Persepolis
Un film che merita un'analisi, una sintesi, un approfondimento, una disamina con tanto di ri-concettualizzazione, rielaborazione, riclassificazione, ri-categorizzazione, ricollocamento e riadattamento in termini di contenuti soprattutto psicologici, psichiatrici, sociali, politici, religiosi, culturali e ideologici ecc.
Si parla innanzitutto di "rivoluzione", concetto all'apparenza scontato, ma ahimè anche sottovalutato, dato per scontato, superficializzato, ma che pochi veramente hanno compreso veramente nel profondo, dal profondo, poiché esso necessita di una struttura, molto precisa, dalla quale poi scaturisce la forma che essa assume nel corso del tempo e che plasma anche il nostro modo di vedere, sentire, percepire, concepire e metterci a contatto con il nostro mondo interiore e poi con quello esterno; mondi che si completano a vicenda e che si alternano, fuori e dentro di noi, e che ci sconvolgono, distruggono e ricostruiscono. A tale concetto segue quello della guerra, con tutto il suo orrore, terrore e frutto dell'errore umano che distrugge, annienta, sconvolge, deturpa tutto ciò che siamo, abbiamo e facciamo, per poi essere sostituito dalla rivoluzione. Segue poi l'amore, altro concetto ahimè usato e "abusato", distorto, contorto, manipolato, manovrato, pilotato, se possiamo dire così, il quale ci distrugge e sconvolge e ci ricostruisce. Altra parentesi sulle idee che plasmano questi concetti i quali fanno parte dell'esistenza e della vita umana dagli albori della nostra specie.
Questa pellicola mette in risalto tutti gli aspetti della nostra esistenza e vita, mostrandocene i pregi, le qualità, i vizi, i difetti, il lato chiaro e il lato oscuro. Il tutto attraverso gli occhi dell'autrice, la quale ripercorre il suo vissuto da bambina e ci mostra il suo sviluppo, la sua crescita, frutto della sua mutazione, cambiamento e delle fasi che ha dovuto attraversare per compiere questi mutamenti e cambiamenti... La sua percezione, le sue idee, le sue esperienze, le sue posizioni, che via via vanno sempre più scemando e cedono il posto alla pace, alla tranquillità, alla calma e alla rassegnazione che si raggiungono con l'età matura.
"Persepolis" è questo ed altro, l'illusione e la conseguente disillusione derivata dalla visione e dall'udire i propri ideali traditi, sconvolti, devastati, distrutti e annientati. Una sorta di testamento contro tali ideali, movimenti, associazioni e contro ogni sistema, il cui primo fine è l'annientamento della coscienza individuale, poi di quella collettiva, il plagio, l'indottrinamento, la manipolazione, la sottomissione (spontanea e/o indotta), il condizionamento delle masse, l'egemonia ottenuta con la forza bruta, la persecuzione, l'umiliazione, la diffamazione, la calunnia, la maldicenza, la tortura, la coercizione e la censura di tutto ciò che è scomodo o che rappresenta una minaccia (in-)diretta per il sistema venuto a crearsi con il principio di autorità basato sull'ignoranza, la distrazione, la deferenza e il principio del "divide et impera", le false promesse, le ricompense provvisorie e a breve termine, che è alla base di ogni sistema totalitario e dittatoriale.
Questo è "Persepolis", il ricordo e la memoria storici, di vitale importanza, per capire il presente e costruire un futuro migliore, prima di tutto per sé stessi e poi, ipoteticamente, per il prossimo o la prossima. Tutto questo viene reso a mio dire perfettamente con la scelta della grafica in bianco e nero e poi dalle musiche metal (ottima scelta, eccezionale, oserei dire) e rock ("Eye of the Tiger") e dai dialoghi, irriverenti e pieni di turpiloquio, a riconferma dell'atmosfera tesa, violenta e cupa, drammatica e tragica che caratterizza la vicenda. I personaggi sono ben immersi nella vicenda e ne rappresentano l'espressione ora emotiva, ora apatica e inespressiva. Facendo un confronto con il fumetto, direi che la storia regge. Complimenti.
Si parla innanzitutto di "rivoluzione", concetto all'apparenza scontato, ma ahimè anche sottovalutato, dato per scontato, superficializzato, ma che pochi veramente hanno compreso veramente nel profondo, dal profondo, poiché esso necessita di una struttura, molto precisa, dalla quale poi scaturisce la forma che essa assume nel corso del tempo e che plasma anche il nostro modo di vedere, sentire, percepire, concepire e metterci a contatto con il nostro mondo interiore e poi con quello esterno; mondi che si completano a vicenda e che si alternano, fuori e dentro di noi, e che ci sconvolgono, distruggono e ricostruiscono. A tale concetto segue quello della guerra, con tutto il suo orrore, terrore e frutto dell'errore umano che distrugge, annienta, sconvolge, deturpa tutto ciò che siamo, abbiamo e facciamo, per poi essere sostituito dalla rivoluzione. Segue poi l'amore, altro concetto ahimè usato e "abusato", distorto, contorto, manipolato, manovrato, pilotato, se possiamo dire così, il quale ci distrugge e sconvolge e ci ricostruisce. Altra parentesi sulle idee che plasmano questi concetti i quali fanno parte dell'esistenza e della vita umana dagli albori della nostra specie.
Questa pellicola mette in risalto tutti gli aspetti della nostra esistenza e vita, mostrandocene i pregi, le qualità, i vizi, i difetti, il lato chiaro e il lato oscuro. Il tutto attraverso gli occhi dell'autrice, la quale ripercorre il suo vissuto da bambina e ci mostra il suo sviluppo, la sua crescita, frutto della sua mutazione, cambiamento e delle fasi che ha dovuto attraversare per compiere questi mutamenti e cambiamenti... La sua percezione, le sue idee, le sue esperienze, le sue posizioni, che via via vanno sempre più scemando e cedono il posto alla pace, alla tranquillità, alla calma e alla rassegnazione che si raggiungono con l'età matura.
"Persepolis" è questo ed altro, l'illusione e la conseguente disillusione derivata dalla visione e dall'udire i propri ideali traditi, sconvolti, devastati, distrutti e annientati. Una sorta di testamento contro tali ideali, movimenti, associazioni e contro ogni sistema, il cui primo fine è l'annientamento della coscienza individuale, poi di quella collettiva, il plagio, l'indottrinamento, la manipolazione, la sottomissione (spontanea e/o indotta), il condizionamento delle masse, l'egemonia ottenuta con la forza bruta, la persecuzione, l'umiliazione, la diffamazione, la calunnia, la maldicenza, la tortura, la coercizione e la censura di tutto ciò che è scomodo o che rappresenta una minaccia (in-)diretta per il sistema venuto a crearsi con il principio di autorità basato sull'ignoranza, la distrazione, la deferenza e il principio del "divide et impera", le false promesse, le ricompense provvisorie e a breve termine, che è alla base di ogni sistema totalitario e dittatoriale.
Questo è "Persepolis", il ricordo e la memoria storici, di vitale importanza, per capire il presente e costruire un futuro migliore, prima di tutto per sé stessi e poi, ipoteticamente, per il prossimo o la prossima. Tutto questo viene reso a mio dire perfettamente con la scelta della grafica in bianco e nero e poi dalle musiche metal (ottima scelta, eccezionale, oserei dire) e rock ("Eye of the Tiger") e dai dialoghi, irriverenti e pieni di turpiloquio, a riconferma dell'atmosfera tesa, violenta e cupa, drammatica e tragica che caratterizza la vicenda. I personaggi sono ben immersi nella vicenda e ne rappresentano l'espressione ora emotiva, ora apatica e inespressiva. Facendo un confronto con il fumetto, direi che la storia regge. Complimenti.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
“Persepolis” è un film d’animazione autobiografico del 2007 scritto e diretto da Marjane Satrapi, la protagonista di questa storia, e Vincent Paronnaud. Il titolo è un evidente omaggio all’antico splendore della città di Persepoli, antica capitale della Persia.
Il film comincia con una giovane donna che si appresta a prendere un aereo. È proprio da lì che parte un racconto di crescita, un viaggio alla scoperta di sé stessi e di un posto nel mondo.
È il 1982. Marjane Satrapi è una bambina di nove anni, adora Bruce Lee e sua nonna, sogna di diventare Profeta e vive con la famiglia a Teheran. I suoi genitori sono borghesi benestanti e progressisti, sostengono i rivoluzionari islamici contro il regime dello Scià. In seguito a una rivolta, i rivoluzionari trionfano, ma, invece di portare progresso, impongono leggi severe, soprattutto per le donne, e causano lo scoppio della guerra tra Iraq e Iran. Perciò Marjane, ormai adolescente, è mandata a Vienna dai genitori, nella speranza di un futuro migliore. Tuttavia questo viaggio si dimostra ricco di sfide ma anche ricco di delusioni, che la spingeranno, quasi ventenne, a tornare a Teheran dalla sua famiglia.
Il regime però si inasprisce e Marjane si sente fuori posto, quindi lascia definitivamente Teheran per trasferirsi in Francia, dove tuttora vive.
La vera e unica pecca di questo film è l’iniziale confusione in cui ti ritrovi. Non sai dove si stiano svolgendo i fatti narrati né il periodo storico di cui tratta, ma il film si “corregge” subito dopo, partendo dal principio e stabilendo luogo e anno degli eventi. Infatti le vicende si svolgono intorno agli anni Ottanta nella città di Teheran, una città devastata dalla rivoluzione e dalla guerra, vissute attraverso gli occhi di Marjane Satrapi dai nove anni fino ai ventidue.
La trama è molto semplice e scorrevole, non ho riscontrato alcun difetto al di fuori del sopracitato. Veramente un buon lavoro.
Il finale mi ha preso parecchio.
A inizio film, la Satrapi è decisa a prendere un aereo e, nel corso del film, sono mostrate scene di lei che attende all’aeroporto rimuginando sulla sua vita. Alla fine, sceglie di chiamare un taxi, resistendo alla tentazione di tornare nella sua terra natia, e rimane in Francia come le aveva espressamente richiesto sua madre.
Ho trovato questo finale qualcosa di veramente molto profondo e intenso. Ha tenuto fede alle parole di sua madre, ma anche a quelle di sua nonna, che desiderava per lei un futuro migliore, voleva che fosse una donna emancipata e indipendente, ma soprattutto voleva che fosse sempre integra e fedele a sé stessa. Un finale ricco di significato.
Se vogliamo parlare invece di personaggi, è stato fatto un ottimo lavoro! Ovviamente non è difficile descrivere personaggi esistiti realmente, ma mostrare ogni sfaccettatura della personalità di ciascuno di loro in un film di un’ora e mezza credo sia totalmente da elogiare.
Marjane è una bambina vivace e curiosa alle prese con un mondo più grande di lei e con eventi che non sempre comprende. Fa molto sorridere, e vederla mi fa provare davvero tanta tenerezza!
Da adolescente ascolta la musica degli Iron Maiden, indossa Nike e giubbini di jeans stracciati... insomma, è una trasgressiva! Mostra le fasi ribelli e adolescenziali che tutti noi abbiamo vissuto. La sua storia è anche la nostra.
Da adulta soffre per le delusioni d’amore, cade in depressione, nasconde la sua origine iraniana per potersi integrare, arrivando a perdere un po’ sé stessa, e infine torna a rialzarsi, cercando di guadagnarsi un posto nel mondo.
Mi ripeto, lo so, ma la sua storia può essere la storia di chiunque.
Una caratterizzazione così netta, onesta e semplice ti permette di comprendere, anche solo un po’, ciò che ha provato e ha vissuto. Un lavoro magistrale.
I suoi genitori sono moderni e combattivi, riescono a trasmettere alla figlia un forte senso di identità, la supportano e la seguono nella difficile prova di battersi per quel che si è, senza mai rinunciare ai propri ideali in nome di una via più comoda.
La nonna, oltre ad essere il mio personaggio preferito, è un’altra persona importante che riuscirà a supportare come può Marjane, tirandola su di morale o rimproverandola quando necessario. Un personaggio che ho sinceramente apprezzato in tutte le sue scene. Chapeau!
Un altro ruolo di spicco è quello dello zio, Anouche, prigioniero politico, che sarà per lei, al pari della nonna, una figura fondamentale per determinare la sua personalità. È stata molto toccante la sua ultima scena. Non aggiungo altro.
Per quanto riguarda il comparto grafico, quasi totalmente in bianco e nero, sfrutta l’animazione 2D per riprodurre i disegni originali dell’opera illustrata dalla stessa Satrapi. E sinceramente mi è piaciuto un sacco, perché permette di usufruire di due prodotti (film e libro) simili non solo nella storia, ma anche e soprattutto nell’animazione semplice ed efficace. I punti salienti del film non necessitavano di chissà quale comparto sonoro, bastava osservare quelle immagini o semplicemente ascoltare le parole di Marjane per catapultarsi totalmente nella vicenda, quasi come se volesse farci vivere e provare le sue stesse emozioni e/o situazioni.
Il film, più attuale che mai, non è impersonale e freddo, ma è una testimonianza reale e tangibile degli orrori vissuti sotto il regime. La cosa più importante e interessante è che viene data un’immagine lontana e diversa dagli stereotipi occidentali. Marjane ci introduce in un ambiente iraniano colto e al passo coi tempi, sdoganando l’idea che il Medio Oriente non sia bigotto e impregnato di terrorismo e fanatismo religioso.
Inoltre, l’uso del velo e di abiti più lunghi e coperti per le donne, il divieto di consumare alcol, di ascoltare musica punk, di possedere indumenti o libri occidentali sono narrati con chiarezza e con un pizzico di ironia.
Quindi “Persepolis”, pur raccontando di terre lontane, unisce spettatori e personaggi. La stessa Satrapi riconosce che il film può avere un valore educativo e afferma che “Persepolis” non è un film politicamente orientato con un messaggio da vendere, ma è, più semplicemente, un film dedicato all'amore che la sceneggiatrice nutre verso la sua famiglia.
Quest’opera è un viaggio e, da questo viaggio, ne usciamo arricchiti, con una diversa prospettiva e una nuova consapevolezza.
“Persepolis” è un film d’animazione autobiografico del 2007 scritto e diretto da Marjane Satrapi, la protagonista di questa storia, e Vincent Paronnaud. Il titolo è un evidente omaggio all’antico splendore della città di Persepoli, antica capitale della Persia.
Il film comincia con una giovane donna che si appresta a prendere un aereo. È proprio da lì che parte un racconto di crescita, un viaggio alla scoperta di sé stessi e di un posto nel mondo.
È il 1982. Marjane Satrapi è una bambina di nove anni, adora Bruce Lee e sua nonna, sogna di diventare Profeta e vive con la famiglia a Teheran. I suoi genitori sono borghesi benestanti e progressisti, sostengono i rivoluzionari islamici contro il regime dello Scià. In seguito a una rivolta, i rivoluzionari trionfano, ma, invece di portare progresso, impongono leggi severe, soprattutto per le donne, e causano lo scoppio della guerra tra Iraq e Iran. Perciò Marjane, ormai adolescente, è mandata a Vienna dai genitori, nella speranza di un futuro migliore. Tuttavia questo viaggio si dimostra ricco di sfide ma anche ricco di delusioni, che la spingeranno, quasi ventenne, a tornare a Teheran dalla sua famiglia.
Il regime però si inasprisce e Marjane si sente fuori posto, quindi lascia definitivamente Teheran per trasferirsi in Francia, dove tuttora vive.
La vera e unica pecca di questo film è l’iniziale confusione in cui ti ritrovi. Non sai dove si stiano svolgendo i fatti narrati né il periodo storico di cui tratta, ma il film si “corregge” subito dopo, partendo dal principio e stabilendo luogo e anno degli eventi. Infatti le vicende si svolgono intorno agli anni Ottanta nella città di Teheran, una città devastata dalla rivoluzione e dalla guerra, vissute attraverso gli occhi di Marjane Satrapi dai nove anni fino ai ventidue.
La trama è molto semplice e scorrevole, non ho riscontrato alcun difetto al di fuori del sopracitato. Veramente un buon lavoro.
Il finale mi ha preso parecchio.
A inizio film, la Satrapi è decisa a prendere un aereo e, nel corso del film, sono mostrate scene di lei che attende all’aeroporto rimuginando sulla sua vita. Alla fine, sceglie di chiamare un taxi, resistendo alla tentazione di tornare nella sua terra natia, e rimane in Francia come le aveva espressamente richiesto sua madre.
Ho trovato questo finale qualcosa di veramente molto profondo e intenso. Ha tenuto fede alle parole di sua madre, ma anche a quelle di sua nonna, che desiderava per lei un futuro migliore, voleva che fosse una donna emancipata e indipendente, ma soprattutto voleva che fosse sempre integra e fedele a sé stessa. Un finale ricco di significato.
Se vogliamo parlare invece di personaggi, è stato fatto un ottimo lavoro! Ovviamente non è difficile descrivere personaggi esistiti realmente, ma mostrare ogni sfaccettatura della personalità di ciascuno di loro in un film di un’ora e mezza credo sia totalmente da elogiare.
Marjane è una bambina vivace e curiosa alle prese con un mondo più grande di lei e con eventi che non sempre comprende. Fa molto sorridere, e vederla mi fa provare davvero tanta tenerezza!
Da adolescente ascolta la musica degli Iron Maiden, indossa Nike e giubbini di jeans stracciati... insomma, è una trasgressiva! Mostra le fasi ribelli e adolescenziali che tutti noi abbiamo vissuto. La sua storia è anche la nostra.
Da adulta soffre per le delusioni d’amore, cade in depressione, nasconde la sua origine iraniana per potersi integrare, arrivando a perdere un po’ sé stessa, e infine torna a rialzarsi, cercando di guadagnarsi un posto nel mondo.
Mi ripeto, lo so, ma la sua storia può essere la storia di chiunque.
Una caratterizzazione così netta, onesta e semplice ti permette di comprendere, anche solo un po’, ciò che ha provato e ha vissuto. Un lavoro magistrale.
I suoi genitori sono moderni e combattivi, riescono a trasmettere alla figlia un forte senso di identità, la supportano e la seguono nella difficile prova di battersi per quel che si è, senza mai rinunciare ai propri ideali in nome di una via più comoda.
La nonna, oltre ad essere il mio personaggio preferito, è un’altra persona importante che riuscirà a supportare come può Marjane, tirandola su di morale o rimproverandola quando necessario. Un personaggio che ho sinceramente apprezzato in tutte le sue scene. Chapeau!
Un altro ruolo di spicco è quello dello zio, Anouche, prigioniero politico, che sarà per lei, al pari della nonna, una figura fondamentale per determinare la sua personalità. È stata molto toccante la sua ultima scena. Non aggiungo altro.
Per quanto riguarda il comparto grafico, quasi totalmente in bianco e nero, sfrutta l’animazione 2D per riprodurre i disegni originali dell’opera illustrata dalla stessa Satrapi. E sinceramente mi è piaciuto un sacco, perché permette di usufruire di due prodotti (film e libro) simili non solo nella storia, ma anche e soprattutto nell’animazione semplice ed efficace. I punti salienti del film non necessitavano di chissà quale comparto sonoro, bastava osservare quelle immagini o semplicemente ascoltare le parole di Marjane per catapultarsi totalmente nella vicenda, quasi come se volesse farci vivere e provare le sue stesse emozioni e/o situazioni.
Il film, più attuale che mai, non è impersonale e freddo, ma è una testimonianza reale e tangibile degli orrori vissuti sotto il regime. La cosa più importante e interessante è che viene data un’immagine lontana e diversa dagli stereotipi occidentali. Marjane ci introduce in un ambiente iraniano colto e al passo coi tempi, sdoganando l’idea che il Medio Oriente non sia bigotto e impregnato di terrorismo e fanatismo religioso.
Inoltre, l’uso del velo e di abiti più lunghi e coperti per le donne, il divieto di consumare alcol, di ascoltare musica punk, di possedere indumenti o libri occidentali sono narrati con chiarezza e con un pizzico di ironia.
Quindi “Persepolis”, pur raccontando di terre lontane, unisce spettatori e personaggi. La stessa Satrapi riconosce che il film può avere un valore educativo e afferma che “Persepolis” non è un film politicamente orientato con un messaggio da vendere, ma è, più semplicemente, un film dedicato all'amore che la sceneggiatrice nutre verso la sua famiglia.
Quest’opera è un viaggio e, da questo viaggio, ne usciamo arricchiti, con una diversa prospettiva e una nuova consapevolezza.