Dokidoki! PreCure
Raggiungere quota 10 serie deve essere qualcosa da “batticuore” per gli amanti delle saghe di un anime mahō shōjo, e chi ha avuto questo privilegio? La saga delle leggendarie guerriere Pretty Cure, capace di distinguersi da molte serie per la sua vertiginosa componente da battle shonen o alla frenesia da Power Rangers.
Ovviamente, non bisogna essere “egoisti” a tal riguardo e quindi bisogna tirare fuori le proprie “carte” per proporre qualcosa che riesca a tenere alto l’onore di questa saga, che è cresciuta serie dopo serie, aggiungendo sempre qualcosa che la facesse crescere sia narrativamente che contenutisticamente.
E dopo l’emozionante e spettacolare ritorno alla classicità di "Smile", è il momento di tornare su qualcosa di intrigante e pieno di sorprese al punto da far venire continuamente il batticuore agli spettatori, e quale titolo più appropriato per la decima serie se non “Dokidoki! Pretty Cure”?
<b>Attenzione: la seguente parte contiene spoiler</b>
Stavolta la serie parte col botto, con il magico Regno Trump in guerra aperta contro i terrificanti mostri chiamati Jikochu (dal termine giapponese che significa "egoismo") e ben presto il conflitto coinvolgerà la citta di Ogai e tre ragazze del posto, ovvero: Mana Aida, Rikka Hishikawa, e Arisu (o Alice) Yotsuba, che verranno coinvolte negli scontri tra i Jikochu e una guerriera Pretty Cure proveniente dal Regno Trump: Cure Sword, l’ultima guerriera rimasta del posto. Fortunatamente, oltre a Cure Sword, vi sono anche quattro fate provenienti dal Regno Trump, ovvero Charles, Raquel, Lance e Davi, e ognuna delle prime tre conoscerà in un modo o nell’altro le tre ragazze del posto, permettendo loro di ottenere il potere di trasformarsi in Pretty Cure.
Mana ovviamente non ci penserà su due volte ad accettare, dal momento che ama dare una mano agli altri, diventando così Cure Heart, mentre Rikka e Arisu si uniranno a lei, nella vesti di, rispettivamente, Cure Diamond e Cure Rosetta, per poter proteggere e aiutare Mana (le tre ragazze sono amiche d’infanzia) e, poco tempo dopo, anche Cure Sword, col nome umano di Makoto Kenzaki (da notare che nel suo cognome vi è la sillaba Ken, uno dei tanti modi di nominare le spade), in seguito ad una serie di peripezie, si unirà al gruppo, mentre la sua fata Davi interpreterà come copertura (qui le fate possono assumere forma umana come in "Yes! Pretty Cure 5" e il sequel "GoGo") la sua manager, dal momento che Makoto è diventata una famosa Idol; infine, verso metà serie, arriverà Aguri Madoka con la strabiliante forma di Cure Ace.
Ovviamente non saranno da sole perché avranno il supporto di Joe Okada, con la misteriosa bambina Ai, in realtà il cavaliere del Regno Trump Jonathan Klondike, e lo stravagante quanto servizievole maggiordomo di Arisu, Sebastian.
L’obiettivo delle Dokidoki! Pretty Cure consisterà nel fermare i svariati mostri Jikochu, creati dai desideri egoistici delle persone, i quali assumono forma e poteri, nonché modo di comportarsi, basati sui desideri della persona in questione, e nel cercare sulla Terra la principessa Maria Ange, la principessa del Regno Trump che è sparita sulla Terra durante l’invasione, in modo da poter liberare il regno dalle grinfie dei Jikochu e del loro capo: King Jikochu .
Ma, oltre al Jikochu Trio, formato da Ira, Mammo e Bel (oltre ai temporanei Leva e Gula) (ogni loro nome richiama uno dei sette vizi capitali), e alla “figlia” di King Jikochu Regina, altri ostacoli e colpi di scena metteranno i bastoni fra le ruote alle protagoniste.
Narrativamente, di fatto, "Dokidoki" si presenta molto più intricato e imprevedibile in ambito narrativo, specialmente nei flashback, qui molto usati, non mancando comunque di puntate dedicate alle protagoniste e ai loro hobby, sogni, famiglia e rapporti di amicizia, più puntate dedicate anche alle fate e persino ai cattivi, con situazioni dove le risate sono assicurate, battaglia finale compresa.
Qui i personaggi sono molto caratterizzati mostrando ognuno i propri pregi e difetti.
Per quanto riguarda le protagoniste: Mana si potrebbe considerare una sorta di eccellenza per una protagonista di mahō shōjo, dal momento che è bravissima negli studi e nello sport, ha sempre il sorriso stampato in volto a si fa sempre in quattro per aiutare chiunque, complice il fatto che è anche la presidentessa del consiglio studentesco, al punto che chiunque finirebbe con l’ammirarla (anche se un difetto ce l’ha: è stonata peggio di una campana, con risultati spassosi). Anche le sue amiche finiscono per rimanere colpite dal modo allegro e gentile di Mana, aiutandola più che possono, come Rikka, che si preoccupa sempre per Mana per via della sua mania di aiutare gli altri e passa gran parte del tempo a casa sua (i suoi genitori sono quasi sempre fuori casa), aiutandola nella sua attività scolastica, dal momento che è segretaria del consiglio studentesco, o come Arisu, che, nonostante l’aspetto e l’età, è bravissima nelle arti marziali ed è l’erede di una grande industria di famiglia proprietaria di svariati edifici di Ogai (come già detto le tre ragazze sono amiche d’infanzia e ci sono molti flashback a loro dedicati). Pure Makoto legherà molto con Mana e le sue amiche, dopo un iniziale periodo di solitudine e auto-isolamento, specialmente quando imparerà gli usi e costumi della Terra, mentre Aguri riuscirà a farsi apprezzare dopo un iniziale periodo di antipatia, dal momento che “dettava legge” alle ragazze.
Anche i nemici sono molto caratterizzati, mostrando tutti crismi del caso, ovvero sono arroganti, intelligenti, tenaci, assurdi, e chi più ne ha più ne metta, ma anche molto simpatici. In alcune occasioni finiranno per approcciarsi alle protagoniste con risultati variabili, come Ira, che verrà affidato alle cure di Rikka (la madre infatti è una pediatra) dopo un periodo di amnesia temporanea, per poi affrontarla con un po’ di confusione nelle battute finali, o, in particolare, nel rapporto fra Mana e Regina, grazie al quale quest’ultima comincerà a provare sentimenti umani, legandosi molto a Mana come amica, con atteggiamenti a volte molto particolari, per poi ritrovarsi di nuovo come nemiche per l'intera seconda metà della serie, arrivando più volte battersi controvoglia (di fatto,alla serie non manca un po’ di presunto shojo-ai).
Graficamente, il titolo utilizza uno stile semplice ma curato, data la discreta varietà delle situazioni, ma ci si può stare, mentre il characther design riprende lo stile adolescenziale di quelle precedenti, ad eccezione della parentesi della precedente "Smile" e di "Heartcatch"; in ambito sonoro, personalmente, non ricordo la colonna sonora, ad eccezione dell’opening (ho sentito di peggio) e delle fenomenali ending, sempre con spettacolari coreografie in CGI, qui al massimo della bellezza, mentre in ambito di voci si va bene, complice la presenza di vari pezzi da novanta presenti del cast (la voce di Ira la riconoscerebbe perfino uno poco attento).
Nel parco azione siamo agli ormai riconoscibili scontri da battle shonen, proponendo per l’occasione un armamentario a dir tecnologico, con Device a forma di Tablet, e mosse che richiamano i semi delle carte da poker (come già visto in "Fresh") unite a vari artefatti sacri e trasformazione potenziamento, per non parlare dei sempre frenetici combattimenti, in particolare nelle battute finali, dove succederà l’incredibile.
"Dokidoki" propone per l’occasione la narrativa più complessa della saga delle leggendarie guerriere, con tutti quegli elementi, ormai riconoscibili, che un fan della saga non potrà che apprezzare.
Ovviamente, non bisogna essere “egoisti” a tal riguardo e quindi bisogna tirare fuori le proprie “carte” per proporre qualcosa che riesca a tenere alto l’onore di questa saga, che è cresciuta serie dopo serie, aggiungendo sempre qualcosa che la facesse crescere sia narrativamente che contenutisticamente.
E dopo l’emozionante e spettacolare ritorno alla classicità di "Smile", è il momento di tornare su qualcosa di intrigante e pieno di sorprese al punto da far venire continuamente il batticuore agli spettatori, e quale titolo più appropriato per la decima serie se non “Dokidoki! Pretty Cure”?
<b>Attenzione: la seguente parte contiene spoiler</b>
Stavolta la serie parte col botto, con il magico Regno Trump in guerra aperta contro i terrificanti mostri chiamati Jikochu (dal termine giapponese che significa "egoismo") e ben presto il conflitto coinvolgerà la citta di Ogai e tre ragazze del posto, ovvero: Mana Aida, Rikka Hishikawa, e Arisu (o Alice) Yotsuba, che verranno coinvolte negli scontri tra i Jikochu e una guerriera Pretty Cure proveniente dal Regno Trump: Cure Sword, l’ultima guerriera rimasta del posto. Fortunatamente, oltre a Cure Sword, vi sono anche quattro fate provenienti dal Regno Trump, ovvero Charles, Raquel, Lance e Davi, e ognuna delle prime tre conoscerà in un modo o nell’altro le tre ragazze del posto, permettendo loro di ottenere il potere di trasformarsi in Pretty Cure.
Mana ovviamente non ci penserà su due volte ad accettare, dal momento che ama dare una mano agli altri, diventando così Cure Heart, mentre Rikka e Arisu si uniranno a lei, nella vesti di, rispettivamente, Cure Diamond e Cure Rosetta, per poter proteggere e aiutare Mana (le tre ragazze sono amiche d’infanzia) e, poco tempo dopo, anche Cure Sword, col nome umano di Makoto Kenzaki (da notare che nel suo cognome vi è la sillaba Ken, uno dei tanti modi di nominare le spade), in seguito ad una serie di peripezie, si unirà al gruppo, mentre la sua fata Davi interpreterà come copertura (qui le fate possono assumere forma umana come in "Yes! Pretty Cure 5" e il sequel "GoGo") la sua manager, dal momento che Makoto è diventata una famosa Idol; infine, verso metà serie, arriverà Aguri Madoka con la strabiliante forma di Cure Ace.
Ovviamente non saranno da sole perché avranno il supporto di Joe Okada, con la misteriosa bambina Ai, in realtà il cavaliere del Regno Trump Jonathan Klondike, e lo stravagante quanto servizievole maggiordomo di Arisu, Sebastian.
L’obiettivo delle Dokidoki! Pretty Cure consisterà nel fermare i svariati mostri Jikochu, creati dai desideri egoistici delle persone, i quali assumono forma e poteri, nonché modo di comportarsi, basati sui desideri della persona in questione, e nel cercare sulla Terra la principessa Maria Ange, la principessa del Regno Trump che è sparita sulla Terra durante l’invasione, in modo da poter liberare il regno dalle grinfie dei Jikochu e del loro capo: King Jikochu .
Ma, oltre al Jikochu Trio, formato da Ira, Mammo e Bel (oltre ai temporanei Leva e Gula) (ogni loro nome richiama uno dei sette vizi capitali), e alla “figlia” di King Jikochu Regina, altri ostacoli e colpi di scena metteranno i bastoni fra le ruote alle protagoniste.
Narrativamente, di fatto, "Dokidoki" si presenta molto più intricato e imprevedibile in ambito narrativo, specialmente nei flashback, qui molto usati, non mancando comunque di puntate dedicate alle protagoniste e ai loro hobby, sogni, famiglia e rapporti di amicizia, più puntate dedicate anche alle fate e persino ai cattivi, con situazioni dove le risate sono assicurate, battaglia finale compresa.
Qui i personaggi sono molto caratterizzati mostrando ognuno i propri pregi e difetti.
Per quanto riguarda le protagoniste: Mana si potrebbe considerare una sorta di eccellenza per una protagonista di mahō shōjo, dal momento che è bravissima negli studi e nello sport, ha sempre il sorriso stampato in volto a si fa sempre in quattro per aiutare chiunque, complice il fatto che è anche la presidentessa del consiglio studentesco, al punto che chiunque finirebbe con l’ammirarla (anche se un difetto ce l’ha: è stonata peggio di una campana, con risultati spassosi). Anche le sue amiche finiscono per rimanere colpite dal modo allegro e gentile di Mana, aiutandola più che possono, come Rikka, che si preoccupa sempre per Mana per via della sua mania di aiutare gli altri e passa gran parte del tempo a casa sua (i suoi genitori sono quasi sempre fuori casa), aiutandola nella sua attività scolastica, dal momento che è segretaria del consiglio studentesco, o come Arisu, che, nonostante l’aspetto e l’età, è bravissima nelle arti marziali ed è l’erede di una grande industria di famiglia proprietaria di svariati edifici di Ogai (come già detto le tre ragazze sono amiche d’infanzia e ci sono molti flashback a loro dedicati). Pure Makoto legherà molto con Mana e le sue amiche, dopo un iniziale periodo di solitudine e auto-isolamento, specialmente quando imparerà gli usi e costumi della Terra, mentre Aguri riuscirà a farsi apprezzare dopo un iniziale periodo di antipatia, dal momento che “dettava legge” alle ragazze.
Anche i nemici sono molto caratterizzati, mostrando tutti crismi del caso, ovvero sono arroganti, intelligenti, tenaci, assurdi, e chi più ne ha più ne metta, ma anche molto simpatici. In alcune occasioni finiranno per approcciarsi alle protagoniste con risultati variabili, come Ira, che verrà affidato alle cure di Rikka (la madre infatti è una pediatra) dopo un periodo di amnesia temporanea, per poi affrontarla con un po’ di confusione nelle battute finali, o, in particolare, nel rapporto fra Mana e Regina, grazie al quale quest’ultima comincerà a provare sentimenti umani, legandosi molto a Mana come amica, con atteggiamenti a volte molto particolari, per poi ritrovarsi di nuovo come nemiche per l'intera seconda metà della serie, arrivando più volte battersi controvoglia (di fatto,alla serie non manca un po’ di presunto shojo-ai).
Graficamente, il titolo utilizza uno stile semplice ma curato, data la discreta varietà delle situazioni, ma ci si può stare, mentre il characther design riprende lo stile adolescenziale di quelle precedenti, ad eccezione della parentesi della precedente "Smile" e di "Heartcatch"; in ambito sonoro, personalmente, non ricordo la colonna sonora, ad eccezione dell’opening (ho sentito di peggio) e delle fenomenali ending, sempre con spettacolari coreografie in CGI, qui al massimo della bellezza, mentre in ambito di voci si va bene, complice la presenza di vari pezzi da novanta presenti del cast (la voce di Ira la riconoscerebbe perfino uno poco attento).
Nel parco azione siamo agli ormai riconoscibili scontri da battle shonen, proponendo per l’occasione un armamentario a dir tecnologico, con Device a forma di Tablet, e mosse che richiamano i semi delle carte da poker (come già visto in "Fresh") unite a vari artefatti sacri e trasformazione potenziamento, per non parlare dei sempre frenetici combattimenti, in particolare nelle battute finali, dove succederà l’incredibile.
"Dokidoki" propone per l’occasione la narrativa più complessa della saga delle leggendarie guerriere, con tutti quegli elementi, ormai riconoscibili, che un fan della saga non potrà che apprezzare.
Mana Aida è una ragazza allegra e gentile, presidentessa del consiglio studentesco e sempre pronta a dare una mano a chi si trova in difficoltà.
Quando i malvagi Jikochuu penetrano sulla Terra dopo aver distrutto il magico regno di Trump, intenzionati a portare egoismo e distruzione, la ragazza riceve dal folletto Sharuru il potere di diventare la guerriera Cure Heart, baluardo dell'umanità contro il male che la minaccia.
Ad aiutarla nella sua missione, le sue due care amiche d'infanzia: Rikka Hishikawa alias Cure Diamond, studiosa e intelligente, e Alice Yotsuba, di famiglia molto ricca ed esperta di arti marziali. Si unirà ben presto al gruppo, anche se riluttante in un primo momento, la idol Makoto Kenzaki alias Cure Sword, una dei pochi sopravvissuti del regno di Trump.
Decima serie del popolare franchise Toei Animation, trasmessa in Giappone fra il 2013 e il 2014, Doki Doki Pretty Cure appare come complementare a Smile Pretty Cure, la serie dell'anno prima, e per certi versi affine a Zyuden Sentai Kyoryuger, la serie Super Sentai trasmessa nel contenitore Super Hero Time appena mezz'ora prima rispetto alle avventure di Mana e compagne.
Se Smile Pretty Cure era una serie dalla trama quasi inesistente, dal cast ridottissimo e assolutamente priva di colpi di scena, ma che trovava il suo fascino in un character design tanto classico quanto gradevole e in un enorme quantità di episodi di vita quotidiana che permettevano un'empatia pressoché totale coi personaggi, per Doki Doki Pretty Cure vale esattamente il contrario.
La storia è articolata in varie sottotrame, "quest" delle eroine che devono cercare cristalli magici o oggetti leggendari, flashback sulle vicende passate del regno di Trump e sulla sua famiglia reale, vero trait d'union di tutta la trama. In questo, bisogna dire che Doki Doki Pretty Cure si impegna a non risultare mai noioso, per presentare sempre qualcosa di interessante per lo spettatore. I colpi di scena non mancano e nemmeno personaggi secondari che vivacizzano la narrazione presentando anche loro misteri da svelare o sottotrame interessanti.
Una trama sempre viva e interessante, ricca di diramazioni di vario tipo, però, finisce ben presto per fagocitare i personaggi, che, a dispetto della programmazione annuale, non trovano molto spazio per esprimersi, al punto da arrivare, all'ultimo episodio, e chiedersi che cosa si sia visto, dato che sono ben pochi i personaggi a restare impressi. Una delle colpe è sicuramente da imputare, in primis, al character design non sempre bellissimo, che ci regala eroine dagli occhi inespressivi, dai capelli ricchi di riflessi bianchi che sembrano forfora e dai costumi pacchiani, con colori smorti (l'indaco di Cure Diamond invece di un più gradevole azzurro o blu) o accostamenti poco gradevoli (la combo stile carota di arancio, giallo e verde di Cure Rosetta).
Se il design non aiuta, anche il carattere ci mette del suo. Il personaggio che più spicca, per forza di cose, è Mana/Cure Heart, poiché sovrasta tutti gli altri con l'abbondare delle sue buone qualità: è buona, è gentile, è altruista, è brava nello sport, è brava nello studio, è presidentessa del consiglio studentesco, ha un sacco di amici, ha i "discepoli" che la idolatrano, converte i nemici che finiscono per essere suoi amici anche se la osteggiavano in un primo momento. E' un personaggio esagerato nella sua perfezione, che non ha nessun difetto, nemmeno quelli più semplici delle precedenti eroine, quali l'essere imbranata, l'essere tonta, l'essere una capra a scuola o nello sport, l'essere indecisa nei riguardi del futuro (Mana un sogno ce l'ha, e sogna pure in grande, vuol diventare primo ministro del Giappone... auguri!).
Le altre eroine, identificate solo da pochi tratti distintivi, sembra vivano solo per servire e idolatrare Mana: Rikka gioca (in un episodio solo) a karuta, è brava a scuola e vuole diventare medico come la madre (dove l'abbiamo già vista un'eroina blu con queste aspirazioni?); Alice è un assurdo connubio di una ragazza ricca ma non snob, timida e insicura ma brava nelle arti marziali e inspiegabilmente violenta e fortissima quando le tocchi le amiche; Makoto fa la ritrosa per una manciata di puntate, poi viene anche lei contagiata da Mana e la sua caratterizzazione si ridurrà all'essere una idol che canta nella speranza di farsi ritrovare dalla sua principessa perduta (dove l'abbiamo già vista una cosa del genere?).
Miglior fortuna tocca alla quinta guerriera che si unisce al gruppo verso metà serie, essendo un personaggio fondamentale per il racconto si è speso molto per la sua caratterizzazione.
I cattivi avevano delle ottime potenzialità ma non sono stati sfruttati appieno. Il trio iniziale formato dal giovane Ira, dalla vanitosa Mammo e dall'indolente Bel è simpatico e accattivante, ma rimane costantemente in bilico fra serietà e parodia, fra l'essere malvagio e temibile o una manica di buffoni, e le varie occasioni per elevarne la caratterizzazione, come i vari intrighi orditi da Bel ai danni dei suoi compagni o la sottotrama che prevede un avvicinamento fra Ira e Rikka, non sono mai sfruttate nel modo giusto e si finisce sempre per buttarla sul ridere o sull'annullare i passi in avanti compiuti.
Se non altro, sono simpatici. E' molto divertente vederli battibeccare nel loro bowling, con Bel che, lecca lecca in bocca, è spaparanzato sul divano e incarna perfettamente il peccato di accidia che gli dà il nome.
Leva e Gula, gli altri due cattivi che compaiono verso metà serie, sono insignificanti e non hanno mai un grande ruolo, apparendo e scomparendo nel nulla senza farsi troppo ricordare.
Ben più interessante, invece, il boss finale King Jikochuu e, soprattutto, Regina, la sua viziata figlia a cui il trio si ritrova a fare controvoglia da babysitter.
Questi due personaggi sono ben caratterizzati, specialmente nel finale della serie. Soprattutto Regina, per quanto sia simpatica come un sassolino nella scarpa nel suo comportarsi come una stupida principessina moe e nel suo attaccarsi a Mana come una cozza perché "Mana è sua", tiene alta la bandiera dei cattivi redenti rendendola interessante e protagonista di scene intriganti e a loro modo anche emozionanti. Del resto, una serie dove i cattivi si dichiarano egoisti e la protagonista è l'altuismo incarnato ci avrebbe fatto una sgarbo troppo grande a non mostrarci uno scontro ideologico fra le due fazioni.
C'è da dire che il mondo di Doki Doki Pretty Cure non è vuoto come quello della serie precedente: i folletti (stavolta colorati in maniera variopinta come quelli di Lady Lovely Locks e comprendenti una neonata esper a cui fare da babysitter), le famiglie, i compagni, gli amici delle ragazze sono presenti, sono simpatici, e giocano un ruolo importante seppur limitato, che diventa più importante e riesce anche a toccare nel finale della serie. Particolarmente divertente è la presenza di Sebastian, il baffuto e classicissimo maggiordomo di Alice, che è a conoscenza dell'identità delle eroine e mette a loro disposizione tutti gli illimitati fondi della famiglia Yotsuba, donando loro strani marchingegni (la puntata in cui inventa un oggetto magico che lo trasforma in Cure Sebastian, supereroe alla Batman insieme buffo e fighissimo, è tra le cose più divertenti mai create), limousine, aerei e quant'altro.
Anche questi personaggi, però, risultano un po' schiacciati dalla storia e sentono la mancanza di qualche episodio più rilassato in cui esplorare più a fondo la loro quotidianità, in modo da dare più spazio alle eroine e farle risaltare maggiormente non solo come appendici di Mana.
L'eccessivo attaccamento a Mana da parte delle compagne rivela anche un altro problema della serie, ossia il suo calcare un po' troppo la mano sulle suggestioni (stavolta un po' meno suggerite del solito) yuri, in cui tutte le eroine della serie dichiarano di "amare" Mana, si ingelosiscono fra loro quando lei fa amicizia con altre e non sembrano avere granché interesse per l'altro sesso, nemmeno quando gli autori cercano di creare una palese storia d'amore (Rikka e Ira, appunto).
Dispiace che, nonostante la lunghezza, non si sia riusciti a dare una dimensione più definita ai personaggi, che risultano così un po' piatti e sostanzialmente dimenticabili. Pare che molte cose della trama siano state rimaneggiate in corso d'opera, fra personaggi eliminati e continue sottotrame, e questo abbia penalizzato un po' la riuscita globale.
Come da caratteristica della saga, anche Doki Doki Pretty Cure ci rivela delle belle scene d'azione, fra mostri simpatici, trasformazioni e tanti potenziamenti.
Doki Doki Pretty Cure è la serie più "tecnologica" della saga: le ragazze si trasformano scrivendo la formula magica sul touch screen di uno smartphone e usano un Ipad come oggetto magico per uno dei loro attacchi di gruppo. Peccato che la loro caratterizzazione, basata sui semi delle carte, faccia un po' acqua anche da questo punto di vista, dato che le eroine cominciano a lanciare sterili raggi di luce e finiscono con archi e frecce, tempeste di ghiaccio, Ipad e ali d'angelo, a scapito della coerenza.
Il doppiaggio è privo di particolari picchi, mentre le musiche, che qui vedono il debutto di Hiroshi Takaki (responsabile delle colonne sonore della saga anche nel momento in cui scrivo, in cui va in onda la dodicesima serie), sono come sempre molto belle ed efficaci, anche se i molti potenziamenti con musica personale annessa ti fanno un po' perdere il conto delle tracce. Belle e orecchiabili le sigle, con l'ormai tradizionale balletto in computer grafica per quella di chiusura.
Doki Doki Pretty Cure non è una delle migliori, fra le tante serie delle maghette Toei. E' probabilmente quella con la storia più articolata e bisogna darle atto che non annoia mai, riuscendo anche a proporre episodi di una certa intensità emotiva o molto divertenti, quando vuole, ma il pegno da pagare per una storia sempre avvincente è tralasciare la caratterizzazione dei personaggi, che appaiono piatti, sgradevoli, non sfruttati al massimo delle loro possibilità e poco memorabili. Nel complesso è una serie carina, che intrattiene con belle idee e una narrazione sempre interessante, ma alla fine della fiera, a parte aver passato belle ore in compagnia di queste eroine, non resta poi molto.
Quando i malvagi Jikochuu penetrano sulla Terra dopo aver distrutto il magico regno di Trump, intenzionati a portare egoismo e distruzione, la ragazza riceve dal folletto Sharuru il potere di diventare la guerriera Cure Heart, baluardo dell'umanità contro il male che la minaccia.
Ad aiutarla nella sua missione, le sue due care amiche d'infanzia: Rikka Hishikawa alias Cure Diamond, studiosa e intelligente, e Alice Yotsuba, di famiglia molto ricca ed esperta di arti marziali. Si unirà ben presto al gruppo, anche se riluttante in un primo momento, la idol Makoto Kenzaki alias Cure Sword, una dei pochi sopravvissuti del regno di Trump.
Decima serie del popolare franchise Toei Animation, trasmessa in Giappone fra il 2013 e il 2014, Doki Doki Pretty Cure appare come complementare a Smile Pretty Cure, la serie dell'anno prima, e per certi versi affine a Zyuden Sentai Kyoryuger, la serie Super Sentai trasmessa nel contenitore Super Hero Time appena mezz'ora prima rispetto alle avventure di Mana e compagne.
Se Smile Pretty Cure era una serie dalla trama quasi inesistente, dal cast ridottissimo e assolutamente priva di colpi di scena, ma che trovava il suo fascino in un character design tanto classico quanto gradevole e in un enorme quantità di episodi di vita quotidiana che permettevano un'empatia pressoché totale coi personaggi, per Doki Doki Pretty Cure vale esattamente il contrario.
La storia è articolata in varie sottotrame, "quest" delle eroine che devono cercare cristalli magici o oggetti leggendari, flashback sulle vicende passate del regno di Trump e sulla sua famiglia reale, vero trait d'union di tutta la trama. In questo, bisogna dire che Doki Doki Pretty Cure si impegna a non risultare mai noioso, per presentare sempre qualcosa di interessante per lo spettatore. I colpi di scena non mancano e nemmeno personaggi secondari che vivacizzano la narrazione presentando anche loro misteri da svelare o sottotrame interessanti.
Una trama sempre viva e interessante, ricca di diramazioni di vario tipo, però, finisce ben presto per fagocitare i personaggi, che, a dispetto della programmazione annuale, non trovano molto spazio per esprimersi, al punto da arrivare, all'ultimo episodio, e chiedersi che cosa si sia visto, dato che sono ben pochi i personaggi a restare impressi. Una delle colpe è sicuramente da imputare, in primis, al character design non sempre bellissimo, che ci regala eroine dagli occhi inespressivi, dai capelli ricchi di riflessi bianchi che sembrano forfora e dai costumi pacchiani, con colori smorti (l'indaco di Cure Diamond invece di un più gradevole azzurro o blu) o accostamenti poco gradevoli (la combo stile carota di arancio, giallo e verde di Cure Rosetta).
Se il design non aiuta, anche il carattere ci mette del suo. Il personaggio che più spicca, per forza di cose, è Mana/Cure Heart, poiché sovrasta tutti gli altri con l'abbondare delle sue buone qualità: è buona, è gentile, è altruista, è brava nello sport, è brava nello studio, è presidentessa del consiglio studentesco, ha un sacco di amici, ha i "discepoli" che la idolatrano, converte i nemici che finiscono per essere suoi amici anche se la osteggiavano in un primo momento. E' un personaggio esagerato nella sua perfezione, che non ha nessun difetto, nemmeno quelli più semplici delle precedenti eroine, quali l'essere imbranata, l'essere tonta, l'essere una capra a scuola o nello sport, l'essere indecisa nei riguardi del futuro (Mana un sogno ce l'ha, e sogna pure in grande, vuol diventare primo ministro del Giappone... auguri!).
Le altre eroine, identificate solo da pochi tratti distintivi, sembra vivano solo per servire e idolatrare Mana: Rikka gioca (in un episodio solo) a karuta, è brava a scuola e vuole diventare medico come la madre (dove l'abbiamo già vista un'eroina blu con queste aspirazioni?); Alice è un assurdo connubio di una ragazza ricca ma non snob, timida e insicura ma brava nelle arti marziali e inspiegabilmente violenta e fortissima quando le tocchi le amiche; Makoto fa la ritrosa per una manciata di puntate, poi viene anche lei contagiata da Mana e la sua caratterizzazione si ridurrà all'essere una idol che canta nella speranza di farsi ritrovare dalla sua principessa perduta (dove l'abbiamo già vista una cosa del genere?).
Miglior fortuna tocca alla quinta guerriera che si unisce al gruppo verso metà serie, essendo un personaggio fondamentale per il racconto si è speso molto per la sua caratterizzazione.
I cattivi avevano delle ottime potenzialità ma non sono stati sfruttati appieno. Il trio iniziale formato dal giovane Ira, dalla vanitosa Mammo e dall'indolente Bel è simpatico e accattivante, ma rimane costantemente in bilico fra serietà e parodia, fra l'essere malvagio e temibile o una manica di buffoni, e le varie occasioni per elevarne la caratterizzazione, come i vari intrighi orditi da Bel ai danni dei suoi compagni o la sottotrama che prevede un avvicinamento fra Ira e Rikka, non sono mai sfruttate nel modo giusto e si finisce sempre per buttarla sul ridere o sull'annullare i passi in avanti compiuti.
Se non altro, sono simpatici. E' molto divertente vederli battibeccare nel loro bowling, con Bel che, lecca lecca in bocca, è spaparanzato sul divano e incarna perfettamente il peccato di accidia che gli dà il nome.
Leva e Gula, gli altri due cattivi che compaiono verso metà serie, sono insignificanti e non hanno mai un grande ruolo, apparendo e scomparendo nel nulla senza farsi troppo ricordare.
Ben più interessante, invece, il boss finale King Jikochuu e, soprattutto, Regina, la sua viziata figlia a cui il trio si ritrova a fare controvoglia da babysitter.
Questi due personaggi sono ben caratterizzati, specialmente nel finale della serie. Soprattutto Regina, per quanto sia simpatica come un sassolino nella scarpa nel suo comportarsi come una stupida principessina moe e nel suo attaccarsi a Mana come una cozza perché "Mana è sua", tiene alta la bandiera dei cattivi redenti rendendola interessante e protagonista di scene intriganti e a loro modo anche emozionanti. Del resto, una serie dove i cattivi si dichiarano egoisti e la protagonista è l'altuismo incarnato ci avrebbe fatto una sgarbo troppo grande a non mostrarci uno scontro ideologico fra le due fazioni.
C'è da dire che il mondo di Doki Doki Pretty Cure non è vuoto come quello della serie precedente: i folletti (stavolta colorati in maniera variopinta come quelli di Lady Lovely Locks e comprendenti una neonata esper a cui fare da babysitter), le famiglie, i compagni, gli amici delle ragazze sono presenti, sono simpatici, e giocano un ruolo importante seppur limitato, che diventa più importante e riesce anche a toccare nel finale della serie. Particolarmente divertente è la presenza di Sebastian, il baffuto e classicissimo maggiordomo di Alice, che è a conoscenza dell'identità delle eroine e mette a loro disposizione tutti gli illimitati fondi della famiglia Yotsuba, donando loro strani marchingegni (la puntata in cui inventa un oggetto magico che lo trasforma in Cure Sebastian, supereroe alla Batman insieme buffo e fighissimo, è tra le cose più divertenti mai create), limousine, aerei e quant'altro.
Anche questi personaggi, però, risultano un po' schiacciati dalla storia e sentono la mancanza di qualche episodio più rilassato in cui esplorare più a fondo la loro quotidianità, in modo da dare più spazio alle eroine e farle risaltare maggiormente non solo come appendici di Mana.
L'eccessivo attaccamento a Mana da parte delle compagne rivela anche un altro problema della serie, ossia il suo calcare un po' troppo la mano sulle suggestioni (stavolta un po' meno suggerite del solito) yuri, in cui tutte le eroine della serie dichiarano di "amare" Mana, si ingelosiscono fra loro quando lei fa amicizia con altre e non sembrano avere granché interesse per l'altro sesso, nemmeno quando gli autori cercano di creare una palese storia d'amore (Rikka e Ira, appunto).
Dispiace che, nonostante la lunghezza, non si sia riusciti a dare una dimensione più definita ai personaggi, che risultano così un po' piatti e sostanzialmente dimenticabili. Pare che molte cose della trama siano state rimaneggiate in corso d'opera, fra personaggi eliminati e continue sottotrame, e questo abbia penalizzato un po' la riuscita globale.
Come da caratteristica della saga, anche Doki Doki Pretty Cure ci rivela delle belle scene d'azione, fra mostri simpatici, trasformazioni e tanti potenziamenti.
Doki Doki Pretty Cure è la serie più "tecnologica" della saga: le ragazze si trasformano scrivendo la formula magica sul touch screen di uno smartphone e usano un Ipad come oggetto magico per uno dei loro attacchi di gruppo. Peccato che la loro caratterizzazione, basata sui semi delle carte, faccia un po' acqua anche da questo punto di vista, dato che le eroine cominciano a lanciare sterili raggi di luce e finiscono con archi e frecce, tempeste di ghiaccio, Ipad e ali d'angelo, a scapito della coerenza.
Il doppiaggio è privo di particolari picchi, mentre le musiche, che qui vedono il debutto di Hiroshi Takaki (responsabile delle colonne sonore della saga anche nel momento in cui scrivo, in cui va in onda la dodicesima serie), sono come sempre molto belle ed efficaci, anche se i molti potenziamenti con musica personale annessa ti fanno un po' perdere il conto delle tracce. Belle e orecchiabili le sigle, con l'ormai tradizionale balletto in computer grafica per quella di chiusura.
Doki Doki Pretty Cure non è una delle migliori, fra le tante serie delle maghette Toei. E' probabilmente quella con la storia più articolata e bisogna darle atto che non annoia mai, riuscendo anche a proporre episodi di una certa intensità emotiva o molto divertenti, quando vuole, ma il pegno da pagare per una storia sempre avvincente è tralasciare la caratterizzazione dei personaggi, che appaiono piatti, sgradevoli, non sfruttati al massimo delle loro possibilità e poco memorabili. Nel complesso è una serie carina, che intrattiene con belle idee e una narrazione sempre interessante, ma alla fine della fiera, a parte aver passato belle ore in compagnia di queste eroine, non resta poi molto.