l'ora di recuperare il manga perché sono certa che anche quello meriterà tutto il mio appoggio.
"Banana Fish" è la trasposizione animata del famoso manga di Akimi Yoshida degli anni '80, questa volta ci troviamo nella New York di fine anni 2010, dove un uomo morente consegna un oggetto a un teppista di strada, dicendogli un indirizzo e le parole "Banana fish", parole che quel teppistello conosce bene, ma qual è il collegamento fra questi due individui?
Avevo sentito parlare molto bene di "Banana Fish" in lungo e in largo, quindi anche se lontano dalla mia comfort zone, gli ho dato una possibilità. Che dire: è stato abbastanza una delusione, mi sono trovata davanti due protagonisti alquanto inverosimili. Il primo, Ash, è quasi immortale, bellissimo, fortissimo, intelligentissimo, il suo unico difetto è un caratteraccio che lo rende solo più affascinante. Eiji invece non sa di niente, è piatto, ingenuo, fin troppo buonista, tra i due sicuramente quello che mi ha convinto di meno. Le loro vite sono agli opposti, posso capire fino ad un certo punto il perchè Ash si affezioni a Eiji, lui rappresenta la vita tranquilla che non ha potuto avere, sembra l'unico che riesce a calmare il suo animo tormentato. Eiji invece non si capisce bene cosa faccia lì, non fa assolutamente parte di quel mondo eppure dal loro primo incontro, rimarrà attaccato ad Ash con assoluta fedeltà per via di un sentimento altruistico senza senso. Più volte ha rischiato di farsi ammazzare e più volte, per colpa sua, Ash ha rischiato di farsi ammazzare, ma a quanto pare non ha mai capito che era solo di troppo, non fa quasi niente di concreto per quasi tutti gli episodi se non seguire Ash come un cagnolino o rimanere nascosto. Nessuno rimarrebbe così attaccato ad una persona appena conosciuta a costo della vita, l’ho trovato fastidioso. I personaggi di contorno sono ben caratterizzati soprattutto gli adulti che sembrano gli unici che agiscono verosimilmente, tutti a parte uno, Papa Dino che per la prima metà dell'anime continuerà a ripetere che vuole uccidere Ash con le sue mani e per la seconda cambia completamente obiettivo dal nulla. I personaggi di contorno giovani invece, se pur ben caratterizzati, agiscono anche loro in maniera inverosimile con tutto il discorso delle bande, sembra che quest'anime volesse dare un'idea più positiva delle bande da strada, ma a me sinceramente non piace il messaggio un po' controverso che lascia passare.
Diciamo che quest'anime tocca tanti temi importanti e delicati ma nel modo più sbagliato, non sono riuscita a prendere seriamente la gravità delle azioni di molti personaggi perchè secondo me, quest'anime li tratta con troppa leggerezza. Ash è un personaggio che ha passato le peggio cose di questo mondo, ma veramente in pochi punti ho sentito la pesantezza di quelle azioni. Mozione speciale per Lee, un nemico dalla psicologia abbastanza interessante, a parte qualche azione un po' nonsense è passabile.
Per la trama invece, l'anime si lascia guardare, ha dei buoni incipit anche se mi sembra che nell'ultima parte si perda un pochino. E niente: semplicemente quest'anime non faceva per me, non sono riuscita a prenderlo sul serio, nonostante gli importanti temi trattati e le molte cose tragiche che succedono nel corso degli episodi. Finale deludente come tutto il resto dell'anime e non so che altro dire, non lo boccio del tutto solo perché riconosco che non è il mio genere. L'animazione è ok e mi sono piaciute molto le opening e le ending. Consiglio quest'anime agli amanti degli shonen ai/ yaoi e basta.
Avevo sentito parlare molto bene di "Banana Fish" in lungo e in largo, quindi anche se lontano dalla mia comfort zone, gli ho dato una possibilità. Che dire: è stato abbastanza una delusione, mi sono trovata davanti due protagonisti alquanto inverosimili. Il primo, Ash, è quasi immortale, bellissimo, fortissimo, intelligentissimo, il suo unico difetto è un caratteraccio che lo rende solo più affascinante. Eiji invece non sa di niente, è piatto, ingenuo, fin troppo buonista, tra i due sicuramente quello che mi ha convinto di meno. Le loro vite sono agli opposti, posso capire fino ad un certo punto il perchè Ash si affezioni a Eiji, lui rappresenta la vita tranquilla che non ha potuto avere, sembra l'unico che riesce a calmare il suo animo tormentato. Eiji invece non si capisce bene cosa faccia lì, non fa assolutamente parte di quel mondo eppure dal loro primo incontro, rimarrà attaccato ad Ash con assoluta fedeltà per via di un sentimento altruistico senza senso. Più volte ha rischiato di farsi ammazzare e più volte, per colpa sua, Ash ha rischiato di farsi ammazzare, ma a quanto pare non ha mai capito che era solo di troppo, non fa quasi niente di concreto per quasi tutti gli episodi se non seguire Ash come un cagnolino o rimanere nascosto. Nessuno rimarrebbe così attaccato ad una persona appena conosciuta a costo della vita, l’ho trovato fastidioso. I personaggi di contorno sono ben caratterizzati soprattutto gli adulti che sembrano gli unici che agiscono verosimilmente, tutti a parte uno, Papa Dino che per la prima metà dell'anime continuerà a ripetere che vuole uccidere Ash con le sue mani e per la seconda cambia completamente obiettivo dal nulla. I personaggi di contorno giovani invece, se pur ben caratterizzati, agiscono anche loro in maniera inverosimile con tutto il discorso delle bande, sembra che quest'anime volesse dare un'idea più positiva delle bande da strada, ma a me sinceramente non piace il messaggio un po' controverso che lascia passare.
Diciamo che quest'anime tocca tanti temi importanti e delicati ma nel modo più sbagliato, non sono riuscita a prendere seriamente la gravità delle azioni di molti personaggi perchè secondo me, quest'anime li tratta con troppa leggerezza. Ash è un personaggio che ha passato le peggio cose di questo mondo, ma veramente in pochi punti ho sentito la pesantezza di quelle azioni. Mozione speciale per Lee, un nemico dalla psicologia abbastanza interessante, a parte qualche azione un po' nonsense è passabile.
Per la trama invece, l'anime si lascia guardare, ha dei buoni incipit anche se mi sembra che nell'ultima parte si perda un pochino. E niente: semplicemente quest'anime non faceva per me, non sono riuscita a prenderlo sul serio, nonostante gli importanti temi trattati e le molte cose tragiche che succedono nel corso degli episodi. Finale deludente come tutto il resto dell'anime e non so che altro dire, non lo boccio del tutto solo perché riconosco che non è il mio genere. L'animazione è ok e mi sono piaciute molto le opening e le ending. Consiglio quest'anime agli amanti degli shonen ai/ yaoi e basta.
"Banana Fish" è un'opera che consiglio a chiunque: l'ambientazione dell'anime, lievemete differente da quella del manga, e la trama, lo rendono un prodotto molto accattivante e coinvolgente.
Si svolge nei quartieri di New York, negli anni duemila, e qui è possibile rendersi conto di che genere di vita ci sia in quel mondo. Una società lacerata dai crimini della mafia locale. Viene data molta importanza ai sentimenti dei personaggi, persino a quelli secondari, come i vari capi delle zone di New York, di cui vengono approfondite le caratteristiche umane (anziché mostrarli come semplici gangster) e il loro passato.
I due protagonisti, Ash ed Eiji, sono scritti e delineati molto bene e sono dei veri personaggi a tutto tondo. Unico difetto è che ci sono diverse vicende che si ripetono sempre nello stesso modo, nel senso che accadono spesso nel corso della storia e che si risolvono sempre allo stesso modo.
Detto questo, il punto più alto della serie sono i personaggi, nel senso che sono loro ciò che ti rimangono impressi una volta finito. Di minor rilievo, ma non meno importante, è l'atmosfera che si percepisce in quei luoghi e che ti fa comprendere la diversità di quel mondo e di quella routine, molto diversi da quelli a cui siamo abituati.
Si svolge nei quartieri di New York, negli anni duemila, e qui è possibile rendersi conto di che genere di vita ci sia in quel mondo. Una società lacerata dai crimini della mafia locale. Viene data molta importanza ai sentimenti dei personaggi, persino a quelli secondari, come i vari capi delle zone di New York, di cui vengono approfondite le caratteristiche umane (anziché mostrarli come semplici gangster) e il loro passato.
I due protagonisti, Ash ed Eiji, sono scritti e delineati molto bene e sono dei veri personaggi a tutto tondo. Unico difetto è che ci sono diverse vicende che si ripetono sempre nello stesso modo, nel senso che accadono spesso nel corso della storia e che si risolvono sempre allo stesso modo.
Detto questo, il punto più alto della serie sono i personaggi, nel senso che sono loro ciò che ti rimangono impressi una volta finito. Di minor rilievo, ma non meno importante, è l'atmosfera che si percepisce in quei luoghi e che ti fa comprendere la diversità di quel mondo e di quella routine, molto diversi da quelli a cui siamo abituati.
Attenzione: la recensione contiene molti spoiler!!
"Banana Fish", aka "il troppo stroppia".
Mah.... mi aspettavo molto di meglio vista la partenza;
"Banana Fish" parla di vari gruppi di piccoli criminali che si uniscono in alleanze improbabili, nell'intento di vincere una guerra contro associazioni mafiose di livello mondiale (anche loro dalle alleanze improbabili).
Al centro c'è il banana fish, che non vi dico cos'è, ma è improbabile pure quello.
In pratica la trama stessa è una falla.
Ad un certo punto gli eventi si susseguono con la logica del "basta che succeda qualcosa", e consiste tutto nell'essere catturati, liberarsi o liberare gli amici (miracolosamente) ed essere catturati di nuovo - non si sa perché - senza venire uccisi (la spiegazione che Dino è innamorato di Ash regge fino ad un certo punto).
Per non parlare dei personaggi aggiunti a caso fino alla fine... ma tutto ciò è più comprensibile se si pensa che la fonte è il manga scritto dal '85 al '94.
Per me l'altra grande pecca è proprio la caratterizzazione del protagonista, Ash.
Mentre all'inizio ero riuscita a inquadrarlo, a un certo punto è come se si volesse strafare sul suo personaggio: mettendo anche da parte il fatto che è sia bellissimo che coraggiosissimo, ma anche intelligentissimo (qua si parla di oltre 200 di QI, che io ho trovato un po' infantile perché se mi dici questo mi aspetto uno che ragiona minimo come Stephen Hawking, non un "so prevedere gli eventi perché li sa l'autrice"), la sua personalità diventa un guazzabuglio di tutto. L'unico tratto costante (ma surreale) è il suo altruismo al limite dell'immaginabile. Per il resto, Ash sembra sia estroverso che introverso, intuitivo e perspicace ma anche pratico, emotivo e istintivo ma anche razionale, irresponsabile ma anche responsabile...
No no no, non va!
C'è una linea, quando si creano personaggi, che per me non va oltrepassata altrimenti si perde credibilità. Quando si racconta una storia di solito si tratta di una storia memorabile, non si vuole ascoltare la storia del signor nessuno che vive la sua noiosa vita quotidiana. Allo stesso tempo però anche un personaggio che fa grandi cose deve essere realistico e coerente. Ci sono personaggi dalle imprese strabilianti che restano assolutamente credibili, come Light Yagami o Levi Ackerman.
In questo caso non si tratta di profondità o di avere varie sfaccettature, semplicemente Ash Lynx non riesce a non sembrare un personaggio inventato.
La parte positiva: ci sono molti temi interessanti (forse anche troppi - il troppo stroppia), alcuni gestiti molto bene secondo me, come le differenze culturali sottolineate senza togliere dignità a nessuno (qualcosa in cui noi occidentali riusciamo molto poco). Ogni personaggio ha una storia e la psicologia è ben approfondita (in modo a tratti irrealistico per me, ma vabbè).
Gli ambienti sono bellissimi, colori sgargianti in tono con lo spirito "urban" dell'anime. Inoltre per quanto la trama mi abbia mandato spesso in crisi, riducendosi a pretesto per far procedere la storia d'amore tra i protagonisti, la regia la fa incalzare e riesce ad ammiccare molto alla fine di ogni puntata, lasciandoti con la voglia di vedere la prossima. Il rapporto d'amore tra Ash e Eiji è toccante ed è il pilastro dell'anime (anche se resta in fase embrionale, e in un anime così crudo forse sbilanciarsi l'avrebbe reso più verosimile).
Quindi lo consiglio?
Sì, se vi piacciono i generi shounen ai/yaoi, è la classica storia da seguire per la parte romantica più che per il resto. Sì, se in generale volete essere intrattenuti con temi intensi e sentimentali.
Non ve la consiglio se siete pignoli sulla logica.
Parliamo del finale, ma che senso ha?
Ash è morto o no? Ucciso senza essere colpito in un punto vitale, dopo essere stato dotato per l'intero anime di una specie di immortalità? O si è lasciato morire? Non stava correndo da Eiji? O si è lasciato dissaguare a caso tanto per, visto che tanto non muore mai?
Ci potevano essere mille modi di dare un finale tragico ma sensato, e invece mi resta quel sapore di irrealistico come a ricordarmi di star vedendo, per l'appunto, un "cartone"...
P.s. La chiamo "storia d'amore" quella tra i protagonisti, perché è di questo che si tratta. Ditemi altrimenti che senso ha l'intero anime, compreso l'essere pronti a morire per qualcuno conosciuto da poco e lo struggimento dello stare lontani. Chi naviga negli shounen ai/bl saprà facilmente riconoscere temi e stereotipi propri dei generi.
In questo momento sto recensendo per la prima volta un anime, e dovevo farlo partendo con il mio anime preferito. Questo anime è un anime per tutti, che va oltre gli interessi di una persona devota solamente a battle shonen.
apparentemente, questo anime è destinato ad un pubblico femminile, essendo uno shojo, ma ci troviamo davanti un anime, come dire, perfetto.
Riconosco che il mio parere è molto soggettivo, ma anche a livello oggettivo, questo è un anime molto importante. Parla di tematiche odierne, di una vita appena nata e già conclusa, una storia di vera amicizia o di amore (lasciato alla libera interpretazione della persona che lo visiona), rappresentata con uno stile grafico estremante bello ed acceso, ma in alcuni momenti triste e cupo.
La trama parla di questo ragazzo (Ash Lynx, protagonista) che incontra questo aspirante fotografo (Eiji Okumura, altro protagonista) e insieme investigano per scoprire che cos'è questo "Banana Fish", passando per molte avventure intricate, conoscendo nuovi compagni di vita, perdendosi e ritrovandosi.
Definisco questo anime effettivamente uno dei più struggenti e traumatizzanti che io abbia mai visto. Il suo coinvolgimento è una cosa magnifica e perfetta. Un anime che consiglio a tutti. Nel dettaglio lascio qui i miei voti:
-Trama: 9.5
-Personaggi: 9
-Animazioni: 9.5
-Musiche: 10 e lode (soprattutto la prima ending "Prayer X")
-Coinvolgimento: 10
-Trauma: 10000000
Grazie per l'attenzione, spero vi possa essere utile questa recensione
apparentemente, questo anime è destinato ad un pubblico femminile, essendo uno shojo, ma ci troviamo davanti un anime, come dire, perfetto.
Riconosco che il mio parere è molto soggettivo, ma anche a livello oggettivo, questo è un anime molto importante. Parla di tematiche odierne, di una vita appena nata e già conclusa, una storia di vera amicizia o di amore (lasciato alla libera interpretazione della persona che lo visiona), rappresentata con uno stile grafico estremante bello ed acceso, ma in alcuni momenti triste e cupo.
La trama parla di questo ragazzo (Ash Lynx, protagonista) che incontra questo aspirante fotografo (Eiji Okumura, altro protagonista) e insieme investigano per scoprire che cos'è questo "Banana Fish", passando per molte avventure intricate, conoscendo nuovi compagni di vita, perdendosi e ritrovandosi.
Definisco questo anime effettivamente uno dei più struggenti e traumatizzanti che io abbia mai visto. Il suo coinvolgimento è una cosa magnifica e perfetta. Un anime che consiglio a tutti. Nel dettaglio lascio qui i miei voti:
-Trama: 9.5
-Personaggi: 9
-Animazioni: 9.5
-Musiche: 10 e lode (soprattutto la prima ending "Prayer X")
-Coinvolgimento: 10
-Trauma: 10000000
Grazie per l'attenzione, spero vi possa essere utile questa recensione
Dopo molti anni passati a sentirne parlare decisamente bene, finalmente ho concluso "Banana Fish", iniziando dall'anime (avevo ovviamente sentito parlare molto bene innanzitutto del manga, ma sono contenta di aver iniziato dall'anime, in quanto il ridotto numero di episodi mi ha permesso di vedere la storia evolversi velocemente).
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Già molte parole sono state spese sugli innumerevoli pregi di questa storia.
I personaggi, innanzitutto, sono tutti ben delineati e si finisce per affezionarsi inevitabilmente a ciascuno di loro, amici e nemici. I nemici sono forse un po' stereotipati, a partire da Papa Dino, e tutti inspiegabilmente attratti da Ash al punto da mandare all'aria dei piani a un passo dall'essere portati a compimento - questo, forse, è uno dei più grandi punti deboli della trama. Molto interessante invece Yut, le cui motivazioni sono più profonde e che ha uno degli archi narrativi che ho trovato tra quelli conclusi nel modo migliore in tutta la serie. Sono belle anche le dinamiche che si creano tra le bande, tra voltafaccia inaspettati e alleati improbabili.
Una nota di merito va a Sin, un personaggio davvero adorabile e che chiunque vorrebbe avere al suo fianco in battaglia - leale, coraggioso, forte, ma anche dotato di grande sensibilità, mette sempre al primo posto la squadra e il rispetto reciproco. Tra tutti i modi diversi in cui le persone si affezionano ad Ash nel corso della serie, l'affetto che Sin prova per lui è forse tra i più puri in assoluto.
Il modo in cui Eiji entra a far parte del gruppo è forse un po' forzato, ma le dinamiche che si creano a partire da quel momento sono tutte credibili e dai risvolti interessanti. Il lato fragile del carattere di Ash è ben raccontato attraverso la sua storia personale, così come il modo in cui i due diventano gradualmente l'uno l'ombra dell'altro.
La trama ha qualche leggera falla, che d'altronde è inevitabile in qualunque storia in cui uno sparuto gruppo di uomini riesca ad avere la meglio su una cosca mafiosa. Tuttavia la narrazione non ne risente, perché scorre fluida, a ritmo serrato, intrappolando lo spettatore di episodio in episodio. Fatico a definire uno "shoujo" quest'anime, se non per la componente sentimentale che è sì presente, ma in modo talmente lieve da rendere difficile persino accomunare la storia ad uno shounen ai: Ash ed Eiji sono anime gemelle, ma la loro relazione si ferma ad una profonda amicizia. E questo è molto giusto, perché i trascorsi di Ash uniti al rispetto che c'è tra i due avrebbero reso qualsiasi diversa evoluzione del loro rapporto forzata e poco credibile.
Il doppiaggio è ben fatto, chiaro, le voci intense e ben recitate. Le musiche aggiungono pregio alla narrazione, tra l'altro con delle opening ed ending davvero coinvolgenti. Ho apprezzato il fatto che, nonostante il ridotto numero di episodi, opening ed ending siano state modificate di pari passo con l'evolversi della trama. La caratterizzazione grafica, soprattutto dei primari e coprimari, è molto buona e ci si affeziona facilmente a loro anche grazie a questo.
*Segue spoiler sul finale*
Il finale è, e lo dico con dispiacere, ben fatto perché chiude la narrazione in modo coerente, portando a compimento diverse anticipazioni suggerite tra una frase e l'altra nel corso della serie, in maniera quasi inevitabile e con una sequenza davvero poetica.
Avrei certamente preferito un finale diverso, che avrebbe potuto essere altrettanto coerente e forse più giusto nei confronti di Ash, soprattutto dopo ciò a cui abbiamo assistito nel corso della storia. Ma la storia, così come la vita, non è sempre giusta.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Già molte parole sono state spese sugli innumerevoli pregi di questa storia.
I personaggi, innanzitutto, sono tutti ben delineati e si finisce per affezionarsi inevitabilmente a ciascuno di loro, amici e nemici. I nemici sono forse un po' stereotipati, a partire da Papa Dino, e tutti inspiegabilmente attratti da Ash al punto da mandare all'aria dei piani a un passo dall'essere portati a compimento - questo, forse, è uno dei più grandi punti deboli della trama. Molto interessante invece Yut, le cui motivazioni sono più profonde e che ha uno degli archi narrativi che ho trovato tra quelli conclusi nel modo migliore in tutta la serie. Sono belle anche le dinamiche che si creano tra le bande, tra voltafaccia inaspettati e alleati improbabili.
Una nota di merito va a Sin, un personaggio davvero adorabile e che chiunque vorrebbe avere al suo fianco in battaglia - leale, coraggioso, forte, ma anche dotato di grande sensibilità, mette sempre al primo posto la squadra e il rispetto reciproco. Tra tutti i modi diversi in cui le persone si affezionano ad Ash nel corso della serie, l'affetto che Sin prova per lui è forse tra i più puri in assoluto.
Il modo in cui Eiji entra a far parte del gruppo è forse un po' forzato, ma le dinamiche che si creano a partire da quel momento sono tutte credibili e dai risvolti interessanti. Il lato fragile del carattere di Ash è ben raccontato attraverso la sua storia personale, così come il modo in cui i due diventano gradualmente l'uno l'ombra dell'altro.
La trama ha qualche leggera falla, che d'altronde è inevitabile in qualunque storia in cui uno sparuto gruppo di uomini riesca ad avere la meglio su una cosca mafiosa. Tuttavia la narrazione non ne risente, perché scorre fluida, a ritmo serrato, intrappolando lo spettatore di episodio in episodio. Fatico a definire uno "shoujo" quest'anime, se non per la componente sentimentale che è sì presente, ma in modo talmente lieve da rendere difficile persino accomunare la storia ad uno shounen ai: Ash ed Eiji sono anime gemelle, ma la loro relazione si ferma ad una profonda amicizia. E questo è molto giusto, perché i trascorsi di Ash uniti al rispetto che c'è tra i due avrebbero reso qualsiasi diversa evoluzione del loro rapporto forzata e poco credibile.
Il doppiaggio è ben fatto, chiaro, le voci intense e ben recitate. Le musiche aggiungono pregio alla narrazione, tra l'altro con delle opening ed ending davvero coinvolgenti. Ho apprezzato il fatto che, nonostante il ridotto numero di episodi, opening ed ending siano state modificate di pari passo con l'evolversi della trama. La caratterizzazione grafica, soprattutto dei primari e coprimari, è molto buona e ci si affeziona facilmente a loro anche grazie a questo.
*Segue spoiler sul finale*
Il finale è, e lo dico con dispiacere, ben fatto perché chiude la narrazione in modo coerente, portando a compimento diverse anticipazioni suggerite tra una frase e l'altra nel corso della serie, in maniera quasi inevitabile e con una sequenza davvero poetica.
Avrei certamente preferito un finale diverso, che avrebbe potuto essere altrettanto coerente e forse più giusto nei confronti di Ash, soprattutto dopo ciò a cui abbiamo assistito nel corso della storia. Ma la storia, così come la vita, non è sempre giusta.
"Banana Fish" è un anime stupendo.
Tratta di tematiche reali ed effettive. Riesce a spingere le persone che lo visionano a comprendere la mentalità di ogni personaggio. Fa provare emozioni vere e ti "ingloba" nel suo mondo facendoti immedesimare in ogni personaggio.
Stranamente si tratta di uno shojo, ma uno shojo che si può guardare tranquillamente anche senza vergognarsi (non intaccherà la vostra immagine di "uomini duri"). Ha un finale straziante e magnifico allo stesso tempo.
Ogni singola scena è perfetta come è. L'ho adorato: è soddisfacente sotto ogni punto di vista.
Non posso fare altro che consigliarlo a tutti.
Tratta di tematiche reali ed effettive. Riesce a spingere le persone che lo visionano a comprendere la mentalità di ogni personaggio. Fa provare emozioni vere e ti "ingloba" nel suo mondo facendoti immedesimare in ogni personaggio.
Stranamente si tratta di uno shojo, ma uno shojo che si può guardare tranquillamente anche senza vergognarsi (non intaccherà la vostra immagine di "uomini duri"). Ha un finale straziante e magnifico allo stesso tempo.
Ogni singola scena è perfetta come è. L'ho adorato: è soddisfacente sotto ogni punto di vista.
Non posso fare altro che consigliarlo a tutti.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Volendo sintetizzare con efficacia i differenti stati d’animo che mi hanno attraversato lungo la visione, posso ragionevolmente affermare che poche serie animate riescono a dilaniarti interiormente come quella in questione. E utilizzo l’aggettivo dilaniare non a caso, perché "Banana Fish" è un’opera che scava violentemente nelle viscere e nella psiche dello spettatore, sia per un impatto visivo feroce e diretto che per la sua componente emotiva sottilmente ambigua e perversa. Perversa non tanto per le crudeltà che sono costretti a sopportare i personaggi, seppur decisamente inusuali per un anime, ma per ciò che agisce più sottilmente, quasi sottotraccia, puntata dopo puntata. Le scelte di regia, in effetti, tendono ad attenuare, in alcuni frangenti, la violenza del manga, facendo soltanto intuire, e a giusta ragione, gli abusi sessuali subìti dal giovane capobanda; restituendoci però, in brevi istanti di gelo, i volti di chi guarda tutto ciò da una posizione terza. In alcune circostanze, non ci si sorprenda, può essere più straziante immaginare che assistere direttamente, perché il fardello che porta con sé Ash è una zavorra emotiva che accompagna lo spettatore fino all’ultimo, doloroso – e forse al contempo liberatorio – istante. L’opera in effetti si muove su due piani testuali ben distinti, che creano continue cesure e ricongiungimenti nella percezione globale che lo spettatore ha della messa in scena a cui assiste senza pause. Senza pause perché il ritmo è incalzante, l’azione è continua e gli eventi si susseguono a ripetizione, tanto che la regista utilizza sovente lo spazio dedicato alla ending per terminare il racconto della puntata.
La vicenda di base è legata all’intrigo, alla vendetta e agli scontri tra Ash e l’avversario di turno. Diversi gliene manderà contro Papa Dino lungo l’arco delle 24 puntate, e quasi altrettanti ne sconfiggerà il giovane capobanda – una sorta di Terminator in carne ed ossa, vista la sua indistruttibilità, nonostante le numerose ferite e a dispetto di una bellezza angelica che lo accomuna più a un modello efebico da copertina che a un gangster senza scrupoli. Ma le ferite peggiori non sono quelle fisiche per Ash, bensì quelle psicologiche. È qui che entra in gioco Eiji, che diventa poco a poco l’unico motivo di resistenza e voglia di vivere per un ragazzo a cui non sono evidentemente sufficienti bellezza, acume e capacità di dominio e controllo, perché oramai svuotato interiormente da una vita difficile e avara di sentimenti. Eiji sarà per lui l’unico specchio in cui guardarsi, per inseguire e ritrovare quel fanciullo precocemente strappato all’infanzia da una realtà crudele e insensata.
Sarà l’amore – fraterno, amicale e forse qualche cosa di più – a dare forza ad Ash ed Eiji, nel tempo che il destino concederà loro. Quel “forse qualche cosa di più” è alla libera interpretazione dello spettatore, perché l’anime non indugia su ciò che potrebbe essere. Non è quello che conta, in fondo, rispetto a ciò che "Banana Fish" vuole raccontarci. Il discorso narrativo che emerge prepotentemente, sovrastando a lungo andare tutti gli altri, nel manga come nell’anime, è che non esiste tempo, spazio, luogo né circostanze che possano ostacolare coloro che riescono veramente a trovarsi. Anche tra morte, dolore, degrado, cattiveria e angoscia esistenziale si può incontrare l’altro che ci corrisponde. Chiunque esso sia e da qualunque luogo provenga. Eiji, ancorché non caratterizzato come Ash, il quale è inevitabilmente al centro di tutti gli snodi della vicenda, ha un ruolo fondamentale nella storia, e sfido chiunque a non sentire un nodo alla gola quando risuonerà l’eco delle parole rivolte all’amico per mezzo lettera, negli ultimi istanti di una visione che, probabilmente, non si sarebbe potuta concludere in altro modo rispetto a quello terribilmente malinconico in cui amaramente termina.
Se sospendiamo per un attimo l’incredulità di fronte alla quasi immortalità di Ash, rispetto a ciò che subisce sia fisicamente che emotivamente, "Banana Fish" ci immerge con piglio deciso nei meandri di una storia scabrosa, evidentemente non adatta a chi ha meno di 14 anni e non ha una sufficiente consapevolezza di sé, che può coinvolgere chiunque abbia voglia di cimentarsi con un anime adulto, audace, toccante e introspettivo, senza peraltro incappare in cedimenti, vista la complessità tematica, nell’iter narrativo. Anche a livello visivo la resa è più che convincente, grazie ad animazioni fluide e dinamiche e ad una buonissima ricostruzione degli anfratti meno battuti della Grande Mela. Oltre all’apparato tecnico, apprezzabili sono anche le due opening e le due ending, con menzione particolare per la prima sigla d’apertura, "found & lost", la quale avvalendosi di un testo notevole per il genere, amalgama perfettamente un suggestivo crescendo ritmico ad eloquenti immagini simboliche. Ci sono anche riconoscibili omaggi all’opera di J.D. Salinger, a partire dall’enigmatico accostamento di parole immaginato da Akimi Yoshida (banana e fish, per l’appunto), che è ispirato a un racconto dello scrittore americano ("Un giorno ideale per i pescibanana"), fino al titolo scelto per l’ultima puntata della serie animata, "Il giovane Holden" (nell’adattamento italiano, ma immagino che nell’originale sia "Catcher in the rye"), romanzo di formazione che ha consegnato Salinger all’immortalità artistica e letteraria. Banana Fish ha anche un’ultima, rivelante peculiarità: nonostante la sostanziale assenza di personaggi femminili, è una storia scritta e diretta da donne, ed è forse per questo che riesce a trovare un insperato equilibrio tra le contrastanti suggestioni che restituisce e le scottanti tematiche che ci propone.
Scegliendo di restare fedele alla linea narrativa del manga, pur riducendola inevitabilmente all’essenziale, Hiroku Utsumi si concentra giustamente sulla caratterizzazione dei personaggi. Non solo Ash e Eiji, ma tutti coloro che, a vario titolo, entrano in scena sono ben costruiti e a loro modo necessari a dare un senso a una vicenda la quale, nonostante il ritmo adrenalinico, si congeda su note intime e rarefatte, lasciando sul campo tante vittime, qualche dubbio e una consapevolezza: c’è sempre un motivo per dare una possibilità alla vita, per non lasciarsi sopraffare dalle ombre. Anche a dispetto di un fato ritenuto ineluttabile, l’amore – è meno banale di quanto si possa credere – ci può davvero salvare.
Volendo sintetizzare con efficacia i differenti stati d’animo che mi hanno attraversato lungo la visione, posso ragionevolmente affermare che poche serie animate riescono a dilaniarti interiormente come quella in questione. E utilizzo l’aggettivo dilaniare non a caso, perché "Banana Fish" è un’opera che scava violentemente nelle viscere e nella psiche dello spettatore, sia per un impatto visivo feroce e diretto che per la sua componente emotiva sottilmente ambigua e perversa. Perversa non tanto per le crudeltà che sono costretti a sopportare i personaggi, seppur decisamente inusuali per un anime, ma per ciò che agisce più sottilmente, quasi sottotraccia, puntata dopo puntata. Le scelte di regia, in effetti, tendono ad attenuare, in alcuni frangenti, la violenza del manga, facendo soltanto intuire, e a giusta ragione, gli abusi sessuali subìti dal giovane capobanda; restituendoci però, in brevi istanti di gelo, i volti di chi guarda tutto ciò da una posizione terza. In alcune circostanze, non ci si sorprenda, può essere più straziante immaginare che assistere direttamente, perché il fardello che porta con sé Ash è una zavorra emotiva che accompagna lo spettatore fino all’ultimo, doloroso – e forse al contempo liberatorio – istante. L’opera in effetti si muove su due piani testuali ben distinti, che creano continue cesure e ricongiungimenti nella percezione globale che lo spettatore ha della messa in scena a cui assiste senza pause. Senza pause perché il ritmo è incalzante, l’azione è continua e gli eventi si susseguono a ripetizione, tanto che la regista utilizza sovente lo spazio dedicato alla ending per terminare il racconto della puntata.
La vicenda di base è legata all’intrigo, alla vendetta e agli scontri tra Ash e l’avversario di turno. Diversi gliene manderà contro Papa Dino lungo l’arco delle 24 puntate, e quasi altrettanti ne sconfiggerà il giovane capobanda – una sorta di Terminator in carne ed ossa, vista la sua indistruttibilità, nonostante le numerose ferite e a dispetto di una bellezza angelica che lo accomuna più a un modello efebico da copertina che a un gangster senza scrupoli. Ma le ferite peggiori non sono quelle fisiche per Ash, bensì quelle psicologiche. È qui che entra in gioco Eiji, che diventa poco a poco l’unico motivo di resistenza e voglia di vivere per un ragazzo a cui non sono evidentemente sufficienti bellezza, acume e capacità di dominio e controllo, perché oramai svuotato interiormente da una vita difficile e avara di sentimenti. Eiji sarà per lui l’unico specchio in cui guardarsi, per inseguire e ritrovare quel fanciullo precocemente strappato all’infanzia da una realtà crudele e insensata.
Sarà l’amore – fraterno, amicale e forse qualche cosa di più – a dare forza ad Ash ed Eiji, nel tempo che il destino concederà loro. Quel “forse qualche cosa di più” è alla libera interpretazione dello spettatore, perché l’anime non indugia su ciò che potrebbe essere. Non è quello che conta, in fondo, rispetto a ciò che "Banana Fish" vuole raccontarci. Il discorso narrativo che emerge prepotentemente, sovrastando a lungo andare tutti gli altri, nel manga come nell’anime, è che non esiste tempo, spazio, luogo né circostanze che possano ostacolare coloro che riescono veramente a trovarsi. Anche tra morte, dolore, degrado, cattiveria e angoscia esistenziale si può incontrare l’altro che ci corrisponde. Chiunque esso sia e da qualunque luogo provenga. Eiji, ancorché non caratterizzato come Ash, il quale è inevitabilmente al centro di tutti gli snodi della vicenda, ha un ruolo fondamentale nella storia, e sfido chiunque a non sentire un nodo alla gola quando risuonerà l’eco delle parole rivolte all’amico per mezzo lettera, negli ultimi istanti di una visione che, probabilmente, non si sarebbe potuta concludere in altro modo rispetto a quello terribilmente malinconico in cui amaramente termina.
Se sospendiamo per un attimo l’incredulità di fronte alla quasi immortalità di Ash, rispetto a ciò che subisce sia fisicamente che emotivamente, "Banana Fish" ci immerge con piglio deciso nei meandri di una storia scabrosa, evidentemente non adatta a chi ha meno di 14 anni e non ha una sufficiente consapevolezza di sé, che può coinvolgere chiunque abbia voglia di cimentarsi con un anime adulto, audace, toccante e introspettivo, senza peraltro incappare in cedimenti, vista la complessità tematica, nell’iter narrativo. Anche a livello visivo la resa è più che convincente, grazie ad animazioni fluide e dinamiche e ad una buonissima ricostruzione degli anfratti meno battuti della Grande Mela. Oltre all’apparato tecnico, apprezzabili sono anche le due opening e le due ending, con menzione particolare per la prima sigla d’apertura, "found & lost", la quale avvalendosi di un testo notevole per il genere, amalgama perfettamente un suggestivo crescendo ritmico ad eloquenti immagini simboliche. Ci sono anche riconoscibili omaggi all’opera di J.D. Salinger, a partire dall’enigmatico accostamento di parole immaginato da Akimi Yoshida (banana e fish, per l’appunto), che è ispirato a un racconto dello scrittore americano ("Un giorno ideale per i pescibanana"), fino al titolo scelto per l’ultima puntata della serie animata, "Il giovane Holden" (nell’adattamento italiano, ma immagino che nell’originale sia "Catcher in the rye"), romanzo di formazione che ha consegnato Salinger all’immortalità artistica e letteraria. Banana Fish ha anche un’ultima, rivelante peculiarità: nonostante la sostanziale assenza di personaggi femminili, è una storia scritta e diretta da donne, ed è forse per questo che riesce a trovare un insperato equilibrio tra le contrastanti suggestioni che restituisce e le scottanti tematiche che ci propone.
Scegliendo di restare fedele alla linea narrativa del manga, pur riducendola inevitabilmente all’essenziale, Hiroku Utsumi si concentra giustamente sulla caratterizzazione dei personaggi. Non solo Ash e Eiji, ma tutti coloro che, a vario titolo, entrano in scena sono ben costruiti e a loro modo necessari a dare un senso a una vicenda la quale, nonostante il ritmo adrenalinico, si congeda su note intime e rarefatte, lasciando sul campo tante vittime, qualche dubbio e una consapevolezza: c’è sempre un motivo per dare una possibilità alla vita, per non lasciarsi sopraffare dalle ombre. Anche a dispetto di un fato ritenuto ineluttabile, l’amore – è meno banale di quanto si possa credere – ci può davvero salvare.
“Noi viviamo due mondi separati, lo dici sempre, ma è davvero così?”
"Banana Fish" (バナナフィッシュ) è una serie anime andata in onda in Giappone su Fuji TV all'interno del contenitore noitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018. La serie, composta da ventiquattro episodi, è tratta dal manga della fumettista Akimi Yoshida, pubblicato in Giappone tra il 1985 e il 1994.
L’anime in questione è stato realizzato dallo studio MAPPA, studio giapponese fondato nel 2011 che ha realizzato diverse opere ed ha partecipato ad importanti lavori come "Dororo", "Vinland Saga" e "Dorohedoro".
In cabina di regia il lavoro è stato affidato a Hiroko Utsumi, mentre le sceneggiature sono state curate da Hiroshi Seko.
Sono state inoltre realizzate due opening per la serie, "Found & lost" ad opera dei Survive Said The Prophet e "Freedom" realizzata dai Blue Encount. Le due sigle di chiusura, "Prayer X" e "Red", sono invece state realizzate dai King Gnu, la prima, e ancora dai Survive Said The Prophet la seconda.
New York, un uomo poco prima di morire assassinato in un vicolo della città consegna ad Ash Lynx, un giovane capobanda, una sostanza misteriosa contenuta in un proiettile, nel mentre però pronuncia due misteriose parole: “Banana Fish”, le stesse che, diversi anni prima, un soldato americano pronunciò uccidendo i suoi commilitoni in Iraq. Quel soldato è proprio il fratello di Ash.
Ma cos'è questo Banana Fish? Cosa c’entra la cosca mafiosa di Dino Golzine? E cosa si nasconde dietro a tutto ciò?
Non più ambientata negli anni ’80 ma ai giorni nostri, "Banana Fish" narra la storia di amicizia tra il protagonista Ash Lynx ed Eiji Okumura, un fotografo giapponese arrivato quasi per caso negli Stati Uniti per un servizio fotografico.
I due ragazzi sono però molto diversi: pur provando molto affetto l’uno per l’altro, un affetto quasi fraterno, devono vivere questa amicizia all’interno di una situazione politicamente instabile e nel pieno di una guerra tra gang mafiose e malavita.
La storia ha tutte le carte in regola per essere esplosiva, per invogliare lo spettatore a guardare l’anime episodio dopo episodio, eppure, purtroppo, non tutti gli ingranaggi della narrazione si muovono correttamente.
La serie non parte benissimo. Ha una partenza stile “motore diesel”, lenta, traballante e pesante. In alcuni episodi iniziali si inceppa anche. Il racconto non scorre via liscio come ci si aspetta.
Anche l’intervento dei vari personaggi, tutti ben riusciti, fatica a dare quella vivacità e quell’esplosività che una serie di questo spessore avrebbe potuto avere e avrebbe dovuto passare a chi sta dall’altra parte dello schermo.
A volte non si capisce nemmeno cosa voglia essere questa serie, tra l’altro catalogata come shoujo, siccome il manga venne pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan, ma che di fatti si presenta come una sorta di seinen per quel che penso io, ma va beh. Infatti venne citata in "Dreamland Japan" di Frederik L. Schodt come "uno dei pochi manga shōjo che un uomo può leggere senza vergognarsi".
Ma, tralasciando questi aspetti un po’ tecnici, spesso non si capisce cosa voglia essere la serie, se un racconto di amicizia, un poliziesco, una serie sulle droghe, una serie sparatutto sulle gang o una serie che parla di mafia. Forse tutto questo che ho citato crea poi "Banana Fish" come titolo fatto e finito, ma nell’insieme questa volontà di creare un prodotto così variopinto non si riesce a cogliere, o, se si coglie, si fatica a trovare un solido appoggio da cui guardarla.
Insomma, una narrazione spesso instabile, un racconto pieno zeppo di buchi e di salti che disorientano chi la guarda, un sacco di scappatoie che forzano esageratamente il susseguirsi degli eventi.
Insomma, una serie bella, affascinante e soprattutto emozionante che viene rovinata da diversi aspetti narrativi che la appesantiscono e la rendono macchinosa.
Il racconto viene però spesso migliorato ed arricchito dallo strepitoso cast di personaggi, tutti ben riusciti, quantomeno quelli principali, che ruotano attorno ai due protagonisti.
Lo stesso vale per gli antagonisti del racconto, specialmente Dino, che riescono il più delle volte a fare la loro parte, creando un’atmosfera adatta al racconto ed una suspense molto realistica ed enigmatica.
I personaggi sono dei veri personaggi, non sono stereotipati, sono invece molto realistici, dei personaggi a tutto tondo che sanno stupire chi li guarda.
Insomma, per questo e per tanti altri motivi è una serie che non me la sento assolutamente di bocciare, anzi. Il mio voto è così basso soprattutto perché da un manga capolavoro di questo spessore mi aspettavo una trasposizione animata di un livello altissimo, o quantomeno alto. Invece qui, a partire dalle animazioni, quasi tutto risulta mediocre, inceppato in una ripetitività esaustiva e quasi deprimente.
Un anime giallo, giallo come il suo titolo (ehm, più o meno), giallo come ciò che racconta e giallo come la qualità che porta sullo schermo.
Dispiace tanto...
"Banana Fish" (バナナフィッシュ) è una serie anime andata in onda in Giappone su Fuji TV all'interno del contenitore noitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018. La serie, composta da ventiquattro episodi, è tratta dal manga della fumettista Akimi Yoshida, pubblicato in Giappone tra il 1985 e il 1994.
L’anime in questione è stato realizzato dallo studio MAPPA, studio giapponese fondato nel 2011 che ha realizzato diverse opere ed ha partecipato ad importanti lavori come "Dororo", "Vinland Saga" e "Dorohedoro".
In cabina di regia il lavoro è stato affidato a Hiroko Utsumi, mentre le sceneggiature sono state curate da Hiroshi Seko.
Sono state inoltre realizzate due opening per la serie, "Found & lost" ad opera dei Survive Said The Prophet e "Freedom" realizzata dai Blue Encount. Le due sigle di chiusura, "Prayer X" e "Red", sono invece state realizzate dai King Gnu, la prima, e ancora dai Survive Said The Prophet la seconda.
New York, un uomo poco prima di morire assassinato in un vicolo della città consegna ad Ash Lynx, un giovane capobanda, una sostanza misteriosa contenuta in un proiettile, nel mentre però pronuncia due misteriose parole: “Banana Fish”, le stesse che, diversi anni prima, un soldato americano pronunciò uccidendo i suoi commilitoni in Iraq. Quel soldato è proprio il fratello di Ash.
Ma cos'è questo Banana Fish? Cosa c’entra la cosca mafiosa di Dino Golzine? E cosa si nasconde dietro a tutto ciò?
Non più ambientata negli anni ’80 ma ai giorni nostri, "Banana Fish" narra la storia di amicizia tra il protagonista Ash Lynx ed Eiji Okumura, un fotografo giapponese arrivato quasi per caso negli Stati Uniti per un servizio fotografico.
I due ragazzi sono però molto diversi: pur provando molto affetto l’uno per l’altro, un affetto quasi fraterno, devono vivere questa amicizia all’interno di una situazione politicamente instabile e nel pieno di una guerra tra gang mafiose e malavita.
La storia ha tutte le carte in regola per essere esplosiva, per invogliare lo spettatore a guardare l’anime episodio dopo episodio, eppure, purtroppo, non tutti gli ingranaggi della narrazione si muovono correttamente.
La serie non parte benissimo. Ha una partenza stile “motore diesel”, lenta, traballante e pesante. In alcuni episodi iniziali si inceppa anche. Il racconto non scorre via liscio come ci si aspetta.
Anche l’intervento dei vari personaggi, tutti ben riusciti, fatica a dare quella vivacità e quell’esplosività che una serie di questo spessore avrebbe potuto avere e avrebbe dovuto passare a chi sta dall’altra parte dello schermo.
A volte non si capisce nemmeno cosa voglia essere questa serie, tra l’altro catalogata come shoujo, siccome il manga venne pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan, ma che di fatti si presenta come una sorta di seinen per quel che penso io, ma va beh. Infatti venne citata in "Dreamland Japan" di Frederik L. Schodt come "uno dei pochi manga shōjo che un uomo può leggere senza vergognarsi".
Ma, tralasciando questi aspetti un po’ tecnici, spesso non si capisce cosa voglia essere la serie, se un racconto di amicizia, un poliziesco, una serie sulle droghe, una serie sparatutto sulle gang o una serie che parla di mafia. Forse tutto questo che ho citato crea poi "Banana Fish" come titolo fatto e finito, ma nell’insieme questa volontà di creare un prodotto così variopinto non si riesce a cogliere, o, se si coglie, si fatica a trovare un solido appoggio da cui guardarla.
Insomma, una narrazione spesso instabile, un racconto pieno zeppo di buchi e di salti che disorientano chi la guarda, un sacco di scappatoie che forzano esageratamente il susseguirsi degli eventi.
Insomma, una serie bella, affascinante e soprattutto emozionante che viene rovinata da diversi aspetti narrativi che la appesantiscono e la rendono macchinosa.
Il racconto viene però spesso migliorato ed arricchito dallo strepitoso cast di personaggi, tutti ben riusciti, quantomeno quelli principali, che ruotano attorno ai due protagonisti.
Lo stesso vale per gli antagonisti del racconto, specialmente Dino, che riescono il più delle volte a fare la loro parte, creando un’atmosfera adatta al racconto ed una suspense molto realistica ed enigmatica.
I personaggi sono dei veri personaggi, non sono stereotipati, sono invece molto realistici, dei personaggi a tutto tondo che sanno stupire chi li guarda.
Insomma, per questo e per tanti altri motivi è una serie che non me la sento assolutamente di bocciare, anzi. Il mio voto è così basso soprattutto perché da un manga capolavoro di questo spessore mi aspettavo una trasposizione animata di un livello altissimo, o quantomeno alto. Invece qui, a partire dalle animazioni, quasi tutto risulta mediocre, inceppato in una ripetitività esaustiva e quasi deprimente.
Un anime giallo, giallo come il suo titolo (ehm, più o meno), giallo come ciò che racconta e giallo come la qualità che porta sullo schermo.
Dispiace tanto...
<b>La seguente recensione contiene spoiler</b>
"Banana Fish" è un anime del 2018, tratto dall'omonimo manga pubblicato tra gli anni '80 e '90.
La serie, ambientata ai giorni nostri negli Stati Uniti, ha come protagonista Ash Lynx, un giovane teppista di bell'aspetto, carismatico e con un passato intriso di violenza, il quale viene "per caso" coinvolto in quello che è il mistero di due parole pronunciate in punto di morte da un uomo sparato per strada: "Banana Fish".
Punto forte della serie sono i personaggi e i rapporti che intercorrono tra essi, più che il mistero di Banana Fish in sé, in quanto quest'ultimo viene presto svelato. In particolare, i due caratteri e background rispettivamente di Eiji, uno studente giapponese che si troverà al centro del ciclone di una vicenda così lontana dal suo stile di vita, e di Ash trovano una perfetta armonia e complementarità in quella che è una realtà assolutamente priva di sentimento umano. Troveremo altri personaggi veramente ben caratterizzati nel corso della serie. Blanca, Max e Sing sono quelli che secondo me spiccano più di tutti. Un difetto potrebbe essere individuato nella quasi totale assenza di personaggi femminili, a volte quasi irreale. Un altro tema portante della serie è quello della libertà. Ash, vittima di violenze ed abusi, letteralmente dominato dal suo padrone Papa Dino, ne è alla costante ricerca, in particolare la sua presa di coscienza emerge in uno dei migliori dialoghi della serie fra lui e Blanca, a proposito del "ruolo assegnato" ad ogni uomo. Il comparto grafico è ottimo, sono riusciti a modernizzare senza distorcere lo stile del manga originale, che era una operazione non semplice. Tanta tristezza per il finale, la morte di Ash è veramente straziante, dopo tutte le peripezie passate sin da bambino avrei desiderato trovasse pace e serenità con l'amico Eiji, ma il mondo si dimostra crudele fino alle battute conclusive. Il motivo per cui non metto un voto più alto è perché la serie è andata abbastanza di fretta e c'è stato poco tempo per metabolizzare gli avvenimenti. Per il materiale che c'era da adattare avremmo tranquillamente potuto raggiungere il doppio degli episodi, ma anche così risulta ampiamente godibile.
"Banana Fish" è un anime del 2018, tratto dall'omonimo manga pubblicato tra gli anni '80 e '90.
La serie, ambientata ai giorni nostri negli Stati Uniti, ha come protagonista Ash Lynx, un giovane teppista di bell'aspetto, carismatico e con un passato intriso di violenza, il quale viene "per caso" coinvolto in quello che è il mistero di due parole pronunciate in punto di morte da un uomo sparato per strada: "Banana Fish".
Punto forte della serie sono i personaggi e i rapporti che intercorrono tra essi, più che il mistero di Banana Fish in sé, in quanto quest'ultimo viene presto svelato. In particolare, i due caratteri e background rispettivamente di Eiji, uno studente giapponese che si troverà al centro del ciclone di una vicenda così lontana dal suo stile di vita, e di Ash trovano una perfetta armonia e complementarità in quella che è una realtà assolutamente priva di sentimento umano. Troveremo altri personaggi veramente ben caratterizzati nel corso della serie. Blanca, Max e Sing sono quelli che secondo me spiccano più di tutti. Un difetto potrebbe essere individuato nella quasi totale assenza di personaggi femminili, a volte quasi irreale. Un altro tema portante della serie è quello della libertà. Ash, vittima di violenze ed abusi, letteralmente dominato dal suo padrone Papa Dino, ne è alla costante ricerca, in particolare la sua presa di coscienza emerge in uno dei migliori dialoghi della serie fra lui e Blanca, a proposito del "ruolo assegnato" ad ogni uomo. Il comparto grafico è ottimo, sono riusciti a modernizzare senza distorcere lo stile del manga originale, che era una operazione non semplice. Tanta tristezza per il finale, la morte di Ash è veramente straziante, dopo tutte le peripezie passate sin da bambino avrei desiderato trovasse pace e serenità con l'amico Eiji, ma il mondo si dimostra crudele fino alle battute conclusive. Il motivo per cui non metto un voto più alto è perché la serie è andata abbastanza di fretta e c'è stato poco tempo per metabolizzare gli avvenimenti. Per il materiale che c'era da adattare avremmo tranquillamente potuto raggiungere il doppio degli episodi, ma anche così risulta ampiamente godibile.
"Banana Fish" giunge da molto lontano.
Associare colei che ha creato "Banana Fish" alle delicate atmosfere di Umimachi Diary - Our Little Sister, probabilmente non sarebbe il nostro primo pensiero. Qualcuno potrà avere riconosciuto il medesimo taglio introspettivo tra le due opere, forse. E' abbastanza probabile tuttavia che quando in Occidente, ed in particolare in Italia, è giunto dapprima il film Umimachi Diary - Little Sister di Hirokazu Koreeda e poi il relativo manga per la casa editrice Star Comics, con il titolo Our little Sister - Diario di Kamakura, siano stati in pochi a ricordare la mangaka Akimi Yoshida per il suo manga più famoso.
Eppure "Banana Fish" è uno di quei manga che nel nostro Paese ci sono arrivati, pubblicato da Planet Manga tra il 2002 ed il 2005 mantenendosi fedele agli originali tankobon giapponesi, oltre che per il senso di lettura, anche per la stampa su una peculiare carta giallastra.
Poi, però, più nulla. Fino a quando, nel 2018, Studio Mappa (Yuri!!! on Ice) annuncia l'intenzione di trarre una serie animata dal capolavoro della Yoshida, modernizzato in primo luogo attraverso l'ambientazione al tempo attuale, anziché negli anni '80 della storia originale, oltre che naturalmente nella grafica ed altri elementi costitutivi: la serie fa parte in effetti dei progetti legati al 40° anniversario dal debutto della Yoshida come mangaka ed è la prima volta che l'opera originale viene trasposta in animazione, pur avendo già ispirato in precedenza diversi adattamenti teatrali.
Ed è così che, trailer dopo trailer, "Banana Fish" diviene immediatamente una delle serie più attese, più viste e più discusse dell'anno, vuoi per la strizzata d'occhi al pubblico femminile con la tematica boys' love, vuoi per le adrenaliniche aspettative su una storia ambientata nella Grande Mela, con il suo carico di malavita, di frenesia e di affascinante, gravida malinconia.
L'anime è stato trasmesso da Fuji TV nell'apprezzato contenitore NoitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018 per un totale di 24 episodi complessivi, e diffuso a livello globale in streaming da parte di Amazon Prime Video, Italia compresa.
Difficile, in effetti, guardare l'anime e ricondurre "Banana Fish" alle sue origini di shojo manga, pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan dal 1985 al 1994 in 19 tankobon.
E' proprio questa, tuttavia, la grandezza celata dietro ai manga capaci di trascendere il tempo e i generi, in grado di farsi apprezzare da un pubblico ben più ampio a quello cui sono destinati in origine, grazie all'abilità dei loro autori ed alla dimensione ancora più universale di una trasposizione animata, che ne disgrega i confini in maniera persino più dirompente.
In primo luogo non si può, dunque, cercare di incasellare "Banana Fish" negli angusti confini di una storia drammatico-sentimentale rivolta alle ragazze, perché nel farlo non ne coglieremmo appieno la multi-dimensionalità.
Intrisa di violenza psicologica prima che fisica, di venature shounen ai e di risvolti thriller, la drammatica storia che prende il via con la pronuncia del nome in codice "Banana Fish" è stata capace di soggiogare l'attenzione di ben più che uno stuolo di fanciulle, e questo grazie ad una sapiente miscela di elementi ben resi nella trasposizione in animazione.
"Ritorna sano e salvo.Io sarò qui ad aspettarti, per sempre." Eiji Okumura
Un uomo viene ucciso a sangue freddo in un vicolo di New York ma, prima di spirare, consegna al giovane Ash una sostanza misteriosa pronunciando le parole "Banana Fish": quest'ultime non sono nuove al ragazzo, sono le uniche che riesce a pronunciare suo fratello, ridotto a un vegetale dopo il rientro dal fronte in Iraq.
Frattanto, anche il giornalista Shun'ichi Ibe e il diciannovenne Eiji Okumura si recano in città per un reportage sulle gang della Grande Mela, facendo così la conoscenza del giovane Ash Lynx, capelli biondi, occhi di giada e viso angelico, nonché carismatico leader di una fedele banda di criminali di strada.
Fuggito di casa da bambino, è stato adottato e allevato come erede, scagnozzo e giocattolino sessuale del "padre" Dino Golzine, il signore dei crimini dei Corsican della East Coast. All'età ribelle di 17 anni, Ash rinuncia al regno di potere e ricchezze del diavolo che l'ha cresciuto, preferendo attenersi ad un codice 'morale' che sente più suo, ma il padre non intende lasciare andare né lui né il segreto che cade tra le mani del giovane.
E' proprio questo il momento in cui Eiji e Ibe giungono a New York. I due giapponesi si ritrovano all'improvviso coinvolti nel mistero vortice di avidità, orgoglio e lussuria legato a "Banana Fish", che Ash è determinato a svelare ad ogni costo.
"Banana Fish" non fa sconti a nessuno, tanto allo spettatore quanto ai personaggi che s'incontrano e scontrano nel corso delle tante, spericolate vicende.
D'altronde riesce facile a quest'anime instillare le emozioni più variegate nello spettatore, dallo spavento al sollievo, dalla sorpresa alla costante curiosità, finanche al terrore ed al disgusto.
Già durante i primi momenti s'intuisce che affezionarsi alle storie dei protagonisti e dei tanti e ben caratterizzati comprimari può essere rischioso; e tuttavia è impossibile non ritrovarsi col fiato sospeso alla fine di ciascun episodio, e rincorrere il successivo quasi col medesimo fiatone e con l'angoscia del candido Eiji, o con la tensione che serpeggia lieve, ma tangibile ed inesorabile, dietro le spalle di Ash.
Il biondo protagonista calamita su di sé l'attenzione di chiunque, volente o nolente: vittima di un tragico passato che lo lega a Papa Dino Golzine, artefice di svariati disperati tentativi di affrancarsene, è proprio attorno al carisma di Ash che gravitano tutti i personaggi che entrano ed escono dalla storia, ciascuno col proprio carico di intenti da perseguire, ognuno svelando in tale ottica personalità sempre ben caratterizzate, nonché ottimamente calibrate all'interno della narrazione.
Impossibile dunque pensare a "Banana Fish" senza i tanti uomini che ne fanno il gioco, dal brav'uomo e giornalista Max Lobo al fido braccio destro di Ash Shorter Wong, dai clan cinesi guidati da Yut-Lung al giovane Sing che ne emerge successivamente, dal perfido e crudele Arthur ai medici e agli affiliati di 'casa' Golzine, al cecchino Blanca, sino a colui che Ash arriverà a desiderare di proteggere persino più dello scandalo in cui esploderà Banana Fish, Eiji.
Tanto può far immaginare la relazione che s'instaura tra i due ragazzi, imbrigliati tra le maglie di un mondo ben più ingiusto e severo di quello che alla loro giovane età si dovrebbe poter mostrare loro.
Ma più che immaginare, è sufficiente guardare con discrezione il modo in cui Ash ed Eiji s'interfacciano, per comprendere che non è necessario esprimere a voce alta ciò che gli occhi e i gesti raccontano con assai più naturalezza.
Nella vita di Ash qualcuno come Eiji non era atteso, né tanto meno desiderato; in quella di Eiji una trasvolata a New York non era nemmeno prevedibile. Eppure accade, come accade ogniqualvolta due mondi opposti si sfiorano forse anche accidentalmente e anziché passare oltre, si soffermano a guardarsi, si scoprono curiosi, s'interrogano l'uno nell'altro e vi trovano rifugio.
Così diversi, un americano e un giapponese, tanto sfacciato il primo quanto candido e ingenuo il secondo, l'uno biondo e l'altro moro, un ragazzino cresciuto troppo in fretta in mezzo a troppe violenze di fronte a un promettente atleta stroncato sul nascere.
Così uguali, nel bisogno di avere qualcuno nelle cui fragilità rispecchiarsi per farsi forti, con cui ridere di un pasto e sulla cui spalla potersi lasciare andare, oltre ogni maschera e paura.
Ash, il cui nome di battesimo è Aslan ovvero 'alba' in ebraico e 'leone' in lingua turca, è una fiera che graffia per difendere il suo clan, una bestia che uccide senza pietà per poter sopravvivere, un giovane uomo dotato di così tanti talenti da poter brillare come il sole, e al pari del sole brucia chiunque si azzardi ad arrivare troppo vicino.
Aslan Jade Callenreese è, al pari della pietra preziosa della giada, una creatura bella e dannata ferita da più mani, nella cui oscurità nessuno può avere accesso per davvero. Nessuno tranne Eiji.
In un'amicizia nata per caso che si fa più stringente ed intima man mano che le peripezie avvicinano i due protagonisti, Eiji diventa per Ash un rassicurante padre e una madre dolcissima, un figlio da proteggere e un fratello cui insegnare le cose, l'amico di sempre e l'unico confidente, amante nel senso più intimo del termine, quello di quando ogni fibra del proprio tormentato essere volge verso un'unica direzione, sempre la stessa, nel profondo.
D'altronde è forse la stessa autrice del manga a suggerirci una chiave di lettura in tal senso per tramite dei caratteri con cui ne viene scritto il cognome: Okumura è in giapponese 奥村, ad indicare il luogo più intimo e profondo di un villaggio, di una casa, ma anche i veri sentimenti di un cuore, i recessi più segreti e nascosti dell'animo. Tutto ciò che Ash non ha mai ricevuto dalle persone in diciassette anni di tormentata vita lo ritrova all'improvviso, inaspettatamente condensato in un'unica figura, quella di Eiji, la cui già sola presenza si fa salvifica.
Tutto ciò che Eiji mai avrebbe creduto di dover apprendere sulla vita lo vede su Ash, cui si aggrappa non per rimanere in piedi, bensì per non lasciarlo più cadere.
"Non sei solo. Io sono al tuo fianco. La mia anima è sempre con te." Eiji Okumura
Certamente il contesto in cui si muove la storia di "Banana Fish" non si presta a rossori e tanto meno a batticuori in salsa sentimentale, ma questo non significa che l'amore e gli affetti non ne rappresentino una chiave di lettura importante, se non fondamentale. E' ad esempio proprio l'assenza d'amore a determinare il nodo nel cuore e la sete di vendetta di Li Yut-Lung, splendidamente doppiato da Jun Fukuyama nel ritrarre una figura in antitesi ad Ash: così simile a lui in bellezza e fine intelletto, così agli opposti nel modo di interagire con le tante persone che li circondano e di cui si servono.
Yut-Lung non è che qualcuno che brilla di luce riflessa, come suggerisce anche qui il carattere cinese Yue 月, ovvero luna, nel suo nome: una luce opaca che lo fa vivere nell'ombra della potente famiglia prima, e dell'invidia nei confronti dell'astro luminoso di Ash poi. E' attraverso la sua figura, indubbiamente fascinosa ma fredda e priva di ogni calore umano, che intuiamo ciò che Ash sarebbe stato, se non avesse capito come imparare ad amare, nonostante tutto.
E' il percorso che Ash compie nell'apprendere che è l'amore ad andare al di sopra di ogni cosa, a fare la differenza, a dispetto di una giovinezza rubatagli al prezzo della sua anima.
"Quando lui mi è vicino... la sua gentilezza, la sua onestà, il suo calore scorrono dritte dentro me. Mi rende completo." Ash Lynx
Nel corso delle vicende che porteranno Ash da New York sino all'altro capo del continente americano, passando per terre desolate, grattacieli e periferie sordide, conosciamo anche la famiglia biologica del protagonista e i relativi strascichi, e sino agli ultimi episodi apprendiamo nuovi elementi su quella sorta di famiglia a 'casa Golzine' che poi l'ha cresciuto, sfruttandolo come giocattolo sessuale e allevandolo al contempo alla stregua di un fine stratega politico, sognando un giorno di farne l'erede designato di un immenso e potente impero.
Ash, però, sceglie una famiglia che vive sulla strada, quella dei ragazzi che guida per le vie più malfamate della città, rifuggendo il denaro, il potere e le falsità a beneficio di rapporti interpersonali sgraziati eppur ben più sinceri. Nel fare questo, Ash sceglie inconsapevolmente di vivere, di proteggere, di amare, ed è una decisione che dopo l'incontro con Eiji si sublima potenzialmente fino al sacrificio più grande, perché niente conta di più che sapere, nel cuore, che chi si ama può continuare ad aprire gli occhi al mondo, a sorridere e a restituire calore.
"Banana Fish" si conclude infine con una serie di episodi incredibilmente intensi, ed il finale della storia serra il fiato nella gola, con una sequenza commovente, luminosa e quasi poetica, superbamente resa in animazione.
"Banana Fish" è dunque una storia complessa ma completa, che si destreggia tra tematiche spinose quali la mafia e la corruzione, l'avidità, gli esperimenti sull'uomo, la droga e la pedofilia, gli abusi su minori ma anche il disturbo psicologico e comportamentale che da quest'ultime derivano sul piano fisico, anche a distanza di anni.
E' una serie che, come già detto, viene raccontata ponderando l'azione alla strategia, e inframmezzando entrambe per mezzo di pochi ma sagaci momenti di sottile umorismo, e talora di vivace commedia, tanto brevi quanto essenziali a spezzare un ritmo diversamente non così a lungo insostenibile.
I cliffhanger si susseguono senza esclusione di colpi, i momenti di status quo non durano che pochi minuti, spesso intrisi di pathos, introspezione e non di rado di una dolcezza che risalta ancor più chiaramente nel bel mezzo della tensione degli eventi.
Scopriamo il segreto del nome in codice 'Banana Fish' per mezzo dell'intervento di tanti personaggi, mai troppi invero, uno più carismatico dell'altro indipendentemente dall'essere figure che agiscano nell'ombra del potere piuttosto che per far luce su scomode verità. E' una storia costruita perlopiù attorno a figure maschili, tratteggiate a tutto tondo tanto nel delineare i protagonisti quanto sui comprimari, il cui ruolo oltre che essere funzionale allo svolgimento delle vicende, contribuisce ad alimentare il fascino di colui attorno al quale tutto ruota, il protagonista indiscusso Ash.
"NON VOLEVO CHE MI VEDESSI COSI'!!" Ash Lynx
Magistrale in tal senso è anche il lavoro svolto a livello di doppiaggio, con un Yūma Uchida capace di ben infondere ulteriore carisma ad Ash mediante una voce grintosa ma sempre pulita, che sa farsi melliflua e vellutata, oppure ridere cristallina solo in determinati ma preziosi e brillanti attimi.
Accanto a Uchida i colleghi non sfigurano di certo, con la dolce voce di Kenji Nojima (Mamoru Chiba in Sailor Moon Crystal) su Eiji, Makoto Furukawa (Saitama in One Punch Man) su Shorter Wong, il ruvido Yoshimasa Hosoya su Arthur, Hiroaki Hirata su Max, oltre al compianto Unshō Ishizuka su Papa Dino, scomparso proprio nell'agosto dell'anno 2018.
Interpretazioni quindi tutte ben azzeccate, e sul fronte musicale rileviamo altrettanto con la colonna sonora di Shin'ichi Osawa sempre all'altezza, e sigle di apertura e chiusura che si fanno ricordare a distanza di tempo: la serie si apre con la ritmata "found & lost" degli Survive Said The Prophet per gli episodi da 1 a 13, quindi con l'intensa e più introspettiva "Freedom" dei Blue Encount per gli episodi da 14 a 24. In chiusura abbiamo la malinconica "Prayer X" dei King Gnu per gli episodi da 1 a 13 e la profetica e struggente "Red", ancora una volta della più bella sorpresa della stagione, gli Survive Said The Prophet per gli episodi da 14 a 23.
Fitti ma sempre intensi i dialoghi sceneggiati e supervisionati da Hiroshi Seko (Ajin, Mob Psycho 100, Inuyashiki Last Hero) di concerto con la regista Hiroko Utsumi (Free!), cui va una menzione per le efficaci scelte operate sui primi piani dei volti dei personaggi, nonché delle loro mani e dei relativi movimenti.
Ben curati i disegni, costanti in qualità senza mai una sbavatura, dai colori vividi, intensi e luminosi; il character design di Akemi Hayashi (Fruits Basket, Peacemaker, Doukyusei -Compagni di classe-) ammorbidisce inoltre il tratto all'epoca un po' spigoloso dall'autrice, regalando ad esempio ad Eiji un volto dal sorriso dolcissimo e a Ash una bellezza ultraterrena.
Difficile non menzionare inoltre anche il citazionismo che parte proprio dal titolo originale "Banana Fish", ispirato dal racconto "Un giorno ideale per i pescibanana" di J. D. Salinger, che viene ripreso anche nella titolazione degli episodi, specchi quanto mai fedeli del loro contenuto.
A fronte di così tanta carne al fuoco, c'è comunque qualche sbavatura che non consente di elevare "Banana Fish" al rango di capolavoro senza tempo. In un contesto dalle aspettative elevate, anche piccole pecche appaiono in concreto più evidenti, per quanto non si tratti invero di mancanze grossolane, bensì di elementi che trasposti in maniera diversa avrebbero forse reso questa serie animata qualcosa di ancor più accattivante.
Una pecca la registra proprio la storia: avviatasi speditamente nella prima metà della serie con il suo alternarsi di sparatorie, inseguimenti, trappole, duelli alla mezzogiorno di fuoco, rapimenti, esplosioni, caccia all'uomo, evasioni rocambolesche, battaglie di strategia e quant'altro, a partire dalla seconda metà da' segni di cedimento e si avvita un po' su sé stessa, facendosi leggermente ripetitiva nel suo schema per un numero un po' eccessivo di episodi, durante i quali per assurdo si smarrisce per strada il filo degli avvenimenti.
Inoltre, non manca qualche forzatura relativa al protagonista Ash, che se da un lato passa agevolmente dal ruolo di Rambo a quello di sexy infermiera, dall'altro rimane il solo ed unico a doversi immolare per una causa più grande di lui e ricercare le soluzioni apparentemente impossibili; questo si traduce nei fatti con il protagonista vittima, seppur ad onor del vero mostrate in maniera sempre piuttosto discreta, di ripetute sevizie fisiche e sessuali ad opera degli uomini più disparati, tutti indiscriminatamente e irrimediabilmente da lui attratti.
Non può essere in tal senso la venatura shounen ai a giustificare un accanimento privo certamente di voyeurismo, ma che talora fa comunque inarcare qualche sopracciglio.
Avvincente, ingarbugliato, adrenalinico ed emozionante, capace di mettere d'accordo il pubblico più disparato intrattenendo a lungo e con efficacia: "Banana Fish" è un viaggio non facile all'interno di un mondo greve ed oscuro, eppure reso quanto mai piacevole da animazioni fluide, fondali azzeccati, cast e musiche di livello e personaggi che lasciano un segno indelebile.
Nel suo libro "Dreamland Japan" l'americano Frederik L. Schodt definiva il manga originale come "uno dei pochi shōjo manga che un uomo può leggere senza vergognarsi"; potremmo rovesciare la citazione a specchio sull'anime, perché "Banana Fish" potrebbe essere "quell'anime che in tanti possono guardare e apprezzare senza farsi troppi riguardi", e difficilmente cadremmo in errore.
"Banana Fish" è una serie su cui si può raccontare tanto, e non sarebbe comunque tutto, o nemmeno abbastanza.
E' una storia che, nel suo far discutere dei tanti spinosi temi che affronta, attira meritatamente l'attenzione su di sé. E non ci lascerà andare se non dopo averci spiazzati e fatti a pezzi, letteralmente, a più riprese.
Associare colei che ha creato "Banana Fish" alle delicate atmosfere di Umimachi Diary - Our Little Sister, probabilmente non sarebbe il nostro primo pensiero. Qualcuno potrà avere riconosciuto il medesimo taglio introspettivo tra le due opere, forse. E' abbastanza probabile tuttavia che quando in Occidente, ed in particolare in Italia, è giunto dapprima il film Umimachi Diary - Little Sister di Hirokazu Koreeda e poi il relativo manga per la casa editrice Star Comics, con il titolo Our little Sister - Diario di Kamakura, siano stati in pochi a ricordare la mangaka Akimi Yoshida per il suo manga più famoso.
Eppure "Banana Fish" è uno di quei manga che nel nostro Paese ci sono arrivati, pubblicato da Planet Manga tra il 2002 ed il 2005 mantenendosi fedele agli originali tankobon giapponesi, oltre che per il senso di lettura, anche per la stampa su una peculiare carta giallastra.
Poi, però, più nulla. Fino a quando, nel 2018, Studio Mappa (Yuri!!! on Ice) annuncia l'intenzione di trarre una serie animata dal capolavoro della Yoshida, modernizzato in primo luogo attraverso l'ambientazione al tempo attuale, anziché negli anni '80 della storia originale, oltre che naturalmente nella grafica ed altri elementi costitutivi: la serie fa parte in effetti dei progetti legati al 40° anniversario dal debutto della Yoshida come mangaka ed è la prima volta che l'opera originale viene trasposta in animazione, pur avendo già ispirato in precedenza diversi adattamenti teatrali.
Ed è così che, trailer dopo trailer, "Banana Fish" diviene immediatamente una delle serie più attese, più viste e più discusse dell'anno, vuoi per la strizzata d'occhi al pubblico femminile con la tematica boys' love, vuoi per le adrenaliniche aspettative su una storia ambientata nella Grande Mela, con il suo carico di malavita, di frenesia e di affascinante, gravida malinconia.
L'anime è stato trasmesso da Fuji TV nell'apprezzato contenitore NoitaminA dal 5 luglio al 20 dicembre 2018 per un totale di 24 episodi complessivi, e diffuso a livello globale in streaming da parte di Amazon Prime Video, Italia compresa.
Difficile, in effetti, guardare l'anime e ricondurre "Banana Fish" alle sue origini di shojo manga, pubblicato sulla rivista Bessatsu Shōjo Comic di Shogakukan dal 1985 al 1994 in 19 tankobon.
E' proprio questa, tuttavia, la grandezza celata dietro ai manga capaci di trascendere il tempo e i generi, in grado di farsi apprezzare da un pubblico ben più ampio a quello cui sono destinati in origine, grazie all'abilità dei loro autori ed alla dimensione ancora più universale di una trasposizione animata, che ne disgrega i confini in maniera persino più dirompente.
In primo luogo non si può, dunque, cercare di incasellare "Banana Fish" negli angusti confini di una storia drammatico-sentimentale rivolta alle ragazze, perché nel farlo non ne coglieremmo appieno la multi-dimensionalità.
Intrisa di violenza psicologica prima che fisica, di venature shounen ai e di risvolti thriller, la drammatica storia che prende il via con la pronuncia del nome in codice "Banana Fish" è stata capace di soggiogare l'attenzione di ben più che uno stuolo di fanciulle, e questo grazie ad una sapiente miscela di elementi ben resi nella trasposizione in animazione.
"Ritorna sano e salvo.Io sarò qui ad aspettarti, per sempre." Eiji Okumura
Un uomo viene ucciso a sangue freddo in un vicolo di New York ma, prima di spirare, consegna al giovane Ash una sostanza misteriosa pronunciando le parole "Banana Fish": quest'ultime non sono nuove al ragazzo, sono le uniche che riesce a pronunciare suo fratello, ridotto a un vegetale dopo il rientro dal fronte in Iraq.
Frattanto, anche il giornalista Shun'ichi Ibe e il diciannovenne Eiji Okumura si recano in città per un reportage sulle gang della Grande Mela, facendo così la conoscenza del giovane Ash Lynx, capelli biondi, occhi di giada e viso angelico, nonché carismatico leader di una fedele banda di criminali di strada.
Fuggito di casa da bambino, è stato adottato e allevato come erede, scagnozzo e giocattolino sessuale del "padre" Dino Golzine, il signore dei crimini dei Corsican della East Coast. All'età ribelle di 17 anni, Ash rinuncia al regno di potere e ricchezze del diavolo che l'ha cresciuto, preferendo attenersi ad un codice 'morale' che sente più suo, ma il padre non intende lasciare andare né lui né il segreto che cade tra le mani del giovane.
E' proprio questo il momento in cui Eiji e Ibe giungono a New York. I due giapponesi si ritrovano all'improvviso coinvolti nel mistero vortice di avidità, orgoglio e lussuria legato a "Banana Fish", che Ash è determinato a svelare ad ogni costo.
"Banana Fish" non fa sconti a nessuno, tanto allo spettatore quanto ai personaggi che s'incontrano e scontrano nel corso delle tante, spericolate vicende.
D'altronde riesce facile a quest'anime instillare le emozioni più variegate nello spettatore, dallo spavento al sollievo, dalla sorpresa alla costante curiosità, finanche al terrore ed al disgusto.
Già durante i primi momenti s'intuisce che affezionarsi alle storie dei protagonisti e dei tanti e ben caratterizzati comprimari può essere rischioso; e tuttavia è impossibile non ritrovarsi col fiato sospeso alla fine di ciascun episodio, e rincorrere il successivo quasi col medesimo fiatone e con l'angoscia del candido Eiji, o con la tensione che serpeggia lieve, ma tangibile ed inesorabile, dietro le spalle di Ash.
Il biondo protagonista calamita su di sé l'attenzione di chiunque, volente o nolente: vittima di un tragico passato che lo lega a Papa Dino Golzine, artefice di svariati disperati tentativi di affrancarsene, è proprio attorno al carisma di Ash che gravitano tutti i personaggi che entrano ed escono dalla storia, ciascuno col proprio carico di intenti da perseguire, ognuno svelando in tale ottica personalità sempre ben caratterizzate, nonché ottimamente calibrate all'interno della narrazione.
Impossibile dunque pensare a "Banana Fish" senza i tanti uomini che ne fanno il gioco, dal brav'uomo e giornalista Max Lobo al fido braccio destro di Ash Shorter Wong, dai clan cinesi guidati da Yut-Lung al giovane Sing che ne emerge successivamente, dal perfido e crudele Arthur ai medici e agli affiliati di 'casa' Golzine, al cecchino Blanca, sino a colui che Ash arriverà a desiderare di proteggere persino più dello scandalo in cui esploderà Banana Fish, Eiji.
Tanto può far immaginare la relazione che s'instaura tra i due ragazzi, imbrigliati tra le maglie di un mondo ben più ingiusto e severo di quello che alla loro giovane età si dovrebbe poter mostrare loro.
Ma più che immaginare, è sufficiente guardare con discrezione il modo in cui Ash ed Eiji s'interfacciano, per comprendere che non è necessario esprimere a voce alta ciò che gli occhi e i gesti raccontano con assai più naturalezza.
Nella vita di Ash qualcuno come Eiji non era atteso, né tanto meno desiderato; in quella di Eiji una trasvolata a New York non era nemmeno prevedibile. Eppure accade, come accade ogniqualvolta due mondi opposti si sfiorano forse anche accidentalmente e anziché passare oltre, si soffermano a guardarsi, si scoprono curiosi, s'interrogano l'uno nell'altro e vi trovano rifugio.
Così diversi, un americano e un giapponese, tanto sfacciato il primo quanto candido e ingenuo il secondo, l'uno biondo e l'altro moro, un ragazzino cresciuto troppo in fretta in mezzo a troppe violenze di fronte a un promettente atleta stroncato sul nascere.
Così uguali, nel bisogno di avere qualcuno nelle cui fragilità rispecchiarsi per farsi forti, con cui ridere di un pasto e sulla cui spalla potersi lasciare andare, oltre ogni maschera e paura.
Ash, il cui nome di battesimo è Aslan ovvero 'alba' in ebraico e 'leone' in lingua turca, è una fiera che graffia per difendere il suo clan, una bestia che uccide senza pietà per poter sopravvivere, un giovane uomo dotato di così tanti talenti da poter brillare come il sole, e al pari del sole brucia chiunque si azzardi ad arrivare troppo vicino.
Aslan Jade Callenreese è, al pari della pietra preziosa della giada, una creatura bella e dannata ferita da più mani, nella cui oscurità nessuno può avere accesso per davvero. Nessuno tranne Eiji.
In un'amicizia nata per caso che si fa più stringente ed intima man mano che le peripezie avvicinano i due protagonisti, Eiji diventa per Ash un rassicurante padre e una madre dolcissima, un figlio da proteggere e un fratello cui insegnare le cose, l'amico di sempre e l'unico confidente, amante nel senso più intimo del termine, quello di quando ogni fibra del proprio tormentato essere volge verso un'unica direzione, sempre la stessa, nel profondo.
D'altronde è forse la stessa autrice del manga a suggerirci una chiave di lettura in tal senso per tramite dei caratteri con cui ne viene scritto il cognome: Okumura è in giapponese 奥村, ad indicare il luogo più intimo e profondo di un villaggio, di una casa, ma anche i veri sentimenti di un cuore, i recessi più segreti e nascosti dell'animo. Tutto ciò che Ash non ha mai ricevuto dalle persone in diciassette anni di tormentata vita lo ritrova all'improvviso, inaspettatamente condensato in un'unica figura, quella di Eiji, la cui già sola presenza si fa salvifica.
Tutto ciò che Eiji mai avrebbe creduto di dover apprendere sulla vita lo vede su Ash, cui si aggrappa non per rimanere in piedi, bensì per non lasciarlo più cadere.
"Non sei solo. Io sono al tuo fianco. La mia anima è sempre con te." Eiji Okumura
Certamente il contesto in cui si muove la storia di "Banana Fish" non si presta a rossori e tanto meno a batticuori in salsa sentimentale, ma questo non significa che l'amore e gli affetti non ne rappresentino una chiave di lettura importante, se non fondamentale. E' ad esempio proprio l'assenza d'amore a determinare il nodo nel cuore e la sete di vendetta di Li Yut-Lung, splendidamente doppiato da Jun Fukuyama nel ritrarre una figura in antitesi ad Ash: così simile a lui in bellezza e fine intelletto, così agli opposti nel modo di interagire con le tante persone che li circondano e di cui si servono.
Yut-Lung non è che qualcuno che brilla di luce riflessa, come suggerisce anche qui il carattere cinese Yue 月, ovvero luna, nel suo nome: una luce opaca che lo fa vivere nell'ombra della potente famiglia prima, e dell'invidia nei confronti dell'astro luminoso di Ash poi. E' attraverso la sua figura, indubbiamente fascinosa ma fredda e priva di ogni calore umano, che intuiamo ciò che Ash sarebbe stato, se non avesse capito come imparare ad amare, nonostante tutto.
E' il percorso che Ash compie nell'apprendere che è l'amore ad andare al di sopra di ogni cosa, a fare la differenza, a dispetto di una giovinezza rubatagli al prezzo della sua anima.
"Quando lui mi è vicino... la sua gentilezza, la sua onestà, il suo calore scorrono dritte dentro me. Mi rende completo." Ash Lynx
Nel corso delle vicende che porteranno Ash da New York sino all'altro capo del continente americano, passando per terre desolate, grattacieli e periferie sordide, conosciamo anche la famiglia biologica del protagonista e i relativi strascichi, e sino agli ultimi episodi apprendiamo nuovi elementi su quella sorta di famiglia a 'casa Golzine' che poi l'ha cresciuto, sfruttandolo come giocattolo sessuale e allevandolo al contempo alla stregua di un fine stratega politico, sognando un giorno di farne l'erede designato di un immenso e potente impero.
Ash, però, sceglie una famiglia che vive sulla strada, quella dei ragazzi che guida per le vie più malfamate della città, rifuggendo il denaro, il potere e le falsità a beneficio di rapporti interpersonali sgraziati eppur ben più sinceri. Nel fare questo, Ash sceglie inconsapevolmente di vivere, di proteggere, di amare, ed è una decisione che dopo l'incontro con Eiji si sublima potenzialmente fino al sacrificio più grande, perché niente conta di più che sapere, nel cuore, che chi si ama può continuare ad aprire gli occhi al mondo, a sorridere e a restituire calore.
"Banana Fish" si conclude infine con una serie di episodi incredibilmente intensi, ed il finale della storia serra il fiato nella gola, con una sequenza commovente, luminosa e quasi poetica, superbamente resa in animazione.
"Banana Fish" è dunque una storia complessa ma completa, che si destreggia tra tematiche spinose quali la mafia e la corruzione, l'avidità, gli esperimenti sull'uomo, la droga e la pedofilia, gli abusi su minori ma anche il disturbo psicologico e comportamentale che da quest'ultime derivano sul piano fisico, anche a distanza di anni.
E' una serie che, come già detto, viene raccontata ponderando l'azione alla strategia, e inframmezzando entrambe per mezzo di pochi ma sagaci momenti di sottile umorismo, e talora di vivace commedia, tanto brevi quanto essenziali a spezzare un ritmo diversamente non così a lungo insostenibile.
I cliffhanger si susseguono senza esclusione di colpi, i momenti di status quo non durano che pochi minuti, spesso intrisi di pathos, introspezione e non di rado di una dolcezza che risalta ancor più chiaramente nel bel mezzo della tensione degli eventi.
Scopriamo il segreto del nome in codice 'Banana Fish' per mezzo dell'intervento di tanti personaggi, mai troppi invero, uno più carismatico dell'altro indipendentemente dall'essere figure che agiscano nell'ombra del potere piuttosto che per far luce su scomode verità. E' una storia costruita perlopiù attorno a figure maschili, tratteggiate a tutto tondo tanto nel delineare i protagonisti quanto sui comprimari, il cui ruolo oltre che essere funzionale allo svolgimento delle vicende, contribuisce ad alimentare il fascino di colui attorno al quale tutto ruota, il protagonista indiscusso Ash.
"NON VOLEVO CHE MI VEDESSI COSI'!!" Ash Lynx
Magistrale in tal senso è anche il lavoro svolto a livello di doppiaggio, con un Yūma Uchida capace di ben infondere ulteriore carisma ad Ash mediante una voce grintosa ma sempre pulita, che sa farsi melliflua e vellutata, oppure ridere cristallina solo in determinati ma preziosi e brillanti attimi.
Accanto a Uchida i colleghi non sfigurano di certo, con la dolce voce di Kenji Nojima (Mamoru Chiba in Sailor Moon Crystal) su Eiji, Makoto Furukawa (Saitama in One Punch Man) su Shorter Wong, il ruvido Yoshimasa Hosoya su Arthur, Hiroaki Hirata su Max, oltre al compianto Unshō Ishizuka su Papa Dino, scomparso proprio nell'agosto dell'anno 2018.
Interpretazioni quindi tutte ben azzeccate, e sul fronte musicale rileviamo altrettanto con la colonna sonora di Shin'ichi Osawa sempre all'altezza, e sigle di apertura e chiusura che si fanno ricordare a distanza di tempo: la serie si apre con la ritmata "found & lost" degli Survive Said The Prophet per gli episodi da 1 a 13, quindi con l'intensa e più introspettiva "Freedom" dei Blue Encount per gli episodi da 14 a 24. In chiusura abbiamo la malinconica "Prayer X" dei King Gnu per gli episodi da 1 a 13 e la profetica e struggente "Red", ancora una volta della più bella sorpresa della stagione, gli Survive Said The Prophet per gli episodi da 14 a 23.
Fitti ma sempre intensi i dialoghi sceneggiati e supervisionati da Hiroshi Seko (Ajin, Mob Psycho 100, Inuyashiki Last Hero) di concerto con la regista Hiroko Utsumi (Free!), cui va una menzione per le efficaci scelte operate sui primi piani dei volti dei personaggi, nonché delle loro mani e dei relativi movimenti.
Ben curati i disegni, costanti in qualità senza mai una sbavatura, dai colori vividi, intensi e luminosi; il character design di Akemi Hayashi (Fruits Basket, Peacemaker, Doukyusei -Compagni di classe-) ammorbidisce inoltre il tratto all'epoca un po' spigoloso dall'autrice, regalando ad esempio ad Eiji un volto dal sorriso dolcissimo e a Ash una bellezza ultraterrena.
Difficile non menzionare inoltre anche il citazionismo che parte proprio dal titolo originale "Banana Fish", ispirato dal racconto "Un giorno ideale per i pescibanana" di J. D. Salinger, che viene ripreso anche nella titolazione degli episodi, specchi quanto mai fedeli del loro contenuto.
A fronte di così tanta carne al fuoco, c'è comunque qualche sbavatura che non consente di elevare "Banana Fish" al rango di capolavoro senza tempo. In un contesto dalle aspettative elevate, anche piccole pecche appaiono in concreto più evidenti, per quanto non si tratti invero di mancanze grossolane, bensì di elementi che trasposti in maniera diversa avrebbero forse reso questa serie animata qualcosa di ancor più accattivante.
Una pecca la registra proprio la storia: avviatasi speditamente nella prima metà della serie con il suo alternarsi di sparatorie, inseguimenti, trappole, duelli alla mezzogiorno di fuoco, rapimenti, esplosioni, caccia all'uomo, evasioni rocambolesche, battaglie di strategia e quant'altro, a partire dalla seconda metà da' segni di cedimento e si avvita un po' su sé stessa, facendosi leggermente ripetitiva nel suo schema per un numero un po' eccessivo di episodi, durante i quali per assurdo si smarrisce per strada il filo degli avvenimenti.
Inoltre, non manca qualche forzatura relativa al protagonista Ash, che se da un lato passa agevolmente dal ruolo di Rambo a quello di sexy infermiera, dall'altro rimane il solo ed unico a doversi immolare per una causa più grande di lui e ricercare le soluzioni apparentemente impossibili; questo si traduce nei fatti con il protagonista vittima, seppur ad onor del vero mostrate in maniera sempre piuttosto discreta, di ripetute sevizie fisiche e sessuali ad opera degli uomini più disparati, tutti indiscriminatamente e irrimediabilmente da lui attratti.
Non può essere in tal senso la venatura shounen ai a giustificare un accanimento privo certamente di voyeurismo, ma che talora fa comunque inarcare qualche sopracciglio.
Avvincente, ingarbugliato, adrenalinico ed emozionante, capace di mettere d'accordo il pubblico più disparato intrattenendo a lungo e con efficacia: "Banana Fish" è un viaggio non facile all'interno di un mondo greve ed oscuro, eppure reso quanto mai piacevole da animazioni fluide, fondali azzeccati, cast e musiche di livello e personaggi che lasciano un segno indelebile.
Nel suo libro "Dreamland Japan" l'americano Frederik L. Schodt definiva il manga originale come "uno dei pochi shōjo manga che un uomo può leggere senza vergognarsi"; potremmo rovesciare la citazione a specchio sull'anime, perché "Banana Fish" potrebbe essere "quell'anime che in tanti possono guardare e apprezzare senza farsi troppi riguardi", e difficilmente cadremmo in errore.
"Banana Fish" è una serie su cui si può raccontare tanto, e non sarebbe comunque tutto, o nemmeno abbastanza.
E' una storia che, nel suo far discutere dei tanti spinosi temi che affronta, attira meritatamente l'attenzione su di sé. E non ci lascerà andare se non dopo averci spiazzati e fatti a pezzi, letteralmente, a più riprese.
Banana fish vede al centro dell' attenzione un ragazzo orfano di nome Ash. Cresciuto da un mafioso di nome Dino, Ash fin da piccolo è stato vittima di abusi sessuali da parte di uomini. Nel crescere e abituandosi presto a questo mondo sporco diventerà un trascinatore della malavita non da poco. Nel corso della serie conoscerà un ragazzo giapponese, in America per altri motivi, di nome Eiji. I due stringeranno un buon rapporto nonostante Ash sia un malvivente ed Eiji un ragazzo con i fiocchi! Andando avanti entrerà nel vivo visto che Ash cercherà di scoprire le origini di questa droga chiamata Banana Fish che sembra poter rendere le persone come macchine dopo l'utilizzo. Non mancheranno guerre tra gangs e scene violente. Eiji tenterà di far cambiare Ash anche se non andrà a finire molto bene la cosa per entrambi.
Ho trovato questo adattamento animato molto bello! Ash, questo ragazzo dal fascino irresistibile, ha avuto una vita così pessima eppure è lì a combattere per se stesso! Mi hanno colpito molto le scene dove Ash si ritrova solo e crolla moralmente, visto che davanti a tutti si dimostra sempre freddo. Eiji, questo ragazzo giapponese che mette a rischio la propria vita perché unico ad accorgersi di Ash e i suoi veri sentimenti... Mi è piaciuta molto anche la storia di questa droga "Banana fish", da quando è nata e come mai alcune persone ci sono rimaste dopo averla presa! Mi aspettavo un finale tragico ma non così tanto.
La grafica è buona e le song sono molto appropriate. I dialoghi forse sono l'unica cosa che posso criticare perché non troppo dettagliati. Nel complesso ottimo e consigliato.
Ho trovato questo adattamento animato molto bello! Ash, questo ragazzo dal fascino irresistibile, ha avuto una vita così pessima eppure è lì a combattere per se stesso! Mi hanno colpito molto le scene dove Ash si ritrova solo e crolla moralmente, visto che davanti a tutti si dimostra sempre freddo. Eiji, questo ragazzo giapponese che mette a rischio la propria vita perché unico ad accorgersi di Ash e i suoi veri sentimenti... Mi è piaciuta molto anche la storia di questa droga "Banana fish", da quando è nata e come mai alcune persone ci sono rimaste dopo averla presa! Mi aspettavo un finale tragico ma non così tanto.
La grafica è buona e le song sono molto appropriate. I dialoghi forse sono l'unica cosa che posso criticare perché non troppo dettagliati. Nel complesso ottimo e consigliato.
Tratto da un manga del 1987, Banana Fish è diventato anime anche un anime solo nel 2018.
Si svolge in una New York, rimodernizzata rispetto l'opera di originale. La storia si svolge nella mafia e tratta dei temi come l'abuso e e la droga.
La storia è coinvolgente, intrigante ed in certi momenti mi ha fatta piangere. Devo ammettere che l'ho considerata capolavoro, un gioiellino che con la sua drammaticità, la sua azione e la sua suspence mi ha portata ha provare forti emozioni nella visione di quest'opera. Ho trovato la trama ben strutturata e non ho notato buchi o divergenze in essa.
Le animazioni sono buone, non mi hanno affatto dispiaciuta e le palette utilizzate rendono la visione piacevole. I colori risultano naturali.
A livello musicale è stato piacevole: OST azzeccate, opening belle e lo stesso per le ending.
Il personaggi sono ben sviluppati e le emozioni sono così ben rappresentate da sembrare reali. I personaggi si comportano in modo coerente. Adesso mi fermo ad analizzare i due protagonisti: Ash ed Eiji. Il primo è un New Yorkese che ha sempre vissuto nella malavita ed è stato costretto a prostituirsi fin da bambino. Il secondo è un fotografo giapponese che è andato in America come assistente.
Nonostante loro due siano completamente differenti stringono un fortissimo legame. Dopotutto, "gli opposti si attraggono", no?
Ritengo che sia una visione per quale vale la pena spendere del tempo e che può coinvolgere anche emotivamente. Consigliato a chi ama l'azione.
Si svolge in una New York, rimodernizzata rispetto l'opera di originale. La storia si svolge nella mafia e tratta dei temi come l'abuso e e la droga.
La storia è coinvolgente, intrigante ed in certi momenti mi ha fatta piangere. Devo ammettere che l'ho considerata capolavoro, un gioiellino che con la sua drammaticità, la sua azione e la sua suspence mi ha portata ha provare forti emozioni nella visione di quest'opera. Ho trovato la trama ben strutturata e non ho notato buchi o divergenze in essa.
Le animazioni sono buone, non mi hanno affatto dispiaciuta e le palette utilizzate rendono la visione piacevole. I colori risultano naturali.
A livello musicale è stato piacevole: OST azzeccate, opening belle e lo stesso per le ending.
Il personaggi sono ben sviluppati e le emozioni sono così ben rappresentate da sembrare reali. I personaggi si comportano in modo coerente. Adesso mi fermo ad analizzare i due protagonisti: Ash ed Eiji. Il primo è un New Yorkese che ha sempre vissuto nella malavita ed è stato costretto a prostituirsi fin da bambino. Il secondo è un fotografo giapponese che è andato in America come assistente.
Nonostante loro due siano completamente differenti stringono un fortissimo legame. Dopotutto, "gli opposti si attraggono", no?
Ritengo che sia una visione per quale vale la pena spendere del tempo e che può coinvolgere anche emotivamente. Consigliato a chi ama l'azione.
"Banana Fish".
Non so come iniziare... La trama, la prima volta che l'avevo letta, non aveva attirato la mia attenzione, neanche lontanamente. Lo avevo messo comunque nella lista video nel caso non avessi trovato qualcosa di più interessante, penso di averlo inserito a Gennaio, da quel momento in poi me ne sono completamente dimenticato. I generi caratterizzanti di questo anime Mafia e Prostituzione, non me lo volevano fare andar giù. Dopo mesi e mesi decisi di iniziarlo a vedere ieri (11/07/19) e l'ho finito oggi, me lo sono "mangiato", un anime bellissimo pieno di carattere e di sostanza, opening stupende, personaggi con passati tragici ma tanta voglia di riprendersi, accoppiate improbabili (soprattutto i due protagonisti). Ora non so come finire... Non so se dire "Anime Meraviglioso" o "Anime che avrei preferito non vedere, così da evitare di piangere". Concordo con chi ha detto che sia il miglior anime del 2018, e sono contento di aver cambiato idea sul vederlo o meno.
Non so come iniziare... La trama, la prima volta che l'avevo letta, non aveva attirato la mia attenzione, neanche lontanamente. Lo avevo messo comunque nella lista video nel caso non avessi trovato qualcosa di più interessante, penso di averlo inserito a Gennaio, da quel momento in poi me ne sono completamente dimenticato. I generi caratterizzanti di questo anime Mafia e Prostituzione, non me lo volevano fare andar giù. Dopo mesi e mesi decisi di iniziarlo a vedere ieri (11/07/19) e l'ho finito oggi, me lo sono "mangiato", un anime bellissimo pieno di carattere e di sostanza, opening stupende, personaggi con passati tragici ma tanta voglia di riprendersi, accoppiate improbabili (soprattutto i due protagonisti). Ora non so come finire... Non so se dire "Anime Meraviglioso" o "Anime che avrei preferito non vedere, così da evitare di piangere". Concordo con chi ha detto che sia il miglior anime del 2018, e sono contento di aver cambiato idea sul vederlo o meno.
A circa trent’anni dalla pubblicazione del manga omonimo scritto e illustrato da Akimi Yoshida, nell’estate del 2018 va in onda “Banana Fish”, anime di ventiquattro episodi prodotto dallo studio MAPPA e diretto da Hiroko Utsumi (“Free!”).
La storia vede come protagonista Ash Lynx, giovane e affascinante capobanda di una delle gang di strada di New York. Un giorno il ragazzo incontra un uomo che, prima di morire, gli consegna una boccetta contenente una strana sostanza e pronuncia le parole “Banana Fish”. Il ragazzo decide così di indagare sulla vicenda, poiché si tratta delle stesse parole che suo fratello Griffin, incapace di intendere e di volere e costretto su una sedia a rotelle, ripete da quando è tornato dalla guerra in Iraq.
Violenza di strada, complotti internazionali, droghe misteriose, associazioni mafiose facenti capo ad etnie differenti, scandali per pedofilia e pedopornografia, rapimenti e sparatorie: sono questi alcuni degli elementi che rendono “Banana Fish” un anime incredibilmente coinvolgente, un prodotto d’intrattenimento capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo e di lasciarlo col fiato sospeso per via dei vari misteri che vengono presentati e poi svelati episodio dopo episodio. La serie è dunque un susseguirsi di azione e colpi di scena sorprendenti, che di sicuro non annoierà il pubblico in cerca di una visione movimentata e non banale.
Tuttavia, non è questo l’unico aspetto vincente di “Banana Fish”, e nemmeno quello che mi ha conquistata e mi ha spinta ad assegnare un voto tutt’altro che basso. Ciò che più ho apprezzato dell’opera è infatti il lato introspettivo, che analizza nel profondo la psicologia di un variegato e folto gruppo di personaggi. Quello della Grande Mela, della New York ora buia e difficile, ora sfarzosa e fintamente luminosa, è un palcoscenico su cui si muovono attori diversi per obiettivi ed estrazione sociale. Se da un lato abbiamo infatti politici corrotti, perversi malavitosi e mercenari spietati, la cui essenza è racchiusa fondamentalmente nella loro sete di potere e crudele bassezza, dall’altro troviamo una risma di personaggi ben più umani e caratterizzati. Un destino a cui è complicato sfuggire finisce così per riunire chi desidera svolgere al meglio il proprio ruolo ma si sente costantemente inadatto e sottoposto al giudizio degli altri, chi quel ruolo imposto da qualcun altro vorrebbe abbandonarlo, chi è vittima di crudeltà fin dalla nascita e per questo non riesce ad amare.
E poi, invece, c’è chi ha visto solo il lato più oscuro dell’uomo da quando ne ha memoria, ed è riuscito comunque a trovare qualcosa di puro da proteggere, una persona che di lui vede il lato più nascosto e vulnerabile a sua volta bisognoso di protezione. È questo, essenzialmente, il magnifico legame che viene a crearsi tra Ash ed Eiji, due ragazzi tanto diversi quanto vicini: Eiji, completamente estraneo alla violenza che imperversa tra i vicoli della Grande Mela, riesce a cogliere la bontà e l’insicurezza insite in Ash, riesce a percepire la bellezza e il tepore di una pallida alba in una grigia e fredda New York; Ash, a prima vista indistruttibile e insensibile ai torti subiti, è in realtà un ragazzo estremamente fragile che intravede in Eiji la possibilità di sfuggire al suo destino e diventare un diciassettenne come tutti gli altri.
A supportare dei contenuti tanto validi, vi è un altrettanto valido apparato tecnico. Il character design di Akemi Hayashi svecchia e attualizza quello della Yoshida, pur mantenendone alcuni tratti essenziali tipici degli anni ’80. Ottimi disegni si accompagnano ad animazioni abbastanza fluide per la maggior parte della serie, con occasionali cali qualitativi sparsi qua e là. Gli sfondi iper-realistici ricalcano al meglio gli sgargianti graffiti sugli sporchi palazzi newyorchesi, le finestre scintillanti degli enormi grattacieli e il caldo riflesso del tramonto sul fiume Hudson. Sempre d’effetto le varie OST, splendide tutte e quattro le sigle, in particolare la prima opening “Found & Lost” e la seconda ending “RED”, entrambe eseguite dalla band Survive Said The Prophet.
In conclusione, “Banana Fish” è un anime coinvolgente e dal ritmo adrenalinico, ma allo stesso tempo un’opera struggente e introspettiva, capace di regalarci grandi personaggi che affrontano diversamente il medesimo, ineluttabile destino. La punta di diamante è rappresentata dai due protagonisti e dal loro magnifico rapporto, che più di tutti mette in luce le debolezze e il bisogno di amore dell’essere umano. Il finale, come il resto della serie, è commovente ma mai forzatamente tragico. L’unico difetto? La ripetitività di alcuni avvenimenti nella seconda parte della serie, che comunque non ne intacca il valore complessivo. Voto: 9.
La storia vede come protagonista Ash Lynx, giovane e affascinante capobanda di una delle gang di strada di New York. Un giorno il ragazzo incontra un uomo che, prima di morire, gli consegna una boccetta contenente una strana sostanza e pronuncia le parole “Banana Fish”. Il ragazzo decide così di indagare sulla vicenda, poiché si tratta delle stesse parole che suo fratello Griffin, incapace di intendere e di volere e costretto su una sedia a rotelle, ripete da quando è tornato dalla guerra in Iraq.
Violenza di strada, complotti internazionali, droghe misteriose, associazioni mafiose facenti capo ad etnie differenti, scandali per pedofilia e pedopornografia, rapimenti e sparatorie: sono questi alcuni degli elementi che rendono “Banana Fish” un anime incredibilmente coinvolgente, un prodotto d’intrattenimento capace di tenere lo spettatore incollato allo schermo e di lasciarlo col fiato sospeso per via dei vari misteri che vengono presentati e poi svelati episodio dopo episodio. La serie è dunque un susseguirsi di azione e colpi di scena sorprendenti, che di sicuro non annoierà il pubblico in cerca di una visione movimentata e non banale.
Tuttavia, non è questo l’unico aspetto vincente di “Banana Fish”, e nemmeno quello che mi ha conquistata e mi ha spinta ad assegnare un voto tutt’altro che basso. Ciò che più ho apprezzato dell’opera è infatti il lato introspettivo, che analizza nel profondo la psicologia di un variegato e folto gruppo di personaggi. Quello della Grande Mela, della New York ora buia e difficile, ora sfarzosa e fintamente luminosa, è un palcoscenico su cui si muovono attori diversi per obiettivi ed estrazione sociale. Se da un lato abbiamo infatti politici corrotti, perversi malavitosi e mercenari spietati, la cui essenza è racchiusa fondamentalmente nella loro sete di potere e crudele bassezza, dall’altro troviamo una risma di personaggi ben più umani e caratterizzati. Un destino a cui è complicato sfuggire finisce così per riunire chi desidera svolgere al meglio il proprio ruolo ma si sente costantemente inadatto e sottoposto al giudizio degli altri, chi quel ruolo imposto da qualcun altro vorrebbe abbandonarlo, chi è vittima di crudeltà fin dalla nascita e per questo non riesce ad amare.
E poi, invece, c’è chi ha visto solo il lato più oscuro dell’uomo da quando ne ha memoria, ed è riuscito comunque a trovare qualcosa di puro da proteggere, una persona che di lui vede il lato più nascosto e vulnerabile a sua volta bisognoso di protezione. È questo, essenzialmente, il magnifico legame che viene a crearsi tra Ash ed Eiji, due ragazzi tanto diversi quanto vicini: Eiji, completamente estraneo alla violenza che imperversa tra i vicoli della Grande Mela, riesce a cogliere la bontà e l’insicurezza insite in Ash, riesce a percepire la bellezza e il tepore di una pallida alba in una grigia e fredda New York; Ash, a prima vista indistruttibile e insensibile ai torti subiti, è in realtà un ragazzo estremamente fragile che intravede in Eiji la possibilità di sfuggire al suo destino e diventare un diciassettenne come tutti gli altri.
A supportare dei contenuti tanto validi, vi è un altrettanto valido apparato tecnico. Il character design di Akemi Hayashi svecchia e attualizza quello della Yoshida, pur mantenendone alcuni tratti essenziali tipici degli anni ’80. Ottimi disegni si accompagnano ad animazioni abbastanza fluide per la maggior parte della serie, con occasionali cali qualitativi sparsi qua e là. Gli sfondi iper-realistici ricalcano al meglio gli sgargianti graffiti sugli sporchi palazzi newyorchesi, le finestre scintillanti degli enormi grattacieli e il caldo riflesso del tramonto sul fiume Hudson. Sempre d’effetto le varie OST, splendide tutte e quattro le sigle, in particolare la prima opening “Found & Lost” e la seconda ending “RED”, entrambe eseguite dalla band Survive Said The Prophet.
In conclusione, “Banana Fish” è un anime coinvolgente e dal ritmo adrenalinico, ma allo stesso tempo un’opera struggente e introspettiva, capace di regalarci grandi personaggi che affrontano diversamente il medesimo, ineluttabile destino. La punta di diamante è rappresentata dai due protagonisti e dal loro magnifico rapporto, che più di tutti mette in luce le debolezze e il bisogno di amore dell’essere umano. Il finale, come il resto della serie, è commovente ma mai forzatamente tragico. L’unico difetto? La ripetitività di alcuni avvenimenti nella seconda parte della serie, che comunque non ne intacca il valore complessivo. Voto: 9.
L’anime tratto dal celebre manga "Banana Fish" di Akimi Yoshida (1985) mi ha piacevolmente sorpreso per diverse ragioni.
Innanzi tutto la storia, che mi era stata presentata semplicemente come uno shônen-ai (fumetto con temi d’amore tra ragazzi), è in realtà molto di più.
Ash ha solo 17 anni ma è già a capo di una banda di criminali nei bassifondi di una New York molto violenta dove lui stesso ha dovuto subire abusi di tutti i tipi, a causa del suo bell'aspetto femmineo (è biondo con gli occhi verdi e il suo vero nome - Aslan – significa “alba”).
In questo contesto e con questo vissuto alle spalle, Ash conosce due fotoreporter giapponesi che vogliono documentare la sua storia e con Eiji, che è quasi suo coetaneo (anzi, in realtà è di due anni più vecchio, ma sembra più giovane) nasce un legame delicato e autentico.
La storia si fa più complicata intrecciandosi con le vicende della malavita cinese della quale fa parte anche il migliore amico di Ash, Shorter. Si crea un antagonismo con le “storiche” famiglie della Triade cinese e con la Mafia.
La narrazione ruota intorno a una misteriosa droga – la Banana Fish – che rende le perso completamente inermi e manipolabili e che ha rovinato il cervello del fratello di Ash, un ex soldato che ha partecipato alla guerra in Iraq.
Mi ha molto colpito il rapporto di Eiji con il mondo del salto con l’asta. È qualcosa che nella storia resta molto ai margini (ha importanza soltanto in un episodio) ma che secondo me ha un forte valore simbolico e che si ritrova in altre opere della Yoshida.
Il personaggio più debole del racconto è Ibe-san, il reporter capo di Eiji che forse aveva con lui anche un rapporto più profondo, anche se questo non viene mai reso esplicito.
"Banana Fish" è una storia bellissima, realistica e per nulla mielosa che per molti versi mi ha ricordato il romanzo "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara.
Pur trattando temi molto crudi, le scene che si vedono non sono mai pesanti o volgari e da questo punto di vista secondo me "Banana Fish" supera di gran lunga le pecche del genere yaoi, in cui spesso le autrici sono troppo esplicite e si finisce col perdere la trama; mentre lo shônen-ai risulta troppo sentimentale. Non che sia particolarmente esperta del genere ma, dopo aver visto "BF", ho subito provato a leggere "Hidamari ga Kikoeru" e non mi è piaciuto per niente! L’ho interrotto a metà del secondo volume perché l’ho trovato troppo romantico per i miei gusti ma, leggendo le trame dei manga consigliati in relazione a "BF", penso che proverò ad acquistare la miniserie "New York New York" di Marimo Ragawa.
C’è poi un aspetto letterario che mi pare nessuno abbia trattato e che invece secondo me merita un approfondimento: tutti gli episodi dell’anime portano il titolo di un classico moderno della letteratura americana, toccando autori come Hemingway, Salinger, Fitzgerald… e, per ciò che ho potuto giudicare esistono dei paralleli tra questi classici e la trama di ogni singolo episodio. Ai riferimenti espliciti si aggiungono poi quelli indiretti perché ho riscontrato un rimando visivo alla poesia "Crossing Brooklyn Ferry" di Walt Whitman.
Dal punto di vista tecnico, "Banana Fish" è ineccepibile, anzi direi perfetto. Lo Studio MAPPA – nato da una costola della Madhouse – ci aveva già abituato a lavori di altissimo livello ma qui supera se stesso, creando uno degli anime migliori del 2018.
Considerando poi l’aspetto narrativo, sono rimasta stupita dal cambiamento di Akimi Yoshida da quest’opera del 1985 alla più recente "Our Little Sister", in cui si parla in maniera molto delicata del rapporto di quattro sorelle in una famiglia allargata. In trent’anni anche lo stile grafico è radicalmente mutato e migliorato, tanto che stentavo a riconoscere la mano dell’autrice e, sotto quest’aspetto, il lavoro di attualizzazione dell’anime è stato ottimo, perciò spero di vedere presto una ristampa del manga originale, per la quale la Planet Manga si sta facendo pregare (forse in autunno?)
Innanzi tutto la storia, che mi era stata presentata semplicemente come uno shônen-ai (fumetto con temi d’amore tra ragazzi), è in realtà molto di più.
Ash ha solo 17 anni ma è già a capo di una banda di criminali nei bassifondi di una New York molto violenta dove lui stesso ha dovuto subire abusi di tutti i tipi, a causa del suo bell'aspetto femmineo (è biondo con gli occhi verdi e il suo vero nome - Aslan – significa “alba”).
In questo contesto e con questo vissuto alle spalle, Ash conosce due fotoreporter giapponesi che vogliono documentare la sua storia e con Eiji, che è quasi suo coetaneo (anzi, in realtà è di due anni più vecchio, ma sembra più giovane) nasce un legame delicato e autentico.
La storia si fa più complicata intrecciandosi con le vicende della malavita cinese della quale fa parte anche il migliore amico di Ash, Shorter. Si crea un antagonismo con le “storiche” famiglie della Triade cinese e con la Mafia.
La narrazione ruota intorno a una misteriosa droga – la Banana Fish – che rende le perso completamente inermi e manipolabili e che ha rovinato il cervello del fratello di Ash, un ex soldato che ha partecipato alla guerra in Iraq.
Mi ha molto colpito il rapporto di Eiji con il mondo del salto con l’asta. È qualcosa che nella storia resta molto ai margini (ha importanza soltanto in un episodio) ma che secondo me ha un forte valore simbolico e che si ritrova in altre opere della Yoshida.
Il personaggio più debole del racconto è Ibe-san, il reporter capo di Eiji che forse aveva con lui anche un rapporto più profondo, anche se questo non viene mai reso esplicito.
"Banana Fish" è una storia bellissima, realistica e per nulla mielosa che per molti versi mi ha ricordato il romanzo "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara.
Pur trattando temi molto crudi, le scene che si vedono non sono mai pesanti o volgari e da questo punto di vista secondo me "Banana Fish" supera di gran lunga le pecche del genere yaoi, in cui spesso le autrici sono troppo esplicite e si finisce col perdere la trama; mentre lo shônen-ai risulta troppo sentimentale. Non che sia particolarmente esperta del genere ma, dopo aver visto "BF", ho subito provato a leggere "Hidamari ga Kikoeru" e non mi è piaciuto per niente! L’ho interrotto a metà del secondo volume perché l’ho trovato troppo romantico per i miei gusti ma, leggendo le trame dei manga consigliati in relazione a "BF", penso che proverò ad acquistare la miniserie "New York New York" di Marimo Ragawa.
C’è poi un aspetto letterario che mi pare nessuno abbia trattato e che invece secondo me merita un approfondimento: tutti gli episodi dell’anime portano il titolo di un classico moderno della letteratura americana, toccando autori come Hemingway, Salinger, Fitzgerald… e, per ciò che ho potuto giudicare esistono dei paralleli tra questi classici e la trama di ogni singolo episodio. Ai riferimenti espliciti si aggiungono poi quelli indiretti perché ho riscontrato un rimando visivo alla poesia "Crossing Brooklyn Ferry" di Walt Whitman.
Dal punto di vista tecnico, "Banana Fish" è ineccepibile, anzi direi perfetto. Lo Studio MAPPA – nato da una costola della Madhouse – ci aveva già abituato a lavori di altissimo livello ma qui supera se stesso, creando uno degli anime migliori del 2018.
Considerando poi l’aspetto narrativo, sono rimasta stupita dal cambiamento di Akimi Yoshida da quest’opera del 1985 alla più recente "Our Little Sister", in cui si parla in maniera molto delicata del rapporto di quattro sorelle in una famiglia allargata. In trent’anni anche lo stile grafico è radicalmente mutato e migliorato, tanto che stentavo a riconoscere la mano dell’autrice e, sotto quest’aspetto, il lavoro di attualizzazione dell’anime è stato ottimo, perciò spero di vedere presto una ristampa del manga originale, per la quale la Planet Manga si sta facendo pregare (forse in autunno?)
Attenzione: la recensione contiene spoiler
“Banana Fish” è un anime del 2018 dello studio MAPPA tratto da un manga Shojo degli anni 80, il motivo per cui hanno adattato solo ora un manga così vecchio (così come avvenuto per "Kiseiju" che è dello stesso periodo) penso sia dovuto al numero elevato di anime prodotti negli ultimi tempi, e quindi devono trovare nuovi manga da adattare e qualche volta si guarda al passato.
L’anime prende la trama del manga degli anni 80 e la modernizza rendendola contemporanea, ma su alcune cose si vede lo stile degli anni 80, ma di questo parlerò più avanti.
Partiamo dalla trama, siamo in una New York contemporanea piena di violenza nelle strade, soprattutto per via di gang di strada composte da ragazzi/giovani uomini, tra questi troviamo il nostro protagonista ovvero Ash Lynx (è uno pseudonimo). Lui è un ragazzo di 17 anni con alle spalle una storia difficile di violenze: venne preso, quando era solo un bambino, dal boss della mafia corsa (una specie di mafia italo-francese mi è parsa), Dino Francis Golzine, che si fa chiamare dai suoi sottoposti Papà Dino. Golzine abusò sessualmente di Ash e il loro rapporto è molto complesso. Se da una parte Ash lo odia, anche se non lo fa vedere apertamente, Golzine non lo vede solo come un giocattolo sessuale dato che oltre ad avergli fatto molti regali costosi l’ha anche addestrato pensando per lui un futuro molto importante all’interno della mafia, dato che lo vuole come suo braccio destro, anche se Ash non sembra molto d’accordo con ciò.
Ash, per avere più libertà, ha formato una sua gang composta da ragazzi di cui lui è il capo, Ash ha un fratello di nome Griffin che ha combattuto nella guerra in Iraq ma per motivi ignoti è impazzito sul campo tentando di uccidere i suoi commilitoni, da allora è in uno stato tra il vegetativo e la completa demenza e riesce a dire solo una cosa, “Banana Fish”.
Una sera Ash, capendo che i suoi sottoposti gli stanno nascondendo qualcosa, li pedina e scopre che stanno eseguendo un omicidio per conto di Golzine, lui è molto contrariato da ciò ma il fatto è già successo, la vittima non è ancora morta e dà ad Ash un campione con una sostanza e un indirizzo.
Lui all'inizio non capisce di cosa si possa trattare e quindi manda la sostanza ad analizzare da un medico suo amico pensando si tratti di una droga, poi va a Golzine a chiedere spiegazioni - ma escludendo dal discorso la parte sulla sostanza e negando di averla trovata - questo lo farà diventare un avversario per Golzine in quel momento.
La sostanza è molto importante per Golzine ed è collegata alla vicenda del fratello di Ash, nel frattempo a New York sono arrivati due giapponesi ovvero un fotografo di nome Shunichi Ibe e il suo assistente un diciannovenne di nome Eiji Okumura, loro solo lì per fare un documentario sulle gang giovanili di New York.
Grazia all’assistenza della polizia faranno un'intervista in un bar frequentato dalle gang, in questo bar Eiji incontrerà Ash, questo incontro cambierà i loro destini e porterà degli eventi che mai i due avrebbero potuto immaginare: durante l’incontro alcuni scagnozzi di Golzine fanno irruzione nel bar per rapire Ash, alla fine rapiranno lui insieme a Eiji e Skip questo sarà l’inizio di tutto.
Questo porterà Ash ed Eiji tra gang giovanili, questioni di mafia americana e cinese, droghe sperimentali con effetti devastanti, complotti, questioni di geopolitica internazionale, paramilitari ecc… diciamo che l’inizio non farebbe pensare a una cosa del genere soprattutto la prima parte.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi questo è un discorso complesso in quanto parliamo di un anime “lungo” con molti personaggi e con personaggi molto caratterizzati, nel complesso parliamo di uno dei punti di forza dell’anime, ma penso che alcuni personaggi meritino una discussione singola.
Prendiamo il nostro protagonista Ash Lynx, intanto comincio nel dire che penso che il suo personaggio sia vagamente ispirato dai film action degli anni 80 di Hollywood, soprattutto per quanto riguarda il concetto di “One Man Army” lui ha una capacità di riprendersi da traumi e dalle ferite da supersoldato, una resistenza fuori dal comune quasi come se fosse il protagonista di “Halo”, o di "Doom" o Gatsu di “Berserk”, nei primi archi del manga. Ma lui non eccelle solo nei combattimenti con armi da fuoco e con armi da taglio, ma è anche un abile hacker, oltre che uno stratega, potrebbe battere Light Yagami di “Death Note” senza troppa difficoltà, forse solo Leluoch di “Code Geass” potrebbe batterlo in strategia, questo ci fa capire che l’hanno fatto troppo forte (solo verso la fine questo viene parzialmente risolto), soprattutto un ragazzo di 17 anni non può avere l’esperienza dalla sua parte, cosa che lui invece sembra avere e questo è un difetto per un anime che punta sul realismo.
Poi vedremo qualcuno che renderà più equa la competizione se così si può dire, anche se praticamente stiamo parlando di una specie di John Wick più tranquillo… se invece parliamo dal punto di vista umano sono molti i momenti in cui ci fanno vedere che Ash alla fine è un ragazzo di 17 anni che è stato abusato e che si trova in una vita che non ha scelto e che non gli piace, anche se talvolta la cosa cozza con tutto il resto.
Su Eiji non mi dilungherò anche perché non voglio parlare di tutti i personaggi, ma ho trovato un po’ discutibile il suo attaccamento ad Ash soprattutto nella parte iniziale e il fatto che lo segue sapendo che potrebbe morire senza preoccuparsi più di tanto, la loro “relazione” è un ibrido tra un amore platonico, un rapporto fraterno e un rapporto di amicizia, anche se una relazione amorosa ci sarebbe stata tutta.
Chiudo parlando degli antagonisti, uno di quelli iniziali non mi ha convinto del tutto (non svelo il suo nome per non fare spoiler anche se si rivela presto nell’anime) soprattutto le sue motivazioni mi sembrano deboli, è un codardo, ma non viene caratterizzato bene in quel senso, un debole che deve praticare la violenza e la sopraffazione per venir meno alla sua codardia e debolezza.
Un altro non mi ha convinto molto sia per le sue motivazioni, sia perché sembra una stupida ragazzina piagnucolosa e il fatto che sia molto femminilizzato non aiuta affatto.
Mentre l’antagonista finale sembra un po’ sbucato dal nulla e forse sarebbe stato meglio farlo apparire prima, e alcune cose non ci sono chiare nelle sue motivazioni ci sono momenti che sembra un po’ fuori posto, sembra esserci giusto per fare il colpo di scena.
Per quanto riguarda Golzine direi che è l’antagonista migliore e probabilmente uno dei personaggi meglio caratterizzati (insieme a quello che chiamo John Wick che però non è proprio un antagonista, capirete subito a chi mi riferisco), nonostante la sua brutalità e malvagità se consideriamo tutte le sue azioni poi non si riesce a odiarlo (parere personale) e il rapporto con Ash è molto intenso nonostante quello è un rapporto chiaramente malato.
Sul piano tecnico direi che l’opera è chiaramente promossa a pieni voti, gli sfondi sono bellissimi soprattutto i graffiti e la qualità rimane molto alta per tutto il corso della serie, penso che onestamente difficilmente si poteva fare meglio (o che si potesse chiedere di più).
Per quanto riguarda le musiche, mi sono piaciute tantissimo la prima opening e la prima ending o apprezzato anche la seconda opening ed ending anche se di meno onestamente, comunque uno dei punti di forza dell’anime.
Devo però citare un difetto dell’anime, spesso certe scene e dialoghi, soprattutto per quanto riguarda alcuni comportamenti umani sono un po’ fatti maluccio e sono troppo surreali, il che si nota maggiormente visto l’ottima caratterizzazione dei personaggi e altre scene e dialoghi dove invece i rapporti umani sono molto intensi e uno dei pilastri dell'opera in questione, anche i troppi stupri che subisce Ash nel corso dell’opera non mi riesco a spiegare la loro logica e la loro presenza e anche certi momenti ironici in situazioni altamente inopportune per così dire.
In conclusione “Banana Fish” non è certo un'opera perfetta ed esente da difetti ma è fatta veramente molto bene, e quei difetti non possono oscurare l’intero prodotto dato che stiamo parlando probabilmente di una delle migliori serie anime (e d’azione) dell’intero anno 2018 e che è riuscita a toccare il mio cuore e farmi affezionare molto ai personaggi, e se non avesse i difetti che ha parleremmo di un anime da 9/9+ probabilmente e anche di uno più belli degli ultimi 5/10 anni.
Voto finale 8,5
“Banana Fish” è un anime del 2018 dello studio MAPPA tratto da un manga Shojo degli anni 80, il motivo per cui hanno adattato solo ora un manga così vecchio (così come avvenuto per "Kiseiju" che è dello stesso periodo) penso sia dovuto al numero elevato di anime prodotti negli ultimi tempi, e quindi devono trovare nuovi manga da adattare e qualche volta si guarda al passato.
L’anime prende la trama del manga degli anni 80 e la modernizza rendendola contemporanea, ma su alcune cose si vede lo stile degli anni 80, ma di questo parlerò più avanti.
Partiamo dalla trama, siamo in una New York contemporanea piena di violenza nelle strade, soprattutto per via di gang di strada composte da ragazzi/giovani uomini, tra questi troviamo il nostro protagonista ovvero Ash Lynx (è uno pseudonimo). Lui è un ragazzo di 17 anni con alle spalle una storia difficile di violenze: venne preso, quando era solo un bambino, dal boss della mafia corsa (una specie di mafia italo-francese mi è parsa), Dino Francis Golzine, che si fa chiamare dai suoi sottoposti Papà Dino. Golzine abusò sessualmente di Ash e il loro rapporto è molto complesso. Se da una parte Ash lo odia, anche se non lo fa vedere apertamente, Golzine non lo vede solo come un giocattolo sessuale dato che oltre ad avergli fatto molti regali costosi l’ha anche addestrato pensando per lui un futuro molto importante all’interno della mafia, dato che lo vuole come suo braccio destro, anche se Ash non sembra molto d’accordo con ciò.
Ash, per avere più libertà, ha formato una sua gang composta da ragazzi di cui lui è il capo, Ash ha un fratello di nome Griffin che ha combattuto nella guerra in Iraq ma per motivi ignoti è impazzito sul campo tentando di uccidere i suoi commilitoni, da allora è in uno stato tra il vegetativo e la completa demenza e riesce a dire solo una cosa, “Banana Fish”.
Una sera Ash, capendo che i suoi sottoposti gli stanno nascondendo qualcosa, li pedina e scopre che stanno eseguendo un omicidio per conto di Golzine, lui è molto contrariato da ciò ma il fatto è già successo, la vittima non è ancora morta e dà ad Ash un campione con una sostanza e un indirizzo.
Lui all'inizio non capisce di cosa si possa trattare e quindi manda la sostanza ad analizzare da un medico suo amico pensando si tratti di una droga, poi va a Golzine a chiedere spiegazioni - ma escludendo dal discorso la parte sulla sostanza e negando di averla trovata - questo lo farà diventare un avversario per Golzine in quel momento.
La sostanza è molto importante per Golzine ed è collegata alla vicenda del fratello di Ash, nel frattempo a New York sono arrivati due giapponesi ovvero un fotografo di nome Shunichi Ibe e il suo assistente un diciannovenne di nome Eiji Okumura, loro solo lì per fare un documentario sulle gang giovanili di New York.
Grazia all’assistenza della polizia faranno un'intervista in un bar frequentato dalle gang, in questo bar Eiji incontrerà Ash, questo incontro cambierà i loro destini e porterà degli eventi che mai i due avrebbero potuto immaginare: durante l’incontro alcuni scagnozzi di Golzine fanno irruzione nel bar per rapire Ash, alla fine rapiranno lui insieme a Eiji e Skip questo sarà l’inizio di tutto.
Questo porterà Ash ed Eiji tra gang giovanili, questioni di mafia americana e cinese, droghe sperimentali con effetti devastanti, complotti, questioni di geopolitica internazionale, paramilitari ecc… diciamo che l’inizio non farebbe pensare a una cosa del genere soprattutto la prima parte.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi questo è un discorso complesso in quanto parliamo di un anime “lungo” con molti personaggi e con personaggi molto caratterizzati, nel complesso parliamo di uno dei punti di forza dell’anime, ma penso che alcuni personaggi meritino una discussione singola.
Prendiamo il nostro protagonista Ash Lynx, intanto comincio nel dire che penso che il suo personaggio sia vagamente ispirato dai film action degli anni 80 di Hollywood, soprattutto per quanto riguarda il concetto di “One Man Army” lui ha una capacità di riprendersi da traumi e dalle ferite da supersoldato, una resistenza fuori dal comune quasi come se fosse il protagonista di “Halo”, o di "Doom" o Gatsu di “Berserk”, nei primi archi del manga. Ma lui non eccelle solo nei combattimenti con armi da fuoco e con armi da taglio, ma è anche un abile hacker, oltre che uno stratega, potrebbe battere Light Yagami di “Death Note” senza troppa difficoltà, forse solo Leluoch di “Code Geass” potrebbe batterlo in strategia, questo ci fa capire che l’hanno fatto troppo forte (solo verso la fine questo viene parzialmente risolto), soprattutto un ragazzo di 17 anni non può avere l’esperienza dalla sua parte, cosa che lui invece sembra avere e questo è un difetto per un anime che punta sul realismo.
Poi vedremo qualcuno che renderà più equa la competizione se così si può dire, anche se praticamente stiamo parlando di una specie di John Wick più tranquillo… se invece parliamo dal punto di vista umano sono molti i momenti in cui ci fanno vedere che Ash alla fine è un ragazzo di 17 anni che è stato abusato e che si trova in una vita che non ha scelto e che non gli piace, anche se talvolta la cosa cozza con tutto il resto.
Su Eiji non mi dilungherò anche perché non voglio parlare di tutti i personaggi, ma ho trovato un po’ discutibile il suo attaccamento ad Ash soprattutto nella parte iniziale e il fatto che lo segue sapendo che potrebbe morire senza preoccuparsi più di tanto, la loro “relazione” è un ibrido tra un amore platonico, un rapporto fraterno e un rapporto di amicizia, anche se una relazione amorosa ci sarebbe stata tutta.
Chiudo parlando degli antagonisti, uno di quelli iniziali non mi ha convinto del tutto (non svelo il suo nome per non fare spoiler anche se si rivela presto nell’anime) soprattutto le sue motivazioni mi sembrano deboli, è un codardo, ma non viene caratterizzato bene in quel senso, un debole che deve praticare la violenza e la sopraffazione per venir meno alla sua codardia e debolezza.
Un altro non mi ha convinto molto sia per le sue motivazioni, sia perché sembra una stupida ragazzina piagnucolosa e il fatto che sia molto femminilizzato non aiuta affatto.
Mentre l’antagonista finale sembra un po’ sbucato dal nulla e forse sarebbe stato meglio farlo apparire prima, e alcune cose non ci sono chiare nelle sue motivazioni ci sono momenti che sembra un po’ fuori posto, sembra esserci giusto per fare il colpo di scena.
Per quanto riguarda Golzine direi che è l’antagonista migliore e probabilmente uno dei personaggi meglio caratterizzati (insieme a quello che chiamo John Wick che però non è proprio un antagonista, capirete subito a chi mi riferisco), nonostante la sua brutalità e malvagità se consideriamo tutte le sue azioni poi non si riesce a odiarlo (parere personale) e il rapporto con Ash è molto intenso nonostante quello è un rapporto chiaramente malato.
Sul piano tecnico direi che l’opera è chiaramente promossa a pieni voti, gli sfondi sono bellissimi soprattutto i graffiti e la qualità rimane molto alta per tutto il corso della serie, penso che onestamente difficilmente si poteva fare meglio (o che si potesse chiedere di più).
Per quanto riguarda le musiche, mi sono piaciute tantissimo la prima opening e la prima ending o apprezzato anche la seconda opening ed ending anche se di meno onestamente, comunque uno dei punti di forza dell’anime.
Devo però citare un difetto dell’anime, spesso certe scene e dialoghi, soprattutto per quanto riguarda alcuni comportamenti umani sono un po’ fatti maluccio e sono troppo surreali, il che si nota maggiormente visto l’ottima caratterizzazione dei personaggi e altre scene e dialoghi dove invece i rapporti umani sono molto intensi e uno dei pilastri dell'opera in questione, anche i troppi stupri che subisce Ash nel corso dell’opera non mi riesco a spiegare la loro logica e la loro presenza e anche certi momenti ironici in situazioni altamente inopportune per così dire.
In conclusione “Banana Fish” non è certo un'opera perfetta ed esente da difetti ma è fatta veramente molto bene, e quei difetti non possono oscurare l’intero prodotto dato che stiamo parlando probabilmente di una delle migliori serie anime (e d’azione) dell’intero anno 2018 e che è riuscita a toccare il mio cuore e farmi affezionare molto ai personaggi, e se non avesse i difetti che ha parleremmo di un anime da 9/9+ probabilmente e anche di uno più belli degli ultimi 5/10 anni.
Voto finale 8,5
"Banana Fish" è l'adattamento anime dell'omonimo manga di Akimi Yoshida, fini anni '80. Non è la prima volta sicuramente che a distanza di anni decidono di adattare una serie da un vecchio manga (tipo "Kiseiju"), ed inizio a pensare a chissà quali altre opere possono godere di un ripescaggio grazie anche alle modernità tecniche.
La trama si rivela fin da subito interessante girando intorno a gang giovanili, mafia, politica e droga.
In Iraq un soldato perde la testa e spara contro i suoi compagni e dopo questo evento ritornerà a New York dove si ridurrà ad un vegetale senza riuscire a parlare, ma dalla sua voce risuoneranno solamente le parole Banana Fish. Il protagonista è suo fratello minore Ash, il capo di una giovane banda, che una sera riceve una consegna da un uomo in fin di vita le cui ultime parole sono proprio Banana Fish. Il giovane ragazzo inizierà ad indagare per scoprire la verità, servendosi anche della famiglia mafiosa di cui fa parte.
Gli sviluppi della trama sono fin dall'inizio un crescere continuo di suspense e azione fino al giungere di un livello di intensità e coinvolgimento assurdo. Merito anche dei personaggi principali che sono individualmente caratterizzati molto bene, soprattutto il protagonista che si dimostra essere una macchina da guerra ma con un animo in fondo ancora speranzoso di essere salvato dall'oscurità che alberga dentro di sé. I colpi di scena ci sono e non pochi, questa serie ha il vantaggio di sorprendere in quasi tutti gli episodi, omicidi, verità nascoste, tradimenti, "Banana Fish" ha una storia che possiede qualità. Tuttavia ha le sue pecche, più di una volta per il protagonista ci saranno persone facilmente adescabili che li renderanno vita facile.
Per finire c'è altro da dire su questa serie, ovvero che il finale è degno di nota, molto commovente e di classe; anche il comparto tecnico non scherza, ottimi disegni e animazioni che sono la ciliegina sulla torta di questa bella serie ambientata a New York.
La trama si rivela fin da subito interessante girando intorno a gang giovanili, mafia, politica e droga.
In Iraq un soldato perde la testa e spara contro i suoi compagni e dopo questo evento ritornerà a New York dove si ridurrà ad un vegetale senza riuscire a parlare, ma dalla sua voce risuoneranno solamente le parole Banana Fish. Il protagonista è suo fratello minore Ash, il capo di una giovane banda, che una sera riceve una consegna da un uomo in fin di vita le cui ultime parole sono proprio Banana Fish. Il giovane ragazzo inizierà ad indagare per scoprire la verità, servendosi anche della famiglia mafiosa di cui fa parte.
Gli sviluppi della trama sono fin dall'inizio un crescere continuo di suspense e azione fino al giungere di un livello di intensità e coinvolgimento assurdo. Merito anche dei personaggi principali che sono individualmente caratterizzati molto bene, soprattutto il protagonista che si dimostra essere una macchina da guerra ma con un animo in fondo ancora speranzoso di essere salvato dall'oscurità che alberga dentro di sé. I colpi di scena ci sono e non pochi, questa serie ha il vantaggio di sorprendere in quasi tutti gli episodi, omicidi, verità nascoste, tradimenti, "Banana Fish" ha una storia che possiede qualità. Tuttavia ha le sue pecche, più di una volta per il protagonista ci saranno persone facilmente adescabili che li renderanno vita facile.
Per finire c'è altro da dire su questa serie, ovvero che il finale è degno di nota, molto commovente e di classe; anche il comparto tecnico non scherza, ottimi disegni e animazioni che sono la ciliegina sulla torta di questa bella serie ambientata a New York.
La produzione sempre crescente di anime sta cominciando a porre il problema di dove trovare manga degni di essere adattati, una delle soluzioni è quella di ripescare dal passato vecchi manga degli anni '80 che per un motivo o per l'altro non hanno ottenuto precedentemente la loro trasposizione animata.
Il ripescare le vecchie glorie pone però spesso un altro problema: una sceneggiatura invecchiata male. Così come al giorno d'oggi il pubblico storcerebbe il naso davanti ad un tamarrissimo Bruce Willis o ad uno Stevan Segael che uccide 100 criminali con 10 colpi, allo stesso modo io ho storto il naso davanti al modo in cui si sviluppano le vicende di Ash, protagonista perfetto ed invincibile di questa storia che ai superpolizieschi anni '80, si ispira veramente molto. Ad onor del vero ci sono per lo meno delle differenze a livello di trama. Ash non è un poliziotto ma è un giovanissimo capo di una gang di strada che entrerà in conflitto con il Boss della mafia corsa, l'uomo che lo ha cresciuto, addestrato ma anche abusato sessualmente e che ha sempre cercato di dominarlo e plasmarlo a sua immagine e somiglianza. Il pretesto per le scintille fra i due si chiama Banana Fish, all'inizio è solo una frase in bocca ad un uomo morente ma poi diverrà qualcosa di molto più concreto, pericoloso e scottante.
L'anime ci presenta quindi una storia di mafia, gang di strada, complotti governativi e tanto dramma. Il tutto sviluppato con un ritmo veloce ma attento a non essere mai troppo frenetico. Quello che ho apprezzato maggiormente sono infatti il comparto tecnico e la regia, in "Banana Fish" i fondali di New York sono dettagliatissimi, le luci azzeccate e durante i dialoghi le inquadrature sono quasi sempre al posto giusto ed alleggeriscono anche le parti più verbose. Semplicemente eccellente il montaggio durante le sparatorie, realizzato in modo che anche nelle sequenze più concitate le scene respirino. L'azione in Banana Fish ha un suo ritmo che non sfocia mai nel caotico come invece spesso ci hanno abituato le sparatorie hollywoodiane. È una regia che riesce a portarti dove vuole lei enfatizzando quello che c'è da enfatizzare.
I lati tecnici dell'anime riescono quasi a farti dimenticare che quello che vedi non ha molto senso, oppure è una lunga serie di clichè d'epoca. "Banana Fish" ha una storia facilona e mediocre che risulta spesso incoerente, presenta avvenimenti forzati ed un importante personaggio scritto con faciloneria assurdamente overpower: In un cast tendenzialmente ben caratterizzato e realistico, il punto debole che concentra su di se tutti i clichè e molte delle mancanze dell'anime è purtroppo il protagonista Ash. Le stesse assurdità che il suo coetaneo e collega Ryo Saeba faceva continuamente ad Ash non le perdono. Perchè al contrario di "City Hunter", "Banana Fish" ha pretese di realismo e drammaticità. Però anche riscrivendo completamente il personaggio non si salverebbe comunque la sceneggiatura per via della fondamentale caratteristica portante di questa storia, La ciclicità. Dal primo episodio fino all'ultimo assisteremo ad un eterno tira e molla fra Ash ed il suo Boss Dino, con il primo che tenta di vendicarsi e fuggire da lui, e quest'ultimo che tenta di catturarlo, spezzarlo e farne la sua copia perfetta. In un eterno deja vù vedremo sempre le stesse scene di ricatti, rapimenti, evasioni e fughe con sparatoria. Pattern che da metà anime in poi diventa davvero ridondante e stancante. Particolare grottesco sono le ricorrenti scene di stupro subite dal protagonista che pur mandando ancora più in vacca il realismo delle vicende ed essendo ad un certo punto inutili ai fini della trama, sono ossessivamente ripetute assieme a tutto il ciclo sopra esposto.
La considerazione finale è quella di una storia debole che però viene ripescata ed animata con una cura certosina, viene quindi da chiedersi se tutte queste capacità tecniche non avrebbero potuto essere usate al servizio di una storia migliore. "Banana Fish" potrebbe invece piacere ad un pubblico abituato allo Shojo per via dell'ambigua bromance esistente fra il protagonista e la sua spalla, nonchè ovviamente agli estimatori di Bruce Willis e Steaven Seagel. Sconsigliato invece a chi si focalizza sulla coerenza narrativa.
Il ripescare le vecchie glorie pone però spesso un altro problema: una sceneggiatura invecchiata male. Così come al giorno d'oggi il pubblico storcerebbe il naso davanti ad un tamarrissimo Bruce Willis o ad uno Stevan Segael che uccide 100 criminali con 10 colpi, allo stesso modo io ho storto il naso davanti al modo in cui si sviluppano le vicende di Ash, protagonista perfetto ed invincibile di questa storia che ai superpolizieschi anni '80, si ispira veramente molto. Ad onor del vero ci sono per lo meno delle differenze a livello di trama. Ash non è un poliziotto ma è un giovanissimo capo di una gang di strada che entrerà in conflitto con il Boss della mafia corsa, l'uomo che lo ha cresciuto, addestrato ma anche abusato sessualmente e che ha sempre cercato di dominarlo e plasmarlo a sua immagine e somiglianza. Il pretesto per le scintille fra i due si chiama Banana Fish, all'inizio è solo una frase in bocca ad un uomo morente ma poi diverrà qualcosa di molto più concreto, pericoloso e scottante.
L'anime ci presenta quindi una storia di mafia, gang di strada, complotti governativi e tanto dramma. Il tutto sviluppato con un ritmo veloce ma attento a non essere mai troppo frenetico. Quello che ho apprezzato maggiormente sono infatti il comparto tecnico e la regia, in "Banana Fish" i fondali di New York sono dettagliatissimi, le luci azzeccate e durante i dialoghi le inquadrature sono quasi sempre al posto giusto ed alleggeriscono anche le parti più verbose. Semplicemente eccellente il montaggio durante le sparatorie, realizzato in modo che anche nelle sequenze più concitate le scene respirino. L'azione in Banana Fish ha un suo ritmo che non sfocia mai nel caotico come invece spesso ci hanno abituato le sparatorie hollywoodiane. È una regia che riesce a portarti dove vuole lei enfatizzando quello che c'è da enfatizzare.
I lati tecnici dell'anime riescono quasi a farti dimenticare che quello che vedi non ha molto senso, oppure è una lunga serie di clichè d'epoca. "Banana Fish" ha una storia facilona e mediocre che risulta spesso incoerente, presenta avvenimenti forzati ed un importante personaggio scritto con faciloneria assurdamente overpower: In un cast tendenzialmente ben caratterizzato e realistico, il punto debole che concentra su di se tutti i clichè e molte delle mancanze dell'anime è purtroppo il protagonista Ash. Le stesse assurdità che il suo coetaneo e collega Ryo Saeba faceva continuamente ad Ash non le perdono. Perchè al contrario di "City Hunter", "Banana Fish" ha pretese di realismo e drammaticità. Però anche riscrivendo completamente il personaggio non si salverebbe comunque la sceneggiatura per via della fondamentale caratteristica portante di questa storia, La ciclicità. Dal primo episodio fino all'ultimo assisteremo ad un eterno tira e molla fra Ash ed il suo Boss Dino, con il primo che tenta di vendicarsi e fuggire da lui, e quest'ultimo che tenta di catturarlo, spezzarlo e farne la sua copia perfetta. In un eterno deja vù vedremo sempre le stesse scene di ricatti, rapimenti, evasioni e fughe con sparatoria. Pattern che da metà anime in poi diventa davvero ridondante e stancante. Particolare grottesco sono le ricorrenti scene di stupro subite dal protagonista che pur mandando ancora più in vacca il realismo delle vicende ed essendo ad un certo punto inutili ai fini della trama, sono ossessivamente ripetute assieme a tutto il ciclo sopra esposto.
La considerazione finale è quella di una storia debole che però viene ripescata ed animata con una cura certosina, viene quindi da chiedersi se tutte queste capacità tecniche non avrebbero potuto essere usate al servizio di una storia migliore. "Banana Fish" potrebbe invece piacere ad un pubblico abituato allo Shojo per via dell'ambigua bromance esistente fra il protagonista e la sua spalla, nonchè ovviamente agli estimatori di Bruce Willis e Steaven Seagel. Sconsigliato invece a chi si focalizza sulla coerenza narrativa.
“Banana Fish” è una serie del 2018 prodotta dallo studio MAPPA, prima trasposizione animata dell’omonimo manga di Akimi Yoshida, shoujo serializzato tra il 1987 e il 1994.
Uno shoujo atipico per temi trattati e ambientazione: già il titolo porta un forte riferimento agli USA (il racconto "A perfect day for Bananafish" di J.D. Salinger) ed è proprio a New York che hanno luogo le vicende di questa storia dura e adrenalinica. La trasposizione attualizza le vicende che sono ambientate alla fine degli anni Dieci del 2000 e non negli anni Ottanta del secolo precedente.
Gli ingredienti di partenza sono: una serie di strane morti su cui sta indagando la polizia locale, un uomo che muore misteriosamente in un vicolo pronunciando le parole “Banana Fish”, un giovane teppista, detto Ash Lynx, con un passato più che difficile e grande determinazione, uno studente universitario giapponese, Eiji Okumura, che arriva nella grande Mela come assistente di un fotografo che vuole fare un reportage sui ragazzi delle gang. Le cose si faranno presto complicate per Ash e Eiji che si troveranno a fare i conti con cosche mafiose, gang giovanili, sicari, politici e poliziotti corrotti, pedo-pornografia e prostituzione minorile, traffici di droga e complotti internazionali.
Questa trasposizione è stata, per me, una delle migliori serie dell’anno e quindi inizio con il sottolineare come il comparto tecnico sia di alto livello: il character design, affidato ad Akemi Hayashi ("Doukyuusei"), è riuscitissimo, svecchia efficacemente i disegni originali e caratterizza perfettamente non solo i protagonisti ma anche i comprimari (ad eccezione degli “uomini di mezz'età barbuti”, che risultano un po’ troppo simili fra loro), gli sfondi sono molto realistici nel rappresentare la città e una cura particolare viene data ai graffiti sui muri della città. La dinamica dei colori è ampia e rende efficacemente sia gli sfondi del cielo regalando giornate luminose come albe e tramonti di fuoco, sia gli interni che risultano diversificati con gamme cromatiche a sottolineare le differenze fra ambienti altolocati, covi di gang, edifici pubblici. Le animazioni rendono molto bene le scene d’azione. La regia e la sceneggiatura, rispettivamente di Hiroko Utsumi ("Free") e Kōji Seko ("Mob Psycho 100", "Inuyashiki Last Hero"), sanno coinvolgere lo spettatore con un ritmo serratissimo, inquadrature studiate, in particolare sulle mani, dialoghi ad effetto (anche se, qui e là, un po’ melodrammatici). Unica pecca sono i volti dei personaggi nei campi lunghi, ma è un difetto presente in quasi tutte le serie animate.
Il doppiaggio è molto coinvolgente e le musiche non sono da meno: la OST fa il suo dovere caratterizzando i personaggi (sarà difficile togliersi dalla testa il tema di Dino), così come le atmosfere dei luoghi (chi ne capisce, qui in casa, ha notato atmosfere post-rock, hip hop alla Wu-Tang Clan, trip hop, oltre che brani di atmosfera, più generici, non riconducibili ad un genere preciso). Le due opening e le due ending conquistano subito: evocative, malinconiche (e un po’ “tamarre”).
A sostenere il ritmo travolgente della serie c’è una riuscitissima caratterizzazione dei personaggi: i comprimari, pur rappresentando “tipi umani classici”, sono quasi tutti dei personaggi a tutto tondo e, quando prendono la scena, il ritmo non cala. Troppi per elencare qui le peculiarità di ognuno, ma fra malinconici sicari, ragazzini rancorosi dal pessimo carattere, adulti tormentati e premurosi, rivali infidi, ambiziosi ma privi di grandezza, vecchi viscidi e melodrammatici, amici leali, alleati preziosi, scienziati codardi, avidi di ogni estrazione sociale e prevaricatori feroci è difficile non trovarne qualcuno, nel bene o nel male, degno di essere ricordato in questo cast quasi tutto al maschile, con una sola donna di rilievo (quanto a lei: ogni sua entrata in scena è memorabile).
Tutto ruota attorno al protagonista Ash, il cui vero nome è Aslan Jade Callenreese, che è “disegnato” per assomigliare ad un dio: ogni sua singola caratteristica è portata all'estremo e già da sola parrebbe eccessiva per un essere umano… E lui ne riunisce diverse perché ha un QI maggiore di 200, una mira infallibile (del resto è l’“eroe” in una storia pulp di ambientazione americana), è un fine stratega, è dotato, ça va sans dire, di bellezza, è coraggioso, empatico, corretto, resiliente e ha un grandissimo senso di responsabilità che lo porta però ad essere incredibilmente solo, irraggiungibile per tutti e a giudicarsi fin troppo severamente.
Capace di ogni sacrificio quando difende i suoi e spietato con i nemici che lo attaccano, Ash funziona come una cartina di tornasole, anche nei confronti dello spettatore. Cosa sareste disposti a fare per sopravvivere in una situazione difficile? Quanto vi costerebbe venir a patti con la vostra coscienza dopo essere sopravvissuti? Quanto permettete agli altri di vedere le vostre debolezze? Dove arrivereste per salvare qualcuno che vi è caro? A seconda delle vostre risposte troverete in Ash più o meno “zone grigie”.
Infine, cosa non scontata negli anime di recente produzione, questa storia, a tratti atroce e quasi mai cupa, che parla di libertà e di vulnerabilità tra riferimenti a Salinger e Hemingway, con ambientazioni metropolitane e scorci sulla provincia americana (desolante come nella migliore letteratura), ha anche un finale.
Non è una storia priva di difetti, ma ha enormi pregi e, per quanto è piaciuta a me, la consiglierei a tutti… a meno che non stiate cercando una storia rilassante e siate ipersensibili al sangue.
P.s. Un nota di biasimo per i sottotitoli in italiano di Amazon (distributore ufficiale): in certi frangenti riescono a far peggio del traduttore automatico di Google, su tutti l’uso ripetuto di “sparare” come verbo transitivo.
Uno shoujo atipico per temi trattati e ambientazione: già il titolo porta un forte riferimento agli USA (il racconto "A perfect day for Bananafish" di J.D. Salinger) ed è proprio a New York che hanno luogo le vicende di questa storia dura e adrenalinica. La trasposizione attualizza le vicende che sono ambientate alla fine degli anni Dieci del 2000 e non negli anni Ottanta del secolo precedente.
Gli ingredienti di partenza sono: una serie di strane morti su cui sta indagando la polizia locale, un uomo che muore misteriosamente in un vicolo pronunciando le parole “Banana Fish”, un giovane teppista, detto Ash Lynx, con un passato più che difficile e grande determinazione, uno studente universitario giapponese, Eiji Okumura, che arriva nella grande Mela come assistente di un fotografo che vuole fare un reportage sui ragazzi delle gang. Le cose si faranno presto complicate per Ash e Eiji che si troveranno a fare i conti con cosche mafiose, gang giovanili, sicari, politici e poliziotti corrotti, pedo-pornografia e prostituzione minorile, traffici di droga e complotti internazionali.
Questa trasposizione è stata, per me, una delle migliori serie dell’anno e quindi inizio con il sottolineare come il comparto tecnico sia di alto livello: il character design, affidato ad Akemi Hayashi ("Doukyuusei"), è riuscitissimo, svecchia efficacemente i disegni originali e caratterizza perfettamente non solo i protagonisti ma anche i comprimari (ad eccezione degli “uomini di mezz'età barbuti”, che risultano un po’ troppo simili fra loro), gli sfondi sono molto realistici nel rappresentare la città e una cura particolare viene data ai graffiti sui muri della città. La dinamica dei colori è ampia e rende efficacemente sia gli sfondi del cielo regalando giornate luminose come albe e tramonti di fuoco, sia gli interni che risultano diversificati con gamme cromatiche a sottolineare le differenze fra ambienti altolocati, covi di gang, edifici pubblici. Le animazioni rendono molto bene le scene d’azione. La regia e la sceneggiatura, rispettivamente di Hiroko Utsumi ("Free") e Kōji Seko ("Mob Psycho 100", "Inuyashiki Last Hero"), sanno coinvolgere lo spettatore con un ritmo serratissimo, inquadrature studiate, in particolare sulle mani, dialoghi ad effetto (anche se, qui e là, un po’ melodrammatici). Unica pecca sono i volti dei personaggi nei campi lunghi, ma è un difetto presente in quasi tutte le serie animate.
Il doppiaggio è molto coinvolgente e le musiche non sono da meno: la OST fa il suo dovere caratterizzando i personaggi (sarà difficile togliersi dalla testa il tema di Dino), così come le atmosfere dei luoghi (chi ne capisce, qui in casa, ha notato atmosfere post-rock, hip hop alla Wu-Tang Clan, trip hop, oltre che brani di atmosfera, più generici, non riconducibili ad un genere preciso). Le due opening e le due ending conquistano subito: evocative, malinconiche (e un po’ “tamarre”).
A sostenere il ritmo travolgente della serie c’è una riuscitissima caratterizzazione dei personaggi: i comprimari, pur rappresentando “tipi umani classici”, sono quasi tutti dei personaggi a tutto tondo e, quando prendono la scena, il ritmo non cala. Troppi per elencare qui le peculiarità di ognuno, ma fra malinconici sicari, ragazzini rancorosi dal pessimo carattere, adulti tormentati e premurosi, rivali infidi, ambiziosi ma privi di grandezza, vecchi viscidi e melodrammatici, amici leali, alleati preziosi, scienziati codardi, avidi di ogni estrazione sociale e prevaricatori feroci è difficile non trovarne qualcuno, nel bene o nel male, degno di essere ricordato in questo cast quasi tutto al maschile, con una sola donna di rilievo (quanto a lei: ogni sua entrata in scena è memorabile).
Tutto ruota attorno al protagonista Ash, il cui vero nome è Aslan Jade Callenreese, che è “disegnato” per assomigliare ad un dio: ogni sua singola caratteristica è portata all'estremo e già da sola parrebbe eccessiva per un essere umano… E lui ne riunisce diverse perché ha un QI maggiore di 200, una mira infallibile (del resto è l’“eroe” in una storia pulp di ambientazione americana), è un fine stratega, è dotato, ça va sans dire, di bellezza, è coraggioso, empatico, corretto, resiliente e ha un grandissimo senso di responsabilità che lo porta però ad essere incredibilmente solo, irraggiungibile per tutti e a giudicarsi fin troppo severamente.
Capace di ogni sacrificio quando difende i suoi e spietato con i nemici che lo attaccano, Ash funziona come una cartina di tornasole, anche nei confronti dello spettatore. Cosa sareste disposti a fare per sopravvivere in una situazione difficile? Quanto vi costerebbe venir a patti con la vostra coscienza dopo essere sopravvissuti? Quanto permettete agli altri di vedere le vostre debolezze? Dove arrivereste per salvare qualcuno che vi è caro? A seconda delle vostre risposte troverete in Ash più o meno “zone grigie”.
Infine, cosa non scontata negli anime di recente produzione, questa storia, a tratti atroce e quasi mai cupa, che parla di libertà e di vulnerabilità tra riferimenti a Salinger e Hemingway, con ambientazioni metropolitane e scorci sulla provincia americana (desolante come nella migliore letteratura), ha anche un finale.
Non è una storia priva di difetti, ma ha enormi pregi e, per quanto è piaciuta a me, la consiglierei a tutti… a meno che non stiate cercando una storia rilassante e siate ipersensibili al sangue.
P.s. Un nota di biasimo per i sottotitoli in italiano di Amazon (distributore ufficiale): in certi frangenti riescono a far peggio del traduttore automatico di Google, su tutti l’uso ripetuto di “sparare” come verbo transitivo.
"C’è una linea sottile fra criminale e vittima."
"Banana Fish" è un anime di ventiquattro episodi andato in onda dal luglio al dicembre 2018, ed è stato, secondo me, uno dei migliori, se non proprio il miglior anime che quest’anno ha avuto da offrire.
Eiji Okumura è un giovane fotografo giapponese che insieme al suo capo, Shunichi Ibe, arriva nella New York della fine degli anni Dieci del 2000, per un servizio sulle gang che si aggirano nel sottobosco della città.
Ash Lynx è un bellissimo, spietato e intelligente criminale che in pochissimo tempo è riuscito ad acquisire una grandissima influenza nel panorama malavitoso della Grande Mela, rinunciando all'impero promessogli da Papa Dino, potente boss mafioso, che lo ha cresciuto privandolo della sua innocenza fin dalla tenera età di otto anni.
I due ragazzi non potrebbero essere più diversi, eppure, non appena si conoscono, scatta una connessione profonda. Quello che ancora non sanno è che saranno entrambi coinvolti in una cospirazione molto più grande di loro che vede al centro il misterioso "Banana Fish".
Inizierò parlando della trama che è il vero punto forte dell’anime. Estremamente complessa, vede il "Banana Fish" come il McGuffin attorno al quale si sviluppano le vicende sbrogliando un nodo dopo l’altro, scoprendo una cospirazione dopo l’altra, ad un ritmo così serrato e veloce che arrivata all'episodio nove mi sono chiesta cos'altro potesse mai succedere. Ebbene non ero che all'inizio.
Criminalità organizzata, traffico di droga, pedo pornografia, corruzione della polizia, sono tutti temi affrontati in modo crudo e vero, dimostrando un’introspezione che riesce a catturare l’America dell’ultimo ventennio sia nella sua politica estera che domestica. Ricchissima di azione ma anche di momenti più rilassati e intimi, la trama è capace di catturare lo spettatore che non potrà evitare di vedere una puntata dietro l’altra fino ad arrivare all'ultimo episodio che chiude definitivamente la storia.
Passiamo ora al protagonista, Ash, uno dei personaggi più affascinanti e carismatici in cui mi sono imbattuta negli ultimi anni. Il suo passato avrebbe spezzato chiunque e, benché abbia lasciato ferite profonde, la sua volontà ne è uscita ancora più forte. Ash ha un’armatura difficile da penetrare ma quando si avvicina a qualcuno è capace di una lealtà profonda e di una furia omicida letale verso chiunque minacci i suoi cari. La vera bellezza di Ash sta nel suo essere un personaggio grigio: è un criminale perché è stato una vittima? C’è qualcosa di marcio dentro di lui? Lo spettatore nella sua situazione cosa avrebbe fatto? Il suo essere così affascinante e ben caratterizzato getta, però, una lunghissima ombra su tutti gli altri personaggi che ho trovato meno tridimensionali. Eiji è il classico ragazzo che ha vissuto un’esistenza ordinaria e protetta, è incapace di vivere in un mondo di continui assassinii e vendette ma è determinato a salvare Ash, divenendo l’unico con il quale il protagonista mostra il suo lato umano e vulnerabile. La loro relazione, certamente profonda, non è mai esplicitata, lasciando allo spettatore l’interpretazione del loro rapporto etichettandolo come amicizia fraterna o qualcos'altro. Per quanto riguarda gli altri personaggi, sebbene appunto non approfonditi come Ash, lasciano comunque una forte impressione, in particolare il depravato Papa Dino, nella cui visione distorta Ash è una sua creazione, qualcosa che lui ha modellato in ciò che è ora, e perciò l’unico in diritto di distruggerlo.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, le animazioni fluide e la grafica di alto livello rendono la visione ancora più coinvolgente mentre la colonna sonora è semplicemente meravigliosa con due opening e due ending spettacolari.
Riassumendolo in una frase o meno: "Imperdibile."
"Banana Fish" è un anime di ventiquattro episodi andato in onda dal luglio al dicembre 2018, ed è stato, secondo me, uno dei migliori, se non proprio il miglior anime che quest’anno ha avuto da offrire.
Eiji Okumura è un giovane fotografo giapponese che insieme al suo capo, Shunichi Ibe, arriva nella New York della fine degli anni Dieci del 2000, per un servizio sulle gang che si aggirano nel sottobosco della città.
Ash Lynx è un bellissimo, spietato e intelligente criminale che in pochissimo tempo è riuscito ad acquisire una grandissima influenza nel panorama malavitoso della Grande Mela, rinunciando all'impero promessogli da Papa Dino, potente boss mafioso, che lo ha cresciuto privandolo della sua innocenza fin dalla tenera età di otto anni.
I due ragazzi non potrebbero essere più diversi, eppure, non appena si conoscono, scatta una connessione profonda. Quello che ancora non sanno è che saranno entrambi coinvolti in una cospirazione molto più grande di loro che vede al centro il misterioso "Banana Fish".
Inizierò parlando della trama che è il vero punto forte dell’anime. Estremamente complessa, vede il "Banana Fish" come il McGuffin attorno al quale si sviluppano le vicende sbrogliando un nodo dopo l’altro, scoprendo una cospirazione dopo l’altra, ad un ritmo così serrato e veloce che arrivata all'episodio nove mi sono chiesta cos'altro potesse mai succedere. Ebbene non ero che all'inizio.
Criminalità organizzata, traffico di droga, pedo pornografia, corruzione della polizia, sono tutti temi affrontati in modo crudo e vero, dimostrando un’introspezione che riesce a catturare l’America dell’ultimo ventennio sia nella sua politica estera che domestica. Ricchissima di azione ma anche di momenti più rilassati e intimi, la trama è capace di catturare lo spettatore che non potrà evitare di vedere una puntata dietro l’altra fino ad arrivare all'ultimo episodio che chiude definitivamente la storia.
Passiamo ora al protagonista, Ash, uno dei personaggi più affascinanti e carismatici in cui mi sono imbattuta negli ultimi anni. Il suo passato avrebbe spezzato chiunque e, benché abbia lasciato ferite profonde, la sua volontà ne è uscita ancora più forte. Ash ha un’armatura difficile da penetrare ma quando si avvicina a qualcuno è capace di una lealtà profonda e di una furia omicida letale verso chiunque minacci i suoi cari. La vera bellezza di Ash sta nel suo essere un personaggio grigio: è un criminale perché è stato una vittima? C’è qualcosa di marcio dentro di lui? Lo spettatore nella sua situazione cosa avrebbe fatto? Il suo essere così affascinante e ben caratterizzato getta, però, una lunghissima ombra su tutti gli altri personaggi che ho trovato meno tridimensionali. Eiji è il classico ragazzo che ha vissuto un’esistenza ordinaria e protetta, è incapace di vivere in un mondo di continui assassinii e vendette ma è determinato a salvare Ash, divenendo l’unico con il quale il protagonista mostra il suo lato umano e vulnerabile. La loro relazione, certamente profonda, non è mai esplicitata, lasciando allo spettatore l’interpretazione del loro rapporto etichettandolo come amicizia fraterna o qualcos'altro. Per quanto riguarda gli altri personaggi, sebbene appunto non approfonditi come Ash, lasciano comunque una forte impressione, in particolare il depravato Papa Dino, nella cui visione distorta Ash è una sua creazione, qualcosa che lui ha modellato in ciò che è ora, e perciò l’unico in diritto di distruggerlo.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, le animazioni fluide e la grafica di alto livello rendono la visione ancora più coinvolgente mentre la colonna sonora è semplicemente meravigliosa con due opening e due ending spettacolari.
Riassumendolo in una frase o meno: "Imperdibile."
Secondo il mio parere questo anime ha le carte in regola per essere uno degli anime più belli del 2018.
Difficilmente si prendono in considerazione certi temi come la violenza su minore, mafia e corruzione da parte dello stato ma questo anime l'ha fatto e devo dire in modo veritiero e duro.
"Banana fish" inizia con un ritmo frenetico, infatti questo è un punto a sfavore perchè la storia deve essere raccontata normalmente e non in modo estremamente veloce.
Poi pian piano che si procede con gli episodi, si comincia ad entrare nel mondo di Ash e della sua gang.
Un mondo fatto di sangue, tradimenti e violenza dove il più forte è destinato a comandare.
Ogni tanto la storia si prende una "pausa" dalle solite sparatorie e cambia totalmente scenario, così anche Ash e gli altri protagonisti, che vediamo sotto un'altra prospettiva.
Una cosa buona è che anche in questi anime di azione, ci sono delle scene soft e altre che ti strappano un sorriso.
Invece una cosa comica è che la storia è ambientata negli Stati Uniti ma nonostante questo, tutti parlano giapponese.
Poi per tutta la durata dell'anime non si sa quale sia la reale relazione tra Ash e Eiji, se siano amici, pseudo fidanzati o altro non si sa.
Anche il finale è libero di interpretazioni perchè c'è chi dice che è finito bene e altri che è finito male.
Come dice il detto "La verità sta nel mezzo".
Per il resto è una storia bellissima (anche se ci sono poche ragazze) che sarebbe da vedere più volte.
Difficilmente si prendono in considerazione certi temi come la violenza su minore, mafia e corruzione da parte dello stato ma questo anime l'ha fatto e devo dire in modo veritiero e duro.
"Banana fish" inizia con un ritmo frenetico, infatti questo è un punto a sfavore perchè la storia deve essere raccontata normalmente e non in modo estremamente veloce.
Poi pian piano che si procede con gli episodi, si comincia ad entrare nel mondo di Ash e della sua gang.
Un mondo fatto di sangue, tradimenti e violenza dove il più forte è destinato a comandare.
Ogni tanto la storia si prende una "pausa" dalle solite sparatorie e cambia totalmente scenario, così anche Ash e gli altri protagonisti, che vediamo sotto un'altra prospettiva.
Una cosa buona è che anche in questi anime di azione, ci sono delle scene soft e altre che ti strappano un sorriso.
Invece una cosa comica è che la storia è ambientata negli Stati Uniti ma nonostante questo, tutti parlano giapponese.
Poi per tutta la durata dell'anime non si sa quale sia la reale relazione tra Ash e Eiji, se siano amici, pseudo fidanzati o altro non si sa.
Anche il finale è libero di interpretazioni perchè c'è chi dice che è finito bene e altri che è finito male.
Come dice il detto "La verità sta nel mezzo".
Per il resto è una storia bellissima (anche se ci sono poche ragazze) che sarebbe da vedere più volte.
Bisognerebbe stappare e brindare ogni qualvolta che si va a ripescare una vecchia gloria, e, mai come ora, in apparente crisi creativa, gli executive producer stanno prelevando da quei pozzi senza fondo che sono stati gli anni Ottanta e Novanta.
Allontanate fruste malizie e disgustose farneticazioni sulla letteratura Lgbt, i tempi sono ormai maturi anche per la trasposizione di "Banana Fish" di Akimi Yoshida, uno dei titoli più chiacchierati di sempre, circonfuso da una strana aura di incomprensibilità e astio di stampo omofobo (a prescindere se sia valido o meno). Venerato dalla comunità fujoshi e stimato dai misogini, le sue riconoscibilissime costine color giallo hanno fatto da collante tra i due decenni summenzionati, fungendo inoltre da ponte tra Stati Uniti e Sol Levante durante gli ultimi scampoli di «guerra fredda» e di edonismo reaganiano. A suo modo aveva scatenato un polverone per via delle tematiche torbide e, in secondo luogo, a causa del vocabolario parecchio licenzioso e per i modi di fare decisamente poco ortodossi dei personaggi, i quali avevano scoraggiato sia le case editrici occidentali che le emittenti televisive nipponiche. L'idea di una versione animata con testi riscritti ed epurata dalle sequenze additate come morbose non sfiorava nemmeno di striscio la testa dell'autrice. Questo perché in TV ogni riferimento inerente al sesso veniva castigato o rimosso; l'altro best-seller 'caldo' del periodo, "City Hunter", non passò indenne dalle forbici della censura. Gli esperimenti in tarda serata non avevano ancora preso piede e, di conseguenza, non tutti gli shojo con relazioni peccaminose potevano vantare una serie a loro dedicata (v'era riuscito solo Osamu Dezaki con "Caro Fratello"). Determinate effusioni potevano far gridare allo scandalo, ma oggigiorno, con nostro sollievo, non più.
Nello svolgimento della storia si dispiegano una moltitudine di argomenti pesanti, presenti con scarsa frequenza nella produzione odierna made in Japan, tali come teorie complottiste, rapimenti, pedofilia, narcotraffico, concussione, coercizione, eccetera; insomma, siamo ai livelli dei serial polizieschi U.S.A. di alto lignaggio, non manca proprio nulla: ci sono tutti i crismi necessari per aderire ad un meritato successo. Talvolta il regista indugia sui quadretti tranquilli e sui tormenti interiori di Eiji – unico elemento giapponesco di un certo rilievo –, mentre non fa nessuna parsimonia sulla dose (massiccia!) di violenza visiva, con zampilli di sangue a volontà e immagini molto eloquenti: a stagione inoltrata il contatore dei morti crivellati va in tilt, mandando in fibrillazione acuta i seguaci della scena Pulp.
Esulo da fare una comparazione diretta con il manga, dal momento che ho sfogliato appena i primi due volumetti, anche se, facendo un paio di rapidi calcoli, sono giunto alla conclusione che per per riproporre in maniera scrupolosa la fitta trama sarebbero servite all'incirca quaranta puntate tonde tonde. Siamo nell'era dei riassuntoni ipercondensati dove vige la regola dei 12/24 episodi, quindi si è dovuti scendere a compromessi e qualche capitolo – nella trasformazione in storyboard – ha registrato un brusco acceleramento (tanto che, per rientrare nella tabella di marcia, viene sfruttato fino all'osso anche lo spazio riservato alla sigla di chiusura, peraltro bellissima). Grazie al cielo l'intrigante plot non è stato alterato né troncato (ho verificato!). L'epilogo è mantenuto nella sua interezza, e dopo tanti anni lascia ancora sgomenti.
La cosa che balza subito all'occhio e che mi ha colpito maggiormente è il rinnovamento stilistico dei due protagonisti principali a firma di Akemi Hayashi, la quale ne ha assottigliato i contorni come nelle short stories "Angel Eyes" e "Garden of Light", rendendoli più cool, senza le anacronistiche acconciature cotonate e le criniere ingellate portate dagli attori americani dell'epoca (in origine Max Lobo ricalcava i tratti somatici di Harrison Ford).
Ash Lynx – ex-prostituto, assassino e capo di una banda di delinquenti – da robusto scavezzacollo è diventato fascinoso e longiforme alla stregua di uno slanciato fotomodello, a richiamare i bei ragazzuoli ambigui e fatali che fanno battere il cuore alle giovani donne. I cosiddetti young-adults della «generazione X», ben rappresentati da Aslan Jade Callenreese (vero nome di Ash), catalizzarono l'attenzione dei media, guadagnando la reputazione stereotipata di apatici, cinici, senza valori e privi di sentimenti. La sorpresa più gradita e inaspettata è arrivata però da colui che ha goduto del restyling più sfavillante, Shorter Wong, il febbrile e tarchiato punkettone asiatico dalla cresta viola che si rivelerà una pedina fondamentale in diversi passaggi chiave. Non voglio far trapelare nulla, nemmeno una virgola; tuttavia vi confesso che all'altezza della campale "Babylon Revisited" stavo per avere un mancamento (e pensare che sulle pagine di Betsucomi non era altro che un teppista qualunque, anonimo e alquanto poco vezzoso...).
È pur vero che, a essere onesti, dialoghi e disegni rimembravano le atmosfere di un vigoroso seinen per adulti, anziché le svenevolezze presenti nelle riviste per studentesse delle medie, avvicinandosi ai ritmi serrati dei lavori di Urasawa. Nella nuova sciccosa veste studiata per il contenitore Noitamina, gamma cromatica e prop-design sono stati anch'essi aggiornati in base allo spostamento delle vicende nel ventunesimo secolo. Per l'occasione, vari esperti del settore moda e accessori hanno affiancato la Hayashi e selezionato con cura le tendenze più gettonate del momento: burgundi, ottanio, zafferano e così via. Nella progettazione dei fondali, insussistenti nelle tavole della signora Yoshida, è stata effettuata una enorme ricerca di materiale fotografico e illustrativo: le vedute sulla cosmopolita New York moderna sono caratterizzate da una certa spettacolarità, degne di un archistar di fama internazionale. Agli angoli delle strade si possono scorgere repliche più o meno fedeli di vetrofanie e dehors che appartengono a localini trendy realmente esistenti. Non si percepisce più il senso di degrado e insicurezza derivato dalla microcriminalità dilagante o dall'epidemia del crack del 1990. Va specificato che, grazie all'operato delle recenti amministrazioni e alla volontà dei residenti, gli opulenti quartieri malfamati hanno cambiando volto: adesso sono affollatissimi centri dello shopping e affermate mete turistiche.
Nonostante l'originale su carta venga di consuetudine incasellato nella lista degli shounen'ai, la visione dell'anime targato Mappa risulta fruibile e invogliante anche per chi non predilige il genere. Non va però confuso con il target Yaoi, con cui ha poco da spartire. "Banana Fish" è stato un banco di prova confezionato con passione e coraggio, oserei dire una sorta di linea di demarcazione nodale: a voler ben guardare all'interno non vi sono raffigurati momenti di intimità espliciti, perciò resta da chiedersi se tra Ash e il timido Eiji si trattasse di affetto fraterno, di sincera amicizia o di qualcosa di più profondo. La vituperata fase di ricollocazione temporale non cambia il significato dell'opera. L'impalcatura è rimasta la medesima, sebbene ritinteggiata e riarredata a puntino. A livello personale non la consideravo certo come una necessità impellente, ma dopotutto – ai fini degli sviluppi della sceneggiatura – non incide più di tanto; in fin dei conti non vedo una gran differenza tra un conflitto e l'altro: da che mondo è mondo ci sono sempre di mezzo oppio, petroldollari e compravendita di armi; pure le droghe sintetiche sono un business che fa sempre più gola alle mafie. Proprio queste saranno l'elemento cardine della complicata tela.
Una realizzazione irreprensibile, da ascriversi tra le migliori proposte attuali, minata soltanto da alcune sporadiche pacchianerie digitali: trattasi comunque di inezie impercettibili dall'utenza standard.
Unico vero difetto: abbiamo dovuto attenderla al varco per lungo, troppo tempo.
Ma alla fine ne è valsa la pena.
Allontanate fruste malizie e disgustose farneticazioni sulla letteratura Lgbt, i tempi sono ormai maturi anche per la trasposizione di "Banana Fish" di Akimi Yoshida, uno dei titoli più chiacchierati di sempre, circonfuso da una strana aura di incomprensibilità e astio di stampo omofobo (a prescindere se sia valido o meno). Venerato dalla comunità fujoshi e stimato dai misogini, le sue riconoscibilissime costine color giallo hanno fatto da collante tra i due decenni summenzionati, fungendo inoltre da ponte tra Stati Uniti e Sol Levante durante gli ultimi scampoli di «guerra fredda» e di edonismo reaganiano. A suo modo aveva scatenato un polverone per via delle tematiche torbide e, in secondo luogo, a causa del vocabolario parecchio licenzioso e per i modi di fare decisamente poco ortodossi dei personaggi, i quali avevano scoraggiato sia le case editrici occidentali che le emittenti televisive nipponiche. L'idea di una versione animata con testi riscritti ed epurata dalle sequenze additate come morbose non sfiorava nemmeno di striscio la testa dell'autrice. Questo perché in TV ogni riferimento inerente al sesso veniva castigato o rimosso; l'altro best-seller 'caldo' del periodo, "City Hunter", non passò indenne dalle forbici della censura. Gli esperimenti in tarda serata non avevano ancora preso piede e, di conseguenza, non tutti gli shojo con relazioni peccaminose potevano vantare una serie a loro dedicata (v'era riuscito solo Osamu Dezaki con "Caro Fratello"). Determinate effusioni potevano far gridare allo scandalo, ma oggigiorno, con nostro sollievo, non più.
Nello svolgimento della storia si dispiegano una moltitudine di argomenti pesanti, presenti con scarsa frequenza nella produzione odierna made in Japan, tali come teorie complottiste, rapimenti, pedofilia, narcotraffico, concussione, coercizione, eccetera; insomma, siamo ai livelli dei serial polizieschi U.S.A. di alto lignaggio, non manca proprio nulla: ci sono tutti i crismi necessari per aderire ad un meritato successo. Talvolta il regista indugia sui quadretti tranquilli e sui tormenti interiori di Eiji – unico elemento giapponesco di un certo rilievo –, mentre non fa nessuna parsimonia sulla dose (massiccia!) di violenza visiva, con zampilli di sangue a volontà e immagini molto eloquenti: a stagione inoltrata il contatore dei morti crivellati va in tilt, mandando in fibrillazione acuta i seguaci della scena Pulp.
Esulo da fare una comparazione diretta con il manga, dal momento che ho sfogliato appena i primi due volumetti, anche se, facendo un paio di rapidi calcoli, sono giunto alla conclusione che per per riproporre in maniera scrupolosa la fitta trama sarebbero servite all'incirca quaranta puntate tonde tonde. Siamo nell'era dei riassuntoni ipercondensati dove vige la regola dei 12/24 episodi, quindi si è dovuti scendere a compromessi e qualche capitolo – nella trasformazione in storyboard – ha registrato un brusco acceleramento (tanto che, per rientrare nella tabella di marcia, viene sfruttato fino all'osso anche lo spazio riservato alla sigla di chiusura, peraltro bellissima). Grazie al cielo l'intrigante plot non è stato alterato né troncato (ho verificato!). L'epilogo è mantenuto nella sua interezza, e dopo tanti anni lascia ancora sgomenti.
La cosa che balza subito all'occhio e che mi ha colpito maggiormente è il rinnovamento stilistico dei due protagonisti principali a firma di Akemi Hayashi, la quale ne ha assottigliato i contorni come nelle short stories "Angel Eyes" e "Garden of Light", rendendoli più cool, senza le anacronistiche acconciature cotonate e le criniere ingellate portate dagli attori americani dell'epoca (in origine Max Lobo ricalcava i tratti somatici di Harrison Ford).
Ash Lynx – ex-prostituto, assassino e capo di una banda di delinquenti – da robusto scavezzacollo è diventato fascinoso e longiforme alla stregua di uno slanciato fotomodello, a richiamare i bei ragazzuoli ambigui e fatali che fanno battere il cuore alle giovani donne. I cosiddetti young-adults della «generazione X», ben rappresentati da Aslan Jade Callenreese (vero nome di Ash), catalizzarono l'attenzione dei media, guadagnando la reputazione stereotipata di apatici, cinici, senza valori e privi di sentimenti. La sorpresa più gradita e inaspettata è arrivata però da colui che ha goduto del restyling più sfavillante, Shorter Wong, il febbrile e tarchiato punkettone asiatico dalla cresta viola che si rivelerà una pedina fondamentale in diversi passaggi chiave. Non voglio far trapelare nulla, nemmeno una virgola; tuttavia vi confesso che all'altezza della campale "Babylon Revisited" stavo per avere un mancamento (e pensare che sulle pagine di Betsucomi non era altro che un teppista qualunque, anonimo e alquanto poco vezzoso...).
È pur vero che, a essere onesti, dialoghi e disegni rimembravano le atmosfere di un vigoroso seinen per adulti, anziché le svenevolezze presenti nelle riviste per studentesse delle medie, avvicinandosi ai ritmi serrati dei lavori di Urasawa. Nella nuova sciccosa veste studiata per il contenitore Noitamina, gamma cromatica e prop-design sono stati anch'essi aggiornati in base allo spostamento delle vicende nel ventunesimo secolo. Per l'occasione, vari esperti del settore moda e accessori hanno affiancato la Hayashi e selezionato con cura le tendenze più gettonate del momento: burgundi, ottanio, zafferano e così via. Nella progettazione dei fondali, insussistenti nelle tavole della signora Yoshida, è stata effettuata una enorme ricerca di materiale fotografico e illustrativo: le vedute sulla cosmopolita New York moderna sono caratterizzate da una certa spettacolarità, degne di un archistar di fama internazionale. Agli angoli delle strade si possono scorgere repliche più o meno fedeli di vetrofanie e dehors che appartengono a localini trendy realmente esistenti. Non si percepisce più il senso di degrado e insicurezza derivato dalla microcriminalità dilagante o dall'epidemia del crack del 1990. Va specificato che, grazie all'operato delle recenti amministrazioni e alla volontà dei residenti, gli opulenti quartieri malfamati hanno cambiando volto: adesso sono affollatissimi centri dello shopping e affermate mete turistiche.
Nonostante l'originale su carta venga di consuetudine incasellato nella lista degli shounen'ai, la visione dell'anime targato Mappa risulta fruibile e invogliante anche per chi non predilige il genere. Non va però confuso con il target Yaoi, con cui ha poco da spartire. "Banana Fish" è stato un banco di prova confezionato con passione e coraggio, oserei dire una sorta di linea di demarcazione nodale: a voler ben guardare all'interno non vi sono raffigurati momenti di intimità espliciti, perciò resta da chiedersi se tra Ash e il timido Eiji si trattasse di affetto fraterno, di sincera amicizia o di qualcosa di più profondo. La vituperata fase di ricollocazione temporale non cambia il significato dell'opera. L'impalcatura è rimasta la medesima, sebbene ritinteggiata e riarredata a puntino. A livello personale non la consideravo certo come una necessità impellente, ma dopotutto – ai fini degli sviluppi della sceneggiatura – non incide più di tanto; in fin dei conti non vedo una gran differenza tra un conflitto e l'altro: da che mondo è mondo ci sono sempre di mezzo oppio, petroldollari e compravendita di armi; pure le droghe sintetiche sono un business che fa sempre più gola alle mafie. Proprio queste saranno l'elemento cardine della complicata tela.
Una realizzazione irreprensibile, da ascriversi tra le migliori proposte attuali, minata soltanto da alcune sporadiche pacchianerie digitali: trattasi comunque di inezie impercettibili dall'utenza standard.
Unico vero difetto: abbiamo dovuto attenderla al varco per lungo, troppo tempo.
Ma alla fine ne è valsa la pena.