Jaku-chara Tomozaki-kun
Una storia con la stessa credibilità di una promessa elettorale, che tra alti e bassi si trascina fino a strappare una sufficienza. Tutto qui?
Trama e storia
Fumiya Tomozaki è il miglior giocatore del Giappone in un videogame chiamato Atafami, ma è anche un nerd introverso, taciturno e solitario che non presta attenzione al proprio modo di vestire, di parlare e, in generale, a nessuna attività da normie.
Un giorno organizza un incontro con il secondo classificato del gioco, che si scopre essere la sua compagna di classe Aoi Hinami. La ragazza è l’esatto contrario di lui: solare, sempre esteticamente impeccabile, costantemente circondata di persone, voti scolastici altissimi, la migliore anche nello sport. In sostanza lei rimane terribilmente delusa da lui, ma, invece di piantarlo lì e dedicarsi ad altro, gli tira su un ‘pippone’ infinito che non mi avrebbero fatto neanche i miei genitori nella mia fase ribelle, e cerca di convincerlo a migliorarsi. Perché “la vita è un god-tier game”.
‘Stacce’.
Ad ogni modo Tomozaki, che probabilmente è alla prima esperienza di un dialogo con un essere umano di sesso femminile, accetta di provare seriamente a giocare al gioco della vita (senza maiuscole, perché non è quello edito da Hasbro)... e quindi lei inizierà a fargli da life coach, guidandolo passo dopo passo, dandogli delle missioni da svolgere per guadagnare “punti esperienza” e “sbloccare skill”, e stabilendo degli obiettivi nel breve e medio termine.
Ammetto che sulla carta l'idea mi aveva intrigato parecchio, ma la verità è che ben presto l’impianto inizia a scricchiolare sotto il peso di dialoghi non sempre brillanti, di una Aoi fastidiosa come un dente cariato e di una crescita troppo verticale del protagonista. Soprattutto, il castello di sabbia si sgretola sotto i propri stessi sofismi, nel momento in cui la protagonista femminile, così dannatamente brillante, è anche terribilmente inquadrata, conformista e “giapponese”. Specchio estremizzato della cultura in cui vive, Aoi porta il concetto di competitività al parossismo e, al contempo, ha una tale chiusura mentale da non riuscire a concepire il fatto che un gioco di così alto livello non possa certo essere limitato da un’unica classifica basata sulla realizzazione sociale o sulle performance, né essere vincolato ad un singolo percorso per raggiungere la vittoria. Vittoria poi... sempre secondo l’ideale standard mainstream nipponico.
Ecco, se volessi farne un'analisi per cui il mio professore di letteratura sarebbe stato contento, avrei potuto dire che Aoi è lo strumento tramite cui l'autore critica la società giapponese per la sua sterilità, per l'ipocrisia e per la costante pressione omologatrice in tutti gli ambiti formativi. Ma la verità è che io non credo affatto che ci sia una tale profondità in questo anime.
Eppure, mi chiedo, è davvero credibile che Aoi, con la sua spiccata intelligenza e le sue capacità di analisi e programmazione, innalzi sé stessa a messia e portatrice dell'unica verità? Dall'alto del proprio acume dovrebbe saperlo bene che il suo modo così diretto e competitivo di giocare ad Atafami non le ha mai permesso di superare Tomozaki, il re delle combo. Quindi, perché con la vita dovrebbe andare diversamente? Apparentemente, non si pone mai il problema di avere un approccio sbagliato, o che quantomeno il suo sia solo uno dei possibili modi di affrontare la vita. Sebbene lui dica in più di una circostanza che i giochi sono innanzitutto una sfida con sé stessi, prima che con gli avversari, palesando di fatto ciò che lei non riesce a capire: non ci può essere una vittoria completa, piena e realizzante, se si rimane concentrati solo sul battere gli altri. Se anziché considerarli innanzitutto persone, li si vede solo come pedine insignificanti o avversari da sconfiggere.
Tomozaki affronterà poi davvero la questione con Aoi, ma solo nell’ultimo episodio, gestendo peraltro l’intero lunghissimo dialogo in modo abbastanza superficiale e piuttosto deludente.
E quindi in buona sostanza per undici episodi ciò che abbiamo è Tomozaki che da bravo cagnolino si impegna a svolgere i compiti che gli vengono assegnati... solo che dopo tre episodi ha già raggiunto un livello di accettabilità tale per cui il gioco non risulta più divertente, scivolando in una sorta di slice of life noiosetto con un po’ di harem. Anche i vari archi narrativi non sono niente di che, e mancano decisamente di mordente... cosa inevitabile, considerando che Aoi è sempre dipinta una spanna sopra a tutti e pressoché invincibile. Non è che ti aspetti che il palco crolli alla prima occasione della prima stagione, sapendo che ci sono una decina di light novel da serializzare.
Ad ogni modo ammetto che gli insegnamenti di Hinami, seppur banali e anche un po’ faciloni, raramente sono campati per aria o sbagliati. Nel senso... curare l’igiene personale e il proprio aspetto, mantenere una postura migliore, lavorare sull’eloquio, cercare di avere argomenti di dialogo, uscire dalla propria bolla, prepararsi a un appuntamento in precedenza... sono tutti consigli che darei a molti dei miei conoscenti meno brillanti.
E niente, se vi pare che io abbia sproloquiato inutilmente per 5000 caratteri, che i miei siano solo paralogismi da bar o, peggio, che io stia vaneggiando a suon di circonlocuzioni sul nulla... beh, allora è meglio se lasciate stare questo anime, perché tale filosofia da strapazzo è ciò di cui questa serie è fatta.
Sviluppo dei personaggi
Di Fumiya Tomozaki ho già detto quasi tutto qui sopra: lui è scialbo e poco intrigante, anche anaffettivo mi sento di dire, e resta tale anche nel corso del proprio percorso di maturazione, quindi dal punto di vista dell’analisi caratteriale non c’è poi molto da aggiungere.
Il centro attorno a cui ruota la serie non sono tanto le storielle di una banalità sconcertante che vengono raccontate, ma la crescita del protagonista e il suo intrecciare relazioni con i compagni di classe estroversi e con le ragazze. Quindi, ci si aspetterebbe che venga posto un grosso accento sulle sfide che deve affrontare, sulla difficoltà e gli squilibri dovuti a un cambio di vita radicale, in un percorso fatto di risultati faticosamente raggiunti, ma anche di obiettivi mancati. Sul prendere consapevolezza dei punti di forza, ma anche delle proprie debolezze. Sugli aspetti legati all’etica e al rispetto, che alcune delle quest sembrano trascurare quasi completamente.
E in parte tutto questo è presente, soprattutto nei primi episodi e negli ultimi, ma purtroppo la crescita di Tomozaki è eccessivamente veloce, e già dopo poche puntate il protagonista diventa sostanzialmente un normale ragazzo un po’ introverso, riuscendo a farsi accettare più o meno da tutti, mettendo a segno dei colpi anche piuttosto rilevanti e perdendo praticamente del tutto la connotazione da “reietto” con cui partiva inizialmente.
E questo è piuttosto grave secondo me: manca completamente l’aspetto legato alla reticenza con cui i cambiamenti vengono accolti dagli altri, è surreale la facilità con cui tutti si sbarazzano dei propri bias, in un periodo difficile come l’adolescenza, dove è davvero difficile affrancarsi dai pregiudizi.
Anche di Aoi Hinami ho già scritto sopra, ma vorrei accentuare maggiormente l’aspetto del fastidio che questo personaggio mi provoca. Non c’è un solo momento in cui abbandoni la propria maschera, e la cosa è evidente e addirittura conclamata in uno degli ultimi episodi. Risulta quindi falsa quanto la proverbiale banconota da tre euro. Intendiamoci, è una cosa buona, eh! Quando un personaggio di fantasia riesce a suscitare delle emozioni, positive o negative che siano, personalmente ritengo sia una cosa positiva. Peccato che alla fine questa insofferenza sia l'unica emozione che mi è rimasta di tutta la serie, e quindi emotivamente la cosa non contribuisce certo a spingere il voto verso l'alto.
Il suo power level inoltre è eccessivo, e lo si nota nei vari confronti con Mimimi, una delle ragazze dell’harem che sostanzialmente è l’eterna seconda. Vederla arrivare seconda dopo una bella battaglia darebbe un minimo di verve allo scontro, ma qui si ha sempre l’impressione che sia tutto inutile, e l’assenza di una reale competizione porta ad annoiare e a rendere il personaggio stupidamente iper-potente. È il “boss finale”, ma lo si capiva lo stesso anche senza fare piazza pulita di ogni possibile accenno di concorrenza attorno a lei.
Su Aoi, inoltre, non abbiamo una sola informazione riguardo al passato. Se è così fissata con la realizzazione personale, se è tanto importante per lei emergere come alfa del branco, sarebbe stato interessante avere almeno degli indizi riguardanti la motivazione che la spinge. Posto che ce ne sia una, ovviamente.
Soprattutto, esattamente cosa vuole da Tomozaki? Perché lo fa? Quali sono le sue motivazioni? Cosa spera di ricavare da tutto questo tempo ed energie spesi in questo processo di ingegneria sociale per quello che, nella sua ottica, dovrebbe essere un NPC (Non-Playable Character)?
Ci sono anche altri personaggi secondari, ma, alla fine, non ha molto senso analizzarli, per ora (per alcuni varrà la pena nella seconda stagione).
Mimimi è la classica tizia super-allegra e positiva, con la sindrome dell’eterna seconda.
Kikuchi è timida e introversa e vuole fare la scrittrice.
E così via, niente di innovativo ma neanche sgradevoli, semplicemente sono figure che si adagiano su cliché abbastanza consolidati.
Disegni
I disegni non mi sono sembrati niente di che. La parte che mi è parsa la più piacevole è la sigla di apertura, che trovo molto carina, poi per il resto siamo nella norma per prodotti di questo tipo. Non brilla, ma non scade neppure mai nell’inguardabile. Si lascia guardare e alla fine è piacevole. Le animazioni non presentano mai difficoltà per cui sia necessario fare un’analisi.
Dialoghi e scrittura
In questo caso qui non aggiungo niente: ho già ampiamente affrontato il punto nei primi due blocchi.
In definitiva
Una storia con la stessa credibilità di una promessa elettorale, che tra alti e bassi si trascina fino a strappare una sufficienza. Tutto qui?
No... a dire il vero c’è di più.
Però anche sì... alla fine è tutto qui.
Trama e storia
Fumiya Tomozaki è il miglior giocatore del Giappone in un videogame chiamato Atafami, ma è anche un nerd introverso, taciturno e solitario che non presta attenzione al proprio modo di vestire, di parlare e, in generale, a nessuna attività da normie.
Un giorno organizza un incontro con il secondo classificato del gioco, che si scopre essere la sua compagna di classe Aoi Hinami. La ragazza è l’esatto contrario di lui: solare, sempre esteticamente impeccabile, costantemente circondata di persone, voti scolastici altissimi, la migliore anche nello sport. In sostanza lei rimane terribilmente delusa da lui, ma, invece di piantarlo lì e dedicarsi ad altro, gli tira su un ‘pippone’ infinito che non mi avrebbero fatto neanche i miei genitori nella mia fase ribelle, e cerca di convincerlo a migliorarsi. Perché “la vita è un god-tier game”.
‘Stacce’.
Ad ogni modo Tomozaki, che probabilmente è alla prima esperienza di un dialogo con un essere umano di sesso femminile, accetta di provare seriamente a giocare al gioco della vita (senza maiuscole, perché non è quello edito da Hasbro)... e quindi lei inizierà a fargli da life coach, guidandolo passo dopo passo, dandogli delle missioni da svolgere per guadagnare “punti esperienza” e “sbloccare skill”, e stabilendo degli obiettivi nel breve e medio termine.
Ammetto che sulla carta l'idea mi aveva intrigato parecchio, ma la verità è che ben presto l’impianto inizia a scricchiolare sotto il peso di dialoghi non sempre brillanti, di una Aoi fastidiosa come un dente cariato e di una crescita troppo verticale del protagonista. Soprattutto, il castello di sabbia si sgretola sotto i propri stessi sofismi, nel momento in cui la protagonista femminile, così dannatamente brillante, è anche terribilmente inquadrata, conformista e “giapponese”. Specchio estremizzato della cultura in cui vive, Aoi porta il concetto di competitività al parossismo e, al contempo, ha una tale chiusura mentale da non riuscire a concepire il fatto che un gioco di così alto livello non possa certo essere limitato da un’unica classifica basata sulla realizzazione sociale o sulle performance, né essere vincolato ad un singolo percorso per raggiungere la vittoria. Vittoria poi... sempre secondo l’ideale standard mainstream nipponico.
Ecco, se volessi farne un'analisi per cui il mio professore di letteratura sarebbe stato contento, avrei potuto dire che Aoi è lo strumento tramite cui l'autore critica la società giapponese per la sua sterilità, per l'ipocrisia e per la costante pressione omologatrice in tutti gli ambiti formativi. Ma la verità è che io non credo affatto che ci sia una tale profondità in questo anime.
Eppure, mi chiedo, è davvero credibile che Aoi, con la sua spiccata intelligenza e le sue capacità di analisi e programmazione, innalzi sé stessa a messia e portatrice dell'unica verità? Dall'alto del proprio acume dovrebbe saperlo bene che il suo modo così diretto e competitivo di giocare ad Atafami non le ha mai permesso di superare Tomozaki, il re delle combo. Quindi, perché con la vita dovrebbe andare diversamente? Apparentemente, non si pone mai il problema di avere un approccio sbagliato, o che quantomeno il suo sia solo uno dei possibili modi di affrontare la vita. Sebbene lui dica in più di una circostanza che i giochi sono innanzitutto una sfida con sé stessi, prima che con gli avversari, palesando di fatto ciò che lei non riesce a capire: non ci può essere una vittoria completa, piena e realizzante, se si rimane concentrati solo sul battere gli altri. Se anziché considerarli innanzitutto persone, li si vede solo come pedine insignificanti o avversari da sconfiggere.
Tomozaki affronterà poi davvero la questione con Aoi, ma solo nell’ultimo episodio, gestendo peraltro l’intero lunghissimo dialogo in modo abbastanza superficiale e piuttosto deludente.
E quindi in buona sostanza per undici episodi ciò che abbiamo è Tomozaki che da bravo cagnolino si impegna a svolgere i compiti che gli vengono assegnati... solo che dopo tre episodi ha già raggiunto un livello di accettabilità tale per cui il gioco non risulta più divertente, scivolando in una sorta di slice of life noiosetto con un po’ di harem. Anche i vari archi narrativi non sono niente di che, e mancano decisamente di mordente... cosa inevitabile, considerando che Aoi è sempre dipinta una spanna sopra a tutti e pressoché invincibile. Non è che ti aspetti che il palco crolli alla prima occasione della prima stagione, sapendo che ci sono una decina di light novel da serializzare.
Ad ogni modo ammetto che gli insegnamenti di Hinami, seppur banali e anche un po’ faciloni, raramente sono campati per aria o sbagliati. Nel senso... curare l’igiene personale e il proprio aspetto, mantenere una postura migliore, lavorare sull’eloquio, cercare di avere argomenti di dialogo, uscire dalla propria bolla, prepararsi a un appuntamento in precedenza... sono tutti consigli che darei a molti dei miei conoscenti meno brillanti.
E niente, se vi pare che io abbia sproloquiato inutilmente per 5000 caratteri, che i miei siano solo paralogismi da bar o, peggio, che io stia vaneggiando a suon di circonlocuzioni sul nulla... beh, allora è meglio se lasciate stare questo anime, perché tale filosofia da strapazzo è ciò di cui questa serie è fatta.
Sviluppo dei personaggi
Di Fumiya Tomozaki ho già detto quasi tutto qui sopra: lui è scialbo e poco intrigante, anche anaffettivo mi sento di dire, e resta tale anche nel corso del proprio percorso di maturazione, quindi dal punto di vista dell’analisi caratteriale non c’è poi molto da aggiungere.
Il centro attorno a cui ruota la serie non sono tanto le storielle di una banalità sconcertante che vengono raccontate, ma la crescita del protagonista e il suo intrecciare relazioni con i compagni di classe estroversi e con le ragazze. Quindi, ci si aspetterebbe che venga posto un grosso accento sulle sfide che deve affrontare, sulla difficoltà e gli squilibri dovuti a un cambio di vita radicale, in un percorso fatto di risultati faticosamente raggiunti, ma anche di obiettivi mancati. Sul prendere consapevolezza dei punti di forza, ma anche delle proprie debolezze. Sugli aspetti legati all’etica e al rispetto, che alcune delle quest sembrano trascurare quasi completamente.
E in parte tutto questo è presente, soprattutto nei primi episodi e negli ultimi, ma purtroppo la crescita di Tomozaki è eccessivamente veloce, e già dopo poche puntate il protagonista diventa sostanzialmente un normale ragazzo un po’ introverso, riuscendo a farsi accettare più o meno da tutti, mettendo a segno dei colpi anche piuttosto rilevanti e perdendo praticamente del tutto la connotazione da “reietto” con cui partiva inizialmente.
E questo è piuttosto grave secondo me: manca completamente l’aspetto legato alla reticenza con cui i cambiamenti vengono accolti dagli altri, è surreale la facilità con cui tutti si sbarazzano dei propri bias, in un periodo difficile come l’adolescenza, dove è davvero difficile affrancarsi dai pregiudizi.
Anche di Aoi Hinami ho già scritto sopra, ma vorrei accentuare maggiormente l’aspetto del fastidio che questo personaggio mi provoca. Non c’è un solo momento in cui abbandoni la propria maschera, e la cosa è evidente e addirittura conclamata in uno degli ultimi episodi. Risulta quindi falsa quanto la proverbiale banconota da tre euro. Intendiamoci, è una cosa buona, eh! Quando un personaggio di fantasia riesce a suscitare delle emozioni, positive o negative che siano, personalmente ritengo sia una cosa positiva. Peccato che alla fine questa insofferenza sia l'unica emozione che mi è rimasta di tutta la serie, e quindi emotivamente la cosa non contribuisce certo a spingere il voto verso l'alto.
Il suo power level inoltre è eccessivo, e lo si nota nei vari confronti con Mimimi, una delle ragazze dell’harem che sostanzialmente è l’eterna seconda. Vederla arrivare seconda dopo una bella battaglia darebbe un minimo di verve allo scontro, ma qui si ha sempre l’impressione che sia tutto inutile, e l’assenza di una reale competizione porta ad annoiare e a rendere il personaggio stupidamente iper-potente. È il “boss finale”, ma lo si capiva lo stesso anche senza fare piazza pulita di ogni possibile accenno di concorrenza attorno a lei.
Su Aoi, inoltre, non abbiamo una sola informazione riguardo al passato. Se è così fissata con la realizzazione personale, se è tanto importante per lei emergere come alfa del branco, sarebbe stato interessante avere almeno degli indizi riguardanti la motivazione che la spinge. Posto che ce ne sia una, ovviamente.
Soprattutto, esattamente cosa vuole da Tomozaki? Perché lo fa? Quali sono le sue motivazioni? Cosa spera di ricavare da tutto questo tempo ed energie spesi in questo processo di ingegneria sociale per quello che, nella sua ottica, dovrebbe essere un NPC (Non-Playable Character)?
Ci sono anche altri personaggi secondari, ma, alla fine, non ha molto senso analizzarli, per ora (per alcuni varrà la pena nella seconda stagione).
Mimimi è la classica tizia super-allegra e positiva, con la sindrome dell’eterna seconda.
Kikuchi è timida e introversa e vuole fare la scrittrice.
E così via, niente di innovativo ma neanche sgradevoli, semplicemente sono figure che si adagiano su cliché abbastanza consolidati.
Disegni
I disegni non mi sono sembrati niente di che. La parte che mi è parsa la più piacevole è la sigla di apertura, che trovo molto carina, poi per il resto siamo nella norma per prodotti di questo tipo. Non brilla, ma non scade neppure mai nell’inguardabile. Si lascia guardare e alla fine è piacevole. Le animazioni non presentano mai difficoltà per cui sia necessario fare un’analisi.
Dialoghi e scrittura
In questo caso qui non aggiungo niente: ho già ampiamente affrontato il punto nei primi due blocchi.
In definitiva
Una storia con la stessa credibilità di una promessa elettorale, che tra alti e bassi si trascina fino a strappare una sufficienza. Tutto qui?
No... a dire il vero c’è di più.
Però anche sì... alla fine è tutto qui.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Faccio il classico rewatch per l'inizio della nuova stagione, e quindi la meritata recensione per questo più o meno particolare anime. Eccovi quindi la mia opinione.
Con la visione della prima metà della seconda stagione, parte integrante e consecuzione ovvia della prima, vado ad aggiungere qualcosa alla mia precedente recensione, in quanto l'opera migliora quanto visto precedentemente, sia in termini di voti che di commenti. Non potrete non guardarla dopo la prima, sempre che vi sia piaciuta...
Regia: 7 + 1
Nulla di eccezionale né nel bene né nel male. La serie fila via liscia con ritmi abbastanza tranquilli, ravvivata più che altro dai momenti in cui il protagonista scopre cosa dovrà fare e cercherà di mettere in pratica, con le sue poche esperienze, quello che ha imparato. La colpa non è al 100% del regista, diciamo che la storia non è così complessa da poterci creare delle montagne russe o incollare avvenimenti speciali di chissà che tipo. Preciso però che non è noioso, anzi è un anime che si fa guardare discretamente. Le storie dei vari personaggi in parte s'intrecciano e vengono raccontate a pezzi, per poi essere riprese più avanti durante la stagione. È una tecnica un po' inusuale per uno slice of life, difficile da gestire, però ti dà quel senso di suspense nello scoprire come andrà una vicenda piuttosto che un'altra. Deve però piacere, e poteva essere gestita un pochino meglio.
Migliora un po' nella seconda stagione, complici situazioni con maggiori variabili che "costringono" il regista a dare il meglio di sé, dovendo accelerare per stare dietro agli avvenimenti che si susseguono. Anche la trama è più lineare, nel bene e nel male, in ogni caso più semplice da seguire. Aggiungerei che anche lo spazio lasciato ai vari personaggi si amplia, rendendo meno centrale la figura del protagonista e ravvivando un pattern che altrimenti sarebbe risultato alla lunga un po' noioso.
Sceneggiatura: 7,5 + 1,5
È in tutto e per tutto uno slice of life ad ambientazione scolastica, a cui però sono stati tolti i classici temi di innamoramenti vari con harem inclusi e dell'amicizia a tutti i costi (almeno in parte), sostituiti da una particolare attenzione verso situazioni di disagi sociali, psicologici e di vite create ad hoc per inserirsi nella società. Lo sviluppo della trama è incentrato sul protagonista, classico videogiocatore poco incline alla socializzazione e con scarso interesse verso la vita "normale", che si vedrà costretto a dover rivedere la sua visione esageratamente ostile verso il mondo che lo circonda. I dialoghi tra i personaggi sono una parte focale della serie e rappresentano le visioni soggettive di ciascuno di loro. Alle volte sono un pochino pesanti, ma sotto sotto sono un buon modo per ragionare sull'approccio che abbiamo verso gli altri e non solo nella vita quotidiana. Fortunatamente ci sono anche momenti più leggeri e pure in parte divertenti, altrimenti diventerebbe un anime soporifero. Per una serata leggera da dopo lavoro non lo consiglierei però, è decisamente più spesso rispetto alle controparti, senza tuttavia esagerare.
Un po' diversa la situazione nella seconda stagione, dove il protagonista perde in certi momenti il centro dell'attenzione o addirittura diventa quasi uno spettatore passivo degli avvenimenti. Se nella prima stagione tutta la trama era incentrata su di lui e sulla sua evoluzione, rendendola a rischio noia o comunque un po' ovvia, ora l'intero gruppo di personaggi diventa parte centrale della sceneggiatura. L'impressione è che un po' per colpa delle scelte di Tomozaki, un po' per un avanzamento naturale delle cose, nei vari episodi ci sia un'evoluzione da parte di tutti. Il maggiore spazio lasciato agli "attori", inoltre, rende le situazioni più varie e intricate, anche se dai commenti che ho letto non tutti hanno apprezzato quest'arco iniziale in cui il protagonista ha un po' perso il suo ruolo centrale. Personalmente, questo sviluppo, unito a una buona prima stagione, è la parte migliore di quest'anime. Forse per chi è un "normie" (così vengono denominate le persone integrate nella società nell'anime) potrebbe sembrare strano, ma ci sono tante persone che, come i personaggi, hanno problemi di ogni tipo nell'allacciare rapporti con gli altri o addirittura a vivere una vita normale. Questi ultimi capiranno subito i temi trattati nell'anime, ma con un po' di attenzione ed empatia chiunque può far suo il messaggio lanciato dall'autore. Lo stesso che poi, un po' alla volta nella seconda stagione, farà capire che non solo il protagonista, ma anche altri personaggi nel loro piccolo, hanno problemi di questo tipo, ma, credendo in loro stessi, riusciranno ad uscire dal loro guscio e migliorare. Viene poi introdotto/ampliato il lato sentimentale, sempre in salsa "continua a giocare per migliorare", aggiungendo un po' di pepe ai classici problemi del povero protagonista e incuriosendo per un futuro finale "love love".
Design: 7,5
Il design dei personaggi è decisamente bello, basta guardare le immagini per notarlo. Forse un po' classico, ma di sicuro effetto. Molto piacevoli anche i giochi di luce e l'uso dei colori.
Un po' meno bene le animazioni in generale, più che altro si è andato sul risparmio per gli effetti in generale. Mancano movimenti dei capelli, dei vestiti e via dicendo. Anche i personaggi sono un po' troppo spesso fermi mentre parlano.
Alla fine ne salta fuori un voto intermedio, a mio parere, sicuramente oltre la sufficienza e alla media di tanti altri anime.
Caratterizzazione dei personaggi: 7,5 + 1
Oltre al protagonista avremo una coprotagonista molto presente, oltre a qualche altro personaggio più o meno secondario che interagirà con loro. Come già detto, Tomozaki è il fulcro su cui si sviluppa la storia, è colui che avrà la crescita maggiore e, quando troverà la risposta a quello che vuole davvero, probabilmente si concluderà la serie. Al suo fianco vivono la loro vita vari compagni di classe che interagiranno con lui per fargli fare varie esperienze, ma che allo stesso tempo vivranno indipendentemente, creando a volte delle side quest tutte loro. Alcune volte non sarà nulla di che, e si sarebbe potuto approfondire maggiormente qualche situazione per rendere l'anime in generale più vario, ma devo dire che grazie a queste ho potuto apprezzare un paio di loro alla pari del protagonista. Rispetto ad altri slice of life scolastici ho visto un lavoro migliore, anche se non all'altezza dei top, ma effettivamente, più che sui singoli personaggi, la chiave alla base dell'anime è sempre l'analizzare il rapporto intrapersonale e con la società più in generale, per capire le differenti prospettive di vita che ognuno può avere. Mettendola così, si potrebbe dire che tutti i personaggi servono più semplicemente a rappresentare differenti stili di vita e di pensiero che vanno a scontrarsi tra di loro in un concetto più filosofico. Non una cosa leggerissima, mettendola cosi, però ho avuto questa sensazione.
Con la seconda stagione il gruppo di attori compie un miglioramento sensibile. Come già detto precedentemente, il leggero decentramento del protagonista in certi episodi e la conseguente comparsa sotto i riflettori dei personaggi secondari, ha reso questi ultimi più sviluppati e variopinti. Manca ancora un po' di approfondimento del passato per alcuni, ma nonostante questo c'è un maggiore livellamento di importanza e quindi di interesse ad ampio raggio. Si apprezza di più il carattere di quello o quell'altra, oppure si fa il tifo per un finale sentimentale "vittorioso" per la ragazza preferita. Insomma, un buon lavoro è stato ulteriormente migliorato!
P.S. A proposito di tifo... Forza Mimimi!
Sonoro: 6,5
Sigle nella media, mentre meglio per le musiche di fondo, solo un po' ripetitive a volte. Comunque, hanno aiutato ad apprezzare meglio alcune scene più importanti.
In definitiva: 7,2 + 0,7 = 7,9 (ok, lo so che fa ridere, ma sono un matematico, sorry...)
Lo consiglierei sicuramente, anche se non riesco ad inquadrarlo al 100%. Il genere si mischia a una scelta di temi non classici, creando un prodotto a tratti pesantino, ma proprio per questo più interessante per certi versi.
La seconda stagione dovrebbe ricalcare la prima come stile, dando quelle risposte "filosofiche" al protagonista che ancora mancano dopo dodici episodi... o almeno spero!
Speranza che nella seconda stagione è stata in parte colmata, ma che soprattutto ha visto aggiungersi al modo di vedere questo strano gioco della vita del protagonista anche modi di fare e di pensare di altri personaggi più o meno "normie", rendendo più ampio e interessante un anime già fatto abbastanza bene. Nella speranza che mantenga il ritmo, il voto passa da un 7 a un 8.
Lo consiglio ancora di più, soprattutto a chi vuole vedere la vita sotto punti di vista diversi, senza andare troppo sul pesante, mettendo il proprio livello di empatia al livello massimo, però.
Faccio il classico rewatch per l'inizio della nuova stagione, e quindi la meritata recensione per questo più o meno particolare anime. Eccovi quindi la mia opinione.
Con la visione della prima metà della seconda stagione, parte integrante e consecuzione ovvia della prima, vado ad aggiungere qualcosa alla mia precedente recensione, in quanto l'opera migliora quanto visto precedentemente, sia in termini di voti che di commenti. Non potrete non guardarla dopo la prima, sempre che vi sia piaciuta...
Regia: 7 + 1
Nulla di eccezionale né nel bene né nel male. La serie fila via liscia con ritmi abbastanza tranquilli, ravvivata più che altro dai momenti in cui il protagonista scopre cosa dovrà fare e cercherà di mettere in pratica, con le sue poche esperienze, quello che ha imparato. La colpa non è al 100% del regista, diciamo che la storia non è così complessa da poterci creare delle montagne russe o incollare avvenimenti speciali di chissà che tipo. Preciso però che non è noioso, anzi è un anime che si fa guardare discretamente. Le storie dei vari personaggi in parte s'intrecciano e vengono raccontate a pezzi, per poi essere riprese più avanti durante la stagione. È una tecnica un po' inusuale per uno slice of life, difficile da gestire, però ti dà quel senso di suspense nello scoprire come andrà una vicenda piuttosto che un'altra. Deve però piacere, e poteva essere gestita un pochino meglio.
Migliora un po' nella seconda stagione, complici situazioni con maggiori variabili che "costringono" il regista a dare il meglio di sé, dovendo accelerare per stare dietro agli avvenimenti che si susseguono. Anche la trama è più lineare, nel bene e nel male, in ogni caso più semplice da seguire. Aggiungerei che anche lo spazio lasciato ai vari personaggi si amplia, rendendo meno centrale la figura del protagonista e ravvivando un pattern che altrimenti sarebbe risultato alla lunga un po' noioso.
Sceneggiatura: 7,5 + 1,5
È in tutto e per tutto uno slice of life ad ambientazione scolastica, a cui però sono stati tolti i classici temi di innamoramenti vari con harem inclusi e dell'amicizia a tutti i costi (almeno in parte), sostituiti da una particolare attenzione verso situazioni di disagi sociali, psicologici e di vite create ad hoc per inserirsi nella società. Lo sviluppo della trama è incentrato sul protagonista, classico videogiocatore poco incline alla socializzazione e con scarso interesse verso la vita "normale", che si vedrà costretto a dover rivedere la sua visione esageratamente ostile verso il mondo che lo circonda. I dialoghi tra i personaggi sono una parte focale della serie e rappresentano le visioni soggettive di ciascuno di loro. Alle volte sono un pochino pesanti, ma sotto sotto sono un buon modo per ragionare sull'approccio che abbiamo verso gli altri e non solo nella vita quotidiana. Fortunatamente ci sono anche momenti più leggeri e pure in parte divertenti, altrimenti diventerebbe un anime soporifero. Per una serata leggera da dopo lavoro non lo consiglierei però, è decisamente più spesso rispetto alle controparti, senza tuttavia esagerare.
Un po' diversa la situazione nella seconda stagione, dove il protagonista perde in certi momenti il centro dell'attenzione o addirittura diventa quasi uno spettatore passivo degli avvenimenti. Se nella prima stagione tutta la trama era incentrata su di lui e sulla sua evoluzione, rendendola a rischio noia o comunque un po' ovvia, ora l'intero gruppo di personaggi diventa parte centrale della sceneggiatura. L'impressione è che un po' per colpa delle scelte di Tomozaki, un po' per un avanzamento naturale delle cose, nei vari episodi ci sia un'evoluzione da parte di tutti. Il maggiore spazio lasciato agli "attori", inoltre, rende le situazioni più varie e intricate, anche se dai commenti che ho letto non tutti hanno apprezzato quest'arco iniziale in cui il protagonista ha un po' perso il suo ruolo centrale. Personalmente, questo sviluppo, unito a una buona prima stagione, è la parte migliore di quest'anime. Forse per chi è un "normie" (così vengono denominate le persone integrate nella società nell'anime) potrebbe sembrare strano, ma ci sono tante persone che, come i personaggi, hanno problemi di ogni tipo nell'allacciare rapporti con gli altri o addirittura a vivere una vita normale. Questi ultimi capiranno subito i temi trattati nell'anime, ma con un po' di attenzione ed empatia chiunque può far suo il messaggio lanciato dall'autore. Lo stesso che poi, un po' alla volta nella seconda stagione, farà capire che non solo il protagonista, ma anche altri personaggi nel loro piccolo, hanno problemi di questo tipo, ma, credendo in loro stessi, riusciranno ad uscire dal loro guscio e migliorare. Viene poi introdotto/ampliato il lato sentimentale, sempre in salsa "continua a giocare per migliorare", aggiungendo un po' di pepe ai classici problemi del povero protagonista e incuriosendo per un futuro finale "love love".
Design: 7,5
Il design dei personaggi è decisamente bello, basta guardare le immagini per notarlo. Forse un po' classico, ma di sicuro effetto. Molto piacevoli anche i giochi di luce e l'uso dei colori.
Un po' meno bene le animazioni in generale, più che altro si è andato sul risparmio per gli effetti in generale. Mancano movimenti dei capelli, dei vestiti e via dicendo. Anche i personaggi sono un po' troppo spesso fermi mentre parlano.
Alla fine ne salta fuori un voto intermedio, a mio parere, sicuramente oltre la sufficienza e alla media di tanti altri anime.
Caratterizzazione dei personaggi: 7,5 + 1
Oltre al protagonista avremo una coprotagonista molto presente, oltre a qualche altro personaggio più o meno secondario che interagirà con loro. Come già detto, Tomozaki è il fulcro su cui si sviluppa la storia, è colui che avrà la crescita maggiore e, quando troverà la risposta a quello che vuole davvero, probabilmente si concluderà la serie. Al suo fianco vivono la loro vita vari compagni di classe che interagiranno con lui per fargli fare varie esperienze, ma che allo stesso tempo vivranno indipendentemente, creando a volte delle side quest tutte loro. Alcune volte non sarà nulla di che, e si sarebbe potuto approfondire maggiormente qualche situazione per rendere l'anime in generale più vario, ma devo dire che grazie a queste ho potuto apprezzare un paio di loro alla pari del protagonista. Rispetto ad altri slice of life scolastici ho visto un lavoro migliore, anche se non all'altezza dei top, ma effettivamente, più che sui singoli personaggi, la chiave alla base dell'anime è sempre l'analizzare il rapporto intrapersonale e con la società più in generale, per capire le differenti prospettive di vita che ognuno può avere. Mettendola così, si potrebbe dire che tutti i personaggi servono più semplicemente a rappresentare differenti stili di vita e di pensiero che vanno a scontrarsi tra di loro in un concetto più filosofico. Non una cosa leggerissima, mettendola cosi, però ho avuto questa sensazione.
Con la seconda stagione il gruppo di attori compie un miglioramento sensibile. Come già detto precedentemente, il leggero decentramento del protagonista in certi episodi e la conseguente comparsa sotto i riflettori dei personaggi secondari, ha reso questi ultimi più sviluppati e variopinti. Manca ancora un po' di approfondimento del passato per alcuni, ma nonostante questo c'è un maggiore livellamento di importanza e quindi di interesse ad ampio raggio. Si apprezza di più il carattere di quello o quell'altra, oppure si fa il tifo per un finale sentimentale "vittorioso" per la ragazza preferita. Insomma, un buon lavoro è stato ulteriormente migliorato!
P.S. A proposito di tifo... Forza Mimimi!
Sonoro: 6,5
Sigle nella media, mentre meglio per le musiche di fondo, solo un po' ripetitive a volte. Comunque, hanno aiutato ad apprezzare meglio alcune scene più importanti.
In definitiva: 7,2 + 0,7 = 7,9 (ok, lo so che fa ridere, ma sono un matematico, sorry...)
Lo consiglierei sicuramente, anche se non riesco ad inquadrarlo al 100%. Il genere si mischia a una scelta di temi non classici, creando un prodotto a tratti pesantino, ma proprio per questo più interessante per certi versi.
La seconda stagione dovrebbe ricalcare la prima come stile, dando quelle risposte "filosofiche" al protagonista che ancora mancano dopo dodici episodi... o almeno spero!
Speranza che nella seconda stagione è stata in parte colmata, ma che soprattutto ha visto aggiungersi al modo di vedere questo strano gioco della vita del protagonista anche modi di fare e di pensare di altri personaggi più o meno "normie", rendendo più ampio e interessante un anime già fatto abbastanza bene. Nella speranza che mantenga il ritmo, il voto passa da un 7 a un 8.
Lo consiglio ancora di più, soprattutto a chi vuole vedere la vita sotto punti di vista diversi, senza andare troppo sul pesante, mettendo il proprio livello di empatia al livello massimo, però.
"La stima di sé è il contenuto più profondo della vita umana" (Sándor Márai)
"Jaku-chara Tomozaki-kun" (o "Bottom-tier Character Tomozaki" o "Personaggio di basso livello Tomozaki") è una serie anime di dodici episodi del 2021 tratti dai primi tre volumi della omonima light novel.
Sebbene con qualche forzatura e semplificazione di troppo, per me ha rappresentato un "quid" di originale nel panorama degli anime, pur non essendo paragonabile al celeberrimo "Oregairu" o anche a "Gamers!" o a "Aobuta".
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
L'incipit della narrazione è abbastanza forzato: Fumiya Tomozaki è il classico studente delle superiori otaku, trasandato di aspetto, isolato e senza amici, dedito esclusivamente a un gioco RPG battle ("Atafami") nel quale eccelle a livello nazionale, avendo raggiunto il primo posto del ranking con lo pseudonimo di "Nanashi". La sua weltanschauung emerge durante un confronto con il secondo miglior gamer in classifica (tal "no_name"), che gli richiede dopo l'ennesima sconfitta di potersi incontrare nel mondo reale per conoscersi. Il buon Fumiya scopre che il secondo in classifica è niente poco di meno che la sua compagna di classe Aoi Hinami, la studentessa più popolare della scuola, nonché sempre prima in tutto l'istituto nei test trimestrali di verifica. L'incontro è piuttosto animato, e ne emerge un conflitto dialettico piuttosto surreale per i presupposti. Lei lo accusa di essere sostanzialmente uno "sfigato" e un "misantropo", che al di fuori del gioco non è nessuno e che ritiene irrispettoso nei suoi confronti presentarsi a un appuntamento reale mal vestito e sporco. In più, si intuisce che lei, abituata a primeggiare in tutto quello che fa (è pure un asso dell'atletica), non digerisce proprio che uno come lui, un otaku che nella vita reale conta meno di "0", sia in grado di batterla e superarla nel videogioco. Di contro, lui, offeso dall'atteggiamento strafottente e di superiorità di lei, sostiene che a lui non interessa nulla della vita reale (che definisce letteralmente un mondo di "m...a") e che per essere felice gli basta il videogioco, una realtà dove non solo può assumere un ruolo in cui primeggia, ma rappresenta per lui anche quel mondo in cui lui si sente a suo agio e nel quale non si deve interfacciare con le cattiverie umane. Essendo due gamers con il gusto della sfida nel sangue (o almeno così vogliono farci credere...), ecco che Aoi sfida Fumiya a giocare al "gioco della vita", stuzzicandolo proprio per convincerlo che la vita reale non è quella schifezza che lui crede. Di conseguenza, viene stipulato un "pactum sceleris" tra i due, in cui lei assumerà il ruolo di tutor o mentor, per insegnargli il "gusto di vivere", per cambiare la sua visione pessimistica del suo ego e di ciò che lo circonda.
Due domande potrebbero sorgere spontanee anche nello spettatore più distratto: perché Fumiya ha una visione così negativa della sua esistenza e della vita in generale? Dalla serie vedremo che vive in una famiglia normale e piuttosto agiata; ha una sorella che a sua volta si vergogna di lui per come è, ma non sembra odiarlo o "bullizzarlo" psicologicamente. Perché Aoi vuole cambiarlo? Per il gusto di vincere l'ennesima sfida? Per indebolire colui che, nonostante ciò che è, rappresenta l'unico in grado di batterla nel gioco che tanto l'appassiona?
Le risposte non saranno mai fornite in modo esplicito nella serie dei dodici episodi. Lo spettatore potrà, in base alla sua sensibilità, interpretare le gesta dei due protagonisti attraverso una trama che non presenterà nulla di romantico, né tra i due né nelle interazioni con gli altri personaggi, che non sono tantissimi e che vengono anche ben trattati nel loro background ed evoluzione. Di sicuro, il primo episodio risulta parecchio forzato e poco realistico.
Ma torniamo ai due. Fumiya è "un perdente che non va da nessuna parte nella vita" e "[...] spazzatura senza la minima scintilla di ambizione" (Aoi dixit... more or less).
Il giudice supremo Aoi ha in fondo e in parte ragione, e decide di mostrare a Fumiya come è nella realtà, senza trucco o maschera, e avendo intuito che Tomozaki si è fatto strada fino a raggiungere la vetta della classifica del gioco, è consapevole che è in grado di lavorare per obiettivi, e così si offre di insegnargli "le regole di questo gioco". Fumiya, attratto dal fatto che Aoi consideri la vita "come un gioco", accetta la sua offerta.
Quali saranno queste regole? Più che regole, Aoi impartisce degli obiettivi da raggiungere e, per raggiungerli, lei stimola la mente di lui e gli dispensa "consigli" di buon senso, come comprare nuovi vestiti che ti stiano bene, avere una postura migliore, tentare di contattare i compagni di classe per parlare con loro, farsi un taglio di capelli che lo faccia sembrare come se stesse prendendo un colpo, fare la doccia più di una volta alla settimana.
A me è sembrata di tutta evidenza la visione distorta dei due protagonisti della storia, che, nonostante le apparenze, li accomuna: gli obiettivi vengono esposti come missioni di un gioco di ruolo. Sia Aoi sia Fumiya trattano la vita come un gioco con livelli crescenti di difficoltà. Il risultato? In apparenza sembra funzionare, perché il buon Fumiya Tomozaki evolve: cambia atteggiamento, postura, abbigliamento, si apre agli altri e cerca sempre più di inserirsi tra le persone, facendosi valere e anche apprezzare. Nella sua visione "distorta" Fumiya appare sempre più simile a Aoi, costruendosi un personaggio capace di adattarsi a qualsiasi situazione, seguendo pedissequamente i consigli di Aoi.
Tuttavia, l'obiettivo dove il "giochino" di Aoi si inceppa è quello a medio termine di imporre a Fumiya di "trovare una ragazza". Aoi si prodiga anche nel suggerirgli con chi deve provarci: la timida e dolce compagna di classe Fuuka Kikuchi, che aveva notato nutrire nei confronti di Fumiya una certa simpatia.
In questo "task" Fumiya dopo vari tentativi abdica dalla missione, arrivando anche al litigio con Aoi. Le interazioni tra Fumiya e Fuuka sono la parte più interessante della serie, e poiché
Fumiya non vede il motivo di uscire con una ragazza che non gli interessa ("ancora"?) a livello sentimentale, mi è sembrato di pregio non aver trasformato un otaku in un "mostro" senza scrupoli, ma averlo mantenuto come un ragazzo coerente con la sua visione dei rapporti interpersonali improntati alla schiettezza e all'essere sé stessi, non assumendo le "fattezze" di quello che non è né vorrebbe essere. E una battuta della "saggia" Fuuka ben rappresenta la dicotomia interiore di Fumiya, quando lei afferma che aveva difficoltà a colloquiare con la versione di lui "costruita" (per irretirla e conquistarla) rispetto a quella "senza maschera" (ma anche "disinteressata" a lei).
L'esatto contrario di Aoi, che ne esce come un personaggio negativo e enigmatico: manipolatrice, dotata di una intelligenza superiore (nel senso latino di inter-legere, ossia capacità di leggere le situazioni e le persone in modo da poter sempre riuscire a portarle a proprio vantaggio se di interesse) e capace di assumere la maschera più idonea in ogni situazione, per trarne vantaggio. Una sorta di incrocio tra Machiavelli e Thomas Hobbes in gonnella...
L'unico che è riuscito a smascherarla è proprio Fumiya, suo malgrado. Sabotando il piano di "redenzione di un otaku", Fumiya umilia due volte la stratega del gioco della vita e alla fine della serie si permette anche di farle la morale sul gusto di vivere. La metafora è sempre quella: il gioco. Tra due menti distorte l'unico "campo" comune in cui i due si ritrovano è sempre quello. Ma se lei lo vede come un modo per affermare sé stessa e trovare la sua essenza e ragione di vita, per lui vincere e affermarsi è solo il piacere di farlo, senza ulteriori fini (tanto è vero che lui non approfitta della sua bravura per vincere competizioni o acquisire la fama).
E quindi abbiamo ancora la morale che in fondo la visione otaku sia quella giusta? Che la società impone dei modelli falsamente vincenti ma che in realtà rende tutti finti, egoisti e meschini?
Chi lo sa, forse la seconda serie potrà dare una risposta, anche perché il finale resta aperto e segnato da una nuova "sfida" al gioco... Di sicuro la serie lancia un messaggio di speranza: quello che un "personaggio di livello inferiore" non rappresenti un'entità immutabile e che chi si interfaccia con lui non debba attribuirgli un'etichetta definitiva.
"Jaku-chara Tomozaki-kun" (o "Bottom-tier Character Tomozaki" o "Personaggio di basso livello Tomozaki") è una serie anime di dodici episodi del 2021 tratti dai primi tre volumi della omonima light novel.
Sebbene con qualche forzatura e semplificazione di troppo, per me ha rappresentato un "quid" di originale nel panorama degli anime, pur non essendo paragonabile al celeberrimo "Oregairu" o anche a "Gamers!" o a "Aobuta".
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
L'incipit della narrazione è abbastanza forzato: Fumiya Tomozaki è il classico studente delle superiori otaku, trasandato di aspetto, isolato e senza amici, dedito esclusivamente a un gioco RPG battle ("Atafami") nel quale eccelle a livello nazionale, avendo raggiunto il primo posto del ranking con lo pseudonimo di "Nanashi". La sua weltanschauung emerge durante un confronto con il secondo miglior gamer in classifica (tal "no_name"), che gli richiede dopo l'ennesima sconfitta di potersi incontrare nel mondo reale per conoscersi. Il buon Fumiya scopre che il secondo in classifica è niente poco di meno che la sua compagna di classe Aoi Hinami, la studentessa più popolare della scuola, nonché sempre prima in tutto l'istituto nei test trimestrali di verifica. L'incontro è piuttosto animato, e ne emerge un conflitto dialettico piuttosto surreale per i presupposti. Lei lo accusa di essere sostanzialmente uno "sfigato" e un "misantropo", che al di fuori del gioco non è nessuno e che ritiene irrispettoso nei suoi confronti presentarsi a un appuntamento reale mal vestito e sporco. In più, si intuisce che lei, abituata a primeggiare in tutto quello che fa (è pure un asso dell'atletica), non digerisce proprio che uno come lui, un otaku che nella vita reale conta meno di "0", sia in grado di batterla e superarla nel videogioco. Di contro, lui, offeso dall'atteggiamento strafottente e di superiorità di lei, sostiene che a lui non interessa nulla della vita reale (che definisce letteralmente un mondo di "m...a") e che per essere felice gli basta il videogioco, una realtà dove non solo può assumere un ruolo in cui primeggia, ma rappresenta per lui anche quel mondo in cui lui si sente a suo agio e nel quale non si deve interfacciare con le cattiverie umane. Essendo due gamers con il gusto della sfida nel sangue (o almeno così vogliono farci credere...), ecco che Aoi sfida Fumiya a giocare al "gioco della vita", stuzzicandolo proprio per convincerlo che la vita reale non è quella schifezza che lui crede. Di conseguenza, viene stipulato un "pactum sceleris" tra i due, in cui lei assumerà il ruolo di tutor o mentor, per insegnargli il "gusto di vivere", per cambiare la sua visione pessimistica del suo ego e di ciò che lo circonda.
Due domande potrebbero sorgere spontanee anche nello spettatore più distratto: perché Fumiya ha una visione così negativa della sua esistenza e della vita in generale? Dalla serie vedremo che vive in una famiglia normale e piuttosto agiata; ha una sorella che a sua volta si vergogna di lui per come è, ma non sembra odiarlo o "bullizzarlo" psicologicamente. Perché Aoi vuole cambiarlo? Per il gusto di vincere l'ennesima sfida? Per indebolire colui che, nonostante ciò che è, rappresenta l'unico in grado di batterla nel gioco che tanto l'appassiona?
Le risposte non saranno mai fornite in modo esplicito nella serie dei dodici episodi. Lo spettatore potrà, in base alla sua sensibilità, interpretare le gesta dei due protagonisti attraverso una trama che non presenterà nulla di romantico, né tra i due né nelle interazioni con gli altri personaggi, che non sono tantissimi e che vengono anche ben trattati nel loro background ed evoluzione. Di sicuro, il primo episodio risulta parecchio forzato e poco realistico.
Ma torniamo ai due. Fumiya è "un perdente che non va da nessuna parte nella vita" e "[...] spazzatura senza la minima scintilla di ambizione" (Aoi dixit... more or less).
Il giudice supremo Aoi ha in fondo e in parte ragione, e decide di mostrare a Fumiya come è nella realtà, senza trucco o maschera, e avendo intuito che Tomozaki si è fatto strada fino a raggiungere la vetta della classifica del gioco, è consapevole che è in grado di lavorare per obiettivi, e così si offre di insegnargli "le regole di questo gioco". Fumiya, attratto dal fatto che Aoi consideri la vita "come un gioco", accetta la sua offerta.
Quali saranno queste regole? Più che regole, Aoi impartisce degli obiettivi da raggiungere e, per raggiungerli, lei stimola la mente di lui e gli dispensa "consigli" di buon senso, come comprare nuovi vestiti che ti stiano bene, avere una postura migliore, tentare di contattare i compagni di classe per parlare con loro, farsi un taglio di capelli che lo faccia sembrare come se stesse prendendo un colpo, fare la doccia più di una volta alla settimana.
A me è sembrata di tutta evidenza la visione distorta dei due protagonisti della storia, che, nonostante le apparenze, li accomuna: gli obiettivi vengono esposti come missioni di un gioco di ruolo. Sia Aoi sia Fumiya trattano la vita come un gioco con livelli crescenti di difficoltà. Il risultato? In apparenza sembra funzionare, perché il buon Fumiya Tomozaki evolve: cambia atteggiamento, postura, abbigliamento, si apre agli altri e cerca sempre più di inserirsi tra le persone, facendosi valere e anche apprezzare. Nella sua visione "distorta" Fumiya appare sempre più simile a Aoi, costruendosi un personaggio capace di adattarsi a qualsiasi situazione, seguendo pedissequamente i consigli di Aoi.
Tuttavia, l'obiettivo dove il "giochino" di Aoi si inceppa è quello a medio termine di imporre a Fumiya di "trovare una ragazza". Aoi si prodiga anche nel suggerirgli con chi deve provarci: la timida e dolce compagna di classe Fuuka Kikuchi, che aveva notato nutrire nei confronti di Fumiya una certa simpatia.
In questo "task" Fumiya dopo vari tentativi abdica dalla missione, arrivando anche al litigio con Aoi. Le interazioni tra Fumiya e Fuuka sono la parte più interessante della serie, e poiché
Fumiya non vede il motivo di uscire con una ragazza che non gli interessa ("ancora"?) a livello sentimentale, mi è sembrato di pregio non aver trasformato un otaku in un "mostro" senza scrupoli, ma averlo mantenuto come un ragazzo coerente con la sua visione dei rapporti interpersonali improntati alla schiettezza e all'essere sé stessi, non assumendo le "fattezze" di quello che non è né vorrebbe essere. E una battuta della "saggia" Fuuka ben rappresenta la dicotomia interiore di Fumiya, quando lei afferma che aveva difficoltà a colloquiare con la versione di lui "costruita" (per irretirla e conquistarla) rispetto a quella "senza maschera" (ma anche "disinteressata" a lei).
L'esatto contrario di Aoi, che ne esce come un personaggio negativo e enigmatico: manipolatrice, dotata di una intelligenza superiore (nel senso latino di inter-legere, ossia capacità di leggere le situazioni e le persone in modo da poter sempre riuscire a portarle a proprio vantaggio se di interesse) e capace di assumere la maschera più idonea in ogni situazione, per trarne vantaggio. Una sorta di incrocio tra Machiavelli e Thomas Hobbes in gonnella...
L'unico che è riuscito a smascherarla è proprio Fumiya, suo malgrado. Sabotando il piano di "redenzione di un otaku", Fumiya umilia due volte la stratega del gioco della vita e alla fine della serie si permette anche di farle la morale sul gusto di vivere. La metafora è sempre quella: il gioco. Tra due menti distorte l'unico "campo" comune in cui i due si ritrovano è sempre quello. Ma se lei lo vede come un modo per affermare sé stessa e trovare la sua essenza e ragione di vita, per lui vincere e affermarsi è solo il piacere di farlo, senza ulteriori fini (tanto è vero che lui non approfitta della sua bravura per vincere competizioni o acquisire la fama).
E quindi abbiamo ancora la morale che in fondo la visione otaku sia quella giusta? Che la società impone dei modelli falsamente vincenti ma che in realtà rende tutti finti, egoisti e meschini?
Chi lo sa, forse la seconda serie potrà dare una risposta, anche perché il finale resta aperto e segnato da una nuova "sfida" al gioco... Di sicuro la serie lancia un messaggio di speranza: quello che un "personaggio di livello inferiore" non rappresenti un'entità immutabile e che chi si interfaccia con lui non debba attribuirgli un'etichetta definitiva.
Ho adorato questa serie.
La trama è molto bella e attuale, parla di emarginazione sociale e scolastica. Se non riesci a far parte della cerchia ristretta, vieni considerato una nullità. Però ti dice anche che, se qualcuno ti dà una mano, puoi sempre cambiare il tuo status e di conseguenza il modo di vedere la vita, uscire dal guscio fino a trovare la tua giusta dimensione. Probabilmente in Giappone questo modo di vivere e apparire è ancora più accentuato.
Inoltre, sono davvero curioso di scoprire come si evolverà il rapporto tra i due protagonisti, attenderò con impazienza la seconda stagione.
La trama è molto bella e attuale, parla di emarginazione sociale e scolastica. Se non riesci a far parte della cerchia ristretta, vieni considerato una nullità. Però ti dice anche che, se qualcuno ti dà una mano, puoi sempre cambiare il tuo status e di conseguenza il modo di vedere la vita, uscire dal guscio fino a trovare la tua giusta dimensione. Probabilmente in Giappone questo modo di vivere e apparire è ancora più accentuato.
Inoltre, sono davvero curioso di scoprire come si evolverà il rapporto tra i due protagonisti, attenderò con impazienza la seconda stagione.
L'anime più sottovalutato dell'anno, tristemente passato in sordina.
Tomozaki è il campione nazionale di un videogioco picchiaduro ("Super Smash Bros"); se nel videogioco è il migliore, nella vita reale è tutto l'opposto: "bottom tier", il personaggio di livello inferiore.
Tomozaki ha una visione pessimistica della vita, aspetto trasandato, insicuro, non parla mai con nessuno e non sa creare conversazione. La sua vita comincerà a cambiare quando incontrerà "Noname", il secondo giocatore più forte del gioco, che si scoprirà essere Aoi Hinami, la sua compagna di classe nonché ragazza perfetta in tutto, aspetto fisico, bellezza, popolarità, intelligenza, bravura negli sport, una ragazza che arriva sempre al primo posto di quasi qualsiasi cosa. È grazie a lei che Tomozaki deciderà di affrontare la vita e proverà a diventare un "normie", dalla cura dell'aspetto fisico al creare una conversazione con una persona, tutte cose che sono normali per una persona comune ed estroversa, ma non per tutti.
È un anime stupendo che tratta argomenti sociali importanti di persone che in questa società vengono ignorate e derise. Temi che, a parte "Oregairu", nessuno ha trattato, ma è totalmente diverso da quest'ultimo.
Le animazioni sono stupende, ben fatte e senza sbavature, i personaggi fantastici e con un bellissimo character design.
Tomozaki è il campione nazionale di un videogioco picchiaduro ("Super Smash Bros"); se nel videogioco è il migliore, nella vita reale è tutto l'opposto: "bottom tier", il personaggio di livello inferiore.
Tomozaki ha una visione pessimistica della vita, aspetto trasandato, insicuro, non parla mai con nessuno e non sa creare conversazione. La sua vita comincerà a cambiare quando incontrerà "Noname", il secondo giocatore più forte del gioco, che si scoprirà essere Aoi Hinami, la sua compagna di classe nonché ragazza perfetta in tutto, aspetto fisico, bellezza, popolarità, intelligenza, bravura negli sport, una ragazza che arriva sempre al primo posto di quasi qualsiasi cosa. È grazie a lei che Tomozaki deciderà di affrontare la vita e proverà a diventare un "normie", dalla cura dell'aspetto fisico al creare una conversazione con una persona, tutte cose che sono normali per una persona comune ed estroversa, ma non per tutti.
È un anime stupendo che tratta argomenti sociali importanti di persone che in questa società vengono ignorate e derise. Temi che, a parte "Oregairu", nessuno ha trattato, ma è totalmente diverso da quest'ultimo.
Le animazioni sono stupende, ben fatte e senza sbavature, i personaggi fantastici e con un bellissimo character design.
Ognuno di noi può riuscire a stare al passo con l'interesse della società, ma davvero il nostro io è propenso ad accettare questo cambiamento? Interagire con i propri simili è senza dubbio una fonte di guadagno e rende più facile accettare la realtà in cui si sta vivendo. Nella solitudine, il mondo parrebbe tetro e vacuo, ma in compagnia esso non può che apparire sempre più gaio e variopinto, a patto che si fanno nuove esperienze. La visione oggettiva però è solo un costrutto ideale, e di conseguenza tutte le persone vedono, si esprimono e imparano in maniera diversa. Il cambiamento quindi potrebbe avere dei risultati indesiderati, se ci si dimostra poco consci delle proprie azioni.
L'autore della light novel ha fatto di questo pensiero un'intera storia con protagonista un otaku di videogame chiamato Tomozaki, campione assoluto di "Afatami"; insomma, un vincente nel virtuale ma pessimo a scuola e nella vita sociale. Il secondo classificato "No name" lo sfida continuamente senza risultati, fino a quando decide di dargli appuntamento nella realtà, per capire che tipo di persona sia. Il fatidico giorno Tomozaki però capisce che "No name" è in realtà una sua compagna di classe (Aoi Hinami), la tipica ragazza perfetta in tutto quello che fa. Tra i due nasce una strana intesa, tant'è vero che Hinami si propone come obiettivo quello di far uscire Tomozaki dalla sua condizione di asocialità.
La vita, secondo Tomozaki e Hinami, è proprio come un gioco, ed è per questo che la trama si fonda sulle skill, abilità videoludiche che però vengono paragonate a quelle che servono per migliorare le competenze relazionali e comportamentali. Hinami le possiede tutte: autostima, caparbietà, capacità ad adattarsi e soprattutto agisce e parla al momento giusto, influenzando enormemente il pensiero di chi le sta attorno. D'altro canto, Tomozaki è tutt’altro che proattivo, si dimostra stolido ogni qual volta deve mettere in campo queste abilità, e difficilmente riesce a gestire lo stress. Una sceneggiatura che quindi prende vita grazie a questo espediente dualistico, che riesce a cogliere la nostra attenzione proprio perché presenta dei temi ormai fondamentali per vivere bene in un mondo totalmente all'avanguardia. La trama può risultare banale, ma in linea di fondo è interessante per il fatto che lo spettatore può captare o rimembrare concetti che gli possono ritornare utili nella vita quotidiana. Attenzione, però, il tutto si dimostra anche essere una maschera situazionale, atta a definire l'attitudine di una persona che, per relazionarsi bene, deve sopportare eventi insopportabili e a volte dolorosi. I personaggi secondari cercano di essere originali, per rispecchiare questa condizione, ma finiscono solamente per risultare meno interessanti dal punto di vista comportamentale, mantenendo il solito stereotipo costante, a volte obliquo ma nulla di eclatante. Anche però i personaggi principali, come Hinami, non sempre rispondono bene alle esigenze del pubblico; lei per esempio si dimostra esageratamente asettica e spavalda, rendendo il personaggio un po' troppo fuori dalla realtà.
Per quanto riguarda l'andamento degli episodi, si dimostrano accettabili soprattutto per le premesse iniziali, ma poi si susseguono in modo ripetitivo e la qualità si abbassa. Ora, questo non rovina tutta la trama, però è sempre presente la questione che essa potrebbe arrivare a creare situazioni che si allontanano man mano dalla realtà; e diverte il fatto che la serie fa dei temi attuali il suo principio cardine. Verso la seconda metà degli episodi, si incominciano pure a notare frequenti tagli di scene, derivati dal fatto che i personaggi cambiano un po' troppo in fretta, risultato probabilmente diagnosticabile dal fatto che l'anime non segue bene i tempi della light novel. Ciononostante, non troverete grande noia nel seguirlo, la serie intrattiene abbastanza, presenta dei momenti pieni di determinazione e scene carine comiche/sentimentali.
L'animazione e il design li ho trovati abbastanza pregevoli. C'è una certa cura dei dettagli, un buon uso del colore caldo e un'illuminazione non tanto ingombrante; i personaggi sono poi delineati bene, con anatomie e qualità dei volti piuttosto convincenti. Sicuramente non siamo ai livelli, per esempio, di "Irozoku", ma tutti questi aspetti si mantengono quasi sempre costanti. In molte occasioni i personaggi faticano ad esprimere i loro sentimenti e si creano delle facciate appunto per paura di destabilizzare le relazioni, specialmente se sono importanti per loro; tuttavia, più il tempo passa e più si convincono di poter perseguire in questa direzione. Ecco che le espressioni facciali sono un misto d'insicurezza, di fuorviante timore ma anche di appagamento, quando ci si ritiene soddisfatti: un aspetto che sinceramente le rende interessanti da osservare. Parlando invece delle OST, esse non destano particolare attenzione, ma sono calibrate bene, per poter attenuare la monotonia che in generale dilaga, man mano che gli episodi aumentano.
Il resto della serie è praticamente uno scontro dialettico interno. Bisogna dar meno peso ai propri sentimenti per poter soddisfare al meglio le aspettative dei tuoi compagni? Essere totalmente sé stessi e fregarsene dei pensieri della gente? Oppure cercare una accordo tra le due parti? Probabilmente questo dubbio è ciò che rimarrà impresso dopo la visione di questo anime, per il resto l'opera rimane una commedia senza troppe pretese.
L'autore della light novel ha fatto di questo pensiero un'intera storia con protagonista un otaku di videogame chiamato Tomozaki, campione assoluto di "Afatami"; insomma, un vincente nel virtuale ma pessimo a scuola e nella vita sociale. Il secondo classificato "No name" lo sfida continuamente senza risultati, fino a quando decide di dargli appuntamento nella realtà, per capire che tipo di persona sia. Il fatidico giorno Tomozaki però capisce che "No name" è in realtà una sua compagna di classe (Aoi Hinami), la tipica ragazza perfetta in tutto quello che fa. Tra i due nasce una strana intesa, tant'è vero che Hinami si propone come obiettivo quello di far uscire Tomozaki dalla sua condizione di asocialità.
La vita, secondo Tomozaki e Hinami, è proprio come un gioco, ed è per questo che la trama si fonda sulle skill, abilità videoludiche che però vengono paragonate a quelle che servono per migliorare le competenze relazionali e comportamentali. Hinami le possiede tutte: autostima, caparbietà, capacità ad adattarsi e soprattutto agisce e parla al momento giusto, influenzando enormemente il pensiero di chi le sta attorno. D'altro canto, Tomozaki è tutt’altro che proattivo, si dimostra stolido ogni qual volta deve mettere in campo queste abilità, e difficilmente riesce a gestire lo stress. Una sceneggiatura che quindi prende vita grazie a questo espediente dualistico, che riesce a cogliere la nostra attenzione proprio perché presenta dei temi ormai fondamentali per vivere bene in un mondo totalmente all'avanguardia. La trama può risultare banale, ma in linea di fondo è interessante per il fatto che lo spettatore può captare o rimembrare concetti che gli possono ritornare utili nella vita quotidiana. Attenzione, però, il tutto si dimostra anche essere una maschera situazionale, atta a definire l'attitudine di una persona che, per relazionarsi bene, deve sopportare eventi insopportabili e a volte dolorosi. I personaggi secondari cercano di essere originali, per rispecchiare questa condizione, ma finiscono solamente per risultare meno interessanti dal punto di vista comportamentale, mantenendo il solito stereotipo costante, a volte obliquo ma nulla di eclatante. Anche però i personaggi principali, come Hinami, non sempre rispondono bene alle esigenze del pubblico; lei per esempio si dimostra esageratamente asettica e spavalda, rendendo il personaggio un po' troppo fuori dalla realtà.
Per quanto riguarda l'andamento degli episodi, si dimostrano accettabili soprattutto per le premesse iniziali, ma poi si susseguono in modo ripetitivo e la qualità si abbassa. Ora, questo non rovina tutta la trama, però è sempre presente la questione che essa potrebbe arrivare a creare situazioni che si allontanano man mano dalla realtà; e diverte il fatto che la serie fa dei temi attuali il suo principio cardine. Verso la seconda metà degli episodi, si incominciano pure a notare frequenti tagli di scene, derivati dal fatto che i personaggi cambiano un po' troppo in fretta, risultato probabilmente diagnosticabile dal fatto che l'anime non segue bene i tempi della light novel. Ciononostante, non troverete grande noia nel seguirlo, la serie intrattiene abbastanza, presenta dei momenti pieni di determinazione e scene carine comiche/sentimentali.
L'animazione e il design li ho trovati abbastanza pregevoli. C'è una certa cura dei dettagli, un buon uso del colore caldo e un'illuminazione non tanto ingombrante; i personaggi sono poi delineati bene, con anatomie e qualità dei volti piuttosto convincenti. Sicuramente non siamo ai livelli, per esempio, di "Irozoku", ma tutti questi aspetti si mantengono quasi sempre costanti. In molte occasioni i personaggi faticano ad esprimere i loro sentimenti e si creano delle facciate appunto per paura di destabilizzare le relazioni, specialmente se sono importanti per loro; tuttavia, più il tempo passa e più si convincono di poter perseguire in questa direzione. Ecco che le espressioni facciali sono un misto d'insicurezza, di fuorviante timore ma anche di appagamento, quando ci si ritiene soddisfatti: un aspetto che sinceramente le rende interessanti da osservare. Parlando invece delle OST, esse non destano particolare attenzione, ma sono calibrate bene, per poter attenuare la monotonia che in generale dilaga, man mano che gli episodi aumentano.
Il resto della serie è praticamente uno scontro dialettico interno. Bisogna dar meno peso ai propri sentimenti per poter soddisfare al meglio le aspettative dei tuoi compagni? Essere totalmente sé stessi e fregarsene dei pensieri della gente? Oppure cercare una accordo tra le due parti? Probabilmente questo dubbio è ciò che rimarrà impresso dopo la visione di questo anime, per il resto l'opera rimane una commedia senza troppe pretese.