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Robocop XIII

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Non è cosa rara che il mondo dell'animazione prenda ispirazione da un romanzo, basti pensare al fortunato filone dei meisaku, che tuttavia doveva rispettare certe scelte stilistiche che non permettevano al genere di sperimentare troppo, sia che si parlasse di quale romanzo scegliere sia che si parlasse del comparto tecnico.

Ma nel 2007 il mondo letterario e quello dell'animazione più sperimentale si intersecarono dando vita a due prodotti veramente originali e interessanti.
Uno di questi era un corto del regista Yamamura Koji, un famoso regista esperto in cortometraggi, e anche uno dei pochi registi giapponesi (insieme ad Hayao Miyazaki e Kunio Kato) a poter vantare nel curriculum una partecipazione agli Academy Awards, avendo ricevuto una nomination agli Oscar 2003 nella categoria "Migliore cortometraggio d'animazione" con il corto Atama Yama. Ebbene Yamamura decise di scomodare nientedimeno che lo scrittore ceco Franz Kafka, trasformando il suo racconto del 1919 "Un medico di campagna" in animazione, riuscendo a condensare in 20 minuti la narrativa kafkiana senza modificare e aggiungere niente, una vera e propria traduzione "testo-immagini".

Sempre nel 2007, la Toei Animation sta celebrando i suoi cinquant'anni di attività, e per farlo crea il progetto Ganime, neologismo che nasce dall'unione delle parole "anime" e "Ga", prefisso che indica il tratto del disegno (lo stesso che compone la parola manga). Il progetto nasce con l'intento di esaltare il disegno, e non l'animazione, ed è proprio per questo che per partecipare vengono chiamati veri e propri artisti del foglio, come ad esempio Amano Yoshitaka, che partecipa a ben due dei 15 cortometraggi che completano il progetto. "H.P. Lovecraft's Dunwich Horror and Other Stories" è appunto uno di questi quindici corti.

Ryo Shinagawa, direttore del mensile giapponese "Studio Voice" e presidente della Spleen Film, decide di raccontarci tre racconti del Solitario di Providence (1890-1937) tramite l'uso di innumerevoli diorami e pupazzi di creta creati dall'artista Shoheu Yamashita. Questa scelta stilistica, oltre a rendere la visione del corto molto interessante per quanto riguarda il profilo tecnico, sembra quasi avvalorare la tesi lovecraftiana del pessimismo cosmico, secondo la quale gli esseri umani sono pedine di una più vasta scacchiera cosmica.

I racconti purtroppo non sono pensati per esseri visti da chiunque, la loro visione è palesemente indirizzata a chi, quei racconti, li ha letti, in quando la "traduzione" si rivela meno efficace di quella effettuata da Koji con Kafka, e molte sfumature della storia si perdono. Basti pensare a "The Picture in the House" ("L'immagine nella casa" - 1920): nel racconto originale, come in molti altri racconti di Lovecraft, il narratore è interno, nel corto invece il protagonista diviene solamente un attore e solo ogni tanto lo spettatore può immedesimarsi in lui grazie a delle riprese in soggettiva. Oppure ancora, nel secondo racconto animato, cioè "The Dunwich Horror" ("L'orrore di Dunwich" - 1928), dove la metà iniziale del racconto viene liquidata con un rapido flashback, operazione necessaria per condensare quelle 42 pagine di racconto in 20 minuti di animazione. Nel terzo racconto invece, "The Festival" ("La ricorrenza" - 1923), il regista decide di concludere il suo trittico cambiando direttamente finale al racconto, mostrandoci cosa sarebbe successo se il protagonista, nel bivio tra la paura e l'occulto, avesse scelto la seconda via, distruggendo uno dei cardini della narrativa lovecraftiana che si basava proprio sull'impossibilità dell'uomo davanti alla forza misteriosa e oscura dello sconosciuto.

A queste scelte stilistiche - condivisibili o meno - si aggiunge una scelta dei racconti che mi ha leggermente deluso, in quanto ritengo che Lovecraft abbia scritto racconti molto più interessanti di quelli proposti in quest'opera, cominciando da "Dagon", passando per "Nyarlathotep", e continuando per il "Tempio": e non sono andato oltre al 1920. Ma mi rendo conto che sono considerazioni soggettive, e apprezzo il fatto che il regista, nella scelta dei racconti, ha cercato un filo conduttore che li legasse, cioè un libro, che nel primo racconto è il Regnum Congo di Pigafetta, antenato di quello proposto nei successivi racconti, cioè il Necronomicon, una delle creazioni di Lovecraft più conosciute dal grande pubblico insieme a Cthulhu .

A completare il tutto una colonna sonora firmata Jim O'Rourke - con cui il regista ha lavorato sui testi fondamentali di Lovecraft - che riesce a creare una speciale atmosfera grazie alle chitarre e all'armonica. Tuttavia, per quanto interessante risulti questo ganime, non riesce a convincere appieno, consigliato solamente ai fan di Lovecraft e della sperimentazione.