Heartcatch Pretty Cure
Non fidatevi delle recensioni negative. Aldilà del fatto che i punteggi più bassi qui siano inseriti da persone che hanno visto solo pochi episodi, «HeartCatch Pretty Cure» è la più acclamata e apprezzata serie del franchise a livello internazionale. E a buon ragione, direi. «HeartCatch» ha tutto quello che si può desiderare da un mahou shoujo forte: una storia semplice ma efficace, combattimenti corpo a corpo pazzeschi, un character design splendido e peculiare, dinamicità, approfondimenti psicologici, sprazzi dark e soprattutto tante emozioni.
Lati positivi:
- Il character design mi ha positivamente colpito, in bilico tra lo stile tipico di Umakoshi per «Doremi», le figure stilizzate di Ikeda Ryoko, «Lady Oscar», e i volti di Shoujo Kakumei, «Utena». Uno stacco netto dai soliti chara contemporanei.
- Cure Moonlight e Cure Sunshine: questa stagione porta con sé due precure psicologicamente molto affascinanti. La prima con la sua storyline struggente, tragica, adulta, sempre in bilico tra luce e oscurità (interiore), per poi rinascere come la fenice dalle sue ceneri. La seconda ci mostra una Lady Oscar dei giorni nostri, costretta nei panni maschili ma profondamente attratta dalla femminilità che la porterà a decidere da sola per se stessa e a non lasciare che le situazioni, la famiglia o i doveri le impongano chi essere e soprattutto come esserlo. Da un punto di vista prettamente estetico Cure Moonlight è senza ombra di dubbio una delle più belle precure mai disegnate.
- Miti e leggende: uno dei pregi di questo Heartcatch è stato il donare alle pretty cure una mitologia, una storia che va oltre il presente vissuto dalle protagoniste, così che la trama raggiunga un’aura di etipicità molto elevata. E in buona parte ci riesce. Le precure sono guardiane che nel tempo si susseguono per svolgere un preciso scopo, e alcune di loro sono vere e proprie eroine da ricordare per sempre. Vi sono loro statue situate in un castello a loro dedicato, una sorta di tempio religioso dove le nostre guerriere possono anche superare dure prove per diventare più forti, più coscienti di se stesse e del proprio ruolo.
- I mostri: i ‘’Desertrian’’ non sono i soliti mostri che ripetono come un pappagallo il proprio nome, ma sono la proiezione materiale di pensieri repressi, sofferenze, gelosie, preoccupazioni, che si sfogano in maniera violenta. Mostri dotati di una forte accezione psicologica dunque, e questo è davvero un espediente eccellente, soprattutto per lo sviluppo di alcuni personaggi fondamentali (Sunshine, appunto).
- L’azione: «HeartCatch Pretty Cure» si dimostra più di ogni altra la serie in grado di mettere in scena straordinarie sequenze d’azione e combattimento, dirette con maestria, ricche di una dinamicità che negli anni ’90 mancava alla maggior parte dei mahou shoujo e che ha sempre contraddistinto invece i prodotti destinati al pubblico maschile (come gli shonen). Invece qui il corpo a corpo diventa intenso: donne forti, che picchiano duro, in mini gonna: girl power!
- Dark Precure: nemesi affascinante, magari non sfruttata al meglio delle sue potenzialità, ma comunque in grado di tenere desta l’attenzione.
- Trama: seppur molto semplice e altalenante, ho trovato la trama molto più interessante e ricca di potenzialità rispetto alle altre serie, con qualche guizzo di scrittura in più, sforzandosi di superare alcuni cliché che invece altre serie (Smile) abbracciano troppo spesso. La trama però rientra anche nei difetti.
Difetti
- I nemici: esclusa Dark Precure, il resto dei nemici viene scarsamente delineato, lasciando sia le loro caratterizzazioni sia le loro motivazioni troppo sul fondo della trama. Per 49 episodi poco si sa di chi siano e del perché agiscano in un determinato modo. E nel finale di serie le spiegazioni, minime, vengono date in modo troppo frettoloso. Il boss finale, Dune, è esteticamente pessimo, mentre da un punto di vista ‘’caratteriale’’ rimane privo di spessore. Un gran peccato.
- La trama: come già detto seppur molto più interessante, nella sua semplicità, di altre trame del franchise, tende a promettere senza donare, lasciando le potenzialità latenti. Rimane poco sviluppata e nel finale risolta in maniera affrettata. I troppi filler si allontanano spesso dalla trama principale, lasciando spesso che questa sia più una cornice piuttosto che il quadro stesso.
In conclusione comunque mi è piaciuta tantissimo, l’ambientazione e i combattimenti degli episodi finali poi mi hanno lasciato davvero estasiato.
Lati positivi:
- Il character design mi ha positivamente colpito, in bilico tra lo stile tipico di Umakoshi per «Doremi», le figure stilizzate di Ikeda Ryoko, «Lady Oscar», e i volti di Shoujo Kakumei, «Utena». Uno stacco netto dai soliti chara contemporanei.
- Cure Moonlight e Cure Sunshine: questa stagione porta con sé due precure psicologicamente molto affascinanti. La prima con la sua storyline struggente, tragica, adulta, sempre in bilico tra luce e oscurità (interiore), per poi rinascere come la fenice dalle sue ceneri. La seconda ci mostra una Lady Oscar dei giorni nostri, costretta nei panni maschili ma profondamente attratta dalla femminilità che la porterà a decidere da sola per se stessa e a non lasciare che le situazioni, la famiglia o i doveri le impongano chi essere e soprattutto come esserlo. Da un punto di vista prettamente estetico Cure Moonlight è senza ombra di dubbio una delle più belle precure mai disegnate.
- Miti e leggende: uno dei pregi di questo Heartcatch è stato il donare alle pretty cure una mitologia, una storia che va oltre il presente vissuto dalle protagoniste, così che la trama raggiunga un’aura di etipicità molto elevata. E in buona parte ci riesce. Le precure sono guardiane che nel tempo si susseguono per svolgere un preciso scopo, e alcune di loro sono vere e proprie eroine da ricordare per sempre. Vi sono loro statue situate in un castello a loro dedicato, una sorta di tempio religioso dove le nostre guerriere possono anche superare dure prove per diventare più forti, più coscienti di se stesse e del proprio ruolo.
- I mostri: i ‘’Desertrian’’ non sono i soliti mostri che ripetono come un pappagallo il proprio nome, ma sono la proiezione materiale di pensieri repressi, sofferenze, gelosie, preoccupazioni, che si sfogano in maniera violenta. Mostri dotati di una forte accezione psicologica dunque, e questo è davvero un espediente eccellente, soprattutto per lo sviluppo di alcuni personaggi fondamentali (Sunshine, appunto).
- L’azione: «HeartCatch Pretty Cure» si dimostra più di ogni altra la serie in grado di mettere in scena straordinarie sequenze d’azione e combattimento, dirette con maestria, ricche di una dinamicità che negli anni ’90 mancava alla maggior parte dei mahou shoujo e che ha sempre contraddistinto invece i prodotti destinati al pubblico maschile (come gli shonen). Invece qui il corpo a corpo diventa intenso: donne forti, che picchiano duro, in mini gonna: girl power!
- Dark Precure: nemesi affascinante, magari non sfruttata al meglio delle sue potenzialità, ma comunque in grado di tenere desta l’attenzione.
- Trama: seppur molto semplice e altalenante, ho trovato la trama molto più interessante e ricca di potenzialità rispetto alle altre serie, con qualche guizzo di scrittura in più, sforzandosi di superare alcuni cliché che invece altre serie (Smile) abbracciano troppo spesso. La trama però rientra anche nei difetti.
Difetti
- I nemici: esclusa Dark Precure, il resto dei nemici viene scarsamente delineato, lasciando sia le loro caratterizzazioni sia le loro motivazioni troppo sul fondo della trama. Per 49 episodi poco si sa di chi siano e del perché agiscano in un determinato modo. E nel finale di serie le spiegazioni, minime, vengono date in modo troppo frettoloso. Il boss finale, Dune, è esteticamente pessimo, mentre da un punto di vista ‘’caratteriale’’ rimane privo di spessore. Un gran peccato.
- La trama: come già detto seppur molto più interessante, nella sua semplicità, di altre trame del franchise, tende a promettere senza donare, lasciando le potenzialità latenti. Rimane poco sviluppata e nel finale risolta in maniera affrettata. I troppi filler si allontanano spesso dalla trama principale, lasciando spesso che questa sia più una cornice piuttosto che il quadro stesso.
In conclusione comunque mi è piaciuta tantissimo, l’ambientazione e i combattimenti degli episodi finali poi mi hanno lasciato davvero estasiato.
Vorrei iniziare questa recensione con una citazione:
"Adesso basta, ne ho avuto abbastanza, sono stufa". (nota, ho solo citato la battutta, quindi io sono stufo)
Perché? Per il fatto che molti etichettano subito HeartCatch tra le peggiori, se non la peggiore, della saga delle leggendarie guerriere Pretty Cure, forse per il suo "particolare" stile grafico, o perché non sopportano i personaggi, o forse perché osa a livello narrativo e contenutistico ecc.., beccandosi subito il titolo di "pecora nera".
Per me non è così, al contrario, Heartcatch, secondo chi scrive, e una delle più intense serie dedicata alle leggendarie guerriere, proprio per i motivi descritti sopra, forse non adatti al classico "target di riferimento", ma ad un pubblico più grandicello, tra cui il sottoscritto che ora scrive.
Occhio agli spoiler:
Stavolta il conflitto tra luce e oscurità, riguarda l'assalto dei messaggeri del deserto, nei confronti dell'albero del cuore, albero nascosto nel cielo in grado di mantenere la vita sulla terra, che se distrutto provocherebbe l'immediato appassimento totale della terra riducendolo a un pianeta deserto, e a difenderlo vi sono sempre state le Pretty Cure, qui identificate col nome di HeartCatch, e a differenze delle precedenti serie, qui il conflitto tra le due forze assume una connotazione secolare, cioè durata da troppo tempo e combattuta da svariate generazioni di guerriere, dando quindi una dimensione temporale più profonda rispetto alle precedenti saghe.
Stavolta la serie parte subito in sordina, in cui assistiamo a un feroce scontro tra una Pretty Cure e una oscura guerriera, in cui sfoggiano poteri molto simili, ma che alla fine volgerà a favore dell'oscura avversaria, privando l'altra guerriera della sua capacità di trasformarsi, per poi concludersi in un modo apparentemente mortale nei suoi confronti. E a tutto questo un misterioso tizio mascherato assiste al tutto.
Dopo l'opening, assistiamo al trasferimento di una famiglia nella città dove si svolge la serie: Kibōgahana, e li conosceremo la protagonista: Tsubomi Hanasaki, una ragazzina amante di botanica, di cui la famiglia, tra cui anche la nonna che abita in città Kaoruku, gestisce un negozio di fiori.
E qui salta subito all'occhio il carattere totalmente diverso di lei, ma ci tornerò, quando a scuola, l'accademia Myōdō si presenta in una maniera totalmente impacciata, complice anche la messa in difficoltà di una compagna di scuola dal carattere molto frizzante, e anche li ci tornerò,: Erika Kurumi.
E in poco tempo la personalità totalmente opposte tra le due ragazze esplode all'istante, specialmente quando scoprono che sono vicine di casa, di cui la famiglia si occupa di un negozio di abbigliamento: il Fairy Drop.
Erika tenta in tutti i modi di approcciarsi a Tsubomi, ma il suo carattere molto focoso, diventerà per la nuova arrivata fonte totale di fastidio, e poco dopo gli urla di lasciarla in pace.
Ma pochi giorni dopo, dal cielo piomberanno due esseri fatati, proprio davanti a Tsubomi: Chypre, e Coffret ma come al solito, neanche il tempo di fare domande, che spunta il nemico, qui nelle vesti della sinistra Sasorina, e stavolta ce qualcosa di diverso, vedendo Erika camminare i zona, analizza qualcosa al suo "interno", ovvero una specie di fiore nell'atto di appassire, e in breve tempo, glielo estrae a forza, facendo perdere ad Erika i sensi, e lo fonde con un oggetto in zona creando il mostro: un Desertrian, e ancora una volta come da prassi, le fate chiedono a Tsubomi di trasformarsi, qui dandogli il Profumo del Cuore, e avviene la trasformazione, e dopo si da il nome: Cure Blossom.
E qui sorgono i problemi: Essendo Tsubomi negata nelle attività fisiche, unita alla paura delle vertigini, le capacità donatogli dalla trasformazione si rivelano totalmente infruttuose, e in breve tempo Sasorina la deride come "La Pretty Cure più debole della storia", e in tutto questo, il mostro continua a sbraitare frasi a vanvera, contenenti al suo interno rabbia, gelosia, e tutti i peggiori sentimenti umani.
A salvare la situazione interviene un misterioso ragazzo, che scatenando una raffica di vento, porta via una sempre più spaventata Tsubomi. Potata in una serra, trova sua nonna, insieme ad un folletto gigante, e li ottiene la spiegazioni sul suo compito e sulla situazione scritta sopra, e inoltre scopriremo che anche lei in passato fu una Pretty Cure, Cure Flower, e di cui il folletto Gigante, di nome Coupé, fu il suo compagno di battaglia.
Ma Tsubomi e ancora scossa dalla terribile esperienza vissuta, non vuole saperne niente, ma quando il Desertrian torna a seminare macello, e capendo che se non verrà sconfitto, Erika non potrà riprendersi, decide di riprovarci e alla fine riesce a evocare la sua arma, lo scettro dei fiori, e sferrare il potente Pink Forte Wave, che neutralizza il Desertrian, riporta a posto l'oggetto usato per crearlo, e reinserisce il fiore, uscitogli al suo interno, a Erika.
E proprio lei, poco tempo dopo, diventerà anche lei una Pretty Cure: Cure Marine, rivelandosi molto più abile nel suo scontro di debutto, e dopo aver aiutato Tsubomi a superare la sua Auto-commiserazione di essere molto debole come guerriera, e col tempo riescono a diventare amiche fidate.
Inizia quindi una serie molto particolare, con da una parte lo scontro fra le HeartCatch Pretty Cure, contro i Messageri del deserto, mentre da l'altra parte la classica situazione da Slice of live scolastico, ma qui e molto diversa.
La serie inoltre si può dividere in saghe con puntate tutte collegate fra loro da un particolare avvenimento, come l'acquisizione di un nuovo potere, o l'introduzione di una nuova Guerriera, che dopo metà serie in qui le protagoniste combattono in duo, richiamando per certi versi le prime tre serie, si passerà prima in un trio e infine nel definitivo quartetto di guerriere.
Ma prima un analisi al mostro della serie il Desertrian, esso infatti e diverso dagli altri mostri, che si limitavano a urlare a mo di verso il loro nome, essi infatti nascono dal furto del fiore del cuore, Ovvero il fiore nascosto al'interno di ogni persona, di una vittima, che dopo aver passato un brutto periodo, comincia ad appassire, e in quel momento e vulnerabile al furto, e il mostro creatosi, nel corso del combattimento urlerà in questi casi tutte i problemi della vittima in questione, come una specie di valvola di sfogo, oltre all'aspetto che assume in base ai pensieri della vittima e l'oggetto con qui si e fuso, ma per certi versi mantiene parte della sua coscienza, dal momento in cui dopo che una Pretty Cure capisce il suo problema, e dopo aver evocato un efficace consiglio per superarlo unito a una vera e propria sfuriata nei confronti del nemico in questione, e alla fine del combattimento la vittima oltre a riprendersi, riuscirà sempre a capire il suo sbaglio e riuscire ad andare avanti nella sua vita, questa volta in meglio.
Tra le vittime troveremo, parenti, compagni di classe, vicinato o vecchie conoscenze (tra esse vi sono 2 compagne di scuola che si chiamano Aya Ikeda e Mayu Kudō, omaggio alle cantanti dell'opening della serie, doppiate in originale da loro stesse, e che per l'occasione utilizzeranno un pezzo molto bello, suonato anche nella battaglia finale)
La serie per certi versi, toccherà livelli psicologici molto più profondi rispetto alle precedenti serie e successive, e narrativamente toccherà anche livelli di drammaticità molto alta, affrontando infatti temi come apparenti delusioni nei confronti di un parente, auto-commiserazioni di fallimento, sensi di colpa, gelosie, solitudini, amori non corrisposti, perdite recenti di un parente o un amico, ecc...
E ora passiamo ad analizzare le protagoniste, prima 2, e infine 4:
La prima e Tsubomi Hanasaki (e qui scattano i giochi di parole sui nomi, infatti Tsubomi significa Bocciolo, riferimento alla sua crescita, e il cognome contiene le parole Saki, ovvero dopo (almeno credo) e Hana cioè Fiore, quindi il risultato è Bocciolo che dopo è un fiore. Alla faccia)/ Cure Blossom, e per certi versi, la serie si focalizza sulla sua crescita, da timida e riservata studentessa, riuscirà col tempo ad aprirsi e a fare nuove amicizie e a diventare molto più socievole e decisa, in alcune occasioni cadrà di nuovo nello sconforto ma avrà sempre l'aiuto di sua nonna e delle sue amiche guerriere che l'aiuteranno a riprendersi ed andare avanti,
rendendola di fatto un tipo di protagonista di Maho Shojo molto diversa caratterialmente.
La seconda, e Erika Kurumi/ Cure Marine, che e di fatto l'opposto di Tsubomi, ovvero esuberante, e frizzante, all'inizio può dare antipatia, ma alla fine ci si riesce a capirla e a farsi trascinare dalla sua allegria, anche se in alcune occasioni ci si deve fare i conti col suo fare i conti col suo carattere. Per certi versi e lei che provocherà la trasformazione caratteriale di Tsubomi, e che permetterà alle 2 ragazze di sviluppare un legame strano ma sincero, che in alcuni casi le porterà ad abbracciarsi, come quando simulano una scena per la creazione di un manga, in cui si esprimono senza vergogna in una performance molto realistica e sincera.
E come ho detto, alla fine si aggiungeranno altre 2 guerriere:
La terza a entrare e Itsuki Myōdōin alias Cure Sunshine, formato insieme alla nascita di un nuovo folletto di nome Potpourri nato dall'albero del cuore, che per ogni desertrian sconfitto permetterà alle fate di generare un Seme del Cuore (in un modo talmente particolare, che dopo alcune puntate la sequenza verrà ritoccata e in All stars Haru no Carnival, ne parleranno molto ironicamente), che permetterà all'albero del cuore di cominciare a riprendersi, e la nascita di questa fata ne è il risultato.
Itsuki e la Presidentessa del consiglio studentesco, ammirata da tutti, e la sua famiglia gestisce un dojo di cui lei ne sarà ereditiera, per questo motivo appare come un ragazzo molto affascinante e Tsubomi, essendo trasferita e quindi ignara, se ne innamora e dopo aver scoperto la verità immaginate la sua reazione (cosa c'è? Shoujo-ai nell'aria?), ma nonostante tutto diventeranno buone amiche, specialmente quando entrerà in azione per salvare suo fratello trasformato in Desertrian. Questa tipetta, nonostante il carattere mascolino, sviluppa tutta la sua femminilità ogni volta che vede oggetti carini, ma in maniera molto più esplicita quando si trasforma in Pretty Cure, in cui la sequenza di trasformazione,e il risultato di essa, gli permette di far esplodere tutta la sua femminilità, specialmente quando mette mano alla sua arma: il tamburello Shine, (mentre le altre utilizzano lo scettro dei fiori) ed esegue l'attacco Gold Forte Burst, preceduta da una danza degna delle migliori danzatrici.
E infine la quarta e ultima: Yuri Tsukikage (e qui altro gioco, Yuri fa riferimento al nome Giapponese del Giglio, non al genere di anime, mentre il cognome significa Ombra di luna, ovvero Tsuki-Luna e Kage-Ombra, un riferimento al suo stato iniziale)/ Cure Moonlight (e qui scatta un altra opposizione, in questo caso sole (Sunshine) e luna (Moonlight), a mio parere la guerriera con una delle storie tra le più drammatiche, se non la più drammatica, di tutte la saghe delle Leggendarie Guerriere.
Infatti è lei la guerriera apparsa all'inizio, e nel drammatico esito a perso, non solo la capacità di trasformazione, ma anche il suo compagno fatato Cologne (affrontando per la prima volta una tematica molto difficile nella saga: la perdita del proprio compagno fatato), perdendo di fatto qualunque obiettivo nella vita, complice che da bambina non a più rivisto suo padre archeologo, e Cologne fu l'unico che riuscì a consolarla. Eppure nonostante tutto, lei continua a vivere come una liceale, e ogni tanto fa visita nella serra di Kaoruku, a cui lei aveva ereditato il ruolo di protettrice dell'albero del cuore, e li vide per la prima volta Tsubomi ed Erika, salvandole addirittura con la sua sola presenza quando le 2 guerriere, vennero letteralmente stracciate dalla sinistra guerriera nera, di cui si conoscerà il nome: Dark Pretty Cure, ma nonostante tutto tenterà più volte di fuggire dal suo ruolo di cui non si sente degna, ma quando alla fine l'operato di Tsubomi e compagne darà più energia all'albero del cuore, essi gli permetterà di vedere di nuovo, seppur come spirito, il suo amico fatato, e permettergli di ri-acquisire la sua forma di Leggendaria Guerriera, e dal quel momento comincerà a diventare più aperta nei confronti di Tsubomi e compagne rivelandosi un alleata decisiva, anche se verso le battute finali il suo passato tornerà crudelmente a colpire.
Tutte insieme combatteranno battaglie sempre più dure, ed ecco un altra particolarità: oltre ai soliti attacchi finali, sia energetici che con artefatti magici, esse avranno accesso a un repertorio molto più vasto di tecniche, che vanno da colpi potenziati, attacchi energetici a raffica, esplosioni energetiche, onde d'urto, barriere e chi più ne ha più ne metta spesso combinati in maniera efficace, oltre al fatto che l'utilizzo di un Seme del cuore rosso, le rende più veloci, e i folletti possono trasformarsi in mantelli che permettono alle guerriere di spiccare il volo, per poi culminare nella spettacolare trasformazione Super Silhouette, seguita dal potentissimo HeartCatch Orchestra, ottenuto con il mitico artefatto miraggio HeartCatch.
E che dire poi che in una puntata, Kaoruku con l'aiuto del suo folletto Cologné, riesce ancora una volta a trasformarsi in Cure Flower per salvare le Pretty Cure da un Desertrian troppo potente per tutte loro, e dell'ultimo spettacolare potere esibito nell'ultima puntata?
Ma ora passiamo ai cattivi:
Oltre ai Desertrian, abbiamo i tre generali ovvero:
la già sopracitata Sasorina (il cui nome deriva da Sasori, ovvero scorpione) tipica Fame Fatale che guarda dall'alto in basso,
Cobraja, amante del palcoscenico e dei riflettori, dal carattere narcisista e amante nel auto-curarsi il suo aspetto (in una puntata verrà ferito di taglio in volto, mostrando per la prima volta sangue nell'intera saga),
E infine Kumojacky, amante dei combattimenti, e sempre in allenamento per fronteggiare le Pretty Cure alla pari, (nella battaglia finale, avrà che da divertirsi) e a differenza degli altri, in alcune puntate mostra un onore molto forte.
E ora: Dark Pretty Cure, (nella quale riprende il concetto di alter-ego negativo già visto nel film dedicato alle Yes! Pretty Cure 5) un concentrato di pura perfidia che gode nel far soffrire le proprie avversarie, talmente potente che soltanto una rinata Cure Moonlight, e in grado di tenergli testa, accendendo così una terrificante rivalità che culminerà infine in un ultimo decisivo confronto.
A essa e legata la figura del Professor Sabaku (il tizio mascherato, e a proposito, stavolta la visione del film dedicato alle serie, ovvero "un lupo mannaro a Parigi", e d'obbligo, dal momento che un elemento di lui e collegato all'antagonista del film), e il legame di esso nei confronti di Dark Pretty Cure, e collegata anche a Moonlight culminato, infine, in uno dei più allucinanti colpi di scena mai concepiti nella saga.
E infine il Boss finale, Dune, che almeno una volta (Stessa cosa in HappinesCharge) non e un mostro, o un essere titanico, ma una figura umanoide, ma che comunque picchia durissimo, conosce molti "trucchetti" energetici, al pari delle guerriere, e sa essere malvagio quando serve.
Ovviamente l'anima della saga sono i combattimenti, prima lenti e infine sempre più frenetici e spettacolari da tipico Battle Shonen, specialmente nello scontro finale, ambientato niente meno che nello spazio (anche qui, stessa cosa in HappinesCharge), che tra rivelazioni, e feroci ma entusiasmanti scontri minori con i generali, culminerà in uno tra i più spettacolari combattimenti che io abbia mai visto, eccessivo, confusionario e adrenalinico, e gasatissimo, a livelli addirittura superiori a Dragon Ball Z, per poi concludersi in un breve ma intenso "scontro fra "titani", a cui non ho potuto fare a meno di dire "MA DOVE SIAMO? IN GURREN-LAGANN?
Ultima nota: in ambito di voci, sia italiani che giapponesi (o visto episodi in entrambe le lingue), questa serie ne tira fuori tra i più talentuosi.
Open My Heart!.
Con la frase che precede la trasformazione, e quello che bisogna fare per vedere questa serie delle Pretty Cure, che toglie via in più di un occasione l'infantilità che mostra solo di facciata rivelando qualcosa di più profondo, complesso e in molti casi psicologico.
Probabilmente, appena leggerete il mio voto, mi darete del pazzo, ma per chi non l'ha mai vista, deve almeno fare uno sforzo, per godersi un opera complessa e allo stesso tempo meravigliosa come la vita stessa, un opera che nella sua apparente semplicità porterà a riflettere in più di un occasione.
"Adesso basta, ne ho avuto abbastanza, sono stufa". (nota, ho solo citato la battutta, quindi io sono stufo)
Perché? Per il fatto che molti etichettano subito HeartCatch tra le peggiori, se non la peggiore, della saga delle leggendarie guerriere Pretty Cure, forse per il suo "particolare" stile grafico, o perché non sopportano i personaggi, o forse perché osa a livello narrativo e contenutistico ecc.., beccandosi subito il titolo di "pecora nera".
Per me non è così, al contrario, Heartcatch, secondo chi scrive, e una delle più intense serie dedicata alle leggendarie guerriere, proprio per i motivi descritti sopra, forse non adatti al classico "target di riferimento", ma ad un pubblico più grandicello, tra cui il sottoscritto che ora scrive.
Occhio agli spoiler:
Stavolta il conflitto tra luce e oscurità, riguarda l'assalto dei messaggeri del deserto, nei confronti dell'albero del cuore, albero nascosto nel cielo in grado di mantenere la vita sulla terra, che se distrutto provocherebbe l'immediato appassimento totale della terra riducendolo a un pianeta deserto, e a difenderlo vi sono sempre state le Pretty Cure, qui identificate col nome di HeartCatch, e a differenze delle precedenti serie, qui il conflitto tra le due forze assume una connotazione secolare, cioè durata da troppo tempo e combattuta da svariate generazioni di guerriere, dando quindi una dimensione temporale più profonda rispetto alle precedenti saghe.
Stavolta la serie parte subito in sordina, in cui assistiamo a un feroce scontro tra una Pretty Cure e una oscura guerriera, in cui sfoggiano poteri molto simili, ma che alla fine volgerà a favore dell'oscura avversaria, privando l'altra guerriera della sua capacità di trasformarsi, per poi concludersi in un modo apparentemente mortale nei suoi confronti. E a tutto questo un misterioso tizio mascherato assiste al tutto.
Dopo l'opening, assistiamo al trasferimento di una famiglia nella città dove si svolge la serie: Kibōgahana, e li conosceremo la protagonista: Tsubomi Hanasaki, una ragazzina amante di botanica, di cui la famiglia, tra cui anche la nonna che abita in città Kaoruku, gestisce un negozio di fiori.
E qui salta subito all'occhio il carattere totalmente diverso di lei, ma ci tornerò, quando a scuola, l'accademia Myōdō si presenta in una maniera totalmente impacciata, complice anche la messa in difficoltà di una compagna di scuola dal carattere molto frizzante, e anche li ci tornerò,: Erika Kurumi.
E in poco tempo la personalità totalmente opposte tra le due ragazze esplode all'istante, specialmente quando scoprono che sono vicine di casa, di cui la famiglia si occupa di un negozio di abbigliamento: il Fairy Drop.
Erika tenta in tutti i modi di approcciarsi a Tsubomi, ma il suo carattere molto focoso, diventerà per la nuova arrivata fonte totale di fastidio, e poco dopo gli urla di lasciarla in pace.
Ma pochi giorni dopo, dal cielo piomberanno due esseri fatati, proprio davanti a Tsubomi: Chypre, e Coffret ma come al solito, neanche il tempo di fare domande, che spunta il nemico, qui nelle vesti della sinistra Sasorina, e stavolta ce qualcosa di diverso, vedendo Erika camminare i zona, analizza qualcosa al suo "interno", ovvero una specie di fiore nell'atto di appassire, e in breve tempo, glielo estrae a forza, facendo perdere ad Erika i sensi, e lo fonde con un oggetto in zona creando il mostro: un Desertrian, e ancora una volta come da prassi, le fate chiedono a Tsubomi di trasformarsi, qui dandogli il Profumo del Cuore, e avviene la trasformazione, e dopo si da il nome: Cure Blossom.
E qui sorgono i problemi: Essendo Tsubomi negata nelle attività fisiche, unita alla paura delle vertigini, le capacità donatogli dalla trasformazione si rivelano totalmente infruttuose, e in breve tempo Sasorina la deride come "La Pretty Cure più debole della storia", e in tutto questo, il mostro continua a sbraitare frasi a vanvera, contenenti al suo interno rabbia, gelosia, e tutti i peggiori sentimenti umani.
A salvare la situazione interviene un misterioso ragazzo, che scatenando una raffica di vento, porta via una sempre più spaventata Tsubomi. Potata in una serra, trova sua nonna, insieme ad un folletto gigante, e li ottiene la spiegazioni sul suo compito e sulla situazione scritta sopra, e inoltre scopriremo che anche lei in passato fu una Pretty Cure, Cure Flower, e di cui il folletto Gigante, di nome Coupé, fu il suo compagno di battaglia.
Ma Tsubomi e ancora scossa dalla terribile esperienza vissuta, non vuole saperne niente, ma quando il Desertrian torna a seminare macello, e capendo che se non verrà sconfitto, Erika non potrà riprendersi, decide di riprovarci e alla fine riesce a evocare la sua arma, lo scettro dei fiori, e sferrare il potente Pink Forte Wave, che neutralizza il Desertrian, riporta a posto l'oggetto usato per crearlo, e reinserisce il fiore, uscitogli al suo interno, a Erika.
E proprio lei, poco tempo dopo, diventerà anche lei una Pretty Cure: Cure Marine, rivelandosi molto più abile nel suo scontro di debutto, e dopo aver aiutato Tsubomi a superare la sua Auto-commiserazione di essere molto debole come guerriera, e col tempo riescono a diventare amiche fidate.
Inizia quindi una serie molto particolare, con da una parte lo scontro fra le HeartCatch Pretty Cure, contro i Messageri del deserto, mentre da l'altra parte la classica situazione da Slice of live scolastico, ma qui e molto diversa.
La serie inoltre si può dividere in saghe con puntate tutte collegate fra loro da un particolare avvenimento, come l'acquisizione di un nuovo potere, o l'introduzione di una nuova Guerriera, che dopo metà serie in qui le protagoniste combattono in duo, richiamando per certi versi le prime tre serie, si passerà prima in un trio e infine nel definitivo quartetto di guerriere.
Ma prima un analisi al mostro della serie il Desertrian, esso infatti e diverso dagli altri mostri, che si limitavano a urlare a mo di verso il loro nome, essi infatti nascono dal furto del fiore del cuore, Ovvero il fiore nascosto al'interno di ogni persona, di una vittima, che dopo aver passato un brutto periodo, comincia ad appassire, e in quel momento e vulnerabile al furto, e il mostro creatosi, nel corso del combattimento urlerà in questi casi tutte i problemi della vittima in questione, come una specie di valvola di sfogo, oltre all'aspetto che assume in base ai pensieri della vittima e l'oggetto con qui si e fuso, ma per certi versi mantiene parte della sua coscienza, dal momento in cui dopo che una Pretty Cure capisce il suo problema, e dopo aver evocato un efficace consiglio per superarlo unito a una vera e propria sfuriata nei confronti del nemico in questione, e alla fine del combattimento la vittima oltre a riprendersi, riuscirà sempre a capire il suo sbaglio e riuscire ad andare avanti nella sua vita, questa volta in meglio.
Tra le vittime troveremo, parenti, compagni di classe, vicinato o vecchie conoscenze (tra esse vi sono 2 compagne di scuola che si chiamano Aya Ikeda e Mayu Kudō, omaggio alle cantanti dell'opening della serie, doppiate in originale da loro stesse, e che per l'occasione utilizzeranno un pezzo molto bello, suonato anche nella battaglia finale)
La serie per certi versi, toccherà livelli psicologici molto più profondi rispetto alle precedenti serie e successive, e narrativamente toccherà anche livelli di drammaticità molto alta, affrontando infatti temi come apparenti delusioni nei confronti di un parente, auto-commiserazioni di fallimento, sensi di colpa, gelosie, solitudini, amori non corrisposti, perdite recenti di un parente o un amico, ecc...
E ora passiamo ad analizzare le protagoniste, prima 2, e infine 4:
La prima e Tsubomi Hanasaki (e qui scattano i giochi di parole sui nomi, infatti Tsubomi significa Bocciolo, riferimento alla sua crescita, e il cognome contiene le parole Saki, ovvero dopo (almeno credo) e Hana cioè Fiore, quindi il risultato è Bocciolo che dopo è un fiore. Alla faccia)/ Cure Blossom, e per certi versi, la serie si focalizza sulla sua crescita, da timida e riservata studentessa, riuscirà col tempo ad aprirsi e a fare nuove amicizie e a diventare molto più socievole e decisa, in alcune occasioni cadrà di nuovo nello sconforto ma avrà sempre l'aiuto di sua nonna e delle sue amiche guerriere che l'aiuteranno a riprendersi ed andare avanti,
rendendola di fatto un tipo di protagonista di Maho Shojo molto diversa caratterialmente.
La seconda, e Erika Kurumi/ Cure Marine, che e di fatto l'opposto di Tsubomi, ovvero esuberante, e frizzante, all'inizio può dare antipatia, ma alla fine ci si riesce a capirla e a farsi trascinare dalla sua allegria, anche se in alcune occasioni ci si deve fare i conti col suo fare i conti col suo carattere. Per certi versi e lei che provocherà la trasformazione caratteriale di Tsubomi, e che permetterà alle 2 ragazze di sviluppare un legame strano ma sincero, che in alcuni casi le porterà ad abbracciarsi, come quando simulano una scena per la creazione di un manga, in cui si esprimono senza vergogna in una performance molto realistica e sincera.
E come ho detto, alla fine si aggiungeranno altre 2 guerriere:
La terza a entrare e Itsuki Myōdōin alias Cure Sunshine, formato insieme alla nascita di un nuovo folletto di nome Potpourri nato dall'albero del cuore, che per ogni desertrian sconfitto permetterà alle fate di generare un Seme del Cuore (in un modo talmente particolare, che dopo alcune puntate la sequenza verrà ritoccata e in All stars Haru no Carnival, ne parleranno molto ironicamente), che permetterà all'albero del cuore di cominciare a riprendersi, e la nascita di questa fata ne è il risultato.
Itsuki e la Presidentessa del consiglio studentesco, ammirata da tutti, e la sua famiglia gestisce un dojo di cui lei ne sarà ereditiera, per questo motivo appare come un ragazzo molto affascinante e Tsubomi, essendo trasferita e quindi ignara, se ne innamora e dopo aver scoperto la verità immaginate la sua reazione (cosa c'è? Shoujo-ai nell'aria?), ma nonostante tutto diventeranno buone amiche, specialmente quando entrerà in azione per salvare suo fratello trasformato in Desertrian. Questa tipetta, nonostante il carattere mascolino, sviluppa tutta la sua femminilità ogni volta che vede oggetti carini, ma in maniera molto più esplicita quando si trasforma in Pretty Cure, in cui la sequenza di trasformazione,e il risultato di essa, gli permette di far esplodere tutta la sua femminilità, specialmente quando mette mano alla sua arma: il tamburello Shine, (mentre le altre utilizzano lo scettro dei fiori) ed esegue l'attacco Gold Forte Burst, preceduta da una danza degna delle migliori danzatrici.
E infine la quarta e ultima: Yuri Tsukikage (e qui altro gioco, Yuri fa riferimento al nome Giapponese del Giglio, non al genere di anime, mentre il cognome significa Ombra di luna, ovvero Tsuki-Luna e Kage-Ombra, un riferimento al suo stato iniziale)/ Cure Moonlight (e qui scatta un altra opposizione, in questo caso sole (Sunshine) e luna (Moonlight), a mio parere la guerriera con una delle storie tra le più drammatiche, se non la più drammatica, di tutte la saghe delle Leggendarie Guerriere.
Infatti è lei la guerriera apparsa all'inizio, e nel drammatico esito a perso, non solo la capacità di trasformazione, ma anche il suo compagno fatato Cologne (affrontando per la prima volta una tematica molto difficile nella saga: la perdita del proprio compagno fatato), perdendo di fatto qualunque obiettivo nella vita, complice che da bambina non a più rivisto suo padre archeologo, e Cologne fu l'unico che riuscì a consolarla. Eppure nonostante tutto, lei continua a vivere come una liceale, e ogni tanto fa visita nella serra di Kaoruku, a cui lei aveva ereditato il ruolo di protettrice dell'albero del cuore, e li vide per la prima volta Tsubomi ed Erika, salvandole addirittura con la sua sola presenza quando le 2 guerriere, vennero letteralmente stracciate dalla sinistra guerriera nera, di cui si conoscerà il nome: Dark Pretty Cure, ma nonostante tutto tenterà più volte di fuggire dal suo ruolo di cui non si sente degna, ma quando alla fine l'operato di Tsubomi e compagne darà più energia all'albero del cuore, essi gli permetterà di vedere di nuovo, seppur come spirito, il suo amico fatato, e permettergli di ri-acquisire la sua forma di Leggendaria Guerriera, e dal quel momento comincerà a diventare più aperta nei confronti di Tsubomi e compagne rivelandosi un alleata decisiva, anche se verso le battute finali il suo passato tornerà crudelmente a colpire.
Tutte insieme combatteranno battaglie sempre più dure, ed ecco un altra particolarità: oltre ai soliti attacchi finali, sia energetici che con artefatti magici, esse avranno accesso a un repertorio molto più vasto di tecniche, che vanno da colpi potenziati, attacchi energetici a raffica, esplosioni energetiche, onde d'urto, barriere e chi più ne ha più ne metta spesso combinati in maniera efficace, oltre al fatto che l'utilizzo di un Seme del cuore rosso, le rende più veloci, e i folletti possono trasformarsi in mantelli che permettono alle guerriere di spiccare il volo, per poi culminare nella spettacolare trasformazione Super Silhouette, seguita dal potentissimo HeartCatch Orchestra, ottenuto con il mitico artefatto miraggio HeartCatch.
E che dire poi che in una puntata, Kaoruku con l'aiuto del suo folletto Cologné, riesce ancora una volta a trasformarsi in Cure Flower per salvare le Pretty Cure da un Desertrian troppo potente per tutte loro, e dell'ultimo spettacolare potere esibito nell'ultima puntata?
Ma ora passiamo ai cattivi:
Oltre ai Desertrian, abbiamo i tre generali ovvero:
la già sopracitata Sasorina (il cui nome deriva da Sasori, ovvero scorpione) tipica Fame Fatale che guarda dall'alto in basso,
Cobraja, amante del palcoscenico e dei riflettori, dal carattere narcisista e amante nel auto-curarsi il suo aspetto (in una puntata verrà ferito di taglio in volto, mostrando per la prima volta sangue nell'intera saga),
E infine Kumojacky, amante dei combattimenti, e sempre in allenamento per fronteggiare le Pretty Cure alla pari, (nella battaglia finale, avrà che da divertirsi) e a differenza degli altri, in alcune puntate mostra un onore molto forte.
E ora: Dark Pretty Cure, (nella quale riprende il concetto di alter-ego negativo già visto nel film dedicato alle Yes! Pretty Cure 5) un concentrato di pura perfidia che gode nel far soffrire le proprie avversarie, talmente potente che soltanto una rinata Cure Moonlight, e in grado di tenergli testa, accendendo così una terrificante rivalità che culminerà infine in un ultimo decisivo confronto.
A essa e legata la figura del Professor Sabaku (il tizio mascherato, e a proposito, stavolta la visione del film dedicato alle serie, ovvero "un lupo mannaro a Parigi", e d'obbligo, dal momento che un elemento di lui e collegato all'antagonista del film), e il legame di esso nei confronti di Dark Pretty Cure, e collegata anche a Moonlight culminato, infine, in uno dei più allucinanti colpi di scena mai concepiti nella saga.
E infine il Boss finale, Dune, che almeno una volta (Stessa cosa in HappinesCharge) non e un mostro, o un essere titanico, ma una figura umanoide, ma che comunque picchia durissimo, conosce molti "trucchetti" energetici, al pari delle guerriere, e sa essere malvagio quando serve.
Ovviamente l'anima della saga sono i combattimenti, prima lenti e infine sempre più frenetici e spettacolari da tipico Battle Shonen, specialmente nello scontro finale, ambientato niente meno che nello spazio (anche qui, stessa cosa in HappinesCharge), che tra rivelazioni, e feroci ma entusiasmanti scontri minori con i generali, culminerà in uno tra i più spettacolari combattimenti che io abbia mai visto, eccessivo, confusionario e adrenalinico, e gasatissimo, a livelli addirittura superiori a Dragon Ball Z, per poi concludersi in un breve ma intenso "scontro fra "titani", a cui non ho potuto fare a meno di dire "MA DOVE SIAMO? IN GURREN-LAGANN?
Ultima nota: in ambito di voci, sia italiani che giapponesi (o visto episodi in entrambe le lingue), questa serie ne tira fuori tra i più talentuosi.
Open My Heart!.
Con la frase che precede la trasformazione, e quello che bisogna fare per vedere questa serie delle Pretty Cure, che toglie via in più di un occasione l'infantilità che mostra solo di facciata rivelando qualcosa di più profondo, complesso e in molti casi psicologico.
Probabilmente, appena leggerete il mio voto, mi darete del pazzo, ma per chi non l'ha mai vista, deve almeno fare uno sforzo, per godersi un opera complessa e allo stesso tempo meravigliosa come la vita stessa, un opera che nella sua apparente semplicità porterà a riflettere in più di un occasione.
"Pretty Cure", uno degli anime che ho apprezzato di più ma che allo stesso tempo ho disprezzato per varie cose. "HeartCatch" è una delle mie serie preferite, ma ci sono alcune cose che proprio non ho apprezzato.
Trama: classica degli anime majokko. Ti arrivano questi due folletti per affidarti una missione, poi ti trasformi e bla, bla, bla... non troppo interessante, sai già come andrà a finire, ovviamente si salvano tutti. Voto Trama: 6.
Grafica: molto ben fatti i paesaggi e le ambientazioni, anche se mi aspettavo di più. Vabbé, in ogni caso molto graziosa e adorabile, classica delle Pretty Cure. Voto Grafica: 8+.
Grafica dei personaggi: stile "Ojamajo Doremì", serie che ho apprezzato abbastanza. Forse visi e pettinature un po' troppo appuntiti/e, ma comunque carini/e. Quella di Moonlight mi è piaciuta perché era misteriosa e intrigante, un qualcosa che dà un punto in più a questa grafica. Voto Grafica dei Personaggi: 8-.
Suoni: opening molto bella, al contrario delle ending che non mi sono piaciute tanto. Nell'anime sono sempre coerenti alle scene, specialmente negli attacchi, dove li preferisco. Voto Suoni: 9-.
Finale: e vissero tutti felici e contenti. Non ho molto da dire, sarebbe inutile dire che vincono le Pretty Cure e che sconfiggono i Messaggeri del Deserto. Ovviamente. Come ho detto nella trama: classico majokko. Voto Finale: 6.
Mio commento generale: "HeartCatch Pretty Cure", come tutte le serie di Pretty Cure, è un'anime prevedibile, sai che tanto vincono grazie all'amore e alla forza dell'amicizia e così via. Ho dato 8 a questo anime perché nel complesso è carino e piacevole. Lo consiglio a chi non adora gli anime troppo violenti, ma in cui qualche combattimento ci sia comunque. Anche se vincono sempre loro. Dateci un'occhiata se vi piace "Doremì" o comunque le cose adorabili, ma allo stesso tempo eroine che combattono il male. Sconsigliato invece a coloro a cui non piacciono gli anime prevedibili e con un lieto fine, sarebbe soltanto una grande delusione. Ma dopotutto, le serie di Pretty Cure sono così, quindi questo commento vale un po' per tutte le serie. Io ho detto la mia, poi potete giudicarlo come volete, il mio è solo un consiglio; secondo me, dopo quello che ho detto, il voto è giustificato.
Trama: classica degli anime majokko. Ti arrivano questi due folletti per affidarti una missione, poi ti trasformi e bla, bla, bla... non troppo interessante, sai già come andrà a finire, ovviamente si salvano tutti. Voto Trama: 6.
Grafica: molto ben fatti i paesaggi e le ambientazioni, anche se mi aspettavo di più. Vabbé, in ogni caso molto graziosa e adorabile, classica delle Pretty Cure. Voto Grafica: 8+.
Grafica dei personaggi: stile "Ojamajo Doremì", serie che ho apprezzato abbastanza. Forse visi e pettinature un po' troppo appuntiti/e, ma comunque carini/e. Quella di Moonlight mi è piaciuta perché era misteriosa e intrigante, un qualcosa che dà un punto in più a questa grafica. Voto Grafica dei Personaggi: 8-.
Suoni: opening molto bella, al contrario delle ending che non mi sono piaciute tanto. Nell'anime sono sempre coerenti alle scene, specialmente negli attacchi, dove li preferisco. Voto Suoni: 9-.
Finale: e vissero tutti felici e contenti. Non ho molto da dire, sarebbe inutile dire che vincono le Pretty Cure e che sconfiggono i Messaggeri del Deserto. Ovviamente. Come ho detto nella trama: classico majokko. Voto Finale: 6.
Mio commento generale: "HeartCatch Pretty Cure", come tutte le serie di Pretty Cure, è un'anime prevedibile, sai che tanto vincono grazie all'amore e alla forza dell'amicizia e così via. Ho dato 8 a questo anime perché nel complesso è carino e piacevole. Lo consiglio a chi non adora gli anime troppo violenti, ma in cui qualche combattimento ci sia comunque. Anche se vincono sempre loro. Dateci un'occhiata se vi piace "Doremì" o comunque le cose adorabili, ma allo stesso tempo eroine che combattono il male. Sconsigliato invece a coloro a cui non piacciono gli anime prevedibili e con un lieto fine, sarebbe soltanto una grande delusione. Ma dopotutto, le serie di Pretty Cure sono così, quindi questo commento vale un po' per tutte le serie. Io ho detto la mia, poi potete giudicarlo come volete, il mio è solo un consiglio; secondo me, dopo quello che ho detto, il voto è giustificato.
Tsubomi Hanasaki è una ragazzina estremamente timida, riservata e insicura con la passione dei fiori e del giardinaggio, che si trasferisce in una nuova città con i genitori e la nonna, desiderosa di fare nuove amicizie a scuola.
Determinante sarà l'incontro con Erika Kurumi, che è invece il suo esatto contrario: chiassosa, indiscreta, dispotica, vive in una famiglia dove tutti, lei compresa, coltivano in un modo o nell'altro il sogno della moda.
Per quanto agli antipodi, le due ragazzine sono destinate a cementare una grande amicizia, aiutate anche dal fatto che si ritrovano improvvisamente a condividere lo stesso destino.
L'incontro con Cypre e Coffret, due folletti legati al mistico Albero del cuore che regge il mondo, sconvolge infatti le due ragazzine, che si ritrovano a trasformarsi nelle due eroine Cure Blossom e Cure Marine e a dover difendere il mondo dalla minaccia dei perfidi Apostoli del deserto.
Prendete gli episodi 1, 8 e 9 della prima serie di Sailor Moon, invertendo però i ruoli di Usagi/Sailor Moon e Ami/Sailor Mercury e dunque rendendo la prima protagonista e la seconda coprotagonista. Fatto?
Anche la nostra Ami protagonista del 2010 sarà timidissima, impacciata, insicura e assolutamente inadatta ad essere un'eroina e/o una protagonista. Pensatela, però, non come una bella adolescente col fisico da top model e una sobria misa di capelli e abiti color blu, ma come una bambina in superdeformed coi capelli rosa e con un paio di occhialoni finti, che si trasforma in un'eroina dalle fattezze di un evidenziatore rosa semovente.
Di rimando, la coprotagonista, la nostra Usagi del 2010, sarà anch'ella un personaggio più aperto e solare che farà amicizia con la timida compagna di cui sopra. Pensatela, però, non come una bella adolescente col fisico da top model, ma come un'altra bambina in superdeformed dal carattere frivolo, infantile e superficiale, dalla voce irritante e capace di trasformarsi in un'eroina dalle fattezze di un evidenziatore azzurro semovente.
Alla saggia gatta Luna, nel ruolo dei mentori/mascotte delle eroine, sostituite due sgorbietti che parlano come studenti di lingua giapponese alle prime armi convinti che il verbo essere si possa inserire a sproposito come finale di qualsiasi tipo di frase. Fatto?
Ora rimaniamo sempre nell'ambito di Sailor Moon, ma spostiamoci alle sue terza, quarta e quinta serie, quelle dove i cattivi rubavano i cuori (o oggetti vari che comunque ne simboleggiavano l'essenza) delle persone, che, private di questi ultimi, si trasformavano in mostri (o mostri venivano creati a partire da oggetti a loro cari o vicini).
I nostri cattivi del 2010 hanno più o meno lo stesso obbiettivo: "rubare i fiori del cuore" delle persone, quantunque questi fossero appassiti per via dei problemi dei loro portatori, e usarli, fondendoli con oggetti, per creare versioni mostruose delle povere vittime, processo che porterebbe alla morte dell'Albero del cuore e dunque alla deserfiticazione del mondo.
Heartcatch Pretty Cure, settima incarnazione del popolare franchise Toei Animation trasmessa in patria fra il 2010 e il 2011, si potrebbe riassumere facilmente con una sola parola: irritante.
Un'irritazione che nasce già dalle prime immagini promozionali diffuse nei primi mesi del 2010, che già mostravano quella che è una delle più grandi pecche della serie: il disegno.
Dopo aver mantenuto uno stile di disegno più o meno uniforme per le prime cinque stagioni, Pretty Cure ha cambiato grafica con la sesta e lo cambia ancora una volta qui nella settima. Il character designer Yoshihiko Umakoshi (Ojamajo Doremì, Casshern Sins, Saint Seiya Omega) ci offre qui dei disegni decisamente sgraziati e sgradevoli all'occhio, troppo caricaturali e costantemente vaganti da un estremo all'altro: o sono troppo tondeggianti e infantili (ricordate le rotondissime ragazzine di Ojamajo Doremì? Ecco, gran parte dei nostri personaggi sono così) o troppo scheletrici e spigolosi (un esempio di questo stile di disegno si può notare in Saint Seiya Omega), senza riuscire a trovare quell'armoniosa via di mezzo che invece caratterizzava le serie precedenti.
In Heartcatch Pretty Cure tutto è deformato, dalle dimensioni e i corpi dei personaggi alle loro espressioni facciali.
Uno stile di disegno che senza dubbio ha del particolare, ma che, seppur buono per una serie tranquilla come Ojamajo Doremì, risulta invece sgradevole e totalmente inadatto a una saga come Pretty Cure, che pullula di momenti seri e/o drammatici o di combattimenti molto adrenalinici contro avversari di una certa possanza.
I colori, inoltre, sono estremamente accesi, eccessivamente uniformi e onnipresenti: nelle sequenze di trasformazione o attacco quasi non si distinguono i personaggi, nell'enorme massa rosa, gialla, azzurra o lilla che ammanta gli sfondi, i capelli, gli occhi, gli abiti, le armi o gli attacchi.
Le nostre eroine risultano così essere una sorta di evidenziatori semoventi disegnati in maniera stilizzatissima, che lottano contro dei nemici eccessivamente scheletrici o mostri pacchiani dalla caratterizzazione grafica piuttosto stilizzata.
Un Pretty Cure atipico non soltanto nel disegno, ma anche nella storia. Per una volta, niente dimensioni parallele con folletti da salvare, ma un'ambientazione terrena e una successione di guardiane che vengono scelte per proteggere l'Albero del cuore che regge il mondo in cui loro stesse abitano. Di per sé nulla di nuovo - nessuno ha mai letto il disneyano W.I.T.C.H.? - ma tutto sommato una novità per la saga delle guerriere Toei, che, salvo poche eccezioni, hanno sempre avuto una trama piuttosto basilare e sempre uguale a se stessa.
La trama di Heartcatch Pretty Cure è, invece, più elaborata, con qualche mistero che lascia un po' d'interesse nello spettatore e qualche colpo di scena nel finale.
Tuttavia, ci sono diversi problemi nel racconto della trama e nella caratterizzazione dei personaggi che rendono Heartcatch Pretty Cure una parentesi irritante e dimenticabile, i cui pochi pregi sono fortunatamente stati raccolti da serie successive meglio riuscite.
Tsubomi, la nostra protagonista, non è allegra, sportiva, mascolina o sicura di sé. E' anzi timidissima, imbranata, impacciata nelle relazioni umane e debolissima come guerriera (sin dal primo episodio, amici e nemici la prendono in giro per questo). Un timido bocciolo che in futuro sboccerà diventando un bellissimo fiore, come dice la sua image song "Future flower".
Poteva essere molto interessante vedere il processo della sua maturazione da timidissima e inutile ragazzina ad eroina salvatrice del mondo, ma Tsubomi rimane quasi del tutto immutata nel corso degli episodi, ferma nella sua insicurezza, e mai si ha l'impressione che si sia trasformata in un'affidabile eroina o che la supposta crescita personale che lei dice di aver compiuto sia stata mostrata in maniera chiara. E' un personaggio che, di base, farebbe anche un po' tenerezza, ma non riesce mai a spiccare, risultando piatto, fastidioso, senza mai avere l'epicità che avevano e avranno le altre protagoniste delle serie Pretty Cure. Di fronte ad un mostro cattivo che ha calpestato i sentimenti delle persone, le altre eroine Pretty Cure si sarebbero messe a urlargli la loro rabbia, a sollevarlo a mani nude o a rifilargli delle belle pizze, mentre Tsubomi gli sbuffa in faccia a mo' di Doremì, con tanti saluti alla supposta serietà o epicità del combattimento.
Un personaggio troppo poco incisivo, che non ha il physique du role adatto per reggere la scena da protagonista e rende perfettamente comprensibile il perché abbiamo avuto "Sailor Moon" e non "Sailor Mercury" o "Saint Seiya" e non "Saint Shun".
La spalla che potrebbe risollevare le sorti della serie, Erika, è, ahimé, ancor peggio di Tsubomi.
Infantile, modaiola, antipatica, non genera il minimo interesse nei suoi confronti e suscita soltanto istinti omicidi ad ogni parola pronunciata con la sua irritante voce. E' inoltre disegnata sempre in maniera deformed, con smorfie e occhioni di sorta, cosa che rende impossibile ottenere da lei una qualsivoglia minima parvenza di serietà, dote fondamentale per una guerriera che combatte mostri cattivi.
Leggermente meglio va, fortunatamente, con i due personaggi che entrano nel cast nella seconda metà della serie: un interessante miscuglio fra Sailor Jupiter e Uranus che risulta essere il personaggio più simpatico della serie, per quanto non bellissimo esteticamente, e una Sailor Venus senza demenzialità mista a una pornosegretaria saccente con gli occhiali da finta intellettuale, tanto seccante come personaggio in sé quanto, purtroppo, fondamentale per la trama della serie.
Non si possono elogiare, invece, i folletti, i più fastidiosi e anonimi di tutta la saga. Anche se, per dover di cronaca, va detto che un certo colpo di scena riguardante uno di loro è interessante e innovativo per la saga, per quanto fine a se stesso.
Gli avversari delle eroine sono un mashup riuscito male di vari cattivi delle serie di Sailor Moon. Sasorina, Kumojacky e Cobraja sono una sorta di Amazon Trio che però non fa né ridere né emozionare. Secchissimi e spigolosi esteticamente, pieni di fisse e tic che al massimo (e nel solo caso di Kumojacky) possono fare sorridere, non hanno alcuna evoluzione caratteriale, malgrado il tiratissimo finale della serie doni loro un superficialissimo e immeritato salvataggio in extremis, alla faccia dei vari Uraganos, Kintoresky, Moerumba e Shitataare delle serie precedenti che facevano morir dal ridere ma son stati uccisi senza pietà. Sul dottor Saabaku, un Soichi Tomoe più cattivo e anonimo, ben poco c'è da dire, tranne qualche telefonato colpo di scena che lo riguarda, nelle ultime puntate, ma che annega nell'anonimato insieme alla serie tutta, mentre Dune, il boss finale vero e proprio, è il peggior cattivone mai visto sinora nella saga delle Pretty Cure: un ragazzino belloccio, secco e noioso che non ha neppure la decenza di trasformarsi in un mostrone possente nel combattimento finale, limitandosi a diventare una pacchianissima versione gigantesca del suo secco e belloccio corpo di partenza.
Dark Pretty Cure, la demoniaca guerriera su cui gli occhi degli spettatori sono puntati sin dall'inizio, poteva invece donare grandi cose alla trama, ma si è preferito proseguire in una direzione differente, finendo per appiattirla e trasformare un personaggio che poteva dare molto in una darkettona sclerata che alla fine dice molto poco.
Se tutto sommato i combattimenti, grazie ad una buona resa delle animazioni, son carucci da vedere, purtroppo i mostri che fronteggiano le nostre eroine sono decisamente fastidiosi: brutti esteticamente, non fanno altro che lamentarsi, vomitando con voci distorte e lamentose i problemi e i disagi delle vittime dal cui cuore sono stati creati. Dei mostri, dunque, che, a differenza dei loro predecessori, suscitano più inquietudine e fastidio che divertimento.
Nonostante un certo quantitativo d'azione, esplosioni, colpi d'energia, pugnetti e calcetti dati da mani rotonde e piedi triangolari e una buona varietà negli attacchi, le Pretty Cure della serie Heartcatch risaltano molto meno rispetto alle loro colleghe delle prime serie, che in certi momenti sembravano forzuti lottatori di wrestling o eredi della Divina Scuola di Hokuto. Gli attacchi di Tsubomi e compagne, infatti, derivano da scettri e oggetti magici che lanciano semplici fiorellini colorati che portano il nome di improbabilissimi miscugli anglo-italiani.
Una debole simbologia che contrappone le due coppie terra/mare e sole/luna per quattro eroine che tutto sommato non lasciano troppo il segno né a livello elementale (Cure Marine ha il mare solo nel nome ed è basata sul colore azzurro, ma poi i suoi attacchi sono basati su fiori azzurri e non sull'acqua, quindi a che pro legarla al mare?), né nelle loro battaglie, sempre ammantate da quelle continue smorfie che vorrebbero far ridere ma non ci riescono, finendo per ammazzare sul nascere qualsiasi tentativo di epicità o dramma e per trasformare Heartcatch Pretty Cure nella demenziale e grottesca parodia di un majokko sentai, più che in un degno esponente del genere.
Non si può dire che l'universo narrativo di Heartcatch Pretty Cure sia vuoto, anche se il merito non va ai personaggi secondari della serie. Ad eccezione del solo Ban-kun, una sorta di Ikki di Phoenix con velleità da mangaka che rimanda graficamente a Shingo Araki e agli anime degli anni '70, il resto dei personaggi che affollano le vite quotidiane delle eroine (familiari o compagni di scuola) non hanno, infatti, grandi personalità e non riescono a farsi ricordare, non aiutati da uno stile di disegno che li rende sgradevoli, anonimi o troppo infantili già a prima vista.
La struttura della serie, incentrata su continui attacchi a vittime sempre diverse, permette, tuttavia, l'introduzione di decine di personaggi-comparsa differenti che vengono di volta in volta depredati dai loro cuori, occasione perfetta per raccontare ad ogni puntata le loro storie personali e quotidiane e i loro problemi. Si costruisce, dunque, un mondo che lo spettatore percepisce come vivo, ma che, di rimando, non è di granché interesse e non viene sfruttato nel modo giusto.
Si tratta dello stesso errore che, guarda un po', è stato commesso in passato in quell'Ojamajo Doremì a cui Heartcatch Pretty Cure deve tantissimo, ossia il dare troppo spazio alle comparse e alla risoluzione dei loro problemi, fagocitando uno spazio che andrebbe invece dedicato alle protagoniste. Si giunge, quindi, alla paradossale situazione in cui la protagonista Tsubomi non riesce a mostrare in maniera chiara il suo percorso di crescita e ad imporsi sulla scena perché il suo spazio è costantemente occupato da innumerevoli bambini lamentosi, gelosi del fratellino o della sorellina o in contrasto con i genitori per questo o quel motivo, innamorati imbranati, ragazz(in)e invidiose e via dicendo, la cui trattazione viene maggiormente approfondita rispetto a quella delle eroine. D'accordo che dare ancor più spazio ad Erika sarebbe stata una tortura per gli spettatori, ma almeno Tsubomi, la protagonista, poteva essere salvata dalla sua mediocrità.
Heartcatch Pretty Cure, nel suo incipit, cerca di rifare la prima serie, con due guerriere di carattere opposto che agiscono in tandem e fra cui si viene a creare un'intensa amicizia, ma quest'amicizia, costantemente esternata dalle due, non viene percepita dallo spettatore, che vede soltanto la povera Tsubomi perennemente tiranneggiata dall'invadente e irritante Erika.
L'arrivo di Cure Sunshine e Cure Moonlight ravviva un minimo la situazione, ma, se nel caso della prima c'è stato spazio per un'interessante trattazione del personaggio, la seconda, invece, pare fino all'ultimo un pesce fuor d'acqua, una tizia di passaggio per nulla inserita nelle dinamiche del gruppo che appare nel cast della serie giusto per tirarsela un po'.
Non aiuta il fatto che le ragazze non abbiano un interesse sportivo, che il loro unico hobby sia stare a creare vestiti nel loro club di moda (un interesse molto più frivolo rispetto a un club sportivo o di interesse culturale) e che, contrariamente alle serie precedenti, l'amore (inteso come affezione e interesse per l'altro sesso) sembra totalmente bandito dal cuore dei personaggi, salvo una fugace cotta di Tsubomi inserita solo a scopo comico e scoppiata - per forza di cose - in una bolla di sapone dopo tre o quattro puntate.
Nonostante lo stile di disegno molto particolare e non propriamente bellissimo, Heartcatch Pretty Cure offre delle belle animazioni molto fluide e una certa spettacolarità nelle scene d'azione.
Molto buono è anche il comparto sonoro, con sigle orecchiabili e carine e una splendida colonna sonora orchestrata ad opera di un bravo Yasuharu Takanashi, il quale farà riecheggiare molte note dei brani di Heartcatch Pretty Cure in molte sequenze delle serie successive. Peccato per l'inspiegabile riciclo di alcuni pezzi appartenenti alla precedente serie Fresh Pretty Cure, che stonano tantissimo nell'insieme, e per il fatto che delle musiche così belle, anche epiche in parecchi casi, risultino spesso e volentieri sprecate per accompagnare scene di trasformazione da pigiama party in cui due ragazzette ridacchiano spruzzandosi addosso un profumo in uno sfondo fatto da fiorellini colorati.
Molto carino l'uso di molti brani cantati, anche di pregevole fattura, in sottofondo alle scene più importanti. Fra questi spiccano l'emozionante e allegra "Heart goes on", riutilizzata più volte e con ottimi risultati, e diversi pezzi eseguiti dalle doppiatrici delle protagoniste. I quali, comprensibilmente, possono ora belli o orecchiabili (come nel caso della splendida "Gekkou - Moon attack", eseguita dalla doppiatrice di Cure Moonlight), ora completamente inascoltabili, se il microfono vien dato alla doppiatrice di Erika.
Il doppiaggio originale è uno degli elementi meno riusciti della serie, nonostante la presenza di numerosi professionisti: la tanto decantata Nana Mizuki, doppiatrice di Tsubomi, sembra abbia perennemente il raffreddore, mentre Fumie Mizusawa, la doppiatrice di Erika, le dona un tono fastidiosissimo, stonato e squillante, che non contribuisce di certo a migliorare le già basse quotazioni del personaggio. Oltremodo irritanti sono anche le voci dei folletti (soprattutto quella di Potpourri, che da bravo folletto "baby", storpia in maniera infantile e fastidiosa anche la sua desinenza-verso) e dei vari cattivi, che, di pari passo col loro aspetto fisico, sono un po' troppo fighette.
Fra tutti spicca la veterana Aya Hisakawa, star del genere majokko poiché sublime voce di Sailor Mercury, che però qui è sprecata, utilizzata su un personaggio troppo freddo e dal modo di parlare macchinoso e monocorde, supponente e privo di emozioni, che non permette alla sua voce di emergere più di tanto.
Fortunatamente migliore dello stesso doppiaggio originale giapponese è la versione doppiata in italiano trasmessa sulla Rai, che si dimostra assai più piacevole all'ascolto, eliminando un gravoso problema della versione originale e riuscendo quasi a rendere simpatico il personaggio di Erika. Molti doppiatori che vi lavorano(Monica Bertolotti, Joy Saltarelli, Paola Majano o Leonardo Graziano, ad esempio) avevano già interpretato ruoli importanti in serie Pretty Cure precedenti, ma fanno comunque un buon lavoro e si registra un'inaspettata quanto piacevolissima comparsa da guest star del fuoriclasse milanese Davide Garbolino.
Dispiace che, invece, l'adattamento delle tecniche e delle trasformazioni sia stato realizzato con qualche sbavatura e che la trasmissione tv è stata altalenante nei palinsesti e ha persino invertito gli ultimi due episodi, rovinando agli spettatori la visione del finale della serie.
Questa settima serie è, dunque, un Pretty Cure "strano", "diverso", brutto in molti aspetti, pieno di eccessi e privo di una sua identità precisa: ogni tanto è una serie per un pubblico molto infantile, ogni tanto una serie che strizza di continuo l'occhio all'otaku contemporaneo; ogni tanto è comica e demenziale (o, perlomeno, ci prova: a parte qualche sparuta citazione, generalmente concentrata nel personaggio di Kumojacky, raramente si ride), ogni tanto diventa cupo e deprimente. I personaggi vengono sfruttati poco e male e non riescono a rimanere impressi, né a veicolare quei valori di coraggio, giustizia e forte amicizia che da sempre sono caratteristici della saga Pretty Cure, mentre il disegno e il doppiaggio contribuiscono ad affossarli completamente.
Una serie dalla trama di base tutto sommato interessante, per quanto non originalissima, ma penalizzata da personaggi non all'altezza, da un altalenante racconto della stessa e da uno stile di realizzazione sin troppo moderno e straniante, lontanissimo dalle precedenti serie della saga e fortunatamente, nonostante il successo commerciale riscontrato all'uscita, mai più riutilizzato in seguito (almeno per il momento), al contrario di alcuni escamotages narrativi che da Heatcatch Pretty Cure vengono ripresi e sfruttati meglio nelle storie di altre eroine successivi.
Rimane una serie piuttosto piacevole da guardare per il pubblico infantile a cui è principalmente indirizzata, che si godrà una storia ricca di tenerezza, fiorellini e di bei messaggi a lui consoni. Potrebbe piacere anche a chi è abituato alle serie recenti con protagoniste ragazzine dall'aspetto deformed e dalle vocette carine, ma chi invece identifica il genere delle maghette combattenti con le serie degli anni '90 e il loro stile molto garbato potrebbe restarne molto deluso. I punti più alti della saga Pretty Cure sono da ricercare altrove, che qui invece si tocca il fondo...
Determinante sarà l'incontro con Erika Kurumi, che è invece il suo esatto contrario: chiassosa, indiscreta, dispotica, vive in una famiglia dove tutti, lei compresa, coltivano in un modo o nell'altro il sogno della moda.
Per quanto agli antipodi, le due ragazzine sono destinate a cementare una grande amicizia, aiutate anche dal fatto che si ritrovano improvvisamente a condividere lo stesso destino.
L'incontro con Cypre e Coffret, due folletti legati al mistico Albero del cuore che regge il mondo, sconvolge infatti le due ragazzine, che si ritrovano a trasformarsi nelle due eroine Cure Blossom e Cure Marine e a dover difendere il mondo dalla minaccia dei perfidi Apostoli del deserto.
Prendete gli episodi 1, 8 e 9 della prima serie di Sailor Moon, invertendo però i ruoli di Usagi/Sailor Moon e Ami/Sailor Mercury e dunque rendendo la prima protagonista e la seconda coprotagonista. Fatto?
Anche la nostra Ami protagonista del 2010 sarà timidissima, impacciata, insicura e assolutamente inadatta ad essere un'eroina e/o una protagonista. Pensatela, però, non come una bella adolescente col fisico da top model e una sobria misa di capelli e abiti color blu, ma come una bambina in superdeformed coi capelli rosa e con un paio di occhialoni finti, che si trasforma in un'eroina dalle fattezze di un evidenziatore rosa semovente.
Di rimando, la coprotagonista, la nostra Usagi del 2010, sarà anch'ella un personaggio più aperto e solare che farà amicizia con la timida compagna di cui sopra. Pensatela, però, non come una bella adolescente col fisico da top model, ma come un'altra bambina in superdeformed dal carattere frivolo, infantile e superficiale, dalla voce irritante e capace di trasformarsi in un'eroina dalle fattezze di un evidenziatore azzurro semovente.
Alla saggia gatta Luna, nel ruolo dei mentori/mascotte delle eroine, sostituite due sgorbietti che parlano come studenti di lingua giapponese alle prime armi convinti che il verbo essere si possa inserire a sproposito come finale di qualsiasi tipo di frase. Fatto?
Ora rimaniamo sempre nell'ambito di Sailor Moon, ma spostiamoci alle sue terza, quarta e quinta serie, quelle dove i cattivi rubavano i cuori (o oggetti vari che comunque ne simboleggiavano l'essenza) delle persone, che, private di questi ultimi, si trasformavano in mostri (o mostri venivano creati a partire da oggetti a loro cari o vicini).
I nostri cattivi del 2010 hanno più o meno lo stesso obbiettivo: "rubare i fiori del cuore" delle persone, quantunque questi fossero appassiti per via dei problemi dei loro portatori, e usarli, fondendoli con oggetti, per creare versioni mostruose delle povere vittime, processo che porterebbe alla morte dell'Albero del cuore e dunque alla deserfiticazione del mondo.
Heartcatch Pretty Cure, settima incarnazione del popolare franchise Toei Animation trasmessa in patria fra il 2010 e il 2011, si potrebbe riassumere facilmente con una sola parola: irritante.
Un'irritazione che nasce già dalle prime immagini promozionali diffuse nei primi mesi del 2010, che già mostravano quella che è una delle più grandi pecche della serie: il disegno.
Dopo aver mantenuto uno stile di disegno più o meno uniforme per le prime cinque stagioni, Pretty Cure ha cambiato grafica con la sesta e lo cambia ancora una volta qui nella settima. Il character designer Yoshihiko Umakoshi (Ojamajo Doremì, Casshern Sins, Saint Seiya Omega) ci offre qui dei disegni decisamente sgraziati e sgradevoli all'occhio, troppo caricaturali e costantemente vaganti da un estremo all'altro: o sono troppo tondeggianti e infantili (ricordate le rotondissime ragazzine di Ojamajo Doremì? Ecco, gran parte dei nostri personaggi sono così) o troppo scheletrici e spigolosi (un esempio di questo stile di disegno si può notare in Saint Seiya Omega), senza riuscire a trovare quell'armoniosa via di mezzo che invece caratterizzava le serie precedenti.
In Heartcatch Pretty Cure tutto è deformato, dalle dimensioni e i corpi dei personaggi alle loro espressioni facciali.
Uno stile di disegno che senza dubbio ha del particolare, ma che, seppur buono per una serie tranquilla come Ojamajo Doremì, risulta invece sgradevole e totalmente inadatto a una saga come Pretty Cure, che pullula di momenti seri e/o drammatici o di combattimenti molto adrenalinici contro avversari di una certa possanza.
I colori, inoltre, sono estremamente accesi, eccessivamente uniformi e onnipresenti: nelle sequenze di trasformazione o attacco quasi non si distinguono i personaggi, nell'enorme massa rosa, gialla, azzurra o lilla che ammanta gli sfondi, i capelli, gli occhi, gli abiti, le armi o gli attacchi.
Le nostre eroine risultano così essere una sorta di evidenziatori semoventi disegnati in maniera stilizzatissima, che lottano contro dei nemici eccessivamente scheletrici o mostri pacchiani dalla caratterizzazione grafica piuttosto stilizzata.
Un Pretty Cure atipico non soltanto nel disegno, ma anche nella storia. Per una volta, niente dimensioni parallele con folletti da salvare, ma un'ambientazione terrena e una successione di guardiane che vengono scelte per proteggere l'Albero del cuore che regge il mondo in cui loro stesse abitano. Di per sé nulla di nuovo - nessuno ha mai letto il disneyano W.I.T.C.H.? - ma tutto sommato una novità per la saga delle guerriere Toei, che, salvo poche eccezioni, hanno sempre avuto una trama piuttosto basilare e sempre uguale a se stessa.
La trama di Heartcatch Pretty Cure è, invece, più elaborata, con qualche mistero che lascia un po' d'interesse nello spettatore e qualche colpo di scena nel finale.
Tuttavia, ci sono diversi problemi nel racconto della trama e nella caratterizzazione dei personaggi che rendono Heartcatch Pretty Cure una parentesi irritante e dimenticabile, i cui pochi pregi sono fortunatamente stati raccolti da serie successive meglio riuscite.
Tsubomi, la nostra protagonista, non è allegra, sportiva, mascolina o sicura di sé. E' anzi timidissima, imbranata, impacciata nelle relazioni umane e debolissima come guerriera (sin dal primo episodio, amici e nemici la prendono in giro per questo). Un timido bocciolo che in futuro sboccerà diventando un bellissimo fiore, come dice la sua image song "Future flower".
Poteva essere molto interessante vedere il processo della sua maturazione da timidissima e inutile ragazzina ad eroina salvatrice del mondo, ma Tsubomi rimane quasi del tutto immutata nel corso degli episodi, ferma nella sua insicurezza, e mai si ha l'impressione che si sia trasformata in un'affidabile eroina o che la supposta crescita personale che lei dice di aver compiuto sia stata mostrata in maniera chiara. E' un personaggio che, di base, farebbe anche un po' tenerezza, ma non riesce mai a spiccare, risultando piatto, fastidioso, senza mai avere l'epicità che avevano e avranno le altre protagoniste delle serie Pretty Cure. Di fronte ad un mostro cattivo che ha calpestato i sentimenti delle persone, le altre eroine Pretty Cure si sarebbero messe a urlargli la loro rabbia, a sollevarlo a mani nude o a rifilargli delle belle pizze, mentre Tsubomi gli sbuffa in faccia a mo' di Doremì, con tanti saluti alla supposta serietà o epicità del combattimento.
Un personaggio troppo poco incisivo, che non ha il physique du role adatto per reggere la scena da protagonista e rende perfettamente comprensibile il perché abbiamo avuto "Sailor Moon" e non "Sailor Mercury" o "Saint Seiya" e non "Saint Shun".
La spalla che potrebbe risollevare le sorti della serie, Erika, è, ahimé, ancor peggio di Tsubomi.
Infantile, modaiola, antipatica, non genera il minimo interesse nei suoi confronti e suscita soltanto istinti omicidi ad ogni parola pronunciata con la sua irritante voce. E' inoltre disegnata sempre in maniera deformed, con smorfie e occhioni di sorta, cosa che rende impossibile ottenere da lei una qualsivoglia minima parvenza di serietà, dote fondamentale per una guerriera che combatte mostri cattivi.
Leggermente meglio va, fortunatamente, con i due personaggi che entrano nel cast nella seconda metà della serie: un interessante miscuglio fra Sailor Jupiter e Uranus che risulta essere il personaggio più simpatico della serie, per quanto non bellissimo esteticamente, e una Sailor Venus senza demenzialità mista a una pornosegretaria saccente con gli occhiali da finta intellettuale, tanto seccante come personaggio in sé quanto, purtroppo, fondamentale per la trama della serie.
Non si possono elogiare, invece, i folletti, i più fastidiosi e anonimi di tutta la saga. Anche se, per dover di cronaca, va detto che un certo colpo di scena riguardante uno di loro è interessante e innovativo per la saga, per quanto fine a se stesso.
Gli avversari delle eroine sono un mashup riuscito male di vari cattivi delle serie di Sailor Moon. Sasorina, Kumojacky e Cobraja sono una sorta di Amazon Trio che però non fa né ridere né emozionare. Secchissimi e spigolosi esteticamente, pieni di fisse e tic che al massimo (e nel solo caso di Kumojacky) possono fare sorridere, non hanno alcuna evoluzione caratteriale, malgrado il tiratissimo finale della serie doni loro un superficialissimo e immeritato salvataggio in extremis, alla faccia dei vari Uraganos, Kintoresky, Moerumba e Shitataare delle serie precedenti che facevano morir dal ridere ma son stati uccisi senza pietà. Sul dottor Saabaku, un Soichi Tomoe più cattivo e anonimo, ben poco c'è da dire, tranne qualche telefonato colpo di scena che lo riguarda, nelle ultime puntate, ma che annega nell'anonimato insieme alla serie tutta, mentre Dune, il boss finale vero e proprio, è il peggior cattivone mai visto sinora nella saga delle Pretty Cure: un ragazzino belloccio, secco e noioso che non ha neppure la decenza di trasformarsi in un mostrone possente nel combattimento finale, limitandosi a diventare una pacchianissima versione gigantesca del suo secco e belloccio corpo di partenza.
Dark Pretty Cure, la demoniaca guerriera su cui gli occhi degli spettatori sono puntati sin dall'inizio, poteva invece donare grandi cose alla trama, ma si è preferito proseguire in una direzione differente, finendo per appiattirla e trasformare un personaggio che poteva dare molto in una darkettona sclerata che alla fine dice molto poco.
Se tutto sommato i combattimenti, grazie ad una buona resa delle animazioni, son carucci da vedere, purtroppo i mostri che fronteggiano le nostre eroine sono decisamente fastidiosi: brutti esteticamente, non fanno altro che lamentarsi, vomitando con voci distorte e lamentose i problemi e i disagi delle vittime dal cui cuore sono stati creati. Dei mostri, dunque, che, a differenza dei loro predecessori, suscitano più inquietudine e fastidio che divertimento.
Nonostante un certo quantitativo d'azione, esplosioni, colpi d'energia, pugnetti e calcetti dati da mani rotonde e piedi triangolari e una buona varietà negli attacchi, le Pretty Cure della serie Heartcatch risaltano molto meno rispetto alle loro colleghe delle prime serie, che in certi momenti sembravano forzuti lottatori di wrestling o eredi della Divina Scuola di Hokuto. Gli attacchi di Tsubomi e compagne, infatti, derivano da scettri e oggetti magici che lanciano semplici fiorellini colorati che portano il nome di improbabilissimi miscugli anglo-italiani.
Una debole simbologia che contrappone le due coppie terra/mare e sole/luna per quattro eroine che tutto sommato non lasciano troppo il segno né a livello elementale (Cure Marine ha il mare solo nel nome ed è basata sul colore azzurro, ma poi i suoi attacchi sono basati su fiori azzurri e non sull'acqua, quindi a che pro legarla al mare?), né nelle loro battaglie, sempre ammantate da quelle continue smorfie che vorrebbero far ridere ma non ci riescono, finendo per ammazzare sul nascere qualsiasi tentativo di epicità o dramma e per trasformare Heartcatch Pretty Cure nella demenziale e grottesca parodia di un majokko sentai, più che in un degno esponente del genere.
Non si può dire che l'universo narrativo di Heartcatch Pretty Cure sia vuoto, anche se il merito non va ai personaggi secondari della serie. Ad eccezione del solo Ban-kun, una sorta di Ikki di Phoenix con velleità da mangaka che rimanda graficamente a Shingo Araki e agli anime degli anni '70, il resto dei personaggi che affollano le vite quotidiane delle eroine (familiari o compagni di scuola) non hanno, infatti, grandi personalità e non riescono a farsi ricordare, non aiutati da uno stile di disegno che li rende sgradevoli, anonimi o troppo infantili già a prima vista.
La struttura della serie, incentrata su continui attacchi a vittime sempre diverse, permette, tuttavia, l'introduzione di decine di personaggi-comparsa differenti che vengono di volta in volta depredati dai loro cuori, occasione perfetta per raccontare ad ogni puntata le loro storie personali e quotidiane e i loro problemi. Si costruisce, dunque, un mondo che lo spettatore percepisce come vivo, ma che, di rimando, non è di granché interesse e non viene sfruttato nel modo giusto.
Si tratta dello stesso errore che, guarda un po', è stato commesso in passato in quell'Ojamajo Doremì a cui Heartcatch Pretty Cure deve tantissimo, ossia il dare troppo spazio alle comparse e alla risoluzione dei loro problemi, fagocitando uno spazio che andrebbe invece dedicato alle protagoniste. Si giunge, quindi, alla paradossale situazione in cui la protagonista Tsubomi non riesce a mostrare in maniera chiara il suo percorso di crescita e ad imporsi sulla scena perché il suo spazio è costantemente occupato da innumerevoli bambini lamentosi, gelosi del fratellino o della sorellina o in contrasto con i genitori per questo o quel motivo, innamorati imbranati, ragazz(in)e invidiose e via dicendo, la cui trattazione viene maggiormente approfondita rispetto a quella delle eroine. D'accordo che dare ancor più spazio ad Erika sarebbe stata una tortura per gli spettatori, ma almeno Tsubomi, la protagonista, poteva essere salvata dalla sua mediocrità.
Heartcatch Pretty Cure, nel suo incipit, cerca di rifare la prima serie, con due guerriere di carattere opposto che agiscono in tandem e fra cui si viene a creare un'intensa amicizia, ma quest'amicizia, costantemente esternata dalle due, non viene percepita dallo spettatore, che vede soltanto la povera Tsubomi perennemente tiranneggiata dall'invadente e irritante Erika.
L'arrivo di Cure Sunshine e Cure Moonlight ravviva un minimo la situazione, ma, se nel caso della prima c'è stato spazio per un'interessante trattazione del personaggio, la seconda, invece, pare fino all'ultimo un pesce fuor d'acqua, una tizia di passaggio per nulla inserita nelle dinamiche del gruppo che appare nel cast della serie giusto per tirarsela un po'.
Non aiuta il fatto che le ragazze non abbiano un interesse sportivo, che il loro unico hobby sia stare a creare vestiti nel loro club di moda (un interesse molto più frivolo rispetto a un club sportivo o di interesse culturale) e che, contrariamente alle serie precedenti, l'amore (inteso come affezione e interesse per l'altro sesso) sembra totalmente bandito dal cuore dei personaggi, salvo una fugace cotta di Tsubomi inserita solo a scopo comico e scoppiata - per forza di cose - in una bolla di sapone dopo tre o quattro puntate.
Nonostante lo stile di disegno molto particolare e non propriamente bellissimo, Heartcatch Pretty Cure offre delle belle animazioni molto fluide e una certa spettacolarità nelle scene d'azione.
Molto buono è anche il comparto sonoro, con sigle orecchiabili e carine e una splendida colonna sonora orchestrata ad opera di un bravo Yasuharu Takanashi, il quale farà riecheggiare molte note dei brani di Heartcatch Pretty Cure in molte sequenze delle serie successive. Peccato per l'inspiegabile riciclo di alcuni pezzi appartenenti alla precedente serie Fresh Pretty Cure, che stonano tantissimo nell'insieme, e per il fatto che delle musiche così belle, anche epiche in parecchi casi, risultino spesso e volentieri sprecate per accompagnare scene di trasformazione da pigiama party in cui due ragazzette ridacchiano spruzzandosi addosso un profumo in uno sfondo fatto da fiorellini colorati.
Molto carino l'uso di molti brani cantati, anche di pregevole fattura, in sottofondo alle scene più importanti. Fra questi spiccano l'emozionante e allegra "Heart goes on", riutilizzata più volte e con ottimi risultati, e diversi pezzi eseguiti dalle doppiatrici delle protagoniste. I quali, comprensibilmente, possono ora belli o orecchiabili (come nel caso della splendida "Gekkou - Moon attack", eseguita dalla doppiatrice di Cure Moonlight), ora completamente inascoltabili, se il microfono vien dato alla doppiatrice di Erika.
Il doppiaggio originale è uno degli elementi meno riusciti della serie, nonostante la presenza di numerosi professionisti: la tanto decantata Nana Mizuki, doppiatrice di Tsubomi, sembra abbia perennemente il raffreddore, mentre Fumie Mizusawa, la doppiatrice di Erika, le dona un tono fastidiosissimo, stonato e squillante, che non contribuisce di certo a migliorare le già basse quotazioni del personaggio. Oltremodo irritanti sono anche le voci dei folletti (soprattutto quella di Potpourri, che da bravo folletto "baby", storpia in maniera infantile e fastidiosa anche la sua desinenza-verso) e dei vari cattivi, che, di pari passo col loro aspetto fisico, sono un po' troppo fighette.
Fra tutti spicca la veterana Aya Hisakawa, star del genere majokko poiché sublime voce di Sailor Mercury, che però qui è sprecata, utilizzata su un personaggio troppo freddo e dal modo di parlare macchinoso e monocorde, supponente e privo di emozioni, che non permette alla sua voce di emergere più di tanto.
Fortunatamente migliore dello stesso doppiaggio originale giapponese è la versione doppiata in italiano trasmessa sulla Rai, che si dimostra assai più piacevole all'ascolto, eliminando un gravoso problema della versione originale e riuscendo quasi a rendere simpatico il personaggio di Erika. Molti doppiatori che vi lavorano(Monica Bertolotti, Joy Saltarelli, Paola Majano o Leonardo Graziano, ad esempio) avevano già interpretato ruoli importanti in serie Pretty Cure precedenti, ma fanno comunque un buon lavoro e si registra un'inaspettata quanto piacevolissima comparsa da guest star del fuoriclasse milanese Davide Garbolino.
Dispiace che, invece, l'adattamento delle tecniche e delle trasformazioni sia stato realizzato con qualche sbavatura e che la trasmissione tv è stata altalenante nei palinsesti e ha persino invertito gli ultimi due episodi, rovinando agli spettatori la visione del finale della serie.
Questa settima serie è, dunque, un Pretty Cure "strano", "diverso", brutto in molti aspetti, pieno di eccessi e privo di una sua identità precisa: ogni tanto è una serie per un pubblico molto infantile, ogni tanto una serie che strizza di continuo l'occhio all'otaku contemporaneo; ogni tanto è comica e demenziale (o, perlomeno, ci prova: a parte qualche sparuta citazione, generalmente concentrata nel personaggio di Kumojacky, raramente si ride), ogni tanto diventa cupo e deprimente. I personaggi vengono sfruttati poco e male e non riescono a rimanere impressi, né a veicolare quei valori di coraggio, giustizia e forte amicizia che da sempre sono caratteristici della saga Pretty Cure, mentre il disegno e il doppiaggio contribuiscono ad affossarli completamente.
Una serie dalla trama di base tutto sommato interessante, per quanto non originalissima, ma penalizzata da personaggi non all'altezza, da un altalenante racconto della stessa e da uno stile di realizzazione sin troppo moderno e straniante, lontanissimo dalle precedenti serie della saga e fortunatamente, nonostante il successo commerciale riscontrato all'uscita, mai più riutilizzato in seguito (almeno per il momento), al contrario di alcuni escamotages narrativi che da Heatcatch Pretty Cure vengono ripresi e sfruttati meglio nelle storie di altre eroine successivi.
Rimane una serie piuttosto piacevole da guardare per il pubblico infantile a cui è principalmente indirizzata, che si godrà una storia ricca di tenerezza, fiorellini e di bei messaggi a lui consoni. Potrebbe piacere anche a chi è abituato alle serie recenti con protagoniste ragazzine dall'aspetto deformed e dalle vocette carine, ma chi invece identifica il genere delle maghette combattenti con le serie degli anni '90 e il loro stile molto garbato potrebbe restarne molto deluso. I punti più alti della saga Pretty Cure sono da ricercare altrove, che qui invece si tocca il fondo...
Da grande fan di Ojamajo Doremi, non potevo non esprimere il mio estremo disgusto nei confronti di questa orrenda serie, che è in tutto e per tutto un plagio dell'anime sopracitato. Il chara design - soprattutto quello delle due protagoniste - è praticamente identico a quello di Doremi, della quale Tsubomi, protagonista della storia, esteticamente parlando, è una copia fatta e finita. Caratterialmente, invece, somiglia parecchio ad Hazuki/Melody. E che dire di Erika, alla quale basta tagliare i capelli per ottenere Aiko/Sinfony?
Per non parlare dei costumi di Tsubomi, Erika e Itsuki, che sono quasi uguali a quelli che Doremi e le sue amiche indossavano nella prima serie.
Metodo di trasformazione? Anche questo (tranne che per Cure Moolight) uguale a quello utilizzato da Doremi nell'ultima serie, si servono perfino dello stesso oggetto, ovvero un profumo magico.
Stesso dicasi per le armi (esclusa quella di Cure Sunshine), le quali non sono altro che degli scettri che ricordano sempre quelli usati da Doremi & Co.
Fantasia? Zero.
Le trasformazioni sono interminabili, tanto che ogni volta rischiavo di addormentarmi. Perfino gli attacchi, fra acrobazie e balletti vari, durano tantissimo tempo, causando una forte sonnolenza al malcapitato spettatore.
I combattimenti continuano a essere abbastanza fisici ma, ovviamente, a causa della comparsa di scettri, tamburelli e roba varia, le scene basate sul corpo a corpo che avevano contraddistinto le serie precedenti sono diminuite notevolmente.
Le protagoniste sono tutte Mary Sue capaci solo di fare monologhi sulla forza dell'amore, tanto che i nemici rimangono spesso uccisi dal diabete fulminante causato dall'eccessiva dose di zuccheri che le "eroine" somministrano loro a forza di "volemmose bene" e "l'amore trionfa su tutto".
E poi basta con queste scene orribili in cui alle protagoniste spuntano le ali! Sono ridicole! E, soprattutto, vengono puntualmente riproposte alla fine di ogni fottutissima serie delle Pretty Cure! Davvero, basta!
Infine, stendiamo un velo pietoso sul chara design che, oltre ad essere copiato spudoratamente da quello di Ojamajo Doremi come avevo detto a inizio recensione, è realizzato malissimo e, di conseguenza, inguardabile. Mi chiedo come abbia fatto questa serie a ricevere un premio proprio per il "Miglior Character Design".
In conclusione: serie pessima di un anime già di per sé pessimo. Noiosa, ripetitiva e senza un filo logico.
Bocciata in pieno.
Per non parlare dei costumi di Tsubomi, Erika e Itsuki, che sono quasi uguali a quelli che Doremi e le sue amiche indossavano nella prima serie.
Metodo di trasformazione? Anche questo (tranne che per Cure Moolight) uguale a quello utilizzato da Doremi nell'ultima serie, si servono perfino dello stesso oggetto, ovvero un profumo magico.
Stesso dicasi per le armi (esclusa quella di Cure Sunshine), le quali non sono altro che degli scettri che ricordano sempre quelli usati da Doremi & Co.
Fantasia? Zero.
Le trasformazioni sono interminabili, tanto che ogni volta rischiavo di addormentarmi. Perfino gli attacchi, fra acrobazie e balletti vari, durano tantissimo tempo, causando una forte sonnolenza al malcapitato spettatore.
I combattimenti continuano a essere abbastanza fisici ma, ovviamente, a causa della comparsa di scettri, tamburelli e roba varia, le scene basate sul corpo a corpo che avevano contraddistinto le serie precedenti sono diminuite notevolmente.
Le protagoniste sono tutte Mary Sue capaci solo di fare monologhi sulla forza dell'amore, tanto che i nemici rimangono spesso uccisi dal diabete fulminante causato dall'eccessiva dose di zuccheri che le "eroine" somministrano loro a forza di "volemmose bene" e "l'amore trionfa su tutto".
E poi basta con queste scene orribili in cui alle protagoniste spuntano le ali! Sono ridicole! E, soprattutto, vengono puntualmente riproposte alla fine di ogni fottutissima serie delle Pretty Cure! Davvero, basta!
Infine, stendiamo un velo pietoso sul chara design che, oltre ad essere copiato spudoratamente da quello di Ojamajo Doremi come avevo detto a inizio recensione, è realizzato malissimo e, di conseguenza, inguardabile. Mi chiedo come abbia fatto questa serie a ricevere un premio proprio per il "Miglior Character Design".
In conclusione: serie pessima di un anime già di per sé pessimo. Noiosa, ripetitiva e senza un filo logico.
Bocciata in pieno.
Qualcuno dà a quest'anime voti molto alti come 8 e 9. Ecco, non li merita affatto. Sinceramente non capisco nemmeno come possa essere chiamato anime. E' stupido, è infantile, con una grafica accattivante per le guerriere lo devo ammettere, in particolare per la Cure di colore rosa, ma piatto. E già per le guerriere normali è orribile. Ma fosse solo la grafica il problema: non c'è un filo logico, non c'è una storia come le altre e un filo logico. Il nemico si trova lì a combattere le guerriere senza alcun motivo.
Sono amante del genere, e delle prime due serie di questa saga, ma non credevo che 'Pretty Cure' potesse precipitare così in basso. Certo, ciò è giustificabile dal fatto sono nate per farci soldi e attirare le bambine. La storia non ha senso, la grafica per me è orribile, i personaggi stupidissimi e senza alcun significato. Non lo suggerisco a nessuno, nemmeno ai bambini di 4 anni.
Sono amante del genere, e delle prime due serie di questa saga, ma non credevo che 'Pretty Cure' potesse precipitare così in basso. Certo, ciò è giustificabile dal fatto sono nate per farci soldi e attirare le bambine. La storia non ha senso, la grafica per me è orribile, i personaggi stupidissimi e senza alcun significato. Non lo suggerisco a nessuno, nemmeno ai bambini di 4 anni.
'Heartcatch Pretty cure' è la settima serie del popolare brand 'Pretty Cure', ed è, tra quelle prodotte fin qui, la serie che porta più innovazioni nel canovaccio storico del marchio. Diverse sono le novità introdotte, la più evidente è senza alcun dubbio la grafica e il character design. La serie usa uno stile molto diverso da quanto visto finora, a prima vista sgradevole per chi ha visto le sei serie animate precedenti, e forse infantile. Bisogna senza dubbio riuscire ad abituarcisi prima. Superato lo smarrimento iniziale, si potranno iniziare a notare i bellissimi colori ed effetti grafici, e un ottima regia, specialmente nelle scene di combattimento, davvero spettacolari.
Le altre novità riguardano la storia, dove alcuni elementi cardine del filone 'Pretty Cure' vengono meno. Ad esempio non c'è un mondo parallelo o un regno magico da salvare. Per la prima volta a essere in pericolo è la Terra stessa, protetta da un mistico albero che fluttua nel cielo, l'Albero del Cuore, e che i nemici, i Messaggeri del Deserto, vogliono abbattere per trasformare tutto il mondo in un unico e vasto deserto. Altro elemento di novità è la leggenda delle Pretty Cure, e la loro successione temporale. Nelle serie precedenti le varie protagoniste diventavano Pretty Cure, e probabilmente erano le prime a farlo, mentre in questa serie viene detto e mostrato che prima delle attuali Pretty Cure ce ne sono state molte altre, che da tempo immemore difendono la Terra dalle forze del male.
Poi i nemici che le Pretty Cure affrontano in ogni episodio, anche qui c'è un elemento nuovo, ma che è nuovo solo all'interno di Pretty Cure. I nemici non sono più creature generate dagli oggetti tramite apparecchi magici o sortilegi particolari, ma si tratta delle persone a cui viene sottratto il Fiore del Cuore, che trasformatisi in Desertrian sfogano la loro rabbia e pensieri repressi. E' una cosa che riprende palesemente 'Sailor Moon S' o 'Wedding Peach', quindi non è una vera novità, ma in 'Pretty Cure' è la prima volta che i nemici sono così concreti.
Per il resto rimane sempre 'Pretty Cure', e dunque ci sono dei bei combattimenti, molto veloci e ben realizzati, adrenalinici e spettacolari da vedere, che non hanno nulla da invidiare a quelli di un manga shounen, diversi power up e attacchi finali spettacolari. Questo gruppo di Pretty Cure si distingue inoltre dalle precedenti per l'alto numero di attacchi speciali, sono sicuramente quelle che ne hanno di più. Ci sono parecchi episodi filler dedicati ai membri delle famiglie delle protagoniste, e agli amici di scuola, che insegnano valori morali e danno messaggi positivi, come il non arrendersi di fronte alle difficoltà, impegnarsi per realizzare i propri sogni, essere sempre sinceri, l'importanza dei legami familiari, e via dicendo, che sono sempre molto apprezzati.
Il gruppo di eroine è all'inizio composto da due sole Pretty Cure, ma con il proseguire degli episodi il loro numero raggiunge le quattro unità. A differenza di 'Fresh' dove il gruppo si forma praticamente nei primi tre episodi, qui bisognerà arrivare a oltre metà serie per vedere le quattro Pretty Cure lottare insieme. Tsubomi ed Erika, le due protagoniste, una l'opposto dell'altra, sono due ottimi personaggi, molto ben caratterizzate. Timida e introversa ma con grande voglia di cambiare la prima, energica, casinista e piena di vita la seconda. Da sole bastano per reggere la scena per i tanti episodi in cui lottano da sole.
I cattivi sono un po' il punto debole della serie. Non molto carismatici, non riescono a imporsi sulla scena, né con le loro stranezze o modi di fare, né con il loro aspetto. Il nemico finale in particolare, il capo dei cattivi, è davvero poco caratterizzato, e i suoi scopi, ovvero perché è successo tutto questo casino maledetto, rimangono oscuri. Peccato.
Le musiche sono sempre ottime e accompagnano perfettamente ogni scena, ci sono diverse insert song in alcuni momenti importanti. Il doppiaggio è parecchio buono, l'unica voce che un po' stona è quella di Erika, doppiata da Fumie Mizusawa, che le dà una tonalità troppo alta e stridula. Tra i doppiatori vale la pena citare Aya Hisakawa, storica voce di Ami Mizuno/Sailor Mercury nelle produzioni animate di Sailor Moon, che qui doppia Yuri/Cure Moonlight.
Per finire devo dire che tra le sette serie viste fin qui, questa è quella che mi è piaciuta di più. All'inizio ero davvero spaesato, ma già al terzo episodio ero completamente preso dalle atmosfere della serie, e sono arrivato alla fine senza quasi accorgermene. Dopo la sesta serie, 'Fresh Pretty Cure', credevo di aver visto la miglior serie di 'Pretty Cureì, ma poi ho visto questo 'Heartcatch'. Intendiamoci, non è perfetta, ma cavolo se mi sono esaltato negli episodi finali. E dire che con questi disegni non gli avrei dato una lira. Una bellissima sorpresa, lo consiglio davvero.
Le altre novità riguardano la storia, dove alcuni elementi cardine del filone 'Pretty Cure' vengono meno. Ad esempio non c'è un mondo parallelo o un regno magico da salvare. Per la prima volta a essere in pericolo è la Terra stessa, protetta da un mistico albero che fluttua nel cielo, l'Albero del Cuore, e che i nemici, i Messaggeri del Deserto, vogliono abbattere per trasformare tutto il mondo in un unico e vasto deserto. Altro elemento di novità è la leggenda delle Pretty Cure, e la loro successione temporale. Nelle serie precedenti le varie protagoniste diventavano Pretty Cure, e probabilmente erano le prime a farlo, mentre in questa serie viene detto e mostrato che prima delle attuali Pretty Cure ce ne sono state molte altre, che da tempo immemore difendono la Terra dalle forze del male.
Poi i nemici che le Pretty Cure affrontano in ogni episodio, anche qui c'è un elemento nuovo, ma che è nuovo solo all'interno di Pretty Cure. I nemici non sono più creature generate dagli oggetti tramite apparecchi magici o sortilegi particolari, ma si tratta delle persone a cui viene sottratto il Fiore del Cuore, che trasformatisi in Desertrian sfogano la loro rabbia e pensieri repressi. E' una cosa che riprende palesemente 'Sailor Moon S' o 'Wedding Peach', quindi non è una vera novità, ma in 'Pretty Cure' è la prima volta che i nemici sono così concreti.
Per il resto rimane sempre 'Pretty Cure', e dunque ci sono dei bei combattimenti, molto veloci e ben realizzati, adrenalinici e spettacolari da vedere, che non hanno nulla da invidiare a quelli di un manga shounen, diversi power up e attacchi finali spettacolari. Questo gruppo di Pretty Cure si distingue inoltre dalle precedenti per l'alto numero di attacchi speciali, sono sicuramente quelle che ne hanno di più. Ci sono parecchi episodi filler dedicati ai membri delle famiglie delle protagoniste, e agli amici di scuola, che insegnano valori morali e danno messaggi positivi, come il non arrendersi di fronte alle difficoltà, impegnarsi per realizzare i propri sogni, essere sempre sinceri, l'importanza dei legami familiari, e via dicendo, che sono sempre molto apprezzati.
Il gruppo di eroine è all'inizio composto da due sole Pretty Cure, ma con il proseguire degli episodi il loro numero raggiunge le quattro unità. A differenza di 'Fresh' dove il gruppo si forma praticamente nei primi tre episodi, qui bisognerà arrivare a oltre metà serie per vedere le quattro Pretty Cure lottare insieme. Tsubomi ed Erika, le due protagoniste, una l'opposto dell'altra, sono due ottimi personaggi, molto ben caratterizzate. Timida e introversa ma con grande voglia di cambiare la prima, energica, casinista e piena di vita la seconda. Da sole bastano per reggere la scena per i tanti episodi in cui lottano da sole.
I cattivi sono un po' il punto debole della serie. Non molto carismatici, non riescono a imporsi sulla scena, né con le loro stranezze o modi di fare, né con il loro aspetto. Il nemico finale in particolare, il capo dei cattivi, è davvero poco caratterizzato, e i suoi scopi, ovvero perché è successo tutto questo casino maledetto, rimangono oscuri. Peccato.
Le musiche sono sempre ottime e accompagnano perfettamente ogni scena, ci sono diverse insert song in alcuni momenti importanti. Il doppiaggio è parecchio buono, l'unica voce che un po' stona è quella di Erika, doppiata da Fumie Mizusawa, che le dà una tonalità troppo alta e stridula. Tra i doppiatori vale la pena citare Aya Hisakawa, storica voce di Ami Mizuno/Sailor Mercury nelle produzioni animate di Sailor Moon, che qui doppia Yuri/Cure Moonlight.
Per finire devo dire che tra le sette serie viste fin qui, questa è quella che mi è piaciuta di più. All'inizio ero davvero spaesato, ma già al terzo episodio ero completamente preso dalle atmosfere della serie, e sono arrivato alla fine senza quasi accorgermene. Dopo la sesta serie, 'Fresh Pretty Cure', credevo di aver visto la miglior serie di 'Pretty Cureì, ma poi ho visto questo 'Heartcatch'. Intendiamoci, non è perfetta, ma cavolo se mi sono esaltato negli episodi finali. E dire che con questi disegni non gli avrei dato una lira. Una bellissima sorpresa, lo consiglio davvero.
Anzitutto, una premessa: per provare ad apprezzare quest'anime bisogna farsi forza e adeguarsi al chara design. Il responsabile del CD stavolta è lo stesso di 'Ojamajo Doremì' e questo stacca molto 'Heartcatch Precure!' sia dalle prime cinque stagioni sia dalla appena precedente 'Fresh! Precure'. Superato lo scoglio della grafica, possiamo affrontare la trama.
Tsubomi Hanasaki, timida e introversa quattordicenne, si è appena trasferita nella città dove si trova l'orto botanico curato dalla nonna materna e dove i suoi genitori hanno intenzione di aprire un negozio di fiori, che sono anche la sua passione. A scuola incontrerà Erika Kurumi, estroversa ed esuberante, praticamente l'opposto di lei e, grazie agli spiritelli Coffret e Cyphre, avremo così la coppia di Pretty Cure che agirà nei primi 22 episodi della stagione: Cure Blossom e Cure Marine.
Diversamente dalle stagioni precedenti e dalla seguente Suite, stavolta non ci sono mondi fantastici che chiedono l'intervento delle leggendarie guerriere. Tutto ruota intorno alla Terra e all'albero Kokoro, un albero millenario che vaga nel cielo sulla sua isoletta di terra. L'albero è responsabile della buona salute dei "fiori del cuore" delle persone, tutti diversi e rappresentanti ciascuno, attraverso il linguaggio dei fiori, la caratteristica fondamentale della persona cui appartengono. Sembrerebbe un plagio da 'Sailor Moon S', ma è più corretto parlare di citazione - e Heartcath è piena di citazioni, riferimenti, prese in giro di altre serie, 'Sailor Moon' compresa.
Distruggere l'albero, fare avvizzire i cuori e tramutare così la Terra in un deserto è lo scopo dei Messaggeri del Deserto, che da centinaia di anni provano ad attuare il loro piano, ostacolati dalle Pretty Cure. E questo è un altro punto di originalità di Heartcatch: certo, fin dalla prima stagione le Pretty Cure sono definite "leggendarie", ma a conti fatti le uniche guerriere erano le protagoniste. Qui invece la leggenda, le Pretty Cure del passato, le consegne tra una generazione e l'altra di guerriere sono decisamente rilevanti.
L'ambientazione, dopo l'irrealtà della quarta e della quinta stagione, torna a essere abbastanza realistica, e, anche se l'attenzione degli sceneggiatori si concentra molto sulle protagoniste, c'è comunque modo di conoscere i personaggi secondari: genitori, compagni di classe, le persone coinvolte dai nemici in ogni puntata. Attenzione particolare viene data a Istuki, presidente del consiglio studentesco, e a Yuri Tsukikage, amica della sorella maggiore di Erika. Motivo? Bisogna raggiungere rispettivamente le puntate 12, 23 e 34 per scoprirlo.
La protagonista, Tsubomi Hanasaki, si stacca dalle caratteristiche delle precedenti. Non è l'asso dello sport o dello studio, non è la forza che trascina il gruppo, non è la più forte delle Pretty Cure. Anzi, tra le due (o forse più) guerriere è la più debole sia caratterialmente sia fisicamente. Una scelta che permette di assistere, nel corso delle 49 puntate, alla sua crescita; gestita bene, senza power up assurdi o cambiamenti repentini e irreali.
Erika, al contrario, è fisicamente forte, decisa, piena di vitalità. Peccato che anche lei abbia le sue grane: è infatti tremendamente gelosa di sua sorella maggiore, famosa modella.
Dall'altro lato della barricata ci sono i tre Generali del deserto Sasorina, Kumojacki e Cobraja; il professor Saabaku e Dark Pretty Cure; e, per finire, Dune, re dei messaggeri. Le psicologie dei tre generali e i motivi per cui combattono ci vengono rese note e grazie al cielo esulano dal "faccio il male perché sì". Sono motivi puramente egoistici, come le guerriere non mancheranno di fare notare loro, ma sono desideri umani e su questi i tre personaggi vengono costruiti in modo sufficientemente coerente. Decenti sono anche la caratterizzazione di Dark PreCure e il suo odio per la Pretty Cure precedente, Blossom, e Marine, Cure Moonlight. Meno approfondito è il professore, protagonista di un colpo di scena nelle ultime puntate che però, oltre a gridare a 'Star Wars', è un po' tirato via nella spiegazione. La psicologia di Dune invece è inesistente: cattivo perché sì, ed è un peccato.
Sul piano dei combattimenti, vengono equilibrati i colpi in tempo reale, molto numerosi, l'agilità e la forza fisica delle guerriere con conseguenti calci e pugni e gli attacchi finali, in coppia o singoli, in cui le ragazze fanno uso di scettri come dalla quarta stagione in poi.
Non l'avrei mai immaginato, ma a vent'anni suonati mi è piaciuta una stagione di 'Pretty Cure', per di più quella che reputo la peggiore dal punto di vista del chara design. Tenendo conto che è un maho shoujo commerciale, per ragazzine, un otto non glielo toglie nessuno.
Tsubomi Hanasaki, timida e introversa quattordicenne, si è appena trasferita nella città dove si trova l'orto botanico curato dalla nonna materna e dove i suoi genitori hanno intenzione di aprire un negozio di fiori, che sono anche la sua passione. A scuola incontrerà Erika Kurumi, estroversa ed esuberante, praticamente l'opposto di lei e, grazie agli spiritelli Coffret e Cyphre, avremo così la coppia di Pretty Cure che agirà nei primi 22 episodi della stagione: Cure Blossom e Cure Marine.
Diversamente dalle stagioni precedenti e dalla seguente Suite, stavolta non ci sono mondi fantastici che chiedono l'intervento delle leggendarie guerriere. Tutto ruota intorno alla Terra e all'albero Kokoro, un albero millenario che vaga nel cielo sulla sua isoletta di terra. L'albero è responsabile della buona salute dei "fiori del cuore" delle persone, tutti diversi e rappresentanti ciascuno, attraverso il linguaggio dei fiori, la caratteristica fondamentale della persona cui appartengono. Sembrerebbe un plagio da 'Sailor Moon S', ma è più corretto parlare di citazione - e Heartcath è piena di citazioni, riferimenti, prese in giro di altre serie, 'Sailor Moon' compresa.
Distruggere l'albero, fare avvizzire i cuori e tramutare così la Terra in un deserto è lo scopo dei Messaggeri del Deserto, che da centinaia di anni provano ad attuare il loro piano, ostacolati dalle Pretty Cure. E questo è un altro punto di originalità di Heartcatch: certo, fin dalla prima stagione le Pretty Cure sono definite "leggendarie", ma a conti fatti le uniche guerriere erano le protagoniste. Qui invece la leggenda, le Pretty Cure del passato, le consegne tra una generazione e l'altra di guerriere sono decisamente rilevanti.
L'ambientazione, dopo l'irrealtà della quarta e della quinta stagione, torna a essere abbastanza realistica, e, anche se l'attenzione degli sceneggiatori si concentra molto sulle protagoniste, c'è comunque modo di conoscere i personaggi secondari: genitori, compagni di classe, le persone coinvolte dai nemici in ogni puntata. Attenzione particolare viene data a Istuki, presidente del consiglio studentesco, e a Yuri Tsukikage, amica della sorella maggiore di Erika. Motivo? Bisogna raggiungere rispettivamente le puntate 12, 23 e 34 per scoprirlo.
La protagonista, Tsubomi Hanasaki, si stacca dalle caratteristiche delle precedenti. Non è l'asso dello sport o dello studio, non è la forza che trascina il gruppo, non è la più forte delle Pretty Cure. Anzi, tra le due (o forse più) guerriere è la più debole sia caratterialmente sia fisicamente. Una scelta che permette di assistere, nel corso delle 49 puntate, alla sua crescita; gestita bene, senza power up assurdi o cambiamenti repentini e irreali.
Erika, al contrario, è fisicamente forte, decisa, piena di vitalità. Peccato che anche lei abbia le sue grane: è infatti tremendamente gelosa di sua sorella maggiore, famosa modella.
Dall'altro lato della barricata ci sono i tre Generali del deserto Sasorina, Kumojacki e Cobraja; il professor Saabaku e Dark Pretty Cure; e, per finire, Dune, re dei messaggeri. Le psicologie dei tre generali e i motivi per cui combattono ci vengono rese note e grazie al cielo esulano dal "faccio il male perché sì". Sono motivi puramente egoistici, come le guerriere non mancheranno di fare notare loro, ma sono desideri umani e su questi i tre personaggi vengono costruiti in modo sufficientemente coerente. Decenti sono anche la caratterizzazione di Dark PreCure e il suo odio per la Pretty Cure precedente, Blossom, e Marine, Cure Moonlight. Meno approfondito è il professore, protagonista di un colpo di scena nelle ultime puntate che però, oltre a gridare a 'Star Wars', è un po' tirato via nella spiegazione. La psicologia di Dune invece è inesistente: cattivo perché sì, ed è un peccato.
Sul piano dei combattimenti, vengono equilibrati i colpi in tempo reale, molto numerosi, l'agilità e la forza fisica delle guerriere con conseguenti calci e pugni e gli attacchi finali, in coppia o singoli, in cui le ragazze fanno uso di scettri come dalla quarta stagione in poi.
Non l'avrei mai immaginato, ma a vent'anni suonati mi è piaciuta una stagione di 'Pretty Cure', per di più quella che reputo la peggiore dal punto di vista del chara design. Tenendo conto che è un maho shoujo commerciale, per ragazzine, un otto non glielo toglie nessuno.
Ebbene eccoci con un'altra serie delle "Pretty cure". A differenza della scorsa serie, "Fresh Pretty Cure", qui abbiamo di fronte un chara design diverso e molto carino. I colori pastellati e brillanti per me sono molto belli. Lo stile ricorda quello di un altro anime di successo, "Ojamajo Doremi", che pur nella sua infantilità è riuscito a raggiungere i cuori di molti proprio grazie alla sua semplicità e alla storia di fondo che tratta temi della vita quotidiana.
Assistiamo alla protagonista Tsubomi che ha un sogno: uno scontro tra pretty cure, Cure Moonlight e Dark Pretty Cure. Il sogno si concluderà con la sconfitta di Cure Moonlight (o quella che pare essere la sua sconfitta), e Tsubomi si sveglierà.
Trasferitasi nel paese della nonna andrà in una nuova scuola dove farà amicizia poco per volta con Erika Kurumi, ragazza molto estroversa e spiritosa, in opposto al carattere un po' goffo e introverso di Tsubomi. Entreranno in scena anche personaggi come Itsuki, presidentessa del consiglio ma che si comporta e sembra un ragazzo proprio perché deve succedere al dojo di famiglia - e suo fratello maggiore è malato.
Molto belli trovo gli scontri, difficili nel momento in cui, oltre ai classici nemici che attaccano in gruppo, arriva la Dark Pretty Cure, che ha un odio verso Cure Moonlight, e che con un colpo soltanto riesce a mettere k.o. le tre pretty cure, Tsubomi, Erika e Itsuki.
A me è piaciuta molto come serie, ben fatta, con dei bellissimi colpi di scena e un finale molto significativo.
E' consigliata sopratutto a chi non si fa disgustare dal chara design senza nemmeno dargli una possibilità.
Assistiamo alla protagonista Tsubomi che ha un sogno: uno scontro tra pretty cure, Cure Moonlight e Dark Pretty Cure. Il sogno si concluderà con la sconfitta di Cure Moonlight (o quella che pare essere la sua sconfitta), e Tsubomi si sveglierà.
Trasferitasi nel paese della nonna andrà in una nuova scuola dove farà amicizia poco per volta con Erika Kurumi, ragazza molto estroversa e spiritosa, in opposto al carattere un po' goffo e introverso di Tsubomi. Entreranno in scena anche personaggi come Itsuki, presidentessa del consiglio ma che si comporta e sembra un ragazzo proprio perché deve succedere al dojo di famiglia - e suo fratello maggiore è malato.
Molto belli trovo gli scontri, difficili nel momento in cui, oltre ai classici nemici che attaccano in gruppo, arriva la Dark Pretty Cure, che ha un odio verso Cure Moonlight, e che con un colpo soltanto riesce a mettere k.o. le tre pretty cure, Tsubomi, Erika e Itsuki.
A me è piaciuta molto come serie, ben fatta, con dei bellissimi colpi di scena e un finale molto significativo.
E' consigliata sopratutto a chi non si fa disgustare dal chara design senza nemmeno dargli una possibilità.
In attesa di un (per i miei canoni) “migliore” episodio di una saga che ha tutto ciò che serve per pareggiare Sailor Moon, ma che non lo utilizza, mi ritrovo davanti due evidenziatori: Cure Blossom, completamente rosa, dai capelli al vestito, al cerchietto, fino agli orecchini, e Cure Marine totalmente blu, occhi, capelli e vestito. Loro utilizzano rispettivamente i poteri dei fiori e quelli del mare.
Tsubomi Hanasaki continua a fare un sogno, lo scontro tra Cure Moonlight e Dark Pretty Cure, dal quale esce vincitrice la seconda. La prima chiede a due faires, le mascotte di questa serie, di portare gli Haeart Parfume (profumo del cuore, che già...) alle due nuove pretty cure, che non sono già prescelte, sono decise dalle faires. Hanasaki, si trasferisce in una nuova scuola, dove conoscerà la buffa e fanatica di moda Erika, che sarà la sua prima amica. Uscita dalla scuola, Hanasaki si troverà davanti queste due faires che gli daranno un profumo, e le dicono anche che dovrà combattere per fare ritornare il Fiore del Cuore - commercialata - di Erika nel cuore della rispettiva. Così Hanasaki deciderà di trasformarsi, per salvare la amica.
Trasformazione: svenimento, morte. La trasformazione di Hanasaki dura due minuti, ed è una tavola rosa. Non vedi differenza, lei dice: "Purikyua, open my heart!", l'animaletto si trasforma in pietra ed entra nel profumo, che lei si spruzza addosso, facendo comparire le parti del costume. Le si allungano anche i capelli, che si tingono di rosa. Gli sfondi? Beh, lo sfondo è formato da una tavola rosa, sulla quale si muovono delle margherite rosa. A quel punto ho chiuso tutto e me ne sono andato via.
Graficamente orribile, Heartcatch Pretty Cure si distacca completamente dalle altre serie, ed è uguale Ojamajo Doremi, pieno di spunti kawaii che rendono infantile la storia.
Non lo consiglierei a nessuno, neanche agli amanti delle Cures, solo alle bimbe tra 4 agli 8 anni, e poi basta; è una serie creata per il merchandising, il che lecito, però...
Voto 4 perché la grafica, delle Ojamajo, la trovo carina, anche se in una serie delle Cures la trovo fuori posto, e perché la sigletta è puccia.
Tsubomi Hanasaki continua a fare un sogno, lo scontro tra Cure Moonlight e Dark Pretty Cure, dal quale esce vincitrice la seconda. La prima chiede a due faires, le mascotte di questa serie, di portare gli Haeart Parfume (profumo del cuore, che già...) alle due nuove pretty cure, che non sono già prescelte, sono decise dalle faires. Hanasaki, si trasferisce in una nuova scuola, dove conoscerà la buffa e fanatica di moda Erika, che sarà la sua prima amica. Uscita dalla scuola, Hanasaki si troverà davanti queste due faires che gli daranno un profumo, e le dicono anche che dovrà combattere per fare ritornare il Fiore del Cuore - commercialata - di Erika nel cuore della rispettiva. Così Hanasaki deciderà di trasformarsi, per salvare la amica.
Trasformazione: svenimento, morte. La trasformazione di Hanasaki dura due minuti, ed è una tavola rosa. Non vedi differenza, lei dice: "Purikyua, open my heart!", l'animaletto si trasforma in pietra ed entra nel profumo, che lei si spruzza addosso, facendo comparire le parti del costume. Le si allungano anche i capelli, che si tingono di rosa. Gli sfondi? Beh, lo sfondo è formato da una tavola rosa, sulla quale si muovono delle margherite rosa. A quel punto ho chiuso tutto e me ne sono andato via.
Graficamente orribile, Heartcatch Pretty Cure si distacca completamente dalle altre serie, ed è uguale Ojamajo Doremi, pieno di spunti kawaii che rendono infantile la storia.
Non lo consiglierei a nessuno, neanche agli amanti delle Cures, solo alle bimbe tra 4 agli 8 anni, e poi basta; è una serie creata per il merchandising, il che lecito, però...
Voto 4 perché la grafica, delle Ojamajo, la trovo carina, anche se in una serie delle Cures la trovo fuori posto, e perché la sigletta è puccia.
La Toei Animation ormai sta andando in fallimento, e che fare allora per guadagnare soldi in modo veloce e facile? Creare la settima serie delle Pretty Cure, HeartCatch, di cui tutti sentivano l'esigenza. Ormai si vede che lo scopo di queste serie è puramente commerciale, anche solo notando la differenza con le prime due-tre serie.
Cominciamo dal delineare le pecche della serie Precure:
1. Il chara design è accattivante ma terribilmente ripetitivo. Si nota proprio che la furba Toei ha creato delle nuove protagoniste estremamente kawaii, che sono un incrocio tra le Twin Princess e le Ojamajo Doremi. I colori evidenziatore possono dare alla testa alle bambine, ma non a me. Ripetitivo, visto che già Saki e Mai erano identiche a Nagisa e Honoka, mentre altre somiglianze vi sono nella Precure 5 e le ho delineate nella recensione fatta da me nella sezione apposita.
2. Trame striminzite e banali. Ho letto la trama di questa serie su internet, e sono rabbrividita: si parla di cristalli fatati del cuore, non vi ricorda qualcosa? Ma certo, Sailor Moon Stars! Assurdo. Ho seguito tre serie di Pretty Cure e giuro di non aver trovato differenza tra l'una e l'altra: serie composte totalmente da filler inutili, noiosi, che servono solo ad allungare il brodo, e non, piuttosto, alla caratterizzazione dei personaggi, che peraltro non c'è mai stata. E notando i predecessori, questa serie non sarà da meno.
<b>ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER!</b>
3. Antagonisti puramente assenti. Non c'è mai una ragione valida per la quale siano lì; attaccano la terra, gli umani o un chicchessia mondo senza il minimo motivo. Il boss solitamente è un pazzoa montatoa vuoto fino alla morte, che comanda dei patetici subordinati che hanno la funzione di fallire ogni missione per 50 puntate. Poi alla cinquantunesima, cioè l'ultima, diventano per qualche motivo ignoto imbattibili, tanto che le Precure starebbero per lasciarci le penne, quando a un certo punto la protagonista di turno comincia il suo monologo sulla felicità, sull'amore, sulla speranza, sull'amicizia, sulla vita (che ne saprà poi una ragazzetta, della vita) e magicamente il nemico muore. Perché il boss, dopo aver ascoltato il discorso, o viene sconfitto o s'impietosisce, ammettendo di aver sbagliato (cosa poi non si sa, visto che non viene manco approfondito) e diventa buono.
<b>FINE POSSIBILI SPOILER</b>
Scontato, banale, la solita frittata mestata e rimestata.
Che dire poi dell'elemento innovativo di Pretty Cure, ossia i combattimenti senza scettri o robe varie.
Nelle prime serie sì che si potevano notare, visto che di scettri non ne esistevano, ma ora, nelle ultime serie, gli "scettrini" sono magicamente apparsi e le scene di "lotta" diminuite di parecchio, sarà un caso? Voglio proprio vedere come faranno queste nuove Pretty Cure a menare i cattivi <i>con i tacchi a spillo</i>!
Ok ho finito il massacro. Vi lascio in pace. Alla prossima!
Kuro
Cominciamo dal delineare le pecche della serie Precure:
1. Il chara design è accattivante ma terribilmente ripetitivo. Si nota proprio che la furba Toei ha creato delle nuove protagoniste estremamente kawaii, che sono un incrocio tra le Twin Princess e le Ojamajo Doremi. I colori evidenziatore possono dare alla testa alle bambine, ma non a me. Ripetitivo, visto che già Saki e Mai erano identiche a Nagisa e Honoka, mentre altre somiglianze vi sono nella Precure 5 e le ho delineate nella recensione fatta da me nella sezione apposita.
2. Trame striminzite e banali. Ho letto la trama di questa serie su internet, e sono rabbrividita: si parla di cristalli fatati del cuore, non vi ricorda qualcosa? Ma certo, Sailor Moon Stars! Assurdo. Ho seguito tre serie di Pretty Cure e giuro di non aver trovato differenza tra l'una e l'altra: serie composte totalmente da filler inutili, noiosi, che servono solo ad allungare il brodo, e non, piuttosto, alla caratterizzazione dei personaggi, che peraltro non c'è mai stata. E notando i predecessori, questa serie non sarà da meno.
<b>ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER!</b>
3. Antagonisti puramente assenti. Non c'è mai una ragione valida per la quale siano lì; attaccano la terra, gli umani o un chicchessia mondo senza il minimo motivo. Il boss solitamente è un pazzoa montatoa vuoto fino alla morte, che comanda dei patetici subordinati che hanno la funzione di fallire ogni missione per 50 puntate. Poi alla cinquantunesima, cioè l'ultima, diventano per qualche motivo ignoto imbattibili, tanto che le Precure starebbero per lasciarci le penne, quando a un certo punto la protagonista di turno comincia il suo monologo sulla felicità, sull'amore, sulla speranza, sull'amicizia, sulla vita (che ne saprà poi una ragazzetta, della vita) e magicamente il nemico muore. Perché il boss, dopo aver ascoltato il discorso, o viene sconfitto o s'impietosisce, ammettendo di aver sbagliato (cosa poi non si sa, visto che non viene manco approfondito) e diventa buono.
<b>FINE POSSIBILI SPOILER</b>
Scontato, banale, la solita frittata mestata e rimestata.
Che dire poi dell'elemento innovativo di Pretty Cure, ossia i combattimenti senza scettri o robe varie.
Nelle prime serie sì che si potevano notare, visto che di scettri non ne esistevano, ma ora, nelle ultime serie, gli "scettrini" sono magicamente apparsi e le scene di "lotta" diminuite di parecchio, sarà un caso? Voglio proprio vedere come faranno queste nuove Pretty Cure a menare i cattivi <i>con i tacchi a spillo</i>!
Ok ho finito il massacro. Vi lascio in pace. Alla prossima!
Kuro