Aoi Bungaku Series
"Aoi Bungaku Series" è la trasposizione animata di una selezione di racconti e romanzi a tema drammatico scritti nella prima metà del '900. Quelli che si potrebbero definire dei classici della letteratura giapponese, anche se personalmente conoscevo solo "Lo Squalificato" nell'adattamento manga di Junji Ito. Gran parte delle storie narrate sono state scritte da Osamu Dazai e da Ryunosuke Akutagawa, un solo racconto è a cura di Natsume Souseki nel quale si narra la storia di due studenti universitari che vivono in una stanza affittata da un privato. Questo racconto è fatto per spiazzare lo spettatore/lettore mostrando i fatti da due punti di vista differenti, ma essendo i narratori due persone diverse qualcosa potrebbe non combaciare fra le due versioni... In qualche modo questo racconto, "Kokoro", fa da cerniera fra gli altri due autori presenti che non potrebbero essere più distanti l'uno dall'altro.
Le storie di Osamu Dazai "Lo Squalificato" e "Corri Melos" narrano con realismo due vicende fra il drammatico e lo psicologico. Dalla visione si intuisce come Dazai fosse un ottimo scrittore capace di trame solide e ben pensate, farcite con un disagio dei protagonisti che è una trasposizione di quello personale dell'autore; Il fatto di raccontare problemi personali e non fittizi unito alle indubbie capacità dello scrittore rendono queste storie ancora fruibili dopo 70 anni. I racconti di Ryunosuke Akutagawa sono invece truculenti, grotteschi e per larga misura sempliciotti, questi sono stati scritti negli anni '10 e dopo un secolo allo spettatore appare ben chiara la loro prevedibilità.
La domanda che mi sorge spontanea è quindi perché Madhouse abbia unito due autori così diversi adatti ad un pubblico così diverso nella stessa serie, ritengo infatti molto difficile che ad uno stesso spettatore possa piacere contemporaneamente per esempio "Corri Milos" e "Il Filo del Ragno". Per fare un paragone con due anime famosi, è come se nella stessa serie convivessero un seinen lento e attento ai particolari come "Shōwa Genroku Rakugo" e uno Shounen fracassone come "Bleach". L'accostamento scelto da Madhouse lo trovo completamente sballato, avrei preferito si continuasse la serie trasponendo altre storie di Dazai o per lo meno romanzi o racconti vicini come stile a questo autore, invece di avere questo cambio di registro così repentino.
Nulla da dire invece riguardo al comparto di animazione e al lato tecnico dello studio degno della Madhouse del 2009, mantenuto ad alto livello pur essendo questo un anime diciamo di "seconda fascia".
Le storie di Osamu Dazai "Lo Squalificato" e "Corri Melos" narrano con realismo due vicende fra il drammatico e lo psicologico. Dalla visione si intuisce come Dazai fosse un ottimo scrittore capace di trame solide e ben pensate, farcite con un disagio dei protagonisti che è una trasposizione di quello personale dell'autore; Il fatto di raccontare problemi personali e non fittizi unito alle indubbie capacità dello scrittore rendono queste storie ancora fruibili dopo 70 anni. I racconti di Ryunosuke Akutagawa sono invece truculenti, grotteschi e per larga misura sempliciotti, questi sono stati scritti negli anni '10 e dopo un secolo allo spettatore appare ben chiara la loro prevedibilità.
La domanda che mi sorge spontanea è quindi perché Madhouse abbia unito due autori così diversi adatti ad un pubblico così diverso nella stessa serie, ritengo infatti molto difficile che ad uno stesso spettatore possa piacere contemporaneamente per esempio "Corri Milos" e "Il Filo del Ragno". Per fare un paragone con due anime famosi, è come se nella stessa serie convivessero un seinen lento e attento ai particolari come "Shōwa Genroku Rakugo" e uno Shounen fracassone come "Bleach". L'accostamento scelto da Madhouse lo trovo completamente sballato, avrei preferito si continuasse la serie trasponendo altre storie di Dazai o per lo meno romanzi o racconti vicini come stile a questo autore, invece di avere questo cambio di registro così repentino.
Nulla da dire invece riguardo al comparto di animazione e al lato tecnico dello studio degno della Madhouse del 2009, mantenuto ad alto livello pur essendo questo un anime diciamo di "seconda fascia".
Pensandoci bene, è ingiusto e riduttivo utilizzare i termini "letteratura blu" per tradurre e descrivere questa serie. Il termine letteratura, dizionario alla mano, è assegnato univocamente a tutto lo scibile cartaceo di una cultura, senza distinzioni di genere, intensità, qualità. Il termine letteratura, quindi, raccoglie in sé generi disparati e qualità disparate: è letteratura il romanzo introspettivo ed umorale dell'artista morto suicida, è letteratura allo stesso modo e malgrado tutto il romanzetto rosa scabroso, semplicione, conforme ad altri centomila. Assegnare a prodotti tanto differenti sotto diversi punti di vista lo stesso peso specifico, catalogandoli senza remore tutti insieme sotto il nome generico di "letteratura", è una grave ingiustizia. Sminuisce le opere di effettivo valore, accresce invece la nomea di opere più scarse.
Col senno di poi, quindi, a mio avviso sarebbe stato meglio nominare questa serie "capolavori blu", o qualcosa su questa falsariga, proprio per rimarcare la differenza tra i romanzi che la compongono e la maggior parte della produzione narrativa odierna, così spiccia e poco ricercata, figlia del desiderio consumistico e della scarsa vena culturale dell'umanità.
"Aoi Bungaku Series" è un prodotto anti-conformistico, non trovo parola migliore per descriverlo. Si allontana dalla massa di anime standardizzati e uguali l'uno all'altro proprio come i capolavori che lo compongono si distinguono sonoramente dai romanzetti dozzinali e grossolani che compongono gran parte della letteratura del XXI secolo. Non ci sono buchi nelle trame, non ci sono vicende vuote e personaggi-manichino, non c'è fanservice, nulla è ordinario, trito, già visto: come nel miglior Patek Philippe, tutto è ben regolato e progettato per rendere al meglio proprio come ci si aspetta un caposaldo della letteratura.
Quello che per alcuni potrebbe essere un tasto dolente, la divisione in vari filoni narrativi indipendenti ed a sè stanti, è secondo me un punto di forza: snellisce la narrazione, la rende per necessità veloce e concisa e, proprio per questo, esaustiva ed esauriente. Le vicende sono lineari ma non banali o modeste, tutt'altro sono intense ed emozionanti, capaci di lasciare col fiato sospeso ed il cuore in gola. Nessun episodio vuoto, nessun filler. I personaggi perdono i fronzoli tipici dell'industria dell'animazione odierna: una caratterizzazione spoglia ma che punta al concreto ed all'essenziale, senza perdite di tempo e senza giri di parole. Nessuna velleità. La gamma emozionale, di per contro, è un ventaglio vasto ed articolato, facilmente accessibile allo spettatore che si ritrova con niente ad impersonare questo o quell'altro personaggio. I comparti tecnici esaltano questa qualità: non si tratta delle belle animazioni e del bel tratto che fungono da tappabuchi per sviare la mancanza di valore della trama o dei personaggi; tutt'altro, il comparto visivo funge da cornice perfetta per l'opera, magnificandone le caratteristiche ed ingigantendone se possibile la portata.
"Aoi Bungaku Series" è davvero una serie perfetta. Personalmente non ne trovo difetti ed errori. E' un prodotto di grande valore, che eleva la concezione standard dell'animazione: siamo abituati a vedere gli anime come mero passatempo, ma dietro il semplice aspetto ludico si nascondono potenzialità illimitate. Il retro di questa medaglia, però, è la mestizia che percepiamo capendo quanto venga sprecato oggigiorno da animatori e produttori: perché limitarsi a standardizzati ed osceni giocattolini spinti, quando con poco impegno in più si potrebbero raggiungere questi risultati? Ed allo stesso modo, perché questa serie è così poco considerata rispetto a tante altre molto meno valide ma molto più esplicite?
"Aoi Bungaku Series" è una perla nascosta: bisogna avere in mente cosa cercare e soprattutto non aver paura di rovistare nelle zone d'ombra, dove nessuno bazzica e di cui nessuno tesse lodi e pubblicità. Ma, proprio come una perla, sa donare grande soddisfazioni.
Col senno di poi, quindi, a mio avviso sarebbe stato meglio nominare questa serie "capolavori blu", o qualcosa su questa falsariga, proprio per rimarcare la differenza tra i romanzi che la compongono e la maggior parte della produzione narrativa odierna, così spiccia e poco ricercata, figlia del desiderio consumistico e della scarsa vena culturale dell'umanità.
"Aoi Bungaku Series" è un prodotto anti-conformistico, non trovo parola migliore per descriverlo. Si allontana dalla massa di anime standardizzati e uguali l'uno all'altro proprio come i capolavori che lo compongono si distinguono sonoramente dai romanzetti dozzinali e grossolani che compongono gran parte della letteratura del XXI secolo. Non ci sono buchi nelle trame, non ci sono vicende vuote e personaggi-manichino, non c'è fanservice, nulla è ordinario, trito, già visto: come nel miglior Patek Philippe, tutto è ben regolato e progettato per rendere al meglio proprio come ci si aspetta un caposaldo della letteratura.
Quello che per alcuni potrebbe essere un tasto dolente, la divisione in vari filoni narrativi indipendenti ed a sè stanti, è secondo me un punto di forza: snellisce la narrazione, la rende per necessità veloce e concisa e, proprio per questo, esaustiva ed esauriente. Le vicende sono lineari ma non banali o modeste, tutt'altro sono intense ed emozionanti, capaci di lasciare col fiato sospeso ed il cuore in gola. Nessun episodio vuoto, nessun filler. I personaggi perdono i fronzoli tipici dell'industria dell'animazione odierna: una caratterizzazione spoglia ma che punta al concreto ed all'essenziale, senza perdite di tempo e senza giri di parole. Nessuna velleità. La gamma emozionale, di per contro, è un ventaglio vasto ed articolato, facilmente accessibile allo spettatore che si ritrova con niente ad impersonare questo o quell'altro personaggio. I comparti tecnici esaltano questa qualità: non si tratta delle belle animazioni e del bel tratto che fungono da tappabuchi per sviare la mancanza di valore della trama o dei personaggi; tutt'altro, il comparto visivo funge da cornice perfetta per l'opera, magnificandone le caratteristiche ed ingigantendone se possibile la portata.
"Aoi Bungaku Series" è davvero una serie perfetta. Personalmente non ne trovo difetti ed errori. E' un prodotto di grande valore, che eleva la concezione standard dell'animazione: siamo abituati a vedere gli anime come mero passatempo, ma dietro il semplice aspetto ludico si nascondono potenzialità illimitate. Il retro di questa medaglia, però, è la mestizia che percepiamo capendo quanto venga sprecato oggigiorno da animatori e produttori: perché limitarsi a standardizzati ed osceni giocattolini spinti, quando con poco impegno in più si potrebbero raggiungere questi risultati? Ed allo stesso modo, perché questa serie è così poco considerata rispetto a tante altre molto meno valide ma molto più esplicite?
"Aoi Bungaku Series" è una perla nascosta: bisogna avere in mente cosa cercare e soprattutto non aver paura di rovistare nelle zone d'ombra, dove nessuno bazzica e di cui nessuno tesse lodi e pubblicità. Ma, proprio come una perla, sa donare grande soddisfazioni.
Come è stato ormai raccontato in tutte le salse, Aoi Bungaku è la riproduzione animata di sei classici della letteratura giapponese della prima metà del novecento; l'anime è stato ideato per celebrare i cento anni dalla nascita di Osamu Dazai, uno degli autori delle opere che sono state riprodotte in questo titolo. Personalmente non ho mai letto nessuno dei libri qui rappresentati, né sono un esperto di letteratura giapponese; per cui cercare di scrivere una recensione che tega conto del rapporto fra anime e racconti originari è per me, ovviamente, impossibile. Si tratta, poi, di opere impregnate della storia e delle tradizioni classiche giapponesi, altro argomento di cui conosco ben poco. Non posso negare, quindi, che per questi motivi questa è senz'altro la recensione più difficile fra quelle fatte finora; però, nonostante le difficoltà, ho ritenuto giusto procedere perché questa è stata una delle poche occasioni per vedere un qualcosa che fosse veramente diverso dal solito e che affondasse le sue radici nella grande cultura letteraria giapponese. Infine spero, in questo modo, di dare il mio contributo alla diffusione di questo anime che, a mio modo di vedere, dovrebbe davvero esser visto da tutti in quanto, nonostante possa sembrare un titolo piuttosto ostico, è invece un titolo ricco di fascino e di una bellezza sorprendente.
L'incapacità di vivere di un artista che lo porta a fare delle scelte dall'epilogo tragico e dalle quali trarrà la sensazione di non potersi più considerare un essere umano; un bandito delle montagne che si invaghisce di una donna il cui desiderio di sangue ha qualcosa di demoniaco; il confronto tra un ricco studente ed una specie di integralista religioso, entrambi innamorati della stessa donna; il significato dell'attesa e del rispetto dell'amicizia vincolata da una promessa; l'egoismo di un bandito che non vuol condividere la tela del ragno che conduce alla salvezza col suo prossimo; l'onestà e la pietà di un pittore che dipingerà nel mausoleo funerario del suo re le reali condizioni del suo regno. Sono questi gli argomenti trattati nei vari archi in cui è diviso questo anime.
Fra tutti il primo, "non più umano" merita una citazione particolare, e non solo perché opera del maestro Dazai, ma perché dotato di un'angosciante bellezza che raggiungerà senz'altro qualsiasi tipo di spettatore generando in lui, allo stesso tempo, ammirazione e disgusto. Anche gli altri, però, sono di ottima fattura, avvolti come sono in un'atmosfera di mistero in cui la tensione è decisamente palpabile e con personaggi che posseggono una psicologia unica nel loro genere.
Non credo ci sia altro da aggiungere: Aoi Bungaku è un anime che va visto più che raccontato. E' un anime che consiglio vivamente a tutti, poiché sicuramente la sua visione arricchirà seppur di poco la conoscenza del mondo e dell'anima giapponese che non sono fatti solo di shoujo, harem o shonen ma anche di opere dotate di grande profondità psicologica.
Buona visione a tutti.
L'incapacità di vivere di un artista che lo porta a fare delle scelte dall'epilogo tragico e dalle quali trarrà la sensazione di non potersi più considerare un essere umano; un bandito delle montagne che si invaghisce di una donna il cui desiderio di sangue ha qualcosa di demoniaco; il confronto tra un ricco studente ed una specie di integralista religioso, entrambi innamorati della stessa donna; il significato dell'attesa e del rispetto dell'amicizia vincolata da una promessa; l'egoismo di un bandito che non vuol condividere la tela del ragno che conduce alla salvezza col suo prossimo; l'onestà e la pietà di un pittore che dipingerà nel mausoleo funerario del suo re le reali condizioni del suo regno. Sono questi gli argomenti trattati nei vari archi in cui è diviso questo anime.
Fra tutti il primo, "non più umano" merita una citazione particolare, e non solo perché opera del maestro Dazai, ma perché dotato di un'angosciante bellezza che raggiungerà senz'altro qualsiasi tipo di spettatore generando in lui, allo stesso tempo, ammirazione e disgusto. Anche gli altri, però, sono di ottima fattura, avvolti come sono in un'atmosfera di mistero in cui la tensione è decisamente palpabile e con personaggi che posseggono una psicologia unica nel loro genere.
Non credo ci sia altro da aggiungere: Aoi Bungaku è un anime che va visto più che raccontato. E' un anime che consiglio vivamente a tutti, poiché sicuramente la sua visione arricchirà seppur di poco la conoscenza del mondo e dell'anima giapponese che non sono fatti solo di shoujo, harem o shonen ma anche di opere dotate di grande profondità psicologica.
Buona visione a tutti.
Aoi bungaku Series è una raccolta di 6 racconti, diversi tra loro per vari aspetti:
ambientazione, genere, tematiche, narrazione e carachter design.
I sei racconti qui proposti, in realtà sono dei romanzi molto conosciuti e apprezzati in Giappone, infatti prima di ogni episodio verranno introdotti dall'attore Masako Sakai.
1) "non più umano" (1-4)
Questo è un seinen a carattere psicologico con una vena drammatica.
è la storia di un ragazzo che man mano perderà la sua umanità, o almeno il protagonista si convincerà di ciò.
I motivi per cui si sentirà più vicino ad un mostro che ad un uomo sono molteplici, e mano mano che si va avanti nella storia ci saranno presentati dei nuovi. Le musiche e i disegni sono molto adatte al contesto, a parer mio danno un tocco in più all'anime, fanno trasparire meglio l'aspetto tenebroso, drammatico, in alcuni punti anche un po inquietante.
Una storia che cerca di far riflettere sulle vicende del protagonista, sulla sua sofferenza interiore, una sofferenza legata ad aspetti che riguardano tutti, lo spettatore seguirà questa che puntata dopo puntata crescerà con un climax.
A parer mio è stato il racconto più interessante. (voto 10)
2) "sotto la foresta di ciliegi in fiore" (5-6).
Dai disegni si nota subito la differenza con "non più umano", un racconto sempre a carattere psicologico ma molto più leggero, sia per il contenuto che il modo in cui è trattato, inoltre sono state inserite delle scene comiche che non mi sono sembrate divertenti.
Ci saranno tantissimi omicidi, che grazie alla musica e al modo in cui avvengono sembrerà come se fosse qualcosa di normale, credo che sia un aspetto voluto, forse per mettere in risalto l'egoismo e l'ignoranza del protagonista o forse per rendere la visione più leggera.
la scopo ultimo di questo racconto è quello di far comprendere allo spettatore l'inquietudine dei ciliegi in fiore. Personalmente non sono riuscito a capire le diverse analogie, evidentemente non è un racconto adatto a tutti.
voto (5)
3) "Kokoro" (7-8)
Molto simpatico il modo usato per narrare questa storia, cioè quello di farla vedere prima sotto la prospettiva di un personaggio e poi di un altro.
Questa è una storia d'amore che porterà uno dei due personaggi al suicidio.
la narrazione è lenta ma non diventa noiosa, forse anche un po ripetitiva a causa del metodo utilizzato.
I personaggi sono ben caratterizzati,i colori e i disegni molto piacevoli. La ost è molto bella considerando che è un racconto di soli 2 episodi.
Un racconto indicato a tutti per la sua semplicità e concisione.
voto (8)
4) "Corri Melos" (9-10)
L'argomento trattato è l'amicizia e stranamente stavolta ci sarà un lieto fine.
Ho avuto molta difficoltà a seguire questa storia, questo perché vengono narrate in parallelo due storie, inoltre vengono utilizzati anche dei flashback, il tutto mi ha creato tantissima confusione.
Ho sentito che per molti questa è stata la storia più commovente, a me non ha fatto nessun effetto anzi l'ho trovata anche molto scontata.
voto (5)
5) "filo del ragno" (11)
Storia ambientata in un antico regno governato da un re.
il protagonista è un assassino, che ucciderà per necessità o per il semplice gusto di farlo e riuscirà sempre a farla franca.
è la storia di una lotta tra dannazione e salvezza.
Adatta a tutti perché di facile comprensione, una visione veloce, piacevole e di breve durata.
voto (9)
6) "Ritratto infernale"
l'ambientazione è la stessa della storia precedente.
In questa storia si scoprirà che in realtà anche il re è un assassino, questo perché per egoismo ordinerà ingiustizie contro le persone.
Il protagonista è un pittore che ha il compito di dipingere la città sulle pareti della stanza della tomba del re.
la città in apparenza è bellissima ma per il pittore sembrerà sempre più simile ad un inferno a causa delle atrocità che commetterà il re.
La tematica è il rapporto che c'è tra arte e bellezza, tra bene e male.
Importante è la metafora finale, in cui il pittore dipinge la figlia come unica fonte di luce in mezzo alle fiamme dell'inferno.
Opera secondo me anche molto moderna.
voto (9)
Nel complesso è stato un anime molto piacevole e interessante. il voto complessivo è un 8
ambientazione, genere, tematiche, narrazione e carachter design.
I sei racconti qui proposti, in realtà sono dei romanzi molto conosciuti e apprezzati in Giappone, infatti prima di ogni episodio verranno introdotti dall'attore Masako Sakai.
1) "non più umano" (1-4)
Questo è un seinen a carattere psicologico con una vena drammatica.
è la storia di un ragazzo che man mano perderà la sua umanità, o almeno il protagonista si convincerà di ciò.
I motivi per cui si sentirà più vicino ad un mostro che ad un uomo sono molteplici, e mano mano che si va avanti nella storia ci saranno presentati dei nuovi. Le musiche e i disegni sono molto adatte al contesto, a parer mio danno un tocco in più all'anime, fanno trasparire meglio l'aspetto tenebroso, drammatico, in alcuni punti anche un po inquietante.
Una storia che cerca di far riflettere sulle vicende del protagonista, sulla sua sofferenza interiore, una sofferenza legata ad aspetti che riguardano tutti, lo spettatore seguirà questa che puntata dopo puntata crescerà con un climax.
A parer mio è stato il racconto più interessante. (voto 10)
2) "sotto la foresta di ciliegi in fiore" (5-6).
Dai disegni si nota subito la differenza con "non più umano", un racconto sempre a carattere psicologico ma molto più leggero, sia per il contenuto che il modo in cui è trattato, inoltre sono state inserite delle scene comiche che non mi sono sembrate divertenti.
Ci saranno tantissimi omicidi, che grazie alla musica e al modo in cui avvengono sembrerà come se fosse qualcosa di normale, credo che sia un aspetto voluto, forse per mettere in risalto l'egoismo e l'ignoranza del protagonista o forse per rendere la visione più leggera.
la scopo ultimo di questo racconto è quello di far comprendere allo spettatore l'inquietudine dei ciliegi in fiore. Personalmente non sono riuscito a capire le diverse analogie, evidentemente non è un racconto adatto a tutti.
voto (5)
3) "Kokoro" (7-8)
Molto simpatico il modo usato per narrare questa storia, cioè quello di farla vedere prima sotto la prospettiva di un personaggio e poi di un altro.
Questa è una storia d'amore che porterà uno dei due personaggi al suicidio.
la narrazione è lenta ma non diventa noiosa, forse anche un po ripetitiva a causa del metodo utilizzato.
I personaggi sono ben caratterizzati,i colori e i disegni molto piacevoli. La ost è molto bella considerando che è un racconto di soli 2 episodi.
Un racconto indicato a tutti per la sua semplicità e concisione.
voto (8)
4) "Corri Melos" (9-10)
L'argomento trattato è l'amicizia e stranamente stavolta ci sarà un lieto fine.
Ho avuto molta difficoltà a seguire questa storia, questo perché vengono narrate in parallelo due storie, inoltre vengono utilizzati anche dei flashback, il tutto mi ha creato tantissima confusione.
Ho sentito che per molti questa è stata la storia più commovente, a me non ha fatto nessun effetto anzi l'ho trovata anche molto scontata.
voto (5)
5) "filo del ragno" (11)
Storia ambientata in un antico regno governato da un re.
il protagonista è un assassino, che ucciderà per necessità o per il semplice gusto di farlo e riuscirà sempre a farla franca.
è la storia di una lotta tra dannazione e salvezza.
Adatta a tutti perché di facile comprensione, una visione veloce, piacevole e di breve durata.
voto (9)
6) "Ritratto infernale"
l'ambientazione è la stessa della storia precedente.
In questa storia si scoprirà che in realtà anche il re è un assassino, questo perché per egoismo ordinerà ingiustizie contro le persone.
Il protagonista è un pittore che ha il compito di dipingere la città sulle pareti della stanza della tomba del re.
la città in apparenza è bellissima ma per il pittore sembrerà sempre più simile ad un inferno a causa delle atrocità che commetterà il re.
La tematica è il rapporto che c'è tra arte e bellezza, tra bene e male.
Importante è la metafora finale, in cui il pittore dipinge la figlia come unica fonte di luce in mezzo alle fiamme dell'inferno.
Opera secondo me anche molto moderna.
voto (9)
Nel complesso è stato un anime molto piacevole e interessante. il voto complessivo è un 8
Aoi Bungaku Series, traducibile come "Letteratura Blu", - termine che indica i capolavori della letteratura moderna giapponese -, è una serie animata di 12 episodi che racconta 6 storie diverse che non hanno un vero nesso tra di loro, e tali storie sono degli adattamenti animati da altrettanti famosi libri giapponesi, classificati come autentici capolavori. Le storie sono brevi, con una media di due episodi a storia (la prima storia dura 4 episodi, le altre di meno), ma ricche di vicende e di sentimenti. I 6 racconti sono stati uniti in un unico anime poichè nonostante siano diverse tra di loro, hanno qualcosa in comune. Infatti tutti i protagonisti delle vicende, sono persone cattive, colme di sentimenti negativi di vario genere, che possono spaziare dalla falsità all'inganno, dalla lussuria alla vendetta, dall'egoismo all'avidità, dalla follia alla pura cattiveria e malvagità.
Per non dilungarmi troppo, mi limiterò a brevi impressioni. Ho odiato questo anime, tecnicamente le storie sono fatte molto bene, ma sono appunto le storie, quello che raccontano, che mi hanno veramente disgustato, così come anche il carattere di tutti i protagonisti, non sono riuscito a sopportarne neanche uno. Solo qualche personaggio secondario ho trovato gradevole, ma tutte le storie nei loro significati e nelle loro vicende, insieme al comportamento dei personaggi principali, mi hanno veramente nauseato, ho trovato tutto molto rivoltante. L'animo malvagio dei personaggi e quello che fanno, mi ha fatto veramente arrabbiare, sono delle persone spregevoli. Capisco bene che lo scopo dell'anime era proprio quello di mostrare i peggiori sentimenti umani, e sono venuti anche bene, sono realistici e credibili, però queste storie fatte in questo modo, con personaggi del genere che compiono quelle azioni, mi hanno terribilmente sconvolto. Posso capire che questo anime possa piacere, me ne rendo conto, ma personalmente non ce l'ho fatta ad apprezzarlo.
Il comparto tecnico è buono, i disegni e le animazioni ricordano parzialmente Death Note (il protagonista della prima storia è identico a Light), le musiche sono ok. Posso solo consigliare questo anime a chiunque piacciano le tragedie con protagonisti malvagi o comunque storie pregne di sentimenti negativi di ogni sorta.
Per non dilungarmi troppo, mi limiterò a brevi impressioni. Ho odiato questo anime, tecnicamente le storie sono fatte molto bene, ma sono appunto le storie, quello che raccontano, che mi hanno veramente disgustato, così come anche il carattere di tutti i protagonisti, non sono riuscito a sopportarne neanche uno. Solo qualche personaggio secondario ho trovato gradevole, ma tutte le storie nei loro significati e nelle loro vicende, insieme al comportamento dei personaggi principali, mi hanno veramente nauseato, ho trovato tutto molto rivoltante. L'animo malvagio dei personaggi e quello che fanno, mi ha fatto veramente arrabbiare, sono delle persone spregevoli. Capisco bene che lo scopo dell'anime era proprio quello di mostrare i peggiori sentimenti umani, e sono venuti anche bene, sono realistici e credibili, però queste storie fatte in questo modo, con personaggi del genere che compiono quelle azioni, mi hanno terribilmente sconvolto. Posso capire che questo anime possa piacere, me ne rendo conto, ma personalmente non ce l'ho fatta ad apprezzarlo.
Il comparto tecnico è buono, i disegni e le animazioni ricordano parzialmente Death Note (il protagonista della prima storia è identico a Light), le musiche sono ok. Posso solo consigliare questo anime a chiunque piacciano le tragedie con protagonisti malvagi o comunque storie pregne di sentimenti negativi di ogni sorta.
Una serie di certo non per tutti, questa è la prima cosa da dire parlando di quest'anime. Profondo, metaforico, suggestivo e tanto altro, una degna trasposizione animata di alcuni capolavori che sicuramente recupererò più in avanti, perché meritano fin troppo, ma ora andiamo ad analizzare ogni singola storia, visto che come ho già scritto, quest'anime si può suddividere in sei parti completamente diverse tra loro, un elemento che mi è piaciuto davvero molto. Ogni storia viene affidata ad un disegnatore, e all'inizio di ogni episodio c'è un'introduzione al romanzo e all'autore insieme a varie curiosità narrate da un ospite speciale, sicuramente una persona famosa in Giappone, e questa è un'altra cosa che ho gradito molto. Il primo romanzo trasposto è "Non più umano" di Osai Dazamu, dall'episodio 1 al 4. Questa è sicuramente la storia che mi è piaciuta di più, anche perché il disagio del protagonista in parte mi rispecchia, ovvero il non rispecchiarsi nella società che ci circonda, esserci dentro ma non volerci comunque avere a che fare. Questa è una storia che mi ha coinvolto davvero molto e ho capito benissimo i disagi del protagonista che prova a partecipare nella società, ma puntualmente ne esce distrutto, in un vorticare di sensazioni, pentimenti, malinconie di una persona che non riesce a trovare il suo posto nel mondo, che non capisce cosa vuole nè chi realmente è, che verrà condotto verso un destino incerto. Questa storia è
disegnata da Takeshi Obata, in modo impeccabile.
La seconda storia è In the forest, under cherries in full bloom di Sakaguchi Ando dalla puntata 5 alla 6, quella che mi è piaciuta di meno, che narra di un bandito terrorizzato dai ciliegi in fiore che vive tra le montagne con le sue mogli, ed un giorno incontrerà una ragazza dalla rara bellezza e la porterà a casa sua, dove comincerà a provocare immensi guai, uno dopo l'altro. E' presente ironia che stona con l'opera, il finale però è ottimo e i ciliegi in fiore avranno il loro ruolo centrale. I disegni sono di Tite Kubo, sempre in forma.
La terza storia è Kokoro di Soseki Natsume, dalla puntata 7 alla 8 altra storia immensa e profonda, che narra di uno studente che vive con un'anziana donna e sua figlia, che chiederà di ospitare un suo amico che studia per diventare monaco, che sconvolgerà i rapporti in casa, più del previsto. I disegni sono ancora una volta di Takeshi Obata.
La quarta storia è Run, Melos! di Osamu Dazai, dall'episodio 9 al 10. Anche questa una storia molto forte, incentrata sull'amicizia tra due personaggi, e uno dei due è stato tradito dall'altro tanti anni prima. Ora il protagonista vive scrivendo storie, ma è tormentato ancora dal tradimento del suo amico e non riesce a dare un epilogo felice ad una sua storia. Magistrale il modo in cui viene narrato il tutto, tra flashback, scene di teatro e il presente, il tutto gestito in maniera perfetta e con un finale che spiega tutto e che lascia un senso di soddisfazione e di malinconia. I disegni sono di Tite Kubo.
L'episodio 11 e 12, rispettivamente Il filo del ragno e Hell screen, entrambi di Ryonosuke Akutagawa, due storie connesse da un elemento, che non mi sono piaciute molto. Ambientate in un paese apparentemente bello, ma che nasconde le terribili gesta del re. La prima storia narra di un criminale che finirà in un posto tremendo, la seconda del pittore del re, che dovrà decidere se continuare a disegnare per lui come faceva, nonostante abbia assistito a terribili delitti da parte dei soldati del re. Da segnalare delle scene davvero bellissime che lasciano a bocca aperta, come la discesa nell'inferno e ciò che accade, e il dipinto finale. I disegni sono di Tite Kubo.
Quindi, ci troviamo di fronte ad un prodotto fuori dal comune, che non mancherà di lasciare delle forti sensazioni nello spettatore, consigliatissimo.
disegnata da Takeshi Obata, in modo impeccabile.
La seconda storia è In the forest, under cherries in full bloom di Sakaguchi Ando dalla puntata 5 alla 6, quella che mi è piaciuta di meno, che narra di un bandito terrorizzato dai ciliegi in fiore che vive tra le montagne con le sue mogli, ed un giorno incontrerà una ragazza dalla rara bellezza e la porterà a casa sua, dove comincerà a provocare immensi guai, uno dopo l'altro. E' presente ironia che stona con l'opera, il finale però è ottimo e i ciliegi in fiore avranno il loro ruolo centrale. I disegni sono di Tite Kubo, sempre in forma.
La terza storia è Kokoro di Soseki Natsume, dalla puntata 7 alla 8 altra storia immensa e profonda, che narra di uno studente che vive con un'anziana donna e sua figlia, che chiederà di ospitare un suo amico che studia per diventare monaco, che sconvolgerà i rapporti in casa, più del previsto. I disegni sono ancora una volta di Takeshi Obata.
La quarta storia è Run, Melos! di Osamu Dazai, dall'episodio 9 al 10. Anche questa una storia molto forte, incentrata sull'amicizia tra due personaggi, e uno dei due è stato tradito dall'altro tanti anni prima. Ora il protagonista vive scrivendo storie, ma è tormentato ancora dal tradimento del suo amico e non riesce a dare un epilogo felice ad una sua storia. Magistrale il modo in cui viene narrato il tutto, tra flashback, scene di teatro e il presente, il tutto gestito in maniera perfetta e con un finale che spiega tutto e che lascia un senso di soddisfazione e di malinconia. I disegni sono di Tite Kubo.
L'episodio 11 e 12, rispettivamente Il filo del ragno e Hell screen, entrambi di Ryonosuke Akutagawa, due storie connesse da un elemento, che non mi sono piaciute molto. Ambientate in un paese apparentemente bello, ma che nasconde le terribili gesta del re. La prima storia narra di un criminale che finirà in un posto tremendo, la seconda del pittore del re, che dovrà decidere se continuare a disegnare per lui come faceva, nonostante abbia assistito a terribili delitti da parte dei soldati del re. Da segnalare delle scene davvero bellissime che lasciano a bocca aperta, come la discesa nell'inferno e ciò che accade, e il dipinto finale. I disegni sono di Tite Kubo.
Quindi, ci troviamo di fronte ad un prodotto fuori dal comune, che non mancherà di lasciare delle forti sensazioni nello spettatore, consigliatissimo.
Meraviglioso tributo alla letteratura giapponese, "Aoi Bungaku Series" dimostra come sia possibile trasporre delle opere letterarie adattandole a un anime senza perderne minimamente l'essenza, ma anzi valorizzandole.
Le trame dei vari episodi che compongono quest'anime sono per l'appunto trasposizioni di romanzi, opere e racconti di alcuni tra i più grandi autori giapponesi tra i quali Akutagawa e Natsume. Nonostante questi grandi nomi l'anime non sfigura affatto anzi arriva quasi a far pensare che le storie siano state scritte apposta per essere animate e non che il tutto si avvenuto successivamente. Essendo una composizione di opere di diversi autori le trame spaziano molto passando dal drammatico all'horror e strappando perfino alcune volte un sorriso, nonostante l'opera sia più incentrata su tematiche serie. Così come le trame anche la grafica, pur rimanendo sempre eccellente, cambia da storia a storia e di volta in volta si adatta perfettamente al contesto; particolare menzione va fatta per la parte basata sui racconti di Akutagawa in cui i colori, vivaci e brillanti, sono una vera e propria delizia per gli occhi. Viene inoltre fatto per ogni racconto una breve introduzione che lo contestualizza nella produzione del suo autore, dando inoltre alcuni cenni biografici su quest'ultimo. La visione di "Aoi Bungaku Series" finisce per essere una piacevole lezione di letteratura capace di fare comprendere in modo semplice delle grandi opere di grandi autori e magari dando uno spunto per trovare un buon libro da leggere.
Le trame dei vari episodi che compongono quest'anime sono per l'appunto trasposizioni di romanzi, opere e racconti di alcuni tra i più grandi autori giapponesi tra i quali Akutagawa e Natsume. Nonostante questi grandi nomi l'anime non sfigura affatto anzi arriva quasi a far pensare che le storie siano state scritte apposta per essere animate e non che il tutto si avvenuto successivamente. Essendo una composizione di opere di diversi autori le trame spaziano molto passando dal drammatico all'horror e strappando perfino alcune volte un sorriso, nonostante l'opera sia più incentrata su tematiche serie. Così come le trame anche la grafica, pur rimanendo sempre eccellente, cambia da storia a storia e di volta in volta si adatta perfettamente al contesto; particolare menzione va fatta per la parte basata sui racconti di Akutagawa in cui i colori, vivaci e brillanti, sono una vera e propria delizia per gli occhi. Viene inoltre fatto per ogni racconto una breve introduzione che lo contestualizza nella produzione del suo autore, dando inoltre alcuni cenni biografici su quest'ultimo. La visione di "Aoi Bungaku Series" finisce per essere una piacevole lezione di letteratura capace di fare comprendere in modo semplice delle grandi opere di grandi autori e magari dando uno spunto per trovare un buon libro da leggere.
Profondo blu
A cent'anni dalla nascita di Osamu Dazai (1909-1948) Madhouse dedica una serie TV di dodici episodi al grande scrittore adattando in versione anime sei classici moderni della letteratura nipponica: "Non più umano" e "Corri, Melos!" dello stesso Dazai, "Sotto la foresta di ciliegi in fiore" di Sakaguchi Ango (1906-1955), "Estate" di Soseki Natsume (1867-1916), "Il filo del ragno" e "Ritratto infernale" di Ryūnosuke Akutagawa (1892-1927).
Il delicato passaggio dalle parole alle immagini è affidato all'estro creativo di tre talentuosi character-designer - Takeshi Obata, Tite Kubo e Takeshi Konomi - nell'ardito tentativo di trasformare in disegni e animazioni le suggestioni e le inquietudini che pervadono questi sei capolavori di 'letteraratura blu'.
L'attore e doppiatore Masato Sakai introduce ogni puntata con aneddoti sulla vita e le opere degli scrittori che di volta in volta ci vengono presentati.
La poetica di Dazai è impregnata di profondo pessimismo esistenziale e i suoi romanzi descrivono la perdita e il declino dei valori tradizionali nel Giappone vinto e umiliato dalla guerra. Nel suo messaggio di desolazione spirituale e disperata rivolta si identificò l'intera generazione che visse il disordine e lo smarrimento del dopoguerra. La sua sofferenza interiore e il suo istinto di autodistruzione sfociarono nel suicidio per annegamento avvenuto nel '48 presso il lago Tamagawa a Tokyo.
"Non più umano" narra la storia del bello e maledetto Youzou, un pittore perennemente combattuto tra il rifiuto delle convenzioni sociali e il senso di colpa per l'incapacità di adeguarsi ad esse. Rifiutato dalla famiglia e rifugiatosi in una condizione esistenziale di estrema solitudine, Youzou, per poter "sopravvivere" tra i suoi simili comincia a inscenare "pagliacciate", finge di dedicarsi alla causa politica e allaccia problematici e tormentati rapporti con le donne, mentre la sua vocazione all'autolesionismo lo rende succube del demone dell'alcol e protagonista di patetici tentativi di suicidio. Ne emerge un disperato ritratto in cui si riflette in modo autobiografico la figura dello stesso autore.
Lo stile dei disegni di Obata è ricercato e seducente, e i suoi colori freddi patinati di grigi imprimono un'atmosfera di inquieta e lunare malinconia che aderisce in modo convincente allo spirito cupo del romanzo.
I fiori di ciliegio sono un simbolo di bellezza, ma nella loro caducità evocano la transitorietà dell'esistenza e un alone di mistero e inquietudine, una vaga attesa di morte accompagna il loro splendore. La favola nera "Sotto la foresta di ciliegi in fiore" di Sakaguchi Ango, la cui vita disordinata e percorsa da tendenze autodistruttive può ricordare quella del suo quasi coetaneo Dazai, esprime in modo mirabile questo aspetto angoscioso e sinistro che si nasconde dietro tanta grazia. Il racconto, dal sapore leggendario e mitico, mescola un'incredibile forza immaginativa con il gusto del grottesco e del macabro.
Un feroce brigante, ossessionato dai 'sakura' in piena fioritura, rapisce una bellissima sconosciuta onde arricchire il proprio harem. Ma la donna usa il proprio fascino ammaliante per soggiogare l'uomo e spingerlo ad uccidere tutte le sue mogli. Da quel momento la torbida 'femme fatale' rivelerà un'insaziabile sete di sangue istigando il bandito a commettere efferati delitti sempre più numerosi e la sua bellezza si trasformerà in mostruosità demoniaca…
I due episodi sono un distillato di raffinata brutalità e la tecnica grafica di Tite Kubo alimenta la vena di crudeltà estetizzante e grandguignolesca con uno stile dinamico e visionario, saturo di colori acidi e abbaglianti.
Nello struggente "Estate" uno studente, aspirante maestro, stringe un legame sempre più stretto con la giovane figlia della sua padrona di casa. La comparsa di K., uno schivo e introverso asceta, amico dello studente e da lui stesso invitato, rompe l'atmosfera di armoniosa e idilliaca routine. Sarà l'inizio di un tormentato rapporto fra i tre protagonisti in cui passione, sentimento e amicizia si intrecceranno in una spirale che culminerà in tragedia.
Il contrasto violento tra tradizione e modernità nel Giappone del primo Novecento è espresso in modo memorabile nei ritratti dei personaggi che sono studiati nel loro lato più introspettivo e intimista.
In questi due episodi i colori di Obata si fanno più vividi e solari, in stridente contrasto con i risvolti drammatici della vicenda, mentre il tratto del disegno si attesta su un livello di raffinata eleganza.
"Corri, Melos!" è un racconto sull'amicizia ispirato da una poesia di Friedrich Schiller che nell'anime si unisce ad un frangente della vita di Dazai.
Si narra di un commediografo che, nello scrivere una sceneggiatura, decide di usare la storia della sua amicizia con un attore che lo ha tradito. La pièce teatrale, infatti, dovrebbe descrivere la storia di una leggendaria amicizia ambientata in epoca romana, quella di Melos, un pastore che, rimanendo coinvolto in un intrigo ai danni del tiranno Dionisio, chiede di posticipare la sua esecuzione per poter assistere alle nozze dell'amata sorella. Ma il crudele sovrano gli concede solo tre giorni di tempo, dopo di che giustizierà il suo migliore amico Selinuntius. Sarà l'inizio di una disperata corsa contro il tempo e il valore dell'amicizia verrà messo a dura prova…
La regia di Ryūtarō Nakamura è complessa e sofisticata, la narrazione procede su due binari paralleli che si intrecciano e si influenzano a vicenda: da un lato segue le avventure di Melos e dall'altro quelle del commediografo, il quale, nello sviluppare la trama, infonde a tal punto i propri sentimenti fra le pagine da confondere il piano del reale con quello della sua stessa scrittura, in una suspense che lascia lo spettatore nel dubbio sulla sorte dei due amici fino alle scene finali.
Gli episodi che chiudono il ciclo sono tratti da due romanzi di Ryūnosuke Akutagawa e sono ambientati nell'antico Giappone feudale esplorato con un moderno punto di vista psicologico.
"Il filo del ragno" narra del criminale Kandata la cui unica buona azione è stata di salvare un ragno. Una volta catturato e giustiziato si ritrova agl'inferi a causa dei suoi delitti, fra indicibili torture e sofferenze. Ma un sottile filo che scende dal cielo sembra regalargli un'ultima speranza…
Il febbrile "Ritratto infernale" esamina la possibilità di infrangere gli imperativi morali per soddisfare i propri obbiettivi artistici, riprendendo l'idea di usare un pittore come veicolo dell'orrore già usata da LeFanu e Poe.
Il sublime pittore Yoshihide, incaricato di affrescare le pareti del mausoleo di un sanguinario tiranno, decide di rappresentare la crudeltà e la ferocia del suo signore dipingendo un terrificante inferno buddista. Indispettito, il tiranno tramerà una sordida e spietata vendetta…
Lo stile visionario dei disegni di Tite Kubo si fa ancora più allucinato e lisergico in un delirio di colori e forme che esaltano all'ennesima potenza le atrocità messe in scena.
"Aoi bungaku" è una serie complessa e sfaccettata che ha una visione cupa e pessimistica di fondo come elemento unificante. L'estrazione letteraria dona a questo ciclo un'aura di sofisticato e sottile intellettualismo e i cultori dell'estetica 'dark' troveranno in quest'anime una nuova perla di torbida e morbosa bellezza.
A cent'anni dalla nascita di Osamu Dazai (1909-1948) Madhouse dedica una serie TV di dodici episodi al grande scrittore adattando in versione anime sei classici moderni della letteratura nipponica: "Non più umano" e "Corri, Melos!" dello stesso Dazai, "Sotto la foresta di ciliegi in fiore" di Sakaguchi Ango (1906-1955), "Estate" di Soseki Natsume (1867-1916), "Il filo del ragno" e "Ritratto infernale" di Ryūnosuke Akutagawa (1892-1927).
Il delicato passaggio dalle parole alle immagini è affidato all'estro creativo di tre talentuosi character-designer - Takeshi Obata, Tite Kubo e Takeshi Konomi - nell'ardito tentativo di trasformare in disegni e animazioni le suggestioni e le inquietudini che pervadono questi sei capolavori di 'letteraratura blu'.
L'attore e doppiatore Masato Sakai introduce ogni puntata con aneddoti sulla vita e le opere degli scrittori che di volta in volta ci vengono presentati.
La poetica di Dazai è impregnata di profondo pessimismo esistenziale e i suoi romanzi descrivono la perdita e il declino dei valori tradizionali nel Giappone vinto e umiliato dalla guerra. Nel suo messaggio di desolazione spirituale e disperata rivolta si identificò l'intera generazione che visse il disordine e lo smarrimento del dopoguerra. La sua sofferenza interiore e il suo istinto di autodistruzione sfociarono nel suicidio per annegamento avvenuto nel '48 presso il lago Tamagawa a Tokyo.
"Non più umano" narra la storia del bello e maledetto Youzou, un pittore perennemente combattuto tra il rifiuto delle convenzioni sociali e il senso di colpa per l'incapacità di adeguarsi ad esse. Rifiutato dalla famiglia e rifugiatosi in una condizione esistenziale di estrema solitudine, Youzou, per poter "sopravvivere" tra i suoi simili comincia a inscenare "pagliacciate", finge di dedicarsi alla causa politica e allaccia problematici e tormentati rapporti con le donne, mentre la sua vocazione all'autolesionismo lo rende succube del demone dell'alcol e protagonista di patetici tentativi di suicidio. Ne emerge un disperato ritratto in cui si riflette in modo autobiografico la figura dello stesso autore.
Lo stile dei disegni di Obata è ricercato e seducente, e i suoi colori freddi patinati di grigi imprimono un'atmosfera di inquieta e lunare malinconia che aderisce in modo convincente allo spirito cupo del romanzo.
I fiori di ciliegio sono un simbolo di bellezza, ma nella loro caducità evocano la transitorietà dell'esistenza e un alone di mistero e inquietudine, una vaga attesa di morte accompagna il loro splendore. La favola nera "Sotto la foresta di ciliegi in fiore" di Sakaguchi Ango, la cui vita disordinata e percorsa da tendenze autodistruttive può ricordare quella del suo quasi coetaneo Dazai, esprime in modo mirabile questo aspetto angoscioso e sinistro che si nasconde dietro tanta grazia. Il racconto, dal sapore leggendario e mitico, mescola un'incredibile forza immaginativa con il gusto del grottesco e del macabro.
Un feroce brigante, ossessionato dai 'sakura' in piena fioritura, rapisce una bellissima sconosciuta onde arricchire il proprio harem. Ma la donna usa il proprio fascino ammaliante per soggiogare l'uomo e spingerlo ad uccidere tutte le sue mogli. Da quel momento la torbida 'femme fatale' rivelerà un'insaziabile sete di sangue istigando il bandito a commettere efferati delitti sempre più numerosi e la sua bellezza si trasformerà in mostruosità demoniaca…
I due episodi sono un distillato di raffinata brutalità e la tecnica grafica di Tite Kubo alimenta la vena di crudeltà estetizzante e grandguignolesca con uno stile dinamico e visionario, saturo di colori acidi e abbaglianti.
Nello struggente "Estate" uno studente, aspirante maestro, stringe un legame sempre più stretto con la giovane figlia della sua padrona di casa. La comparsa di K., uno schivo e introverso asceta, amico dello studente e da lui stesso invitato, rompe l'atmosfera di armoniosa e idilliaca routine. Sarà l'inizio di un tormentato rapporto fra i tre protagonisti in cui passione, sentimento e amicizia si intrecceranno in una spirale che culminerà in tragedia.
Il contrasto violento tra tradizione e modernità nel Giappone del primo Novecento è espresso in modo memorabile nei ritratti dei personaggi che sono studiati nel loro lato più introspettivo e intimista.
In questi due episodi i colori di Obata si fanno più vividi e solari, in stridente contrasto con i risvolti drammatici della vicenda, mentre il tratto del disegno si attesta su un livello di raffinata eleganza.
"Corri, Melos!" è un racconto sull'amicizia ispirato da una poesia di Friedrich Schiller che nell'anime si unisce ad un frangente della vita di Dazai.
Si narra di un commediografo che, nello scrivere una sceneggiatura, decide di usare la storia della sua amicizia con un attore che lo ha tradito. La pièce teatrale, infatti, dovrebbe descrivere la storia di una leggendaria amicizia ambientata in epoca romana, quella di Melos, un pastore che, rimanendo coinvolto in un intrigo ai danni del tiranno Dionisio, chiede di posticipare la sua esecuzione per poter assistere alle nozze dell'amata sorella. Ma il crudele sovrano gli concede solo tre giorni di tempo, dopo di che giustizierà il suo migliore amico Selinuntius. Sarà l'inizio di una disperata corsa contro il tempo e il valore dell'amicizia verrà messo a dura prova…
La regia di Ryūtarō Nakamura è complessa e sofisticata, la narrazione procede su due binari paralleli che si intrecciano e si influenzano a vicenda: da un lato segue le avventure di Melos e dall'altro quelle del commediografo, il quale, nello sviluppare la trama, infonde a tal punto i propri sentimenti fra le pagine da confondere il piano del reale con quello della sua stessa scrittura, in una suspense che lascia lo spettatore nel dubbio sulla sorte dei due amici fino alle scene finali.
Gli episodi che chiudono il ciclo sono tratti da due romanzi di Ryūnosuke Akutagawa e sono ambientati nell'antico Giappone feudale esplorato con un moderno punto di vista psicologico.
"Il filo del ragno" narra del criminale Kandata la cui unica buona azione è stata di salvare un ragno. Una volta catturato e giustiziato si ritrova agl'inferi a causa dei suoi delitti, fra indicibili torture e sofferenze. Ma un sottile filo che scende dal cielo sembra regalargli un'ultima speranza…
Il febbrile "Ritratto infernale" esamina la possibilità di infrangere gli imperativi morali per soddisfare i propri obbiettivi artistici, riprendendo l'idea di usare un pittore come veicolo dell'orrore già usata da LeFanu e Poe.
Il sublime pittore Yoshihide, incaricato di affrescare le pareti del mausoleo di un sanguinario tiranno, decide di rappresentare la crudeltà e la ferocia del suo signore dipingendo un terrificante inferno buddista. Indispettito, il tiranno tramerà una sordida e spietata vendetta…
Lo stile visionario dei disegni di Tite Kubo si fa ancora più allucinato e lisergico in un delirio di colori e forme che esaltano all'ennesima potenza le atrocità messe in scena.
"Aoi bungaku" è una serie complessa e sfaccettata che ha una visione cupa e pessimistica di fondo come elemento unificante. L'estrazione letteraria dona a questo ciclo un'aura di sofisticato e sottile intellettualismo e i cultori dell'estetica 'dark' troveranno in quest'anime una nuova perla di torbida e morbosa bellezza.
Come va valutata un'opera di fiction, sia un anime, un manga o un film? Questa è una questione annosa che ha portato a dibattiti interminabili e a litigi infiniti. C'è chi proclama che il giudizio debba essere basato su criteri oggettivi tipo la qualità della realizzazione tecnica e che il piacere provato nel guardare l'opera debba essere l'ultima cosa da considerare; dall'altra parte, c'è e chi proclama esattamente l'opposto. Se si decidesse di seguire il criterio della qualità tecnica, Aoi Bungaku meriterebbe indubbiamente un 10. Per quanto i vari episodi siano realizzati da artisti diversi e con stili diversissimi, soprattutto dal punto di vista cromatico e del character design, tuttavia per tutta la serie la qualità di grafica, animazioni, musiche e regia è costantemente eccelsa, molto più vicina a quella di un film per il cinema che a quella tipica di una serie televisiva. Personalmente però non do una particolare importanza agli aspetti tecnici; assegnare un voto alto a un'opera che non mi ha dato nulla semplicemente perché ha degli ottimi disegni e animazioni mi sembrerebbe equivalente a tradire me stesso. Il mio voto si basa su quanto un'opera è stata in grado di colpirmi. Mi è capitato più di una volta di assegnare un 10 a un'opera che mi ha fatto stare male e che non mi è piaciuta, ma che mi ha fa riflettere oppure mi ha colpito nel profondo a livello emotivo. Ho deciso di seguire questa mia politica anche nei confronti di Aoi Bungaku, senza farmi influenzare dal fatto che i racconti da cui è stata tratta questa serie sono dei capolavori riconosciuti della letteratura giapponese. Del resto il riconoscimento dei capolavori viene fatto dai critici letterari, una brutta genia a sentire mia moglie che li conosce bene, quindi meglio ignorare le loro opinioni.
Ho iniziato a seguire Aoi Bungaku con un certo pregiudizio, perché io di solito liquido la letteratura alta del XX secolo con le due parole sesso e depressione e la evito come la peste. Invece sorprendentemente tutti gli episodi di Aoi Bungaku, tranne i primi quattro, mi sono piaciuti molto. <i>Nei boschi sotto i ciliegi in fiore</i> sembra in tutto e per tutto una leggenda popolare di molti secoli fa: i colori sono assolutamente spettacolari, l'ironia non manca e c'è pure un bel po' di sana misoginia (sto scherzando, non mi crocifiggete!). Non ha nulla di quello che non mi piace nelle opere moderne e molto di quello che mi piace delle opere del passato: il mio voto è 9+.
Kokoro mi è piaciuto molto a livello non emotivo ma intellettuale, specialmente il secondo episodio: a mio avviso però manca un terzo episodio girato dal punto di vista della ragazza. Il voto è 8,5, anche se si tratta di un'opera di difficile visione di cui ho dovuto riguardare delle scene due volte per capire cosa stava succedendo.
<i>Corri Melos</i> è piuttosto interessante: assegno un 8 in considerazione della grafica e dell'originalità dell'ambientazione nella Grecia classica. <i>Il filo del ragno</i> e <i>Ritratto Infernale</i> hanno un finale prevedibile ma sono eccellenti, e con un chara e dei colori stupendi: assegno un 8,5 e 9,5 rispettivamente.
Se non fosse per i quattro episodi di <i>Non più umano</i> assegnerei un 9 alla serie completa: purtroppo però ho trovato <i>Non più umano</i> assolutamente orrendo, è esattamente l'opera tipica di sesso e depressione che non sopporto. Non sopporto queste opere perché trovo i personaggi assolutamente odiosi, deprimenti, incomprensibili e totalmente al di fuori della mia esperienza di vita. La visione di questi quattro episodi per me noiosissimi e fastidiosi non mi ha lasciato nulla se non un senso di odio verso l'autore. È impossibile però criticare la parte tecnica. Nel mio giudizio complessivo non posso fare a meno di tenere conto di questo e questo è il motivo per cui alzo il voto di <i>Non più umano</i> da 3 a 4.
Una media pesata di tutta la serie mi porta comunque a voto complessivo di 7+, anche se moralmente vorrei assegnare un 8. Si tratta di una serie eccellente che consiglio a tutti, che purtroppo, a mio parere, è stata rovinata dai primi quattro episodi.
Ho iniziato a seguire Aoi Bungaku con un certo pregiudizio, perché io di solito liquido la letteratura alta del XX secolo con le due parole sesso e depressione e la evito come la peste. Invece sorprendentemente tutti gli episodi di Aoi Bungaku, tranne i primi quattro, mi sono piaciuti molto. <i>Nei boschi sotto i ciliegi in fiore</i> sembra in tutto e per tutto una leggenda popolare di molti secoli fa: i colori sono assolutamente spettacolari, l'ironia non manca e c'è pure un bel po' di sana misoginia (sto scherzando, non mi crocifiggete!). Non ha nulla di quello che non mi piace nelle opere moderne e molto di quello che mi piace delle opere del passato: il mio voto è 9+.
Kokoro mi è piaciuto molto a livello non emotivo ma intellettuale, specialmente il secondo episodio: a mio avviso però manca un terzo episodio girato dal punto di vista della ragazza. Il voto è 8,5, anche se si tratta di un'opera di difficile visione di cui ho dovuto riguardare delle scene due volte per capire cosa stava succedendo.
<i>Corri Melos</i> è piuttosto interessante: assegno un 8 in considerazione della grafica e dell'originalità dell'ambientazione nella Grecia classica. <i>Il filo del ragno</i> e <i>Ritratto Infernale</i> hanno un finale prevedibile ma sono eccellenti, e con un chara e dei colori stupendi: assegno un 8,5 e 9,5 rispettivamente.
Se non fosse per i quattro episodi di <i>Non più umano</i> assegnerei un 9 alla serie completa: purtroppo però ho trovato <i>Non più umano</i> assolutamente orrendo, è esattamente l'opera tipica di sesso e depressione che non sopporto. Non sopporto queste opere perché trovo i personaggi assolutamente odiosi, deprimenti, incomprensibili e totalmente al di fuori della mia esperienza di vita. La visione di questi quattro episodi per me noiosissimi e fastidiosi non mi ha lasciato nulla se non un senso di odio verso l'autore. È impossibile però criticare la parte tecnica. Nel mio giudizio complessivo non posso fare a meno di tenere conto di questo e questo è il motivo per cui alzo il voto di <i>Non più umano</i> da 3 a 4.
Una media pesata di tutta la serie mi porta comunque a voto complessivo di 7+, anche se moralmente vorrei assegnare un 8. Si tratta di una serie eccellente che consiglio a tutti, che purtroppo, a mio parere, è stata rovinata dai primi quattro episodi.
Il centenario della nascita di Osamu Dazai non poteva essere celebrato nella maniera migliore: animato dalla mano di artisti di prim’ordine fra cui Tite Kubo e Takeshi Obata, ecco spuntare, più che un tributo, oserei dire uno capolavoro memorabile sotto forma di dodici, dolorosissimi, travagliati e tremendi episodi, ove la matrice di concetto risulta terribile quanto realistica, racchiusa in un titolo alquanto criptico: “Aoi Bungaku”, ovvero “Letteratura Blu”.
Blu è il colore della tristezza, del dolore, della sofferenza. E come io stesso ho sempre sostenuto, è nella tristezza, nelle emozioni forti e nel dolore che proliferano i capolavori, poiché l’essere umano è una bestia che si nutre di emozioni, e il cuore e l’anima hanno più appetito del fisico, sempre in cerca di sensazioni appaganti. Se nella gioia ci crogioliamo, allora nel dolore riflettiamo, spesso ci ritroviamo, sicuramente apprendiamo. E inevitabilmente maturiamo.
Se davvero i capolavori sono frutto di dolore e sofferenze interiori, ogni artista capace d’esporre concetti che racchiudono il proprio travaglio naviga, o ha navigato, fra il genio e, appunto, una sofferenza al limite di ciò che volgarmente viene denominata “follia”. Ma non è pazzia; è un discostarsi dalla quotidianità, dalla visione della vita di società.
È tuffarsi nei meandri più oscuri del proprio io.
Aoi Bungaku è diviso in sei mini racconti tratti da altrettanti romanzi carichi di pathos e angoscia, plasmati dal talento di quattro leggendari scrittori vissuti nella prima metà del novecento, alcuni ritenuti capolavori assoluti della letteratura giapponese.
Si comincia con il complesso e ossessionante “Non più umano”, opera eterna e soffocante proprio di Osamu Dazai, un’autobiografia trasversale che parla per metafore amare e mastica decadentismo, un viaggio nelle paranoie del travagliato scrittore fino al suo suicidio nel 1948, a soli quarant’anni. Il tratto di Takeshi Obata, già - autore del celebre Death Note - rende tangibili, sofferte e ansimanti queste prime quattro puntate dedicate al grande scrittore giapponese. E proprio il tratto dark, cupo e misterioso del mangaka in questione calza a pennello, capace di rendere alla perfezione il tormento di un Dazai disperato, perso, arreso al lato oscuro dell’esistenza, capace di arrivare a odiare la vita stessa.
“Non più umano” tratta le vicende di Youzou, un giovane che si potrebbe definire l’archetipo perfetto del “bello e maledetto”, una lanterna vivente per le donne che come falene si avvicinano a lui, cadono ai suoi piedi, per poi esserE inconsapevolmente assorbite dalla sua profonda tristezza, dall’odio verso se stesso, verso la vita, verso la società, verso quell’inadeguatezza morale a cui non pone freni, protagonista di un’etica personale fin troppo autolesionista.
Youzou è chiaramente (metaforicamente) Dazai sotto falso nome, e “Non più umano” è la triste e contorta storia della sua vita da quando il padre, noto uomo d’affari, viene a sapere che suo figlio (fra l’altro primogenito), invece di proseguire gli studi e ereditare l’attività di famiglia, preferisce la strada più incerta e pericolosa dell’artista. Youzou ama disegnare, si diverte a “fare manga”, si comporta da allegro pagliaccio con gli amici e i familiari, ma dentro soffre indicibilmente e nutre un astio inenarrabile verso il genitore. Sarà una lunga strada costellata d’eccessi, illusioni e false redenzioni che lo porterà al suo ineluttabile destino.
Affiancato da falsi amici approfittatori tanto simili all’infingardo Lucignolo nel Pinocchio del grande Collodi, circondato da una società senza volto che finge di ignorarlo e riflesso nello specchio della sua anima dov’egli vede nient’altro che un mostro afflitto, consumato e deteriorato dalla vergogna di non essere ciò che suo padre avrebbe desiderato, Youzou sarà tormentato dai sensi di colpa e da figure femminili che nel tentativo di amarlo amplificheranno la sua disperazione, il suo senso di nullità riecheggiante nella vuota cassa armonica della sua arida anima. Un travaglio interiore pazzesco, un segreto morboso e disperato, da scoprire passo dopo passo, accompagnato da una colonna sonora sublime, capace d’immortalare il dolore umano attraverso note di violino strazianti.
Gli episodi 5 e 6 sono una rapida revisione del romanzo di Sakaguchi Ando, “Nella foresta”: altro viaggio nell’introspezione di un autore assolutamente decadentista, quasi deprimente nella sua disamina della realtà giapponese a cavallo delle due guerre mondiali, fra aristocrazia a pezzi e tracce ataviche d’un passato feudale invisibile, ma ancora malato di quel gigantismo eccentrico svanito da tempo. Tite Kubo in persona, autore del manga shounen di successo “Bleach”, si è preso la briga di dare vita a questi pensieri estremi e il suo tratto risulta gradevole, quasi divertente in brevi frangenti, atto a stemperare una tensione diffusa nei pressi di un’imminente angoscia.
Ivi si narra di Shigemaru, un bandito forte, imbattibile nelle arti marziali, vero e proprio padrone delle montagne dove abita assieme alle sue sei mogli, ma misteriosamente terrorizzato… dai ciliegi in fiore. È questo un autentico ossimoro legato alla delicatezza romantica e gentile, quasi magica dei ciliegi giapponesi immersi nel tepore primaverile della loro fioritura, contrapposto al più puro terrore che questi suscitano in Shigemaru. Petali rosa testimoni di situazioni che rovineranno la vita a questo individuo selvaggio, dopo aver incontrato una donna bellissima quanto crudele e dissennata, capace di rubargli il cuore dopo avere perso il marito e i servi per mano dello stesso bandito.
Tite Kubo riesce a calarsi nella parte d’illustratore grottesco, alternando ironia con tragedia, quell’agrodolce contrasto di cui Sakaguchi Ando era maestro, una drammaticità atipica, che in questi due episodi trasuda smisuratamente, rimarcando una falsa riga che dapprima appare maschilista, poi invece delinea la follia della donna di cui Shigemaru si innamora. E ancora contrasti, la vita di città contrapposta a quella di montagna, l’amore con l’egoismo, la vita e la morte, il dolore e i petali di ciliegio. Perché i capolavori sono intrisi di dolore e, in questo dolce-amaro, alla fine prevarranno il sapore del sangue e delle lacrime scorti attraverso il filtro di una misurata follia provocatoria, eccentrica, sicuramente voluta.
Gli episodi 7 e 8 paiono altrettanto sofferti rispetto alle precedenti puntate. Prendono spunto dal romanzo “Kokoro” di Natsume Souseki, vergato dal suddetto scrittore negli ultimi, bui anni della sua vita e influenzato negativamente da una malattia che lo stava consumando lentamente. Kokoro trasuda realismo cinico e paventa quel lato egoistico dell’amore contrapposto a un moralismo verosimilmente genuino, quasi altruista. Viene riproposto il tema dell’amore come distruttivo piuttosto che positivo, una vera e propria tragedia inzuppata di realismo fradicio, denso, palese e plausibilissimo. Tratta la cupa storia di due amici totalmente differenti capaci di coincidere solo in un punto: l’amore per la stessa donna. Non vi è niente di più facile, granitico e diretto, come fondamenta, per erigere un dramma più etereo che tangibile, ma non per questo meno emozionante. Altrettanto grande è l’abilità di Souseki nel tracciare profonde linee di punti di vista totalmente differenti, due prospettive diametralmente opposte che fissano lo stesso orizzonte, due modi di vivere l’esistenza e di respirare la stessa aria, capaci di rammentare a ognuno di noi che ciò che consideriamo una sottile differenza, agli occhi d’un estraneo, potrebbe risultare un abisso invalicabile, una diversità insormontabile, un contrasto inaccettabile. La morale è tuttavia semplice: esistono due modi d’amare una donna: possederla, o dare tutto sé stessi per dimostrare tale amore.
Probabilmente i più romantici, amari e struggenti sono invece gli episodi 9 e 10. Ritroviamo ancora Dazai, questa volta sotto una luce più tenue anche se dolorosa, all’inizio della sua carriera e in prossimità dei tetri pensieri di “Non più umano”. Le figure animate prendono nuovamente forma dalle pagine del maestro nipponico per inscenare “Corri, Melos!”, una commedia che parla proprio di uno scrittore (altre velate, trasversali allusioni autobiografiche) di nome Takada.
Dazai prende spunto proprio dai debiti da cui è sommerso, conseguenza scellerata ai suoi sperperi in donne e alcool, tuttavia riesce a sorprendere anche in questa occasione e in una maniera inaspettatamente altruista: smarrito nella sua perdizione e devastazione interiore - non ancora ai livelli massimi, come già detto dinanzi -, nonostante i debiti monetari lo stiano per annegare, Dazai si rifiuta ostinatamente di chiedere alcun aiuto ad amici o parenti. È proprio uno dei suoi migliori confidenti e amico di vecchia data che scopre la sua difficile situazione, e va su tutte le furie quando Dazai stesso non accetta la somma che questo è intenzionato a prestargli.
Il grande scrittore, guardando negli occhi l’amico, gli risponde così:
“E’ più doloroso aspettare, o far attendere qualcuno che aspetta te?”.
Sa bene che restituirgli una cifra simile sarebbe impresa ardua, certamente non immediata, e spaventato da un ennesimo fallimento del proprio io, angosciato dal rischio di essere divorato l’ennesima volta da sensi di colpa nel caso non riuscisse a saldare tale debito, Dazai declina l’aiuto.
In questo “Corri Melos”, Dazai stesso metaforizza questo evento tramite il protagonista, Takada, scrittore ormai affermato e residente nella Tokyo del 1950, intento a interpretare in chiave moderna la sceneggiatura di un’antica tragedia greca chiamata appunto “Corri Melos!”. Takada però si blocca non appena, solo nel suo studio, scopre la natura di tale opera: ironia della sorte, parla proprio della fiducia tradita fra due amici inseparabili, l’attesa di uno nei confronti dell’altro, la cieca sicurezza e quasi follia di porre la propria vita nelle mani dell’altro semplicemente affidandosi alla certezza che questi non lo tradirà mai. Tutto ciò fa tornare a galla oscuri ricordi che Takada aveva seppellito dentro di sé, ovvero il tradimento che il suo migliore amico gli servì circa quindici anni prima, una vicenda confusa e poco chiara, almeno nelle battute iniziali.
La stesura del dramma fa germogliare in lui un conflitto interiore complesso e doloroso, ma un’inaspettata sorpresa sconvolgerà il finale di questi due struggenti episodi, rammentandoci che spesso e volentieri nulla è come sembra, soprattutto quando si è accecati dall’odio e dal risentimento.
Immersi in fondali artisticamente impeccabili e storicamente corretti, affiancati da una minuscola dose di CG che arricchisce il lavoro, accompagnati da una colonna sonora eccezionale e seguendo la traccia scritta del grande Dazai, i protagonisti di “Corri Melos!” riescono a fare emozionare profondamente, mostrandoci ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, quanto sia bella, pura e unica l’amicizia disinteressata, il sincero affetto fra due Veri Amici.
Infine, negli episodi 11 e 12 incontriamo il tetro inferno nato dalle idee fataliste di Ryunosuke Akutagawa, esponente elegante e articolato di un classicismo prettamente insito nell’era Taisho, tanto legato ai suoi canoni autobiografici da finire anch’esso suicida disperato, incapace di mutare stile e approccio al passo con i tempi che cambiavano, divenuto facile bersaglio per una critica feroce e spietata, messo alla berlina ed emarginato poiché gonfio di concetti “inutili” e distante anni luce dalle necessità che prediligevano scrittori più improntati ad affrontare il sociale.
Prima di cadere preda di un’irreversibile follia, Akutagawa conobbe proprio Natsume Souseki e niente poco di meno che Osamu Dazai, il quale si rivelò un suo inaspettato ammiratore.
Il penultimo episodio di Aoi Bungaku tratta una delle fiabe di Akutagawa, intitolata “Il filo del ragno”, un racconto per bambini (di tutte le età, soprattutto quelli capaci ancora di sentirsi tali), percorso da una vena oscura e pervaso da una morale giusta, ineluttabile ma allo stesso tempo atroce. È la breve storia di un efferato assassino di nome Kandata, una persona abietta e spietata che uccide, ruba e minaccia o per necessità, o per il semplice gusto di farlo. Un attentato fallito al re del feudo dov’egli vive - e sopravvive - lo metterà in seri guai, innescando una spirale di eventi che lo porterà suo malgrado a confrontarsi con le proprie colpe e i propri peccati.
Questo episodio è probabilmente quello peggiore dal punto di vista artistico e tecnico, privo di un chara adeguato e talvolta un po’ approssimativo. Di tutt’altra fattura i fondali, un unico affresco scintillante che raffigura il misterioso feudo nato dalla fantasia di Akutagawa, illuminato da mezze lune di notti movimentate, abbagliato da fuochi d’artificio in onore del ricco quanto spietato sovrano e tinto dal sangue scarlatto delle vittime di Kandata. Chiave di lettura è chiaramente il senso della vita e l’effimera importanza che possiede quando cade nelle mani di chi, della vita, non ha alcun rispetto. Il tutto condito da un senso d’inattesa giustizia, quasi karmica, striato dalle fosche tinte di un medioevo orientale che non concede possibilità di redenzione, escluso il filo sottile di un piccolo ragno che simboleggia ciò a cui l’uomo s’aggrappa quando ha perso ogni altra cosa: la speranza.
L’ultimo episodio, invece, intitolato “Ritratto infernale”, è la metafora biografica di un artista che avverte l’odore, il lezzo, il tanfo della Fine. Quasi come un presagio, quest’altra breve storia inquadra ancora una volta il sovrano crudele ed egoista de “Il filo del ragno”, ancora nello stesso feudo, ancora fra quelle mura altissime e granitiche, in contrasto fra sfarzi di corte e mendicanti bastonati e calpestati dalla milizia stessa. È chiaro quanto Akutagawa fosse adirato con il governo giapponese e immedesimatosi nel pittore di corte più talentuoso e famoso del regno, in netta contrapposizione con il reggente e i suoi gendarmi, sfoga tutta questa rabbia repressa. È possibile sacrificare ogni cosa, anche la vita, per un ideale chiamato “Arte”? Esiste davvero un inferno per coloro che peccano e non sono puniti in questo mondo?
Animazioni ricche, eccezionali, curate; sofferenza, dolore e indignazione attraverso gli occhi di quel pittore di corte che riceve l’incarico più difficile ed epico della sua vita, ovvero dipingere l’interno del mausoleo funebre dove il re crudele, alla fine dei suoi giorni dimorerà per l’eternità, affrescandolo con ogni aspetto di quel suo magnifico regno che tanto crede di amare e s’illude di sapere proteggere. Ma la rabbia e il rigetto del pittore di corte traviseranno tali direttive, annunciando un finale terribile ma allo stesso tempo guidato in maniera invisibile e ferrea dal pugno di una giustizia superiore. E sarà un vero e proprio affresco “infernale”!
Si esce da Aoi Bungaku series sfiniti, sconvolti ma soddisfatti e, perché no, più ricchi di prima. Dopo tante parole non si può che lasciare spazio ai fatti. E se il blu è il colore del dolore e della sofferenza, lo è sicuramente anche per quanto riguarda i capolavori letterari nipponici di inizio novecento.
Eccezionale.
Blu è il colore della tristezza, del dolore, della sofferenza. E come io stesso ho sempre sostenuto, è nella tristezza, nelle emozioni forti e nel dolore che proliferano i capolavori, poiché l’essere umano è una bestia che si nutre di emozioni, e il cuore e l’anima hanno più appetito del fisico, sempre in cerca di sensazioni appaganti. Se nella gioia ci crogioliamo, allora nel dolore riflettiamo, spesso ci ritroviamo, sicuramente apprendiamo. E inevitabilmente maturiamo.
Se davvero i capolavori sono frutto di dolore e sofferenze interiori, ogni artista capace d’esporre concetti che racchiudono il proprio travaglio naviga, o ha navigato, fra il genio e, appunto, una sofferenza al limite di ciò che volgarmente viene denominata “follia”. Ma non è pazzia; è un discostarsi dalla quotidianità, dalla visione della vita di società.
È tuffarsi nei meandri più oscuri del proprio io.
Aoi Bungaku è diviso in sei mini racconti tratti da altrettanti romanzi carichi di pathos e angoscia, plasmati dal talento di quattro leggendari scrittori vissuti nella prima metà del novecento, alcuni ritenuti capolavori assoluti della letteratura giapponese.
Si comincia con il complesso e ossessionante “Non più umano”, opera eterna e soffocante proprio di Osamu Dazai, un’autobiografia trasversale che parla per metafore amare e mastica decadentismo, un viaggio nelle paranoie del travagliato scrittore fino al suo suicidio nel 1948, a soli quarant’anni. Il tratto di Takeshi Obata, già - autore del celebre Death Note - rende tangibili, sofferte e ansimanti queste prime quattro puntate dedicate al grande scrittore giapponese. E proprio il tratto dark, cupo e misterioso del mangaka in questione calza a pennello, capace di rendere alla perfezione il tormento di un Dazai disperato, perso, arreso al lato oscuro dell’esistenza, capace di arrivare a odiare la vita stessa.
“Non più umano” tratta le vicende di Youzou, un giovane che si potrebbe definire l’archetipo perfetto del “bello e maledetto”, una lanterna vivente per le donne che come falene si avvicinano a lui, cadono ai suoi piedi, per poi esserE inconsapevolmente assorbite dalla sua profonda tristezza, dall’odio verso se stesso, verso la vita, verso la società, verso quell’inadeguatezza morale a cui non pone freni, protagonista di un’etica personale fin troppo autolesionista.
Youzou è chiaramente (metaforicamente) Dazai sotto falso nome, e “Non più umano” è la triste e contorta storia della sua vita da quando il padre, noto uomo d’affari, viene a sapere che suo figlio (fra l’altro primogenito), invece di proseguire gli studi e ereditare l’attività di famiglia, preferisce la strada più incerta e pericolosa dell’artista. Youzou ama disegnare, si diverte a “fare manga”, si comporta da allegro pagliaccio con gli amici e i familiari, ma dentro soffre indicibilmente e nutre un astio inenarrabile verso il genitore. Sarà una lunga strada costellata d’eccessi, illusioni e false redenzioni che lo porterà al suo ineluttabile destino.
Affiancato da falsi amici approfittatori tanto simili all’infingardo Lucignolo nel Pinocchio del grande Collodi, circondato da una società senza volto che finge di ignorarlo e riflesso nello specchio della sua anima dov’egli vede nient’altro che un mostro afflitto, consumato e deteriorato dalla vergogna di non essere ciò che suo padre avrebbe desiderato, Youzou sarà tormentato dai sensi di colpa e da figure femminili che nel tentativo di amarlo amplificheranno la sua disperazione, il suo senso di nullità riecheggiante nella vuota cassa armonica della sua arida anima. Un travaglio interiore pazzesco, un segreto morboso e disperato, da scoprire passo dopo passo, accompagnato da una colonna sonora sublime, capace d’immortalare il dolore umano attraverso note di violino strazianti.
Gli episodi 5 e 6 sono una rapida revisione del romanzo di Sakaguchi Ando, “Nella foresta”: altro viaggio nell’introspezione di un autore assolutamente decadentista, quasi deprimente nella sua disamina della realtà giapponese a cavallo delle due guerre mondiali, fra aristocrazia a pezzi e tracce ataviche d’un passato feudale invisibile, ma ancora malato di quel gigantismo eccentrico svanito da tempo. Tite Kubo in persona, autore del manga shounen di successo “Bleach”, si è preso la briga di dare vita a questi pensieri estremi e il suo tratto risulta gradevole, quasi divertente in brevi frangenti, atto a stemperare una tensione diffusa nei pressi di un’imminente angoscia.
Ivi si narra di Shigemaru, un bandito forte, imbattibile nelle arti marziali, vero e proprio padrone delle montagne dove abita assieme alle sue sei mogli, ma misteriosamente terrorizzato… dai ciliegi in fiore. È questo un autentico ossimoro legato alla delicatezza romantica e gentile, quasi magica dei ciliegi giapponesi immersi nel tepore primaverile della loro fioritura, contrapposto al più puro terrore che questi suscitano in Shigemaru. Petali rosa testimoni di situazioni che rovineranno la vita a questo individuo selvaggio, dopo aver incontrato una donna bellissima quanto crudele e dissennata, capace di rubargli il cuore dopo avere perso il marito e i servi per mano dello stesso bandito.
Tite Kubo riesce a calarsi nella parte d’illustratore grottesco, alternando ironia con tragedia, quell’agrodolce contrasto di cui Sakaguchi Ando era maestro, una drammaticità atipica, che in questi due episodi trasuda smisuratamente, rimarcando una falsa riga che dapprima appare maschilista, poi invece delinea la follia della donna di cui Shigemaru si innamora. E ancora contrasti, la vita di città contrapposta a quella di montagna, l’amore con l’egoismo, la vita e la morte, il dolore e i petali di ciliegio. Perché i capolavori sono intrisi di dolore e, in questo dolce-amaro, alla fine prevarranno il sapore del sangue e delle lacrime scorti attraverso il filtro di una misurata follia provocatoria, eccentrica, sicuramente voluta.
Gli episodi 7 e 8 paiono altrettanto sofferti rispetto alle precedenti puntate. Prendono spunto dal romanzo “Kokoro” di Natsume Souseki, vergato dal suddetto scrittore negli ultimi, bui anni della sua vita e influenzato negativamente da una malattia che lo stava consumando lentamente. Kokoro trasuda realismo cinico e paventa quel lato egoistico dell’amore contrapposto a un moralismo verosimilmente genuino, quasi altruista. Viene riproposto il tema dell’amore come distruttivo piuttosto che positivo, una vera e propria tragedia inzuppata di realismo fradicio, denso, palese e plausibilissimo. Tratta la cupa storia di due amici totalmente differenti capaci di coincidere solo in un punto: l’amore per la stessa donna. Non vi è niente di più facile, granitico e diretto, come fondamenta, per erigere un dramma più etereo che tangibile, ma non per questo meno emozionante. Altrettanto grande è l’abilità di Souseki nel tracciare profonde linee di punti di vista totalmente differenti, due prospettive diametralmente opposte che fissano lo stesso orizzonte, due modi di vivere l’esistenza e di respirare la stessa aria, capaci di rammentare a ognuno di noi che ciò che consideriamo una sottile differenza, agli occhi d’un estraneo, potrebbe risultare un abisso invalicabile, una diversità insormontabile, un contrasto inaccettabile. La morale è tuttavia semplice: esistono due modi d’amare una donna: possederla, o dare tutto sé stessi per dimostrare tale amore.
Probabilmente i più romantici, amari e struggenti sono invece gli episodi 9 e 10. Ritroviamo ancora Dazai, questa volta sotto una luce più tenue anche se dolorosa, all’inizio della sua carriera e in prossimità dei tetri pensieri di “Non più umano”. Le figure animate prendono nuovamente forma dalle pagine del maestro nipponico per inscenare “Corri, Melos!”, una commedia che parla proprio di uno scrittore (altre velate, trasversali allusioni autobiografiche) di nome Takada.
Dazai prende spunto proprio dai debiti da cui è sommerso, conseguenza scellerata ai suoi sperperi in donne e alcool, tuttavia riesce a sorprendere anche in questa occasione e in una maniera inaspettatamente altruista: smarrito nella sua perdizione e devastazione interiore - non ancora ai livelli massimi, come già detto dinanzi -, nonostante i debiti monetari lo stiano per annegare, Dazai si rifiuta ostinatamente di chiedere alcun aiuto ad amici o parenti. È proprio uno dei suoi migliori confidenti e amico di vecchia data che scopre la sua difficile situazione, e va su tutte le furie quando Dazai stesso non accetta la somma che questo è intenzionato a prestargli.
Il grande scrittore, guardando negli occhi l’amico, gli risponde così:
“E’ più doloroso aspettare, o far attendere qualcuno che aspetta te?”.
Sa bene che restituirgli una cifra simile sarebbe impresa ardua, certamente non immediata, e spaventato da un ennesimo fallimento del proprio io, angosciato dal rischio di essere divorato l’ennesima volta da sensi di colpa nel caso non riuscisse a saldare tale debito, Dazai declina l’aiuto.
In questo “Corri Melos”, Dazai stesso metaforizza questo evento tramite il protagonista, Takada, scrittore ormai affermato e residente nella Tokyo del 1950, intento a interpretare in chiave moderna la sceneggiatura di un’antica tragedia greca chiamata appunto “Corri Melos!”. Takada però si blocca non appena, solo nel suo studio, scopre la natura di tale opera: ironia della sorte, parla proprio della fiducia tradita fra due amici inseparabili, l’attesa di uno nei confronti dell’altro, la cieca sicurezza e quasi follia di porre la propria vita nelle mani dell’altro semplicemente affidandosi alla certezza che questi non lo tradirà mai. Tutto ciò fa tornare a galla oscuri ricordi che Takada aveva seppellito dentro di sé, ovvero il tradimento che il suo migliore amico gli servì circa quindici anni prima, una vicenda confusa e poco chiara, almeno nelle battute iniziali.
La stesura del dramma fa germogliare in lui un conflitto interiore complesso e doloroso, ma un’inaspettata sorpresa sconvolgerà il finale di questi due struggenti episodi, rammentandoci che spesso e volentieri nulla è come sembra, soprattutto quando si è accecati dall’odio e dal risentimento.
Immersi in fondali artisticamente impeccabili e storicamente corretti, affiancati da una minuscola dose di CG che arricchisce il lavoro, accompagnati da una colonna sonora eccezionale e seguendo la traccia scritta del grande Dazai, i protagonisti di “Corri Melos!” riescono a fare emozionare profondamente, mostrandoci ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, quanto sia bella, pura e unica l’amicizia disinteressata, il sincero affetto fra due Veri Amici.
Infine, negli episodi 11 e 12 incontriamo il tetro inferno nato dalle idee fataliste di Ryunosuke Akutagawa, esponente elegante e articolato di un classicismo prettamente insito nell’era Taisho, tanto legato ai suoi canoni autobiografici da finire anch’esso suicida disperato, incapace di mutare stile e approccio al passo con i tempi che cambiavano, divenuto facile bersaglio per una critica feroce e spietata, messo alla berlina ed emarginato poiché gonfio di concetti “inutili” e distante anni luce dalle necessità che prediligevano scrittori più improntati ad affrontare il sociale.
Prima di cadere preda di un’irreversibile follia, Akutagawa conobbe proprio Natsume Souseki e niente poco di meno che Osamu Dazai, il quale si rivelò un suo inaspettato ammiratore.
Il penultimo episodio di Aoi Bungaku tratta una delle fiabe di Akutagawa, intitolata “Il filo del ragno”, un racconto per bambini (di tutte le età, soprattutto quelli capaci ancora di sentirsi tali), percorso da una vena oscura e pervaso da una morale giusta, ineluttabile ma allo stesso tempo atroce. È la breve storia di un efferato assassino di nome Kandata, una persona abietta e spietata che uccide, ruba e minaccia o per necessità, o per il semplice gusto di farlo. Un attentato fallito al re del feudo dov’egli vive - e sopravvive - lo metterà in seri guai, innescando una spirale di eventi che lo porterà suo malgrado a confrontarsi con le proprie colpe e i propri peccati.
Questo episodio è probabilmente quello peggiore dal punto di vista artistico e tecnico, privo di un chara adeguato e talvolta un po’ approssimativo. Di tutt’altra fattura i fondali, un unico affresco scintillante che raffigura il misterioso feudo nato dalla fantasia di Akutagawa, illuminato da mezze lune di notti movimentate, abbagliato da fuochi d’artificio in onore del ricco quanto spietato sovrano e tinto dal sangue scarlatto delle vittime di Kandata. Chiave di lettura è chiaramente il senso della vita e l’effimera importanza che possiede quando cade nelle mani di chi, della vita, non ha alcun rispetto. Il tutto condito da un senso d’inattesa giustizia, quasi karmica, striato dalle fosche tinte di un medioevo orientale che non concede possibilità di redenzione, escluso il filo sottile di un piccolo ragno che simboleggia ciò a cui l’uomo s’aggrappa quando ha perso ogni altra cosa: la speranza.
L’ultimo episodio, invece, intitolato “Ritratto infernale”, è la metafora biografica di un artista che avverte l’odore, il lezzo, il tanfo della Fine. Quasi come un presagio, quest’altra breve storia inquadra ancora una volta il sovrano crudele ed egoista de “Il filo del ragno”, ancora nello stesso feudo, ancora fra quelle mura altissime e granitiche, in contrasto fra sfarzi di corte e mendicanti bastonati e calpestati dalla milizia stessa. È chiaro quanto Akutagawa fosse adirato con il governo giapponese e immedesimatosi nel pittore di corte più talentuoso e famoso del regno, in netta contrapposizione con il reggente e i suoi gendarmi, sfoga tutta questa rabbia repressa. È possibile sacrificare ogni cosa, anche la vita, per un ideale chiamato “Arte”? Esiste davvero un inferno per coloro che peccano e non sono puniti in questo mondo?
Animazioni ricche, eccezionali, curate; sofferenza, dolore e indignazione attraverso gli occhi di quel pittore di corte che riceve l’incarico più difficile ed epico della sua vita, ovvero dipingere l’interno del mausoleo funebre dove il re crudele, alla fine dei suoi giorni dimorerà per l’eternità, affrescandolo con ogni aspetto di quel suo magnifico regno che tanto crede di amare e s’illude di sapere proteggere. Ma la rabbia e il rigetto del pittore di corte traviseranno tali direttive, annunciando un finale terribile ma allo stesso tempo guidato in maniera invisibile e ferrea dal pugno di una giustizia superiore. E sarà un vero e proprio affresco “infernale”!
Si esce da Aoi Bungaku series sfiniti, sconvolti ma soddisfatti e, perché no, più ricchi di prima. Dopo tante parole non si può che lasciare spazio ai fatti. E se il blu è il colore del dolore e della sofferenza, lo è sicuramente anche per quanto riguarda i capolavori letterari nipponici di inizio novecento.
Eccezionale.
Gli autori di questa antologia si sono impegnati per creare e offrire al pubblico delle trasposizioni animate, realizzate tra l’altro con buona perizia tecnica e con interessanti spunti di regia, di alcuni tra i più popolari capolavori della letteratura giapponese. Essendo le opere molto diverse tra di loro, ognuna merita di essere analizzata nel dettaglio.
<b>Non più umano</b>, di Dazai Osamu (episodi 1-4): si tratta della storia di un artista che si trova costretto a vivere, sin dall’infanzia, in un mondo dove non può essere se stesso e che lo obbliga a indossare una maschera. Destinato a essere il figlio modello di un’influente e importante famiglia, si trova a dovere sostenere pressioni che lo segnano sin dall’infanzia. Il senso di colpa e di inadeguatezza che prova lo spingeranno a vedersi come un mostro, incapace di rapportarsi al prossimo senza indossare la sua maschera. Seguiranno poi altre esperienze che lo segneranno e, le poche parentesi liete, saranno affogate in una vita che lo porta all’autodistruzione, tra donne, alcol e droga.
Ho trovato la visione di questi 4 episodi un po’ pesante. La trama non mi ha particolarmente coinvolto, mentre non mancano spunti di riflessione e sicuramente alcuni aspetti proposti sono interessanti, ancor più se contestualizziamo l’opera al periodo in cui è stata scritta, con osservazioni che sicuramente sono una critica alla società del periodo. Tuttavia mi sono abbastanza annoiato a vederli, colpa di un ritmo di narrazione lento e probabilmente anche del decadente protagonista, che non sprizza certamente voglia di vivere e pertanto non riesce ad alzare mai il ritmo con le proprie azioni. Insomma, l'arco per me è una visione più interessante che bella, che quindi per quel che mi riguarda raggiunge la sufficienza, ma non la supera. <b>Voto: 6</b>.
<b>Nei Bochi sotto i Ciliegi in Fiore </b>, di Sakaguchi Ango (episodi 5-6): cambia completamente lo spirito, tanto che l’inizio è divertente e comico, con un protagonista che è un rozzo brigante dei boschi che aggredisce gli sprovveduti viaggiatori e caccia portando il bottino alla sua ampia schiera di mogli, che lo aspettano ogni sera. La vita sembra serena e spensierata, se non fosse che un giorno incontra una sofisticata donna della città di cui s'innamora e che intende aggiungere alle altre mogli. Lei, tuttavia, avanza richieste che mettono il protagonista davanti a decisioni davvero molto drastiche. Si passa dal tono divertente e scherzoso dell’inizio a toni e tinte drammatiche, che avvolgono il protagonista in una spirale dalla quale non riuscirà più a uscire.
Anche in questo caso si tratta di un’opera di denuncia della società del periodo, ma risulta ben più dinamica della precedente e raccontata in modo più spigliato. Curiose sono le frequenti canzoni, nel complesso la visione è ben ritmata e l’ho trovata piacevole. <b>Voto: 8</b>.
<b>Kokoro</b>, di Natsume Soseki (episodi 7-8): un racconto diviso in due parti e che ripropone la stessa vicenda in due ottiche diverse. I protagonisti sono due ragazzi che cercano nello studio teologico la ‘giusta strada’ per essere in pace con se stessi e con il mondo. Uno di questi ammira l’altro a tal punto da ospitarlo da lui, ma può questa situazione mettere in crisi la loro amicizia e il loro intento? E cosa accadrebbe se tra loro si intromettesse una ragazza?
Non posso dire di avere amato questi episodi: la narrazione tende a essere troppo lenta e secondo me c’è un eccesso di introspezione, che a volte a ritengo buon mercato. Ancor più quando l’episodio viene ripetuto dall’altra ottica, artificio questo non presente nel libro originale e che porta a risultati che non mi sono sembrati eccelsi. <b>Voto: 6</b>
<b>Corri Melos</b>, di Dazai Osamu (episodi 9-10): racconta i dubbi e il dramma interiore di uno scrittore di opere teatrali che viene ingaggiato per adattare un’opera classica che parla di amicizia e di fiducia, che cozza apertamente con la sua esperienza personale. Come può scrivere di una storia in cui non crede e sperare che ne esca un buon lavoro? Proprio a lui doveva arrivare un lavoro di questo tipo?
Devo ammettere che quest'opera mi ha positivamente sorpreso. Trovo belli soprattutto i passaggi tra mondo reale e “opera teatrale”, in pratica vengono raccontate in parallelo due diverse storie, che tuttavia hanno lo stesso tema: l’amicizia e la fiducia. Alcune sequenze sono inoltre particolarmente ispirate, e infine i passaggi al mondo “romanzato” ravvivano la narrazione spezzando la parte introspettiva che, come in altre trasposizioni è avvenuto, rischiava di diventare pesante. <b>Voto: 8</b>
<b>Il Filo del Ragno</b> e <b>Ritratto Infernale</b>, di Ryunosuke Akutagawa (episodi 11-12): questi ultimi due episodi condividono solo a grandi linee la trama. Condividono invece l’ambientazione e alcuni personaggi, mentre i protagonisti sono diversi. Sono ambientati in un regno immaginario, governato da un sovrano vanesio e poco illuminato, che non vede la sofferenza del popolo e che non tollera che qualche ‘pezzente’ possa rischiare di rovinare la sua visione idilliaca della propria vita e della propria terra. Nel primo episodio seguiremo la tardiva redenzione di un incallito assassino, nel secondo la completa dedizione di un artista alla propria arte, per la quale è disposto anche a sacrificare ciò di cui ha più caro.
Ho trovato la visione dei due episodi piacevole, anche se non mi hanno preso più di tanto, probabilmente per il fatto che le vicende hanno un’evoluzione troppo rapida e mancano di pathos. Rimangono ben fatti e ispirati, una visione in grado d'intrattenere, sebbene mi sarei aspettato qualcosa di più, visto che personaggi e ambientazione sembravano inizialmente ben più promettenti, soprattutto per quello che ci viene fatto conoscere nel primo episodio. <b>Voto: 7</b>
Nel complesso la serie è una visione interessante: un modo per conoscere, ovviamente in modo superficiale, qualche opera letteraria che difficilmente avrei potuto procurarmi. Non sarà come leggere i capolavori in questione, ma sicuramente, complici le ottime introduzioni a inizio episodi, Aoi Bungaku ci permette d'inquadrare opere e artisti che hanno in qualche modo lasciato il segno in Giappone. Pertanto, se vi avvicinate all’opera con fini didattici, ve la consiglio vivamente: è sicuramente ben realizzata e riesce pienamente nella finalità che si prefigge. Se invece cercate qualcosa in grado di intrattenere, vi consiglio di guardare altrove, Aoi Bungaku Series non è certo un’opera da visionare per svago e a cuor leggero, a parte un paio di episodi.
Personalmente ho trovato alcuni racconti un po’, per dirla terra terra, "pallosi": pur condividendo la scelta dello staff di produzione di dedicare molte delle proprie risorse alla realizzazione di sequenze in cui viene dato ampio respiro all’analisi introspettiva, non posso che ammettere che il ritmo tende a calare troppo e che, in alcuni episodi, l’assenza di una trama che sostenesse la mia attenzione si è fatta sentire.
Sfortunatamente anche in quelli più movimentati, che ho preferito, è mancato da parte mia il coinvolgimento che avrebbe fatto alzare il mio voto di uno e anche due punti.
Per concludere, ritengo la mia esperienza con Aoi Bungaku Series più interessante che piacevole. E’ una serie che merita di essere guardata e sono molto felice di averlo fatto, ma in alcuni punti mi ha messo in difficoltà, annoiandomi. Se sarà fatto un seguito di certo la mia curiosità mi spingerà alla visione delle nuove trasposizioni animate.
<b>Non più umano</b>, di Dazai Osamu (episodi 1-4): si tratta della storia di un artista che si trova costretto a vivere, sin dall’infanzia, in un mondo dove non può essere se stesso e che lo obbliga a indossare una maschera. Destinato a essere il figlio modello di un’influente e importante famiglia, si trova a dovere sostenere pressioni che lo segnano sin dall’infanzia. Il senso di colpa e di inadeguatezza che prova lo spingeranno a vedersi come un mostro, incapace di rapportarsi al prossimo senza indossare la sua maschera. Seguiranno poi altre esperienze che lo segneranno e, le poche parentesi liete, saranno affogate in una vita che lo porta all’autodistruzione, tra donne, alcol e droga.
Ho trovato la visione di questi 4 episodi un po’ pesante. La trama non mi ha particolarmente coinvolto, mentre non mancano spunti di riflessione e sicuramente alcuni aspetti proposti sono interessanti, ancor più se contestualizziamo l’opera al periodo in cui è stata scritta, con osservazioni che sicuramente sono una critica alla società del periodo. Tuttavia mi sono abbastanza annoiato a vederli, colpa di un ritmo di narrazione lento e probabilmente anche del decadente protagonista, che non sprizza certamente voglia di vivere e pertanto non riesce ad alzare mai il ritmo con le proprie azioni. Insomma, l'arco per me è una visione più interessante che bella, che quindi per quel che mi riguarda raggiunge la sufficienza, ma non la supera. <b>Voto: 6</b>.
<b>Nei Bochi sotto i Ciliegi in Fiore </b>, di Sakaguchi Ango (episodi 5-6): cambia completamente lo spirito, tanto che l’inizio è divertente e comico, con un protagonista che è un rozzo brigante dei boschi che aggredisce gli sprovveduti viaggiatori e caccia portando il bottino alla sua ampia schiera di mogli, che lo aspettano ogni sera. La vita sembra serena e spensierata, se non fosse che un giorno incontra una sofisticata donna della città di cui s'innamora e che intende aggiungere alle altre mogli. Lei, tuttavia, avanza richieste che mettono il protagonista davanti a decisioni davvero molto drastiche. Si passa dal tono divertente e scherzoso dell’inizio a toni e tinte drammatiche, che avvolgono il protagonista in una spirale dalla quale non riuscirà più a uscire.
Anche in questo caso si tratta di un’opera di denuncia della società del periodo, ma risulta ben più dinamica della precedente e raccontata in modo più spigliato. Curiose sono le frequenti canzoni, nel complesso la visione è ben ritmata e l’ho trovata piacevole. <b>Voto: 8</b>.
<b>Kokoro</b>, di Natsume Soseki (episodi 7-8): un racconto diviso in due parti e che ripropone la stessa vicenda in due ottiche diverse. I protagonisti sono due ragazzi che cercano nello studio teologico la ‘giusta strada’ per essere in pace con se stessi e con il mondo. Uno di questi ammira l’altro a tal punto da ospitarlo da lui, ma può questa situazione mettere in crisi la loro amicizia e il loro intento? E cosa accadrebbe se tra loro si intromettesse una ragazza?
Non posso dire di avere amato questi episodi: la narrazione tende a essere troppo lenta e secondo me c’è un eccesso di introspezione, che a volte a ritengo buon mercato. Ancor più quando l’episodio viene ripetuto dall’altra ottica, artificio questo non presente nel libro originale e che porta a risultati che non mi sono sembrati eccelsi. <b>Voto: 6</b>
<b>Corri Melos</b>, di Dazai Osamu (episodi 9-10): racconta i dubbi e il dramma interiore di uno scrittore di opere teatrali che viene ingaggiato per adattare un’opera classica che parla di amicizia e di fiducia, che cozza apertamente con la sua esperienza personale. Come può scrivere di una storia in cui non crede e sperare che ne esca un buon lavoro? Proprio a lui doveva arrivare un lavoro di questo tipo?
Devo ammettere che quest'opera mi ha positivamente sorpreso. Trovo belli soprattutto i passaggi tra mondo reale e “opera teatrale”, in pratica vengono raccontate in parallelo due diverse storie, che tuttavia hanno lo stesso tema: l’amicizia e la fiducia. Alcune sequenze sono inoltre particolarmente ispirate, e infine i passaggi al mondo “romanzato” ravvivano la narrazione spezzando la parte introspettiva che, come in altre trasposizioni è avvenuto, rischiava di diventare pesante. <b>Voto: 8</b>
<b>Il Filo del Ragno</b> e <b>Ritratto Infernale</b>, di Ryunosuke Akutagawa (episodi 11-12): questi ultimi due episodi condividono solo a grandi linee la trama. Condividono invece l’ambientazione e alcuni personaggi, mentre i protagonisti sono diversi. Sono ambientati in un regno immaginario, governato da un sovrano vanesio e poco illuminato, che non vede la sofferenza del popolo e che non tollera che qualche ‘pezzente’ possa rischiare di rovinare la sua visione idilliaca della propria vita e della propria terra. Nel primo episodio seguiremo la tardiva redenzione di un incallito assassino, nel secondo la completa dedizione di un artista alla propria arte, per la quale è disposto anche a sacrificare ciò di cui ha più caro.
Ho trovato la visione dei due episodi piacevole, anche se non mi hanno preso più di tanto, probabilmente per il fatto che le vicende hanno un’evoluzione troppo rapida e mancano di pathos. Rimangono ben fatti e ispirati, una visione in grado d'intrattenere, sebbene mi sarei aspettato qualcosa di più, visto che personaggi e ambientazione sembravano inizialmente ben più promettenti, soprattutto per quello che ci viene fatto conoscere nel primo episodio. <b>Voto: 7</b>
Nel complesso la serie è una visione interessante: un modo per conoscere, ovviamente in modo superficiale, qualche opera letteraria che difficilmente avrei potuto procurarmi. Non sarà come leggere i capolavori in questione, ma sicuramente, complici le ottime introduzioni a inizio episodi, Aoi Bungaku ci permette d'inquadrare opere e artisti che hanno in qualche modo lasciato il segno in Giappone. Pertanto, se vi avvicinate all’opera con fini didattici, ve la consiglio vivamente: è sicuramente ben realizzata e riesce pienamente nella finalità che si prefigge. Se invece cercate qualcosa in grado di intrattenere, vi consiglio di guardare altrove, Aoi Bungaku Series non è certo un’opera da visionare per svago e a cuor leggero, a parte un paio di episodi.
Personalmente ho trovato alcuni racconti un po’, per dirla terra terra, "pallosi": pur condividendo la scelta dello staff di produzione di dedicare molte delle proprie risorse alla realizzazione di sequenze in cui viene dato ampio respiro all’analisi introspettiva, non posso che ammettere che il ritmo tende a calare troppo e che, in alcuni episodi, l’assenza di una trama che sostenesse la mia attenzione si è fatta sentire.
Sfortunatamente anche in quelli più movimentati, che ho preferito, è mancato da parte mia il coinvolgimento che avrebbe fatto alzare il mio voto di uno e anche due punti.
Per concludere, ritengo la mia esperienza con Aoi Bungaku Series più interessante che piacevole. E’ una serie che merita di essere guardata e sono molto felice di averlo fatto, ma in alcuni punti mi ha messo in difficoltà, annoiandomi. Se sarà fatto un seguito di certo la mia curiosità mi spingerà alla visione delle nuove trasposizioni animate.
Trasformare capolavori nipponici del XX secolo in anime di qualche episodio credo sia stata un’idea apprezzabilissima. Non so se sia già avvenuto che qualche regista portasse un’opera letteraria nel mondo degli anime, però.
La prima opera, di 4 episodi, è “Non più umano”, un’opera intensamente psicologica e, relativamente, anche sociologica. Tratta delle frustrazioni di un ragazzo che non si ritrova negli standard della propria famiglia e della propria epoca, delle torture psicologiche che prova fin da fanciullo le quali, sostanzialmente, lo portano a credere di essere un mostro, reietto e odiato da una società da lui idealizzata e temuta.
Questa è una storia che, pur essendo stata scritta circa 70 anni fa, sarà considerata verosimile tuttora, a mio parere, da molte delle persone che la seguiranno. In mia opinione, una delle migliori storie di questa serie. Drammatica, quasi folle in alcuni punti, intensamente dolorosa se si riesce a creare un filo d’empatia con i sentimenti del protagonista – e, quindi, indirettamente dell’autore.
“Nei boschi sotto i ciliegi in fiore”, di 2 episodi, è meno riuscito del primo (non solo per l’impostazione della storia, ma anche per come è stata rappresentata, cioè un misto di parti umoristiche e serie), tranne che per il finale. Pregno di folklore giapponese - sakura e oni -, tratto dall’esperienza di guerra dell’autore, mostra gli alberi di ciliegio in fiore come portatori di solitudine e dolore, contrario di ciò che la tradizione nipponica prevede. Così come usualmente la guerra mostra il lato più negativo degli uomini, così l’autore, credo, voleva mostrare che in un periodo bellico neppure i fantastici ciliegi sono così fantastici. Devo dire che l’amore irresponsabile del protagonista mi ha ricordato “La ballata dell’amore cieco” di De Andrè. Il finale è piuttosto bello nella sua follia.
Un’altra bella storia è quella di “Kokoro”. E' formata da due episodi, di cui il primo tratto in modo fedele dal romanzo, ambientato d’estate e sotto il punto di vista del Sensei, e il secondo frutto di un’interpretazione dei creatori, ambientato d’inverno e sotto il punto di vista di un altro personaggio, K. Le due storie sono complementari e mostrano come la soggettività di una visuale non permetta di comprendere totalmente le emozioni del prossimo. Questo è ciò che traspare dopo avere visto i due episodi l’uno dietro l’altro, ma, dacché l’autore ha usato solamente come protagonista il Sensei e non K, di sicuro non è questo l’insegnamento del romanzo.
“Corri, Melos”, scritto dall’autore della prima serie, è una brillante analisi di amicizia e tradimento. La storia del protagonista, un drammaturgo, si fonde costantemente con le vicende del personaggio principale della tragedia che egli stesso sta stendendo, creando una interessante contrapposizione in entrambe le puntate di cui si compone “Corri, Melos”. Il finale, seppur triste, non appare distruttivo come quello di “Non più umano”, rendendo questa serie più mite, anche se apprezzabile.
Le ultime due opere, “Il filo del ragno” e “Ritratto infernale”, scritte dallo stesso autore, sono in questa serie animata interconnesse (non so se sia lo stesso a livello letterario) e mostrano un mondo onirico, visionario in cui i difetti dell’uomo sono mostrati al proprio apice. Il criminale protagonista della prima puntata e il Sovrano del Regno sono personaggi dissimili, ma coincidenti in alcuni punti. Il primo semplicemente non trova alcun motivo valido per cui esistere, di conseguenza semina violenza dappertutto senza alcun criterio, il secondo, invece, un motivo valido per cui esistere ce l’ha e pur di mantenere il suo status compie i peggiori abomini possibili. Le due parti formano un’opera certamente psichedelica per quanto riguarda alcuni passaggi, ma verosimile dal punto di vista dei caratteri umani rappresentati.
Il lato grafico e acustico mi sembra molto buono. Gli autori si sono mostrati capaci di utilizzare tecniche differenti in base alla storia e al contesto. Do un voto alto per quest’opera che, trovo, pecca solo nella brevità delle storie, che non permette un’analisi più profonda, che non sarebbe stata di certo disprezzata.
P.S.: Non avendo mai letto alcuno dei romanzi da cui sono tratte queste storie il voto che do è riferito esclusivamente a come esse mi appaiono e non a come siano state riportate sotto forma di animazione.
La prima opera, di 4 episodi, è “Non più umano”, un’opera intensamente psicologica e, relativamente, anche sociologica. Tratta delle frustrazioni di un ragazzo che non si ritrova negli standard della propria famiglia e della propria epoca, delle torture psicologiche che prova fin da fanciullo le quali, sostanzialmente, lo portano a credere di essere un mostro, reietto e odiato da una società da lui idealizzata e temuta.
Questa è una storia che, pur essendo stata scritta circa 70 anni fa, sarà considerata verosimile tuttora, a mio parere, da molte delle persone che la seguiranno. In mia opinione, una delle migliori storie di questa serie. Drammatica, quasi folle in alcuni punti, intensamente dolorosa se si riesce a creare un filo d’empatia con i sentimenti del protagonista – e, quindi, indirettamente dell’autore.
“Nei boschi sotto i ciliegi in fiore”, di 2 episodi, è meno riuscito del primo (non solo per l’impostazione della storia, ma anche per come è stata rappresentata, cioè un misto di parti umoristiche e serie), tranne che per il finale. Pregno di folklore giapponese - sakura e oni -, tratto dall’esperienza di guerra dell’autore, mostra gli alberi di ciliegio in fiore come portatori di solitudine e dolore, contrario di ciò che la tradizione nipponica prevede. Così come usualmente la guerra mostra il lato più negativo degli uomini, così l’autore, credo, voleva mostrare che in un periodo bellico neppure i fantastici ciliegi sono così fantastici. Devo dire che l’amore irresponsabile del protagonista mi ha ricordato “La ballata dell’amore cieco” di De Andrè. Il finale è piuttosto bello nella sua follia.
Un’altra bella storia è quella di “Kokoro”. E' formata da due episodi, di cui il primo tratto in modo fedele dal romanzo, ambientato d’estate e sotto il punto di vista del Sensei, e il secondo frutto di un’interpretazione dei creatori, ambientato d’inverno e sotto il punto di vista di un altro personaggio, K. Le due storie sono complementari e mostrano come la soggettività di una visuale non permetta di comprendere totalmente le emozioni del prossimo. Questo è ciò che traspare dopo avere visto i due episodi l’uno dietro l’altro, ma, dacché l’autore ha usato solamente come protagonista il Sensei e non K, di sicuro non è questo l’insegnamento del romanzo.
“Corri, Melos”, scritto dall’autore della prima serie, è una brillante analisi di amicizia e tradimento. La storia del protagonista, un drammaturgo, si fonde costantemente con le vicende del personaggio principale della tragedia che egli stesso sta stendendo, creando una interessante contrapposizione in entrambe le puntate di cui si compone “Corri, Melos”. Il finale, seppur triste, non appare distruttivo come quello di “Non più umano”, rendendo questa serie più mite, anche se apprezzabile.
Le ultime due opere, “Il filo del ragno” e “Ritratto infernale”, scritte dallo stesso autore, sono in questa serie animata interconnesse (non so se sia lo stesso a livello letterario) e mostrano un mondo onirico, visionario in cui i difetti dell’uomo sono mostrati al proprio apice. Il criminale protagonista della prima puntata e il Sovrano del Regno sono personaggi dissimili, ma coincidenti in alcuni punti. Il primo semplicemente non trova alcun motivo valido per cui esistere, di conseguenza semina violenza dappertutto senza alcun criterio, il secondo, invece, un motivo valido per cui esistere ce l’ha e pur di mantenere il suo status compie i peggiori abomini possibili. Le due parti formano un’opera certamente psichedelica per quanto riguarda alcuni passaggi, ma verosimile dal punto di vista dei caratteri umani rappresentati.
Il lato grafico e acustico mi sembra molto buono. Gli autori si sono mostrati capaci di utilizzare tecniche differenti in base alla storia e al contesto. Do un voto alto per quest’opera che, trovo, pecca solo nella brevità delle storie, che non permette un’analisi più profonda, che non sarebbe stata di certo disprezzata.
P.S.: Non avendo mai letto alcuno dei romanzi da cui sono tratte queste storie il voto che do è riferito esclusivamente a come esse mi appaiono e non a come siano state riportate sotto forma di animazione.
Voto 10.
Bene, stavolta è stato veloce. Tanto è come a scuola: se uno va molto bene (o male) è facile dare un voto. Ma parlando di Aoi Bungaku Series ciò sarebbe riduttivo e mi toglierebbe il piacere di soffermarmi sui vari aspetti, a cominciare dalle storie. Storie, al plurale, perché la serie altro non è che l'adattamento di sei capolavori della letteratura giapponese del novecento: “Non più umano” (Ningen Shikkaku ) e “Corri Melos!” (Hashire Merosu) di Osamu Dazai, ”Nella foresta sotto i ciliegi in fiore”(Sakura no mori no mankai no shita) di Ango Sakaguchi, “Cuore” (Kokoro) di Natsume Sōseki, "Il filo del ragno" (Kumo no Ito) e "L'urlo infernale" (Jigokuhen) di Ryūnosuke Akutagawa. Come è prevedibile aspettarsi, sono racconti che setacciano, e in profondità, gli incubi, il delirio, l'ipocrisia, l'amicizia, l'angoscia e molti altri lati scomodi o spesso trattati superficialmente dell'esistenza.
Qualche riga anche sul comparto tecnico, iniziando dalla parte grafica: le animazioni e i fondali sono ai massimi livelli e risulta pure funzionale l'utilizzo del 3D, che spesso è, di solito, a parer mio, mal gestito; al tutto va aggiunto uno dei pochi aspetti che va incontro ai gusti del grande pubblico, ossia la partecipazione al character design di mangaka molto famosi quali Tite Kubo (Bleach), Takeshi Obata (Death Note), Takeshi Konomi (Il principe del tennis). Un appunto speciale alle colonne sonore, soprattutto dei primi 8 episodi curati da Hideki Taniuchi: basterebbero loro da sole a commuovere lo spettatore.
Detto ciò, vorrei farvi partecipi di un ragionamento, il vero motivo che mi ha spinto a scrivere la recensione. Accingendomi a vedere la serie, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: <q>Perché hanno fatto un anime e non una serie televisiva?</q>, rivelando così il mio inconscio snobbismo verso l'animazione. Cercando però di darmi una risposta, la prima che mi è venuta in mente è stata: <q>per il vil denaro</q>!, rispetto all'animazione, ci vogliono molti più soldi per rendere, da un alto, le ambientazioni storiche con la scenografia e, dall'altro, gli stati d'animo, i deliri, i sogni, le follie con la computer grafica e gli effetti speciali. Ma durante la visione di Aoi Bungaku è andata facendosi spazio la possibilità che questa potesse essere solo una parte della risposta. Mi spiego prendendo ad esempio “Corri, Melos!”, ma potrei, in modo diverso, utilizzare le altre storie: qui abbiamo uno sceneggiatore che deve trasporre un racconto in opera teatrale e, durante la stesura del testo, la storia gli ricorda una vicenda vissuta da ragazzo. Abbiamo così più piani narrativi, dall'azione principale al ricordo, dagli stati psicologici del protagonista alla recitazione sul palco, che si intrecciano costantemente tra loro e grazie all'animazione riescono a mantenere una fluidità e un'omogeneità difficilmente riproducibili con altre tecniche narrative. La conclusione che ne ho tratto è che l'animazione sembra fatta apposta quando non si ha più a che fare con la realtà, non tanto per la presenza di creature e situazioni fantastiche bensì quando sono lo spazio e il tempo stessi che vanno a farsi benedire.
(Va beh, dai Fran, non la fare tanto lunga). In conclusione: se volete vedere un buon anime con delle belle storie e delle belle animazioni guardatelo; se volete capire come mai l'animazione può essere una forma d'arte guardate Aoi Bungaku Series a maggior ragione.
Bene, stavolta è stato veloce. Tanto è come a scuola: se uno va molto bene (o male) è facile dare un voto. Ma parlando di Aoi Bungaku Series ciò sarebbe riduttivo e mi toglierebbe il piacere di soffermarmi sui vari aspetti, a cominciare dalle storie. Storie, al plurale, perché la serie altro non è che l'adattamento di sei capolavori della letteratura giapponese del novecento: “Non più umano” (Ningen Shikkaku ) e “Corri Melos!” (Hashire Merosu) di Osamu Dazai, ”Nella foresta sotto i ciliegi in fiore”(Sakura no mori no mankai no shita) di Ango Sakaguchi, “Cuore” (Kokoro) di Natsume Sōseki, "Il filo del ragno" (Kumo no Ito) e "L'urlo infernale" (Jigokuhen) di Ryūnosuke Akutagawa. Come è prevedibile aspettarsi, sono racconti che setacciano, e in profondità, gli incubi, il delirio, l'ipocrisia, l'amicizia, l'angoscia e molti altri lati scomodi o spesso trattati superficialmente dell'esistenza.
Qualche riga anche sul comparto tecnico, iniziando dalla parte grafica: le animazioni e i fondali sono ai massimi livelli e risulta pure funzionale l'utilizzo del 3D, che spesso è, di solito, a parer mio, mal gestito; al tutto va aggiunto uno dei pochi aspetti che va incontro ai gusti del grande pubblico, ossia la partecipazione al character design di mangaka molto famosi quali Tite Kubo (Bleach), Takeshi Obata (Death Note), Takeshi Konomi (Il principe del tennis). Un appunto speciale alle colonne sonore, soprattutto dei primi 8 episodi curati da Hideki Taniuchi: basterebbero loro da sole a commuovere lo spettatore.
Detto ciò, vorrei farvi partecipi di un ragionamento, il vero motivo che mi ha spinto a scrivere la recensione. Accingendomi a vedere la serie, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: <q>Perché hanno fatto un anime e non una serie televisiva?</q>, rivelando così il mio inconscio snobbismo verso l'animazione. Cercando però di darmi una risposta, la prima che mi è venuta in mente è stata: <q>per il vil denaro</q>!, rispetto all'animazione, ci vogliono molti più soldi per rendere, da un alto, le ambientazioni storiche con la scenografia e, dall'altro, gli stati d'animo, i deliri, i sogni, le follie con la computer grafica e gli effetti speciali. Ma durante la visione di Aoi Bungaku è andata facendosi spazio la possibilità che questa potesse essere solo una parte della risposta. Mi spiego prendendo ad esempio “Corri, Melos!”, ma potrei, in modo diverso, utilizzare le altre storie: qui abbiamo uno sceneggiatore che deve trasporre un racconto in opera teatrale e, durante la stesura del testo, la storia gli ricorda una vicenda vissuta da ragazzo. Abbiamo così più piani narrativi, dall'azione principale al ricordo, dagli stati psicologici del protagonista alla recitazione sul palco, che si intrecciano costantemente tra loro e grazie all'animazione riescono a mantenere una fluidità e un'omogeneità difficilmente riproducibili con altre tecniche narrative. La conclusione che ne ho tratto è che l'animazione sembra fatta apposta quando non si ha più a che fare con la realtà, non tanto per la presenza di creature e situazioni fantastiche bensì quando sono lo spazio e il tempo stessi che vanno a farsi benedire.
(Va beh, dai Fran, non la fare tanto lunga). In conclusione: se volete vedere un buon anime con delle belle storie e delle belle animazioni guardatelo; se volete capire come mai l'animazione può essere una forma d'arte guardate Aoi Bungaku Series a maggior ragione.
Reputo Aoi Bungaku l'armonica unione tra letteratura e arte. E', a mio parere, tra gli anime migliori che ci siano in circolazione. Considerando che è una raccolta di archi di episodi tratti da opere letterarie, sarebbe opportuno considerare e valutarli uno a uno per potere dare un giudizio complessivo più preciso.
Dunque le opere sono complessivamente sei.
1) “Non più umano” è un romanzo di Dazai Osamu.
Si potrebbe collocare in un genere prettamente psicologico e ora capiremo il motivo. Il titolo stesso suggerisce una specie di metamorfosi kafkiana in cui un uomo perde a poco a poco la sua umanità.
Egli la perde per diversi motivi:
a) non riesce a esaudire i propri sogni, non avvicinandosi neanche al loro realizzazione;
b) non ha la possibilità di agire perché molto spaventato dalle reazioni e dai pregiudizi della gente, in particolar modo da suo padre;
c) rappresenta per alcune persone l'offesa della loro reputazione;
d) sente che anche il suo più grande talento di artista muore poco a poco sia perché non gli dà il pane quotidiano (per lui questo punto era essenziale, perché secondo suo padre “Coloro che da adulti non sanno guadagnare soldi da soli, non sono più umani”) sia perché non trova altre aspirazioni.
e) sente di non vivere più all'interno di una società, ma si isola sempre di più alla sua personalità definita mostro, intesa non come malvagia ma come bestia alienata ed estranea alla sua natura umana;
f) uccide un'altra persona e quindi, non rispettando la vita altrui, come può rispettare la sua?
E' una opera in cui si nota molto l'introspezione psicologica e questo fattore è emozionante per gli amanti del genere, me compreso. Voto: 10.
2) La seconda opera è “Nei Boschi sotto i Ciliegi in Fiore” di Sakaguchi Ango.
Il tema principale che l'autore affronta è la bellezza inquietante dei ciliegi in piena fioritura. (Nell' anime le suggestioni visive aumentano ancor più questa inquietudine e ciò è sorprendente.)
Il protagonista è un nomade che vive nelle montagne. Un giorno incontra una donna dal fascino magnetico, ipnotico e quasi misterioso. Dal primo incontro si nota come egli resti pienamente soggiogato da questa donna che lo comanda a bacchetta a compiere atti delittuosi.
Alla fine egli la ucciderà sotto il più grande ciliegio della foresta e sente che, mentre la demoniaca donna muore, anch'egli si spegne come se i ciliegi avessero proiettato in quel corpo femminile un'immagine narcisistica del subconscio del nomade, mettendo in atto un suicidio interiore.
“Nei Boschi sotto i Ciliegi in Fiore” è un'opera che, per certi versi, è ancora più difficile da comprendere e da interpretare della prima, proprio a causa del suo ricco simbolismo. Tuttavia l'unica piccola critica che posso muovere nei suoi confronti è la presenza, probabilmente voluta dagli sceneggiatori, di cellulari, mp3 o comunque oggetti di tecnologia che difficilmente si potrebbero trovare in un ipotetico XVIII secolo.
Complessivamente è un'opera di una vastissimo respiro. Voto: 9,5.
3) Il terzo romanzo rappresentato è “Kokoro” di Natsume Soseki. In quest'opera l'autore evidenzia il lato oscuro dell'uomo.
Non vorrei anticiparvi niente della trama, ma l'unico appunto che ho apprezzato molto è il pluralismo prospettico poiché l'autore racconta la tormentata storia attraverso il punto di vista di ben due personaggi, il che la rende ancora più interessante.
I temi principali dell'opera sono l'amore e il suicidio. Voto: 9,5.
4) “Corri Melos!” di Dazai Osamu
Nell'opera viene affrontato il tema della debolezze del cuore umano. Tuttavia rispetto a “Non più umano” si nota una tendenza al positivismo infatti, pur con una grande presenza di note di dolore, si nota un lieto fine.
Un altro aspetto molto interessante è il parallelismo reso con grande maestria di ben due storie: la vita dello scrittore Takada e quella di Melos.
Un altro tema molto importante è l'amicizia capace di purificare il cuore di un uomo. Voto: 10.
5) “Il filo del ragno” di Ryunosuke Akutagawa.
Una caratteristica molto particolare di questo scrittore è l'uso della cosiddetta letteratura artistica poiché è molto presente attraverso molte tecniche descrittive.
L'opera ritrae la vita di un uomo “malvagio” o meglio ribelle a una società corrotta. Voto: 9.
6) “Ritratto infernale” di Ryunosuke Akutagawa.
E' la storia di un uomo che sacrifica la sua vita per l'arte spinto dalla volontà di descrivere attraverso il suo talento una società dilaniata dalla corruzione e dalla malvagità di un re impostore che sembra uccidere il suo stesso paese. Voto: 10.
Nell'insieme non posso fare altro che "inchinarmi" a un così grande capolavoro e ammirarlo di fronte al suo splendore.
Aoi Bungaku Series è un opera costituita da un insieme di mini serie, da 2 a 4 episodi, in cui vengono riassunti i più importanti capolavori della cultura giapponese dell'epoca contemporanea. Oltre alle storie, stupende già come contenuto, è da aggiungersi degli ottimi regia e stile da parte degli artisti chiamati alla realizzazione: Kubo, Obata, e l'autore del "Principe del tennis".
Ogni storia può entrare o meno nei gusti personali, ma secondo me non può non piacere per la profondità e la particolarità dello stile. Consiglio la visione a tutti gli appassionati di anime di classe. Immancabile.
Ogni storia può entrare o meno nei gusti personali, ma secondo me non può non piacere per la profondità e la particolarità dello stile. Consiglio la visione a tutti gli appassionati di anime di classe. Immancabile.
Gironzolavo allegramente sul net, quando per caso mi è capitato di vedere la prima puntata di quest'opera, che è di gran pregio. Aoi Bungaku Series è, infatti, un progetto molto ambizioso e dal risultato straordinario.
Si tratta di una serie di 12 episodi che si compone di trasposizioni di alcune opere della letteratura giapponese, per le quali si alternano regie e artisti diversi. Ciascun episodio viene introdotto dall'attore e doppiatore Masato Sakai, che fornisce notizie utili e spunti per meglio entrare nel vivo dell'azione narrativa.
I primi 4 episodi sono dedicati all'opera "Non più umano" dell'autore Osamu Dazai; la regia è di Morio Asaka e i disegni del grande e insuperabile Takeshi Obata. Gli episodi 5-6 rappresentano "Nei boschi sotto i fiori di ciliegio in piena fioritura" di Ango Sakaguchi; gli episodi 7-8 "Kokoro" di Soseki Natsume; gli episodi 9-10 "Corri Melos", altra opera di Dazai; gli episodi 11-12 sono dedicati a due opere di Ryunosuke Akutagawa, rispettivamente "Il filo del ragno" e "Scena dell'inferno".
Dal punto di vista tecnico, la Madhouse ha ovviamente dato il meglio anche questa volta e secondo me stiamo parlando quasi di perfezione grafica, soprattutto se si fa riferimento ai due racconti di Dazai e all'ultimo di Akutagawa, che chiude la serie. I character design li ho trovati spettacolari, per non parlare di ambientazioni, fondali e atmosfere, che ben si adattano alle storie rappresentate. Stiamo parlando di un'opera di grande valore.
Dal punto di vista della trama, beh, esprimere una critica a mio avviso è impossibile e, trattandosi di classici della letteratura giapponese, sarebbe anche fuori luogo.
Posso limitarmi a dire soltanto quali siano state le opere che ho preferito e, in questo caso, sono stata completamente rapita da quelle di Dazai. "Non più umano" e "Corri Melos!" sono due capolavori di intensità e complessità. Due tematiche molto diverse, accomunate però dal tormento, dal rimorso, dalla debolezza e dalla lotta interiore.
Del primo ho amato le atmosfere un po' fosche, evanescenti, che danno un senso di antico, di misterioso. Il personaggio principale Youzou Oda incarna perfettamente la fragilità umana e il senso d'inettitudine; un individuo, che vaga senza meta e che non comprende il senso della sua e dell'esistenza in generale. E' un ragazzo che deve combattere con i fantasmi del suo passato che lo perseguitano, che si manifestano ai suoi occhi sotto forma di un'ombra terribile e che lo riducono ad uno stato di delirio.
"Corri Melos!" mi ha commossa. Il protagonista Takada, ingaggiato per scrivere una sceneggiatura teatrale di Melos, ritrova delle assonanze con una storia di amicizia del suo passato, che gli ha lasciato una profonda ferita. E così, dopo ben 15 anni, fa uno scavo interiore profondo e porta a galla tutti i sentimenti di rabbia, sconforto, di delusione in seguito al tradimento subito ed è come perseguitato dalla sua figura. La conclusione è davvero toccante.
Al di là delle mie preferenze, questa è una serie che vale la pena vedere e rivedere più volte ed è raccomandatissima a coloro che apprezzano l'arte, la bellezza e che ricercano anime dai contenuti elevati, che normalmente si ritrovano solo in alcune categorie di libri.
Il mio voto è un 10.
Si tratta di una serie di 12 episodi che si compone di trasposizioni di alcune opere della letteratura giapponese, per le quali si alternano regie e artisti diversi. Ciascun episodio viene introdotto dall'attore e doppiatore Masato Sakai, che fornisce notizie utili e spunti per meglio entrare nel vivo dell'azione narrativa.
I primi 4 episodi sono dedicati all'opera "Non più umano" dell'autore Osamu Dazai; la regia è di Morio Asaka e i disegni del grande e insuperabile Takeshi Obata. Gli episodi 5-6 rappresentano "Nei boschi sotto i fiori di ciliegio in piena fioritura" di Ango Sakaguchi; gli episodi 7-8 "Kokoro" di Soseki Natsume; gli episodi 9-10 "Corri Melos", altra opera di Dazai; gli episodi 11-12 sono dedicati a due opere di Ryunosuke Akutagawa, rispettivamente "Il filo del ragno" e "Scena dell'inferno".
Dal punto di vista tecnico, la Madhouse ha ovviamente dato il meglio anche questa volta e secondo me stiamo parlando quasi di perfezione grafica, soprattutto se si fa riferimento ai due racconti di Dazai e all'ultimo di Akutagawa, che chiude la serie. I character design li ho trovati spettacolari, per non parlare di ambientazioni, fondali e atmosfere, che ben si adattano alle storie rappresentate. Stiamo parlando di un'opera di grande valore.
Dal punto di vista della trama, beh, esprimere una critica a mio avviso è impossibile e, trattandosi di classici della letteratura giapponese, sarebbe anche fuori luogo.
Posso limitarmi a dire soltanto quali siano state le opere che ho preferito e, in questo caso, sono stata completamente rapita da quelle di Dazai. "Non più umano" e "Corri Melos!" sono due capolavori di intensità e complessità. Due tematiche molto diverse, accomunate però dal tormento, dal rimorso, dalla debolezza e dalla lotta interiore.
Del primo ho amato le atmosfere un po' fosche, evanescenti, che danno un senso di antico, di misterioso. Il personaggio principale Youzou Oda incarna perfettamente la fragilità umana e il senso d'inettitudine; un individuo, che vaga senza meta e che non comprende il senso della sua e dell'esistenza in generale. E' un ragazzo che deve combattere con i fantasmi del suo passato che lo perseguitano, che si manifestano ai suoi occhi sotto forma di un'ombra terribile e che lo riducono ad uno stato di delirio.
"Corri Melos!" mi ha commossa. Il protagonista Takada, ingaggiato per scrivere una sceneggiatura teatrale di Melos, ritrova delle assonanze con una storia di amicizia del suo passato, che gli ha lasciato una profonda ferita. E così, dopo ben 15 anni, fa uno scavo interiore profondo e porta a galla tutti i sentimenti di rabbia, sconforto, di delusione in seguito al tradimento subito ed è come perseguitato dalla sua figura. La conclusione è davvero toccante.
Al di là delle mie preferenze, questa è una serie che vale la pena vedere e rivedere più volte ed è raccomandatissima a coloro che apprezzano l'arte, la bellezza e che ricercano anime dai contenuti elevati, che normalmente si ritrovano solo in alcune categorie di libri.
Il mio voto è un 10.
In occasione del centenario della nascita del celebre scrittore giapponese Osamu Dazai, Madhouse rende omaggio con Aoi Bungaku all'autore di alcuni dei più importanti classici della letteratura nipponica. La serie punta chiaramente ad andare oltre la semplice trasposizione televisiva dei romanzi da cui trae spunto. Come spiega l'attore e doppiatore Masato Sakai nell'introduzione, l'obbiettivo è quello di riscoprire le opere e la vita, non solo di Dazai, ma anche degli altri autori che hanno fatto parte della sua stessa corrente letteraria, dall'inizio del Novecento fino al secondo dopoguerra, sottolineandone gli aspetti che forse ancora oggi potrebbero destare l'interesse dei giovani. Il risultato è una serie composta da sei autentici gioielli, realizzati da alcuni dei più interessanti e geniali animatori degli ultimi anni.
Su tutti spicca Ningen Shikkaku, a cui vengono concessi ben quattro episodi, forse anche perché è il capitolo che presta più attenzione agli elementi autobiografici presenti nel romanzo di partenza, dalla militanza nel partito comunista alla burrascosa vita sentimentale, fino ai tentativi di suicidio e alla costante vocazione per l'autodistruzione che ovviamente può essere solo ricerca della purezza. Il bisogno di Yozo di deridere e annientare ciò che della società è penetrato in lui, si tramuta in una specie di stilnovismo rovesciato, come se, tentando di ritrovare nelle donne incontrate nel corso della vita l'innocenza perduta, finisse invece per corromperle sconvolgendone l'esistenza.
<b>ATTENZIONE! POSSIBILE SPOILER!</b>
Obata è un autentico cannibale del charades, ma non antepone mai le proprie esigenze artistiche alla riuscita degli episodi, delicato e seducente in Ningen Shikkaku, estroso e sofisticato in Kokoro. I suoi disegni sono un piacevole corollario su cui Atsushi Takahashi e Shigeyuki Miya (in Kokoro) costruiscono degli eccellenti storyboard. La scena in cui, pochi istanti prima del seppuku, K. si scioglie i capelli liberando tutta la sua energia vitale, fino a quel momento vincolata a una rigida e ascetica condotta morale, basterebbe da sola a fare di Aoi Bungaku un capolavoro.
<b>FINE SPOILER</b>
Sakura no Mori no Mankai no Shita invece risulta leggermente goffo e approssimativo, rispetto agli altri capitoli. Fortunatamente Tetsuro Araki, oltre ad avere i nervi d'acciaio, conserva nascosta da qualche parte la pietra filosofale e riesce a trasformare persino un TiteKubo decisamente sopra le righe.
Il vero attore non recita mai, così come il vero scrittore non crea niente dal nulla, partendo da questo presupposto Ryosuke Nakamura in Hashire Melos torna a inseguire i suoi fantasmi attraverso le pagine di un libro; senza il supporto di Sadayuki Murai non ottiene gli stessi risultati che aveva raggiunto in Moryo no Hako, ma riesce comunque a volare molto alto, facendo anche delle interessantissime riflessioni sull'animazione e sull'arte in generale.
Chiudono la serie due simpatici incubi tra amici, Kumo no Ito e Jigoku Hen, bellissime le animazioni lisergiche anche se purtroppo Elvis ha già lasciato l'edificio.
Su tutti spicca Ningen Shikkaku, a cui vengono concessi ben quattro episodi, forse anche perché è il capitolo che presta più attenzione agli elementi autobiografici presenti nel romanzo di partenza, dalla militanza nel partito comunista alla burrascosa vita sentimentale, fino ai tentativi di suicidio e alla costante vocazione per l'autodistruzione che ovviamente può essere solo ricerca della purezza. Il bisogno di Yozo di deridere e annientare ciò che della società è penetrato in lui, si tramuta in una specie di stilnovismo rovesciato, come se, tentando di ritrovare nelle donne incontrate nel corso della vita l'innocenza perduta, finisse invece per corromperle sconvolgendone l'esistenza.
<b>ATTENZIONE! POSSIBILE SPOILER!</b>
Obata è un autentico cannibale del charades, ma non antepone mai le proprie esigenze artistiche alla riuscita degli episodi, delicato e seducente in Ningen Shikkaku, estroso e sofisticato in Kokoro. I suoi disegni sono un piacevole corollario su cui Atsushi Takahashi e Shigeyuki Miya (in Kokoro) costruiscono degli eccellenti storyboard. La scena in cui, pochi istanti prima del seppuku, K. si scioglie i capelli liberando tutta la sua energia vitale, fino a quel momento vincolata a una rigida e ascetica condotta morale, basterebbe da sola a fare di Aoi Bungaku un capolavoro.
<b>FINE SPOILER</b>
Sakura no Mori no Mankai no Shita invece risulta leggermente goffo e approssimativo, rispetto agli altri capitoli. Fortunatamente Tetsuro Araki, oltre ad avere i nervi d'acciaio, conserva nascosta da qualche parte la pietra filosofale e riesce a trasformare persino un TiteKubo decisamente sopra le righe.
Il vero attore non recita mai, così come il vero scrittore non crea niente dal nulla, partendo da questo presupposto Ryosuke Nakamura in Hashire Melos torna a inseguire i suoi fantasmi attraverso le pagine di un libro; senza il supporto di Sadayuki Murai non ottiene gli stessi risultati che aveva raggiunto in Moryo no Hako, ma riesce comunque a volare molto alto, facendo anche delle interessantissime riflessioni sull'animazione e sull'arte in generale.
Chiudono la serie due simpatici incubi tra amici, Kumo no Ito e Jigoku Hen, bellissime le animazioni lisergiche anche se purtroppo Elvis ha già lasciato l'edificio.
Raramente do il 10, ma raramente s'incontrano anime simili, quindi senza remora do un 10 convinto e senza remora alcuna. E ringrazio ReiRan per il suggerimento di vedere questi 12 stupendi episodi.
Questi racconti della "letteratura blu" sono qualcosa che esce dagli schemi soliti, ma le visioni che propongono sono molto molto vicine alla mentalità giapponese nell'interpretazione del dolore e dei sentimenti mesti. Va detto subito che non è un qualcosa che si guarda tanto per, bisogna volercisi mettere a guardare e seguire con attenzione questi racconti: non sono solo storie, sono profondi, cercano di dire qualcosa e soprattutto cercano di dirlo tra le righe di una narrazione esemplificativa.
Ogni racconto ha qualcosa da dire e per dirlo viene usato il protagonista e il suo intorno nella vicenda esposta; credo che chiunque sia portato a fare una scaletta tra le narrazioni predilette, ma tutti i racconti sono notevoli a mio avviso, e il tratto grafico e le colonne sonore sono assolutamente azzeccatissime.
Lo consiglio vivamente a chi abbia voglia di un po' di filosofia via anime.
Questi racconti della "letteratura blu" sono qualcosa che esce dagli schemi soliti, ma le visioni che propongono sono molto molto vicine alla mentalità giapponese nell'interpretazione del dolore e dei sentimenti mesti. Va detto subito che non è un qualcosa che si guarda tanto per, bisogna volercisi mettere a guardare e seguire con attenzione questi racconti: non sono solo storie, sono profondi, cercano di dire qualcosa e soprattutto cercano di dirlo tra le righe di una narrazione esemplificativa.
Ogni racconto ha qualcosa da dire e per dirlo viene usato il protagonista e il suo intorno nella vicenda esposta; credo che chiunque sia portato a fare una scaletta tra le narrazioni predilette, ma tutti i racconti sono notevoli a mio avviso, e il tratto grafico e le colonne sonore sono assolutamente azzeccatissime.
Lo consiglio vivamente a chi abbia voglia di un po' di filosofia via anime.
Aoi Bungaku (letteratura blu):
<i>“I capolavori sono blu” il blu rappresenta il colore della tristezza della tragedia, solo i capolavori ci fanno percepire il dolore.</i>
Siamo di fronte ad un anime atipico che traspone in animazione sei capolavori della letteratura giapponese contemporanea. Premetto che non conosco questi romanzi e racconti e non sono un’esperta di letteratura giapponese, quindi non sono in grado di darvi una contestualizzazione storica né biografica degli autori, né tanto meno di delucidarne i significati profondi attraverso un’analisi critica. Quindi prendete questa recensione come il parere di una persona che ha apprezzato quello che ha visto e tenta di darvi qualche indicazione per farvi capire se vi possa interessare o meno quest’anime.
Detto ciò, posso dire con certezza che Aoi Bungaku non è un prodotto commerciale, è lontano anni luce dai soliti stereotipi ecchi e dal fanservice. Non è divertente ma è profondo e introspettivo, a tratti contorto e di difficile comprensione. Spesso non ci sono dei veri e propri finali e molto viene lasciato all'interpretazione del pubblico. Tutto sembra essere una metafora.
Non è un prodotto per tutti e a molti non piacerà. Forse è indicato ad un pubblico non necessariamente adulto, ma alla ricerca di qualcosa di particolare, diverso ed interessante.
Gli episodi dell’anime sono così impostati:
Episodi da 1-4: No Longer Human (Ningen Shikkaku), "Non più umano".
Episodi 5-6: In the Forest, Under Cherries in Full Bloom (Sakura no Mori no Mankai no Shita). "Nella foresta, sotto il ciliegio in piena fioritura".
Episodi 7-8: Kokoro, "Estate".
Episodi 9-10: Run Melos! (Hashire, Melos!), "Corri Melos!".
Episodio 11: The Spider's Thread (Kumo no Ito), "Il filo del Ragno".
Episodio 12: Hell Screen (Jigoku Hen).
No Longer Human, di Dazai Osamu, disegni di Takeshi Obata.
Youzou Oda. Un giovane di ricca famiglia, contro il volere del padre, influente uomo politico, decide di intraprendere studi artistici. Da lui, l'erede maschio, ci si aspetterebbero degli studi più adeguati e un cammino che segua le orme del padre, non una vita dissoluta. La sua condotta porta al disconoscimento ma anche allo scandalo. Tuttavia lo scandalo deve essere evitato e le azioni di Youzou devono essere coperte. Youzou è ossessionato e perseguitato da visione di un mostro che nasce nella sua mente,. Oggi potremmo pensare si tratti di schizofrenia, mal di vivere o depressione. Il mostro è la proiezione del suo ego, del suo malessere. Youzou è dannato ma bello, dotato di potere magnetico: le donne non sanno resistergli. L’onore delle famiglia, i doveri di successore, la condizione delle donne che gli ruotano intorno e, non ultimi, i deliri del protagonista sono i temi affrontati. Una curiosità, il tratto è quello di Takeshi Obata, autore di “Death Note” infatti salta subito all’occhio la somiglianza tra Youzou e Light, che, badate, è solo esteriore.
In the Forest, di Sakaguchi Ando, disegni di Tite Kubo.
Shigemaru. Il protagonista è un bandito di montagna possente e abile nell’uso delle armi che non ha paura di nulla. Nella foresta si ritrova in una radura in cui vi è un ciliegio in fiore che provoca in lui strane visioni di morte e che lo spaventa a tal punto da farlo scappare. Qualche giorno dopo si imbatte in una bellissima donna che viaggia col marito e un servo. Questa donna è tanto bella quanto pazza e sembra aver un qualche occulto metodo di controllo sulla mente del povero Shigemaru, che ne diventa succube. Follia, pura follia omicida, dissacrazione dei simboli del guerriero come anche del mitico ciliegio in fiore, contrapposizione natura-città, progresso-tradizioni. Ancora più dissacranti risultano certi particolari che quasi stonano come gli i-pod, icellulari e un cinghialotto parlante. Insomma, c'è dell'ironia grottesca.
Kokoro, di Soseki Natsume, disegni di Takeshi Obata.
Uno studente abbiente vive in affitto presso la casa di una vedova che ha una figlia nubile. L’uomo ha un buon rapporto con le due donne. Gli equilibri si spezzano quando chiede di ospitare un suo amico che studia per diventare monaco. Nei due episodi la stessa storia viene narrata da due punti di vista: prima quello dello studente chiamato “sensei” (maestro) e poi da quello dell’aspirante monaco, Kei. Amore, gelosia, amicizia, convenienza sociale del matrimonio sono i temi principali.
Run, Melos!, di Osamu Dazai, disegni di Takeshi Konomi.
<i>“È più doloroso essere la persona che aspetta? O è più doloroso essere la persona che fa aspettare gli altri?”</i>.
La striscia introduttiva all’episodio ci fa capire che l’ispirazione a scrivere questo romanzo è venuta all’autore da un fatto realmente accaduto e autobiografico: l’autore è stato infatti tradito da un amico. E l’episodio tratta proprio di uno scrittore, a sua volta tradito da un amico, che deve scrivere una sceneggiatura sul valore dell’amicizia. Egli è combattuto, non riesce a dare un finale positivo alla vicenda, non riesce a dare fiducia ed è tentato di impostare la storia sul tradimento. Quale sarà l’epilogo dell’opera teatrale?
Gli ultimi due episodi (l'11 e il 12) narrano due storie che seppur autonome sono collegate perché hanno la stessa ambientazione. Il terribile re risulta essere l’anello di interconnessione.
The Spider's Thread, di Ryūnosuke Akutagawa, disegni di Tite Kubo.
L’episodio 11 racconta di Kanada, uno spietato e psicopatico assassino, e ci mostra cosa accade nella mente di un killer che non ha alcun rispetto per la vita umana. Kanada la fa sempre franca in un mondo in cui il forte vince sul più debole. "Homo homini lupus" dunque o almeno finché non si scontra contro qualcuno più potente di lui: il re. Il filo del ragno (che dà il titolo all’opera) qui rappresenta una metafora di salvezza dall’eterna dannazione. Bisognerà vedere se il peccatore riuscirà a redimersi, oppure cadrà sotto il “peso” dei suoi peccati. Mi stupisce che il racconto sia indirizzato ai bambini, visto che la storia è cruenta e molto introspettiva. Indubbiamente al pari di tutte le favole ha l’immancabile morale finale.
Hell Screen, di Ryūnosuke Akutagawa, disegni di Tite Kubo.
Sia Kanada che il Re sono dei mostri assassini. Ciò viene chiaramente definito nell’episodio 12. L’uno uccide per denaro o per ira, l’altro uccide per noia e per qualsiasi minimo dissenso o fastidio. Fatto sta che per entrambi la vita umana non ha alcun valore. Nel dodicesimo episodio viene narrata la storia di un pittore reale, a cui viene commissionato di affrescare le pareti del mausoleo reale. Il pittore non riesce più a esprimersi con un'arte cortigiana ed adulatrice, cieca di fronte alla cruda realtà dei fatti. Come ci riferisce lo stesso commento introduttivo all’episodio, questo racconto dà voce a un dilemma personale dell’autore: se l’artista dovesse anteporre l’arte alla sua vita, ciò porterebbe alla distruzione della sua vita.? Beh, l'unica cosa certoa è che Akutagawa alla fine si suicidò. L’arte non è più solo la ricerca del bello e della verità dunque,ma diventa un ossessione.
In Giappone un conduttore dà agli episodi una presentazione introduttiva e un commento finale. Nei video però quelli iniziali vengono tralasciati spesso, mentre quelli finali vengono di frequente sfumati. Peccato, sarebbero stati dei buoni strumenti per comprendere meglio le storie e gli autori.
Bellissima la realizzazione grafica e buona la colonna sonora. Del resto, come già detto, hanno partecipato disegnatori d’eccellenza: Takeshi Obata (Death Note) Tite Kubo (Bleach), Takeshi Konomi (Il principe del Tennis).
Per me quest'anime è da 10: un capolavoro della Madhouse.
<i>“I capolavori sono blu” il blu rappresenta il colore della tristezza della tragedia, solo i capolavori ci fanno percepire il dolore.</i>
Siamo di fronte ad un anime atipico che traspone in animazione sei capolavori della letteratura giapponese contemporanea. Premetto che non conosco questi romanzi e racconti e non sono un’esperta di letteratura giapponese, quindi non sono in grado di darvi una contestualizzazione storica né biografica degli autori, né tanto meno di delucidarne i significati profondi attraverso un’analisi critica. Quindi prendete questa recensione come il parere di una persona che ha apprezzato quello che ha visto e tenta di darvi qualche indicazione per farvi capire se vi possa interessare o meno quest’anime.
Detto ciò, posso dire con certezza che Aoi Bungaku non è un prodotto commerciale, è lontano anni luce dai soliti stereotipi ecchi e dal fanservice. Non è divertente ma è profondo e introspettivo, a tratti contorto e di difficile comprensione. Spesso non ci sono dei veri e propri finali e molto viene lasciato all'interpretazione del pubblico. Tutto sembra essere una metafora.
Non è un prodotto per tutti e a molti non piacerà. Forse è indicato ad un pubblico non necessariamente adulto, ma alla ricerca di qualcosa di particolare, diverso ed interessante.
Gli episodi dell’anime sono così impostati:
Episodi da 1-4: No Longer Human (Ningen Shikkaku), "Non più umano".
Episodi 5-6: In the Forest, Under Cherries in Full Bloom (Sakura no Mori no Mankai no Shita). "Nella foresta, sotto il ciliegio in piena fioritura".
Episodi 7-8: Kokoro, "Estate".
Episodi 9-10: Run Melos! (Hashire, Melos!), "Corri Melos!".
Episodio 11: The Spider's Thread (Kumo no Ito), "Il filo del Ragno".
Episodio 12: Hell Screen (Jigoku Hen).
No Longer Human, di Dazai Osamu, disegni di Takeshi Obata.
Youzou Oda. Un giovane di ricca famiglia, contro il volere del padre, influente uomo politico, decide di intraprendere studi artistici. Da lui, l'erede maschio, ci si aspetterebbero degli studi più adeguati e un cammino che segua le orme del padre, non una vita dissoluta. La sua condotta porta al disconoscimento ma anche allo scandalo. Tuttavia lo scandalo deve essere evitato e le azioni di Youzou devono essere coperte. Youzou è ossessionato e perseguitato da visione di un mostro che nasce nella sua mente,. Oggi potremmo pensare si tratti di schizofrenia, mal di vivere o depressione. Il mostro è la proiezione del suo ego, del suo malessere. Youzou è dannato ma bello, dotato di potere magnetico: le donne non sanno resistergli. L’onore delle famiglia, i doveri di successore, la condizione delle donne che gli ruotano intorno e, non ultimi, i deliri del protagonista sono i temi affrontati. Una curiosità, il tratto è quello di Takeshi Obata, autore di “Death Note” infatti salta subito all’occhio la somiglianza tra Youzou e Light, che, badate, è solo esteriore.
In the Forest, di Sakaguchi Ando, disegni di Tite Kubo.
Shigemaru. Il protagonista è un bandito di montagna possente e abile nell’uso delle armi che non ha paura di nulla. Nella foresta si ritrova in una radura in cui vi è un ciliegio in fiore che provoca in lui strane visioni di morte e che lo spaventa a tal punto da farlo scappare. Qualche giorno dopo si imbatte in una bellissima donna che viaggia col marito e un servo. Questa donna è tanto bella quanto pazza e sembra aver un qualche occulto metodo di controllo sulla mente del povero Shigemaru, che ne diventa succube. Follia, pura follia omicida, dissacrazione dei simboli del guerriero come anche del mitico ciliegio in fiore, contrapposizione natura-città, progresso-tradizioni. Ancora più dissacranti risultano certi particolari che quasi stonano come gli i-pod, icellulari e un cinghialotto parlante. Insomma, c'è dell'ironia grottesca.
Kokoro, di Soseki Natsume, disegni di Takeshi Obata.
Uno studente abbiente vive in affitto presso la casa di una vedova che ha una figlia nubile. L’uomo ha un buon rapporto con le due donne. Gli equilibri si spezzano quando chiede di ospitare un suo amico che studia per diventare monaco. Nei due episodi la stessa storia viene narrata da due punti di vista: prima quello dello studente chiamato “sensei” (maestro) e poi da quello dell’aspirante monaco, Kei. Amore, gelosia, amicizia, convenienza sociale del matrimonio sono i temi principali.
Run, Melos!, di Osamu Dazai, disegni di Takeshi Konomi.
<i>“È più doloroso essere la persona che aspetta? O è più doloroso essere la persona che fa aspettare gli altri?”</i>.
La striscia introduttiva all’episodio ci fa capire che l’ispirazione a scrivere questo romanzo è venuta all’autore da un fatto realmente accaduto e autobiografico: l’autore è stato infatti tradito da un amico. E l’episodio tratta proprio di uno scrittore, a sua volta tradito da un amico, che deve scrivere una sceneggiatura sul valore dell’amicizia. Egli è combattuto, non riesce a dare un finale positivo alla vicenda, non riesce a dare fiducia ed è tentato di impostare la storia sul tradimento. Quale sarà l’epilogo dell’opera teatrale?
Gli ultimi due episodi (l'11 e il 12) narrano due storie che seppur autonome sono collegate perché hanno la stessa ambientazione. Il terribile re risulta essere l’anello di interconnessione.
The Spider's Thread, di Ryūnosuke Akutagawa, disegni di Tite Kubo.
L’episodio 11 racconta di Kanada, uno spietato e psicopatico assassino, e ci mostra cosa accade nella mente di un killer che non ha alcun rispetto per la vita umana. Kanada la fa sempre franca in un mondo in cui il forte vince sul più debole. "Homo homini lupus" dunque o almeno finché non si scontra contro qualcuno più potente di lui: il re. Il filo del ragno (che dà il titolo all’opera) qui rappresenta una metafora di salvezza dall’eterna dannazione. Bisognerà vedere se il peccatore riuscirà a redimersi, oppure cadrà sotto il “peso” dei suoi peccati. Mi stupisce che il racconto sia indirizzato ai bambini, visto che la storia è cruenta e molto introspettiva. Indubbiamente al pari di tutte le favole ha l’immancabile morale finale.
Hell Screen, di Ryūnosuke Akutagawa, disegni di Tite Kubo.
Sia Kanada che il Re sono dei mostri assassini. Ciò viene chiaramente definito nell’episodio 12. L’uno uccide per denaro o per ira, l’altro uccide per noia e per qualsiasi minimo dissenso o fastidio. Fatto sta che per entrambi la vita umana non ha alcun valore. Nel dodicesimo episodio viene narrata la storia di un pittore reale, a cui viene commissionato di affrescare le pareti del mausoleo reale. Il pittore non riesce più a esprimersi con un'arte cortigiana ed adulatrice, cieca di fronte alla cruda realtà dei fatti. Come ci riferisce lo stesso commento introduttivo all’episodio, questo racconto dà voce a un dilemma personale dell’autore: se l’artista dovesse anteporre l’arte alla sua vita, ciò porterebbe alla distruzione della sua vita.? Beh, l'unica cosa certoa è che Akutagawa alla fine si suicidò. L’arte non è più solo la ricerca del bello e della verità dunque,ma diventa un ossessione.
In Giappone un conduttore dà agli episodi una presentazione introduttiva e un commento finale. Nei video però quelli iniziali vengono tralasciati spesso, mentre quelli finali vengono di frequente sfumati. Peccato, sarebbero stati dei buoni strumenti per comprendere meglio le storie e gli autori.
Bellissima la realizzazione grafica e buona la colonna sonora. Del resto, come già detto, hanno partecipato disegnatori d’eccellenza: Takeshi Obata (Death Note) Tite Kubo (Bleach), Takeshi Konomi (Il principe del Tennis).
Per me quest'anime è da 10: un capolavoro della Madhouse.
Aoi Bungaku e' una serie prodotta dalla casa editrice giapponese Shueisha composta da 12 episodi. La serie adatterà in cartone animato quattro classici moderni della letteratura giapponese: i romanzi No Longer Human (Ningen Shikkaku) e Run Melos! (Hashire, Melos!) entrambi scritti da Osamu Dazai, Kokoro di Natsume Soseki e Hell Screen (Jigoku Hen) di Ryunosuke Akutagawa.
Per il momento ho visto i primi tre episodi, e l'impressione e' quella di un vero e proprio capolavoro: disegni e animazioni stupende; tra l'altro il disegno di No longer Human e' curato da Sua Santità Takeshi Obata,
(Infatti il protagonista ricorda parecchio Light).
Pertanto e' un lavoro consigliato agli amanti dell'animazione di tendenza piu' intellettuale e raffinata.
Un riuscitissimo connubio tra animazione e letteratura.
Per il momento ho visto i primi tre episodi, e l'impressione e' quella di un vero e proprio capolavoro: disegni e animazioni stupende; tra l'altro il disegno di No longer Human e' curato da Sua Santità Takeshi Obata,
(Infatti il protagonista ricorda parecchio Light).
Pertanto e' un lavoro consigliato agli amanti dell'animazione di tendenza piu' intellettuale e raffinata.
Un riuscitissimo connubio tra animazione e letteratura.