Sonny Boy
"È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant'è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più." (Morpheus/L. Fishburne in Matrix - 1999)
Con "Sonny Boy" in un certo senso ci risiamo: la realtà in cui è ambientata la serie è un mondo che sembra ”reale” a modo suo, un nuovo universo con delle 9⁹⁹ regole tutte sue diverse da quelle del mondo in cui i personaggi erano abituati a muoversi. Quasi una specie di sogno multilayer in cui i personaggi possono muoversi tra più realtà parallele e in cui i personaggi scoprono man mano di possedere dei poteri speciali che possono usare a loro piacimento senza limiti, se non la loro fantasia e immaginazione... come il messaggio pubblicitario di qualche anno fa di una nota azienda di comunicazioni telefoniche: "...immagina, puoi!"
Nel recensire "Sonny Boy", attesa l'"originalità" della trama, è possibile scadere nelle facezie e, pertanto, potrei citare il buon Gigi Marzullo e riassumere la serie con il suo aforisma più noto: "La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?"...
La realtà metafisica, "metaversica" (concedetemi il neologismo inventato...), metaXXXX (?), è il tema di fondo della serie, in cui lo spettatore deve liberarsi da ogni forma di pensiero o nozione appresa fino a quel momento sulla realtà esperienziale che conosciamo tutti e si deve immergere in una del tutto nuova, simile a quella reale ma in cui tutte le leggi della fisica, logiche, scientifiche, zoologiche, ecc. sono rimescolate in una sorta di visione onirico/psichedelica, un "viaggio" alla scoperta di sé e degli altri in cui qualsiasi aspetto della esistenza è riscritto o da riscrivere in base al "caso".
Mi è capitato di vedere degli anime che facevano dell'originalità espressiva il loro punto di forza, come "Mind Game", ma mai film o serie animate che inventano una trama fuori da ogni logica conosciuta, se non qualche isekai. Ma anche questi, pur nella loro originalità, seguono comunque un filo a suo modo "logico". In "Sonny Boy", come anche in "Arakawa Under The Bridge" (iniziato ma sospeso - non droppato), non c'è nulla di "logico": è un anime esperienziale in cui i personaggi si muovono in un metaverso in cui gli accadimenti sono anche e soprattutto il frutto dell'immaginazione e relativa proiezione dei desideri e pensieri dei personaggi stessi, sulla base dei presunti poteri di cui sono dotati (chi legge il pensiero altrui, chi è in grado di muoversi e far muovere gli altri tra varie dimensioni, chi è in grado di costringere gli altri a fare ciò che pensa, ecc.)
In questo contesto, senza dimensione temporale e fisica definita, è difficile districarsi alla ricerca di un filo conduttore ed è molto facile perdersi, annoiandosi o peggio indispettendosi alla sua visione con la conseguenza di arrendersi e "droppare". Qualsiasi limite relativo alla vita che conosciamo sembra non esistere più: non si invecchia, non si muore, ci si sposta tra realtà/mondi/universi differenti senza problemi (richiami alla teoria degli infiniti mondi paralleli - MWI?), gli edifici galleggiano, il fuoco brucia ma non ustiona, si può costruire o creare qualsiasi cosa dal nulla, gli animali parlano e interagiscono in modo umano con i personaggi... Una realtà in cui i personaggi sono in pratica e a loro insaputa dei semi-dei.
Ok, ma da questo "delirio onirico" in cui tutto sembra possibile, in cui regole e convenzioni sociali non esistono più, i personaggi vogliono tornare al mondo reale da cui sono stati allontanati... E le modalità di affrontare queste realtà sono simili ai cosiddetti "survival games": i personaggi più "carismatici" tendono a prendere il sopravvento sui più "deboli" e si creano fazioni, gruppi, ecc. Sembra un po' anche la metafora del Libro della Genesi in cui Adamo ed Eva vivevano nel paradiso, nel mondo perfetto, ma a causa dei limiti legati alla natura umana non sono stati in grado di riuscire a vivere in una realtà senza male e senza morte.
Ma allora che "sogno" realistico è? Un "otaku" rimane tale anche in un mondo in cui potrebbe diventare o sembrare altro? In questo "viaggio" narrato dall'anime alla fine sembra che il messaggio che voglia veicolare sia quello (ancora una volta - sigh!) piuttosto simile a quello della serie "Neon Genesis Evangelion - Rebuild" (e in particolare all'ultimo film del 2021) in cui tutta la storia narrata non è altro che un viaggio metaforico nelle ossessioni del suo ideatore - H. Anno - che illustra la sua evoluzione nell'affrontarle e la sua risposta nel risolverle con un finale che addirittura esce dall'animazione e si trasforma in un filmato reale in cui due dei protagonisti sono liberi di correre verso il loro futuro.
"Sonny Boy" purtroppo è un "loop" folle e visionario (un po' - tanto - sconclusionato, aggiungo) che ha un punto di partenza e uno di arrivo che coincidono quasi perfettamente. In mezzo c'è di tutto e mi risulta anche difficile provare a narrarlo. Il protagonista, nell'ultimo episodio, resta sostanzialmente identico nel carattere a ciò che era prima e sembra non aver fatto progressi nelle interazioni umane sviluppate durante il delirio onirico... così era partito, così è rimasto, con la malinconica consapevolezza che quanto vissuto nel metaverso non ha sortito alcun beneficio nel mondo "reale".
Più che avvicinare "Sonny Boy" a "Serial Experiments Lain" (serie che sto terminando e che, considerato che è del 1997, è un'opera di ben altro spessore, visionaria per l'anticipazione di temi che poi si sono avverati successivamente), mi sembra che il messaggio che voglia veicolare sia più simile ad un'altra serie anime: "Watamote".
Una serie "caustica", che si fa letteralmente beffe di una generazione di ragazzi come la protagonista che sono incapaci di confrontarsi con soggetti reali e autonomi, di comprendere l’imprevedibilità di confrontarsi con l’altro diverso da sé, rifugiandosi nella realtà "virtuale" o "immaginaria", nelle relazioni con personaggi di fantasia che non sono altro che la proiezione della loro mente, e con i quali, pertanto, è impossibile avere una relazione "reale".
E vedendo l'ultimo episodio di "Sonny Boy" si comprende quanto, con un percorso molto diverso, l'anime tenda comunque a pervenire a conclusioni molto simili a "Watamote".
Dal punto di vista tecnico, lo Studio Madhouse con "Sonny Boy" ha creato una serie originale (nel senso che non è tratta da nessun'altra opera come manga o light novel) di dodici episodi andati in onda nell'estate 2021. Oltre a essere un anime dai contenuti surreali, anche lo stile grafico è piuttosto "piatto" e "saturo" dal punto di vista dei disegni e dei colori utilizzati: poche sfumature e disegni molto semplici che, applicati su fondali e personaggi in lontananza, perdono molti dettagli, tanto da sembrare infantili e irregolari come i vecchi cartoni animati. Si può definire che l’effetto sia anche visivamente un po’… surreale. Musiche invece molto belle, con la particolarità che non esiste una opening.
In conclusione, vorrei chiudere la recensione con un'altra famosa "marzullata" da rivolgere allo Studio Madhouse: "Lei crede in quello che fa o fa quello in cui crede?"... Chissà cosa risponderebbero...
Anime sufficiente solo per la stima e l'apprezzamento del coraggio.
Con "Sonny Boy" in un certo senso ci risiamo: la realtà in cui è ambientata la serie è un mondo che sembra ”reale” a modo suo, un nuovo universo con delle 9⁹⁹ regole tutte sue diverse da quelle del mondo in cui i personaggi erano abituati a muoversi. Quasi una specie di sogno multilayer in cui i personaggi possono muoversi tra più realtà parallele e in cui i personaggi scoprono man mano di possedere dei poteri speciali che possono usare a loro piacimento senza limiti, se non la loro fantasia e immaginazione... come il messaggio pubblicitario di qualche anno fa di una nota azienda di comunicazioni telefoniche: "...immagina, puoi!"
Nel recensire "Sonny Boy", attesa l'"originalità" della trama, è possibile scadere nelle facezie e, pertanto, potrei citare il buon Gigi Marzullo e riassumere la serie con il suo aforisma più noto: "La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?"...
La realtà metafisica, "metaversica" (concedetemi il neologismo inventato...), metaXXXX (?), è il tema di fondo della serie, in cui lo spettatore deve liberarsi da ogni forma di pensiero o nozione appresa fino a quel momento sulla realtà esperienziale che conosciamo tutti e si deve immergere in una del tutto nuova, simile a quella reale ma in cui tutte le leggi della fisica, logiche, scientifiche, zoologiche, ecc. sono rimescolate in una sorta di visione onirico/psichedelica, un "viaggio" alla scoperta di sé e degli altri in cui qualsiasi aspetto della esistenza è riscritto o da riscrivere in base al "caso".
Mi è capitato di vedere degli anime che facevano dell'originalità espressiva il loro punto di forza, come "Mind Game", ma mai film o serie animate che inventano una trama fuori da ogni logica conosciuta, se non qualche isekai. Ma anche questi, pur nella loro originalità, seguono comunque un filo a suo modo "logico". In "Sonny Boy", come anche in "Arakawa Under The Bridge" (iniziato ma sospeso - non droppato), non c'è nulla di "logico": è un anime esperienziale in cui i personaggi si muovono in un metaverso in cui gli accadimenti sono anche e soprattutto il frutto dell'immaginazione e relativa proiezione dei desideri e pensieri dei personaggi stessi, sulla base dei presunti poteri di cui sono dotati (chi legge il pensiero altrui, chi è in grado di muoversi e far muovere gli altri tra varie dimensioni, chi è in grado di costringere gli altri a fare ciò che pensa, ecc.)
In questo contesto, senza dimensione temporale e fisica definita, è difficile districarsi alla ricerca di un filo conduttore ed è molto facile perdersi, annoiandosi o peggio indispettendosi alla sua visione con la conseguenza di arrendersi e "droppare". Qualsiasi limite relativo alla vita che conosciamo sembra non esistere più: non si invecchia, non si muore, ci si sposta tra realtà/mondi/universi differenti senza problemi (richiami alla teoria degli infiniti mondi paralleli - MWI?), gli edifici galleggiano, il fuoco brucia ma non ustiona, si può costruire o creare qualsiasi cosa dal nulla, gli animali parlano e interagiscono in modo umano con i personaggi... Una realtà in cui i personaggi sono in pratica e a loro insaputa dei semi-dei.
Ok, ma da questo "delirio onirico" in cui tutto sembra possibile, in cui regole e convenzioni sociali non esistono più, i personaggi vogliono tornare al mondo reale da cui sono stati allontanati... E le modalità di affrontare queste realtà sono simili ai cosiddetti "survival games": i personaggi più "carismatici" tendono a prendere il sopravvento sui più "deboli" e si creano fazioni, gruppi, ecc. Sembra un po' anche la metafora del Libro della Genesi in cui Adamo ed Eva vivevano nel paradiso, nel mondo perfetto, ma a causa dei limiti legati alla natura umana non sono stati in grado di riuscire a vivere in una realtà senza male e senza morte.
Ma allora che "sogno" realistico è? Un "otaku" rimane tale anche in un mondo in cui potrebbe diventare o sembrare altro? In questo "viaggio" narrato dall'anime alla fine sembra che il messaggio che voglia veicolare sia quello (ancora una volta - sigh!) piuttosto simile a quello della serie "Neon Genesis Evangelion - Rebuild" (e in particolare all'ultimo film del 2021) in cui tutta la storia narrata non è altro che un viaggio metaforico nelle ossessioni del suo ideatore - H. Anno - che illustra la sua evoluzione nell'affrontarle e la sua risposta nel risolverle con un finale che addirittura esce dall'animazione e si trasforma in un filmato reale in cui due dei protagonisti sono liberi di correre verso il loro futuro.
"Sonny Boy" purtroppo è un "loop" folle e visionario (un po' - tanto - sconclusionato, aggiungo) che ha un punto di partenza e uno di arrivo che coincidono quasi perfettamente. In mezzo c'è di tutto e mi risulta anche difficile provare a narrarlo. Il protagonista, nell'ultimo episodio, resta sostanzialmente identico nel carattere a ciò che era prima e sembra non aver fatto progressi nelle interazioni umane sviluppate durante il delirio onirico... così era partito, così è rimasto, con la malinconica consapevolezza che quanto vissuto nel metaverso non ha sortito alcun beneficio nel mondo "reale".
Più che avvicinare "Sonny Boy" a "Serial Experiments Lain" (serie che sto terminando e che, considerato che è del 1997, è un'opera di ben altro spessore, visionaria per l'anticipazione di temi che poi si sono avverati successivamente), mi sembra che il messaggio che voglia veicolare sia più simile ad un'altra serie anime: "Watamote".
Una serie "caustica", che si fa letteralmente beffe di una generazione di ragazzi come la protagonista che sono incapaci di confrontarsi con soggetti reali e autonomi, di comprendere l’imprevedibilità di confrontarsi con l’altro diverso da sé, rifugiandosi nella realtà "virtuale" o "immaginaria", nelle relazioni con personaggi di fantasia che non sono altro che la proiezione della loro mente, e con i quali, pertanto, è impossibile avere una relazione "reale".
E vedendo l'ultimo episodio di "Sonny Boy" si comprende quanto, con un percorso molto diverso, l'anime tenda comunque a pervenire a conclusioni molto simili a "Watamote".
Dal punto di vista tecnico, lo Studio Madhouse con "Sonny Boy" ha creato una serie originale (nel senso che non è tratta da nessun'altra opera come manga o light novel) di dodici episodi andati in onda nell'estate 2021. Oltre a essere un anime dai contenuti surreali, anche lo stile grafico è piuttosto "piatto" e "saturo" dal punto di vista dei disegni e dei colori utilizzati: poche sfumature e disegni molto semplici che, applicati su fondali e personaggi in lontananza, perdono molti dettagli, tanto da sembrare infantili e irregolari come i vecchi cartoni animati. Si può definire che l’effetto sia anche visivamente un po’… surreale. Musiche invece molto belle, con la particolarità che non esiste una opening.
In conclusione, vorrei chiudere la recensione con un'altra famosa "marzullata" da rivolgere allo Studio Madhouse: "Lei crede in quello che fa o fa quello in cui crede?"... Chissà cosa risponderebbero...
Anime sufficiente solo per la stima e l'apprezzamento del coraggio.
"Sonny Boy" è quel tipo di anime che, una volta finito, ti lascia quella sensazione di vuoto che è difficile definire piacevole, ma di cui comunque non vorresti liberarti.
Tecnicamente, potrebbe essere classificabile come isekai, in quanto i protagonisti si ritrovano in quello che sembra essere un altro mondo, ma condivide ben poco con la maggioranza degli altri appartenenti al genere. Descrivere la situazione dei protagonisti come "andati alla deriva", seppur vago, è quanto di più calzante si possa dire, nel senso che evoca la giusta immagine mentale. Andare alla deriva: "essere trascinati dalla corrente, subire passivamente gli eventi, lasciarsi andare, abbandonarsi". Pur evocando l'immagine giusta, non posso non puntualizzare che sono molteplici le occasioni in cui i protagonisti si "oppongono alla corrente".
Che piaccia o meno, non c'è dubbio che si tratti di qualcosa di molto originale. Parliamo di un'originalità tanto coraggiosa quanto rischiosa, perché inevitabilmente, quando ti allontani dalla strada battuta, non sai quanti potranno o vorranno seguirti, e credo che chi ci ha lavorato ne fosse consapevole e gli andasse bene così. Lo show non ti tiene per mano. Ti dà gli elementi per capire, ma è veramente facile sul momento non farci caso, il che rende molto soddisfacenti le volte in cui non te li perdi. Non tutto però è fatto per essere capito, risolto.
Più si avanza, più si va alla deriva, più le regole e la logica perdono di importanza, lasciando sul palcoscenico gli esseri umani. Paradossale come, pur essendo in un mondo caratterizzato da elementi degni dei peggiori "trip da acidi", l'aspetto umano sia ben più forte e "vero" che in molte altre opere ambientate in contesti "normali". L'assurdo non lo falsa, lo enfatizza.
A livello di tematiche, oh (sonny) boy!, qualcuna è abbastanza chiara ma altre... Non ho dubbi che quest’anime finirà tra le "gemme nascoste" e ogni tanto verrà pubblicata una nuova analisi per tentare di spiegarne il "vero significato". Non preoccupatevi però, come ogni opera d’arte che si rispetti, non è strettamente necessario sviscerarne ogni mistero per poterla apprezzare.
I personaggi sono vari e interessanti, così come le ambientazioni. Graficamente, lo stile strizza un po' l'occhio al passato e il risultato è veramente godibile, nonché perfettamente adatto al tipo di storia. Anche il comparto sonoro è lodevole, sia di per sé sia per come è stato usato (o non usato!).
In definitiva, non è un anime per tutti, ma, se è per te, ti piacerà molto, e alla fine farai fatica a dirgli addio. A questo riguardo, le ultime parole della OST durante i titoli di coda non saranno di aiuto: "...don't say goodbye".
Tecnicamente, potrebbe essere classificabile come isekai, in quanto i protagonisti si ritrovano in quello che sembra essere un altro mondo, ma condivide ben poco con la maggioranza degli altri appartenenti al genere. Descrivere la situazione dei protagonisti come "andati alla deriva", seppur vago, è quanto di più calzante si possa dire, nel senso che evoca la giusta immagine mentale. Andare alla deriva: "essere trascinati dalla corrente, subire passivamente gli eventi, lasciarsi andare, abbandonarsi". Pur evocando l'immagine giusta, non posso non puntualizzare che sono molteplici le occasioni in cui i protagonisti si "oppongono alla corrente".
Che piaccia o meno, non c'è dubbio che si tratti di qualcosa di molto originale. Parliamo di un'originalità tanto coraggiosa quanto rischiosa, perché inevitabilmente, quando ti allontani dalla strada battuta, non sai quanti potranno o vorranno seguirti, e credo che chi ci ha lavorato ne fosse consapevole e gli andasse bene così. Lo show non ti tiene per mano. Ti dà gli elementi per capire, ma è veramente facile sul momento non farci caso, il che rende molto soddisfacenti le volte in cui non te li perdi. Non tutto però è fatto per essere capito, risolto.
Più si avanza, più si va alla deriva, più le regole e la logica perdono di importanza, lasciando sul palcoscenico gli esseri umani. Paradossale come, pur essendo in un mondo caratterizzato da elementi degni dei peggiori "trip da acidi", l'aspetto umano sia ben più forte e "vero" che in molte altre opere ambientate in contesti "normali". L'assurdo non lo falsa, lo enfatizza.
A livello di tematiche, oh (sonny) boy!, qualcuna è abbastanza chiara ma altre... Non ho dubbi che quest’anime finirà tra le "gemme nascoste" e ogni tanto verrà pubblicata una nuova analisi per tentare di spiegarne il "vero significato". Non preoccupatevi però, come ogni opera d’arte che si rispetti, non è strettamente necessario sviscerarne ogni mistero per poterla apprezzare.
I personaggi sono vari e interessanti, così come le ambientazioni. Graficamente, lo stile strizza un po' l'occhio al passato e il risultato è veramente godibile, nonché perfettamente adatto al tipo di storia. Anche il comparto sonoro è lodevole, sia di per sé sia per come è stato usato (o non usato!).
In definitiva, non è un anime per tutti, ma, se è per te, ti piacerà molto, e alla fine farai fatica a dirgli addio. A questo riguardo, le ultime parole della OST durante i titoli di coda non saranno di aiuto: "...don't say goodbye".