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Ray81194 2

Episodi visti: 11/11 --- Voto 7
Stagione altalenante che per certi episodi mi ha colpito (tipo l'ultimo), ma per altri mi ha fatto annoiare. Gli eventi in certi casi sono stati frettolosi, ma -al contrario- quando serviva prendersi del tempo sono passati oltre (tipo il passato della 5° luna crescente). La cosa peggiore è stata, che le lune crescenti non sono state approfondite molto, mentre le cose migliori sono state il passato di Muichiro insieme al passato di Kibutsuji Muzan.
Quindi: non è una stagione da buttare, ma non è ai livelli delle precedenti.


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Felpato12

Episodi visti: 11/11 --- Voto 7
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Tra i tanti anime mandati in onda negli ultimi tre mesi, la stagione primaverile, ormai al suo tramonto, ci ha offerto anche la terza stagione di uno dei titoli più apprezzati in terra nipponica, “Demon Slayer: il Villaggio dei Forgiatori di Katana”. Se dei due archi narrativi precedenti, “Il treno Mugen” e il “Quartiere dei Piaceri”, avevo tessuto lodi che andavano ben oltre le mie più rosee aspettative, con questo terzo arco narrativo sono dovuto ritornare sui miei passi iniziali. La serie è, purtroppo, ripiombata ai livelli piatti e monotoni della prima stagione, se non peggio, risultando comunque apprezzabile, ma costringendo lo spettatore a porsi un quesito fondamentale su quello che potrebbe essere il futuro dell’anime, di cui è già stato annunciato l’adattamento del “Hashira Training Arc”: declino verso l’oblio o rapida ripresa? Solo il tempo potrà stabilirlo.

La storia riprende esattamente da dove ci eravamo lasciati, al Quartiere dei Piaceri, dove, al termine dell’ultima stagione, i ragazzi si erano stretti in cerchio, in un abbraccio dolce e speranzoso. Per chi la ricorda, la battaglia era stata faticosa e Gyutaro si era rivelato, come da pronostico, un osso duro da sconfiggere. Eppure, per la prima volta dopo centotredici anni, un demone delle Lune Crescenti era venuto a mancare. Esattamente da qui, riparte questo arco narrativo, con Muzan che, preso dall’ira, impartisce dei nuovi ordini a tutti quelli rimasti. Nel frattempo, Haganezuka dà in escandescenze, perché la katana di Tanjiro si è scheggiata durante la battaglia contro Gyutaro. Il ragazzo decide, quindi, di fare visita personalmente al villaggio dei forgiatori di katana dove risiede, per chiedergliene una nuova. Qui, farà la conoscenza di nuovi amici, poco prima di imbattersi in dei temibili nemici.

Uno dei meriti che riconosco a questa stagione è quello di aver calato, sin da subito, lo spettatore nel vivo dell’azione, con la comparsa delle due Lune Crescenti già al terzo episodio, dopo una necessaria introduzione al nuovo arco narrativo. A differenza delle precedenti stagioni, Tanjiro si separa da Zen’itsu e Inosuke, ma al Villaggio dei Forgiatori fa la conoscenza di due nuovi pilastri, Tokito e Misturi, di cui vengono raccontate la backstories. Tutto sommato ben costruita quella del Pilastro dell’Amore, noiosa e ripetitiva quella del Pilastro della Nebbia, che palesa uno dei grandi problemi dell’intero titolo: i personaggi hanno, grosso modo, tutti lo stesso passato. La banalità di certi racconti, come in questo caso, è aberrante e cercare di far leva sul solo lato emotivo non può bastare allo spettatore, o almeno, non basta per me. Come al solito, l’impressione è che all’autore dell’opera originale piaccia vincere facile, e ad avere ragione, infatti, è sempre lui, perché in patria e non solo il manga di Demon Slayer gode di un successo clamoroso. Rispetto alle due saghe precedenti, inoltre, si viene a perdere un altro tassello fondamentale per ogni battle shonen che si rispetti: la tensione dei combattimenti, che, mai come in questa stagione, appaiono privi di mordente. Il coinvolgimento emotivo è pressoché nullo. A suo tempo, la morte di Rengoku aveva sdoganato la logica buonista secondo cui a morire devono essere sempre e solo i cattivi, eppure, le due stagioni successive ci hanno raccontato tutt’altro. Non fu un problema per l’arco del “Quartiere dei Piaceri”, che vide, comunque, Uzui uscire mutilato dallo scontro finale. Rappresenta, invece, un grosso ostacolo per “Il Villaggio dei Forgiatori di Katana”, dove il bene stravince sul male, come ad Azio Ottaviano su Marco Antonio. Tutti i buoni si salvano, riportando al più delle ferite, destinate a rimarginarsi nel giro di qualche mese. I cattivi fanno la fine che si meritano, ma mancano del carisma necessario ad ogni antagonista. Di certo, non mi aspetto che tutti i personaggi siano al livello di Muzan, però, neanche dei demoni millenari che si fanno mettere i piedi in testa da spadaccini di forse vent’anni. Quanto meno, hanno evitato di redimere gli antagonisti, pratica usuale delle precedenti stagioni. E, giunti alla fine, l’anime perde l’unica vera occasione per imprimersi a fondo nella memoria dello spettatore: la non-morte di Nezuko. Il momento climatico per eccellenza, quello della dipartita di uno dei protagonisti della storia, è riuscito a non farmi cacciare nemmeno una lacrima. Per ragioni che probabilmente, questo è quello che mi auguro, spiegheranno nelle prossime stagioni, Nezuko sopravvive al contatto con il sole e apprende l’uso della parola, ritornando molto simile a quando era umana. Il climax finale finisce così per rivelarsi un fiasco e il successivo momento anticlimatico ci porta ad una chiusura nobile, che però non aggiunge valore alla stagione.

Gusto personale, anche il comparto musicale è stato leggermente sottotono rispetto alle saghe precedenti, incapace di regalare una opening degna di essere ricordata. Rimangono, invece, di altissimo livello le animazioni, che aggiungono almeno un punto all’intera opera. Per quanto mi riguarda, Koyoharu Gotōge dovrebbe fare una statua allo staff di Ufotable.

Per il resto, siamo alle solite. “Demon Slayer” continua a non distinguersi per originalità, nonostante ciò, riesce ad intrattenere degnamente lo spettatore, sempre a patto che sia disposto, in certi casi, a chiudere un occhio.