Blue Period
Complessivamente trovo "Blue Period" un'opera ben fatta e mi è piaciuto, di seguito vi spiego perché.
Il perno dell'intera storia è il protagonista Yatora, che viene caratterizzato molto bene, addirittura come ne ho visti pochi in tempi recenti, anche se personalmente non mi ha suscitato una particolare empatia. Si tratta di uno studente medio, senza particolari interessi o ambizioni, vive spensieratamente divertendosi con i suoi amici e studiando quanto basta. È un tipo concreto, non gli piacciono le cose astratte, come l'arte, per l'appunto.
In lui però c'è un disagio esistenziale di cui non si rende conto. Infatti, come gli fa notare la sua prof. di arte, fa ciò che piace agli altri (o che pensa che piaccia agli altri) e non ciò che piace a sé stesso. Un giorno però, un evento gli sblocca la vena artistica e si rende conto che è proprio disegnare quello che gli piace fare. Una passione che supererà la sua concretezza e la sua maschera sociale, d'ora in poi non baderà più a ciò che potrebbero dirgli gli altri.
Il tema della maschera sociale e del "fare ciò che ci piace" sarà presente anche su altri livelli. In generale, se si fa attenzione, la trama nasconde degli "off-topic" interessanti (un altro è la rivalità estrema in Giappone), da questo punto di vista non è assolutamente banale.
Dopo i primi due episodi scoppiettanti però la trama comincerà ad essere molto più semplice, Yatora vorrà entrare nell'accademia d'arte e si preparerà per sostenere l'esame d'ingresso.
Da qui in poi ho avuto la sensazione che le cartucce migliori fossero già state sparate e che non ci fosse più tanto da dire. Restano però le affascinanti scene di creazione artistica di Yatora e dei dialoghi di alto livello, specialmente con l'amica Riuji.
Ciò che però mi sento di dire è che la narrazione diventa oltremodo semplice. Yatora deve fare l'esame, punto. Diventa molto "plot-centrico". Questo rende gli episodi più lenti, meno carichi di contenuti e sembra che, non sapendo come occupare il tempo, si affidino a scene stirate al massimo, con lunghe conversazioni (anche di buon livello comunque) e riflessioni.
Tecnicamente parlando, trovo che alcune scene, quelle che concernono l'opera artistica, siano state fatte in maniera veramente eccellente. Le animazioni sono nella media e i disegni dei personaggi invece non mi convincono tanto ma comunque sufficienti.
In conclusione, ripeto che mi è piaciuto ,ma ho trovato una buona parte della serie un po' pesante e lenta.
Il perno dell'intera storia è il protagonista Yatora, che viene caratterizzato molto bene, addirittura come ne ho visti pochi in tempi recenti, anche se personalmente non mi ha suscitato una particolare empatia. Si tratta di uno studente medio, senza particolari interessi o ambizioni, vive spensieratamente divertendosi con i suoi amici e studiando quanto basta. È un tipo concreto, non gli piacciono le cose astratte, come l'arte, per l'appunto.
In lui però c'è un disagio esistenziale di cui non si rende conto. Infatti, come gli fa notare la sua prof. di arte, fa ciò che piace agli altri (o che pensa che piaccia agli altri) e non ciò che piace a sé stesso. Un giorno però, un evento gli sblocca la vena artistica e si rende conto che è proprio disegnare quello che gli piace fare. Una passione che supererà la sua concretezza e la sua maschera sociale, d'ora in poi non baderà più a ciò che potrebbero dirgli gli altri.
Il tema della maschera sociale e del "fare ciò che ci piace" sarà presente anche su altri livelli. In generale, se si fa attenzione, la trama nasconde degli "off-topic" interessanti (un altro è la rivalità estrema in Giappone), da questo punto di vista non è assolutamente banale.
Dopo i primi due episodi scoppiettanti però la trama comincerà ad essere molto più semplice, Yatora vorrà entrare nell'accademia d'arte e si preparerà per sostenere l'esame d'ingresso.
Da qui in poi ho avuto la sensazione che le cartucce migliori fossero già state sparate e che non ci fosse più tanto da dire. Restano però le affascinanti scene di creazione artistica di Yatora e dei dialoghi di alto livello, specialmente con l'amica Riuji.
Ciò che però mi sento di dire è che la narrazione diventa oltremodo semplice. Yatora deve fare l'esame, punto. Diventa molto "plot-centrico". Questo rende gli episodi più lenti, meno carichi di contenuti e sembra che, non sapendo come occupare il tempo, si affidino a scene stirate al massimo, con lunghe conversazioni (anche di buon livello comunque) e riflessioni.
Tecnicamente parlando, trovo che alcune scene, quelle che concernono l'opera artistica, siano state fatte in maniera veramente eccellente. Le animazioni sono nella media e i disegni dei personaggi invece non mi convincono tanto ma comunque sufficienti.
In conclusione, ripeto che mi è piaciuto ,ma ho trovato una buona parte della serie un po' pesante e lenta.
Premetto che non ho ancora letto l’omonimo Manga pluripremiato nel 2020 in Giappone e approfittando di una nota piattaforma on line ho avuto modo di apprezzare i 12 episodi dell’anime.
Mi preme evidenziare che non sono un esperto di storia dell’arte e, soprattutto, non ho la presunzione di potermi cimentare in disquisizioni tecnico-filosofiche su come viene rappresentata la “folgorazione” del protagonista sulla irta via della sua realizzazione nell’arte. Devo riconoscere che l’anime mi è sembrato originale, delicato e in certi frangenti anche di non semplice e immediata comprensione, soprattutto per chi come me non è particolarmente avvezzo alla pittura e alla storia dell’arte in generale. Per me “comune mortale”, che da sempre vivo ispirandomi alla estrema “concretezza” del razionalismo diventa difficile intuire cosa scatta in un artista per capire se la pittura o la scultura siano la sua ragione di vita e soprattutto il piacere nel comporre opere (d’arte?), le emozioni che catturano la loro attenzione e che cercano di trasporre nelle loro opere e che poi dobbiamo saper cogliere al di là dell’aspetto tecnico-rappresentativo delle loro opere. L’anime in questo senso cerca, in modo non banale né superficiale, di far capire cosa scatta nell’animo di una persona nel creare opere d’arte e il suo percorso di apprendimento non tanto e non solo tecnico ma nell’imparare a “dare sfogo” o meglio a far emergere, rappresentare e trasmettere le emozioni dell’artista.
Avendo studiato alle superiori storia dell’arte, mi ricordo che il titolo dell’opera richiama una fase della produzione artistica di un famoso pittore: Pablo Picasso. In generale il blu è il colore che viene anche associato uno stato d'animo: le tonalità profonde e tenebrose del blu richiamano stati più o meno “depressivi”, intimistici e riflessivi. E infatti il periodo blu di P. Picasso è quello in cui l’artista vivendo a Parigi agli inizi del ‘900 ha dato sfogo realizzando una serie di dipinti intrisi di un’atmosfera malinconica calibrata sui toni del blu e del blu-verde, a seguito di eventi tristi che hanno colpito l’artista. Il colore assume dunque una valenza poetica, sentimentale e intima e il forzato “monocromatismo” è finalizzato a condurre chi vede l’opera in una dimensione intimistica quasi separata dalla realtà che vuole rappresentare. In questo senso i 12 episodi dell’anime prendono spunto proprio dalla sensazione che il protagonista Yatora Yaguchi prova una mattina presto passeggiando con gli amici nel quartiere di Shibuya a Tokyo e che poi “traspone” nella sua prima opera, esposta assieme a quella dei suoi compagni di classe e che colpisce l’attenzione di Ryuji Ayukawa (compagno di corso di studi) e dell’insegnante di arte della scuola superiore dove studia Yatora.
Il percorso di Yatora sembra “prima facie” anomalo: è un ragazzo delle superiori, brillante, popolare, inserito in un bel gruppetto di amici con cui ha un’ottima sintonia. L’arte, nelle sue varie manifestazioni, non è il suo “mantra”...
Yatora non sembra tuttavia realizzato e “vive” la sua esistenza quasi come “un’abitudine stereotipata”: fuma per sentirsi parte del gruppo, fa tardi quando esce con gli amici... insomma vive un’esistenza piuttosto “conformista”, come tanti altri senza particolari spunti di originalità, ma a Yatora questa situazione non sembra “appagante” e questo disagio interiore lo porterà a essere “illuminato” dall’arte, prima vedendo una composizione di una studentessa più grande di lui, Maru Mori e poi, appunto, quando trasporterà su carta/tela le sue emozioni della passeggiata mattutina a Shibuya con gli amici. Questa è la scintilla che lo porterà ad interessarsi sempre più al piacere della pittura e ad individuare l’arte come parte essenziale della sua persona e come modalità di espressione e realizzazione del suo sé. Decide quindi, dopo numerosi dubbi, di iscriversi al club d’arte della scuola, e di seguire questo percorso anche dopo la scuola superiore cercando di iscriversi all’Accademia delle Belle Arti di Tokyo dove si accede solo dopo aver superato una dura selezione con una ridottissima percentuale di successo. E la trama si concentra sul percorso di crescita “accelerata” di Yatora nell’apprendere non tanto e non solo le capacità tecniche di disegno e pittura ma su quello più rilevante di imparare a esternare il proprio “io”, le proprie emozioni e anche a capire le proprie aspirazioni e sentimenti.
Insomma: un percorso “difficile”, tanto più che l’anime è ambientato in Giappone, ossia in una società che ha una visione dell’arte piuttosto di “nicchia” perché, come tutte le forme di espressioni della “individualità”, non sono proprio ben viste da una società che fa del “collettivismo/bene comune” il suo mantra. Anche questo anime è comunque “intriso” della filosofia nipponica secondo la quale solo col duro lavoro e abnegazione è possibile aver successo anche nell’arte. Le vicende narrate del protagonista ne sono un esempio: come San Paolo, Yatora resta folgorato sulla via dell’arte oramai al secondo anno delle scuole superiori e recupera su altri studenti in modo prodigioso grazie alla grande abnegazione che applica nella sua passione: vedi la scuola d’arte che frequenta con assiduità per migliorare e imparare a esprimere al meglio il suo talento, di cui non da mai sfoggio secondo quell’approccio “understatement” (di umiltà e rispetto) tutto nipponico.
Inizialmente Yatora si trova a misurarsi in un mondo dove tutti sembrano più bravi di lui perché è arrivato a cimentarsi nell’arte tardivamente. L’anime comunque, secondo la solita filosofia orientale, lancia il messaggio che il talento senza la passione e l’abnegazione non porta da solo all’affermazione. Da ultimo ho apprezzato anche la parte della trama a cavallo delle puntate 9 e 10 (“Il nostro colore blu”) nella parte in cui Yatora si ritrova con Ryuji Ayukawa, suo compagno di studi d’arte, la cui passione per il disegno e la pittura è avversata dalla sua famiglia, probabilmente al pari della circostanza che Ryuji si consideri una ragazza e si vesta e si comporti come tale. La giornata che i due trascorrono assieme al mare è un esempio di tolleranza e delicatezza che fa onore all’anime: i loro dialoghi rappresentano, a mio avviso, uno dei momenti più significativi dell'anime.
Pertanto, al netto della circostanza che non ho avuto ancora l’occasione di leggere il manga, l’anime "Blue Period" merita di essere visto, per la storia a tema artisti in erba e per i toni molto “adulti”, pacati senza eccessi di caratterizzazione... Consiglio di vederlo con calma stando attenti ad alcune sfumature dei dialoghi e delle immagini perché sarebbe un seinen a tutti gli effetti.
Pur non essendo un esperto, forse sembra peccare “un pochino” dal punto di vista grafico (un po’ piatto nei dettagli sia dei personaggi, sia degli sfondi e animazioni, e anche la trama in alcuni frangenti potrebbe risultare un po’ lenta e molto/troppo incentrata sul tema delle tecniche di disegno e pittura. Per una volta, sebbene sia un anime ad ambientazione scolastica, non ci sono riferimenti di commedia-romantica, neppure accenni... e ciò non rappresenta necessariamente un minus... ma, forse, vista l’età dei protagonisti, può sembrare un po’ troppo “atarassica”...
In ogni caso, "Blue Period" riesce a trasmettere l’entusiasmo, le paure e i dubbi del protagonista ogni volta che si valuta e si confronta con altri artisti in erba, mettendosi non solo l’abnegazione ma anche la passione e l’attaccamento in quello che fa e cerca di apprendere. In fondo il messaggio che ci vuole trasmettere l’anime potrebbe essere riassunto in: ”Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.” (S. Francesco d’Assisi)
Mi preme evidenziare che non sono un esperto di storia dell’arte e, soprattutto, non ho la presunzione di potermi cimentare in disquisizioni tecnico-filosofiche su come viene rappresentata la “folgorazione” del protagonista sulla irta via della sua realizzazione nell’arte. Devo riconoscere che l’anime mi è sembrato originale, delicato e in certi frangenti anche di non semplice e immediata comprensione, soprattutto per chi come me non è particolarmente avvezzo alla pittura e alla storia dell’arte in generale. Per me “comune mortale”, che da sempre vivo ispirandomi alla estrema “concretezza” del razionalismo diventa difficile intuire cosa scatta in un artista per capire se la pittura o la scultura siano la sua ragione di vita e soprattutto il piacere nel comporre opere (d’arte?), le emozioni che catturano la loro attenzione e che cercano di trasporre nelle loro opere e che poi dobbiamo saper cogliere al di là dell’aspetto tecnico-rappresentativo delle loro opere. L’anime in questo senso cerca, in modo non banale né superficiale, di far capire cosa scatta nell’animo di una persona nel creare opere d’arte e il suo percorso di apprendimento non tanto e non solo tecnico ma nell’imparare a “dare sfogo” o meglio a far emergere, rappresentare e trasmettere le emozioni dell’artista.
Avendo studiato alle superiori storia dell’arte, mi ricordo che il titolo dell’opera richiama una fase della produzione artistica di un famoso pittore: Pablo Picasso. In generale il blu è il colore che viene anche associato uno stato d'animo: le tonalità profonde e tenebrose del blu richiamano stati più o meno “depressivi”, intimistici e riflessivi. E infatti il periodo blu di P. Picasso è quello in cui l’artista vivendo a Parigi agli inizi del ‘900 ha dato sfogo realizzando una serie di dipinti intrisi di un’atmosfera malinconica calibrata sui toni del blu e del blu-verde, a seguito di eventi tristi che hanno colpito l’artista. Il colore assume dunque una valenza poetica, sentimentale e intima e il forzato “monocromatismo” è finalizzato a condurre chi vede l’opera in una dimensione intimistica quasi separata dalla realtà che vuole rappresentare. In questo senso i 12 episodi dell’anime prendono spunto proprio dalla sensazione che il protagonista Yatora Yaguchi prova una mattina presto passeggiando con gli amici nel quartiere di Shibuya a Tokyo e che poi “traspone” nella sua prima opera, esposta assieme a quella dei suoi compagni di classe e che colpisce l’attenzione di Ryuji Ayukawa (compagno di corso di studi) e dell’insegnante di arte della scuola superiore dove studia Yatora.
Il percorso di Yatora sembra “prima facie” anomalo: è un ragazzo delle superiori, brillante, popolare, inserito in un bel gruppetto di amici con cui ha un’ottima sintonia. L’arte, nelle sue varie manifestazioni, non è il suo “mantra”...
Yatora non sembra tuttavia realizzato e “vive” la sua esistenza quasi come “un’abitudine stereotipata”: fuma per sentirsi parte del gruppo, fa tardi quando esce con gli amici... insomma vive un’esistenza piuttosto “conformista”, come tanti altri senza particolari spunti di originalità, ma a Yatora questa situazione non sembra “appagante” e questo disagio interiore lo porterà a essere “illuminato” dall’arte, prima vedendo una composizione di una studentessa più grande di lui, Maru Mori e poi, appunto, quando trasporterà su carta/tela le sue emozioni della passeggiata mattutina a Shibuya con gli amici. Questa è la scintilla che lo porterà ad interessarsi sempre più al piacere della pittura e ad individuare l’arte come parte essenziale della sua persona e come modalità di espressione e realizzazione del suo sé. Decide quindi, dopo numerosi dubbi, di iscriversi al club d’arte della scuola, e di seguire questo percorso anche dopo la scuola superiore cercando di iscriversi all’Accademia delle Belle Arti di Tokyo dove si accede solo dopo aver superato una dura selezione con una ridottissima percentuale di successo. E la trama si concentra sul percorso di crescita “accelerata” di Yatora nell’apprendere non tanto e non solo le capacità tecniche di disegno e pittura ma su quello più rilevante di imparare a esternare il proprio “io”, le proprie emozioni e anche a capire le proprie aspirazioni e sentimenti.
Insomma: un percorso “difficile”, tanto più che l’anime è ambientato in Giappone, ossia in una società che ha una visione dell’arte piuttosto di “nicchia” perché, come tutte le forme di espressioni della “individualità”, non sono proprio ben viste da una società che fa del “collettivismo/bene comune” il suo mantra. Anche questo anime è comunque “intriso” della filosofia nipponica secondo la quale solo col duro lavoro e abnegazione è possibile aver successo anche nell’arte. Le vicende narrate del protagonista ne sono un esempio: come San Paolo, Yatora resta folgorato sulla via dell’arte oramai al secondo anno delle scuole superiori e recupera su altri studenti in modo prodigioso grazie alla grande abnegazione che applica nella sua passione: vedi la scuola d’arte che frequenta con assiduità per migliorare e imparare a esprimere al meglio il suo talento, di cui non da mai sfoggio secondo quell’approccio “understatement” (di umiltà e rispetto) tutto nipponico.
Inizialmente Yatora si trova a misurarsi in un mondo dove tutti sembrano più bravi di lui perché è arrivato a cimentarsi nell’arte tardivamente. L’anime comunque, secondo la solita filosofia orientale, lancia il messaggio che il talento senza la passione e l’abnegazione non porta da solo all’affermazione. Da ultimo ho apprezzato anche la parte della trama a cavallo delle puntate 9 e 10 (“Il nostro colore blu”) nella parte in cui Yatora si ritrova con Ryuji Ayukawa, suo compagno di studi d’arte, la cui passione per il disegno e la pittura è avversata dalla sua famiglia, probabilmente al pari della circostanza che Ryuji si consideri una ragazza e si vesta e si comporti come tale. La giornata che i due trascorrono assieme al mare è un esempio di tolleranza e delicatezza che fa onore all’anime: i loro dialoghi rappresentano, a mio avviso, uno dei momenti più significativi dell'anime.
Pertanto, al netto della circostanza che non ho avuto ancora l’occasione di leggere il manga, l’anime "Blue Period" merita di essere visto, per la storia a tema artisti in erba e per i toni molto “adulti”, pacati senza eccessi di caratterizzazione... Consiglio di vederlo con calma stando attenti ad alcune sfumature dei dialoghi e delle immagini perché sarebbe un seinen a tutti gli effetti.
Pur non essendo un esperto, forse sembra peccare “un pochino” dal punto di vista grafico (un po’ piatto nei dettagli sia dei personaggi, sia degli sfondi e animazioni, e anche la trama in alcuni frangenti potrebbe risultare un po’ lenta e molto/troppo incentrata sul tema delle tecniche di disegno e pittura. Per una volta, sebbene sia un anime ad ambientazione scolastica, non ci sono riferimenti di commedia-romantica, neppure accenni... e ciò non rappresenta necessariamente un minus... ma, forse, vista l’età dei protagonisti, può sembrare un po’ troppo “atarassica”...
In ogni caso, "Blue Period" riesce a trasmettere l’entusiasmo, le paure e i dubbi del protagonista ogni volta che si valuta e si confronta con altri artisti in erba, mettendosi non solo l’abnegazione ma anche la passione e l’attaccamento in quello che fa e cerca di apprendere. In fondo il messaggio che ci vuole trasmettere l’anime potrebbe essere riassunto in: ”Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.” (S. Francesco d’Assisi)
"Blue Period" è un anime della stagione autunnale 2021, tratto dall'omonimo manga, e distribuito attualmente da Netflix.
La trama si sviluppa seguendo il percorso artistico di Yatora Yaguchi, il quale, dopo essere stato obbligato a svolgere un compito di arte, trova nel disegno una nuova e smisurata passione, tanto grande da portarlo a tentare il test di ammissione alla celebre università d'arte UAT.
I primi episodio sono, a mio avviso, davvero interessanti poiché presentano il nostro protagonista in modo impeccabile, mostrano fin da subito la sua visione del mondo e dell'arte, forniscono un infarinatura semplice, ma chiara delle varie tecniche artistiche e inseriscono altrettanto bene i personaggi secondari, in particolare Ryuji Ayukawa che porta su schermo in modo realistico e profondo il tema dell'identità di genere.
Purtroppo con il passare degli episodi la serie pende pericolosamente verso il basso rovinando le aspettative create e rompendo il solido equilibrio tra il percorso artistico e quello psicologico dei personaggi, entrambi approfonditi egregiamente nella parte iniziale; gli episodi iniziano ad alternare momenti di completa dedizione all'arte a momenti puramente moralistici e introspettivi senza dare una netta svolta né in un senso né nell'altro all'opera e di fatto non riuscendo a rendere in modo veramente efficace nessuno dei due percorsi.
Il chara è intrigante e le animazioni sono tutto sommato buone, la opening è molto orecchiabile e le ost nel complesso ben gestite.
Come voto finale ho dato 7,5 perché, nonostante le "pecche" della seconda parte, la storia è particolare e con grandi possibilità di crescita; se con le prossime uscite il livello tornerà agli standard dei primi episodi "Blue Period" potrebbe portare una ventata d'aria fresca nello scenario anime e avvicinare tanti spettatori al mondo dell'arte, sempre più marginale nella nostra quotidianità.
P.S. questa è la mia prima recensione, ogni consiglio/critica è ben accetto
La trama si sviluppa seguendo il percorso artistico di Yatora Yaguchi, il quale, dopo essere stato obbligato a svolgere un compito di arte, trova nel disegno una nuova e smisurata passione, tanto grande da portarlo a tentare il test di ammissione alla celebre università d'arte UAT.
I primi episodio sono, a mio avviso, davvero interessanti poiché presentano il nostro protagonista in modo impeccabile, mostrano fin da subito la sua visione del mondo e dell'arte, forniscono un infarinatura semplice, ma chiara delle varie tecniche artistiche e inseriscono altrettanto bene i personaggi secondari, in particolare Ryuji Ayukawa che porta su schermo in modo realistico e profondo il tema dell'identità di genere.
Purtroppo con il passare degli episodi la serie pende pericolosamente verso il basso rovinando le aspettative create e rompendo il solido equilibrio tra il percorso artistico e quello psicologico dei personaggi, entrambi approfonditi egregiamente nella parte iniziale; gli episodi iniziano ad alternare momenti di completa dedizione all'arte a momenti puramente moralistici e introspettivi senza dare una netta svolta né in un senso né nell'altro all'opera e di fatto non riuscendo a rendere in modo veramente efficace nessuno dei due percorsi.
Il chara è intrigante e le animazioni sono tutto sommato buone, la opening è molto orecchiabile e le ost nel complesso ben gestite.
Come voto finale ho dato 7,5 perché, nonostante le "pecche" della seconda parte, la storia è particolare e con grandi possibilità di crescita; se con le prossime uscite il livello tornerà agli standard dei primi episodi "Blue Period" potrebbe portare una ventata d'aria fresca nello scenario anime e avvicinare tanti spettatori al mondo dell'arte, sempre più marginale nella nostra quotidianità.
P.S. questa è la mia prima recensione, ogni consiglio/critica è ben accetto
Sono sempre diffidente verso gli anime a tema, perché il rischio che si trasformino in una via di mezzo tra gli spokon e i battle shonen, è sempre dietro l’angolo: dove l’argomento principale dell’opera potrebbe essere assimilato ad uno sport qualsiasi e trascinato in una dinamica competitiva, infarcita di termini tecnici, lunghi monologhi interiori e duelli estenuanti, ma fondamentalmente, priva di contenuti.
“Blue Period”, almeno in parte, conferma questi timori perché, soprattutto negli ultimi episodi, la narrazione si avvita intorno ad una fase nozionistica e competitiva, con tanto di infortunio annesso e super mossa finale, di quelle che fan tremare… i pennelli, ma, fortunatamente, in questa serie i contenuti ci sono, il messaggio che vuole mandare è chiaro, diretto, deciso e se vogliamo usare un paragone artistico, direi, privo di sbavature.
Innanzi tutto, il titolo viene da uno dei periodi di vita e artistici di Pablo Picasso, e già dal primo episodio ci sono una serie di riferimenti al famoso maestro spagnolo, a cominciare dal personaggio principale: Yaguchi, il protagonista, è ben distante dallo stereotipo di un ragazzo emarginato, in cerca di un riscatto, tipico di questo genere, è invece un giovane piuttosto popolare, alla moda, che va bene a scuola e, a quanto pare, caratterialmente molto simile al famoso pittore. Snobba le lezioni di arte, perché fondamentalmente le ritiene inutili, tuttavia un bel giorno entra nella classe di disegno e rimane colpito dalla creazione di una sua compagna, da quel momento scoccherà in lui una scintilla, che lo farà entrare in un mondo nuovo, fatto di tele, matite, pennelli, colori e soprattutto… emozioni!
“L’arte è inutile”
Il viaggio che percorre il ragazzo, è quasi inverso a quello da quello che dovrebbe percorre un adolescente alle porte dell’età adulta: Yaguchi è un tipo pragmatico, non è affatto un sognatore, ancora non ha deciso cosa vuole fare in futuro tuttavia, sa che dovrà essere qualcosa che gli permetterà di avere un buon lavoro, non ha ancora deciso cosa studiare all’università, ma sa che dovrà condurlo verso una meta “sicura e ordinata” e tutto intorno a lui, lo spinge verso quella direzione.
“Non mi sono mai sentito così vivo, fino a quando non ho disegnato quel quadro”
Si lascia convincere dall’insegnante a fare il disegno che lei aveva assegnato come compito: il tema è libero, purché sia qualcosa che gli piaccia. Ma qualcosa che ti piace, è qualcosa che ti da delle emozioni, e cercare qualcosa che ti da delle emozioni, ti costringe a fermarti, a prenderti un momento e osservare ciò che c’è fuori, per sentire cosa succede dentro. Significa cioè, mettere in contatto i due mondi, quello esteriore e quello interiore e farli finalmente parlare. Cosa che Yaguchi non aveva mai fatto fino ad allora: sentiva delle emozioni, ma non andava mai a cercare da dove venissero; aveva molti amici, senza mai comunicarci veramente; camminava per la città, senza mai guardarsi intorno; aspirava ad un lavoro, purché gli desse delle certezze. La sua vita, insomma, scorreva pigramente sulla superficie delle cose. Quel quadro, invece, si rivelerà un vero e proprio spartiacque nella sua esistenza, visto che, imparando a porre uno sguardo più attento sul mondo, le solite piazze, i soliti palazzi, le solite abitudini, il solito panorama dalla sua finestra, insomma tutto ciò che lo circonda, “diventa più chiaro”, perché
“Le cose quando le vedi le conosci, quando le disegni le capisci”
Tale sguardo, consentirà al giovane studente, di infrangere la barriera fra la superficie, sulla quale galleggiava tediosamente, e la parte più intima di sé, e lo trascinerà su un nuovo cammino, completamente inesplorato e inaspettato. Questo viaggio interiore, imperniato di lampi fugaci colmi di emozioni, non sarà comunque privo di momenti di amarezza e sconforto visto che, la naturale tendenza del protagonista sarà quella di ricadere nel solito sguardo distratto, frettoloso, dove ogni cosa è scontata, banale, ripetitiva, noiosa. Tendenza che, ahimè, forse accomuna un po’ tutti noi.
Yaguchi scopre inoltre che la pittura è un vero e proprio “linguaggio privo di parole”: forte sarà l’emozione che proverà, quando un suo compagno comprenderà, il significato di un suo disegno. Da tale momento la sua missione, diverrà quella di trovare il “suo” personale modo di comunicare, sfruttando con pienezza tutte le potenzialità di questo dono.
C’è un simpatico cortocircuito che si viene a creare in uno dei primi episodi: Il ragazzo deve spiegare perché vuole studiare arte, prova a farlo con un disegno, asserendo che è l’unico modo per farsi capire, perché le parole non sarebbero bastate (giustamente stiamo omaggiando la pittura), tuttavia da quel disegno si capisce ben poco (non basta!) e per spiegarsi deve usare proprio le parole (in fondo questo è un anime, fatto di immagini e soprattutto parole) e quelle parole arrivano, eccome se arrivano. Non so quanto questo paradosso sia voluto, ma se voluto è semplicemente geniale.
Viene anche affrontato il problema dell'identità di genere, ma nel farlo, non la si mette sul lato goliardico e edonistico, che tanto va ora di moda. Piuttosto lo si fa ponendo un accento sulla sofferenza, sulla sensazione di solitudine, che tale stato dell’esistenza comporta, e questo sicuramente è un punto a favore della scrittura, anche se, bisogna dirlo, è un abile espediente per collegare nuovamente questa storia, alla vita di Pablo Picasso: visto che è inevitabile, dare una letta alla biografia del famoso pittore, lo sceneggiatore riesce a creare, in alcuni episodi, una raffinata suspense, che farà oscillare la trama, da un semplice “slice of life”, a qualcosa di ben più pesante.
Già chi ha avuto un buon professore durante la sua vita scolastica può considerarsi fortunato, in “Blue Period” gli insegnanti che Yaguchi e compagni si ritrovano, sono persone completamente dedite al successo dei loro allievi: si preoccupano del loro avvenire; li sostengono; li spronano; li pensano anche quando sono a casa con la propria famiglia; li chiamano al telefono se stanno male e addirittura raggiungono un livello di empatia tale, da sapere cosa passa nella testa dei ragazzi. Purtroppo da questo punto di vista, più che nel campo della fantasia… ci troviamo in quello della fantascienza!
In questa opera, finalmente, le relazioni interpersonali sono molto variegate e realistiche: i suoi amici di scuola, non lo seguono al corso di arte e quelli della preparazione all’esame, con un’unica eccezione, sono ancora diversi. Yaguchi sarà inoltre solo, durante il primo esame. Questa caratteristica, anche se marginale rispetto allo svolgimento della trama e al suo giudizio, presenta una decisa rottura, non solo con tutte le altre animazioni, che siano orientali od occidentali, ma anche con le serie televisive, dove tendenzialmente il protagonista e la sua “cricca” si muovo all’unisono nei vari ambienti che siano la scuola, il doposcuola, le attività extra scolastiche, il lavoro, le vacanze…
Come scrivevo all’inizio, nei primi episodi tutto funziona piuttosto bene, perché l’autore riesce a mandare chiaramente il proprio messaggio. C’è, ad esempio, una parte che descrive le tecniche di disegno e pittura, la quale si rivela utile, soprattutto a chi di questa arte, sa poco o nulla: come mischiare i colori per dare profondità, l’uso della prospettiva, la forma geometrica che ogni quadro deve possedere, il cercare di instradare lo sguardo dell’osservatore verso un punto preciso… e tutto questo viene spiegato, in varie situazioni, con una certa abilità e leggerezza. Le cose cambiano, in peggio, con lo scorrere degli episodi: complice anche l’avanzamento del percorso didattico del ragazzo, le tecniche diventano via via più complesse ma, nello stesso tempo, sono spiegate approssimativamente, e danno la sensazione di servire solo a sovra drammatizzare le difficoltà del giovane. Inoltre la narrazione diventa farraginosa, pesante, con il fiato corto, come se gli autori avessero voluto correre i 10.000 metri con lo sprint dei 100 (se si scoprisse che da qualche parte nel contratto, c’era scritto che gli episodi dovevano essere per forza 12, tutto mi diventerebbe più chiaro).
Il comparto tecnico non brilla: la colonna sonora non è di quelle che rimarranno nella storia degli anime; la parte grafica è un po’ troppo spartana; le animazioni non sono fluide; il design dei personaggi risulta piuttosto spigoloso, tuttavia, questa “essenzialità”, almeno in parte, potrebbe essere voluta perché, le opere che invece vengono mostrate durante la serie, alcune composte da grandi artisti del passato, altre invece originali, risultano ben definite e curate, e creano un effetto contrasto tutto a loro favore. Sembra fondamentalmente un atto di umiltà, da parte dell’autore, che si fa piccolo di fronte agli altri artisti.
Canonicamente le “Belle arti” sono sette, “Blue Period” ha l’ambizione di omaggiare la terza, la pittura, ma nel farlo celebra l’ottava, il fumetto, e la nona, l’animazione, e nonostante qualche difetto, alla fine, possiamo dire che, ci riesce!
“Blue Period”, almeno in parte, conferma questi timori perché, soprattutto negli ultimi episodi, la narrazione si avvita intorno ad una fase nozionistica e competitiva, con tanto di infortunio annesso e super mossa finale, di quelle che fan tremare… i pennelli, ma, fortunatamente, in questa serie i contenuti ci sono, il messaggio che vuole mandare è chiaro, diretto, deciso e se vogliamo usare un paragone artistico, direi, privo di sbavature.
Innanzi tutto, il titolo viene da uno dei periodi di vita e artistici di Pablo Picasso, e già dal primo episodio ci sono una serie di riferimenti al famoso maestro spagnolo, a cominciare dal personaggio principale: Yaguchi, il protagonista, è ben distante dallo stereotipo di un ragazzo emarginato, in cerca di un riscatto, tipico di questo genere, è invece un giovane piuttosto popolare, alla moda, che va bene a scuola e, a quanto pare, caratterialmente molto simile al famoso pittore. Snobba le lezioni di arte, perché fondamentalmente le ritiene inutili, tuttavia un bel giorno entra nella classe di disegno e rimane colpito dalla creazione di una sua compagna, da quel momento scoccherà in lui una scintilla, che lo farà entrare in un mondo nuovo, fatto di tele, matite, pennelli, colori e soprattutto… emozioni!
“L’arte è inutile”
Il viaggio che percorre il ragazzo, è quasi inverso a quello da quello che dovrebbe percorre un adolescente alle porte dell’età adulta: Yaguchi è un tipo pragmatico, non è affatto un sognatore, ancora non ha deciso cosa vuole fare in futuro tuttavia, sa che dovrà essere qualcosa che gli permetterà di avere un buon lavoro, non ha ancora deciso cosa studiare all’università, ma sa che dovrà condurlo verso una meta “sicura e ordinata” e tutto intorno a lui, lo spinge verso quella direzione.
“Non mi sono mai sentito così vivo, fino a quando non ho disegnato quel quadro”
Si lascia convincere dall’insegnante a fare il disegno che lei aveva assegnato come compito: il tema è libero, purché sia qualcosa che gli piaccia. Ma qualcosa che ti piace, è qualcosa che ti da delle emozioni, e cercare qualcosa che ti da delle emozioni, ti costringe a fermarti, a prenderti un momento e osservare ciò che c’è fuori, per sentire cosa succede dentro. Significa cioè, mettere in contatto i due mondi, quello esteriore e quello interiore e farli finalmente parlare. Cosa che Yaguchi non aveva mai fatto fino ad allora: sentiva delle emozioni, ma non andava mai a cercare da dove venissero; aveva molti amici, senza mai comunicarci veramente; camminava per la città, senza mai guardarsi intorno; aspirava ad un lavoro, purché gli desse delle certezze. La sua vita, insomma, scorreva pigramente sulla superficie delle cose. Quel quadro, invece, si rivelerà un vero e proprio spartiacque nella sua esistenza, visto che, imparando a porre uno sguardo più attento sul mondo, le solite piazze, i soliti palazzi, le solite abitudini, il solito panorama dalla sua finestra, insomma tutto ciò che lo circonda, “diventa più chiaro”, perché
“Le cose quando le vedi le conosci, quando le disegni le capisci”
Tale sguardo, consentirà al giovane studente, di infrangere la barriera fra la superficie, sulla quale galleggiava tediosamente, e la parte più intima di sé, e lo trascinerà su un nuovo cammino, completamente inesplorato e inaspettato. Questo viaggio interiore, imperniato di lampi fugaci colmi di emozioni, non sarà comunque privo di momenti di amarezza e sconforto visto che, la naturale tendenza del protagonista sarà quella di ricadere nel solito sguardo distratto, frettoloso, dove ogni cosa è scontata, banale, ripetitiva, noiosa. Tendenza che, ahimè, forse accomuna un po’ tutti noi.
Yaguchi scopre inoltre che la pittura è un vero e proprio “linguaggio privo di parole”: forte sarà l’emozione che proverà, quando un suo compagno comprenderà, il significato di un suo disegno. Da tale momento la sua missione, diverrà quella di trovare il “suo” personale modo di comunicare, sfruttando con pienezza tutte le potenzialità di questo dono.
C’è un simpatico cortocircuito che si viene a creare in uno dei primi episodi: Il ragazzo deve spiegare perché vuole studiare arte, prova a farlo con un disegno, asserendo che è l’unico modo per farsi capire, perché le parole non sarebbero bastate (giustamente stiamo omaggiando la pittura), tuttavia da quel disegno si capisce ben poco (non basta!) e per spiegarsi deve usare proprio le parole (in fondo questo è un anime, fatto di immagini e soprattutto parole) e quelle parole arrivano, eccome se arrivano. Non so quanto questo paradosso sia voluto, ma se voluto è semplicemente geniale.
Viene anche affrontato il problema dell'identità di genere, ma nel farlo, non la si mette sul lato goliardico e edonistico, che tanto va ora di moda. Piuttosto lo si fa ponendo un accento sulla sofferenza, sulla sensazione di solitudine, che tale stato dell’esistenza comporta, e questo sicuramente è un punto a favore della scrittura, anche se, bisogna dirlo, è un abile espediente per collegare nuovamente questa storia, alla vita di Pablo Picasso: visto che è inevitabile, dare una letta alla biografia del famoso pittore, lo sceneggiatore riesce a creare, in alcuni episodi, una raffinata suspense, che farà oscillare la trama, da un semplice “slice of life”, a qualcosa di ben più pesante.
Già chi ha avuto un buon professore durante la sua vita scolastica può considerarsi fortunato, in “Blue Period” gli insegnanti che Yaguchi e compagni si ritrovano, sono persone completamente dedite al successo dei loro allievi: si preoccupano del loro avvenire; li sostengono; li spronano; li pensano anche quando sono a casa con la propria famiglia; li chiamano al telefono se stanno male e addirittura raggiungono un livello di empatia tale, da sapere cosa passa nella testa dei ragazzi. Purtroppo da questo punto di vista, più che nel campo della fantasia… ci troviamo in quello della fantascienza!
In questa opera, finalmente, le relazioni interpersonali sono molto variegate e realistiche: i suoi amici di scuola, non lo seguono al corso di arte e quelli della preparazione all’esame, con un’unica eccezione, sono ancora diversi. Yaguchi sarà inoltre solo, durante il primo esame. Questa caratteristica, anche se marginale rispetto allo svolgimento della trama e al suo giudizio, presenta una decisa rottura, non solo con tutte le altre animazioni, che siano orientali od occidentali, ma anche con le serie televisive, dove tendenzialmente il protagonista e la sua “cricca” si muovo all’unisono nei vari ambienti che siano la scuola, il doposcuola, le attività extra scolastiche, il lavoro, le vacanze…
Come scrivevo all’inizio, nei primi episodi tutto funziona piuttosto bene, perché l’autore riesce a mandare chiaramente il proprio messaggio. C’è, ad esempio, una parte che descrive le tecniche di disegno e pittura, la quale si rivela utile, soprattutto a chi di questa arte, sa poco o nulla: come mischiare i colori per dare profondità, l’uso della prospettiva, la forma geometrica che ogni quadro deve possedere, il cercare di instradare lo sguardo dell’osservatore verso un punto preciso… e tutto questo viene spiegato, in varie situazioni, con una certa abilità e leggerezza. Le cose cambiano, in peggio, con lo scorrere degli episodi: complice anche l’avanzamento del percorso didattico del ragazzo, le tecniche diventano via via più complesse ma, nello stesso tempo, sono spiegate approssimativamente, e danno la sensazione di servire solo a sovra drammatizzare le difficoltà del giovane. Inoltre la narrazione diventa farraginosa, pesante, con il fiato corto, come se gli autori avessero voluto correre i 10.000 metri con lo sprint dei 100 (se si scoprisse che da qualche parte nel contratto, c’era scritto che gli episodi dovevano essere per forza 12, tutto mi diventerebbe più chiaro).
Il comparto tecnico non brilla: la colonna sonora non è di quelle che rimarranno nella storia degli anime; la parte grafica è un po’ troppo spartana; le animazioni non sono fluide; il design dei personaggi risulta piuttosto spigoloso, tuttavia, questa “essenzialità”, almeno in parte, potrebbe essere voluta perché, le opere che invece vengono mostrate durante la serie, alcune composte da grandi artisti del passato, altre invece originali, risultano ben definite e curate, e creano un effetto contrasto tutto a loro favore. Sembra fondamentalmente un atto di umiltà, da parte dell’autore, che si fa piccolo di fronte agli altri artisti.
Canonicamente le “Belle arti” sono sette, “Blue Period” ha l’ambizione di omaggiare la terza, la pittura, ma nel farlo celebra l’ottava, il fumetto, e la nona, l’animazione, e nonostante qualche difetto, alla fine, possiamo dire che, ci riesce!