L'Uomo Ragno
È la prima serie animata dedicata a Spider-Man (o Uomo Ragno), supereroe Marvel Comics, creato nel 1962 da Stan Lee e Steve Ditko, da noi arrivata prima all'interno del contenitore anni'70 "Supergulp, i fumetti in TV" di Rai Due e poi, negli anni '80, e con un altro doppiaggio, su Retequattro e sui canali locali.
Per quanto risenta del passare del tempo, la serie animata resta nel cuore di molti fan, soprattutto l'iconica sigla e i trentasei episodi brevi (più due lunghi da venti minuti) della prima stagione (prodotti dalla "Grant-Ray Lawrence" e dalla "Krantz Animation", dell'allora giovane regista Ralph Bakshi - sì, proprio quello di "Fritz il gatto" e del film animato su "Il signore degli anelli"), che si distinguono dalle altre due per essere dei cartoni animati che seguono perfettamente le storie a fumetti di Stan Lee, qui anche supervisore della prima stagione assieme al suo secondo disegnatore, John Romita Senior (Steve Ditko, infatti, aveva troncato ogni rapporto con Stan Lee l'anno prima che uscisse questo show, per divergenze creative).
La presenza fissa dell'editore del "Daily Bugle" Jameson, di Betty Brant e di Peter Parker fotografo freelance (zia May c'è, ma si vede di rado in questa serie animata - si pensi che nella prima stagione compare solo nella spassosa seconda storia lunga con Rhino, l'uomo rinoceronte) è garanzia di divertimento e risate. Immancabili i super-criminali dei fumetti, specie Mysterio, il signore delle illusioni con il casco di vetro in testa, che risulta quello usato meglio di tutti (persino di Goblin e del dottor Octopus) in questo show, apparendo in quattro episodi (due lunghi e due brevi). L'ingenuità anni '60 degli sceneggiatori, però, tende a creare anche supercriminali per la TV, che a volte funzionano e a volte meno, ma che interagiscono con i cattivi del fumetto, quando la sceneggiatura impone. Spider-Man, poi, dipinto come un simpatico Robin Hood, non è solo un supereroe incompreso dai media e dai poliziotti (che gli sparano a vista, caratteristica che sparisce nelle altre ragno-serie, per ragioni di censura TV), ma, in certe scene, il suo corpo (o parte di esso) diventa anche malleabile e allungabile come mister Fantastic de "I Fantastici 4" (qualità animata che ho sempre trovato deliziosa in questi brevi degli anni'60).
Dopo i fasti della prima stagione avviene un crollo qualitativo, dovuto anche al fatto che la "Grant-Ray Lawrence", che garantiva i bei disegni e le animazioni in stile cartoons alla Hanna & Barbera, fallì, dopo aver portato a termine solo venti puntate da venti minuti delle cinquantadue previste. La restante casa di produzione, la "Krantz Animation", decise comunque e, coraggiosamente, di completare l'opera, producendo trentanove episodi spalmati nelle restanti trentadue puntate previste, tagliando quasi del tutto con i personaggi del "Daily Bugle", ma anche con i super-criminali dei fumetti (a parte Kingpin, il corpulento zar del crimine, che debutta proprio nelle storie dirette da Bakshi, assieme al captano Stacy, altro personaggio a fumetti importante nelle storie ragnesche che si leggevano fra il 1966 e il 1970).
Arrivano le puntate ambientate al liceo, dove i compagni di scuola di Peter, pur assomigliando a Flash Thompson, Mary Jane Watson, Gwen Stacy, Liz Allen e Betty Brant dei fumetti, non si chiamano così. Una decisione drammatica che porta Spider-Man a vivere anche avventure fantasy e fantascientifiche, oltre che dei normali gialli da telefilm dell'epoca. In quelle trentadue puntate finali, però, viene fuori di più il lato problematico di Peter Parker, ma si perde quello goliardico visto nelle prime storie. Abbiamo, così, uno Spider-Man con due anime diverse, un po' come il Lupin III della prima serie anime che prima, nelle storie di Masaaki Osumi, uccideva pure i poliziotti senza pensarci due volte, e poi, nelle restanti dirette da Hayao Miyazaki, diventava un simpatico marpione che andava a derubare solo i miliardari più cattivi e perversi. In questa serie di Spider-man avviene la stessa cosa, anzi la violenza e gli episodi più cupi sono tutti nelle puntate curate dalla "Krantz Animation" di Bakshi, che hanno disegni e animazioni più povere e che, quindi, sono invecchiate peggio dei cartoons della prima stagione.
Il breve ritorno agli episodi da dieci minuti, prodotti in syndication, fra il 1969 e il 1970, è fallimentare, anche a causa dell'uso di materiale già visto nelle prime puntate, e i due episodi presi dal serial animato "Rocket Robin Hood" (con le avventure dell'arciere di Sherwood in versione fantascientifica, sempre curate da "Grant-Ray Lawrence" e dalla "Krantz Animation", nel 1966/1969) e rifatti in chiave ragnesca si rivelano solo dei remake confusi, dove abbondano mostri ed esseri celesti che stanno stretti anche al suddetto Robin Hood del futuro (pure lui, infatti, ha patito gli stessi cambiamenti di Spider-man nello stile, nel disegno e nelle animazioni, dove compaiono fissi lady Marion, lo sceriffo di Nottingham, il principe Giovanni e Giles, un simpatico vecchietto che fa il cuoco per gli allegri compagni di Robin).
Nonostante ciò, questo primo Spider-Man animato non si può e non si riesce a dimenticare, anche perché quel che fece Ralph Bakshi (stringere la cinghia e andare avanti per finire il contratto con la Marvel Comics) oggi nessun produttore/regista lo farebbe mai, piuttosto chiuderebbe la serie senza pensarci due volte. Gli metto 8, ma la serie sarebbe da 10, se il tutto fosse rimasto come nei primi trentanove episodi.
Per quanto risenta del passare del tempo, la serie animata resta nel cuore di molti fan, soprattutto l'iconica sigla e i trentasei episodi brevi (più due lunghi da venti minuti) della prima stagione (prodotti dalla "Grant-Ray Lawrence" e dalla "Krantz Animation", dell'allora giovane regista Ralph Bakshi - sì, proprio quello di "Fritz il gatto" e del film animato su "Il signore degli anelli"), che si distinguono dalle altre due per essere dei cartoni animati che seguono perfettamente le storie a fumetti di Stan Lee, qui anche supervisore della prima stagione assieme al suo secondo disegnatore, John Romita Senior (Steve Ditko, infatti, aveva troncato ogni rapporto con Stan Lee l'anno prima che uscisse questo show, per divergenze creative).
La presenza fissa dell'editore del "Daily Bugle" Jameson, di Betty Brant e di Peter Parker fotografo freelance (zia May c'è, ma si vede di rado in questa serie animata - si pensi che nella prima stagione compare solo nella spassosa seconda storia lunga con Rhino, l'uomo rinoceronte) è garanzia di divertimento e risate. Immancabili i super-criminali dei fumetti, specie Mysterio, il signore delle illusioni con il casco di vetro in testa, che risulta quello usato meglio di tutti (persino di Goblin e del dottor Octopus) in questo show, apparendo in quattro episodi (due lunghi e due brevi). L'ingenuità anni '60 degli sceneggiatori, però, tende a creare anche supercriminali per la TV, che a volte funzionano e a volte meno, ma che interagiscono con i cattivi del fumetto, quando la sceneggiatura impone. Spider-Man, poi, dipinto come un simpatico Robin Hood, non è solo un supereroe incompreso dai media e dai poliziotti (che gli sparano a vista, caratteristica che sparisce nelle altre ragno-serie, per ragioni di censura TV), ma, in certe scene, il suo corpo (o parte di esso) diventa anche malleabile e allungabile come mister Fantastic de "I Fantastici 4" (qualità animata che ho sempre trovato deliziosa in questi brevi degli anni'60).
Dopo i fasti della prima stagione avviene un crollo qualitativo, dovuto anche al fatto che la "Grant-Ray Lawrence", che garantiva i bei disegni e le animazioni in stile cartoons alla Hanna & Barbera, fallì, dopo aver portato a termine solo venti puntate da venti minuti delle cinquantadue previste. La restante casa di produzione, la "Krantz Animation", decise comunque e, coraggiosamente, di completare l'opera, producendo trentanove episodi spalmati nelle restanti trentadue puntate previste, tagliando quasi del tutto con i personaggi del "Daily Bugle", ma anche con i super-criminali dei fumetti (a parte Kingpin, il corpulento zar del crimine, che debutta proprio nelle storie dirette da Bakshi, assieme al captano Stacy, altro personaggio a fumetti importante nelle storie ragnesche che si leggevano fra il 1966 e il 1970).
Arrivano le puntate ambientate al liceo, dove i compagni di scuola di Peter, pur assomigliando a Flash Thompson, Mary Jane Watson, Gwen Stacy, Liz Allen e Betty Brant dei fumetti, non si chiamano così. Una decisione drammatica che porta Spider-Man a vivere anche avventure fantasy e fantascientifiche, oltre che dei normali gialli da telefilm dell'epoca. In quelle trentadue puntate finali, però, viene fuori di più il lato problematico di Peter Parker, ma si perde quello goliardico visto nelle prime storie. Abbiamo, così, uno Spider-Man con due anime diverse, un po' come il Lupin III della prima serie anime che prima, nelle storie di Masaaki Osumi, uccideva pure i poliziotti senza pensarci due volte, e poi, nelle restanti dirette da Hayao Miyazaki, diventava un simpatico marpione che andava a derubare solo i miliardari più cattivi e perversi. In questa serie di Spider-man avviene la stessa cosa, anzi la violenza e gli episodi più cupi sono tutti nelle puntate curate dalla "Krantz Animation" di Bakshi, che hanno disegni e animazioni più povere e che, quindi, sono invecchiate peggio dei cartoons della prima stagione.
Il breve ritorno agli episodi da dieci minuti, prodotti in syndication, fra il 1969 e il 1970, è fallimentare, anche a causa dell'uso di materiale già visto nelle prime puntate, e i due episodi presi dal serial animato "Rocket Robin Hood" (con le avventure dell'arciere di Sherwood in versione fantascientifica, sempre curate da "Grant-Ray Lawrence" e dalla "Krantz Animation", nel 1966/1969) e rifatti in chiave ragnesca si rivelano solo dei remake confusi, dove abbondano mostri ed esseri celesti che stanno stretti anche al suddetto Robin Hood del futuro (pure lui, infatti, ha patito gli stessi cambiamenti di Spider-man nello stile, nel disegno e nelle animazioni, dove compaiono fissi lady Marion, lo sceriffo di Nottingham, il principe Giovanni e Giles, un simpatico vecchietto che fa il cuoco per gli allegri compagni di Robin).
Nonostante ciò, questo primo Spider-Man animato non si può e non si riesce a dimenticare, anche perché quel che fece Ralph Bakshi (stringere la cinghia e andare avanti per finire il contratto con la Marvel Comics) oggi nessun produttore/regista lo farebbe mai, piuttosto chiuderebbe la serie senza pensarci due volte. Gli metto 8, ma la serie sarebbe da 10, se il tutto fosse rimasto come nei primi trentanove episodi.