Rain Town
"Rain Town" è un cortometraggio di circa dieci minuti realizzato da uno studente universitario e diffusosi grazie al potente strumento che è YouTube.
Quella che ci è presentata è una città piena di edifici silenziosi e percossa da una pioggia continua e da una monotonia che sanno mettere i brividi, sia per la poeticità intrinseca sia per la desolazione che ispirano. In questo scenario, le uniche creature a comparire sono due amici, un robot, seduto su una panchina e apparentemente in attesa di qualcosa, e una bambina, che grazie al suo abbigliamento giallo e sgargiante diventa l'unico punto veramente luminoso di una città altrimenti abitata dalle sole pozzanghere - importantissimi specchi in cui è riflessa una seconda realtà di Rain Town.
Eppure, nonostante la scarsa vitalità, la desolazione e il grigiore, Rain Town non è un luogo che si presenta ostile agli occhi dello spettatore. E' un ambiente delicato, quasi infantile per i disegni, che sa trasmettere anche dolcezza.
In Rain Town non sono presenti dialoghi di alcun tipo, possiamo udire solo il costante rumore della pioggia che cade e, ovviamente, il particolarissimo sottofondo musicale, entrambi suoni che contribuiscono al creare l'atmosfera mistica e onirica che caratterizza il cortometraggio, e che evocano nello spettatore diversi interrogativi dalla spesso ambigua risposta.
Devo confessare che, per quanto io abbia apprezzato l'originalità del tutto e per quanto ne riconosca la qualità, animazioni così evanescenti e interpretative non sono il mio genere - tendo a preferire anime brillanti o, comunque, "definiti" -, tant'è che, onestamente, a un certo punto ho cominciato ad annoiarmi. Si tratta di un prodotto intellettuale e di alto livello, ma siccome di persone con i miei gusti ce ne sono, lo devo dire: "Rain Town" può benissimo non piacere, in quanto lento e a tratti pesante e ripetitivo. Non è certamente qualcosa da guardare con leggerezza giusto per passare il tempo, poiché richiede attenzione, riflessione e/o interpretazione in ogni scena; se uno, per le più svariate ragioni, non volesse o non riuscisse a interpretare, rimarrebbe ben poco: un ambiente ben costruito e un bello stile grafico, apprezzabili, tuttavia, anche solo nel primo minuto.
Consiglio, quindi, questo cortometraggio a chi desidera qualcosa di impegnativo e intellettuale, ma ne sconsiglio la visione a chi, come me, guarda anime per divertirsi e a chi considera imprescindibili un certo ritmo e un certo quantitativo di azione.
Quella che ci è presentata è una città piena di edifici silenziosi e percossa da una pioggia continua e da una monotonia che sanno mettere i brividi, sia per la poeticità intrinseca sia per la desolazione che ispirano. In questo scenario, le uniche creature a comparire sono due amici, un robot, seduto su una panchina e apparentemente in attesa di qualcosa, e una bambina, che grazie al suo abbigliamento giallo e sgargiante diventa l'unico punto veramente luminoso di una città altrimenti abitata dalle sole pozzanghere - importantissimi specchi in cui è riflessa una seconda realtà di Rain Town.
Eppure, nonostante la scarsa vitalità, la desolazione e il grigiore, Rain Town non è un luogo che si presenta ostile agli occhi dello spettatore. E' un ambiente delicato, quasi infantile per i disegni, che sa trasmettere anche dolcezza.
In Rain Town non sono presenti dialoghi di alcun tipo, possiamo udire solo il costante rumore della pioggia che cade e, ovviamente, il particolarissimo sottofondo musicale, entrambi suoni che contribuiscono al creare l'atmosfera mistica e onirica che caratterizza il cortometraggio, e che evocano nello spettatore diversi interrogativi dalla spesso ambigua risposta.
Devo confessare che, per quanto io abbia apprezzato l'originalità del tutto e per quanto ne riconosca la qualità, animazioni così evanescenti e interpretative non sono il mio genere - tendo a preferire anime brillanti o, comunque, "definiti" -, tant'è che, onestamente, a un certo punto ho cominciato ad annoiarmi. Si tratta di un prodotto intellettuale e di alto livello, ma siccome di persone con i miei gusti ce ne sono, lo devo dire: "Rain Town" può benissimo non piacere, in quanto lento e a tratti pesante e ripetitivo. Non è certamente qualcosa da guardare con leggerezza giusto per passare il tempo, poiché richiede attenzione, riflessione e/o interpretazione in ogni scena; se uno, per le più svariate ragioni, non volesse o non riuscisse a interpretare, rimarrebbe ben poco: un ambiente ben costruito e un bello stile grafico, apprezzabili, tuttavia, anche solo nel primo minuto.
Consiglio, quindi, questo cortometraggio a chi desidera qualcosa di impegnativo e intellettuale, ma ne sconsiglio la visione a chi, come me, guarda anime per divertirsi e a chi considera imprescindibili un certo ritmo e un certo quantitativo di azione.
«I ricordi della gente sono ormai profondamente sommersi. Ma in questa città, dimenticata e piovosa, a volte vaga qualcuno», questa è una parte di ciò che recita l'introduzione, una scritta bianca su uno sfondo nero, prima che il grigio assorba ogni cosa dentro di sé.
"Rain Town" è un cortometraggio della durata di dieci minuti circa: incantevole, originale e assai affascinante, si presenta come una storia d'amicizia tra una bella bambina dai capelli biondi e un robot.
La bimba, che indossa una mantellina di un giallo acceso e luminoso, inizia a vagare per le strade grigie di questa città particolare dove la pioggia è sempre presente e ne caratterizza l'ambientazione. Incuriosita, la bambina procede e attraversa un lungo e buio corridoio che si trova tra due altissimi palazzi che dominano la scena, come mostri dalle dimensioni colossali. In seguito, la bambina troverà davanti a sé un robot seduto su una panchina che aspetta, forse invano, che accada qualcosa e che il passato ritorni pieno di colori com'era stato un tempo. C'è un tempo per ogni cosa, perciò passato, presente e futuro sono tre dimensioni distinte che non possono mescolarsi.
Infine mi sono chiesta chi stesse aspettando, in solitudine, sotto una pioggia perpetua che lo arrugginiva goccia dopo goccia.
La risposta ha un sapore dolce e amaro allo stesso tempo.
A Rain Town, una città bidimensionale, esistono infatti due mondi sovrapposti: quello reale e quello che si muove e sembra vivere all'interno dello specchio d'acqua, perché ogni cosa si riflette nelle pozzanghere creando come una sorta di secondo mondo. Questi due mondi sembrano confondersi a vicenda, mentre la pioggia cade ancora ininterrottamente, accompagnando le vicende della bambina e del robot che si svolgono in questa fredda e plumbea città, sprofondata nel grigiore assoluto e nell'acqua.
I colori sono freddi, taglienti, ma è presente quel giallo che spicca come un sole all'interno di quello che sembra apparentemente un quadro gelido: il giallo, vivido e intenso, è come una piccola luce che si può trovare nel freddo.
Il modo in cui l'autore, Hiroyasu Ishida, assieme al suo compagno di scuola Shogo Yoshida, sia riuscito a creare un cortometraggio dotato di un fascino impressionante, di un significato profondo e di grande impatto per via dei suoni, delle musiche e delle immagini, è meraviglioso e stupefacente.
Questi tre elementi sono stati combinati alla perfezione: le immagini sono efficaci, le musiche sono dolcissime e la pioggia come suono di sottofondo è perfetta.
Un robot che rimane sotto la pioggia scrosciante arrugginirà, ma forse non accadrà lo stesso alle memorie. Nonostante il tempo sia passato, è come se si fosse fermato agli attimi felici che ha vissuto nel corso della sua vita: il tempo è trascorso ininterrottamente e impietoso, ma i ricordi sono rimasti indelebili e pieni di colori vivaci. Il robot, se socchiude gli occhi, può ricordare anche a distanza di molti anni.
Perché l'importante è non dimenticare mai e conservare la capacità di amare quei ricordi, anche se il tuo corpo si sta arrugginendo o è ormai vecchio e senti che la fine è vicina.
"Rain Town" è un cortometraggio della durata di dieci minuti circa: incantevole, originale e assai affascinante, si presenta come una storia d'amicizia tra una bella bambina dai capelli biondi e un robot.
La bimba, che indossa una mantellina di un giallo acceso e luminoso, inizia a vagare per le strade grigie di questa città particolare dove la pioggia è sempre presente e ne caratterizza l'ambientazione. Incuriosita, la bambina procede e attraversa un lungo e buio corridoio che si trova tra due altissimi palazzi che dominano la scena, come mostri dalle dimensioni colossali. In seguito, la bambina troverà davanti a sé un robot seduto su una panchina che aspetta, forse invano, che accada qualcosa e che il passato ritorni pieno di colori com'era stato un tempo. C'è un tempo per ogni cosa, perciò passato, presente e futuro sono tre dimensioni distinte che non possono mescolarsi.
Infine mi sono chiesta chi stesse aspettando, in solitudine, sotto una pioggia perpetua che lo arrugginiva goccia dopo goccia.
La risposta ha un sapore dolce e amaro allo stesso tempo.
A Rain Town, una città bidimensionale, esistono infatti due mondi sovrapposti: quello reale e quello che si muove e sembra vivere all'interno dello specchio d'acqua, perché ogni cosa si riflette nelle pozzanghere creando come una sorta di secondo mondo. Questi due mondi sembrano confondersi a vicenda, mentre la pioggia cade ancora ininterrottamente, accompagnando le vicende della bambina e del robot che si svolgono in questa fredda e plumbea città, sprofondata nel grigiore assoluto e nell'acqua.
I colori sono freddi, taglienti, ma è presente quel giallo che spicca come un sole all'interno di quello che sembra apparentemente un quadro gelido: il giallo, vivido e intenso, è come una piccola luce che si può trovare nel freddo.
Il modo in cui l'autore, Hiroyasu Ishida, assieme al suo compagno di scuola Shogo Yoshida, sia riuscito a creare un cortometraggio dotato di un fascino impressionante, di un significato profondo e di grande impatto per via dei suoni, delle musiche e delle immagini, è meraviglioso e stupefacente.
Questi tre elementi sono stati combinati alla perfezione: le immagini sono efficaci, le musiche sono dolcissime e la pioggia come suono di sottofondo è perfetta.
Un robot che rimane sotto la pioggia scrosciante arrugginirà, ma forse non accadrà lo stesso alle memorie. Nonostante il tempo sia passato, è come se si fosse fermato agli attimi felici che ha vissuto nel corso della sua vita: il tempo è trascorso ininterrottamente e impietoso, ma i ricordi sono rimasti indelebili e pieni di colori vivaci. Il robot, se socchiude gli occhi, può ricordare anche a distanza di molti anni.
Perché l'importante è non dimenticare mai e conservare la capacità di amare quei ricordi, anche se il tuo corpo si sta arrugginendo o è ormai vecchio e senti che la fine è vicina.
Potenza del web. Una volta un animatore, per assurgere a una seppur minima notorietà, doveva fare tutta la gavetta all'interno di uno studio; oggi grazie al magico tocco del polpastrello su un computer, ma anche ormai su un cellulare, se un giovane ha la stoffa, questa sarà notata ed elogiata dall'inarrestabile tam tam del web. Questo è quanto capitato a Hiroyasu Ishida, giovane studente universitario della prestigiosa Seika di Tokyo, che nel 2009 immise nella rete il suo primo corto animato, il divertente "La confessione di Fumiko", ottenendo un risultato davvero insperato: 1 milione e trecentomila visualizzazioni e il pieno di premi dedicati alle realizzazioni indipendenti.
A distanza di due anni Ishida ripresenta in rete un suo lavoro, un nuovo corto di dieci minuti chiamato semplicemente "Rain Town", che altro non è che il proprio progetto di laurea realizzato in collaborazione con il suo collega di studi Yoshida.
E' impossibile non rendersi conto da subito, nella visione di questo lavoro, degli enormi progressi di questo ragazzo rispetto alla sua prima prova del 2008; i temi trattati sono diversi, non c'è l'esagerazione grottesca che aveva caratterizzato la disavventura della giovane Fumiko, ma lo spettatore verrà calato in una favola: l'amicizia tra una bimba piccola e un robot. La storia è davvero semplice, data anche la brevità del filmato, e non presenta nessun dialogo, eppure risulta coinvolgente grazie al climax generale. Un'atmosfera onirica è stata ricreata grazie a colori e giochi di luce sfumati, a un'ambientazione di stampo occidentale, anzi europeo, e all'incessante ma mai fastidiosa presenza della pioggia. Sembra di trovarsi davanti a quei lavori sperimentali dello Studio Ghibli (con tutte le debite distanze) come "Iblard Jikan". "Rain Town" è un omaggio retro' all'impressionismo francese, ma con uno sguardo tutto nipponico al moderno, con la presenza dei robot, anche se con fattezze gentili e rassicuranti.
Ishida riesce nella non facile impresa di trascinare lo spettatore per dieci minuti in una realtà evanescente da lui creata, grazie a una computer grafica per nulla invasiva e a una musica d'accompagnamento delicata quanto le immagini.
Che dire quindi di questa seconda fatica: il ragazzo ha davvero le stimmate del nuovo Miyazaki, come alcune voci del web e non solo dicono? Ancora è presto per dirlo, ma una cosa è certa, bisogna tenere d'occhio questo piccolo genietto, molto difficilmente credo finirà nell'oblio.
A distanza di due anni Ishida ripresenta in rete un suo lavoro, un nuovo corto di dieci minuti chiamato semplicemente "Rain Town", che altro non è che il proprio progetto di laurea realizzato in collaborazione con il suo collega di studi Yoshida.
E' impossibile non rendersi conto da subito, nella visione di questo lavoro, degli enormi progressi di questo ragazzo rispetto alla sua prima prova del 2008; i temi trattati sono diversi, non c'è l'esagerazione grottesca che aveva caratterizzato la disavventura della giovane Fumiko, ma lo spettatore verrà calato in una favola: l'amicizia tra una bimba piccola e un robot. La storia è davvero semplice, data anche la brevità del filmato, e non presenta nessun dialogo, eppure risulta coinvolgente grazie al climax generale. Un'atmosfera onirica è stata ricreata grazie a colori e giochi di luce sfumati, a un'ambientazione di stampo occidentale, anzi europeo, e all'incessante ma mai fastidiosa presenza della pioggia. Sembra di trovarsi davanti a quei lavori sperimentali dello Studio Ghibli (con tutte le debite distanze) come "Iblard Jikan". "Rain Town" è un omaggio retro' all'impressionismo francese, ma con uno sguardo tutto nipponico al moderno, con la presenza dei robot, anche se con fattezze gentili e rassicuranti.
Ishida riesce nella non facile impresa di trascinare lo spettatore per dieci minuti in una realtà evanescente da lui creata, grazie a una computer grafica per nulla invasiva e a una musica d'accompagnamento delicata quanto le immagini.
Che dire quindi di questa seconda fatica: il ragazzo ha davvero le stimmate del nuovo Miyazaki, come alcune voci del web e non solo dicono? Ancora è presto per dirlo, ma una cosa è certa, bisogna tenere d'occhio questo piccolo genietto, molto difficilmente credo finirà nell'oblio.