Xue Se Cang Qiong
“Bloody Code” o “Xue Se Cang Qiong” è un anime in 3D, come suggerisce il suo titolo, cinese.
Narra le avventure di un giovane impiegato, Li Ming, che, scannerizzando un codice su una sconosciuta vestita da coniglietta, si ritrova in un mondo alternativo dove, per sopravvivere, è necessario combattere. All’inizio viene salvato da Mi Lan, un’avvenente ma fredda guerriera, che lo invita caldamente ad arrangiarsi, ma man mano la vicenda si fa complicata, e per una serie di fatti si ritrova in un gruppo di buoni che in quel gioco di personaggi costretti dal proprio cellulare indistruttibile a uccidersi (se non ci pensano i boia) cercano di capire in che razza di mondo siano finiti.
Dall’altra parte ci sono i villains, dal capo palestrato, Chan Lei, la cui difficile vita lo ha reso spietato e convinto che la sola forza basta per farsi obbedire, dalla sua sottoposta, la fatale Lu Tie, donna diabolica e determinata, dalla guardia del corpo di lei, fortissima e taciturna.
L’azione procede rapida, intensa, mentre i diversi protagonisti si incontrano e si scontrano in un luogo già pregno di violenza. E presto il sistema comincerà davvero a giocare con loro, facendoli sfidare in situazioni pericolose e adrenaliniche, rivelando un volto inaspettato e sviluppi rapidi e ancor più complessi.
“Bloody Code” è un anime che ha molto da offrire. Ambientazioni e scenografie sono davvero impareggiabili; i personaggi, soprattutto quelli femminili, sono gradevoli da vedere; il background dei personaggi non è approfondito per tutti, ma la trama raggiunge il suo scopo.
Grandi difetti sorgono sul finale, quando, tirando i fili, ci si accorge che ce ne sono troppi di più e non combaciano con nulla, né portano a nulla. Il finale è aperto, o meglio, incompleto. La sensazione è che sia un prodotto ben cominciato e mai terminato, ma con un suo potenziale, se avesse avuto tutto il tempo per spiegarsi.
Per quanto abbia grandi debolezze sul finale, non mi sento di sconsigliarlo: è uno dei pochi prodotti cinesi che penso meriti di essere visto.
Narra le avventure di un giovane impiegato, Li Ming, che, scannerizzando un codice su una sconosciuta vestita da coniglietta, si ritrova in un mondo alternativo dove, per sopravvivere, è necessario combattere. All’inizio viene salvato da Mi Lan, un’avvenente ma fredda guerriera, che lo invita caldamente ad arrangiarsi, ma man mano la vicenda si fa complicata, e per una serie di fatti si ritrova in un gruppo di buoni che in quel gioco di personaggi costretti dal proprio cellulare indistruttibile a uccidersi (se non ci pensano i boia) cercano di capire in che razza di mondo siano finiti.
Dall’altra parte ci sono i villains, dal capo palestrato, Chan Lei, la cui difficile vita lo ha reso spietato e convinto che la sola forza basta per farsi obbedire, dalla sua sottoposta, la fatale Lu Tie, donna diabolica e determinata, dalla guardia del corpo di lei, fortissima e taciturna.
L’azione procede rapida, intensa, mentre i diversi protagonisti si incontrano e si scontrano in un luogo già pregno di violenza. E presto il sistema comincerà davvero a giocare con loro, facendoli sfidare in situazioni pericolose e adrenaliniche, rivelando un volto inaspettato e sviluppi rapidi e ancor più complessi.
“Bloody Code” è un anime che ha molto da offrire. Ambientazioni e scenografie sono davvero impareggiabili; i personaggi, soprattutto quelli femminili, sono gradevoli da vedere; il background dei personaggi non è approfondito per tutti, ma la trama raggiunge il suo scopo.
Grandi difetti sorgono sul finale, quando, tirando i fili, ci si accorge che ce ne sono troppi di più e non combaciano con nulla, né portano a nulla. Il finale è aperto, o meglio, incompleto. La sensazione è che sia un prodotto ben cominciato e mai terminato, ma con un suo potenziale, se avesse avuto tutto il tempo per spiegarsi.
Per quanto abbia grandi debolezze sul finale, non mi sento di sconsigliarlo: è uno dei pochi prodotti cinesi che penso meriti di essere visto.